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L'amante del peccato
L'amante del peccato
L'amante del peccato
E-book400 pagine5 ore

L'amante del peccato

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Info su questo ebook

Il cadavere di un umano. Il marchio di un Succubo.
Un decreto che rispedisce la colpevole all’Inferno.
E la colpevole sono io.

Mi chiamo Gwen, e sono un Succubo con problemi di autocontrollo. Ma non sono stata io a combinare questo casino. Adesso ho dodici giorni per dimostrare la mia innocenza.
Nessun problema.
Se non fosse per un piccolo dettaglio: i due sensuali demoni decisi a darmi una mano a scagionarmi.
Lord Zebulon riesce a farmi venire voglia di buttarmi in ginocchio con una sola occhiata. E Zane di recente mi ha spezzato il cuore.
È una combinazione perfetta. Un’unione benedetta probabilmente dal Diavolo stesso.

Dunque, ho dodici giorni per non innamorarmi. Per restare fuori dal letto di Zane e Lord Zebulon.
Dodici giorni per scoprire chi mi ha incastrata per omicidio.
Accidenti, a volte essere una Succubo è un vero schifo.
LinguaItaliano
Data di uscita3 nov 2022
ISBN9791220704175
L'amante del peccato

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    Anteprima del libro

    L'amante del peccato - Lexi C. Foss

    1

    GWEN

    Ventun Anni Più Tardi

    Un ottimo appuntamento.

    Seguito da sesso fiacco.

    Ma almeno mi ero nutrita.

    Arricciai le labbra mentre Ty… anzi, no, Trevor… o qualcosa che iniziava per T, lasciava la mia casa in preda a una sorta di beato stordimento. Rivolse perfino un cenno di saluto a Gleason quando lo incrociò sul vialetto. Sembrava non gli importasse che un altro uomo fosse diretto alla porta d’ingresso con l’intenzione di entrare.

    I maschi erano così semplici.

    Le donne tendevano a essere un po’ più caute, anche in preda agli strascichi dell’orgasmo.

    Scrollai le spalle e mi voltai, lasciando la porta aperta al mio coinquilino Nefilim. Avevamo fatto amicizia subito dopo che Eve era scomparsa, quando lui era venuto a cercarla. Avevo dimenticato di dirgli che sarebbe rimasta in Paradiso per un bel po’. Dopo una lunga chiacchierata, in un modo o nell’altro avevamo legato. E nel corso degli ultimi dieci anni, avevamo iniziato a vivere insieme.

    Curioso sviluppo, considerato che lui faceva parte di un gruppo di Nefilim militanti con il compito di sorvegliare la Terra e assicurarsi che i demoni rigassero dritto.

    Demoni come me, con la tendenza a uccidere gli esseri umani.

    Solo che, quando la colpevole ero io, ci stavo male e cercavo di rimediare.

    Non si poteva dire lo stesso di tutte le creature infernali.

    «Un’altra conquista che se ne va sulle sue gambe,» esordì Daniel a mo’ di saluto. «Ben fatto, Gwen.»

    Io gli sorrisi. «Caspita, la ringrazio, Sir Gleason. Non so dove sarei senza la sua approvazione.»

    «Sotto terra,» replicò lui, facendosi roteare tra le dita agili una lama d’argento. E si trattava di argento vero. Me lo sentivo bruciare addosso anche a distanza. I demoni avevano fatto sparire quella sostanza dal regno terrestre secoli prima, rimpiazzandolo con l’elemento 47, una versione rivista e assai meno nociva per la nostra razza. Dopodiché avevano sguinzagliato un mucchio di Spazzini per alterare le percezioni umane, cancellando ogni ricordo del prezioso metallo.

    Ma Gleason era riuscito a ricrearlo grazie al suo amore per la scienza. Ecco perché lo avevo conosciuto tramite Eve: lui era stato il suo principale fornitore di armi, finché lei non se ne era volata in Paradiso.

    Mi minacciò con l’argento, facendosi volteggiare il pugnale tra le dita, a dimostrazione che non soltanto sapeva fabbricare un metallo, ma anche come usarlo.

    Alzai gli occhi al cielo. «Hai smesso di farmi paura decenni fa.»

    «Lo so, e la trovo ancora una cosa frustrante.»

