Storia-della-Musica-R-Allorto Dal 600 Ad Oggi PDF
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Tra la metà del XVI e la metà del XVII sec. la musica europea cambiò completamente carattere:
- la polifonia fu ancora impiegata, soprattutto in musica sacra, mentre si affermò la monodia
- il contrappunto perse importanza e ne acquistò la nascente scienza dell’armonia
- i modi ecclesiastici, usati per più di un millennio, furono gradatamente sostituiti dai modi maggiore e
minore
- la musica strumentale assunse importanza sempre maggiore
LA TRATTATISTICA NEI SECOLI XV E XVI
Partecipi a questi mutamenti furono i trattatisti. Ricordiamo
- Heinrich Loris, detto il Glareano, autore del Dodekachordon (1547)
- Zarlino, maestro di cappella in S.Marco, che nella seconda metà del XVI sec. pubblicò le Istituzioni
Armoniche e altri trattati di armonia
- Giovanni Artusi, autore della celebre critica a Monteverdi
L’origine della tonalità
Il passaggio dai toni gregoriani ai toni moderni avvenne attraverso l’alterazione di un semitono. Tale
alterazione modificava la natura della scala modale in cui avveniva l’alterazione. Ciò era avvenuto nel V e nel
VI modo per evitare il tritono “fa-si”: nella nuova scala si usava un “si bem”. Nel Dodekachordon del Glareano
vengono presentati due nuovi modi in aggiunta agli 8 ecclesiastici: l’eolio, il nostro minore, e lo ionico, il
nostro maggiore. Questi rimasero ben presto i soli due modi, avendo assimilato in sé gli altri 8. Per le
composizioni liturgiche il passaggio nei nuovi modi fu più lento che nelle composizioni profane
L’origine dell’armonia
L’armonia si affermò empiricamente dalla pratica degli strumenti polifonici (liuto, organo, clavicembalo).
Suonare questi strumenti infatti comportava la creazione di accordi. La teoria dell’armonia fu enunciata da
Zarlino, che legittimò l’armonia come scienza in quanto conseguenza di leggi dell’acustica (triadi maggiori
come successioni di suoni armonici). Zarlino costruì la nuova scala diatonica (i cui intervalli sono basati sui
rapporti che intercorrono tra un suono e i suoi armonici), la scala naturale o zarliniana che sostituì la scala
pitagorica
L’origine del basso continuo
Fin dal XV sec. era diffusa l’usanza di sostituire alcuni voci con strumenti. Ciò aveva modificato la scrittura
lineare-melodica contrappuntistica in quella verticale-armonica che si concretizzò nella scrittura accordale. La
melodia era svolta dalla voce acuta, sostenuta da un basso, generatore di accordi che sostituivano le altre voci,
che prese il nome di “continuo” in contrapposizione con quello “interrotto” delle composizioni polifoniche.
Importante fu l’opera di Ludovico Grossi da Viadana, in quanto nella prefazione dei suoi Cento concerti
ecclesiastici (mottetti) a 1-4 voci, con il basso continuo per suonar l’organo è presente la spiegazione del
nuovo procedimento compositivo. Il b.c. fu utilizzato per tutto il barocco nell’accompagnamento della musica
vocale e nella musica strumentale per strumenti non a tastiera. Esso era realizzato generalmente da 2 strumenti:
uno melodico (generalmente una viola da gamba, poi un violoncello) che eseguiva il basso, e uno capace di
realizzare accordi (clavicembalo, organo o liuto) secondo la numerica prescritta
Il Barocco si colloca tra Rinascimento e Classicismo (dall’inizio del XVII sec. alla metà del XVIII sec, tra l’età
di Monteverdi e quella di Bach ed Handel). Si può dividere in 3 parti della durata di circa mezzo secolo: età di
Monteverdi, Frescobaldi e Schutz; età di Carissimi, Lulli e Purcell; età di Vivaldi, i 2 Scarlatti, Couperin, Bach
ed Handel
Cultura del Barocco: a Roma palazzi e fontane del Bernini, poemi e poesie del Marino. L’arte barocca rifiuta i
canoni dell’estetica classico-rinascimentale (misura, equilibrio, sobrietà): l’obiettivo è ora stupire, rappresentare
e “fare spettacolo”. La musica era la componente essenziale della manifestazione più originale del barocco: la
festa. Per i regnanti dilettarsi di musica era un dovere di stato: l’organizzazione della musica si basava sulle
cappelle delle corti
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Teatro e Musica
Già nel XV sec. il movimento umanistico volto al recupero della cultura classica aveva riscoperto il teatro
antico con commedie di Plauto e Terenzio e tragedie di Seneca. Ciò stimolò la produzione teatrale moderna:
nacque così il teatro italiano (commedie di Ariosto, Machiavelli, Aretino e tragedie che non riuscirono a
imporsi se non a strette cerchie di letterati). Accanto a commedie e tragedie nacque il nuovo genere della favola
pastorale (Aminta del Tasso e Il pastor fido del Guarini). Altro genere di successo fu la Commedia dell’arte,
basata su esili canovacci e con maschere come Pantalone, Brighella, Arlecchino, il Dottore, il Capitano, gli
Innamorati…
La musica era presente nel teatro rinascimentale come musica di scena, valido esempio ne è il coro dell’ Edipo
Tiranno di Sofocle, musicato da Andrea Gabrieli nel 1585. Gli Intermedi furono spettacoli rinascimentali di
vasto impiego, utilizzati come riempitivo tra una scena e l’altra, costituivano entità autonome. I più importanti
sono i 34 intermedi per La pellegrina, commedia di Bargagli rappresentata a Firenze nel 1589 per le nozze di
Ferdinando de’Medici. A tali intermezzi collaborò la Camerata Fiorentina. Essi costituiscono il diretto
antecedente dell’opera. I brani, molti dei quali in stile concertante, sono di grande varietà: “sinfonie”
strumentali, madrigali da 3 a 30 voci, alcuni a cappella, altri con accompagnamento strumentale.
I primi melodrammi
I primi drammi per musica nascono dal desiderio della Camerata fiorentina di emulare la tragedia greca
fondendo linguaggio e musica: nasce il recitar cantando, cioè il nuovo modo flessibile di declamare un testo,
cantandolo sulle note indicate dal compositore. Il primo dramma per musica fu Dafne di Peri su testo di
Rinuccini, rappresentato nel 1597. Oltre a Peri, figurano tra i primi operisti Caccini e de’Cavalieri.
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Eccelse nelle invocazioni, nelle espressioni di dolore e nella rievocazione del mondo soprannaturale e
infernale. Assieme a Monteverdi e Schutz è tra i musicisti del XVII sec. che più profondamente espresse il
sentimento religioso.
L’oratorio italiano nasce dalle laudi polifoniche e si diffuse da Roma alle altre città italiane. Il più importante
centro dell’oratorio italiano fu la corte imperiale di Vienna, presso la quale gli oratori avevano funzione politica
(decorare celebrazioni solenni, esequie di personaggi illustri, riunioni della Dieta…), ovvero laddove le
rappresentazioni operistiche non erano adatte. Venne abolito lo Historicus e diminuì l’impegno del coro:
l’oratorio divenne una successione di arie, duetti e recitativi (tipo opera: è da notare che gli oratori si
eseguivano spessissimo durante la quaresima, quando i teatri d’opera erano chiusi). Alessandro Scarlatti ne
scrisse 38.
L’oratorio in Francia fu introdotto da Charpentier, un allievo di Carissimi che fu, insieme a Lulli e Delalande,
uno dei più apprezzati musicisti del tempo. I suoi oratori, la maggior parte su testi latini, pochi su testi francesi,
fondono aspetti italiani ad elementi francesi, ma non ebbero molta influenza sulla produzione musicale sacra.
L’assolutismo di Luigi XIV infatti patrocinava, oltre al gallicanesimo, uno stile di canto sacro peculiare
francese. La forma preferita era il grand motet, ampia e fastosa cantata sacra per voci soliste; non avevano
esclusivo impiego sacro. Il maggior compositore di grands motets fu Delalande (1657-1726).
Claudio Monteverdi (Cremona, 1567-Venezia, 1643) Vissuto tra Rinascimento e primo barocco, si riconosce
nelle sue opere il passaggio tra polifonia e monodia. Nel 1589 si trasferì a Mantova come suonatore di viola
nella cappella musicale dei Gonzaga. Nel 1603 Vincenzo Gonzaga lo nominò maestro di cappella. Alla morte di
Vincenzo, nel 1612, Monteverdi tornò a Cremona, poi Venezia, dove divenne maestro di cappella.
Opere: opera omnia, raccolta in “Tutte le opere di C.M.”, 19 volumi a cura Malipiero (1926-1942):
- composizioni polifoniche profane: canzonette a 3 voci, 5 libri di madrigali con testi del Guarini, del Tasso,
del Boccaccio e di Rinuccini. Nel 1600 Artusi accusò Monteverdi di non aver rispettato le regole del
contrappunto in alcuni madrigali. La risposta di Monteverdi, pubblicata nel libro V dei madrigali, ebbe il
valore di enunciazione dei principi estetici a cui il compositore si rifaceva. E’ dal terzo libro di madrigali
che si palesano gli aspetti originali dell’arte di Monteverdi: evidente adesione della musica alla poesia, da
cui deriva l’impiego di alcune dissonanze criticate dall’Artusi, la trasformazione delle linee melodiche in
declamati a note ribattute, la tendenza a privilegiare la voce acuta, il diradarsi del tessuto polifonico a sole
2,3 voci
- composizioni profane in stile concertato: madrigali a 5 voci su testi di Rinuccini, Marino, Petrarca;
Concerto a 1,2,3,4,5,6 voci dal libro V dei madrigali, testo di Guarini, Marino, Tasso; Scherzi musicali a 1 e
2 voci (contiene arie e madrigali in stile recitativo); madrigali guerrieri e amorosi (libro VIII) con testi di
Petrarca, Tasso, Guarini, Rinuccini, Marino; nei libri VII e VIII viene a mancare l’omogeneità che si
incontra nei libri precedenti, infatti vi si incontrano madrigali concertati, monodie (tra cui la Lettera
amorosa “se i languidi miei sguardi”, in genere rappresentativo), duetti, 2 balli (Tirsi e Clori, Il ballo delle
ingrate). La composizione più famosa è Il Combattimento tra Tancredi e Clorinda (dai madrigali guerrieri
del libro VIII), testo tratto dalla Gerusalemme Liberata, canto XII. Fu rappresentata a Venezia nel 1624, 3
voci, basso continuo e orchestra d’archi (introduzione del tremolo e del pizzicato)
- opere teatrali: L’Orfeo, favola in musica composto da un prologo e 5 atti, libretto di Striggio figlio (1607),
rispecchia lo stile dell’opera di corte, si modellò sulle Euridici fiorentine, con uso dello stile recitativo
flessibile e incisivo, aderente alla sollecitazione della poesia, ma vennero sfruttate altre risorse musicali:
brevi monodie, grandi arie per il protagonista, cori madrigalistci, sinfonie e ritornelli strumentali.
L’incoronazione di Poppea, dramma in musica costituito da prologo e 3 atti su libretto di Busenello,
rappresentato a Venezia nel 1642. Elogio e trionfo della passione amorosa, presenta i caratteri dell’opera
veneziana: orchestra ridotta, quasi abolito il coro, molti personaggi, varie le scene, intricata la vicenda,
predomina il recitativo, gli episodi cantati sono numerosi e bravi (particolare il fluido passaggio da
recitativo a canto e viceversa, passaggi determinati più dal contenuto dei versi che dalla loro struttura)
- composizioni sacre: Sacrae cantuculae a 3 voci, madrigali spirituali a 4 voci, Messa a 6 voci a cappella (in
stile antico, in contrappunto rigoroso) e Vespri della Beata Vergine a 6 voci e strumenti, Selva morale e
spirituale per soli, insiemi vocali e strumentali (contiene madrigali spirituali, una messa, salmi, Magnificat,
Salve Regina). Nella maggior parte delle composizioni sacre Monteverdi ricreò coi suoi personali moduli
espressivi lo stile concertato di Gabrieli.
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La personalità. Monteverdi fu capace di intuire e accelerare la trasformazione del comporre musica : dalla
polifonia madrigalistica, allo stile concertato, alle monodie su b.c.; dallo stile recitativo alle forme d’opera,
prima di corte, poi impresariale; dalla polifonia sacra a cappella ai salmi e mottetti concertati. Il rapporto
parola-musica costituisce il nocciolo del pensiero estetico monteverdiano.
Nel ‘700 l’opera italiana si diffuse in tutta Europa ad eccezione della Francia. Il ciclo artistico dell’opera
“internazionale” nacque a Venezia e si sviluppò principalmente grazie a compositori napoletani. I caratteri
esterni non erano dissimili da quelli dell’opera veneziana.
Alessandro Scarlatti (Palermo,1660 - Napoli,1725) La sua produzione operistica servì da modello per almeno 2
generazioni, e grazie ad essa Napoli divenne, assieme a Venezia, la capitale dell’opera. Scrisse ben 114
opere; le più importanti sono Gli equivoci del sembiante, La Statira, L’Eraclea, Il Mitritdate Eupatore, Il
Tigrane, Il trionfo dell’onore, La Griselda. Produzione vocale: 26 serenate e cantate, composte per
occasioni celebrative; 811 cantate a 1 e 2 voci e basso continuo, di cui 80 anche con strumenti; 7 oratori
in latino (destinati all’oratorio romano del SS.Crocefisso) e 38 oratori in italiano; 13 messe, alcune con
strumenti; 72 mottetti, salmi e inni. Produzione strumentale: 12 sinfonie di concerto grosso; 7 sonate per
flauto e archi; concerti, sonate e toccate per strumenti a tastiera.
Uno dei maggiori suoi meriti è quello di aver equilibrato il rapporto tra recitativi e le arie, attraverso
l’espansione dell’aria con il da capo (ABA). Scarlatti accrebbe anche, rispetto all’opera veneziana, il ruolo
dell’orchestra (sinfonia introduttiva e accompagnamento delle arie. Negli stessi anni anche Corelli e altri
stavano affidando una crescente importanza all’orchestra.
L’opera a Venezia
L’opera napoletana non relegò in secondo piano l’opera veneziana. La macchina teatrale veneziana continuò a
girare ancor più che nel XVII sec. I teatri continuavano a offrire grandi guadagni alle famiglie più illustri di
Venezia: in media si rappresentavano 9 opere differenti all’anno. Rispetto al secolo precedente, Venezia aprì i
propri teatri anche a illustri compositori non veneziani. Ma tra i maggiori operisti veneziani si ricordano almeno
- Antonio Vivaldi, che cominciò a dedicarsi all’opera quando già aveva 35 anni, ma compose ben 50 opere
serie. La prima fu Ottone in villa, rappresentato a Vicenza nel 1713. Vivaldi non solo componeva le opere,
ne era anche impresario, allestiva in proprio le produzioni e scritturava i cantanti. Era legato soprattutto al
teatro S.Angelo, ma produsse anche per molte città del nord Italia, più Roma. Non tutta la produzione
operistica di Vivaldi era preziosa: alcune arie venivano trasportate da un’opera all’altra e molti pezzi
tradiscono la fretta. Ma l’operista Vivaldi non è inferiore al compositore dei concerti. L’orchestra partecipa
alla vicenda drammatica, differentemente dai suoi contemporanei. Le opere più importanti sono Il Farnace
(1726), Orlando (1727), La fida ninfa (1732), L’Olimpiade (1734), La Griselda (1735)
- Baldassarre Galuppi (1732-1785) detto il Buranello, fu maestro di cappella dal 1762 a S.Marco; fu maestro
anche all’Ospedale dei Mendicanti e poi agli Incurabili. Dal 1765 al 1768 fu a S.Pietroburgo da Caterina II.
Compose più di 100 opere, solitamente comiche su libretto di Goldoni; si ricordano Il mondo della luna
(1750), Il mondo alla rovescia ossia Le donne che comandano (1750), Il filosofo di campagna (1754). Nelle
opere serie preferì i libretti di Metastasio. Compose anche musica sacra, oratori e musica strumentale, in
particolare concerti e sonate per clavicembalo
I 4 Ospedali veneziani erano istituzioni affini ai conservatori napoletani, dove però venivano istruite
unicamente ragazze.
Compositori d’oltralpe
L’opera italiana conobbe nel XVIII sec. una grande diffusione in ogni corte europea, in particolare Austria,
Germania e Inghilterra. Ciò fu di stimolo ai compositori stranieri a imitare lo stile operistico italiano. Tra i
compositori stranieri che produssero in stile italiano si ricordano: Handel, J.C.Bach (11 opere), Gluck (opere
precedenti all’Orfeo ed Euridice), Haydn (le opere scritte per il teatrino di Esterhàz), Mozart. Ma il musicista
più integrato nell’opera italiana fu
Johann Adolf Hasse (1699-1783), di Amburgo, sposò la famosa cantante veneziana Faustina Bordoni. Allievo
di Scarlatti e Porpora, musicò quasi tutti i libretti di Metastasio e con le sue circa 60 opere si dimostrò uno dei
più validi esponenti dell’opera napoletana. Usò frequentemente recitativi drammatici e prestò attenzione
all’accompagnamento orchestrale. Compose anche intermezzi comici, oratori, musiche sacre e strumentali
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TESI XVIII: Sviluppo musicale del melodramma (recitativo, aria, finale, strumentazione
espressiva) – Decadenza artistica
L’antitesi tra opera seria e comica appartiene alla cultura storiografica moderna
L’opera seria
Rispecchia l’idealità, i valori della società del 700, parlava di virtù, prima tra tutte, l’eroismo. L’opera seria era
- cosmopolita e internazionale
- eseguita nei teatri di corte o comunque un teatri importanti e capaci
- sempre in 3 atti, con argomenti solenni ed eroici, a volte tragici, ma sempre a lieto fine; i personaggi (storici
o mitologici) si esprimevano in lingua italiana
- l’esecuzione vocale era affidata a celebri cantanti, soprattutto voci acute, delle quali si apprezzava
soprattutto il virtuosismo
- musicalmente prevaleva uno stile elaborato, soprattutto nelle arie (forma col “da capo” e stile vocale fiorito)
- i libretti erano scritti da poeti e letterati italiani di chiara fama, spesso Zeno e Metastasio. Ogni teatro
comunque aveva il suo librettista
Due particolari tipi di opera seria sono il pasticcio e l’azione (o festa teatrale)
Il pasticcio era un’opera seria su libretto originale ma con arie di vari autori, che ebbe molto successo nella
prima metà del secolo. Esempi di pasticci: Tito Manlio (1720) su libretto di Noris, musica di Boni (atto I),
Giorgi (atto II), Vivaldi (atto III); Partenope (1737) formato da arie già note e scritte per altre opere da vari
autori, fu confezionato da Vivaldi con musiche di almeno altri 5 compositori tra cui Handel. L’azione era
un’opera di ridotte proporzioni, solitamente di argomento mitologico, ma con finalità celebrative. Metastasio
scrisse circa 40 libretti per la corte viennese
L’opera comica
Il termine opera comica era estraneo al gergo settecentesco, fu coniato dai musicologi nell’800. Si dovrebbe
parlare di opera non tragica. Il termine comprende i diversi generi del melodramma non serio: intermezzi, opere
buffe, drammi giocosi, comici, semiseri, farse etc. Una delle forme più singolari fu l’intermezzo. Di dimensioni
ridotte, era di viso in 2 parti che si eseguivano tra I e II e tra II e III atto di un’opera seria. Le vicende narrate
erano esili, quotidiane. I personaggi (di solito 2 o 3, erano esclusi gli evirati) erano borghesi o popolani.
L’organico era una piccola orchestra d’archi più clavicembalo. Il capolavoro del genere è La serva padrona,
intermezzo dell’opera Il prigionero superbo (1733) di Pergolesi. Caratteristiche dell’opera comica:
- era un prodotto tipicamente italiano, spesso regionale (principalmente napoletano)
- era eseguita in piccoli teatri e con pochi collaboratori artistici
- durava 2 o 3 atti. Le vicende si ispiravano alla vita quotidiana. A volte si recitava in dialetto napoletano
- gli interpreti erano a volte attori, più spesso cantanti particolarmente esperti nella recitazione e nel canto
espressivo, più che veri virtuosi
- particolare attenzione agli ambienti e ai costumi borghesi, scorrevolezza nello stile, mescolanza delle forme,
cantabilità
- i primi librettisti erano letterati di bassa lega, più avanti il livello si alzò, il più grande fu Goldoni.
Dalla seconda metà del 700 l’opera comica raccolse favori anche nel resto d’Europa. Gli enciclopedisti francesi
ne apprezzavano la semplicità, contrapposta alla statica e geometrica teatralità dell’opera seria. Molti
compositori prendono spunto da romanzi inglesi e francesi. Per esempio, Paisiello e Mozart, con Il barbiere di
Siviglia e Le nozze di Figaro si ispirarono alla trilogia di Caron de Beaumarchais.
Strutture e forme dell’opera italiana del 700
A parte il fatto che l’opera seria era sempre in 3 atti e la comica spesso in 2, non c’erano molte altre differenze
dal punto di vista strutturale e formale. Le parti fondamentali dell’opera generalmente erano
- la sinfonia, unica parte interamente strumentale, articolata in 3 parti (allegro, adagio o andante, allegro o
presto). Conosciuta di solito come sinfonia scarlattiana, perché fu A.Scarlatti a diffonderla e generalizzarne
l’uso
- i recitativi nei quali si svolgevano i dialoghi tra i personaggi e in pratica l’intera vicenda. Erano
declamazioni intonate. Il tipo di recitativo più usato, derivato dal “recitar cantando” della Camerata
Fiorentina era il recitativo semplice o secco, sostenuto solo dagli accordi del clavicembalo, ma questo tipo
di recitativo scomparve nei primi decenni dell’800. Di uso meno frequente era il recitativo accompagnato o
obbligato, con le voci sostenute degli archi. Il suo sfruttamento, in particolare nelle scene più
drammaticamente intense, aumentò nel corso del secolo
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- le arie, il momento di maggiore impegno compositivo, erano l’espansione lirica della situazione descritta
dal precedente recitativo. La forma più consueta era l’aria col “da capo” scarlattiana (A B A’), ma l’aria
poteva essere anche in forma bipartita (con un tempo lento e uno mosso)
- i pezzi d’insieme (duetti, terzetti) coinvolgevano, a differenza delle arie, più personaggi. Era raro l’uso del
coro. Pezzi d’insieme particolarmente importanti erano i finali di atto e d’opera, ampiamente sviluppati
dalla seconda metà del 700, in particolare nel genere comico
Esempi:
- Griselda di Vivaldi, opera seria in 3 atti, libretto di Zeno (Venezia 1735). 6 personaggi, tutte voci acute. 18
arie, un terzetto, coro conclusivo. Orchestra d’archi e basso continuo
- Il matrimonio segreto di Cimarosa, dramma giocoso in 2 atti, libretto di Bertati (Vienna 1792). 6
personaggi, 3 maschi, 3 femmine. Recitativi e 6 arie, 5 duetti, 3 terzetti, un quartetto, un quintetto.
Orchestra d’archi, fiati, timpani e basso continuo
TESI XIX : La riforma di Gluck e Calzabigi – Teorici del melodramma – Satire e parodie
in Italia e fuori
Le ragioni dei letterati
Filosofi, scrittori e letterati criticavano aspramente l’opera italiana: pensavano che il rapporto tra musica e
poesia fosse troppo sbilanciato a favore della musica. Per lo spirito razionalistico-cartesiano la poesia ha
maggior valore perché si rivolge alla ragione, la musica ai sensi. Il primato della poesia sulla musica è
affermato da alcuni letterati quali Crescimbeni, Muratori, Martello e Quadrio. Le critiche diminuirono quando
si imposero i libretti di Metastasio, abile poeta d’Arcadia. Gli scrittori della generazione successiva, dalla metà
del 700 in poi, sostennero la logica e la coerenza nel dramma e sollecitarono la riforma del teatro in tale
direzione. Tra questi Algarotti, nel suo Saggio sopra l’opera in musica, lascia intravedere le scelte che, pochi
anni dopo, effettuarono Gluck e Calzabigi. Anche in Francia la questione era accesa: durante il XVIII si
pubblicarono molti pamphlets nei quali si intrecciavano le discussioni teoriche, le polemiche, la satira.
Nacquero 3 querelles: lullisti contro ramisti, buffonisti contro antibuffonisti, gluckisti contro piccinnisti. Gli
scritti più importanti appartengono a Saint-Evremond, Marmontel, barone Grimm, Rousseau
Satire e parodie
Il mondo dell’opera non era criticato solo dai letterati; spesso strano o addirittura assurdo, questo mondo si
prestava a ironie e satire. Nacque così un piccolo filone letterario che si sviluppò sino ai primi decenni dell’800.
