Provocazione
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La sua vita personale non va molto meglio. Tormentato dai desideri proibiti verso il suo stesso sesso e dai ricordi dolorosi dell’amico d’infanzia di cui una volta era invaghito, David fa di tutto per condurre un’esistenza casta, pentendosi amaramente ogni volta che i suoi propositi vengono meno.
Ma all’improvviso, nella sua esistenza repressa e disciplinata, irrompe Lord Murdo Balfour.
Cinico, edonista e impenitente, Murdo è il contrario di David. Mentre quest’ultimo rifiuta persino l’idea di contrarre un matrimonio privo di amore al solo scopo di preservare le apparenze sociali, Murdo è deciso a sposarsi, un giorno, senza per questo rinunciare alla compagnia degli altri uomini. Per quanto David possa essere inorridito dall’inveterato egoismo del gentiluomo, non riesce tuttavia a resistergli.
Murdo lo tenta e lo irrita allo stesso tempo, distraendolo dalla promessa di trovare l’agente governativo responsabile del triste destino dei tessitori e costringendolo a riconoscere i propri desideri carnali.
Ma potrebbe Murdo essere più che una semplice distrazione?
Magari proprio l’uomo a cui David sta dando la caccia?
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Anteprima del libro
Provocazione - Joanna Chambers
1
8settembre 1820, Stirling, Scozia
La folla intervenuta ad assistere all’esecuzione di John Baird e Andrew Hardie non aveva smesso di crescere per tutta la mattinata. Quando David era arrivato per assicurarsi il proprio posto riusciva ancora ad allargare le braccia, ma ormai si trovava accerchiato su ogni lato e da ogni tipo di persona: uomini, donne e bambini, di alta e bassa estrazione.
I simpatizzanti dei due prigionieri che stavano per essere impiccati e decapitati erano centinaia, ma c’era anche molta gente che si era presentata solo per godersi lo spettacolo. L’umore generale era quello tipico delle esecuzioni: un irrequieto miscuglio di macabra esaltazione e sete di sangue che avrebbe potuto sfociare facilmente nella violenza, ma che per il momento manteneva un’aria di festosità. Intorno a lui, la folla premeva e spingeva per cercare una visuale migliore o per salutare gli amici. I venditori ambulanti proponevano le loro mercanzie con voci squillanti mentre sgomitavano per farsi strada in mezzo alla calca: piselli e fagioli caldi, salsicce di frattaglie, arance e pane di zenzero. Il profumo dolce e appetitoso dei cibi si mescolava al lezzo dei corpi non lavati e accalcati gli uni sugli altri. David ricacciò indietro un improvviso conato e desiderò aver avuto l’accortezza di portarsi dietro un goccetto di whisky.
Le giubbe rosse del 13° reggimento di fanteria erano presenti in massa e trattenevano la marmaglia turbolenta che si era raccolta su entrambi i lati di Broad Street; due linee sottili di casacche rosse e splendenti baionette argentee che fendevano l’aria. Alle loro spalle, la folla degli spettatori sgomitava e spintonava.
Un gomito appuntito colpì David nel fianco, strappandogli un grugnito. Il suo assalitore era una donna con indosso un grembiule e una cuffia sporchi e che puzzava fortemente di alcol. A quanto pareva, voleva raggiungere le prime file, la posizione migliore da cui assistere al brutale spettacolo. Una volta superatolo, David la vide piombare in mezzo a un gruppo di giovani uomini che la insultarono in toni coloriti, ma lei li ignorò e proseguì la propria marcia.
David non se la sentiva di invidiarle la miglior visuale: lui odiava le esecuzioni. Era lì solo per rispetto verso James e Andrew. Aveva fatto del suo meglio per salvarli, ma la conclusione del processo era stata scontata fin dall’inizio. Alla stregua di volpi liberate solo per essere inseguite, i due uomini avevano sottoscritto il loro destino mesi prima, quando avevano marciato su Carron per prendere le armi e pretendere di avere voce in capitolo su chi li governava. Non sapevano che alcuni tra i loro compagni ‒ i più appassionati e ansiosi di combattere ‒ erano, in realtà, segugi di Whitehall. Agenti provocatori.
