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Questi metodi di calcolo devono produrre il medesimo risultato, perché la spesa dei
compratori di un prodotto è identica al ricavo dei venditori e ogni transazione che
in uenza il reddito deve in uenzare anche la spesa, e viceversa.
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Il PIL misura solo il valore dei beni nali e di produzione corrente.
• nali, perchè il valore del bene intermedio è incorporato nel prezzo di mercato del
bene nale (aggiungere il valore intermedio a quello nale comporta una doppia
contabilizzazione).
• corrente, perchè ad esempio la vendita di un’autovettura usata rappresenta il
trasferimento di un patrimonio e non un aumento del reddito del sistema economico
(dunque la vendita di beni usati non rientra nel computo del PIL).
IL VALORE DI IMPUTAZIONE
Alcuni beni e servizi non vengono scambiati in un mercato e, perciò, non hanno un
prezzo di mercato. Per fare in modo che il PIL includa anche quest’ultimi, se ne deve
stimare il valore. La stima viene detta valore di imputazione.
Poichè i valori di imputazione necessari per il corretto computo del Pil sono
approssimativi rendono il PIL una misura imprecisa, e questa imprecisione diventa
problematica quando si mette a confronto il tenore di vita in paesi diversi. Tuttavia
rimane una statistica ef cace per valutare l’evolversi dell’attività economica da un
anno all’altro.
Il PIL REALE rappresenta una misura migliore del benessere economico rispetto al PIL
NOMINALE che è il valore totale dei beni e dei servizi misurato ai prezzi correnti.
In ne, la spesa per consumi nali include anche una voce relativa all’effetto netto del
turismo.
2. LA FORMAZIONE LORDA DI CAPITALE
è l’investimento totale, cioè quella parte della spesa che ha come nalità la produzione o il
consumo futuri.
Si suddivide in due sottocategorie:
• INVESTIMENTO FISSO LORDO che si suddivide ulteriormente in:
1. investimento sso delle imprese: corrisponde all’acquisto di nuove fabbriche o nuove
attrezzature da parte dell’impresa;
2. investimento sso delle amministrazioni pubbliche: comprende la costruzione di
scuole, autostrade ed alte infrastrutture;
3. investimento sso residenziale: è dato dall’acquisto di nuovi immobili.
• INVESTIMENTO IN SCORTE è pari all’aumento delle scorte delle imprese.
3. ESPORTAZIONI NETTE
Corrispondono al valore dei beni e dei servizi esportati in altri paesi, meno il valore dei
beni e dei servizi importati da altri paesi.
Il valore delle esportazioni nette è positivo se il valore delle esportazioni è maggiore del
valore delle importazioni; è negativo in caso contrario.
Y = C + I + G + NX
ALTRE MISURE DEL REDDITO (PNL — PNN)
Il PRODOTTO NAZIONALE LORDO (PNL) misura il reddito aggregato dei residenti nel
paese (es. se un cittadino olandese possiede un appartamento in Italia, la rendita che ne
ricava è parte del Pil italiano, perché è realizzato in Italia; ma essendo il reddito di un
non residente, non fa parte del prodotto nazionale lordo italiano ma entra invece nel
computo del piano nazionale lordo olandese).
Si calcola aggiungendo al PIL il reddito guadagnato all’estero dai residenti del paese e
sottraiamo il reddito guadagnato nel paese dai non residenti.
Es. Il consumatore acquista ogni mese 5 mele e 2 pere: il paniere di beni consiste in 2
pere e 5 mele e l’IPC è:
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Quando il prezzo dei beni importati aumenta rispetto al prezzo dei beni prodotti
all’interno, l’IPAC aumenta più velocemente del De atore del PIL (es. crisi petrolifere
1974, 1980 e crisi Ucraina e Russia).
Gli economisti chiamano:
• indice di Laspeyres un indice dei prezzi calcolato un un paniere sso;
• indice Paasche un indice dei prezzi calcolato su un paniere variabile.
I PROBLEMI DEI DUE INDICI:
L’IPC che è un indice di Laseyres, utilizza un paniere sso di beni e ignora la possibilità
che il consumatore possa sostituire un bene con un altro più economico;
Il De atore del PIL che è un indice di Paasche, non rileva l’aumento del prezzo del bene.
IL TASSO DI DISOCCUPAZIONE
Il TASSO DI DISOCCUPAZIONE è la statistica che rileva la percentuale degli individui
che non hanno un’occupazione.
Questo metodo però, è soggetto alle variazioni della normativa che regola l’accesso ai
sussidi di disoccupazione (es. supponiamo che il governo voglia limitare la spesa sociale,
e stabilisce delle regole più severe per l’accesso a tali indennità, in modo che il numero
degli aventi diritto al sussidio diminuisca: a seguito di tale provvedimento, si riduce
anche il tasso di disoccupazione, anche se non è cambiato né il numero degli occupatine il
numero dei disoccupati).