La satira più famosa, Il teatro alla moda, la scrisse il compositore Benedetto Marcello, nobile veneziano, nel
1720. Sembra un manuale di consigli e suggerimenti indirizzati a tutti coloro che hanno a che fare con
l’industria operistica, ma i consigli esortano in realtà a fare ciò che non va fatto! Più numerose furono le
parodie, che spesso avevano la forma di libretti d’opera buffa o intermezzi. Tra le più note Prima la musica, poi
le parole, musica di Salieri, libretto di Casti; L’impresario di Smirne di Goldoni; Il maestro di cappella, musica
di Cimarosa; Le cantatrici villane, musica di Fioravanti; Der Schauspieldirektor di Mozart
Cristoph Willibald Gluck
Nato in Baviera nel 1714, trascorse l’infanzia in piccoli centri della Boemia, dove il padre lavorava coma
guardaboschi. Dal 1731 studiò logica a Praga, ma più che altro musica. Nel 1735 era membro della cappella
musicale viennese, dove conobbe il conte Melzi, che lo convinse a studiare a Milano da Sammartini,
compositore apprezzato per la musica strumentale. Dal 1741 iniziò la carriera di compositore teatrale, a Milano
e Venezia. Proseguì a Londra, dove conobbe Handel. Dopo alcuni anni passati con la compagnia d’opera
ambulante dei fratelli Mingotti, prese dimora stabile a Vienna, nel 1752. Attraverso i contatti col conte
Durazzo, sovrintendente dei teatri viennesi e col librettista Ranieri de’Calzabigi, Gluck maturò le linee di
riforma dell’opera seria italiana, il cui primo frutto fu l’azione teatrale Orfeo ed Euridice (1762). Fu invitato a
Parigi da alcuni intellettuali nel 1773, dove Iphigenie en Aulide e la versione francese dell’Orfeo scatenarono
querelles che durarono anni. Dal 1779 non lasciò più Vienna, dove morì nel 1787.
Escluse poche composizioni vocali sacre e profane (tra cui 7 Odi su versi di Klopstock, che sono tra i più
significativi lieder del XVIII sec.) e poche opere strumentali, la produzione di Gluck fu volta interamente al
teatro e comprende 50 opere e 5 balletti. Nel periodo in cui lavorò in Italia, a Londra e in Germania, compose
drammi, pasticci, feste teatrali italiane. Tra essi Artaserse (Milano, 1741), La caduta dei Giganti (Londra,
1746), La clemenza di Tito (Napoli, 1752), Le cinesi (Vienna, 1754).
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Parecchie opere sono su libretto di Metastasio. Lo schema drammaturgico metastasiano infatti, con la
contrapposizione recitativo/aria e il primato delle voci soliste, domina la prima metà della produzione di Gluck.
Su suggerimento del conte Durazzo, Gluck affronta l’opera comica francese, con Le cadi dupè (1761) e La
rencontre imprevue (1764), mentre in collaborazione col coreografo Angiolini realizzò i balletti Don Juan ou le
festin de pierre (1761) e Semiramis (1765). La confluenza di opera seria italiana, opera comica francese e
balletto fu chiamata “riforma di Gluck e Calzabigi” e si realizzò col determinante contributo del librettista
livornese nelle opere Orfeo ed Euridice (azione teatrale in 3 atti, 1762), Alceste (tragedia in 3 atti, 1767),
Paride ed Elena (dramma in 5 atti, 1770).
Le linee fondamentali della riforma erano:
- azione semplificata ed eliminazione del “tagliente divario” tra recitativi e arie. Per eliminare questo stacco
si adotto il recitativo accompagnato, sostenuto dall’intera orchestra. Nelle arie furono aboliti il “da capo” e
il canto fiorito, in questo modo le parole erano sempre intelleggibili
- versi sciolti e rimati in fluida successione, alternando con molta libertà arie e recitativi, facendo largo spazio
ai cori (che partecipavano come in una tragedia greca) e aggiungendo balli in armonia con l’azione
- l’orchestra non accompagnava solamente, ma partecipava all’azione
Questi punti sono ricordati nella prefazione che Gluck premise alla stampa dell’Alceste
Con Handel e Mozart, Gluck fu uno dei più grandi drammaturghi del 700. Pochi compositori furono così chiari
sui loro intenti artistici. La scelta dei libretti riflette il desiderio di voler tornare a sentimenti comuni, piuttosto
che alle auliche stilizzazioni dell’opera metastasiana. Il suo intervento segnò il superamento dell’Arcadia e del
rococò nel teatro. La riforma di Gluck e Calzabigi si colloca sullo stesso piano che segnò la poesia del Parini e
dell’Alfieri
L’eredità di Gluck
- Piccinni, pur essendo antagonista di Gluck nelle querelles, diede prova di aver compreso il messaggio della
riforma con Roland (1778), Atys (1780), ma soprattutto con Didon (1783)
- Salieri (Legnago 1750 – Vienna 1825), già nel 1771 mostra l’adesione alla riforma gluckiana con Armida.
Divenne nel 1788 compositore di corte e maestro di cappella a Vienna. Grazie a Gluck, presentò a Parigi
Les Danaides (1784) e Tarare (1787) su libretto di Beaumarchais (ottenne molto successo e fu ribattezzata
in italiano Axur re d’Ormuz. Altre composizioni: La grotta di Trofonio, Il mondo alla rovescia, Falstaff;
musiche sacre e strumentali
- Sacchini (1730-1786), allievo di Durante. Le sue opere più famose: Dardanus (1784), Oedipe a Colone
TESI XX: Il melodramma nazionale in Francia da Lulli e Rameau fino ai nostri giorni; in
Germania da Schutz sino a Mozart; in Inghilterra
FRANCIA: PRIMA DI LULLI
Il balletto
Nel teatro italiano primeggiava l’opera cantata, in quello francese il ballo. Il ballo era però nato in Italia
all’inizio del XV sec. I fondamenti della tecnica erano stati definiti da Domenico da Piacenza. Il primo ballo
come spettacolo di corte fu rappresentato per le nozze di Galeazzo Sforza e Isabella d’Aragona nel 1489.
Creatore del balletto francese fu il lombardo Baldassarre da Belgioioso.
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Il ballet de cour
Il primo balletto francese di Baldassarre da Belgioioso, il famoso Ballet comique de la reyne (1581), fu
un’opera collettiva: oltre al coreografo vi parteciparono un pittore, un poeta e due compositori. Preceduto da
un’ouverture, il balletto comprendeva arie e recitativi, cori, danze, pantomime e terminava con un Gran ballet.
Comique non sta ad indicare una vicenda comica, ma solo il fatto che la vicenda ha una conclusione felice. Da
questa formula naquero altri tipi di ballo, come il ballet mascarade e il ballet melodramatique, nel quale aveva
maggior importanza la musica (uno dei più riusciti fu il Ballet de la delivrance de Renaud). Il Ballet a enrees,
che dopo il 1620 soppiantò le altre forme di balletto, non sviluppava un argomento unitario (e non drammatico)
ed è l’embrione dell’opera-ballet. Le rappresentazioni si svolgevano in grandi sale dove gli spettatori erano
distribuiti lungo i lati lunghi. I danzatori erano spesso i nobili, tutti mascherati. Negli spettacoli a corte le
esecuzioni strumentali erano affidate ai 24 violons du roi, la prima orchestra d’archi. Nel 1641 Richelieu fece
rappresentare il Ballet pour la prosperità des armes de France come avviene oggi (platea e palcoscenico). Col
balletto, divenuto un divertissement teatrale, si aprivano le strade alla creazione della tragedia in musica
francese di cui fu ideatore Lulli
LA TRAGEDIE-LYRIQUE DI LULLI
Antecedenti
Mazzarino tentò invano di portare l’opera italiana in Francia. Il rifiuto di quest’ultima stimolò poeti e musicisti
alla creazione dell’opera francese. Il primi veri tentativi fu fatti nel 1659 con una Pastorale d’Issy e nel 1671
con Pomone, ad opera dell’abate Perrin librettista e Cambert compositore. Perrin ottenne dal primo ministro
l’esclusiva per rappresentare opere in Francia. Approfittando delle difficoltà economiche di Perrin, Lulli rilevò
tale esclusiva.
Giovanni Battista Lulli (Firenze 1632 – Parigi I687), si trasferì a Parigi a 14 anni per diventare il valletto di una
principessa. Qui proseguì gli studi musicali. A 20 anni passo al servizio di Luigi XIV, che poco a poco trasferì
nelle sue mani l’organizzazioni degli spettacoli. Divenne così “sovrintendente della musica francese”. Negli
ultimi 15 anni di vita definì e mise a punto la tragedie-lyrique.
La sua produzione si svolse attraverso poco più di un trentennio, ma impose forme e stili che dominarono la
musica scenica francese sino a Gluck. Il primo ventennio della sua attività fu occupato dalla composizione di 31
balletti (spesso su trama di Benserade) e di 14 comedie-ballets in collaborazione con Moliere. Innovatore del
tradizionale ballet de cour, diede una maggiore importanza al canto d aggiunse, accanto a correnti e gagliarde,
anche nuove danze di recente voga, come passepied, rigaudon, bouree, gavotte e soprattutto minuetti. Il
culmine dell’esperienza creativa furono le 13 tragedie-lyrique, composte tra il 1673 (Cadmus et Hermione) e il
1686 (Armide), spesso su libretto di Quinault. Tra le più importanti Alceste, Isis e Roland. Formalmente erano
divise in 5 atti e i versi erano basati sull’alessandrino (verso classico della poesia francese, 14 sillabe con
cesura). Le differenze tra le tragedie liriche e le contemporanee opere veneziane erano notevoli: l’opera
francese distingueva meno nettamente arie e recitativi (forma bipartita AB oppure AABB). La tragedia lirica
presenta cori introduttivi in tutti gli atti e danze. L’orchestra era più fornita che nelle opere veneziane; oltre ad
accompagnare tutte le parti cantate e i balli, eseguiva l’ouverture alla Lulli, composta da un Adagio o Lento
maestoso con ritmo puntato, una cadenza alla dominante lo separava da un esteso Allegro fugato. Compose
anche una ventina di mottetti, salmi e inni per la cappella reale. Lulli, “principe della musica” impersonò
l’assolutismo musicale in Europa creando l’opera barocca francese. Creò con essa l’equivalente in musica della
tragedia in versi, sui modelli letterari di Racine, Corneille e Quinault.
DOPO LULLI
L’opera-ballet
Dopo la morte di Lulli si spezzò l’equilibrio della tragedie-lyrique e si affermò il nuovo operà-ballet, dove
prevalgono danze e arie cantate. Al contrario di ciò che avviene con la tragedie-lyrique, viene smembrata
l’unità di azione. Solitamente venivano rappresentate 3 vicende, una per atto. Accantonati gli argomenti eroici e
mitologici, vennero ripresi quelli pastorali; infatti nel primo trentennio del XVIII sec. tornarono in voga le
atmosfere bucoliche rappresentate nei quadri di Watteau e dall’italica poesia d’Arcadia. Nei brani cantati venne
ripreso lo stile operistico italiano, osteggiato da Lulli.
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Ricordiamo L’Europa galante (1697) e Carnaval de Venise (1699) di Campra (italiano che si proponeva di
“mescolare alla delicatezza francese la vivacità italiana”), La pastorale d’Issè (1697) e Les elements (1721) di
Destouches (uno dei primi francesi a usare l’aria col “da capo”) e le Indes galantes (1735) di Rameau
Rameau (1689-1764), figlio di un organista di Digione, prima di stabilirsi nel 1723 a Parigi, insegnò in varie
città francesi. In questo periodo compose la maggior parte della sua musica per clavicembalo e scrisse un
trattato d’armonia. A Parigi conobbe il mecenate La Pouplinière, che lo convinse a cimentarsi nell’opera. La
prima fu Hippolite et Aricie (1733). Compose 26 opere tra cui si ricordano le tragedie-lyriques Castor et Pollux
(1737), Dardanus (1739) e l’opera-ballet Les Indes galantes (1739).
Il successo di Rameau fu osteggiato dai Lullisti, che gli rimproveravano di essersi troppo allontanato dal
modello di Lulli. Ne nacque una querelle che si protrasse sino alla successiva querelles des Bouffons, che
coinvolse i seguaci dell’opera buffa italiana e suoi oppositori, tra cui si trovarono insieme lullisti e ramisti. A
dispetto dell’opinione dei lullisti, Rameau fu continuatore dell’opera di Lulli, mantenendo nel suo teatro la
severa nobiltà drammatica (pur ammorbidendone le linee) della tragedie-lyrique e conservando il gusto del
“meraviglioso”. Le caratteristiche peculiari della sua opera sono il senso armonico, la quantità e la qualità dei
brani strumentali (“coreografiche” ouvertures)
L’opera-comique
nacque e si diffuse nel ‘700. Non ebbe il cosmopolitismo dell’opera seria, ma si sviluppò con differenti
connotazioni nazionali. In Francia valeva il privilegio accordato a Lulli e al teatro de L’Opera che vietava a tutti
gli altri teatri nazionali di inserire musica nei drammi. Si giunse al compromesso del pagamento da parte dei
teatri periferici di royalty a L’Opera. Ma dal 1715 in avanti il Theatre de la Foire e il Nouveau Theatre Italien
misero in scena le prime opera-comiques, caratterizzate da dialoghi e brevi canzoni, inizialmente di ispirazione
popolare (vaudevilles), più tardi da arie, spesso di origine italiana. Il commediografo che per primo intuì le
possibilità del nuovo genere fu Favart, ma il più celebre esempio fu Le devin du village (1752) di Rousseau.
L’opera-comique aprì la strada ai “Bouffons” italiani, che riscossero successi e polemiche alla metà del XVIII
sec. Librettisti e musicisti del genere non si limitarono a proporre vicende comiche, ma anche (oltre a pastorali
e a farse amorose) drammi sentimentali e storici. Noti autori furono
- Duni, italiano di Matera che compose 23 operas-comiques, spesso su libretto di Favart
- Philidor che compose Tom Jones (1765) basata sul romanzo inglese di Fielding
- Monsigny con Le Deserteu (1769)
- Modeste Gretry (1741-1813), belga di nascita, studiò a Roma e nel 1767 si stabilì a Parigi. Mise in musica
libretti di vario genere: comedie-ballet, idillico-pastorale, esotico-orientale. Inaugurò un nuovo filone di
soggetti ispirati alla storia medioevale: da ricordare Richard Coeur de Lion (1784)
La prima opera composta in Germania fu Dafne (1627) su libretto di Rinuccini tradotto da Opitz su musica
(andata persa) di Schutz. Fino alla fine del ‘700 grande influenza dell’opera italiana. Amburgo col suo teatro
cittadino “Del mercato delle oche” fu per l’opera tedesca ciò che Venezia fu per l’opera italiana. L’opera
tedesca, non basandosi su alcuna preesistente forma di teatro musicale, prese spunto da modelli stranieri. I
compositori più importanti:
- Johann Wolfgang Franck con le Tre figlie di Cecrope (1679), l’opera più antica a noi pervenuta
- Johann Sigismund Kusser, allievo di Lulli, grande organizzatore e direttore
- Reinhard Keiser, operò una sintesi sufficientemente armonica di Lied, arie e recitativi italiani e danze
francesi
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Il Singspiel
Nato a Vienna verso la metà del ‘700 e diffusosi in Germania, è uno spettacolo misto di recitazione e musica
affine all’opera-comique. Sebbene gli impresari capirono le possibilità di successo del nuovo genere, la cultura
ufficiale fu indifferente e solo Goethe capì la novità. Noti compositori di singspiele:
- Hiller ne compose 4, il più noto è Die Jagd (1770)
- Benda, oltre a comporre alcuni melologhi (scene recitate con accompagnamento orchestrale), compose
anche il singspiel Die Dorfjahrmarkt (1775)
- Karl Ditters (1739-1799) fu il maggior compositore viennese di singspiele, con il suo Doktor und
Apotheker (1786)
L’importanza del singspiel sta nel fatto di aver offerto la matrice storica dell’operetta viennese dell’800, oltre
ad aver offerto terreno propizio per la nascita di alcuni capolavori come Il Ratto dal Serraglio, Il Flauto Magico,
Fidelio e Freischutz di Weber
INGHILTERRA
Nell’Inghilterra dei Tudor (XVI sec.) masque indicava un trattenimento affine al ballet de cour, con dialoghi e
arie affidate a musicisti e balli condotti da gentiluomini mascherati. Gli argomenti erano mitologici o allegorici.
Mentre il livello della poesia era piuttosto alto, con librettisti come Ben Jonson e John Milton, eredi di
Shakespeare, il livello musicale era basso. Era presente l’influenza dello stile recitativo italiano. La rivoluzione
puritana di Cromwell e l’instaurazione della repubblica (1649-1660) ne segnarono la fine, anche se per ancora
alcuni anni i masques vennero rappresentati nelle case dei nobili. Verso la fine della repubblica il drammaturgo
D’Avenant ottenne l’autorizzazione ad aprire un piccolo teatro per le rappresentazioni in musica e fu usato per
la prima volta il termine “opera” al posto di masque. La prima opera fu The Siege of Rhodes di D’Avenant, con
musiche di vari autori, tra cui Locke (1622-1677), dalla particolare vena affettuosa. Altre opere furono
rimaneggiamenti dei testi shakespeariani come La tempesta e Macbeth, entrambe su musica di Locke
Henry Purcell (1659-1695) seppe riconoscere e adattarsi agli ideali della società inglese della restaurazione, che
alla musica chiedeva comportamenti di seduzione sensuale e gradevolezze decorative. La sua produzione fu
summa della tradizione vocale italiana e di quella strumentale francese. Il suo capolavoro fu Dido and Aeneas
(1689). Per il resto, la produzione teatrale di Purcell appartiene al genere che definiamo musica di scena
La “ballad opera”
L’opera seria italiana ebbe successo solo tra i nobili e venne criticata dal resto del pubblico. Nacque un genere
autonomo e popolare, la “ballad opera”, sulla scia del successo di uno spettacolo di John Gay, The Beggar’s
Opera (1728) musicato con ballate popolari ma anche con arie di Purcell e Handel.
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TESI XXI: Trapianto dell’opera italiana in Francia e Germania – L’opera italiana in
Russia
Fin dalla prima metà del XVII sec. le opere italiane riscossero successo in città straniere. Iniziò un flusso
migratorio di compositori, cantanti, librettisti e scenografi italiani all’estero, prima Austria e Germania, poi
Inghilterra e Russia. In Francia, dove Lulli aveva realizzato un teatro nazionale, la presenza italiana fu limitata
ad alcuni periodi
A partire dalla prima metà del ‘600 l’opera seria italiana fu di casa in Austria (prima a Vienna) e Germania. A
differenza che in Italia, dove i centri di produzione teatrale erano i teatri impresariali, nei regni e nei principati
dell’Europa centrale, questi erano sostituiti dai teatri di corte. L’interesse per l’opera seria italiana aveva due
radici:
- culturale: nel barocco l’opera italiana era lo spettacolo più completo e appagante. Con la sua sontuosità
rispecchiava i tratti della monarchia assoluta
- politico: lo spettacolo conservava i caratteri seri di una cerimonia ed era occasione per ostentare potere e
forza economica del sovrano
Le date delle rappresentazioni (spesso con libretto di Metastasio) coincidevano con eventi politici o dinastici
della famiglia reale. In particolare per i genetliaci si preferivano le feste teatrali, un genere minore con fini
celebrativi.
Le opere serie ricalcavano i modelli prima veneziani, poi napoletani e solitamente erano composte
espressamente per i teatri di corte. L’esempio del teatro francese introdusse cori e balli, scarsi in Italia.
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Verso la metà del ‘700 la forte richiesta di opere italiane fece la fortuna delle compagnie itineranti. La cultura
illuministica mise in crisi i teatri di corte. L’opera era diventato uno spettacolo “per tutti”.
Contemporaneamente l’opera seria perdeva il suo primato, a favore di opera buffa, operà comique e singspiel
Le prime opera londinesi alla maniera italiana erano musicate da compositori di scarso talento ed erano
traduzioni inglesi di libretti italiani. Nel 1708 al Queen’s Theater fu rappresentato il Pirro e Demetrio di
A.Scarlatti, cantato in parte in inglese in parte in italiano. Nel 1711 arrivò Handel col suo Rinaldo, iniziando
l’attività di operista italiano e impresario. Nel 1720 un gruppo di gentiluomini fondò la Royal Academy of
Music e ne stabilirono la sede al King’s Theater. Librettisti dell’Accademia erano Rolli e Hayn, mentre
compositori erano Handel, Bononcini e Ariosti. La vita della Royal Academy fu densa di incomprensioni e
rivalità tra i 3 compositori e le varie cantanti. Stanco delle lotte, Handel lasciò il teatro nel 1738 per dedicarsi
interamente all’Oratorio
L’opera seria italiana giunse a S.Pietroburgo con l’arrivo nel 1757 col compositore e impresario napoletano
Francesco Araja. Il periodo di massimo fulgore fu il regno di Caterina II la Grande (1762-1796). Di origini
tedesche, sposò il debole Pietro III e lo fece deporre a suo favore. Zarina illuminata, svolse attività di
divulgazione della cultura europea e fondò l’Hermitage. Operarono alla corte russa Galuppi, Traetta Paisiello,
Sarti, Cimarosa, ancora Sarti, Cavos. Quest’ultimo, arrivato attorno al 1800, compose su soggetti di
ambientazione e melodie russe, preparando la strada a Glinka, il primo degli operisti russi.
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TESI XXII: L’opera italiana nel secolo XIX: Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi, autori
minori – Il melodramma contemporaneo
Il melodramma italiano dell’800 fu un gradito prodotto da esportazione culturale a livello mondiale. Mentre nel
XVII e XVIII sec. diversi erano i generi musicali apprezzati dal pubblico, nel XIX sec. il melodramma è
protagonista. Gramsci affermò che l’unica forma di teatro nazional popolare italiana sia il melodramma. Le
spiegazioni di questo amore per l’opera sono essenzialmente due:
- il teatro d’opera aveva nella società italiana la funzione di luogo di incontro (motivo sociologico)
- il melodramma rispecchiava i moti collettivi di pensiero, il gusto e le trasformazioni della società (motivo
culturale)
A teatro la vita di relazione e di società si svolgeva in modo più sciolto che in salotti e caffè. Nei palchi si
poteva anche mangiare e bere. Il rapporto tra teatro e pubblico si mantenne straordinariamente inalterato per un
secolo
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L’editoria musicale iniziò acquistando i fondi musicali degli archivi dei teatri e riciclandoli noleggiando le
opere ad altri teatri e stampando spartiti per canto e pianoforte. Giovanni Ricordi comprese nel 1808 che gli
editori avrebbero avuto enorme vantaggio dalla mediazione tra impresari e compositori (si procuravano
l’esclusiva dagli operisti in cambio di un corrispettivo economico commisurato alla “quotazione” e su questa
base trattavano con gli impresari). Una delle piaghe del sistema è la mancanza di una protezione da copia, che
poteva essere effettuata da impresari senza scrupoli col fine di non pagare gli autori. Nel 1865 il problema
venne ovviato con la legge del diritto d’autore e la fondazione nel 1882 della SIAE. Verso la fine del secolo,
per facilitare le rappresentazioni, l’editoria musicale fornì agli impresari
anche i bozzetti delle scene, i figurini dei costumi e volumi di Disposizioni Sceniche, raccolte di note di regia
GLI OPERISTI
Il passaggio dal ‘700 all’800 avvenne nel teatro italiano senza soprassalti. All’inizio del secolo si presentavano
ancora le opere dell’ultima scuola napoletana, con Cimarosa e Paisiello. Tra i compositori che adoperavano
collaudati modi teatrali emerse
Giovanni Simone Mayr (Baviera,1763-Bergamo,1845), giunto a Bergamo nel 1802, fondò le “Lezioni
caritatevoli di musica”, una sorta di conservatorio di cui fu allievo Donizetti. Compose una settantina di opere,
tra cui L’amor coniugale, La rosa bianca e la rosa rossa, Medea in Corinto, oltre a una copiosa produzione
sacra, musica strumentale e scritti didattici. Le sue opere serie ebbero l’importanza della maturazione del
genere. La cura della strumentazione, l’attenzione al declamato eroico e al coro, appreso dalle opere francesi di
Gluck sono i tratti caratteristici della sua opera, che indica la matrice donizettiana.