Non avevano mai avuto una vera possibilità di successo.
David spostò il peso da un piede all’altro, stanco nel corpo e nello spirito. L’ultimo giorno e mezzo era stato interminabile. Prima il viaggio da Edimburgo, poi le lunghe ore trascorse alla locanda con l’unica compagnia dei suoi pensieri. Quella mattina era arrivato al villaggio con troppo anticipo, incerto su quanto nutrita sarebbe stata la folla. Aspettava già da più di due ore in quel mare di persone, alcune che condividevano la sua stessa pesantezza d’animo e altre che si comportavano come se fossero al circo.
Un vociare improvviso all’imbocco della strada fece voltare tutte le teste, quasi si trattasse di un’unica entità.
«Arriva la processione!» esclamò eccitata la giovane donna davanti a lui rivolta alla vicina. Indossava un grembiule da domestica e dei riccioli chiari spuntavano ordinati da sotto la cuffietta. Aveva un’aria da brava ragazza e David si chiese cosa potesse averla spinta in quella piazza, ad alzarsi in punta di piedi e allungare il collo per vedere meglio.
In principio, tutto ciò che lui riuscì a distinguere fu un drappello di dragoni a cavallo che scendeva lentamente la collina su cui si trovava il castello, ma quando le guardie si avvicinarono, David scorse tra loro anche il carretto che trasportava i condannati.
Fu la musica, tuttavia, a raggiungerlo per prima, con almeno un minuto di anticipo rispetto al carro. Un inno. Lo stesso che sua madre era solita intonare mentre lavorava nella loro cucina a casa, Dio, nostro sostegno dall’inizio dei tempi. L’inno si spostava insieme al corteo via via che questo procedeva lungo la discesa, le voci di una parte della folla che riprendevano dove il segmento precedente aveva lasciato, accompagnando i prigionieri sull’onda incerta del canto.
L’inno sortì un effetto straordinario. Le urla degli ambulanti si spensero e gli spettatori eccitati si calmarono, fino a che a infrangere il silenzio rimasero soltanto il rumore degli zoccoli e delle ruote sull’acciottolato e quel coro solenne.
Anche David cantò, la voce da tenore un po’ arrochita, le parole familiari ripescate da qualche angolo a lungo dimenticato della memoria.
Il tempo, come ruscello sempre pregno,
porta con sé ogni essere vivente
che se ne va dimenticato, come un sogno
svanisce all’approssimarsi dell’alba ardente
Quando il corteo gli sfilò davanti, David riuscì a cogliere una rapida impressione dei prigionieri attraverso un sottile spiraglio tra le giubbe rosse. Erano seduti fianco a fianco, e di fronte a loro c’era il boia, una nera figura incappucciata e immobile.
Dietro al carretto e la scorta militare, procedevano i dignitari locali: i magistrati e lo sceriffo MacDonald in persona, con in mano il bastone d’ufficio. Al loro passaggio, l’effetto calmante dell’inno sembrò dissiparsi e alcuni sostenitori dei due condannati abbaiarono insulti.
Una volta che il corteo l’ebbe oltrepassato, per un po’ David non riuscì a vedere altro. Il carro si fermò davanti al tribunale, ma c’erano così tanti soldati a occultare la scena che non gli fu possibile guardare i prigionieri scendere. Una donna qualche metro più avanti riferì che erano stati condotti all’interno dell’edificio.
Trascorsero lunghi minuti e l’attesa cominciò a spazientire la folla, che riprese in parte l’atteggiamento bellicoso di poco prima. Alcuni spettatori si fecero strada verso il patibolo per assistere da vicino e David fu trascinato in avanti insieme a loro, finendo con il trovarsi accanto a un gruppo di uomini che davano l’impressione di aver già alzato discretamente il gomito.