    «Ci scommetto,» ribattei, dirigendomi in cucina per prendere qualcosa da bere. La vestaglia di seta mi sussurrò attorno alle cosce quando infilai una mano nello stipetto in cerca di un bicchiere. Quella nostra nuova abitazione aveva gli armadietti più alti del mondo, il che rendeva tutto più difficile dato che io sono solo un metro e sessanta.

    Gleason si allungò sopra di me, solleticandomi i sensi con il suo profumo al sandalo. Mi porse un paio di calici, quindi si diresse con passo pesante verso la dispensa, in cerca di una bottiglia nuova di merlot. Io balzai a sedere sul bancone e lo guardai stappare il vino con movimenti esperti.

    «Se non avessi paura di ucciderti, ti bacerei,» lo informai.

    Toccò a lui alzare gli occhi al cielo. «Non flirtare con me.»

    «Sono una Succubo, è la mia natura.»

    «Ne sono consapevole,» borbottò lui, ma notai che aveva gli angoli della bocca appena sollevati. Era raro che sorridesse. Per i Nefilim sembrava essere un’esigenza non mostrarsi divertiti. Era così che buona parte degli amici di Gleason si comportava davanti a me. Tutti a eccezione di Creek, l’allievo del mio coinquilino. A lui piacevo. Agli altri, non tanto.

    Probabilmente per via del mio retaggio diabolico.

    E perché scopare con me sarebbe costato loro la vita.

    Dettagli.

    Oh, negli ultimi vent’anni ero migliorata, grazie a Zane e a Lord Zebulon. Ma non ero ancora perfetta. Tuttavia, avevo ridotto il numero delle mie vittime a una al mese. Doveva pur contare qualcosa.

    «Smettila di fissarmi l’inguine,» disse Gleason, riempiendomi il bicchiere.

    «In mia difesa, devo dire che hai un gran bel pacco.» Era difficile non flirtare con lui. I suoi folti capelli castano ramato, gli zigomi scolpiti, e i brillanti occhi verdi costituivano soltanto la punta di un magnifico iceberg. Danny Gleason aveva la tartaruga – gliel’avevo vista spesso, in qualità di coinquilina – e i jeans stretti che indossava sempre mettevano deliziosamente in risalto il suo sedere e altre cose impressionanti.

    Tuttavia, facevo del mio meglio per mantenere la politica del solo amici.

    E, a parte quello, non volevo fargli del male. Dato che era un Nefilim, forse sarebbe sopravvissuto. Ma non ero disposta a correre il rischio.

    «Inoltre gradisco molto il tuo disprezzo per i rasoi,» aggiunsi, prima di rivolgere un cenno della mano verso la barba rosso scuro che gli adornava la mandibola. «È sexy, G. Prendi spunto da Creek?» Era una frecciatina. Capii che era andata a segno, perché lo vidi fare una smorfia. Creek era dotato di una chioma rosso fiamma, in contrasto con quella più scura di Gleason, e di una folta barba che spesso il mio coinquilino definiva un punto debole in combattimento.

    «Nota per me: radersi domani,» bofonchiò.

    Annuii con espressione serena. «Sì, alle donne piacciono i maschi ben depilati.»

    Lui emise un grugnito. «Bevi e smettila di parlare.»

    «Sono abbastanza sicura che non è così che funziona,» aggiunsi, prima di prendere un sorso. «La mia bocca continuerà a muoversi, a meno che tu non ci metta dentro qualcosa di sostanzioso.»

    Quasi si strozzò con il vino, strappandomi un sorriso. Invece di rispondere, si limitò ad appoggiarsi al bancone che avevo di fronte e ad ammirare le mie gambe nude. Gleason non si dava mai pena di nascondere la propria attrazione per me. E comunque sapeva che ero in grado di percepirla. Proprio come io avvertivo le sue riserve e la barriera tra noi.

    Era un confine ben definito, che nessuno di noi avrebbe mai oltrepassato, a dispetto delle provocazioni e dei lunghi sguardi.

    Ciò detto, lui sapeva a chi appartenesse il mio cuore.

    Era presente quando era andato in pezzi.