Gioacchino Rossini (Pesaro,1792-Parigi,1868), nonostante fosse conservatore nella vita e nemico delle novità,
delineò i tratti del melodramma italiano e del Grand Opera parigino nel passaggio tra classicismo e primo
romanticismo.
Studiò violoncello, pianoforte e contrappunto al recente Liceo musicale di Bologna. A 18 anni abbandonò gli
studi e scrisse la sua prima farsa. Dotato di grande facilità e rapidità, ebbe subito successo. Nel 1815, raggiunta
la celebrità, accettò un contratto con l’impresario Barbaja per i teatri napoletani da lui gestiti. Sposò nel 1823 la
cantante Isabella Colbran.
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Nel 1824 si stabilì a Parigi, dove per 5 anni rimaneggiò opere napoletane per le scene francesi e ne scrisse di
nuove. Dopo il Guillaume Tell (1829) abitò spesso a Bologna e Firenze. Sposatosi in seconde nozze, continuò a
scrivere: musica sacra, arie da camera, pezzi per pianoforte.
Opere teatrali: ne compose 39 (23 serie, 16 buffe). Serie sono Tancredi, Otello, Armida, La donna del lago,
Semiramide. Comiche sono La pietra di paragone, L’italiana in Algeri, Il turco in Italia, Il barbiere di Siviglia,
Cenerentola, La gazza ladra. Opere parigine sono Il viaggio a Reims, Le passage de la Mer Rouge (rifacimento
di Mosè in Egitto), Guillaume Tell.
Presso il pubblico ebbero molto successo le sue vivaci opere comiche, mentre quelle serie sono storicamente
importanti per l’influenza che ebbero per il melodramma della generazione successiva. Rossini portò all’ultimo
sviluppo i modi compositivi del genere buffo napoletano, intensificando l’uso di brevi e ritmicamente ossessive
formule, da cui nacque il famoso crescendo rossiniano.
Nel genere serio Rossini di liberò gradatamente dei modelli settecenteschi. Alla conquista del realismo
drammatico che caratterizzerà il melodramma della fine del secolo, rispetto alle sue prime opere meno
espressive, Rossini contribuì particolarmente con Mosè in Egitto, La donna del lago e Guillaume Tell
Tra le composizioni non teatrali: tra le sacre Stabat Mater, Petite messe solennelle,vocali da camera Soirees
musicales (arie e duetti con pianoforte), tra le strumentali 6 sonate per 2 violini, viola e contrabbasso; variazioni
per fiati e pianoforte, Quelques riens pour album per pianoforte
Rossini suggellò l’opera del ‘700 e anticipò i moti del melodramma. Il romanticismo come campo di
inquietudini e passioni gli fu estraneo, ma con la sua straordinaria fantasia musicale fu capace di uno spettacolo
musicale scintillante fatto di continue invenzioni e gaiezza ritmica
Vincenzo Bellini (Catania,1801-Parigi,1835)
Apparteneva ad una famiglia di musicisti: il nonno era operista e autore di musiche sacre, il padre, anch’egli
compositore, fu il suo primo maestro. Nel 1819 si trasferì a Napoli dove completò gli studi al conservatorio. Al
termine degli studi, dopo aver raccolto successi con le sue prime opere, Adelson e Salvini e Bianca e Gernaldo,
sotto consiglio dell’impresario Barbaja, andò a Milano, dove Il pirata (1827) riscosse gran successo. Dopo La
sonnambula e Norma(1831) tornò a Napoli per poi andare a Londra e Parigi, dove si stabilì e conobbe Chopin,
Hugo, de Musset e il poeta tedesco Heine. Il suo ultimo lavoro fu I puritani (1835), rappresentato al Theatre
Italien di Parigi, rappresentata pochi mesi prima della morte.
Alla sua morte aveva composto solo 10 opere, circa una ogni anno. A differenza di Rossini e Donizetti, il suo
modo di lavorare, meditato e pieno di ripensamenti, lo rendeva poco adatto ai ritmi di produzione che il teatro
esigeva. A differenza di molti suoi contemporanei, rifletteva attentamente. Non compose opere comiche, da cui
non si sentiva attratto. Lavorò per lo più con lo stesso librettista, Felice Romani, poeta classicista.
Nelle opere belliniane la musica si esprime in melodie purissime. Per questo fu definito il più grande lirico del
teatro dell’800. Accanto a melodie gentili troviamo canti di grande tensione emotiva che rapidamente di placa.
Qualche storico giudicò la semplice purezza delle melodie come conseguenza di una carenza nella preparazione
contrappuntistica, ma è opinione dei più che lo stile di Bellini riconosce semplicemente il primato della
melodia.
La sua opera, che conta 65 titoli (solo quelle complete), appartiene straordinariamente a tutti i generi di teatro
italiano e francese dell’epoca:
- farse: giovanili, culminate con Convenienze e inconvenienze teatrali (1827) tornò più tardi al genere con Il
campanello e Betly (1836) e Rita (1841)
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- comiche: il primo importante successo fu l’opera buffa L’ajo nell’imbarazzo (1824), L’elisir d’amore
(1832) e Don Pasquale (1843)
- serie: Anna Bolena (1830), Lucrezia Borgia (1833), Maria Stuarda (1834), Lucia di Lammermoor (1835)
- francesi: quantitativamente limitate, ma pregevoli, emergono l’opera-comique La fille du regiment e i
Grand-operas Les martyrs e La favorite (tutte nel 1840)
Le opere serie ebbero un rilievo superiore al resto del suo teatro. Le opere comiche furono le ultime geniali
testimonianze di un genere in via d’estinzione, svolte all’interno di una tradizione teatrale antecendente alle
opere comiche del ‘700 e basate su prevedibili contrasti amorosi; contengono però anche scene di sentimento
patetiche e aggraziate, gradite al pubblico che non si accontentava solo di ridere. La preferenza dell’opera seria
da parte del pubblico è legata alle inclinazioni di sentimentalismo di matrice inglese e francese, ricca miniera
letteraria a cui i librettisti potevano attingere. Donizetti scelse la poetica di “amore e morte” come sua preferita,
tematica a cui aderì con un’invenzione musicale di uguale vigore drammatico e intensità sentimentale,
affidando spesso ad appassionate donne-eroine, destinate a soccombere per morte violenta o pazzia, il ruolo di
protagoniste.
Spesso, nella sua produzione c’è discontinuità nella qualità, spesso anche all’interno della stessa opera. Questo
è , conseguenza del suo modo di comporre frenetico. Nato nel periodo in cui dominava Rossini, ne fu
certamente influenzato, ma nella maturità si svincolò dalle convenzioni rossiniane al vantaggio di una più
intensa drammaticità. Fu l’anticipatore d’opera di Verdi.
Verdi compose 25 melodrammi, tutti seri ad eccezione del secondo, lo sfortunato Un giorno di regno e l’ultimo,
Falstaff. Dividendo la sua produzione in tre periodi, si ricordano:
- primo periodo: Oberto conte di S.Bonifacio, Nabucco (1842), Giovanna d’Arco (1845), Macbeth (1847), La
battaglia di Legnano (1849)
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- secondo periodo: Rigoletto (1851), Il trovatore (1853), La traviata (1853), Les vespres siciliennes (1855),
Un ballo in maschera (1859), La forza del destino (1862), Aida (1871)
- terzo periodo: Otello (1887), Falstaff (1893)
Altre composizioni furono: Messa di Requiem (1874) per l’anniversario della morte del Manzoni, 4 pezzi sacri
(Ave Maria su scala enigmatica, Stabat Mater, Te Deum, Laudi alla Vergine), quartetto in mi min, alcune
liriche per canto e pianoforte
Il dramma di Verdi rispecchia i valori e le idee del XIX sec. Gli intrecci delle opere non erano creazioni
originali, esclusa l’Aida, su soggetto originale dell’egittologo Mariette, messa in scena per l’inaugurazione del
canale di Suez. Solitamente i libretti sono tratti da classici quali Shakespeare, Schiller, Hugo, Byron, Dumas,
tradotti sotto lo stretto controllo di Verdi. Varie tipologie di dramma; in alcune vicende private mescolate a
sentimenti collettivi (Nabucco, Battaglia di Legnano, Vespri siciliani), altre riscoprono il gusto del romanzesco
caro a Donizetti (Trovatore, La forza del destino), in altre ancora l’intreccio è basato sul contrasti tra i
protagonisti e le loro motivazioni (Ballo in maschera, Aida, Falstaff), oppure c’è un personaggio che col suo
sentimento motiva l’intera storia (Macbeth, Rigoletto, Traviata, Otello).
La struttura del melodramma nel primo ‘800, frammentata in una successione di pezzi chiusi, ostacolava la
credibilità dell’azione teatrale. Verdi operò un graduale avvicinamento alla continuità, rompendo gli schemi dei
pezzi chiusi, abolendo le cabalette e creando nuove grandi strutture che contenessero arie, recitativi, ariosi e
pezzi d’insieme secondo le esigenze del libretto. Tornarono così in gioco i rapporti tra parola e musica, gli
stessi che in una situazione diversa aveva affrontato Monteverdi. Superate le arie agghindate da inutili vocalizzi
estranei alle situazioni drammatiche, Verdi ideò la parola scenica, una sorta di recitativo-arioso che sfocierà
nelle ultime opere (Otello e Falstaff) nel declamato melodico sostenuto dall’orchestra
Le prime opere sono donizettiane, ma ben presto Verdi adottò un proprio stile vigoroso, fatto di frasi concise su
ritmi balzanti, con pochi compiacimenti canori. Raggiunse in breve tempo il successo perché seppe forzare il
melodramma a rappresentare i sentimenti comuni di personaggi concreti, non gli eroi superumani dei
melodrammi passati. L’opera del primo periodo rappresenta lo scossone al melodramma ancora frammentato e
irrealistico; con quella del secondo periodo Verdi inizia il percorso di abbandono delle forme tradizionali alla
conquista del “declamato melodico”, che si manifesterà pienamente nelle opere del terzo periodo, entrambe su
personaggi di Shakespeare, il poeta drammatico più ammirato da Verdi
La Giovane Scuola
Il verismo letterario fu corrisposto da un movimento musicale retto da Leoncavallo, Puccini, Mascagni, Cilea,
Giordano, detto “La giovane Scuola”. Al di là del nome, non sottointendeva alcun sodalizio artistico e i suoi
contenuti esponenti letterari del verismo furono Verga e Capuana; il verismo si proponeva di rinnovare lo stile
con poche descrizioni e molti dialoghi parlati, nei quali, a seconda dei diversi livelli di realtà sociale, dovevano
corrispondere diversi livelli di linguaggio (inevitabile la caduta nel bozzettismo, la tranche de vie)
Ciò che accomunò gli operisti fu lo stile del canto: derivato dal declamato melodico verdiano, fu caricato da
modi espressivi accesi e talvolta agitati, con frequenti escursioni nel registro acuto. Inoltre tutti gli operisti
raggiunsero la fama con una sola acclamatissima opera
- Pietro Mascagni (Livorno,1863-Roma,1945) allievo del cons.di Milano raggiunse il successo con la forza
sanguigna della Cavalleria Rusticana (1889) su soggetto di Verga, insegnò nel Liceo musicale di Pesaro.
Scrisse altre 12 opere, tra cui L’amico Fritz, la commedia dell’arte Maschere, l’esotica Iris, la classica
Nerone
- Ruggero Leoncavallo (Napoli,1857-Montecatini,1919) studiò musica a Napoli e lettere a Bologna, visse
all’estero. Il successo dei Pagliacci (1892), manifesto del verismo più drammatico ed espressivo, non si
ripetè nelle altre opere, comunque sono da ricordare la Boheme, che seguì di un anno quella di Puccini, e
Zazà. Scriveva lui stesso i libretti delle sue opere
- Umberto Giordano (1867-1948) studiò a Napoli. L’opera con cui esordì, Mala vita (1892) ebbe accoglienze
contrastanti. Le sue opere più celebri furono Andrea Chenier, dall’appassionata vena melodica, e Fedora
- Francesco Cilea (1866-1950) studiò a Napoli e accanto all’attività di compositore, insegnò a Firenze,
Palermo e Napoli. La sua produzione conta 3 opere: L’Arlesiana, Adriana Lecouvreur e Gloria. Nei veristi
occupò un posto a sé: le sue melodie infatti sono garbate ed eleganti, la strumentazione equilibrata
Alla generazione post-verista appartengono Montemezzi, Alfano, Ermanno Wolf-Ferrari
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TESI XXIII: Richard Wagner: importanza musicale e artistica, caratteri nazionali della
sua produzione. I post-wagneriani
L’OPERA IN FRANCIA
Grandi mutamenti politici nella Francia del XIX sec: prima repubblica, impero napoleonico, breve seconda
repubblica e secondo impero, comune di Parigi e terza repubblica. Non così numerosi, ma comunque in linea
col mutamento dei costumi è il cambiamento nel teatro musicale: ultime vestigia della tragedie-lyrique, Grand-
opéra, dramma lirico, dramma verista. I musicisti che emersero nel primo periodo non furono francesi:
Cherubini, Spontini, Rossini, Bellini, Donizetti e Meyerbeer. Tra i francesi si ricordano Gounod, Bizet,
Massenet e Berlioz.
La sede principale del teatro parigino era (e ancora lo è) l’Opéra. Fondata nel 1671 col nome di Academie
Royale de musique e de danse, cambiò nome e sede varie volte; vi venivano rappresentate opere serie o tragiche
cantate da capo a fondo, secondo la tradizione di Lulli.
Altro teatro frequentato era l’Opéra Comique, sede delle rappresentazioni di vario contenuto (serio compreso),
in cui le parti dialogate non erano cantate. Quando queste opere venivano rappresentate all’Opéra, diventavano
tutte cantate.
Il Théatre Italien era il più antico (inizio XVII sec.) e vi furono rappresentati per più di un secolo le Commedie
dell’Arte italiane; verso la metà del ‘700 divennero più frequenti le rappresentazioni d’opera italiane
Nella Parigi della seconda metà dell’800 ebbe grande importanza il Théatre Lyrique, che mise in scena opere
francesi e straniere tradotte in francese, generalmente di nuovissima uscita
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di passioni, messinscena spettacolare. Chi diede veste musicale a questo genere tipicamente francese fu un
tedesco:
- Giacomo Meyerbeer (1791-1864), dopo aver studiato in Italia su consiglio di Salieri, si trasferì a Parigi
dove iniziò la stagione del Grand opéra con Robert le diable, a cui seguirono a distanza di anni (era lento e
pieno di ripensamenti) Les Huguenots, Le prophete, L'etoile du nord, L’africane. A Parigi raccolse grande
ammirazione, ma anche l’avversione di Berlioz, Schumann e Wagner. Ebbe la capacità di assimilare gli
stimoli esterni, viste con gli occhi di oggi le sua opere risultano un curioso miscuglio di invenzioni originali
e di banalità
- Daniel-Esprit Auber (1782-1871), ottenuto il primo importante successo con La musette de Portici si dedicò
all’opéra comique con libretti di Scribe, tra cui Fra Diavolo, Le domino noir e Manon Lescaut,
melodicamente facili, varie nell’invenzione e nel gioco scenico, ora ironiche ora sentimentali nella musica.
Come Cherubini, diresse il conservatorio di Parigi.
- Berlioz, vedi tesi XXIX
Il dramma lirico
Grand-opéra e opéra-comique avevano soddisfatto sino alla metà dell’800 il gusto del pubblico francese, ma
dalla seconda metà il popolo del Secondo Impero aveva nuove esigenze, che vennero intuite e soddisfatte da
Léon Carvalho, impresario del Théatre Lyrique. Fu questo il tempo in cui i francesi conobbero la produzione
teatrale di Mozart e Weber, dell’ultimo Verdi e dei compositori francesi nati tra il 1810 e il 1840, scarsamente
apprezzati nelle sedi dell’Opéra e dell’Opéra Comique: Thomas, Gounod, Bizet e Messenet sono i maggiori
esponenti del “dramma lirico”. Il pubblico non era più quello dell’alta borghesia, che si riconosceva nel fasto
del Grand-opéra o nel disimpegno dell’opéra-comique, ma il ceto medio che costituiva il nerbo della società del
Secondo Impero di Napoleone III. Il nuovo pubblico, più che soggetti originali e d’invenzione, gradiva la
trasposizione in melodramma di opere celebri, spesso ridotte a canovaccio librettistico dalla coppia Barbier-
Carrè, che aveva sostituito l’anziano Scribe. I maggiori operisti del dramma lirico furono:
- Charles Gounod (1818-1893), studiò con Halévy e Paer e vinse il Prix de Rome; di profonda ispirazione
religiosa, si appassiono alle composizioni polifoniche sacre. Scrisse mottetti, messe, oratori, sinfonie,
musica da camera, trascrizioni e 14 opere tra cui: Sapho, il suo capolavoro Faust (1858), Mirelle e Romeo
et Juliette. Ammiratore di Mozart e Gluck, di temperamento lirico, espresse in uno stile luminoso la sua
profonda conoscenza del linguaggio musicale del presente e del passato. Esercitò notevole influenza sui
musicisti francesi della successiva generazione
- George Bizet (1838-1875), come Gounod studiò con Halévy e vinse il prix de Rome. Oltre a una Jeux
d’enfant, sinfonia per pianoforte e una suite dall’Arlesiana, compose una decina di opere tra cui Le
pecheurs de perles, l’opera-comique Djamileh e il capolavoro Carmen (1875) tratto dalla novella di
Mérimée. Dotato di grande spontaneità, si sforzò di mediarla con la riflessione. La sua musica si connota
per le melodie eleganti ma leggere, per l’armonia chiara e l’orchestrazione varia e trasparente, mentre dal
punto di vista drammatico per la naturalezza dei riferimenti esotici (quasi tutte le opere sono ambientate
fuori dalla Francia)
- Jules Massenet (1842-1912), allievo di Thomas, vinse anch’egli il Prix de Rome. Le roi de Lahore, il primo
successo risente dell’influenza di Bizet, mentre con Manon, Werther e Thais, definì la sua personalità.
Eccelleva nel rappresentare i tratti sentimentali e capricciosi delle sue eroine. Profondo conoscitore delle
voci, i sui canti hanno una fluidità che aderisce con naturalezza ai versi. Considerato dai contemporanei
l’erede di Gounod, insegnò composizione al conservatorio di Parigi
Alla fine del secolo
Il teatro francese subì gli influssi wagneriani. Musicisti di quest’epoca furono:
- Cesar Franck , autore di 3 opere tra cui Hulde
- Vincent d’Indy, fervente wagneriano, autore di Fervaal e L’etranger
- Camille Saint-Saens, autore di 12 opere, tra cui Samson et Dalila
- Gustave Charpentier, la cui Louise colpì per l’impostazione fortemente verista
- Claude Debussy, con Pelleas et Melisande
L’OPERA IN GERMANIA
All’inizio dell’800 vi era grande attività teatrale, sia puramente drammatica che melodrammatica. Situazione
esemplare quella di Weimar, in cui tra il 1791 e il 1817 sovraintendente del teatro di corte fu Wolfgang Goethe.
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Il genere musicale più acclamato era da oltre un secolo l’opera italiana, sostenuta dalle nuove creazioni di
Rossini e Donizetti e gestita da personalità quali Salieri e Barbaja a Vienna, Spontini a Berlino. Pochi erano i
teatri in cui si rappresentavano singspiele, più adatto al ceto medio, senza dimenticare che a questo genere
appartiene il Fidelio e alcune opere di Schubert
Verso l’opera romantica
L’affermazione del nazionalismo germanico e la consapevolezza del determinante apporto viennese alla musica
europea alimentarono il desiderio di un teatro musicale tedesco. Il critico, narratore, compositore e direttore
d’orchestra Ernst Theodor Amadeus Hoffmann affermò che l’opera tedesca doveva avere un indivisibile
carattere unitario e ricordò che Gluck si era mosso in questa direzione, anticipando la proposta wagneriana.
Vero creatore dell’opera romantica fu
Carl Maria von Weber (1786-1826) era figlio di un direttore di una compagnia teatrale ambulante. A causa dei
continui trasferimenti studiò con vari maestri. Dopo la direzione di alcuni teatri di città minori, esordì come
esecutore pianistico, proseguendo gli studi di composizione. Nel 1813 divenne maestro di cappella a Praga, poi
diresse il teatro dell’opera di Dresda, che rappresentò ancora opere italiane, in mancanza di un repertorio
tedesco. Le sue opere più note appartengono esclusivamente al periodo della maturità: Preciosa (1820) il
capolavoro romantico Der Freischutz (1821), le opere romantiche Euryante (1823) e Oberon (1826). Le prime
opere invece, di minor valore, sono tributarie di uno stile a metà tra il singspiel e l’opera-comique. Con la
maturità il suo stile approda all’opera romantica: nuovo nell’umanità dei personaggi e nei loro fremiti
romantici, nuove le melodie, particolarmente cantabili, nuova l’orchestrazione, con la messa in valore di nuovi
timbri (clarinetto e corno), nuovi i soggetti delle opere: demonismo in Freischutz, esotismo in Preciosa, fiaba in
Oberon. Tra le composizioni non teatrali primeggiano le composizioni per pianoforte: 4 sonate, bilanciate tra il
conflitto della forma e lo slancio del virtuosismo romantico, alcune composizioni virtuosistiche (Momento
capriccioso, Grande polacca, , Rondò brillante, Invito alla danza), concerti per solista e orchestra (2 per
pianoforte, 2 per clarinetto), numerosi lieder, alcune sinfonie, poca musica da camera.
Weber è considerato uno dei grandi esponenti del romanticismo tedesco. Freischutz è la spia della nuova
musica che precorre l’opera wagneriana.
Richard Wagner (Lipsia,1813-Venezia,1883), attratto inizialmente dal teatro, iniziò il mestiere di musicista a 20
anni, tra disagi economici. Fu kantor in piccoli teatri. Dopo un infelice matrimonio, si trasferì a Parigi,
dove non ottenne da Meyerbeer gli aiuti sperati e si adattò a preparare riduzioni delle partiture da
presentare nei teatri minori. Tornato in Germania, la rappresentazione di Rienzi nel 1842 gli portò il
successo e la nomina a kapellmeister del teatro di corte e potè dedicarsi alla composizione dell’Olandese
Volante (navigatore maledetto condannato a solcare i mari finchè non lo redimerà l’amore di una donna),
del Tannhauser (ambientata tra i minnesangher, mette in contrasto la sensualità di Venere con la
spiritualità di Elisabetta) e del Lohengrin (leggenda medioevale francese del ciclo del Santo Graal).
Rivoluzionario nel 1848, si salvò dagli arresti fuggendo in Svizzera. 13 furono gli anni di esilio,
determinanti per la messa a punto del nuovo dramma musical: fu questo il periodo dei 2 fondamentali
scritti L’opera d’arte dell’avvenire e Musica e Dramma, e della preparazione dei libretti della Tetralogia.
La passione per la moglie di un ricco commerciante di Zurigo alimentò l’ispirazione da cui nacque
Tristano e Isotta (leggenda medioevale del suicidio dei 2 amanti). Luigi II di Wittelsbach ascese al trono
di Baviera e divenne subito grande patrono di Wagner, grazie al quale furono rappresentati a Monaco, tra
il 1865 e il 1870 Tristano e Isotta, I maestri cantori di Norimberga (protagonista il realmente esistito
Hans Sachs, amico di Lutero e Durer, la vicenda svolge un quesito estetico sulla natura dell’arte,
opponendo la disciplina delle regole codificate alla forza spontanea dell’ispirazione) e le prime 2 opere
della Tetralogia. Wagner, a cui la corte di Monaco era ostile, tornò in Svizzera e sposò felicemente
Cosima Liszt, divorziata dal direttore d’orchestra Hans von Bulow. Fu fatto costruire grazie a una
pubblica sottoscrizione il teatro dell’opera che Wagner sognava, a Bayreuth, in Franconia. Fu inaugurato
nell’agosto 1876 con la Tetralogia (l’Anello dei Nibelunghi: prologo L’oro del Reno, prima giornata La
Valchiria, seconda giornata Sigfrido, terza giornata Il crepuscolo degli dei, narra di Wotan e degli dei che
rubarono l’oro ai Nibelunghi, la maledizione che li colpì e le vicende dei figli mortali di Wotan, le
valchirie e gli eroi, Siegmund e Sieglinde, genitori di Siegfried; la restituzione al Reno dell’oro tramutato
in anello e l’incendio del Walhalla). Wagner si stabilì a Bayreuth, dove fece rappresentare anche il
Parsifal (la leggenda del ciclo medioevale della Tavola Rotonda). Pochi giorni dopo si trasferì a Venezia,
dove morì.