Indossavano abiti logori e trasandati, e ciascuno aveva in mano un boccale di birra o gin. Facevano battute oscene e spintonavano di proposito i vicini, incitandosi a vicenda. David cercò di allontanarsi, ma la gente gli premeva contro sia da dietro che ai fianchi, rendendogli impossibile spostarsi, così abbassò lo sguardo e cercò di ignorarli.
Un mormorio eccitato percorse la piazza quando la porta del tribunale tornò ad aprirsi. Dal suo nuovo angolo privilegiato, David ne vide emergere diverse persone e, questa volta, riuscì a scorgere anche i due condannati avvolti in abiti scuri e con le mani legate dietro la schiena. Apparivano incredibilmente calmi mentre camminavano verso il patibolo e ne salivano gli scalini.
Alla prima avvisaglia di quello che stava per accadere davanti ai suoi occhi, la folla fu percorsa da un brivido di eccitazione. Qualcuno gridò Assassini! e Vergogna! Accanto a David, gli ubriachi ridevano sul resoconto sconcio che uno di loro stava facendo dell’incontro che aveva avuto la sera prima con una vecchia prostituta.
Una volta che i prigionieri ebbero raggiunto la cima del patibolo, James Baird mosse un passo in avanti e si rivolse agli spettatori. Nonostante la sua voce risuonasse squillante, David riuscì ad afferrare solo qualche frammento di frase.
«… morte vile a causa di leggi inique…»
Qualcuno esclamò il proprio consenso.
«… essere il tramite affinché i nostri oppressi concittadini possano trovare un rapido affrancamento.»
Gli uomini lì accanto continuavano a parlare, incuranti di quello che succedeva loro intorno. Irritato, David gli lanciò uno sguardo di disapprovazione, che fu intercettato da un tizio massiccio e con la faccia butterata, il quale ricambiò con una lunga occhiata malevola e poi diede un colpo di gomito al vicino per attirare la sua attenzione. Il secondo uomo ascoltò quanto diceva il compagno senza mai distogliere da David gli occhi appannati e ostili.
A quel punto lui si voltò, ricacciando indietro l’improvvisa vampata di rabbia che minacciava di sopraffare la paura annidata nelle sue viscere. Un desiderio irresistibile di colpire qualcuno, di lanciarsi in una rissa da cui non sarebbe mai potuto uscire vincitore, lo assalì. Dovette mordersi l’interno della guancia e stringere i pugni fino quasi a frantumarsi le nocche, per mantenere il controllo di se stesso. Era lì per un’unica ragione: assistere alle morti di Andrew e James, e mostrare loro che sarebbero stati ricordati.
Se Jeffrey avesse saputo che David era lì, gli sarebbe venuta una crisi apoplettica. Gli aveva caldamente sconsigliato di assumere la difesa dei due radicali, facendogli notare che un conto era che lui, Jeffrey, difendesse uomini accusati di aver imbracciato le armi contro il governo, e un altro era che David Lauriston – il figlio di un fittavolo della contea di Fife e con neanche quattro anni di esperienza di avvocatura alle spalle – si unisse a lui. Ma David aveva accettato lo stesso, realizzando così il sogno di lavorare insieme a un uomo che ammirava. Il risultato era la sua presenza su quella piazza.
Era il turno di Hardie di parlare e l’uomo avanzò di un passo. La prima parte del suo discorso fu sommersa dal vociare degli spettatori, ma David riuscì a cogliere le ultime parole.
«… tra qualche minuto, il nostro sangue sarà versato su questo patibolo,» declamò il condannato. «La testa ci sarà staccata dal collo per la sola colpa di aver cercato di affermare i legittimi diritti dei nostri oppressi e maltrattati compatrioti…»
Dalla folla si levarono grida di incoraggiamento. Lo sceriffo si avvicinò e gli posò una mano sul braccio per interromperlo.
