Lucrezio - Metus Mortis

Scarica in formato pdf o txt
Scarica in formato pdf o txt
Sei sulla pagina 1di 2

Lucrezio, De rerum natura, III, 31-93: come liberarsi dalla paura della morte

di Raffaella Di Meglio

Testo Traduzione
Et quondam docui, cunctarum exordia rerum Poiché dunque ho illustrato quali siano i primordi di tutte le cose,
qualia sint et quam variis distantia formis e quanto diversi fra loro per molteplici forme
sponte sua volitent aeterno percita motu volteggino per forza spontanea sospinti in un moto perenne,
quove modo possint res ex his quaeque creari, e in che modo ogni corpo si possa formare da essi,
hasce secundum res animi natura videtur 35 sviluppando il mio tema mi sembra si debba chiarire
atque animae claranda meis iam versibus esse ormai nei miei versi la natura dell’animo e dell’anima,
et metus ille foras praeceps Acheruntis agendus, e volgere in rapida fuga quel folle timore dell’Acheronte
funditus humanam qui vitam turbat ab imo che tutta dal fondo sconvolge l’umana esistenza,
omnia suffundens mortis nigore neque ullam coprendo ogni cosa del tetro colore della morte,
esse voluptatem liquidam puramque relinquit. 40 e non lascia più esistere gioia limpida e pura.
Nam quod saepe homines morbos magis esse timendos Quanto al fatto che gli uomini spesso proclamano i morbi
infamemque ferunt vitam quam Tartara leti e il disonore più temibili che l’Inferno e la morte,
et se scire animi naturam sanguinis esse e di sapere che la natura dell’anima è fatta di sangue,
aut etiam venti, si fert ita forte voluntas, [46] oppure di vento, se per caso pretenda così il loro arbitrio,
nec prorsum quicquam nostrae rationis egere, 45 [44] e che dunque per nulla abbisognano della nostra dottrina,
hinc licet advertas animum magis omnia laudis [45] di qui tu potrai riconoscere la boria vanesia,
iactari causa quam quod res ipsa probetur. anziché la certezza fondata sull’essenza del vero.
Extorres idem patria longeque fugati Quelli stessi, banditi dalla patria, cacciati lontano
conspectu ex hominum, foedati crimine turpi, dal cospetto degli uomini, bollati da un’accusa infamante,
omnibus aerumnis adfecti denique vivunt, 50 oppressi da tutte le pene, continuano a vivere,
et quocumque tamen miseri venere parentant e dovunque essi giungono, miseri, immolano ai loro defunti,
et nigras mactant pecudes et manibu’ divis e sgozzano pecore nere, offrono doni votivi
inferias mittunt multoque in rebus acerbis agli dei tutelari, e nell’ora della sventura rivolgono
acrius advertunt animos ad religionem. con ansia più acerba l’animo verso la religione.
Quo magis in dubiis hominem spectare periclis 55 Tanto più è necessario che l’uomo si giudichi nei rischi dubbiosi,
convenit adversisque in rebus noscere qui sit; e che la sua qualità si conosca nell’avversa fortuna;
nam verae voces tum demum pectore ab imo allora gli accenti più veri, infine, dal profondo del cuore,
eliciuntur <et> eripitur persona, manet res. erompono, la maschera cade, rimane l’essenza.
Denique avarities et honorum caeca cupido Infine l’avidità e la cieca brama di onori,
quae miseros homines cogunt transcendere finis 60 che spingono i miseri uomini a varcare i confini della legge
iuris et interdum socios scelerum atque ministros e talvolta, compagni e ministri di colpa, a cercare
noctes atque dies niti praestante labore di giorno e di notte con tutte le forze di emergere
ad summas emergere opes, haec vulnera vitae a somma potenza: sono queste le piaghe
non minimam partem mortis formidine aluntur. della vita, in gran parte nutrite dal terrore della morte.
Turpis enim ferme contemptus et acris egestas 65 Infatti di consueto il turpe disprezzo e la dura povertà
semota ab dulci vita stabilique videtur appaiono remoti da una vita stabile e soave,
et quasi iam leti portas cunctarier ante; e quasi già sostare davanti alla soglia della morte;
unde homines dum se falso terrore coacti per cui mentre gli uomini, costretti da un vano terrore,
effugisse volunt longe longeque remosse, vorrebbero essere fuggiti lontano e lontano sottrarsi,
sanguine civili rem conflant divitiasque 70 con il sangue civile ammassano beni, la loro ricchezza
conduplicant avidi, caedem caede accumulantes; raddoppiano avidi, accumulando stragi su stragi;
crudeles gaudent in tristi funere fratris crudeli gioiscono d’un triste lutto fraterno,
et consanguineum mensas odere timentque. e odiano e temono il desco dei loro congiunti.
Consimili ratione ab eodem saepe timore In simile modo e spesso per lo stesso timore,
macerat invidia ante oculos illum esse potentem, 75 li macera l’invidia che un altro sia potente alla vista di tutti,
illum aspectari, claro qui incedit honore, e un altro sia rimirato al suo incedere fra splendidi onori,
ipsi se in tenebris volvi caenoque queruntur. mentre essi si lamentano di voltolarsi nel fango e nelle tenebre.
Intereunt partim statuarum et nominis ergo; Alcuni si struggono per il desiderio di statue e di gloria,
et saepe usque adeo, mortis formidine, vitae e spesso a tal punto, per timore della morte, afferra
percipit humanos odium lucisque videndae, 80 gli uomini l’odio della vita e della visione della luce,
ut sibi consciscant maerenti pectore letum, che essi stessi con animo angosciato si danno la morte,
obliti fontem curarum hunc esse timorem, dimentichi che la causa degli affanni è proprio questo timore;
hunc vexare pudorem, hunc vincula amicitiai ciò tormenta la dignità, spezza i vincoli dell’amicizia,
rumpere et in summa pietatem evertere suadet. e spinge a sconvolgere il sentimento stesso della pietà.
Nam iam saepe homines patriam carosque parentis 85 Spesso in passato gli uomini hanno tradito la patria
prodiderunt, vitare Acherusia templa petentes. e i cari genitori per cercare di sfuggire ai templi dell’Acheronte.
Nam veluti pueri trepidant atque omnia caecis Infatti come nelle cieche tenebre i fanciulli trepidano,
in tenebris metuunt, sic nos in luce timemus spaventati da ogni cosa, così nella luce noi talvolta
interdum, nilo quae sunt metuenda magis quam temiamo cose che non sono affatto più paurose
quae pueri in tenebris pavitant finguntque futura. 90 di quelle che i fanciulli paventano nelle tenebre, immaginandole
[imminenti.
Hunc igitur terrorem animi tenebrasque necessest Questo terrore dell’animo, dunque, e queste tenebre occorre
non radii solis neque lucida tela diei che siano dissipate non dai raggi del sole o dai lucenti
discutiant, sed naturae species ratioque. dardi del giorno, ma dalla visione e dalla scienza della natura.

Testo e traduzione tratti da: Tito Lucrezio Caro, La natura delle cose, BUR (traduzione di Luca Canali)

Potrebbero piacerti anche