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Di tutte le sue opere Wagner scrisse pure i libretti. Dopo i primi lavori sotto il segno dei Grand-opera, fu negli
anni di Dresda che, con L’Olandese volante, Tannhauser e Lohengrin, Wagner giunse al genere dell’opera
romantica. Queste 3 opere hanno in comune il tema della redenzione dal male con un atto d’amore e
l’ambientazione non è più storica, ma mitologica medioevale. Formalmente Wagner cercò di superare la
strutturazione in pezzi chiusi, e vi riuscì in Tannhauser, non più diviso in brani ma in scene. Il superamento
dell’opera romantica si ebbe con Tristano e Isotta e le successive, che appartengono al nuovo genere di
“dramma musicale”: ogni atto del dramma wagneriano si presenta come una sinfonia o un tempo di sinfonia
con i suoi temi e lo svolgimento ininterrotto dell’azione; questa caratteristica tecnica, chiamata leitmotive
(anche se Wagner la chiamò originariamente “Grundtheme”) era costituita da decine di temi a cui erano
associati gli elementi del dramma (un personaggio, un oggetto, una situazione, un sentimento) e che potevano
combinarsi in accordo a quanto accadeva nella vicenda. In questo modo veniva presentata nel dramma una
“melodia infinita”, dall’inizio alla fine dell’atto. La conseguenza nei libretti di questo modo di comporre fu il
naturale abbandono della distribuzione in strofe e dell’impiego della rima. Dal punto di vista
dell’orchestrazione, Wagner, sostenuto dai compositori contemporanei, superò i limiti del sistema tonale
attraverso il largo impiego di accordi dissonanti già da Tristano e Isotta. Nella sua orchestra accolse i nuovi
strumenti: l’ottavino, il corno inglese, il clarinetto basso, il controfagotto, il trombone basso, oltre alla tuba
wagneriana, inventata da lui stesso.
Unico tra i musicisti, Wagner assorbì le nuove voci della letteratura, del teatro, della musica, del pensiero
filosofico e le ordinò in un’opera teatrale di valore unico nella sua novità, determinando il culmine dell’arte
romantica. Oltre al raro istinto drammatico e l’incessante fluire melodico, possedeva un fortissimo senso della
storia. I legami con Beethoven e Weber diedero alla sua opera il senso di una missione in favore dell’arte
tedesca e del suo primato. Pochi compositori come lui suscitarono seguaci, ma anche opposizioni: sulla sua scia
il teatro di R.Strauss, di Humperdinck (Hansel und Gretel), mentre in Francia il teatro di Reyer, Chabrier,
d’Indy. L’atonalità di Schoenberg e di Berg germinò dal cromatismo di Tristano e Isotta. In Italia le opere di
Wagner tradotte in italiano suscitarono molte polemiche e un moto di reazione antiverdiana, all’insegna di un
imprecisato rinnovamento generazionale (scapigliatura), a cui Verdi scelse di non prender parte, né reagire
TESI XXIV: Origini e prime forme della musica strumentale moderna: canzone, fantasia,
ricercare, toccata e fuga
Furono numerose e varie, come vari e contraddittori erano i nomi attribuiti a ciascuna forma (accadeva anche
che una stessa forma avesse nomi differenti). Per non creare confusione, le composizioni strumentali verranno
divise da Willi Appel in:
- musiche derivate da modelli vocali in contrappunto imitato (ricercare, canzona, fantasia, fuga)
- musiche in stile improvvisato (toccate, ricercari per liuto)
- musiche da ballo
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- variazioni su canto dato o su basso (partite, passacaglie e ciaccone, versetti, corali)
Contrappunto imitato
Il ricercare era una severa forma di contrappunto strumentale. Non è derivata dal mottetto, come si pensò per
anni, perché nel mottetto la fisionomia dei temi è subordinata dal testo, mentre nel ricercare si ricorre con
libertà agli artifici della scrittura contrappuntistica; inoltre il mottetto è formato da molti brevi brani, a
differenza del ricercare, formato da pochi (spesso uno solo) brani estesi, derivanti generalmente da un soggetto
per sezione (a volte il soggetto del primo brano veniva usato anche nei seguenti). Lasciarono ricercari A.
Gabrieli, Padovano, Merulo, Trabaci, ma soprattutto Frescobaldi. Il ricercare ebbe fortuna anche in Austria e
Germania con Hassler, Froberger, Fischer e Bach (con l’Offerta musicale). In Spagna il ricercare, col nome di
tiento, fu coltivato da Cabezon.
La canzona strumentale detta anche canzona da sonar, canzona sonata o canzona francese nacque all’inizio del
XVI sec.(Cavazzoni) come trascrizione strumentale della chanson polifonica francese. Si svincolò dai modelli
vocali gradatamente (A. Gabrieli, Merulo) per poi giungere all’autonomia con Ingegneri, Maschera e
Frescobaldi (e allievi, tra cui Kerll e Froberger). Conservarono e accentuarono gli attributi fondamentali
(espressivi, formali e stilistici) del modello vocale, vale a dire: vivacità melodica e ritmica, al contrario della
severità del ricercare, alternanza di sezioni contrastanti per ritmica (binaria-ternaria) e scrittura (contrappunto
imitato-libero ). Di solito era destinata al clavicembalo o all’organo.
La fuga prima del Barocco era sinonimo di canone e solo dopo la metà del XVII sec.divenne quella che ora
conosciamo come la più elaborata delle composizioni strumentali. Erede della canzona strumentale e del
ricercare a un solo soggetto, si differenziava da esse per la maggior ampiezza e complessità, oltre che per
l’adozione delle moderne scale tonali e delle modulazioni. Spesso non è una composizione isolata, ma è
preceduta da un’altra composizione in stile libero, ma nella stessa tonalità. (…solite chiacchere sulla fuga…)
La fantasia mescola variamente stile imitato e libero. In Inghilterra fu chiamata fancy, da ricordare il
compositore inglese Byrd. (…solite chiacchere sulla fantasia…)
Fin dal ‘400 i balli, al centro delle cerimonie di corte, ma anche nelle riunioni dei nobili e nella vita di società
della classe media, erano accompagnati da musica strumentale, ma sino al XVI sec, con la stampa, non ci sono
giunte molte composizioni, essendo per lo più improvvisate o manoscritte. Negli usi esecutivi le danze erano a
gruppi contrastanti di 2 o 3: lenta e binaria la prima, danzata con portamento solenne, mossa e ternaria la
seconda, danzata con grazia e leggerezza o esuberanza. Classici erano gli accoppiamenti pavana e gagliarda,
poi passamezzo e saltarello. In questo periodo si affermarono l’allemanda e la corrente.
Variazioni
Grande impiego per la musica strumentale del ‘500 ma soprattutto del ‘600. Si distinsero le variazioni su basso
(basso ostinato di 4, mai più di 8 battute con variazioni alla voce superiore, come nei ground, passacaglie e
ciaccone dall’andamento ternario) e le variazioni melodiche (…un po’ delle solite chiacchere sulle
variazioni…).
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Da ricordare le diferencias spagnole, basate su noti motivi popolari e le variazioni su canzoni popolari inglesi di
Byrd. In Italia all’inizio del XVII sec. si chiamavano “partite” le variazioni costruite su melodie note (La Follia,
Il Ruggero, La Monica, La Bergamasca…), che spesso avevano carattere di danza.
Una parte non piccola della musica liturgica per organo era costituita da variazioni su cantus firmus (cattolici) o
corali (luterani). Il procedimento di alternare parti organistiche al più comune repertorio gregoriano diede
origine alla composizione delle messe d’organo. Analogamente nelle chiese luterane nacque il Choralvorspiel
(preludio al corale), con le melodie del corale, a valori larghi, usato come cantus firmus, mentre le altre voci
svolgevano il contrappunto. Il coronamento e la conclusione storica di questo tipo di composizioni furono le
150 composizioni organistiche su corale di Bach
I COMPOSITORI
Alcune connotazioni accomunano i compositori di musica strumentale del ‘500 e primo ‘600:
- scrivevano per lo strumento che praticavano come esecutori, e l’invenzione musicale rispecchiava la tecnica
- non erano molti a scrivere sia musica vocale che strumentale. Eccezioni i Gabrieli, Byrd, Sweelinck,
Scheidt
I liutisti
Tra le spiegazioni della diffusione del liuto nella civiltà rinascimentale e post rinascimentale vi erano la facilità
di maneggio dello strumento, la facilità del suo impiego grazie alle intavolature, il suono dolce e rotondo di
dimensione cameristica, la possibilità di usarlo anche come strumento solista.
La scuola liutistica italiana durò circa 100 anni, a partire dall’inizio del XVI sec. I primi strumentisti furono
Spinacino e Dalza. Famoso improvvisatore e compositore fecondo fu Francesco Canova da Milano. Anche
Vincenzo Galilei, padre di Galileo, scrisse per liuto.
Nella produzione liutistica francese dopo il 1550 ebbe grande importanza la musica da ballo e gli airs de cour.
Tra i nomi più noti Adrian Le Roy, anche editore, mentre nella successiva generazione i cugini Gaultier. La
tradizione liutistica francese influenzò la nascente scuola clavicembalistica.
In Germania il liuto ebbe lunga fortuna, fu infatti usato come strumento solista sino alla prima metà del ‘700.
Tra i noti compositori per liuto tedeschi, Schlicht, Neusiedler, Weiss, Telemann e Bach.
La produzione liutistica inglese fu dominata tra il XVI e il XVII sec. da Dowland.
In Spagna per gran parte del ‘500 ebbe successo la vihuela de mano, simile al liuto. Noti compositori Luis de
Milan, Luis de Narvaez, Antonio de Cabezon. Negli ultimi anni del secolo la vihuela de mano fu soppiantata
dalla guitarra espanola a 5 corde
ORGANISTI E CLAVICEMBALISTI
Nel XVI e XVII sec.la distinzione tra musica per organo, clavicordo e clavicembalo non era netta, anche se
nelle chiese si suonava l’organo e ai balli il clavicembalo. Sebbene infatti differenti per timbro, le composizioni
potevano essere indipendentemente eseguite su tutti e tre gli strumenti. A riprova di questo fatto i titoli delle
raccolte “per ogni sorta di strumenti da tasti”
In Italia
La scuola organistica italiana trattò tutte le forme di musica per strumenti a tastiera, cosa che non si verificò
oltralpe
- Marco Antonio Cavazzoni fu tra i primi a lasciare testimonianza di ricercare, mottetti, canzoni per
strumenti a tastiera
- Girolamo Cavazzoni, figlio di Marco Antonio, fu organista dei Gonzaga e scrisse 2 libri di intavolature per
organo
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I 2 organi di S.Marco furono il centro della produzione organistica italiana nella seconda metà del secolo; uno
tra i maggiori organisti fu, accanto ad
- Andrea e Giovanni Gabrieli (vedi tesi XI)
- Claudio Merulo scrisse 4 libri di messe d’organo, 3 di canzoni, 3 di ricercari, 2 di toccate, nelle quali
eccelse
Nell’ultimo quarto del XVI sec.e nel primo quarto del XVII sec. si affermò la scuola cembalo-organistica
napoletana, i cui precedenti si riconoscono nel madrigale di Carlo Gesualdo da Venosa. I napoletani risentivano
più che dell’influenza veneziana, di quella spagnola di Cabezon e anticiparono lo stile frescobaldiano.
Esponenti della scuola:
- Antonio Valente, cieco, pubblicò un’Intavolatura di cimbalo e una raccolta di Versi spirituali
- Giovanni de Macque, fiammingo invitato dal principe di Venosa padre di Carlo, più noto come
madrigalista, ebbe tra i suoi allievi
- Giovanni Trabaci, fece stampare 2 libri di Ricercare da eseguire con qualunque strumento, preferibilmente
a tastiera
Girolamo Frescobaldi (1583-1643), nato a Ferrara, città che viveva un periodo florido dal punto di vista
culturale, ma non dal punto di vista politico (sarebbe stata annessa allo stato pontificio per mancanza di
eredi estensi). Organista a Ferrara, si trasferì a Roma, dove trascorse il resto della sua vita, a parte un
breve periodo a Firenze. Roma, grazie alle cappelle, allo sviluppo della monodia teatrale, al primo fiorire
dell’oratorio e all’opera di Carissimi, era musicalmente la città più progredita d’Europa. Oltre all’incarico
che ottenne in S.Pietro, organista della cappella Giulia, si dedicò alla composizione e all’insegnamento
(tra gli allievi, Rossi, Froberger, Kerll)
Fu il maggior compositore strumentale europeo della prima metà del ‘600. Operò la sintesi delle scuole
veneziana e napoletana. Caratteristiche della sua arte sono la padronanza virtuosistica del contrappunto, come i
massimi maestri fiamminghi, e la grande libertà di immaginazione. Si poneva problemi di scrittura per il solo
gusto di risolverli (“capriccio cromatico con ligature al contrario”, “ricercare con l’obbligo di non uscir di
grado”. La sua fantasia è evidente nelle tecniche di variazione, e persino nei ricercare, che formalmente sono le
forme più lontane dall’espressione liberamente fantasiosa
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I virginalisti inglesi e William Byrd
Nel periodo di Elisabetta I Tudor e Giacomo I Stuart, tra la fine del XVI sec. e l’inizio del XVII sec., si affermò
la scuola virginalistica inglese. Gli inglesi chiamavano virginals gli strumenti a corde pizzicate e a cassa
rettangolare o oblunga, come la spinetta. I maggiori esponenti, Byrd, Bull e Gibbons, nacquero a circa 20 anni
di distanza e morirono tutti tra 1620 1630. La scuola non ebbe antecedenti, se non quelli riferibili alla musica
organistica, né un seguito, dopo la morte dei 3 maggiori esponenti
- William Byrd (1543-1623) fu il maggior compositore inglese prima di Purcell. Condivise con Tallis
l’incarico di organista della cappella reale, trattò tutti i generi di musica del suo tempo. Nel genere sacro
compose 3 messe, circa 250 mottetti in latino, 42 anthems. Le sue composizioni per virginale furono 125.
Particolarmente felici le variazioni
- John Bull, cantore e poi organista, insegnò musica a Cambridge, virtuoso della tastiera, fuggì nei Paesi
Bassi, forse a causa delle simpatie cattoliche. Compose circa 140 pezzi per tastiera, rivelando spontaneità
melodica e un sorprendente, dati i tempi, gusto virtuosistico, in particolare nelle fantasie, danze e variazioni
- Orlando Gibbons, organista di corte, insegnante di musica a Oxford. Celebre esecutore, fu autore di almeno
45 composizioni per organo e virginale: preludi, 2 fantasie, pavane e gagliarde
Patria per 2 secoli della scuola vocale contrappuntistica sacra, il Belgio cattolico e la Fiandra protestante
diedero scarso contributo allo sviluppo della musica da tastiera. Unico compositore da ricordarsi fu Sweelinck
(1562-1621), organista nella Chiesa Vecchia di Amsterdam. Autore di circa 70 composizioni per organo
(elaborazioni di corali) e clavicembalo (variazioni su canti popolari), oltre che fantasie e toccate, si rifece sia
scuola dei virginalisti inglesi che alla lezione della scuola veneziana di Merulo e dei Gabrieli. Strano il fatto che
egli, convinto calvinista, abbia scritto rielaborazioni di corali, probabilmente lo fece per i suoi allievi tedeschi
oppure per riproporre tali composizioni al di fuori della liturgia
La musica da tasto esplose in Germania all’inizio dell’età barocca. In un paese politicamente frazionato il
decentramento delle manifestazioni artistiche facilità la diffusione della pratica organistica e clavicembalistica
anche nei centri minori: infatti si distinguono storicamente 3 scuole: la meridionale, nell’Austria e nella Baviera
(cattoliche), la centrale con Halle, Norimberga e Lipsia, e la settentrionale con Amburgo e Lubecca (entrambe
luterane).
32
ORGANISTI E CLAVICEMBALISTI
In Italia
Dopo Frescobaldi la produzione cembalo-organistica italiana si inaridì, in coincidenza con il crescente sviluppo
della musica per strumenti ad arco. Tra i musicisti che lasciarono notevoli composizioni per strumenti a tastiera
figurano Alessandro Scarlatti, con circa 50 composizioni per tastiera, quasi tutte toccate, ripartite in più sezioni,
dai caratteri brillanti e clavicembalistici; spesso studi brillanti, rivelano il piacere dell’improvvisazione, si
concludono spesso con libere fughe.
Bernardo Pasquini (1637-1710), organista a Roma, clavicembalista per il principe Borghese e direttore dei
concerti di Cristina di Svezia, maestro di Muffat e Gasparini, scrisse una dozzina di opere teatrali, cantate,
mottetti. La produzione da tastiera comprende 35 toccate, 17 suites, 35 sonate scritte solo come basso numerato,
brani in contrappunto imitato (capricci e ricercari), 18 serie di variazioni (tra cui le Partite diverse di La Follia),
25 arie, danze. Il meglio lo espresse col clavicembalo, semplice nel pensiero melodico. Fu il primo italiano a
comporre suites. Trattò magistralmente le variazioni
Vienna fu il principale centro della musica da tasto europea. Vi operarono Kerll, Poglietti, Strunck, Muffat, Fux
e
Johann Jacob Froberger (1616-1667), allievo di Frescobaldi, fu organista alla corte di Vienna, ma fece
numerosi viaggi ed esperienze, che si riflettono nella sua opera. Lasciò toccate, capricci, canzoni, fantasie, e
ricercari per organo, 30 suites per clavicembalo. Tratti autobiografici emergono da alcune allemande, commossi
lamenti o compianti per la morte di alcuni personaggi conosciuti e ammirati dall’autore
Le chiese luterane delle principali città furono sede di importante produzione organistica, spesso accompagnata
dall’elevata tecnica costruttiva degli organi, di grandi dimensioni rispetto al resto d’Europa. Tra gli organisti
più noti, che si mossero spesso entro i confini del corale per organo ricordiamo
- Dietrich Buxtehude (1660-1707), organista in Danimarca, poi a Lubecca segnò il più alto raggiungimento
della musica organistica nella Germania settentrionale. Aspetti caratteristici sono la grandiosità, la grande
fantasia e la padronanza della scrittura contrappuntistica. Scrisse 45 variazioni di corali, 20 preludi e fughe,
toccate, canzoni, passacaglie e ciaccone, oltre a suites e variazioni per clavicembalo
- Georg Bohm (1661-1733), attivo ad Amburgo e Lubecca. A differenza di Buxtehude, chiuso nel
luteranesimo, fu sensibile alle influenze stilistiche francesi e a quelle delle regioni cattoliche della
Germania. Lasciò preludi e fughe per organo o cembalo, elaborazioni di corali per organo, suites per
cembalo
Era il luogo dove crebbe, visse e operò la famiglia Bach. Caratteristico di questa zona è il gran numero di città e
chiese in cui la musica da tastiera era coltivata. Si ricordano Heinrich Bach, prozio di J.S., e i suoi figli. Le
personalità maggiori però furono:
- Johann Pachelbel (1653-1706) di Norimberga, raggiunse la fama con tre opere per tastiera, tra cui
l’Exacordum Apollinis, 6 arie con variazioni in 6 diverse tonalità formanti un anomalo esacordo). Le
composizioni per organo comprendono preludi e fughe, composizioni libere (toccate e fantasie), un gran
numero di fughe, la maggior parte sui versetti del Magnificat negli otto toni liturgici, ricercari ed
elaborazioni corali. Ristretta la produzione clavicembalistica, in cui spiccano 19 suites e variazioni su lieder
e corali
- Johann Kuhnau (1660-1722), kantor a Lipsia prima di Bach. Letterato e avvocato a Lipsia, scrisse lavori
letterari tra cui un romanzo satirico. Poco ci è pervenuto della produzione sacra. Scrisse per clavicembalo 4
opere: le prime 2 constano di 7 suite ciascuna (chiamate Partite), in 7 tonalità differenti; la terza è una
raccolta di 7 sonate, sulla quale si basò la sua fama di inventore della sonata per clavicembalo, desunta dalla
33
sonata italiana per archi; l’ultima opera contiene 6 sonate per clavicembalo ispirate da alcune storie
bibliche, che rappresenta un tentativo di musica cembalistica di contenuti programmatici
In Francia
La musica organistica era ben separata da quella clavicembalistica (“Livres d’orgue”, con brani di musica sacra
cattolica, e “pieces de clavecin”, con danze profane). Così separati erano anche i compositori d’organo (Nivers,
Gigault, Boyvin) da quelli di clavicembalo (Louis Couperin, Jean Henry d’Anglebert). Anche in Inghilterra la
musica per organo (coi Voluntaries e i Verses) è divisa da quella per clavicembalo (Lessons e danze)
Alla fine del ‘500 il nome “sonata” indicava il contrasto con la musica cantata, in luogo di abbreviazione di
canzona da sonar. Come la canzone strumentale, le prime sonate avevano un solo tempo, diviso in brevi sezioni
di ritmo e andamento differente. Solitamente, mentre le canzoni da sonar erano destinate a strumenti a tastiera,
le sonate erano scritte per violino e basso continuo; la nascita delle sonate fu infatti contemporanea allo
sviluppo della grande liuteria padana (Amati, Guarneri e Stradivari a Cremona, oltre ai liutai di Milano, Brescia
e Venezia). Il distacco dalla forma della canzona strumentale si ebbe con la trasformazione in un organismo
strutturato in più tempi. A partire dal 1635 si iniziò a ridurre il numero dei tempi, che diventarono
progressivamente più lunghi
VIOLINISTI COMPOSITORI
Prodotti italiani sia il violino che la sonata, italiani furono la maggior parte dei violinisti compositori. Creatore
della sonata per violino e b.c. fu probabilmente Biagio Marini nel 1617, lo seguirono Farina e Merula. Tra i più
noti ci fu
Arcangelo Corelli (1653-1713) studiò con Benvenuti e Brugnoli a Bologna, a quel tempo il più avanzato centro
di studi per strumenti ad arco. Si trasferì nel 1671 a Roma. In città vi erano i mecenati Cristina di Svezia e i
cardinali Pamphili e Ottoboni. Corelli, immerso nel nascente clima d’Arcadia, a contatto con Pasquini e, più
avanti, con A.Scarlatti ed Handel, la figura del violinista crebbe di statura e autorità, sia come compositore che
come esecutore e direttore.
La sua opera è incentrata unicamente sul violino: 4 raccolte di sonate a 3 (op.1-4), da chiesa e da camera, di
scrittura semplice sia violinisticamente che contrappuntisticamente; una di sonate per violino e cembalo op.5
(raccolta molto nota, ha ancora valore didattico), ancora senza passaggi violinistici troppo arditi, ma con note
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doppie e arpeggi, l’op.5 si chiude con 24 variazioni sul tema della Follia; una di concerti grossi (vedi tesi
XXVI). Si può dire che le ultime 2 raccolte precorrano i tempi.
Fu uno dei pochi compositori barocchi la cui fama si prolungò per parecchi decenni dopo la morte. La sua
musica era fatta di chiarezza, di simmetrie, espressività e aristocratica varietà
All’estero
La sonata a 3 e la sonata a solo per violino fu coltivata anche all’estero, con Purcell, Handel, Couperin, Muffat,
Reinken, Buxtehude, Fux per le sonate a 3; Walther e von Biber per le sonate a solo. Tutti presero a modello,
soprattutto nelle sonate a 3, le sonate italiane
TESI XXVI: La musica strumentale italiana nel XXVIII sec: concerto grosso e concerto
solista. Origini italiane della sonata e della sinfonia moderna. Cenni storici
sull’organo, sul violino, sul pianoforte e sul clavicembalo (cembalari, organari e liutai)
IL CONCERTO BAROCCO
“concerto” significa sia “legare insieme” che “lottare con”, è quindi una composizione in cui coesistono
elementi sia aggreganti che contrastanti. Lo stile concertante del XVII sec., dei Gabrieli, Banchieri, Viadana,
Monteverdi, indicava la mescolanza di voci e strumenti. Invece il concerto barocco fu forma strumentale
dedicata agli archi + b.c. e l’elemento caratterizzante era il contrasto Soli/Tutti. Si affrancò dalla scrittura
contrappuntistica grazie a nuovi elementi linguistico-strutturali, in particolare:
- la ripartizione dei singoli tempi, soprattutto gli Allegro, in alternanze di Soli/Tutti
- la funzione ripetitiva di ritornello dei Tutti
- l’uso di progressioni melodiche e di ripetizioni in eco
L’origine
Il principio fondamentale è il contrasto tra concerto grosso e concertino. L’ “inventore” del Concerto Grosso fu
Alessandro Stradella, che intuì l’effetto che poteva ottenere raddoppiando in alcune parti le voci della sonata a
3. Poco più avanti, intorno al 1680, Corelli scriveva 12 Concerti Grossi, 8 da chiesa (l’ottavo è il famoso “fatto
per la notte di Natale”) e 4 da camera. Ogni concerto è diviso in 4-6 tempi. La scrittura assomiglia un po’ a
quella corale, molto equilibrata tra le parti.