«Basta con questo linguaggio violento e inopportuno, signor Hardie!» ordinò. Aveva il viso paonazzo per la furia. «Avevate promesso di non infiammare la folla.»
Gli spettatori protestarono vivacemente davanti a quel tentativo di mettere a tacere il prigioniero.
«Lasciatelo parlare!» gridò qualcuno.
Hardie si scrollò la mano di MacDonald dal braccio e dichiarò, anche lui arrabbiato: «Abbiamo già detto ciò che era nostra intenzione dire, sia che lo accettiate o meno.»
Le sue parole furono accolte da un boato di sostegno che attirò l’attenzione dell’uomo sugli spettatori ammassati ai suoi piedi. Si guardò intorno. Osservò la folla, poi la forca sopra la sua testa. Spostò lo sguardo sul compagno, anche lui pronto per la decapitazione, e infine lo riportò sul mare di persone che si erano riunite in piazza per assistere alla sua morte, circondate da un numero impressionante di soldati. Il rosso delle uniformi era ovunque, così come il luccichio delle armi e lo stronfiare nervoso dei cavalli. David osservò l’uomo prendere atto di ognuna di quelle cose e comprendere quello che sarebbe potuto succedere quel giorno.
Hardie, però, sollevò la mano e parlò un’ultima volta. «Non brindate alla nostra salute questa notte, amici.» La sua voce risuonava chiara, ma il suo tono era cupo mentre con la coda dell’occhio scrutava i soldati. «Dimenticatevi dei pub e andate a casa. Dedicatevi alle vostre Bibbie questa notte.» Al suo fianco, James Baird annuiva il proprio consenso.
La folla mormorò scontenta e lo sceriffo si fece di nuovo avanti per parlare ancora con i due uomini, questa volta con un tono di voce troppo basso perché fosse possibile sentirlo. Una volta conclusa la discussione, fu chiesto l’intervento di un soldato che prese il pugnale appeso alla sua cintura e tagliò le corde che stringevano i polsi dei condannati.
I due amici le lasciarono cadere e, dopo essersi scambiati un ultimo sguardo, si abbracciarono con forza. Baird rimase per un lungo momento con la fronte appoggiata sulla spalla di Hardie, poi si sciolse dalla stretta.
«Guardateli,» si fece beffe di loro uno degli uomini accanto a David. «Sembrano due femmine.»
David si morse l’interno della guancia finché non sentì il sapore del sangue, per impedirsi di urlargli contro. Una donna che gli stava davanti, però, fu meno controllata: si voltò e con voce velenosa disse loro che erano solo un branco di bastardi ignoranti. Gli uomini le risposero di farsi gli affari propri con quel tono bonario che sarebbe potuto diventare sgradevole in un battito di ciglia. David, tuttavia, non li guardava: la sua attenzione era rivolta là dove avrebbe dovuto essere. Al patibolo.
I prigionieri rimasero in piedi schiena contro schiena, due figure dritte e orgogliose, mentre il giustiziere si avvicinava e metteva loro le corde attorno al collo e i cappucci in testa. Hardie stringeva in mano un fazzoletto bianco: il segnale per l’impiccatore.
L’attesa si prolungò qualche secondo e la folla tutta sembrò trattenere il fiato. Anche gli ubriachi si erano fatti silenziosi. I condannati cercarono l’uno la mano dell’altro e intrecciarono le dita in un ultimo gesto di solidarietà. Il fazzoletto cadde.
E lo stesso fecero gli uomini.
David mantenne lo sguardo fisso sulle loro mani unite. All’inizio ebbe l’impressione che le dita si stringessero. Piano piano, tuttavia, la presa si allentò. Le gambe smisero di scalciare, i corpi si rilassarono, i palmi si separarono. Le anime li abbandonarono. David colse, in qualche modo, il momento preciso in cui non furono più loro e si trasformarono in due corpi appesi. Due cadaveri.