    Zane non mi avrebbe mai ricambiata. E Lord Zebulon, beh, mi aveva soltanto baciata. Era troppo potente per fare altro. Non che ne fossi innamorata. Più che altro, lo ammiravo. E forse avevo anche una minuscola cotta per lui.

    Ehm, no. Bugia.

    Avevo una grossa cotta per lui.

    Ma erano la mia giovane età e la mia inesperienza a parlare. Zane era stato il primo demone con cui avessi stretto amicizia in quel regno. E Lord Zebulon… chi non avrebbe desiderato un posto nel suo letto?

    Tutta quella energia sessuale e quella grazia.

    Mmh. Al pensiero, serrai le cosce.

    Già, ero completamente presa. A volte pensavo di desiderare Lord Zebulon più di quanto volessi Zane. Il che era tutto dire, dato che avevo una cotta per l’Incubo da, all’incirca, venticinque anni.

    Tuttavia, di recente, aveva cominciato a scemare.

    A differenza di ciò che provavo per Lord Zebulon. Ogni volta che quell’uomo entrava in una stanza, quasi mi scioglievo in una pozza di Gwen-latina liquida.

    Una cotta in piena regola.

    «Lo stai facendo di nuovo: ti si legge in faccia tutto quello che ti passa per la testa,» mi fece notare Gleason, interrompendo il corso dei miei pensieri e ricordandomi della sua presenza. Bevve un sorso di vino. «Zane?»

    In un’altra occasione ci avrebbe preso. Ma – oh, che cosa interessante – i miei pensieri si erano spostati altrove. Un segno che finalmente avevo voltato pagina?

    E che ero passata a Lord Zebulon? Rabbrividii. Non poteva essere meglio di Zane.

    Perché desideravo uomini che non potevo avere?

    «Forse dovresti provare a parlare di nuovo con lui,» mi suggerì Gleason quando io non risposi.

    «Con chi? Con Zane?» Ma certo che intendeva quello. Non gli avevo mai confessato la mia fissazione per Lord Zebulon. Ma per l’Incubo, sì, e… «No, grazie.» Quando gli avevo dichiarato il mio amore, Zane mi aveva dato della bambina. Non la più lusinghiera delle risposte.

    «Non credo abbia capito cosa intendevi.»

    Sollevai le sopracciglia. «Io gli ho detto che lo amavo. Lui ha riso e mi ha dato della ragazzina. È abbastanza difficile fraintendere la situazione.»

    «Non credo che ti abbia preso sul serio,» riformulò Gleason.

    Mi limitai a fissarlo.

    Lui fece lo stesso. «Okay, forse sì, ma ha equivocato. Ha pensato che tu lo ammirassi perché era il tuo insegnante.»

    «Ah-ha.» Bevvi un rinvigorente sorso e sospirai. «D’accordo. È acqua passata. L’ho superato.» Una bugia. E a giudicare dalla sua espressione, anche Gleason lo intuì, ma non insistette. «Com’è stata la tua riunione con Dark Provenance?» domandai, cambiando argomento.

    «Interessante,» mormorò lui, e fece roteare il contenuto del proprio calice. «Tru sta indagando su un omicidio in un nightclub di Nashville. La scena del crimine strillava demoni, eppure la vittima è stata abbandonata perché fossero le autorità umane a rinvenirla.»

    Aggrottai la fronte. «Davvero? Di solito siamo bravi a ripulire i nostri casini.»

    «Se lo dici tu…» Lasciò la frase in sospeso.

    «Ehi, per tua informazione sono passate cinque settimane dal mio ultimo cadavere,» raddrizzai un poco la schiena. «È quasi un record.»

    «Hai ragione,» annuì. «Stai migliorando.»

    Quell’ammissione mi fece sorridere, «Grazie.» In realtà, avevo l’impressione di essere diventata una Succubo nuova. In passato avevo avuto problemi di autocontrollo quasi ogni giorno. Poi ogni settimana. E al momento, una volta al mese. Non ero ancora perfetta, ma si trattava di un enorme passo avanti rispetto a due decenni prima.

    In parte, era dovuto al fatto che di frequente mi nutrivo dell’energia di Lord Zebulon. Si trattava sempre e solo di un bacio, ma era sufficiente a consolidare le mie riserve per almeno quindici giorni.