Se il concerto grosso ebbe origine romane, quello solistico ebbe origini bolognesi, prima di passare a Venezia.
Particolare merito ebbe Giuseppe Torelli
La storiografia classica fece spesso una distinzione netta tra concerto solistico e concerto grosso. Invece non
sono poche le raccolte che sotto il nome generico di “concerti” uniscono a concerti grossi concerti solistici,
inoltre in raccolte di concerti grossi possono essere presenti concerti solistici, come nell’op.8 di Torelli. Un
elemento di distinzione stilistica tra concerto grosso e concerto solistico è che nel primo il concertino tende ad
integrarsi nel Tutti, mentre nel secondo il Solo tende da contrapporsi al Tutti
Il concerto grosso
La produzione fu copiosa in Italia nella prima metà del ‘700, poi andò scemando e si esaurì. Importanti
contributi diedero gli allievi di Corelli, Geminiani in Inghilterra e Locatelli in Olanda, i compositori veneti, tra
cui Albinoni, Marcello e Vivaldi, oltre a A.Scarlatti, Manfredini, Tessarini
Tra gli stranieri il primo che pubblicò concerti grossi fu Muffat. Handel in Inghilterra con l’op.3 e 6. Bach con i
6Concerti Brandeburghesi. Il concerto grosso influì anche sulle suites orchestrali di Fux e Telemann
Conobbe grande diffusione in Germania. L’alto numero di corti principesche e la formazione nelle città libere
di un collegium musicum formato da strumentisti dilettanti, fu terreno propizio per la diffusione del concerto.
Torelli e Vivaldi influenzarono notevolmente i maestri sassoni (Pisendel, Heinichen, Graupner) e berlinesi
(Quantz, Gottlieb, Graun) oltre a Bach e Telemann. Il numero assai alto di concerti solistici si spiega con la
crescente passione del pubblico per il facile virtuosismo, anche a scapito dei pregi musicali. Lo strumento
solista privilegiato non fu più il violino, per la mancanza di validi solisti, ma gli strumenti a fiato e il
clavicembalo
Georg Philipp Telemann (1681-1767) coetaneo di Bach, svolse la maggior parte della sua attività ad Amburgo
coltivando tutti i generi, dal teatro alla musica sacra luterana (circa 1400 cantate), oratori, lieder e musica da
camera. La sua musica strumentale era basata sul contrappunto, sulla ricchezza formale della suite francese, e
sulla tecnica del concerto italiano. Godeva della fama di massimo compositore strumentale tedesco, più di
Bach, conosciuto poco e male.
Bach studiò molto e a lungo il concerto solistico italiano, estraneo alla sua formazione strumentale. Trascrisse
per organo o clavicembalo numerosi concerti italiani, tra cui 9 di Vivaldi. Bach fu tra i primi a scrivere concerti
solistici per clavicembalo.
In Francia il concerto solistico fu portato nel 1733 da Somis, allievo di Corelli e successivamente dall’allievo
Leclair (1697-1764), che pubblicò 2 raccolte che ricalcano i modelli di Vivaldi e Locatelli e 48 sonate per
violino e basso. E’considerato il fondatore della scuola strumentale francese e dosò la purezza classica della
melodia corelliana, con la ricca ornamentazione della scuola clavicembalistica.
In Inghilterra il concerto solistico comparve tardi, con i concerti per organo op.4 e 7 di Handel. Gli organi
inglesi non avevano ancora la pedaliera e la scrittura solistica assomigliava molto a quella per clavicembalo.
Uno tra gli autori più apprezzati fu Giuseppe Sammartini, fratello del più noto Giovan Battista
L’altra forma coltivata dai violinisti compositori, oltre al concerto, era la sonata. La produzione sonatistica
tardobarocca fu molto influenzata dalle sonate op.5 di Corelli, caratterizzate da una cantabilità umana, quella
dei grandi maestri del melodramma. La grande operosità degli allievi della scuola di Corelli diffusero la sua arte
in tutt’Europa, in particolare nella “palladiana” Inghilterra, dove soggiornarono a lungo Veracini, Castrucci,
Geminiani. Ad Amsterdam operò Locatelli.
La distinzione tra sonata da chiesa e sonata da camera svanì rapidamente. Erano generalmente in 3 o 4 tempi La
struttura è bipartita con modulazione I-V, poi V-I. La seconda parte riprendeva il materiale tematico della
prima.
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VIOLINISTI COMPOSITORI
- Giovanni Battista Somis (1686-1763), maestro alla corte dei Savoia, formò validi musicisti, tra cui Giardini
(violinista, impresario e operista a Londra), Pugnani (maestro di Viotti), i francesi Leclair, Guinon e
Guillemain. Lasciò raccolte di sonate a 3, per violino e basso e moltissimi concerti per violino
- Francesco Geminiani (1687-1762), dal 1714 visse e lavorò sempre all’estero. Compose 3 raccolte di sonate
per violino e basso e 4 di concerti. Fece trascrizioni in forma di concerto grosso di alcune sonate di Corelli.
A Parigi musicò un’azione coreografica, La foresta incantata, tratta dalla Gerusalemme Liberata. Scrisse
alcune opere didattiche, tra cui The Art of playing of the Violin
- Pietro Antonio Locatelli (1695-1764), acclamato virtuoso a Dresda, Berlino e Mantova, dal 1729 si stabilì
ad Amsterdam, come violinista, compositore, insegnante ed editore delle proprie opere. Compose sonate a 3
e a solo per violino e flauto, concerti e Introduzioni teatrali op.4. Mentre nei Concerti grossi op.1 era
ancora legato alla scrittura contrappuntistica e al modello corelliano, il suo stile si definì nei 12 concerti con
24 capricci a cadenza degli Allegri dell’Arte del violino op.3 (1733), mentre punte di virtuosismo si hanno
nei Concerti a 4 op.7 (1741)
Vivaldi fu insieme ad Handel, il compositore più apprezzato d’Europa , sebbene in altre regioni vivessero
contemporanei di livello uguale o superiore (Bach in Germania e Rameau in Francia). La fama, che deriva dai
concerti, di Vivaldi oltrepassò le frontiere (grande l’accoglienza ad Amsterdam). Le ragioni del suo successo
sono dovute alla qualità della musica e alle chiare connotazioni dei suoi concerti: motivi tematici incisivi e
chiaramente inseriti nella struttura formale, Allegro balzanti e dai ritmi stimolanti, che contrastano la distesa
serenità degli Adagio, la marcata tensione tra Soli e Tutti. Questo antagonismo rivelò una forza drammatica
precedentemente sconosciuta al concerto. Il senso del tempo psicologico risparmia cadute di tensione,
lungaggini e indugi
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Giuseppe Tartini (1692-1770) studiò all’Università di Padova, sposatosi senza il permesso del padre della
sposa, dovette rifugiarsi ad Assisi, dove studiò violino.
Nel 1721 ottenne il posto di primo violino nella basilica di S.Antonio a Padova. Grande didatta, guidò a
Padova quella che poi sarebbe stata chiamata la “Scuola delle Nazioni”, con allievi di ogni parte
d’Europa.
Si interessò di acustica (il “terzo suono”) e di problemi di tecnica violinistica (allungò l’arco per suoni più
dolci), scrisse il Trattato di musica secondo la vera scienza dell’armonia. Scrisse quasi esclusivamente
per violino: 50 sonate a 3, 187 sonate per violino e basso, circa 125 concerti.
Influenzato inizialmente da Corelli, se ne allontanò presto alla ricerca di tematiche personali, soprattutto nel
primo tempo, e un approfondimento espressivo nell’Adagio. Nei concerti la consueta alternanza Solo/Tutti si
accompagna ad un primo avvicinamento alla forma sonata classica
Suites e sonate
Dopo l’epoca della scuola di Frescobaldi, l’importanza dell’organo nell’Europa cattolica diminuì a favore di
quella del clavicembalo. Le motivazioni sono di ragione liturgica: nelle regioni protestanti il luteranesimo
favorì la conservazione del corale per organo e delle composizioni affini, sostenute anche dalla tecnica
costruttiva superiore degli organi. In Italia, Francia, Austria e Baviera invece gli organi erano modesti e spesso
privi di pedaliera; la musica sacra era prevalentemente vocale e bastava un organo positivo per realizzare il b.c.,
oppure il sostengo degli archi.
Nella stampa in Italia si conservò la tradizione di Frescobaldi e Pasquini, cioè rimasero unite nelle stesse
raccolte musiche per organo e clavicembalo. In Francia le raccolte rimasero distinte (“livres d’orgue” e “pieces
de clavecin”). Distinte erano anche in Germania, per quanto il termine “clavier” indicasse genericamente uno
strumento a tastiera.
Oltre alla suite, la sonata coltivata dagli italiani divenne presto la forma prevalente, comunemente di forma
binaria (I-V, V-I. Nuova forma apprezzata soprattutto in Francia fu il rondeau (ABACA)
In Italia
Prevale la sonata bipartita, da ricordare le raccolte per organo e clavicembalo di Domenico Zipoli, Bernardino
della Ciaja, Giambattista Martini; scrissero solo per clavicembalo Benedetto Marcello, Francesco Durante,
Domenico Alberti (a cui è attribuita l’invenzione del basso albertino). Ma il più grande clavicembalista italiano
fu
Domenico Scarlatti (1685-1757) studiò con col padre e con Francesco Gasparini a Venezia. Maestro in S.Pietro.
Si trasferì a Lisbona nel 1720 come insegnante alla principessa portoghese Maria Barbara. Si trasferì con lei a
Madrid, dove compose la maggior parte delle sue opere, in particolare le 550 sonate per clavicembalo,
composte si pensa tra il 1735 e il 1750 (…chiacchere…)
Da quando si stabilì in Spagna rimase estraneo alle esperienze dei musicisti europei e questo spiega il perché
della sua personale scrittura, che non ha avuto né modelli ne continuatori. Influenzarono la sua musica le
melodie popolari spagnole, ritmi di danza, e modi di esecuzione di origine chitarristica, oltre a temi e ritmi
tipicamente italiani
In Germania
Molta fu la musica clavicembalistica tedesca, spesso dalle melodie facili e gradevoli. I compositori per
clavicembalo più noti erano:
Graupner, Telemann, Mattheson, noto anche come teorico e musicologo, Gottlieb Muffat, figlio di Georg.
I compositori per organo più attivi nella Germania protestante erano:
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Bohm, Zachow, Walther, oltre naturalmente a Bach ed Handel, vissuto in Inghilterra.
IN FRANCIA
I principali autori di pieces de clavecin e livres d’orgue furono Clerambault, Daquin, autore dello spiritoso “Le
coucou”, D’Andrieu, autore di divertissement sulla guerra, la caccia e la festa nel villaggio. Ma le maggiori
personalità in Francia furono:
Francois Couperin (1668-1733), nipote di Louis Couperin, apparteneva ad una famiglia di organisti da varie
generazioni. Organista prima a St.Gervais, poi nella cappella reale, fu a contatto con grandi personalità i corte,
ma non aspirò mai alle prestigiose attività artistiche dell’opera e del balletto.
Scrisse 4 libri di Pieces de Clavecin che contengono 254 composizioni raggruppate in 27 ordres. L’ordre è un
vocabolo coniato da Couperin, che indica una struttura di brani (non una suite) il cui numero va da 4 a 23; ogni
brano porta un titolo. La scrittura è a 2, 3 voci, generalmente binaria, ma anche in forma di rondeau.
Generalmente ogni ordre disegnava un “quadretto”: spesso di persone reali, altre volte di sentimenti o
atteggiamenti. Ricca l’ornamentazione: Couperin descrisse il modo di eseguire gli abbellimenti (a cui teneva
molto) nel suo lavoro didattico L’art de toucher le clavecin.
Scrisse anche musica da camera, interamente scritta a 3 parti con b.c., come le sonate a 3 italiane. Due dei suoi
concerti furono dedicati uno a Lulli, l’altro a Corelli; importanti i 10 nouveaux concerts ou Les Gouts reunis,
attraverso cui Couperin predicò, nella polemica tra musica italiana e francese, la riunione dei due stili
Scarsa numericamente la musica sacra: 2 messe d’organo e 3 Lecons de tenebres a una e 2 voci
Profondamente francese, espresse nella sua musica eleganza e magniloquenza, risaltò le melodie ornate e ricche
armonie, senza nascondere elementi tipici corelliani quali la passione per le simmetrie e l’uso del contrappunto,
senza tradire il primato melodico. Amante delle forme brevi e dei piccoli complessi, fu tra i più grandi musicisti
francesi
Jean-Philippe Rameau (1689-1764), figlio di un organista di Digione, prima di stabilirsi nel 1723 a Parigi,
insegnò in varie città francesi. In questo periodo compose la maggior parte della sua musica per clavicembalo e
scrisse un trattato d’armonia. A Parigi conobbe il mecenate La Pouplinière, che lo convinse a cimentarsi
nell’opera. La prima fu Hippolite et Aricie (1733). Compose 26 opere tra cui si ricordano le tragedie-lyriques
Castor et Pollux (1737), Dardanus (1739) e l’opera-ballet Les Indes galantes (1739). Fu continuatore
dell’opera di Lulli.
La sua opera per clavicembalo è costituita da 4 raccolte di pieces de clavecin, di cui la più importante è la terza,
comprendente 2 ampie suites che hanno, oltre alle consuete danze, anche brani liberi, sull’esempio di Couperin,
in cui si rivela la sua forte natura di armonista
L’organo
Già noto nell’antichità e diffuso nel Medioevo, fu perfezionato a partire dal XVI sec., con l’introduzione di un
certo numero di registri e pedaliera. Particolarmente noti per la loro perfezione costruttiva erano gli organi
tedeschi.
I principali organari furono:
- seconda metà del XV sec: Matteo e Lorenzo di Giacomo da Prato per le chiese di Emilia e Toscana
- XVI sec. e prima metà del XVII sec: gli Antegnati di Brescia; Costanzo Antegnati fu anche compositore e
trattatista. Trovarono lavoro soprattutto in Lombardia
- XVIII sec: l’organista Azzolino della Ciaja fece costruire a Pisa un organo insolitamente ampio (5 manuali),
così come ampio era l’organo opera di Donato del Pisano, a Catania
- seconda metà del XVIII sec: Gaetano Callido realizzò ben 400 organi nel Veneto
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- prima metà del XIX sec: i Serassi di Bergamo, tra cui emerse Giuseppe. Strumenti dalla pastosa sonorità
diffusi in Lombardia
Il clavicembalo e il clavicordo
Il clavicembalo è uno strumento a corde pizzicate da punte di penna di corvo poste su saltarelli, che sono
collocati all’estremità interna dei tasti. Ne esistono a 1 o 2 manuali
La spinetta (il virginale inglese) è basata sullo stesso principio, ma le corde sono parallele o oblique alla tastiera
I principali costruttori erano i Ruckers di Anversa, i nostri Baffo e Trasuntino, l’inglese Tschudi
Il clavicordo, antecedende al clavicembalo, era a corde percosse da tangenti infisse nella parte interna del tasto.
Di forma rettangolare e piccola era adatto alla musica domestica. Diffuso soprattutto in Germania, era
apprezzato dai Bach
Il violino
Non è noto chi fu l’inventore del violino, ma il primo famoso costruttore fu Gaspare Bertolotti da Salò (1540-
1609), iniziatore della scuola bresciana. Duratura fama ebbe la scuola cremonese con gli Amati (Andrea il
capostipite, nato nel 1505; i Guarneri (Andrea il capostipite, allievo di Nicola Amati); gli Stradivari, con
Antonio (1655-1737), allievo di Nicola Amati; nel XVII sec. ebbe notorietà la scuola tirolese con Steiner,
probabilmente allievo di Nicola Amati
Il pianoforte
Nato durante l’età barocca, fu trascurato inizialmente dai compositori; il suo impiego iniziò nel 1770 con la
sensibilità galante dello stile preclassico, causando la scomparsa graduale del clavicembalo.
Inizialmente chiamato clavicembalo col piano e col forte, fu inventato dal padovano Bartolomeo Cristofori. La
sua invenzione fu annunciata da Scipione Maffei. I primi perfezionamenti si ebbero con il tedesco Silbermann,
poi da Stein e da Erard.
La famiglia Bach
Dal capostipite Veit (sec.XVI) a Wilhelm Friedrich Ernst (morto nel 1845) vantò più di un centinai di organisti,
compositori e maestri di cappella attivi in Germania, soprattutto in Turingia e Sassonia. I membri più importanti
furono, oltre a J.S., i tre figli Wilhelm Friedemann, Carl Philipp Emanuel e John Christian.
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J.S. Bach (Eisenach,1685-Lipsia,1750), rimasto orfano a 10 anni del padre Johann Ambrosius, organista, fu
accolto dal fratello maggiore Johann Christoph, anch’egli organista, che ebbe cura della sua prima
formazione musicale. Violinista a Weimar, organista ad Arnstadt e a Muhlhausen (dove sposò la cugina
Maria Barbara, da cui ebbe 7 figli), ebbe modo di conoscere Bohm e Buxtehude. A questo periodo
risalgono molte opere per organo, alcune cantate e musiche cembalistiche. Tornò a Weimar al servizio del
duca di Sassonia e divenne Konzertmeister nel 1714. Qui scrisse moltissimo per organo, molto per
clavicembalo, cantate sacre, trascrizioni di concerti strumentali e l’Orgelbuchlein. Per motivi ancora poco
chiari si trasferì a Kothen nel 1717. Nel 1720 morì Maria Barbara e sposò Anna Magdalena, cantante da
cui ebbe 13 figli. La corte di Kothen era calvinista e poco spazio veniva dato alla musica sacra. Tra il
1717 e il 1723 compose dunque molta musica strumentale. Successe a Kuhnau come Cantor a Lipsia nel
1723, anche per sostenere economicamente gli studi dei figli all’Università. Lipsia era una città libera e
Bach doveva rispondere dei suoi servizi (insegnare musica e latino nella scuola di S.Tommaso, comporre
soprattutto cantate sacre, organizzare la musica liturgica nelle varie chiese della città, provvedere alla
musica per le cerimonie dell’Università e del Consiglio) al Consiglio comunale e al Concistoro. Dal 1729
assunse la direzione del Collegium Musicum fondato da Telemann. I rapporti coi superiori furono
spesso difficili, soprattutto per il suo modo di intendere la musica sacra. La salute andò peggiorando dal
1749. Cieco dopo una cataratta non riuscita, morì nel 1750 colpito da apoplessia.
Trattò tutti i generi musicali della prima metà del ‘700 esclusa l’opera. La sigla BWV sta per Bach Werke
Verzeichnis. Le composizioni sacre occupano i 2/3 della sua produzione:
MUSICA SACRA
- circa 300 Kirchenkantaten, ce ne sono rimaste 200, in lingua tedesca, in più brani alternanti cori, recitativi e
arie. Erano eseguite dopo il Vangelo e il Credo e prima del sermone; il testo sviluppava pensieri teologici
collegati al Vangelo del giorno. Generalmente erano scritte per soli, coro, orchestra (20-25 esecutori)+b.c.
(organo); le cantate erano di 2 tipi: Choral kantate, su corale e citazioni bibliche, e quelle basate su testi
poetici liberi, con parafrasi dei testi biblici e passi di poesie devote
- 6 mottetti a 5-8 voci a cappella, su testo biblico
- 371 corali a 4 voci
- l’Oratorio di Natale del 1734, raggruppamento di 6 cantate per le feste natalizie
- le 2 Passione secondo Giovanni (1724) e la grandiosa Passione secondo Matteo (1727), appartenenti al tipo
delle Passioni oratoriali su testo biblico, ripartito tra Cristo, l’Evangelista e gli altri interlocutori , spesso
espressi dal coro. Frequenti le interpolazioni corali a 4 voci e brani solistici su testi poetici estranei al testo
biblico
- in latino sono scritti il Magnificat (1723) e la Messa in si minore (1733) dedicata ad Augusto III, re di
Polonia ed Elettore cattolico di Sassonia.
- 250 composizioni per organo, parte scritte in gioventù ad Arnstadt, Muhlhausen e Weimar, parte nella
maturità a Lipsia. Da ricordare l’Orgelbuchlein scritta con fini didattici per il figlio Wilhelm Friedemann,
mentre tra le raccolte della maturità i Schubler Chorale e i cosidetti 18 corali di Lipsia
MUSICA PROFANA
- una trentina di cantate profane, molto simili a quelle sacre, ma scritte per occasioni celebrative. 2 in italiano,
le restanti in tedesco, furono composte nel periodo di Lipsia
- Clavierubungen: 6 suites inglesi e 6 partite (parte I, 1731), Concerto italiano e Partita in si min (parte II,
1731), 4 duetti (parte III, 1739), Variazioni Goldberg (parte IV, 1742)
- i due libri del Clavicembalo ben temperato (1722 e 1744)
- 15 invenzioni a 2 voci e 15 a 3 voci (sinfonie) del 1723
- 6 suite francesi (1722)
- il Clavierbuchlein per Wilhelm Friedemann e Anna Magdalena
- 6 partite per violino solo e 6 suites per violoncello (1720)
- 6 concerti brandeburghesi (1721) sullo stile del concerto barocco italiano
- 5 suites per orchestra
- 13 concerti per clavicembali e archi, parte sono trascrizioni
Difficilmente catalogabile è L’arte della Fuga (1749-1750) saggio di altissima scrittura contrappuntistica dagli
aspetti sia teorici che pratici
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In vita, J.S. fu apprezzato come esecutore e insegnante, ma non come compositore, ritenuto attardato su stili
non più di moda, anche se la bravura di contrappuntista gli era riconosciuta. Fu la sintesi del barocco luterano,
italiano e francese. Dalla tradizione luterana attinse lo studio delle le forme organistiche della Germania centro
settentrionale: preludio, toccata, fuga ed elaborazione su corale. La studio della tradizione italiana e francese
(grazie alle trascrizioni) gli procurarono esempi del concerto vivaldiano e delle danze tipiche dei pieces de
clavecin francesi.
La sua musica era specchio di un’epoca che andava tramontando: dopo il 1750 le pratiche liturgiche
diminuirono rapidamente, l’uso del contrappunto subì la stessa sorte a favore delle pratiche armoniche che si
sarebbero realizzate nel classicismo. Col tramontare del mondo luterano delle piccole corti tedesche la musica
di Bach fu dimenticata. La “Bach-Renaissance” iniziò nel 1829, grazie alla storica riesumazione della Passione
secondo Matteo diretta da Mendelssohn. La Renaissance prese aspetti istituzionali nel 1850 con la fondazione
della Bach Gesellschaft.
Ebbe Zachow come maestro, il più autorevole musicista di Halle. A 18 anni fu nominato organista, ma pochi
mesi dopo andò ad Amburgo, dove nel 1705 fece rappresentare Almira, la sua prima opera. Dal 1706 al 1710
soggiornò in Italia: Firenze, Venezia, ma soprattutto Napoli e Roma, dove conobbe Scarlatti, Corelli e Pasquini.
Durante questo periodo scrisse 2 oratori, mottetti latini e l’opera Agrippina (1709). Lasciata l’Italia, dopo un
brevissimo soggiorno ad Hannover, si recò a Londra, dove rappresentò con successo il Rinaldo. Accolse
l’invito della regina Anna a rimanere. Fino al 1738 si dedicò all’opera italiana e le opere composte per la Royal
Academy e per il King’s Theatre sono tra gli esempi più significativi di opera seria. Alla ricerca di un genere
musicale gradito al grande pubblico borghese e che fosse meno costoso in termini di produzione, cominciò a
scrivere oratori di soggetto biblico in inglese. Sostenuto dal successo di Saul e Israele in Egitto (1739) continuò
su quella strada
OPERE TEATRALI
Ne compose 42, tutte del genere serio su libretto italiano, ad eccezione delle poche opere tedesche scritte in
gioventù per il teatro di Amburgo.
Le più note sono Agrippina (1709), Radamisto (1720), Giulio Cesare (1724), Rodelinda (1725), Admeto
(1727), Siroe (1728, su libretto di Metastasio), Orlando (1733), Alcina (1735), Serse (1738). Stilisticamente
affini sono le serenate, tra cui Aci, Galatea, Polifemo.