Una donna cominciò a piangere.
«Vergogna!» urlò con prepotenza qualcuno, e il suo grido fu accolto dalla folla. Vergogna! Vergogna! Assassini!
Lo strepito continuò a lungo e i soldati intorno alla piazza cominciarono a innervosirsi, le armi pronte tra le mani tremanti. Gli uomini e le donne che circondavano David erano sul punto di esplodere; sarebbe bastato un movimento brusco, una pietra, e quella giornata si sarebbe trasformata in una seconda Peterloo.
Il diversivo assunse la forma di due uomini robusti che si avvicinarono per tagliare la corda che sosteneva i morti. Piano piano, le urla cominciarono a placarsi mentre le persone si tendevano in avanti, ansiose di assistere al passo successivo. La decapitazione.
Il corpo di Hardie fu il primo a essere adagiato sul ceppo. Una nuova figura si avvicinò. Il boia. Era sorprendentemente piccolo, esile addirittura. Uno spettatore aveva affermato, poco prima, che si trattava dello stesso uomo che la settimana precedente aveva tagliato la testa al radicale James Wilson. Sempre stando a quanto si diceva, era uno studente di medicina esperto di dissezioni.
Quando il boia sollevò l’ascia, un urlo colmo di angoscia squarciò il silenzio. Forse fu quello a fargli perdere la concentrazione. O forse dipendeva dall’inesperienza: non capitava tutti i giorni di avere teste da tagliare, di quei tempi. Fatto sta che l’uomo di nero vestito dovette calare l’ascia tre volte prima di decapitare Hardie, e poi altre due per decollare Baird. Dopo ogni operazione, sollevò la testa recisa, il sangue che colava raccapricciante dal collo, e dichiarò: «Questa è la testa di un traditore!» Ogni volta, gli spettatori mugghiarono quasi fossero bestie, metà per il dolore e metà in segno di protesta.
Un gruppo di uomini salì a quel punto sul patibolo e tutti insieme sollevarono i corpi per adagiarli nelle bare e poi metterli sopra il carro che li avrebbe portati via.
Lo spettacolo era finito e la folla non aveva altro da guardare, se non l’inevitabile pulizia. A metà del lavoro, gli spettatori cominciarono a disperdersi con molta più pacatezza di quanto David avrebbe creduto possibile, come se il colpo d’ascia del boia avesse mozzato non solo la testa dei due radicali, ma anche il germoglio della ribellione.
Persino gli stolti ubriachi che per tutto il tempo avevano vibrato di violenza a stento trattenuta si erano calmati. Voltarono le spalle al palco di legno con espressioni cupe, quindi si allontanarono insieme al resto della gente.
David, tuttavia, aspettò. Aspettò che le bare venissero caricate sul carro, che poi guardò avviarsi lentamente, sferragliando sopra l’acciottolato irregolare. E attese ancora, fino a che le ruote non scomparvero alla sua vista. Fino a che James e Andrew non furono persi per sempre.
Solo allora si voltò e tornò alla locanda.
2
Nonostante Andrew Hardie avesse esortato la gente ad andare a casa e leggere la Bibbia, quella sera tutti i pub del villaggio erano pieni e gli avventori brindavano, per la maggior parte, alla salute dei due morti.
David avrebbe alloggiato alla locanda per un’altra notte prima di riprendere la diligenza per Edimburgo il mattino successivo, e quando scese nella sala comune non trovò neanche una sedia libera, tante erano le persone lì riunite.
Fu la padrona a scorgerlo esitante sulla soglia.
«Buonasera, signor Lauriston,» lo salutò a voce alta, attirando l’attenzione di un nutrito gruppo di uomini vestiti da lavoro, che si