    Anche Zane mi aveva dato una mano, mostrandomi alcune tecniche per cibarmi senza uccidere, e insegnandomi a capire quando ero sul punto di perdere il controllo.

    Insieme mi avevano resa più forte, sicura di me stessa e indipendente nelle mie attività. Non ero ancora impeccabile, ma lo sarei diventata. Un giorno. Presto, mi auguravo.

    Io e Gleason ci godemmo il resto del merlot in un silenzio conviviale. Poi il cellulare che portava al fianco iniziò a vibrare, segno di una chiamata in arrivo. Lui sospirò: «Gleason,» rispose a mo’ di saluto, prima di lasciare la stanza con il telefono premuto all’orecchio.

    Di qualunque cosa si trattasse, doveva riguardare il lavoro. Daniel aveva smesso di insegnare alla Vanderbilt circa un decennio prima, e al momento si dedicava anima e corpo alla vita da Nefilim. Era il rovescio della medaglia dell’immortalità… noi non invecchiavamo. Ecco perché non aveva potuto continuare a fare il professore: gli altri avrebbero iniziato a farsi domande sul suo eterno aspetto da trentacinquenne.

    Avrebbe potuto ottenere una nuova identità, e avventurarsi in un altro territorio in cerca di impiego.

    Ma invece aveva scelto di restare lì e allenarsi sotto Azrael.

    Inoltre sospettavo che non volesse creare fastidi nella regione di un altro signore Diabolico. Lord Zebulon era notoriamente tollerante rispetto alle attività dei Nefilim nel Nord America. Lo stesso però non si poteva dire degli altri suoi pari nel resto del mondo.

    Per esempio, Lord Valentino, il Signore Diabolico del Sud America, aveva dichiarato i Nefilim fuorilegge e aveva la tendenza a ucciderli a vista.

    Quindi sì, non me la sentivo di biasimare Gleason per essere rimasto.

    Buttai giù l’ultimo sorso di vino, scesi dal bancone e andai a lavare i bicchieri. Una volta terminato, trovai il mio coinquilino sulla soglia, con espressione assente.

    Inarcai un sopracciglio. «Non dirmi che hai dimenticato che sono in grado di fare le pulizie,» lo apostrofai. «Perché credo di avertelo dimostrato subito dopo che abbiamo iniziato a vivere insieme. Ricordi i teli di plastica?»

    Lui non rispose, ma indurì lo sguardo.

    «Sul serio, perché mi fissi così?» Era snervante. Di solito ci piaceva qualche sana presa in giro tra noi.

    «Quando è stata l’ultima volta che sei andata al Club Haze?» Mi domandò a voce bassa.

    Aggrottai la fronte. «Ehm, non lo so. La settimana scorsa?» Era uno dei miei terreni di caccia preferiti. Un elegante nightclub, pieno zeppo di potenziali compagni di letto. «Perché?»

    «Riesci a essere più specifica?»

    «No, se non mi dici perché,» replicai, incrociando le braccia. «Sai che ci vado almeno una volta alla settimana. Ci sono maschi depravati di primissima scelta. E qualche volta anche femmine. Lo sapresti se venissi insieme a me.»

    Lui mi mostrò il cellulare. «Riconosci questo tipo?»

    Feci un passo avanti per esaminare la foto sullo schermo. Sollevai le sopracciglia per la sorpresa. «Clark. O era… Cody?» Ero davvero pessima con i nomi. «Fa l’avvocato per un’azienda in centro,» piegai la testa di lato ed esaminai l’immagine con maggior attenzione.

    Fu allora che capii perché Gleason l’avesse sul suo telefono.

    Clark è morto. Molto… molto… morto.

    «Oh.» Mi portai una mano alle labbra e spalancai gli occhi. «Non sono stata io a fargli quello. Stava bene quando se n’è andato. A dire la verità, era piuttosto felice. Ho perfino…» Mi interruppi quando notai l’espressione di Gleason: profondo sospetto. «Avanti, sai che non ti mentirei mai.» Feci un passo indietro. «Il mese scorso mi hai aiutato a portare via un corpo! Per quale motivo avrei dovuto nasconderti questo?» Tornai a guardare il cellulare. «Diavolo, per quale motivo avrei dovuto lasciarlo in mezzo a una strada

    A quell’osservazione, lui batté le palpebre, poi studiò la foto del cadavere biondo sul marciapiede. «Hai ragione. Non lo faresti mai.»