L’opera seria italiana di Handel costituisce l’esempio più alto del genere. I soggetti erano le vicende dei
personaggi storici o di eroi mitologici. Ciascun atto era una sequela di recitativi (secchi o accompagnati) e arie
(spesso col “da capo”). Pochi i duetti e i cori, in stile accordale. Gli elementi drammatici avevano nelle sue
opere un rilievo assai maggiore che in quelle dei contemporanei
ORATORI
La sua vera gloria, a cui lavorò, se si escludono 2 composti a Roma, negli anni della maturità.
I più noti furono Esther (1732), Saul (1739), Israel in Egypt (1739), Messiah (1742, il suo capolavoro,
presentato a Dublino), Sanson (1743), Judas Maccabaeus (1737), Salomon (1749), Jephta (1752).
Il loro successo è dovuto al fatto che essi rispondevano alle esigenze culturali dei ceti medi: erano frutto di una
concezione teatrale (a differenza degli oratori italiani, simili a opere serie), avevano libretto in inglese
(comprensibili a tutti, narravano storie dall’Antico Testamento, che per i medi protestanti inglesi erano un po’ il
corrispondente dei miti classici per le classi aristocratiche. La struttura era simile a quella di un’opera, con
recitativi e arie. C’era però il coro con funzione di narratore ma anche di personaggio, come negli oratori di
Carissimi, che certamente Handel conobbe; inoltre il coro era una tradizione ben radicata in Inghilterra, con gli
anthems.
ALTRE COMPOSIZIONI
- sacre: salmi e mottetti in latino, per liturgia cattolica; anthems per quella anglicana, da ricordarsi i Chandos
Anthems, composti per il duca di Chandos, suo protettore
42
- strumentale: i Concerti Grossi op.3 e op.6, Concerti per organo op.4 e op.7, le 2 suite orchestrali Water
Music (1717), eseguita in occasione di una gita del re sul Tamigi, e Music for Royal Fireworks (1748),
composta per la celebrazione della pace di Aquisgrana tra Francia e Inghilterra, 3 raccolte di suites per
clavicembalo, variazioni, sonate per violino e b.c.
La sua vita e la sua opera fu agli antipodi di quella di Bach. Mentre Bach riassumeva la tradizione, il primato
della fede, il contrappunto, Handel era immerso nel presente, seguiva il gusto del suo tempo, pensa
armonicamente. Handel visse da protagonista nei maggiori centri della vita musicale. Tedesco di nascita, visse
in Inghilterra come compositore e impresario. Cosmopolita in un’epoca in cui le barriere nazionali erano tali
anche per il gusto, assimilò le caratteristiche di varie scuole europee. Il suo stile tende al grandioso, alla
nettezza della linea melodica, alla mobilità dell’espressione. Benchè avesse trattato tutti i generi, non in tutti fu
grande: la musica strumentale non fu efficace come quella teatrale.
43
TESI XVIII: Haydn, Mozart, Beethoven
Tra il 1740 e il 1770 ci fu un periodo cuscinetto, il cui nome deriva dallo stile architettonico e d’arredo: il
rococò. La musica del rococò, solitamente brillante e gradevolmente ornata, “comunica l’impressione del
decorativismo barocco privato della sua grandeur”. Il rococò è stato chiamato, soprattutto dai francesi, ma non
solo, il periodo dello stile galante
Lo stile galante
“Galanteria” è una parola chiave per comprendere la nuova sensibilità dei decenni di mezzo del XVIII sec. Al
primato della ragione illuministica si sostituì il sentimento, la spontaneità. I 2 romanzi epistolari La nouvelle
Eloise (1761) di Rousseau e I dolori del giovane Werther (1774) di Goethe furono testimonianze eloquenti del
modo di sentire.
La musica si adattò: scomparsa graduale del contrappunto e conseguente importanza della melodia, sostenuta
ancora dal b.c., in rapido declino a favore dell’armonia, mentre la forma sonata, da quella del tardo barocco,
divenne quella che ora noi conosciamo
La sinfonia
Deriva dalla sinfonia d’opera scarlattiana in 3 tempi. Presero gradatamente il posto del concerto grosso dal
1730. Uno dei primi maestri a coltivare questa forma fu
Giovanni Battista Sammartini (1701-1775), maestro di cappella in varie chiese di Milano, ebbe Gluck tra i suoi
allievi. Le sue sinfonie erano principalmente per archi. Dopo di lui la sinfonia si sviluppò nei paesi tedeschi, in
particolare alla corte di Berlino (con Graun e C.Ph.E.Bach), ma soprattutto a
Mannheim, sotto il governo del principe elettore Carlo Teodoro, appassionato di musica, che ebbe dal 1741 una
delle orchestre migliori d’Europa, sotto la direzione del virtuoso violinista Stamitz, intorno al quale si sviluppò
la “scuola di Mannheim”, laboratorio musicale per lo sviluppo del linguaggio pre-classico, soprattutto negli
aspetti dinamici
Le altre forme
Durante il rococò ci fu un avvicinamento delle varie forme in quella che poi sarebbe diventata la comune
struttura di sonate, sinfonie, concerti, quartetti… Grande diffusione ebbero le sonate per clavicembalo, che dal
1770 fu sostituito dal forte-piano e le sonate per violino e clavicembalo. Il consolidamento della struttura
sinfonica andò di pari passo a quello delle orchestre che, a parte quelle dei Collegia Musica cittadini, erano alle
dipendenze di facoltosi principi
Col tramonto della sonata a 3, la forma principale d’insieme diventò il quartetto. Sembra che il primo a scrivere
per questa formazione fu A. Scarlatti, autore di 4 Sonate a 4 senza b.c., seguito da Antonio Caldara. Fu Franz
Xavier Richter, maestro di Mannheim, a definire lo stile del quartetto d’archi classico, mentre di fatto furono
Haydn e Luigi Boccherini a definire lo stile di “conversazione musicale” proprio delle formazioni cameristiche
classiche
I figli di Bach
I musicisti più rappresentativi del rococò furono i figli di J.S.Bach: Wilhelm Friedeman, Carl Philipp Emanuel
e Johann Christian.
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Sebbene accomunati dalla scuola paterna, non composero come il padre musica organistica e cantate sacre,
segno che i tempi erano cambiati. Il centro di interesse creativo che li accomunava era il clavicembalo.
- Wilhelm Friedeman (1710-1784), il primogenito, era il prediletto dal padre per le vivaci qualità musicali.
Organista ad Halle, poi a Berlino, era irrequieto, eccentrico e indisciplinato. Finì la vita in miseria
- Carl Philipp Emanuel (1714-1788) fu clavicembalista a Berlino e ad Amburgo. Molto operoso, si impegnò
nella definizione di nuovi orizzonti formali ed espressivi. E’ ricordato soprattutto per le sonate e i concerti
per clavicembalo e per un trattato sul “vero modo di suonare il clavicembalo” (1753)
- Johann Christian (1735-1782) operò a Milano e a Londra. Scrisse molte opere teatrali, rinnegando così le
tradizioni di famiglia, tuttavia le sue composizioni più significative furono le sinfonie, i concerti per
clavicembalo o forte-piano e le sonate
IL CLASSICISMO
È il periodo che segue il rococò e precede il romanticismo. Cronologicamente è il mezzo secolo tra 1770 e 1820
ca.
La nozione di classicismo
Il termine viene usato per indicare quei movimenti artistici che riconosco il valore dei modelli greci e romani.
L’apprezzamento per le opere antiche non venne mai meno nel Medioevo, ma nel Rinascimento e fino all’800 il
confronto col mondo antico fu fondamentale per l’arte europea. L’etichetta di “classico” si può attribuire alla
poesia d’Arcadia, ai drammi del Tasso e del Guarini, alle tragedie di Corneille e Racine, alla pittura di Raffaello
e Poussin, agli edifici di Bramante e alle ville del Palladio. Classico nell’arte è sinonimo di grazia,
magnificenza, decoro, equilibrio e senso della proporzione. Questo stile si manifestò anche nella musica dando
vita ad una omogeneità del gusto non pensabile in precedenza
Il periodo classico coincise con il graduale passaggio da governi aristocratici assolutisti a governi ispirati dalla
borghesia liberale. Assieme all’interesse per il teatro, in particolare quello italiano, crebbe anche quello per la
musica strumentale, non più bene esclusivo di privati, nobili e facoltosi, ma accessibile al grande pubblico. Si
svilupparono i concerti pubblici soprattutto a Londra, Parigi e Lipsia, dove furono costruite o riadattate le prime
sale da concerto. Accanto ai professionisti, numerosi erano i dilettanti che si accostavano alla musica
strumentale, soprattutto al pianoforte
La professione di musicista
All’inizio del XVIII sec. il musicista era uno stipendiato da una congregazione religiosa, o da un principe, o da
un teatro. Haydn e Mozart vissero in prima persona il passaggio da questa situazione a quella di liberi
professionisti. Questo cambiamento portò più libertà ai compositori, liberi di comporre secondo il proprio
gusto, e non secondo quello del committente, e più possibilità agli esecutori di suonare in pubblico. Importante
per la professione di musicista fu la fondazione di un Conservatorio Nazionale a Parigi (1795), che servì da
modello per altri conservatori. Contemporaneamente si determinò un rinnovamento degli strumenti didattici.
Musica e cultura
Fino al XVIII era raro che un trattato teorico uscisse dalla cerchia degli addetti ai lavori. Col completamento
dell’Enciclopedia (1751-1777) la cultura musicale era accessibile a tutti, grazie alle numerose voci che si
riferivano alla materia musicale. Inoltre fu pubblicata a Londra la poderosa Storia generale della musica dai
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Greci al 1789 di Burnay e le prime monografie su Bach e Palestrina. Anche l’editoria musicale si sviluppò, con
l’utilizzo del nuovo metodo della litografia accanto a quello tradizionale su lastre incise
Studiò canto ad Hainburg, poi alla scuola di canto corale della cattedrale di S.Stefano a Vienna, dove proseguì
gli studi anche di clavicembalo e composizione. Negli anni 1750-60 insegnò, suonò in piccoli complessi e fece
piccole composizioni, ma nel 1761 fu assunto come vice maestro di cappella dalla potente famiglia aristocratica
ungherese Esterhàzy, col principe Nicola, appassionato di musica. Nel trentennio al suo servizio Haydn svolse
una intensa attività di compositore e direttore e le sue composizioni furono conosciute in tutta Europa. Nel
1790, alla morte di Nicola, Haydn divenne libero professionista perché gli Esterhazy sciolsero l’orchestra per
motivi economici e accordarono al maestro di cappella. Accolse così l’offerta del violinista impresario Salomon
di comporre e dirigere sinfonie per la sua società di concerti a Londra, nacquero così le 12 “sinfonie londinesi”.
L’impatto con gli oratori di Handel lo portò a comporre musica sacra per la ricostituita cappella Esterhazy.
Morì durante l’occupazioni di Vienna da parte delle truppe napoleoniche
Toccò tutti i generi e le forme coltivate tra il 1750 e il XIX sec, ma, a differenza di Mozart, con alcune
limitazioni: opere teatrali composte per il teatrino di corte, scarsa produzione di concerti per strumenti solisti,
musica sacra composta solo dopo il ritorno da Londra
MUSICA DA CAMERA
- Nicola Esterhazy teneva molto in considerazioni la musica da camera e Haydn negli anni 1761-90 scrisse
moltissimo per formazioni cameristiche con baryton, lo strumento suonato da Nicola (una specie di violone
con corde di risonanza). Il punto più alto della produzione cameristica è costituito dagli 83 quartetti. Il
quartetto fu la forma a cui Haydn fu più legato, e più delle sinfonie testimonia il cammino stilistico
compiuto: affrancamento dalle ultime vestigia del barocco, partecipazione e distacco dallo stile galante,
maturità conquistata coi 6 quartetti op. 33 (1778-81), i “quartetti russi” dedicati al principe Petrovic. Definì
nel quartetto lo stile della “conversazione musicale”, in cui ogni strumento aveva pari dignità
- Anche nelle 52 sonate per clavicembalo, poi per forte-piano è possibile seguire il percorso stilistico: dalle
prime che ricordano le suites, a quelle del 1776 in cui si riconosce l’influsso di C.Ph.E.Bach, a quelle
mature successive al 1780
- Compose una cinquantina di divertimenti (serenate, cassazioni, notturni: + o – stessa cosa), una forma
austriaca di musica da camera non impegnata per archi o fiati, di struttura variata, generalmente Allegro-
Minuetto-Andante-Minuetto-Allegro
- 41 trii con forte-piano e 21 trii per archi
OPERE TEATRALI
Circa 13, prevalentemente buffe per il teatrino degli Esterhazy. Le più note sono Lo speziale, Le pescatrici, Il
mondo della luna, tutti “drammi giocosi” su libretto di Goldoni
Il suo più alto merito è quello di aver convogliato gli elementi a volte contraddittori dello stile classico e di
averlo realizzato nei quartetti e nelle sinfonie. Il valore artistico è la felicità dell’invenzione musicale. Il suo
equilibrio, la facilità con cui realizzava le melodie e gli spunti tematici, a volte presi a prestito dalla musica
popolare, spiegano il successo che ebbe in tutta Europa. Segno evidente della sua popolarità fu l’influenza che
ebbe sui compositori contemporanei e i successori, primo tra tutti Mozart
Figlio di Leopold, violinista, compositore e didatta della cappella musicale della cappella musicale di
Salisburgo, sede di un principato ecclesiastico semi-indipendente. Leopold intuì il precoce ed eccezionale
talento del figlio e si occupò della sua formazione musicale. Dal 1762 al 1772 Wolfgang compì numerosi viaggi
di studio in tutta Europa in compagnia del padre. Numerose furono le sue esibizioni in pubblico, e tra un
viaggio e l’altro tornava a Salisburgo per studiare e comporre. Ma la vita musicale della cittadina, nonostante
fosse abbastanza attiva, gli andava stretta, così cercò sistemazione a Mannheim e a Parigi, dove morì la madre
nel 1778. Nel 1781 avvenne la rottura con l’arcivescovado di Salisburgo e lasciò il posto alla cappella per
stabilirsi a Vienna, dove sposò Costanza Weber. I primi anni ottenne successo, suonando in pubblico i suoi
concerti per piano e orchestra, dava lezioni e gli editori, soprattutto Artaria, pubblicavano volentieri i suoi
lavori, tra cui Il ratto dal serraglio. Ironicamente, il favore del pubblico andò scemando quando compose i suoi
più grandi capolavori: Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte, le ultime sinfonie, i quintetti, le
memorabili musiche da camera. Anche la situazione economica non era rosea. Morì colpito da febbre reumatica
e fu seppellito in una fossa comune
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SINFONIE
La maggior parte delle 49 sinfonie fu composta tra il 1765 e il 1779 e mostra l’evoluzione orchestrale. Negli
anni viennesi ne compose 6, che costituiscono l’apice del loro genere. Tra queste la Haffner, la Linz, la Praga,
la Jupiter
CONCERTI SOLISTICI
Al contrario di Haydn, scrisse molti concerti per vari strumenti solisti. I 17 per pianoforte scritti a Vienna ed
eseguiti da lui stesso furono veicolo di grande popolarità. In questi il concerto solistico classico trova una delle
sue più alte espressioni. Il pianismo non è mai fine a se stesso, né ostentazione e il rapporto tra solista e orch. ha
carattere unitario
QUARTETTI E QUINTETTI
Sono la forma in cui Mozart sente di più Haydn, senza mortificare la sua personalità. I più noti sono i quintetti
K.515 e 516 e il quintetto per clarinetto e archi K.581
ALTRI GENERI
Coltivò tutte le forme di musica da camera per pianoforte: sonate a 2 mani (17), a 4 mani (5), fantasie,
variazioni, 42 sonate per violino e pianoforte. Al periodo salisburghese risalgono la maggior parte delle
serenate, dei divertimenti e delle cassazioni (generi per altro molto simili)
Mozart non acquistò tra i contemporanei il consenso europeo come Haydn, certamente perché mori troppo
giovane. Un’altra ragione era la qualità della musica, che, in parole semplici, era più difficile di quella di
Haydn. In un’epoca in cui la “facilità” era un grande pregio. Analizzando la musica di Mozart si notano infatti
la pluralità di temi negli Allegro, la concatenazione varia e fantasiosa dei periodi, con le loro asimmetrie
fraseologiche. Spiegare l’incanto della musica di Mozart è impossibile. Molto importante l’economia musicale:
mai troppo prolisso, mai troppo stringato. La tavolozza di sentimenti, su cui però prevale un sereno ottimismo,
è vastissima
LUDWIG VAN BEETHOVEN (Bonn,1770-Vienna,1827)
Discendente da una famiglia di origine fiamminga, era figlio di un modesto e alcoolizzato tenore nella cappella
di corte che lo avviò presto alla musica sperando in un bambino prodigio. A soli 14 anni divenne organista di
corte e in seguito le amicizie amicizie influenti, soprattutto col conte Waldstein, lo convinsero a partire per
Vienna nel 1787. Vi rimase stabilmente, dopo l’occupazione della Colonia da parte dei francesi. Ricevette
lezioni più che da Haydn, da Schenk, Alvrechtsberger e Salieri, intanto che stringeva amicizia con i più
influenti membri della famiglia reale, a cui dedicò molte delle sue composizioni. Intorno al 1802, anno del
“testamento di Heiligenstadt” si accorse di star diventando sordo, cosa che minò la sua volontà di affermarsi.
Dovette interrompere l’attività di concertista e si dedicò completamente alla composizione. Di tanto in tanto
organizzava “accademie” cioè concerti a pagamento dove presentava le nuove composizioni. Per assicurargli la
tranquillità economica alcuni amici e ammiratori tra cui l’arciduca Rodolfo e i principi Lobkowitz e Kinsky si
impegnarono nel 1809 a corrispondergli una pensione di 4000 fiorini all’anno. Dopo il 1815 iniziò un periodo
difficile: molti amici morirono o lasciarono Vienna e le esecuzioni delle sue composizioni diminuirono. Alla
morte del fratello Carlo ebbe in tutela il nipote, ma da lui e dalla madre del ragazzo ebbe noie anche giudiziarie.
Dal 1820 alla morte, colpito da cirrosi epatica seguita da idropisia, è il periodo delle grandi, ultime creazioni: le
ultime sonate per pianoforte e quartetti, la 9° sinfonia e la Missa solemnis
La sua produzione fu numericamente inferiore a quella di Haydn e Mozart, basta pensare alle 9 sinfonie contro
le 108 e 39 degli altri due. Le sue composizioni erano certamente più ampie di quelle di tutti i precedenti
maestri, inoltre non scriveva di getto, ma il lavoro maturava attraverso una lunga serie di appunti , abbozzi e
continui rifacimenti. Tranne che per lavori da poco, per accontentare editori o estimatori e amici, non scrisse
mai su commissione, ma per sé stesso, e per questo poteva permettersi audaci innovazioni che superavano le
convenzioni correnti. Alcuni musicologi, con a capo Wilhelm de Lenz, individuano 3 periodi stilistici:
- periodo “dell’imitazione” (1793-1802): le sonate fino all’op.14, i 6 quartetti op.18, le prime 2 sinfonie
- periodo “dell’estrinsecazione” (1803-1815): le sonate dall’op.26 all’op.90, i quartetti op.59,74 e 95, le sinf.
dalla 3° all’8°, il Fidelio e i concerti
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- periodo “della riflessione” (1816-1826): le ultime 5 sonate, la Missa solemnis, la 9° sinfonia e gli ultimi
quartetti d’archi
COMPOSIZIONI PER ORCHESTRA
- Caposaldo del repertorio sinfonico sono le 9 sinfonie. A partire dalla 3°(l’Eroica) ebbero proporzioni
maggiori di quelle di Haydn e Mozart. In molte di esse viene sviluppata una tematica: la 3° la grandezza
eroica, la 5° la lotta contro le forze avverse che si risolve in una vittoria (da do min a do magg), la 6° gli
idilli campestri cari all’arte del XVIII sec, la 9° l’aspirazione alla fratellanza universale e il fondamento
della gioia sull’amore per un Padre celeste, rivelatrice dell’idealità morale di Beethoven. Con la 9° sinfonia
viene superato il confine tra generi musicali vocali e strumentali, con l’introduzione di 4 voci soliste e un
coro in un’ opera sinfonica
- 11 ouvertures, tra cui Leonore, Coriolano, Egemont, Prometeo
- 5 concerti per pianoforte e orchestra
- concerto per violino e orchestra op.61
- triplo concerto per pianoforte, violino, violoncello e orchestra op.56
COMPOSIZIONI PER PIANOFORTE
- le 32 sonate per pianoforte (… varie chiacchere, specie sulla forma…allargare la forma-sonata senza
snaturarla)
- 33 variazioni su un valzer di Diabelli op.120 (1823)
- 2 raccolte di Bagatelle op.119 e 126 (1823)
MUSICA DA CAMERA
- 18 quartetti , tra i 3 Quartetti russi op.59 in omaggio all’ambasciatore russo a Vienna, che stupirono per
l’abbondanza di temi (tra cui 2 temi russi), e per la complessità degli sviluppi
- 10 sonate per violino e pianoforte, tra cui l’op.24 La Primavera e l’op.47 a Kreutzer, 5 sonate per
violoncello e pianoforte, il Settimino op.20, trii con pianoforte e trii con archi
OPERE TEATRALI
Una sola, il Fidelio (1805), la storia di Leonora travestita da uomo che salva il marito, condannato a morte da
un nemico politico. Il libretto, nella forma del singspiel è una traduzione da un fortunato libretto francese. Non
ebbe inizialmente fortuna (troppo lunga, accusa di trattare le voci come strumenti). Come nella 9° sinfonia,
compare l’umanità di Beethoven, con tutte le sue aspirazioni (omaggio alla libertà e all’amore, condanna della
tirannia)
COMPOSIZIONI VOCALI SACRE E PROFANE
Scarso rilievo hanno le cantate, i lieder, le poche composizioni a cappella, l’oratorio Cristo sul monte Oliveto.