Un metodo di calcolo più af dabile è la misura di disoccupazione sulla base di indagini
campionarie periodiche effettuate attraverso questionari, ed è denominata Labour Force
Survey (viene condotta trimestralmente e interessa circa 60.000 nuclei familiari).
Sulla base delle risposte, ogni adulto viene classi cato in una delle seguenti categorie:
• Occupato (è considerata occupata una persona che nella settimana precedente
l’intervista ha lavorato a tempo pieno o parziale in un’occupazione remunerata);
• Disoccupato (colui che non ha un’occupazione ma è in cerca di lavoro);
• Non partecipante alla forza lavoro (ovvero che non rientra in una delle due categorie
precedenti e quindi non lo fa parte della forza lavoro).
assodasocciparone
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Coe anche
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CAPITOLO 3: IL REDDITO NAZIONALE
COSA DETERMINA LA PRODUZIONE
La produzione determina:
• la domanda di beni: C + I + G + NX
• l’offerta di beni: decisioni delle imprese
ma per produrre beni e servizi occorrono fattori di produzione, che sono:
• capitale (K), costituito da tutti gli attrezzi e gli utensili che i lavoratori utilizzano;
• lavoro (L), costituito dal tempo che gli individui dedicano all’attività.
La funzione di produzione
Y= F(K,L)
stabilisce che la produzione aggregata è una funzione della quantità di capitale e di
lavoro e descrive la tecnologia disponibile per trasformare capitale e lavoro in beni e
servizi (IL PROGRESSO TECNOLOGICO INFLUENZA LA FUNZIONE DI PRODUZIONE).
Infatti per comprendere il processo di evoluzione che ha portato dalla moneta merce
all’utilizzo della monta a corso legale, dobbiamo focalizzarci su queste due
caratteristiche.
Usare la moneta merce richiede più tempo ed è più costosa (veri ca del peso, della
purezza), per ridurre questi tempi lo Stato conia monete di peso e purezza garantiti. Per
questo le monete sono più facili da utilizzare (il loro valore è riconosciuto da tutti).
In un’economia che utilizza una moneta merce, l’offerta è pari alla quantità disponibile di
quella merce.
In un’economia che utilizza una moneta a corso legale, l’offerta di moneta è controllata
dallo Stato.
Il controllo esercitato sull’offerta di moneta è detta POLITICA MONETARIA.
Quindi:
UN SISTEMA BANCARIO A RISERVA TOTALE
I depositi che le banche ricevono e non impiegano sono chiamate RISERVE.
Ipotizziamo che nella nostra economia tutti i depositi siano trattenuti come riserva.
In questo caso le banche accettano i depositi, mettono il denaro a riserva e ve lo lasciano
nché il depositante lo preleva emette un assegno. Questo sistema è detto SISTEMA
BANCARIO A RISERVA TOTALE.
rr = R/D DEPOSTA
Reserve
• TASSO DI RIFINANZIAMENTO:
È il tasso a cui la Banca Centrale presta denaro alle altre banche, per invogliare le banche
commerciali a prendere riserve a prestito. La Banca Centrale può abbassare il tasso di
ri nanziamento o lo può alzare se desidera il contrario;
Se aumenta il tasso di ri nanziamento, l’offerta si contrae perchè le banche non vogliono
indebitarsi ulteriormente;
Se abbassa il tasso di ri nanziamento, le banche aumentano gli impieghi perchè sanno di
potersi indebitare a basso costo.
• OBBLIGHI DI RISERVA:
La Banca Centrale può imporre alle altre banche di detenere una quota minima dei propri
depositi in forma di riserva presso conti nella stessa banca centrale. Gli obblighi di
riserva determinano la quantità di moneta che il sistema bancario può creare con ogni
euro di depositi raccolto:
• se gli obblighi di riserva aumentano, le banche commerciali devono detenere una
maggiore quantità di riserve, e devono quindi ridurre gli impieghi che possono
effettuare per ogni euro di depositi (l’offerta di moneta si contrae);
analogamente,
• Una diminuzione degli obblighi di riserva riduce il rapporto riserve/depositi e provoca
un’espansione dell’offerta di moneta.
NOTA
• aumentare B (e quindi M): politica monetaria espansiva
• ridurre B (e quindi M): politica monetaria restrittiva
PERCHÉ UNA CRISI DEL SISTEMA BANCARIO PUÒ PROVOCARE UN CROLLO DELL’OFFERTA DI MONETA
In un sistema bancario a riserva frazionarie la quantità di moneta nell’economia
dipende in parte dal comportamento dei depositanti e delle banche.
Dato che la Banca centrale non può controllare o prevedere tali comportamenti non può
neppure avere un controllo assoluto sull’offerta di moneta.