    Mi ingobbii per il sollievo, ma mi tesi di nuovo non appena un odore di fumo venne a solleticarmi le narici.

    O-oh…

    «Guinevere carissima,» mormorò una voce profonda. Un attimo dopo, Lord Zebulon comparve nella mia cucina. «Credo che dobbiamo fare una chiacchierata.»

    Oh, per l’Inferno pensai, producendomi in un doveroso inchino. Non va affatto bene.

    «Mio signore,» lo salutai in tono docile. «Come posso servirla?»

    2

    GWEN

    Deglutii, mentre in cucina calava il silenzio.

    Lord Zebulon fece un passo avanti e le sue scarpe costose occuparono il mio campo visivo. Si chinò e mi sfiorò il mento, segno che potevo rialzarmi. «Ti sei cibata di recente.»

    «Sì,» replicai, a corto di fiato.

    Lanciò uno sguardo a Gleason. «Di te?»

    Il mio coinquilino grugnì una risata. «No, dell’idiota sorridente che ho incrociato prima sul mio vialetto.»

    «Era ancora vivo?» insistette Lord Zebulon.

    Quella domanda mi fece sussultare: la sua mancanza di fiducia era palese e del tutto meritata. «Il mio ultimo fallimento risale a cinque settimane fa,» ammisi a bassa voce. «L’ho denunciato a Zane.»

    «Sì, me ne ha informato,» replicò lui, lo sguardo ancora puntato su Gleason.

    «Era vivo,» confermò il Nefilim. «Lo stesso non si può dire della sua conquista dell’ultima settimana. Immagino sia per questo che ti trovi qui.»

    «Non l’ho ucciso io,» protestai, terrorizzata dalle sue parole. «Era vivissimo quando se n’è andato.»

    Lord Zebulon riportò le iridi color cioccolato nelle mie; mi fece scivolare un pollice lungo la mandibola e poi giù, sopra la gola, con espressione meditabonda. «Il cadavere porta il marchio di una Succubo,» annunciò dopo qualche istante, interrompendo quel contatto rovente. «Immagino che i Nefilim non l’abbiano ancora determinato, ma lo faranno.»

    «Hanno esaminato il cadavere?» mormorai.

    «Sì. Ha addosso la tua firma energetica.»

    «Perché mi sono cibata di lui la settimana scorsa. Ma glielo assicuro, era vivo.»

    «Qualcuno lo ha visto dopo?» domandò.

    Serrai le labbra. «Dato che era vivo, no. Non credevo di aver bisogno di un testimone,» non riuscii a trattenermi. Desiderai aver mascherato meglio il mio tono brusco. Soprattutto quando vidi Lord Zebulon incupirsi in volto.

    Gli scorsi un turbine di potere negli occhi. «Attenta, Guinevere.»

    «Mi dispiace, mio signore,» riuscii a dire, prima che mi si seccasse la gola.

    «Se lo avesse ucciso per caso, non avrebbe lasciato il corpo sul marciapiede,» intervenne Gleason, utilizzando la mia stessa argomentazione di poco prima. «Lei non fa queste cose.»

    Lord Zebulon sbatté le palpebre, lanciò un’occhiata a lui e quindi di nuovo a me. «Vero. E non avrebbe motivo di nasconderlo, dato che è stata collaborativa riguardo alle altre vittime.»

    Non mi piaceva che parlassero di me come se non mi trovassi in mezzo a loro, in vestaglia, ma scelsi saggiamente di tenere la bocca chiusa. Dopotutto, i miei precedenti con gli esseri umani non erano affatto buoni.

    «Bene, a parte questo, abbiamo un cadavere umano con tracce di morte soprannaturale. Questo non è un bene per nessuno di noi,» osservò Lord Zebulon. «Cosa sta facendo Dark Provenance in merito?»

    «Vogliono parlare con Gwen,» rispose Gleason.

    Risucchiai l’aria nei polmoni. «Con me?»

    Daniel scrollò una spalla. «Le telecamere di sicurezza del club vi mostrano insieme, l’altra settimana.»