Capolavoro invece la Missa solemnis op.123 (1823) dedicata all’arciduca Rodolfo, quando fu nominato
arcivescovo
Fu il primo compositore a rappresentare con la sua opera gli avvenimenti che si svolgevano nel mondo, dalle
vicende storiche ai mutamenti dell’animo dell’uomo (lui stesso, ma anche l’Umanità). La sua filosofia aderisce
a quella illuministica prima, poi a Kant, Klopstock, Goethe, Schiller. Grande fede nell’umanità, l’amore e la
fratellanza, la lotta contro il dolore e il destino, tutto questo trovò terreno fertile nell’antitesi tra i 2 temi della
forma sonata, così come il frequente ricorso alla modulazione e alla variazione armonica sono proiezione di
lotta interiore
ALTRI COMPOSITORI
Durante il classicismo aumentò l’interesse per la musica, in confronto alle altre epoche, con il conseguente
aumento di musicisti. Si ricordano Karl Ditters von Dittersdorf (1739-1799), autore di molti singespiele, 120
sinfonie e 44 concerti, Johann Friedrich Reichardt (1752-1814), instancabile viaggiatore, compositore e autore
di scritti teorici, o l’altrettanto prolifico boemo Antonin Reicha (1770-1836), oltre a Carl Czerny (1791-1857), il
cui catalogo superò le 1000 composizioni, in grandissima parte pianistiche. Oltre a questi si ricordano i nostri
- Giovanni Battista Viotti (Vercelli,1755-Londra,1824), che studiò a Torino con Pugnani, ma trascorse gran
parte della vita a Parigi e Londra, dove diventò impresario teatrale e commerciante di vini. Interruppe presto
la prestigiosa carriera concertistica, ma non quella di compositore, dedicata al violino, con 29 concerti, 42
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duetti, 18 sonate, quartetti e trii. Le sue composizioni sono pregevoli per forma e musicalità, ma poco
originali. Fu il fondatore della moderna scuola violinistica, con il suo allievo Rode
Le prime definizioni di romanticismo furono ad opera del “gruppo di Jena” guidato dai fratelli Schlegel, e al
quale appartennero il filosofo Fichte e i poeti Tieck e Novalis. Il romanticismo esordì con il rifiuto del primato
della ragione illuministica e dell’arte classica, con i luoghi comuni della cultura greco-romana, i principi
d’imitazione e di unità aristotelica. Al repertorio di ispirazione classica, i romantici opposero fonti di
ispirazione medioevale (storia e leggenda), mentre alla ragione opposero i sentimenti e la spontaneità. Non fu
un semplice cambiamento di gusto, ma una rivoluzione culturale dettata da un nuovo sentimento secondo cui i
supremi valori dell’esistenza sono le misteriose forze della natura. Interessò in primis la letteratura; i poeti e
letterati più noti furono Shelley, Byron, de Musset, Heine, Manzoni, Hugo, Coleridge…
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del cosmopolitismo, a favore del riconoscimento delle culture nazionali e il liberarsi dal primato della forma-
sonata a favore di nuove forme più libere e asimmetriche
Dall’orchestra delle sinfonie classiche, che oggi chiameremmo “da camera” si ha un progressivo incremento di
mezzi strumentali: si passa dai 25-40 esecutori al centinaio. All’orchestra romantica accadde più o meno quello
che si riscontra nella pittura dell’800: da Delacroix agli impressionisti si riscontra il bisogno di un nuovo
cromatismo e nuove luminosità. Nell’organico delle orchestre vennero inseriti nuovi strumenti quali ottavino,
controfagotto, trombone, basso tuba, arpa, vari strumenti a percussione, mentre verso la metà del secolo entrò in
uso la divisione in file tra gli archi. I compositori che diedero apporti decisivi allo sviluppo dell’orchestra
furono Beethoven, Berlioz, Liszt, Wagner, Mahler, Debussy
Il pianoforte
Sparito il clavicembalo e ignorato l’organo, fu il re incontrastato della musica strumentale romantica. A partire
dal 1820-30 la letteratura per pianoforte, accanto alle sonate, comparvero forme dall’architettura più semplice
basate sul Lied che diedero vita a 2 tendenze opposte: l’intimismo e il virtuosismo
Il Lied
Si distinguono il Lied strofico, quello vero e proprio che accompagna il canto con la stessa melodia, a volte
lievemente modificata, e il Lied “durchkomponiert”, che presenta da una strofa all’altra sempre nuovo materiale
melodico
I MUSICISTI DELLA PRIMA GENERAZIONE ROMANTICA
Le sue composizioni portano la sigla D, da Otto Erich Deutsch, che fece il catalogo completo delle sue
composizioni
- i lieder: ne compose più di 600, su testi poetici di Goethe, Schiller, Klopstock, Ossian, Claudius, Schlegel,
Novalis, Heine, Muller (col quale fece 2 raccolte). Sono la parte più intima e poetica di Schubert. La
melodia, chiarissima, è semplice e orecchiabile e l’accompagnamento pianistico non svolge un ruolo
subordinato
- lavori teatrali: circa 12, tra opere, singspiele e commedie musicali. Pochi rappresentati in vita, i più noti
sono Alfonso und Estrella (1821), Fierabras e Rosamunda (1823)
- musica sacra: 8 messe, e varie parti di messe
- per pianoforte: 22 sonate, la Wanderer-Fantasia (1822), i 6 Momenti musicali op.94 (1823), gli 8
improvvisi op.90 e op.142 (1827), circa 300 danze (scozzesi, landler, minuetti, galop, valzer, tra cui le
raccolte Valses sentimentales e Valses nobles)
- da camera: sonate per violino e pianoforte, sonate per arpeggione (una gande chitarra a 6 corde che si suona
con l’arco) e pianoforte, 2 trii per archi, 3 trii con pianoforte, 12 quartetti per archi, il quintetto per archi e
pianoforte (La trota), l’ottetto
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- per orchestra: 10 sinfonie, tra cui La tragica, La piccola, L’incompiuta (solo i primi 2 tempi), La grande. Le
prime 6 si ricollegano alla serenità mozartiana. Dalla 4° in avanti sono evidenti i segni della sua personalità
E’ errato definirlo un romantico tout-court. Fu a metà tra classicismo e romanticismo. La sua formazione fu
esclusivamente classica. Il nucleo centrale della sua personalità è il lirismo, sereno e limpido, capace di dilatarsi
moltissimo nelle ancora presenti strutture derivate dal classicismo
Impersonò, nella vita come nell’arte alcuni aspetti caratteristici del romanticismo. Vissuto a Parigi, dove il
pubblico apprezzava ancora gli ideali di grandiosità della Grand-opera e gli aspetti virtuosistici della musica
strumentale, si sentì spesso isolato. Raccolse grandi favori invece presso il pubblico tedesco, dal gusto più
simile al suo. La sua idealità lo spingeva verso concezioni drammatiche e musicali di vaste proporzioni, che il
suo istinto tumultuoso frenava appena. Fu grandissimo maestro della strumentazione nello spiegare grandi
mezzi e valorizzare i timbri di tutti gli strumenti, molti dei quelli erano stati tenuti prima di lui in posizioni
subordinate
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- per pianoforte: 48 Romanze senza parole, 3 sonate, preludi, fughe, capricci, studi, variazioni, Andante e
Rondò capriccioso op.14 (1824), Variations seriouses op.54 (1841). Due aspetti della sua personalità: il
virtuosismo delle sonate, delle variazioni e dei rondò contro il lirismo delle romanze
- teatrali e vocali: alcune opere quasi tutte giovanili, musiche di scena per il Sogno di una notte di mezza
estate, Athalia di Racine, Edipo a Colono e Antigone. Composizioni corali a cappella con
accompagnamento strumentale, 2 oratori: Paulus op.36 su testo proprio e Elia op.70 su testo biblico
Più di tutti i contemporanei ebbe la fortuna di trovarsi in un ambiente che facilitò il suo talento. Questa fortuna
si manifesta nella sua opera, priva di conflitti interiori, in cui prevale equilibrio e armonia. Il suo romanticismo
non era urto di passioni, ma sereno, a volte un po’ maliconico. Alfred Einstein lo defini “il classicista
romantico”
In ogni fase sviluppò un genere compositivo: 1830-39 composizioni per pianoforte, nel 1840 moltissimi lieder,
dal 1842 la musica da camera. Nel periodo 1842-53 le composizioni sinfoniche e sinfonico-corali
- per pianoforte: Variazioni sul nome Abegg, Papillons, le Danze dei seguaci di Davide, la Toccata op.7,
Carnaval, Pezzi fantastici, 12 Studi sinfonici, Scene infantili, Kreisleriana, la Fantasia op.17, Novellette, la
Sonata in Sol min. Tra le composizioni successive al 1840 L’album per la gioventù e le Waldszenen
- lieder: varie raccolte liederistiche, tra cui i due capolavori Frauenliebe und –leben e Dichterliebe (amor di
poeta). Fu il continuatore del lavoro liederistico di Schubert, migliorando ancora di più la connessione tra
pianoforte e voce. I poeti preferiti erano Heine, von Chamisso, Eichendorf, ma anche Goethe e Byron
- da camera: quartetti per archi op.41 dedicati a Mendelssohn in cui si sente l’influenza di Beethoven,
quartetto per archi e pianoforte op.47 e quintetto con pianoforte op.44, sonate per violino e pianoforte
op.105 e 121 e 3 trii con pianoforte
- sinfoniche: 4 sinfonie, tra cui La primavera e la Renana, oltre ad alcune ouvertures. Concerto per pianoforte
e orch. op.54, Konzertstuck op.92, concerto per violoncello e orch. op.129. L’ardore romantico e la bellezza
delle idee musicali sono caratteristica della produzione sinfonica
- composizioni sinfonico-corali: l’oratorio profano Il paradiso e la Peri per soli, coro e orch., su testo proprio
tratto da Th.Moore e le Otto scene del Faust di Goethe. Si cimentò anche con l’opera (Genoveva, 1850) ma
con scarsa fortuna
- scritti letterari: numerosi articoli sul suo periodico musicale, la “Neue Zeitschrift fur Musik”, in cui si fece
promotore delle “vie nuove” della musica. Brillante scrittore e abile polemista, contrastò gli elogi che
ricevevano i colleghi Chopin, Mendelssohn, Liszt e Schubert. Per gusto polemico aveva fondato l’ideale
“Lega dei seguaci di Davide” (gli innovatori) in lotta coi “Filistei” (i conservatori). Spesso firmava gli
articoli con gli pseudonimi di Florestano, brillante ed estroverso, ed Eusebio, pensoso, sognatore e chiuso in
se stesso, a volte inserendo un terzo personaggio, Maestro Raro, moderatore tra i due. Schumann diede a
Florestano ed Eusebio consistenza musicale nei personaggi di Carnaval op.9
Molto la sua musica deve all’influenza delle idee letterarie. Il suo modo di comporre non mostra svolgimenti
consequenziali, bensì la composizione è frutto del fantasticare. Questo tipo di sintassi, basata sull’urgenza delle
idee, dà ai suoi lavori una concentrazione intensa di sentimenti senza sosta
Figlio di un insegnante francese emigrato in Polonia, iniziò giovanissimo lo studio del pianoforte e si rivelò
subito un bambino prodigio. Dal 1823 al 1826 frequentò il liceo e studiò con Elsner, il miglior insegnante di
musica di Varsavia. Cagionevole di salute, trascorreva le estati in campagna, dove venne a contatto con la
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musica popolare polacca. Lasciò definitivamente la Polonia nel 1830, quando fu occupata dalle truppe zariste,
andò a Vienna e nel 1831 si stabilì a Parigi. Inizialmente non fu facile, ma poi venne accettato nei più
prestigiosi salotti, dove conobbe Liszt, Berlioz, Bellini, Rossini, Meyerbeer, Heine, Balzac, Delacroix.
Diventato il più prestigioso insegnante di pianoforte di Parigi, alternò l’attività didattica a quella di
compositore. Ebbe una relazione di una decina d’anni con la scrittrice George Sand, finita la quale, nel 1847 si
recò in Inghilterra e Scozia, per un lungo periodo di concerti. Il clima umido non giovò alla sua salute precaria,
minata dalla tubercolosi. Rientrato a Parigi, si spense assistito dalla sorella e dagli amici. Il suo cuore è
conservato in una teca d’argento a Varsavia
Escludendo il Trio op.8, la sonata per violoncello op.65 e una ventina di canti polacchi per voce e pianoforte, la
sua produzione fu essenzialmente pianistica
- forme di discendenza classica si riconoscono nelle 3 sonate (la n.2 è quella con la marcia funebre), i 2
concerti per pianoforte e orchestra del 1830, i 4 scherzi
- tra quelle che rivelano i legami con la terra natia, le polacche (già conosciuta come danza libera della suite)
e le mazurke, danze ternarie
- composizioni brillanti e mondane, i 19 valzer, i 4 improvvisi
- richiamo alla poesia al clima romantico sono i notturni e le 4 ballate
- di aspetto didattico, ma di alto valore artistico sono i 12 studi op.10 e i 12 op.25 e i 24 preludi op.28
- altre composizioni pianistiche sono il Bolero op.19, la Tarantella op.43, la Fantasia op.49, la Berceuse
op.57, la Barcarola op.60
Fu tra le personalità più rappresentative del romanticismo. Fu definito “poeta del pianoforte”, definizione tanto
generica quanto valida. Poche volte nella storia della musica un artista si identificò tanto nello strumento. Bach
con l’organo e il clavicembalo, Paganini col violino, Chopin col pianoforte. Le sue composizioni si
caratterizzano per l’idiomaticità: la sua musica per pianoforte è “pianistica”. Anche Mendelssohn e Schumann
si avvicinarono alla “pianisticità” ma non quanto Chopin
Il padre, amministratore di una tenuta degli Esterhazy, fu il suo primo insegnante di pianoforte. A 10 anni andò
a Vienna grazie ad una borsa di studio per studiare pianoforte con Czerny e composizione con Salieri, 2 anni
dopo andò a proseguire gli studi a Parigi con Paer e Reicha. Si fece presto ottimo concertista e fece amicizia
con Berlioz, Paganini, Rossini, Chopin, Hugo, Lamartine, Heine, Delacroix. A casa di Chopin conobbe e
s’innamorò della contessa Marie D’Agoult, amica della Sand e come lei scrittrice, dalla quale ebbe 3 figlie (tra
cui Cosima, futura moglie di Hans von Bulow e poi di Wagner). Tra il 1835 e il 1839 viaggiarono in Svizzera e
in Italia. Liszt rievocherà i paesaggi in Annees de pelerinage. Il successo strepitoso ottenuto come concertista a
Vienna lo convinse imitare Paganini. Fu impegnato nell’attività concertistica in varie città d’Europa dal 1839 al
1847. Aveva “inventato” la formula del moderno recital: un intero programma di musica per pianoforte
eseguito a memoria. I concerti non lo distoglievano dalla composizione: scrisse in quegli anni i Grandi Studi e
gli Studi di esecuzione trascendentale, oltre a molte altre tra cui le Consolations e le Rapsodie ungheresi.
Stanco di viaggiare, accettò nel 1848 la nomina a kapellmeister a Weimar, dove rimase per 13 anni. Presentò al
teatro di corte, tra le tante opere, il Lohengrin di Wagner. Inoltre diresse opere sinfoniche di Mozart,
Beethoven, Schubert, Schumann, Berlioz, Wagner. Anche la sua attività di compositore si orientò verso la
musica sinfonica, senza trascurare il pianoforte, con la sonata in Si min dedicata a Schumann. Contrasti e
incomprensioni, anche a causa della sua relazione adulterina con una principessa russa, lo convinsero a
spostarsi a Roma, dove restò dal 1861 al 1869. Qui, ritrovata l’aspirazione giovanile alla vita religiosa, prese gli
ordini minori. Si mise a comporre messe oratori e salmi. Ricominciò a girare l’Europa, dirigendo, componendo
e insegnando. Recatosi nel 1886 per assistere alle rappresentazioni wagneriane, fu colpito da un malore e morì
- per pianoforte: l’imponente opera si può dividere in 4 categorie: opere originali, studi, trascrizioni e
parafrasi. La sua natura romantica si esprime grazie alle opere originali, spesso originate da stimoli
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geografici o storici, come L’album d’un voyageur, gli Annees del pelerinage, Venezia e Napoli, Ritratti
storici ungheresi, oppure riflessioni su temi religiosi, come le Harmonies poetiques et religieuses, le
Legendes su S.Francesco, L’arbre de Noel. Numerosi inoltre i pezzi caratteristici e le danze: le 2 ballate, gli
scherzi, le marce, gli improvvisi, i valzer (il più noto è il Mephisto-valzer), le 6 Consolations, i Jeux d’eau
a la Villa d’Este, ma il culmine del suo pianismo lo sia ha nella Sonata in Si min. I 12 Grandes etudes
dedicati al maestro Czerny, i 12 Etudes d’execution trascendante e i 6 Etudes d’execution trascendante
d’apres Paganini, di indubbio valore artistico, sono l’eredità della tecnica pianistica di Czerny e Clementi
rielaborata da Liszt. Atteggiamento non condiviso da altri compositori è quello della trascrizione, cioè
riduzioni per pianoforte di composizioni fatte per altri organici. Note sono le trascrizioni delle sinfonie di
Beethoven. Di maggior impegno erano le parafrasi, che con un pianismo ricco di effetti tipicamente
operistici riproponeva la pagine più acclamate della Norma, di Lucia di Lammermoor, di Lucrezia Borgia,
del Rigoletto, del Trovatore, dell’Aida, del Lohengrin e molte altre ancora
- per orchestra: affrontò tardi la produzione sinfonica. Scrisse 12 poemi sinfonici (forma da lui stesso creata),
quasi tutti con un referente letterario o pittorico preciso, composti negli anni di Weimar, così come la
Faust-Symphonie in 3 parti, ispirata a Goethe e dedicata a Berlioz e la Dante-Symphonie, ispirata alla
commedia dantesca e dedicata a Wagner. 2 Concerti per pianoforte e orch, la Totentanz, parafrasi del Dies
Irae, la Fantasia su temi popolari ungheresi. Diede un apporto fondamentale all’orchestrazione: curò in
particolare l’individuazione dei vari strumenti in relazione alle loro possibilità sonore e al timbro. La sua
scrittura fa spesso ricorso ai contrasti di colore
- religiose: fu il più religioso tra i musicisti della prima generazione romantica. Scrisse una Missa solemnis
per soli, coro e orch.(1855), il Requiem per soli, coro maschile, ottoni e organo, i 2 grandi oratori La
leggenda di Santa Elisabetta e Christus in 3 parti. Inoltre salmi, Te Deum, Ave Maria, Pater noster, cantici,
inni, responsori… per coro, con o senza solisti e accompagnamento organistico o orchestrale
- scritti letterari: i suoi scritti sono raccolti in 6 volumi e comprendono, scritti su Chopin, lettere, relazioni di
viaggio, saggi critici
Il più attivo dei musicisti della prima generazione romantica, rimase sulla scena per mezzo secolo. Diede vita
alla nuova figura di interprete virtuoso. Nel suo ecletismo confluirono la tradizione musicale tedesca,
l’educazione letteraria e culturale francese, il gusto melodico italiano (influenzato soprattutto dall’opera di
Bellini), il fascino della musica tzigana-ungherese. La sua fantasia era catalizzata dalla realtà, spesso da viaggi,
immagini o letture. Tra i contemporanei, nessuno più di lui fu tanto lontano dalla tradizione classica, anche
quando ne assumeva le strutture esterne. Nelle composizioni sufficientemente ampie adottò 2 principi
conduttori: la trasformazione di un tema in altri temi differenti, ma mai estranei alla matrice originale,
l’introduzione di un “principio ciclico” secondo il quale un tema riappariva nei successivi movimenti,
adeguandosi alle situazioni psicologiche. Anche dal punto di vista armonico, fu anticipatore dei suoi tempi.
TESI XXX: La musica strumentale dei secoli XIX e XX. Il poema sinfonico e la musica a
programma da Vivaldi in poi
MUSICA ASSOLUTA E MUSICA A PROGRAMMA
L’autonomia musicale si arrestò con l’affermazione dell’estetica romantica: spesso i compositori cercavano in
elementi extramusicali i pretesti per le loro composizioni. Nacque così la musica a programma, nella quale,
teorizzò Liszt, i temi e i loro sviluppi sono condizionati dal loro rapporto con l’idea poetica, e non seguivano
più le regole formali della musica assoluta. I postulati della musica a programma si realizzarono nel poema
sinfonico, ma ebbe antecedenti nella musica descrittiva e nella sinfonia a programma
La musica descrittiva
I primi esempi di musica descrittiva risalgono alle composizioni polifoniche vocali nella quale le parole del
testo sollecitano risposte musicali, come nel caso dei madrigalismi, o in alcune cacce dell’Ars nova italiana, e in
alcune chansons di Janequin sul canto degli uccelli o su battaglie. Un esempio più recente è La vittoria di
Wellington op.91 di Beethoven. In Froberger episodi di vita di personaggi. In Vivaldi Il cimento dell’armonia e
dell’invenzione. Tuttavia in tutte queste composizioni, l’elemento extramusicale non influiva sulla forma.
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La sinfonia a programma
È il termine per indicare quelle sinfonie del primo ‘800 in cui sono inseriti nella forma classica elementi
romantici. Spesso i tempi delle sinfonie portano in testa titoli e didascalie esplicativi. Gli esempi più noti sono
la 6° sinfonia Pastorale di Beethoven, la Symphonie Fantastique di Berlioz, 5 “episodi di vita di un artista” di
cui l’autore stesso fece conoscere la chiave di lettura (“il programma dev’essere considerato come il testo
parlato di un’opera”), e sulla stessa linea pose Lelio, ou le Retour a la vie e Harold en Italie, ispirato al poema
di Byron. Sono sinfonie a programma anche la Faust-symphonie e la Dante-symphonie di Liszt
Il poema sinfonico
Il termine fu adottato la prima volta da Liszt e a partire dal Tasso da Goethe (1849) fu adottato per le sue
composizioni sinfoniche del genere, anche quelle scritte in precedenza. I 12 poemi sinfonici di Liszt esprimono
con “programma” un’idea poetica, una scena, un’atmosfera o un personaggio che sono enunciati in un brano
stampato all’inizio della composizione. Secondo l’aspetto formale, il poema sinfonico è un unico tempo, spesso
però costituito da più brani di carattere contrastante. Il più autorevole seguace di Liszt fu R.Strauss, che
cominciò con Don Juan (1889) la serie dei suoi poemi sinfonici, con una raffinata orchestrazione di ascendenza
wagneriana. Furono i musicisti delle scuole nazionali a riconoscere nel poema sinfonico un mezzo efficace per
esaltare la loro terra e le loro origini, oltre che forma musicale estremamente duttile. Tra i compositori che
coltivarono il poema sinfonico tra il 1870 e il 1930: i francesi e tedeschi Saint Saens, Cesar Frank, Paul Dukas,
Claude Debussy, Arthur Honegger; i russi Piotr Ciaikovski, Aleksander Borodin, Igor Stravinski; il boemo
Bedrich Smetana (Moldava); il finlandese Jan Sibelius; l’ungherese Bela Bartòk (Kossuth); il viennese Arthur
Schoenberg; l’italiano Ottorino Respighi (La Trilogia Romana); l’americano George Gershwin (Un americano
a Parigi) e Aaron Copland
L’estetica romantica del poema sinfonico fu contestata dal critico viennese Hanslick, col suo libro “Del bello
musicale”. Egli riteneva che la musica esprimeva solo idee scaturite dalla musica stessa. Questo pensiero fu
caldeggiato da alcuni compositori nella prima metà del XX sec, tra cui Stravinski, che scrisse in un passo della
sua biografia che “se la musica sembra esprimere qualche cosa, non è che un’illusione”. Fu così che nella
seconda metà del XIX sec. e nel primo trentennio del XX, musica a programma e musica assoluta convissero.
Molti compositori dalla classica formazione viennese o formatisi nell’area Germanica (Brahms, Bruckner,
Dvorak) rimasero fedeli alla musica assoluta, mentre altri, in particolare quelli delle scuole nazionali, furono
presenti in entrambi i campi
Nei decenni di declino degli Asburgo Vienna visse una fioritura culturale eccezionale (la psicoanalisi di Freud,
architetti e urbanisti tra cui Gustav Klimt). Qui si operò il recupero del classicismo musicale. Ad eccezione di
R.Strauss, i maggiori compositori che gravitavano attorno a Vienna rifiutarono la musica a programma
Figlio di un modesto contrabbassista, già da giovanissimo si guadagnava da vivere suonando nelle orchestrine.
Nel 1853 fu decisiva la tournee con un violinista ungherese, perché conobbe a Dusseldorf Clara e Robert
Schumann: egli aveva infatti scritto nel suo periodico un articolo intitolato Vie nuove in cui portava l’attenzione
sul giovane Brahms. Rimase con Schumann fino alla fine di quest’ultimo. Nacque una passione con Clara, ma
Brahms la troncò subito. Rientrato ad Amburgo nel 1857 si fece apprezzare come pianista, direttore e
compositore. Dal 1863 abitò a Vienna. Si dedicò prevalentemente alla composizione e dopo la morte di Wagner
era considerato il maggior compositore tedesco
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La sua opera segue un processo di gradualità alla Schumann. Fino al 1853 scrisse soprattutto per pianoforte,
Lieder e musiche da camera, nei 5 anni seguenti anche composizioni per piccola orchestra, dal 1858 si occupò
di composizioni corali a cappella e a quelle per soli, coro e orchestra. Dal 1876 scrisse le sinfonie. Dal 1887
tornò al pianoforte e alla musica da camera, mai abbandonati
- per orchestra: 4 sinfonie, 2 serenate, le Variazioni su un tema di Haydn op.56, l’Ouverture accademica
op.80 e l’Ouverture tragica op.81, 2 concerti per pianoforte e orch, un concerto per violino e orch, il doppio
concerto per violino e violoncello e orch.