    «Quindi, quando mi hai chiesto quando è stata l’ultima volta che ci sono andata, lo hai fatto per verificare che ti stessi dicendo la verità?» La formulai come una domanda, ma sapevamo entrambi che si trattava di un’affermazione. Perché era esattamente quello che aveva fatto. «Sono felice di vedere che un decennio di convivenza è servito a gettare le basi della fiducia reciproca, G.»

    Lui si limitò a scrollare di nuovo le spalle, per niente dispiaciuto. A tutti gli uomini belli serviva un difetto. Quello di Gleason era di tenere sempre più al lavoro che a chiunque altro nella sua vita, compresi gli amici più leali. Inoltre dava più peso al pragmatismo che alle emozioni. Me lo stava dimostrando in questo momento, ignorando me per rivolgere la propria attenzione al signore Diabolico.

    «La scorsa settimana, è stato rinvenuto un altro cadavere in una posizione simile,» aggiunse. «Lo schema dei decessi rappresenta un segnale di allarme per il nostro database. Patch è diretto all’obitorio per vedere se c’è una correlazione.»

    «C’è,» gli confermò Zebulon. «Quello di stanotte è il secondo cadavere a portare il marchio di Guinevere.»

    Socchiusi le labbra. «Cosa?»

    Finalmente, il Lord si voltò per studiarmi con espressione pensosa. «Le leggi sono chiare riguardo all’influenza demoniaca negli affari umani. Due morti pubbliche legate alla tua essenza rappresentano una condanna. Soprattutto se così vicine l’una all’altra.»

    «Ma… ma io non ho… non… io…» Mi schiarii la gola, sentivo la voce indebolirsi di minuto in minuto. «Sono migliorata,» quelle due parole mi uscirono in un sussurro.

    Ero responsabile di aver ucciso numerosi esseri umani durante il mio tempo sulla Terra? Sì. Ma non lo avevo fatto apposta. E non avrei mai lasciato le mie vittime in giro per farle ritrovare con tanta facilità. Eve mi aveva insegnato a ripulire dove sporcavo. Per quale motivo avrei dovuto rendere pubblica la cosa?

    «Non ho fatto del male a nessuno per cinque settimane,» sbottai. «E prima ancora, per nove. All’incirca due mesi. Un nuovo record. Stavano bene, mio signore, lo giuro.»

    Lord Zebulon mi premette il palmo della mano contro la guancia, in una carezza rassicurante e gradita. Perché il suo tocco non irradiava né rabbia, né frustrazione, ma solo consolazione.

    Lui mi crede, mi resi conto. Sa già che sono innocente.

    Aveva compreso all’istante, glielo leggevo negli occhi bruni.

    «Tu non lasci in giro cadaveri,» mormorò.

    Non ero certa che volesse una risposta, ma sentii il bisogno di dire: «No, mio signore.»

    Lui annuì e mi fece scivolare il pollice sul labbro inferiore in un’intima carezza. Mi abbandonai al suo tocco d’istinto, bramando di più. «Sono asceso a questo piano poche ore fa, dopo aver passato gli ultimi sette giorni terrestri all’Inferno,» mormorò. «Ho letto il rapporto di Ragus e sono venuto subito qui.»

    Deglutii, il commento sul soggiorno agli Inferi mi aveva messo a disagio. C’era andato per vedere sua figlia. Kalida.

    Ogni anno tornava all’Inferno per sette interi giorni terrestri, l’equivalente di sette anni infernali, e assisteva alle torture che l’Arcidiavolo Ashmedai infliggeva a Kalida per i crimini immortali commessi nel mondo degli umani. La donna aveva allestito un traffico di demoni, introducendoli illegalmente sulla Terra con l’obiettivo di detronizzare il padre.

    Lui aveva ucciso la madre Succubo di Kalida per motivi che non conoscevo. E lei aveva tentato di vendicarsi.

    Ma era stata fermata da Eve, la mia migliore amica.

    E Ashmedai l’aveva condannata a un’eternità di tormenti infernali. Poi aveva ordinato che Lord Zebulon tornasse ogni anno per assistere alla punizione. Una forma di disciplina, o forse un promemoria di ciò che gli sarebbe successo se mai avesse permesso a un altro demone sotto la sua giurisdizione di comportarsi in modo tanto malaugurato.

    Il che significava che prendeva molto sul serio qualsiasi condotta molesta.

    Come lasciare cadaveri in bella mostra su un marciapiedi.

    «Non hai fatto un lauto pasto, ma ti sei nutrita a sufficienza,» riprese Lord Zebulon. «Se avessi ucciso quei due uomini, la tua forza di attrazione non sarebbe tanto forte. Mi stai praticamente implorando di baciarti con lo sguardo, Guinevere.»

    Deglutii, sentendo il cuore che mi martellava nel petto. Mi faceva sempre quell’effetto, a prescindere da quanto mi sentissi sazia. Era il suo potere… faceva appello alla mia anima di Succubo.

    «Sei innocente,» proclamò, prima di posare lo sguardo su Gleason. «Informa i Genesi che mi occuperò io dell’indagine. Qualcuno sta uccidendo in modo indiscriminato nel mio regno, e io troverò il colpevole.»

    «Dark Provenance,» lo corresse Gleason, riferendosi al nuovo titolo scelto dall’organizzazione. Lo trovavano più adatto alla loro origine di figli degli angeli. «E non acconsentiranno a farsi da parte.»

    «Giusto. Dark Provenance,» ripeté Lord Zebulon. Era evidente che la correzione lo avesse infastidito, ma fece mostra di non curarsene. «A ogni modo, non si metteranno sulla mia strada.»

    «Insisteranno per dare una mano,» gli fece notare Gleason.

    «Sì, amano impicciarsi in questioni che non li riguardano,» mormorò il demone. Mi staccò il pollice dalla bocca per tracciare una linea rovente lungo la mia mascella, quindi lasciò ricadere la mano. «Mettiti in contatto con Zane. Supervisionerà i tuoi pasti, mentre io individuo il colpevole.»

    Non si trattava di una richiesta, ma di un ordine, che mi lasciò stranamente paralizzata.

    Quando, due decenni addietro, mi aveva chiesto di collaborare con Zane, io avevo provato un misto di apprensione ed eccitazione. Il mio cuore aveva bramato un’occasione per lavorare a stretto contatto con il sensuale Incubo, ma ne avevo anche avuto timore. Perché non volevo vederlo nutrirsi delle sue prede.

    Ma al momento, beh, assistere mi sembrava quasi una cosa naturale.

    Zane era un vero talento nell’arte della seduzione, un’abilità che morivo dalla voglia di replicare.

    Ma non con lui.

    Sviluppo affascinante. Mi accigliai.

    «Guinevere?» Mi richiamò Lord Zebulon, fraintendendo la mia espressione. «Disapprovi la sua supervisione? Perché sarebbe una reazione sconsiderata al mio ordine.»

    «No, mio signore,» mi affrettai a rispondere. «Comprendo le sue ragioni. Accetto. Stavo solo…» Mi interruppi e scossi la testa. Non aveva bisogno di sapere della mia fantasiosa cotta per il mio mentore, né del fatto che – dopo decenni di desiderio – avesse iniziato ad affievolirsi. «Ero solo persa nei miei pensieri,» conclusi. «Mi metterò in contatto con Zane.»

    Lui strinse gli occhi e studiò il mio viso.

    Per fortuna, decise di lasciar perdere. Annuì e cambiò argomento. «Ho sentito che Xai ed Evangeline sono tornati nel nostro regno. Sono venuti a trovarti, questa settimana?»

    «Sì,» replicai, ripensando alla tavola calda. «Ma è stato un incontro breve. Non li ho più visti da allora.»

    «Azrael li ha convocati per discutere di Dark Provenance. Eve lo aiuterà ad addestrare i Nefilim più giovani,» spiegò Gleason.

    Lord Zebulon emise un suono a bocca chiusa, sembrava interessato. «Capisco. Adesso il coinvolgimento dei Dark Provenance nei miei affari ha più senso. Evangeline non permetterebbe mai che succedesse qualcosa a Guinevere.»

    «Esatto,» annunciò una voce femminile dalla soglia. «Quindi se sei venuto per scortarla a un processo all’Inferno, ti suggerisco di ripensarci.»

    3

    GWEN

    Eve entrò in cucina facendosi roteare un coltello d’argento tra le dita.