- da camera: 2 sestetti per archi, 2 quintetti per archi, un quintetto per clarinetto e archi, un quintetto per
pianoforte e archi, 3 quartetti per archi, 3 quartetti per archi e pianoforte, 3 trii con pianoforte, 3 sonate per
violino, 2 per violoncello, 2 per clarinetto (o viola) e pianoforte
- per pianoforte: 3 sonate (op.1, 2, 5), Variazioni e fuga su u tema di Handel op.24 e Variazioni su un tema di
Paganini op.35, altri 35 brevi pezzi tra cui Valzer op.39, Klavierstucke op.76, Rapsodie op.97, Fantasie
op.116, Intermezzi op.117
- vocali: Ein deutsches Requiem per soli, coro e orch, quartetti vocali con pianoforte raccolti nei Liebeslieder
e nei Neue Liebeslieder, raccolte di musiche corali a cappella con accompagnamento strumentale, varie
raccolte per voce e pianoforte: Sechs Gesange, Vier ernste Gesange, Deutsche Volkslieder
Autorevole messaggero di musica pura di fronte a numerosi colleghi che componevano musica a programma, di
fronte ai progressisti Liszt e Wagner, Brahms era accusato di essere restauratore, mentre in realtà l’esperienza
romantica era profondamente penetrata all’interno delle strutture classiche che soleva usare. Dal punto di vista
della musica strumentale, continuò l’opera di Schumann, anche nella scelta della forma, il Lied. La musica da
camera costituisce il cuore della sua produzione. Insieme alla forma, la sintassi di Brahms deriva dal più
dinamico principio della classicità: l’elaborazione del tema. Fu tra i più ispirati compositori di Lieder, dal tono
elegiaco e intimo
Hugo Wolf (1860-1903) era un grande ammiratore di Wagner. Scrisse l’opera Der Corregidor, alcune musiche
strumentali tra cui la Serenata italiana e 250 Lieder su testi di Eichendorf, Morike o Goethe, o su traduzione da
italiano e spagnolo. Suo modello furono i Lieder wagneriani, soprattutto nella relazione tra poesia e musica,
poste sullo stesso piano, e nel rifiuto delle strutture strofiche
- per orchestra: scrisse numerosi poemi sinfonici, tra cui Don Juan da Lenau, Macbeth da Shakespeare, il più
noto e geniale I tiri burloni di Till Eulenspiegel “tratto da un’antica melodia in forma di rondò”, Also
sprach Zarathustra liberamente ispirato a Nietzsche, Don Chisciotte con violoncello solista, Symphonia
domestica, autobiografico. Altre composizioni sinfoniche sono la giovanile sinfonia in 4 parti Aus Italien,
Eine Alpensymphonie, Metamorphosen per 23 archi solisti, Burlesca per pianoforte e orch, alcuni concerti
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per corno. Gli aspetti fondamentali della sua musica orchestrale sono l’esuberanza della fantasia e il
virtuosismo orchestrale, dal tessuto molto vario e senza indugi
- opere teatrali: compose opere tutta la vita, la prima fu Guntram (1894). Le più note sono Salomè (1905)
grande successo sull’adattamento in un atto da O.Wilde, mentre le altre opere, in collaborazione col poeta
Hugo von Hofmannstahl sono Elektra da Sofocle, Der Rosenkavalier, Arianna a Nasso, Die Frau ohne
Schatten, Elena Egizia, Arabella. Nelle prime opere in cui viene fatto uso del leitmotive wagneriano le
armonie sono aspre e a volte dissonanti, ma dal Rosenkavalier in poi le linee melodiche si fanno più
morbide ed eleganti
- lieder: circa 150 per pianoforte e voce, divisi in una 30ina di raccolte, alcune raccolte per voce e orch, come
i Vier Letzte Lieder (4 ultimi lieder)
Non scrisse lavori religiosi, essendogli estraneo il senso del trascendente. Caratteristiche della sua musica è la
ricchezza dell’invenzione melodica, le sonorità sensuali, le due opposte ispirazioni di potente vitalità e di soave
tenerezza. A volte però la tensione drammatica viene meno
Discendente da una famiglia di ebrei poveri e laboriosi, studiò al conservatorio di Vienna e a 20 anni cominciò
la carriera di direttore d’orchestra, diresse numerosi teatri, ultimo quello di Vienna, che gli diede onori e
amarezze. Lavorò anche a New York, ma la malattia lo costrinse a tornare a Vienna
Si dedicò alla composizione solo nei mesi estivi, quando era libero da impegni di teatro. Compose
esclusivamente per orchestra: 9 sinfonie (n.1 “Il titano”, n.2 “La resurrezione”, n.3 “Della Natura”, n.5 quella
con l’Adagietto, n.6 “Tragica”, n.7 “Il canto della notte”, n.8 “dei Mille”). Inoltre scrisse numerosi Lieder per
voce e orchestra, tra cui Il Lied lamentoso, Lieder di un artigiano ambulante, Lieder dei bambini morti, Il Lied
della terra
La sua produzione sinfonica riassume la tradizione classico-romantica e segna l’apogeo e la rapida estinzione
della musica tardo-romantica. Esteriormente fu un compositore di musica programmatica, visti i titoli che dava
alle sue composizioni. Capitava però che eliminasse anche tali titoli. Impiegò mezzi grandiosi. I materiali
sonori che utilizzava avevano varie provenienze, anche popolari. Valorizzò i timbri puri e le aggregazioni di
pochi colori.
Altri compositori
Tra i numerosi musicisti tedeschi della seconda metà del XIX sec. e dell’inizio del XX meritano un cenno
- Max Bruch (1838-1920), che lasciò molte musiche per coro, a cappella o con accompagnamento di orch, 3
sinfonie, molta musica da camera, 3 concerti per violino
- Hans Pfitzner (1869-1949), autore di alcune opere teatrali wagneriane, compose anche per orch, per coro a
cappella, musica da camera, concerti
- Max Reger (1873-1916), che ripropose un ritorno, in chiave romantica, musiche e forme della musica
protestante barocca. Le sue opere migliori sono infatti un innesto sulle forme barocche del suo linguaggio
armonico, basato su un cromatismo post-wagneriano
Nell’800 i destini musicali di Francia e Italia furono affini. In Francia il ritorno alla musica strumentale fu più
rapido che in Italia. La rinascita francese ebbe il via dalla fondazione della Società Nazionale per la Musica
Francese nel 1871. La tappa successiva fu l’apertura di una Schola Cantorum nel 1894, che riproponeva il canto
gragoriano, valorizzando il metodo storico. Il recupero della musica strumentale scaturì in parte dai wagneriani,
in parte dal recupero della tradizione classica e francese
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Camille Saint Saens (Parigi,1835-Algeri,1921), compositore, organista e pianista, fu sua l’idea di fondare la
Società Nazionale e ne fu il primo presidente. La sua produzione toccò tutti i generi. Per orchestra scrisse
3 sinfonie (la terza con organo e 2 pianoforti) e vari poemi sinfonici, tra cui Phaeton, Danse macabre. Per
strumenti solisti e orchestra: 5 concerti per pianoforte, 3 concerti per violino, Introduzione e Rondò
capriccioso per violino. Da camera: sonate, trii, quartetti e quintetti; assai noto è Le carneval des
animeaux (1886)
Cesar Frank (Liegi,1822-Parigi,1890) studiò con Reicha al conservatorio di Parigi. Organista in varie chiese
parigine, fu tra i fondatori della Società per la Musica e ne divenne presidente. Insegnò organo al
Conservatorio. Le composizioni dell’ultimo decennio di vita furono le più significative. Scrisse 3 poemi
sinfonici, Variazioni sinfoniche per pianoforte e orch, da camera la Sonata per violino e pianoforte (in
forma ciclica), il quartetto d’archi con pianoforte. Per pianoforte scrisse Preludio, corale e fuga, Preludi,
aria e finale; per organo alcune raccolte e 3 corali. Il grandioso oratorio Les Beatitudes e Redemption.
Considerato uno dei maggiori organisti del suo tempo e grande improvvisatore, fu spesso accusato di
germanofilia, ma riuscì ugualmente a infondere nei parigini il gusto per musica non teatrale. Le sue creazioni
sono caratterizzate da una fluente e duttile melodia, che grazie al movimento delle parti risolve le dissonanze
senza durezza
Vincent d’Indy, allievo si Frank, fervente wagneriano, fu anch’egli presidente della Società Nazionale,
riorganizzò la Schola Cantorum, insegnò composizione (il suo Corso di composizione musicale si usa ancora).
Le sue composizioni riflettono l’insegnamento di Frank. Si ricordano la Symphonie sur un chant montagnard
francais e le variazione sinfoniche a ritroso Istar
Gabriel Faurè (1845-1924) fu allievo di Saint Saens, organista e maestro di cappella, insegnò al conservatorio
di Parigi e ne fu direttore. Autore di 2 opere, di un Requiem, di una Ballade per pianoforte e orch, diede il
meglio di sé nelle piccole composizioni pianistiche (preludi, notturni, improvvisi) e nelle melodie per canto e
pianoforte, tra cui emergono le Cinq melodies e il ciclo La bonne chanson su versi di Paul Verlaine.
Affrancatosi dall’influenza di Wagner e Chopin, espresse nella maturità un gusto melodico pronunciato ma
elegante
Il linguaggio di Debussy segna il superamento delle posizioni tardo romantiche. Fu essenzialmente un lirico che
si rivela nella melodia, una melodia nuova fatta di scale modali, pentafoniche e per toni interi, che si
identificava nell’arabesco. Innovativi gli aspetti armonici. L’armonia scolastica gli andava troppo stretta, rifiutò
così il sistema gerarchico dell’armonia tonale e delle cadenze “obbligate”. Spesso evitava nelle sue scale di
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mettere una sensibile per non essere costretto a risolvere. La novità dell’armonia debussiana fu il concepire
ogni singolo accordo come unità sonora libera dai precedenti e senza obblighi verso i seguenti; creò quindi
successioni di suoni regolati solo dalla bellezza della melodia
Il predominio del melodramma non annullò la musica strumentale, sebbene l’opera assorbisse i migliori
compositori e interpreti; ne sono prova le composizioni non teatrali di Rossini e Donizetti, e, in misura minore
di Bellini e Verdi. La tradizione violinistica di Paganini fu viva e presente grazie ad Alessandro Rolla, Camillo
Sivori e Antonio Bazzini. I veri animatori della rinascita strumentale italiana furono
- Giovanni Sgambati (1841-1914), romano, pianista allievo di Liszt. Influì sullo sviluppo della cultura
strumentale romana facendo conoscere musiche sinfoniche e da camera tedesche. Compose 2 sinfonie e un
concerto per pianoforte e orch, oltre che a lavori per pianoforte e da camera
- Giuseppe Martucci (1856-1909), napoletano, iniziò l’attività di pianista, ma il suo contributo alla cultura
strumentale italiana lo diede come direttore, animatore di associazioni concertistiche e insegnante. Lasciò
inoltre 2 sinfonie e un concerto per pianoforte e orch, oltre a brevi pezzi quali Notturno e Novelletta per
orchestra
Ebbero fortuna nei nostri salotti le romanze, versione nostrana del Lied. Oltre a Rossini, Bellini e Donizetti,
coltivarono questo genere alcuni “specialisti”, tra cui Stanislao Gastaldon, Pier Adolfo Tirindelli, ma soprattutto
Francesco Paolo Tosti (1864-1916) che fu maestro di canto alla corte italiana e successivamente della famiglia
reale inglese; compose oltre 300 romanze in italiano e in inglese.
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Le scuole nazionali
Tra l’inizio del ‘600 e la metà dell’800 la musica europea era la somma di quella italiana, francese e tedesca.
Gli altri paesi furono musicalmente “colonizzati”. L’affermazione del nazionalismo diede vita alle scuole
nazionali, che si proponevano il recupero della tradizione musicale nazionale, spesso basati su scale modali e
danze dai ritmi ignoti al precedente repertorio europeo. Nelle opere vennero proposti libretti ispirati alla storia e
a leggende nazionali. Una precisazione: alcuni esponenti ebbero formazione tedesca ma portarono con sé le loro
origini (Grieg, Smetana, Dvorak), altri composero in un contesto di assestata scrittura europea, ma impiegarono
i moduli folcloristici delle loro terre (Albèniz, Granados), altri aderirono solo in parte alla cultura nazionale
(Sibelius). Solo per la Russia si può parlare di una vera e propria scuola nazionale, che si identifica col
movimento artisticamente patriottico del Gruppo dei Cinque
I compositori filo-occidentali
Non tutti i compositori aderirono all’integralismo del Gruppo dei Cinque. Al contrario, dopo il 1860 il russo
colto sentiva di essere parte integrante dell’Europa. Così i musicisti, tra cui
- Anton Rubinstein (1829-1894) pianista famoso, fondatore del conservatorio di S.Pietroburgo (1862), fu
anche operista e direttore d’orchestra. Suo fratello Nicolai fondò il conservatorio di Mosca (1864)
- Aleksandr Grecianinov (1864-1956), allievo dei cons.di Mosca e S.Pietroburgo, si stabilì a Parigi, poi negli
USA. La sua miglior produzione è la musica corale liturgica e numerose liriche per canto e pianoforte
- Aleksandr Glazunov (1865-1936), allievo di Rimski-Korsakov, insegnò e diresse il cons.di S.Pietroburgo.
Sinfonista eccellente, lasciò 9 sinfonie, ouvertures, fantasie e concerti, segnate dall’influenza di Liszt e
Brahms e dalle melodie calde e a volte orientaleggianti
- Sergei Rachmaninov (1873-1943), pianista di fama mondiale e direttore d’orchestra, naturalizzato
statunitense. Scrisse 13 preludi op.32, 2 raccolte di Etudes-tableaux, 2 sonate per pianoforte, 4 concerti e la
Rapsodia su un tema di Paganini per pianoforte e orch.op.43
- Aleksandr Scriabin (Mosca,1872-1915), dopo gli studi al cons.di Mosca iniziò la carriera come pianista, ma
dal 1904 si dedicò interamente alla composizione, prevalentemente per pianoforte e orch. Per orchestra: 3
sinfonie, Il poema dell’estasi, Prometeo o il poema del fuoco con pianoforte, organo, coro e “clavier a
lumiere”; per pianoforte: 10 sonate, 19 “poemi”, 26 studi, 90 preludi (tra cui i 24 op.11) valzer, mazurche,
notturni. Il suo pianismo rivela l’influenza di Liszt e Chopin. Il traguardo a cui tendeva era la creazione di
un’opera in cui si fondessero musica, poesia, danza, colori, luce e profumi
Figlio di un ing.minerario, ebbe le prime lezioni di pianoforte dalla madre. Entrò nella facoltà di diritto a
S.Pietroburgo e frequentò il conservatorio. Ottenne la cattedra di armonia. Sposò un’ex allieva, ma fu
un’unione disastrosa. Grazie agli aiuti economici di una ricca ammiratrice, ebbe modo di dedicarsi interamente
alla composizione. Si fece apprezzare anche come direttore d’orchestra
- per il teatro: 10 opere, tra cui Eugenio Oneghin (1879), Mazeppa, La dama di picche, tutte e tre su libretto
proprio e di soggetto tratto da Puskin. Le sue opere sono del tipo italiano che dà importanza al canto e
all’espressione melodica. 3 balletti: Il lago dei cigni (1877), La bella addormentata (1890), Lo
schiaccianoci (1892). I balletti, segnarono la nascita del balletto sinfonico
- per orchestra: 6 sinfonie, tra cui la n.1 “Sogni d’inverno”, la n.2 “Piccola Russia”, la n.3 “Polacca”, la n.6
“Patetica”; l’ouverture-fantasia Romeo e Giulietta, la fantasia Francesca da Rimini, il Capriccio italiano,
l’ouverture 1812; 3 concerti per pianoforte e orch (il n.3 ha un tempo solo), il concerto per violino e orch.
Le sinfonie dimostrano una grande forza comunicativa. Mancò nello sviluppo organico dei temi, ma ebbe
grande intuito per gli effetti orchestrali e una melodia fluida e di alto senso drammatico. I concerti per
pianoforte richiamano il virtuosismo di Liszt
- altre composizioni: 3 quartetti per archi, un trio con pianoforte; pianistica, tra cui Le stagioni e L’album dei
fanciulli; corale sacra e profana; melodie per canto e pianoforte
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La sua musica esprime la fase finale del romanticismo europeo, quella delle eleganze decadentistiche e
patetiche. La spontaneità di Ciaikovski è grande pregio, ma anche limite, perché l’effusione lirica a volte cade
nel languore, e gli accenti vigorosi diventano enfasi
COMPOSITORI NAZIONALI IN BOEMIA, NORVEGIA, FINLANDIA E SPAGNA
La Boemia
Era parte dell’impero austriaco. Nel 1848 scoppiarono moti rivoluzionari. I Cechi non rivendicavano
l’indipendenza, ma condizioni di parità con gli altri popoli sotto gli Asburgo. Vantava solide tradizioni
musicali. Gli esponenti più noti del nazionalismo musicale boemo furono
- Bedrich Smetana (1824-1884), partecipò ai moti rivoluzionari e fondò una scuola con l’aiuto economico di
Liszt. Fu critico e poi direttore del teatro nazionale. Divenuto sordo, si dedicò alla composizione. Le opere
teatrali più note sono La sposa venduta, Dalibor e Libusi. La creazione più nota è il ciclo sinfonico La mia
patria, con la seconda sinfonia Moldava. Lasciò anche composizioni pianistiche in forma di danza, e da
camera, tra queste il Quartetto “della mia vita”. Profondamente influenzato dal sinfonismo post-
beethoveniano (Schumann e Liszt), fuse insieme alla tradizione elementi etnici, in particolare le danze
popolari
- Antonin Dvorak (1841-1904), mentre studiava in cons, si guadagnava da vivere suonando in orchestra.
Studiò anche a Vienna, dove conobbe Brahms. Raggiunse il successo con le Danze slave per pianoforte a 4
mani e con lo Stabat Mater. Dal 1892 al 1895 diresse il cons.di New York. Lasciò una copiosa produzione,
tra cui 10 opere, con la più nota Rusalka (=l’ondina,1901), che però denunciano una debolezza drammatica;
più apprezzata la musica sinfonica: 9 sinfonie, la più conosciuta è l’ultima Dal nuovo mondo, con l’impiego
di melodie indiane e negre, 3 Rapsodie slave, Suite ceca, un concerto per pianoforte, uno per violino, uno
per violoncello; numerose le composizioni per coro a cappella con orch, tra cui lo Stabat Mater, il Requiem
e il Te Deum; 17 quartetti per archi
L’Europa settentrionale
Niels Gade (1817-1890) Nielsen (1865-1931) in Danimarca, Franz Berwald (1796-1868) in Svezia, Stanislaw
Moniusko (1819-1872) in Polonia, Grieg in Norvegia e Sibelius in Finlandia. Tutti di formazione tedesca,
innestarono nelle loro composizioni elementi popolari della propria terra. Solo Grieg e Sibelius lasciarono
durevoli impronte
- Edvard Grieg (Bergen,1843-1907) studiò nel cons di Lipsia, allievo di Moscheles, Richter e Reinecke. Ebbe
contatti con Gade. Valido didatta, fondò una scuola musicale e la pensione accordatagli dal governo gli
permise di comporre. Musica sinfonica: le musiche di scena per il dramma Peer Gynt di Ibsen (da cui trasse
2 suites), l’Holberg suite, la Suite Lirica, le Danze sinfoniche, il noto concerto in La min per pianoforte e
orch. Per pianoforte la sonata op.7, Danze e canti norvegesie soprattutto i 66 Pezzi lirici composti tra il
1867 e il 1901. Compose anche 2 quartetti e sonate per violino/violoncello e pianoforte. Utilizzò canti e
danze contadine, sopratto le “slatter”. La sua progredita scrittura armonica interessò e influenzò Debussy
- Jan Sibelius (1865-1957) completò a Helsinki gli studi musicali. Insegnò al cons fino al 1910. La pensione
concessa dal governo gli permise di ritirarsi a comporre. Tra le sue composizioni, un’opera, una cantata per
soli coro e orch, 7 sinfonie, un concerto per violino e orch, Lieder. Le sue creazioni nazionali sono una
decina di poemi sinfonici ispirati al Kalevala il poema nazionale finlandese, tra cui Finlandia op.26. Non
utilizzò materiale sono popolare, ma non per questo i suoi quadri sonori sono meno rappresentativi della sua
terra
La Spagna
Dopo la fioritura polifonica e la musica strumentale per vihuela, la Spagna, escludendo Scarlatti e Boccherini
rimase estranea allo sviluppo musicale. Intorno alla metà del XIX sec. il genere preferito era la zarzuela,
spettacolo teatrale simile al singspiel, in cui le parti cantate erano influenzate dal canto operistico italiano e
francese. La scuola nazionale spagnola si avvalse dei nomi di compositori di origine catalana, ma residenti
all’estero, Parigi in particolare
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- Felipe Petrell (1841-1922), iniziatore della rinascita musicale spagnola, compose una trilogia operistica,
Los Pireneus, fu autore di studi storici e saggi sulla tradizione musicale spagnola
- Isaac Albeniz (1860-1909), dalle spiccate doti pianistiche, studiò a Parigi, Lipsia e Bruxelles. Dal 1880
iniziò a inserire proprie composizioni nei programmi dei concerti che eseguiva. Compose alcune opere
teatrali, ma il suo nazionalismo si nota nella musica per pianoforte, coi 12 pezzi di Iberia, i 12 Piezas
caracteristicas, i Requerdos de la viaie, la suite espanola, i 6 fogli d’album di Espana
- Enrique Granados (1867-1918) studiò a Barcellona e Parigi e divenne concertista. Alternò l’attività di
pianista a quella di compositore. Il suo capolavoro è l’opera Goyescas. Per pianoforte 17 Danzas espanolas,
3 Escenas poeticas, 6 Escenas romanticas. Il suo stile è più semplice e meno originale di quello di Albeniz,
soprattutto nel linguaggio armonico. Insoliti però gli effetti che seppe trarre dalla tecnica pianistica
La seconda generazione di musicisti delle scuole nazionali non si limitò a utilizzare materiale sonoro etnico, ma
riuscì a farlo proprio assorbendo l’essenza della propria terra d’origine. Tra questi il polacco Szymanowski, il
brasiliano Villa-Lobos, il messicano Chavez, oltre a
- Leos Janacek (1854-1928), nato in Moravia, si formò alla scuola d’organo di Brno, si perfezionò a
S.Pietroburgo, Lipsia e Vienna. Insegnò composizione e fece attività critica. Tra le opere teatrali si ricorda
Jenufa, I viaggi del signor Brucek, Da una casa di morti. Tra le composizioni orchestra la Sinfonietta.
Pubblicò 11 raccolte di canti popolari
- Manuel de Falla (1876-1945) di Cadice, fu allievo di Pedrell. Le maggiori composizioni sono 7 canciones
populare espanolas, il balletto El sombrero de tres picos, le Notti nei giardini di Spagna per pianoforte e
orch (1915), il concerto per clavicembalo e 5 strumenti
- Zoltan Kodaly (1882-1967), ungherese, iniziò nel 1905 insieme a Bartok un lavoro di ricerca sul canto
popolare magiaro. Viaggiò a Berlino e a Parigi. Le brillanti composizioni per orch. più note sono le Danze
di Marosszek e le Danze di Galanta, ma le sue qualità liriche emergono nei lavori vocali, come nel Psalmus
Hungaricus per tenore, coro e orch. e nei lavori teatrali, tra cui Filanda magiara. La sua produzione fu
improntata al linguaggio della musica contadina ungherese
- Bela Bartòk (1881-1945) nacque in Transilvania (allora ungherese). Iniziò lo studio del pianoforte con la
madre, proseguì a Bratislava, poi a Budapest. Si occupò di etnomusicologia con Kodaly. A causa della
situazione politica si traferì negli USA. Per pianoforte: 14 bagatelle, vari adattamenti di canti popolari
ungheresi, Allegro Barbaro, l’importante opera didattica Mikrokosmos; da camera: 2 sonate per violino e
pianoforte, 2 rapsodie per violino e pianoforte, sonata per 2 pianoforti e percussione, 6 quartetti per archi
(tra le sue opere più significative); per orchestra: il poema sinfonico Kossuth, 2 Ritratti, 2 Images, Musica
per archi, celesta e percussione, un concerto per violino e orch, un concerto per 2 pianoforti e orch,
rapsodia per pianoforte e orch; lavori teatrali: il balletto Il principe di legno, l’opera in un atto Il castello del
principe Barbablu, il balletto in un atto Il mandarino meraviglioso; composizioni vocali: la cantata profana
I cervi fatati, melodie per voce e pianoforte
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TESI XXXII: sguardo riassuntivo alle forme di musica svoltesi dalla fine del ‘500 in poi
Musica vocale sacra
Sopravvivono le forme delle composizioni richieste dall’esercizio del culto (messe e parti di messe, salmi,
Magnificat, vedi TESI XI, XII, XV). Assumono lo stile concertante, per soli, coro e orch. Nascono, in stile
monodico, l’oratorio cattolico e la cantata luterana da chiesa (TESI XV)
L’opera italiana
Nacque a Firenze alla fine del ‘500. Nel ‘600 le 3 scuole: romana, veneziana, napoletana (TESI XVI e XVII).
Nel ‘700 l’opera napoletana diventa europea, distinzione tra opera seria e buffa (TESI XVIII). Nell’800 il
grande melodramma italiano (TESI XXII)
La musica strumentale
Nel ‘500 e primo ‘600: trascrizioni da musiche polifoniche vocali e composizioni cembalo-organistiche (TESI
XXIV)
Nel ‘600: la suite, le sonate da chiesa e da camera (TESI XXV)
Nel ‘700: la sonata solistica e il concerto barocco. La sonata, il concerto e il quartetto classici (TESI XXVI)
Nell’800: sono ancora coltivate le forme classiche, ma si affermano il poema sinfonico (per orch) e tutte le
forme derivate dal Lied per pianoforte (TESI XXIX)
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