    Pochissime creature su quel piano di realtà avrebbero potuto dire una cosa del genere a Lord Zebulon e restare in vita per raccontarlo.

    Per fortuna, la mia migliore amica nonché ex coinquilina era tra quelle.

    Lo dimostrava l’espressione divertita che le rivolse Lord Zebulon. «Non è stato fissato alcun processo, a quanto mi è dato sapere. Non ancora, almeno.»

    «Bene,» replicò lei, puntando gli occhi azzurri sulla mia vestaglia. Doveva sapere a quale attività mi fossi dedicata nelle ultime ore, ma il modo in cui le sue pupille si dilatarono mentre fissava il Lord Diabolico, suggeriva pensasse che il mio abbigliamento fosse dovuto a lui.

    Trattenni un sospiro.

    Mi sarebbe piaciuto.

    Peccato che lui indossasse uno dei suoi perfetti completi, che lasciava solo indovinare il corpo forte nascosto sotto al tessuto.

    «È sempre bello vederti, Evangeline,» disse Zebulon, con uno scintillio negli occhi. «Sono passati decenni.»

    «Soltanto due,» ci informò una voce educata, un attimo prima che Xai facesse il suo ingresso alle spalle di Eve. «Beh, ventun anni Terrestri. Mese più, mese meno, credo. Il tempo è strano in Paradiso.»

    «Infatti,» ribatté Lord Zebulon. «Immagino siate qui per gli omicidi.»

    «E dove dovremmo essere, con Guinevere che combina guai?» ribatté Xai.

    Emisi un verso di scherno. «Io non combino guai.»

    «Ma certo che sì,» rispose l’angelo. «È da te.»

    Quella risposta mi fece irritare. «Per tua informazione, sono passate cinque settimane dal mio ultimo errore, grazie tante. Inoltre ho usato i teli di plastica. Proprio come mi ha insegnato Eve,» feci un passo avanti. «Ma sarei felicissima di fare di te la mia prossima vittima, Xai.»

    «Sì, ricordo che una volta mi hai fatto una proposta che riguardava le mie palle,» fece in tono calmo.

    «Credo si fosse offerta di castrarti,» osservò Eve. «Oppure di afferrarle e torcerle? Non riesco a ricordare.»

    «Castrazione. Sì, mi piace,» tesi la mano. «Posso usare il tuo pugnale?»

    Xai scosse la testa. «Ricordami ancora perché ho acconsentito ad aiutarti con questo caso?»

    Eve gli rivolse un battito delle sue lunghe ciglia bionde. «Perché mi ami.»

    «E perché probabilmente le devi circa un milione di favori,» aggiunsi, squadrandolo. Indossava il suo tipico completo nero, e portava i folti capelli scuri sparsi sulle spalle, come se una brezza glieli avesse appena spettinati. Quel tipo emanava forza, sesso e cattive azioni. Il che lo rendeva perfetto per Eve. Se non fosse stato per la sua tendenza a spezzarle il cuore.

    Sembrava che almeno, al momento, la stesse trattando bene.

    Ma non appena le cose fossero cambiate, avrei dato seguito alla mia minaccia.

    «Favori, sì,» concordò Xai. «Molti, molti favori.»

    Eve roteò gli occhi al suo tono allusivo. «Dimmi quello che sai, Zeb. Perché non è stata Gwen. Non è tipo da lasciare un cadavere in strada, davanti a tutti.»

    Sussultai alla disinvoltura con cui usava quel nomignolo. Lo chiamava sempre Zeb. Una cosa incredibilmente irrispettosa. E tuttavia, lui le permetteva di farlo, forse perché rispettava la sua abilità con i coltelli.

    Dopotutto, Eve era la Figlia della Morte.

    Un’assassina.

    Letale.

    Molto abile come cacciatrice di taglie.

    A ogni modo, si era ritirata da quella vita. E stando a ciò che aveva appena detto Gleason, era tornata per allenare i suoi Nefilim. La cosa aveva senso dato che, negli ultimi due decenni, in assenza di Eve, quella posizione era stata ricoperta da suo padre Azrael.

    «Sono appena ritornato dall’Inferno, quindi non so un granché. Solo che i due cadaveri portano il

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