Per capire in che misura questo dato di fatto possa rappresentare un problema per il
controllo dell’offerta di moneta, supponiamo che a un certo punto gli individui perdano
ducia nel sistema bancario e, di conseguenza, decidano di attingere ai propri depositi e
detenere una parte maggiore della propria ricchezza in forma liquida: se questo si
veri ca, il sistema bancario perde riserva e crea meno moneta; l’offerta di moneta
diminuisce anche se la banca centrale non interviene.
Nel caso in cui, i banchieri, diventino improvvisamente più cauti e decidono di concedere
meno prestiti e detenere maggiori riserve, il sistema bancario creerà meno moneta e, a
causa della decisione delle banche commerciali, l’offerta di moneta si contrae.
CAPITOLO 5: L’INFLAZIONE
LA TEORIA QUANTITATIVA DELLA MONETA
La TEORIA QUANTITATIVA DELLA MONETA spiega in che modo la moneta in uenzi il
sistema economico nel lungo periodo.
La quantità di moneta è strettamente correlata alle somme che vengono scambiate nel
corso delle transazioni.
MxV=PxT
moneta x velocità = prezzo x transazioni
M: è la quantità di moneta;
V: è la velocità di circolazione della moneta rispetto alle transazioni, e ci dice quante volte
una unità di moneta (euro) cambia di mano in un dato periodo di tempo.
V = PT/M
Tale equazione è utile perché dimostra che se una delle variabili varia, una o più degli
altri devono necessariamente variare per mantenere l’eguaglianza.
LA VELOCITÀ È FISSA/COSTANTE.
MxV=PxY
moneta x velocità = prezzo x produzione aggregata
Può essere riscritta, perché il numero delle transazioni è dif cile da misurare e per
risolvere tale problema, T viene sostituito con la produzione aggregata Y.
IL SIGNORAGGIO
L’aumento dell’offerta di moneta provoca l’in azione.
Il rapporto tra il tasso di interesse reale (r), il tasso di interesse nominale (i) e il tasso di
in azione (π) può essere descritto come:
r=i—π
i=r +π
Scritta in questo modo è nota come EQUAZIONE DI FISHER.
Secondo l’equazione di Fisher, un aumento dell’1% del tasso di in azione provoca a sua
volta un aumento dell’1% del tasso di interesse nominale. Questa relazione viene
chiamata effetto di Fisher.
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• il tasso di interesse EX POST, ovvero il tasso di interesse reale che effettivamente si
realizza
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Se l’in azione effettiva IT si discosta dall’in azione attesa17º, i due tassi sono tra loro
differenti.
L’in azione attesa e quella effettiva modi cano l’effetto di Fisher, poiché il tasso di
interesse nominale non può adeguarsi all’in azione effettiva, dato che essa non è
conosciuta. Perciò l’effetto di Fisher può essere scritto come:
i Te
LA DOMANDA DI MONETA
Il tasso di interesse nominale rappresenta il costo-opportunità di detenere moneta in
forma liquida. Dunque, è lecito aspettarsi che la domanda di moneta dipende dal tasso di
interesse nominale. In questo caso, il livello dei prezzi dipende sia dalla quantità corrente
di moneta sia dalla quantità di moneta attesa per il futuro.
I COSTI DELL’INFLAZIONE
• “distorsione nei prezzi relativi”: dovendo sostenere i “costi di listino”, le imprese non
modi cano i prezzi continuamente, perciò, quanto più è elevata l’in azione, tanto più
variabili sono i prezzi relativi;
• “ scal drag”: le aliquote delle imposte sul reddito sono sse per lunghi periodo di
tempo e progressive, inoltre si applicano a redditi nominali; se l’in azione è forte, il
reddito nominale aumenta e si viene tassati di più (ma il reddito reale magari non è
cambiato);
• il quinto costo dell’in azione è la scomodità di vivere in un mondo in cui il livello dei
prezzi cambia continuamente.
Se l’in azione non è correttamente prevista, creditori e debitori possono subire costi o
godere di vantaggi in modo squilibrato.
Infatti:
Quanto più variabile è il tasso di in azione, tanto maggiore è l’incertezza che
creditori e debitori devono affrontare.
BENEFICIO DELL’INFLAZIONE
Alcuni economisti ritengono che un in azione moderata, ovvero un tasso di in azione
annuo compreso tra il 2% e il 3% possa essere una buona cosa.
IPERINFLAZIONE
Si de nisce IPERINFLAZIONE un tasso d’in azione che superi il 50% al mese.
(Un tasso di in azione del 50% al mese fa sì che il livello dei prezzi si centuplichi in un
anno e aumenti di due milioni di volte in tre anni.)
Gli economisti concordano sul fatto che fenomeni estremi di in azione comportano per la
società un costo elevato, e da un punto di vista qualitativo, i costi diventano più evidenti
perchè sono più onerosi.
Però, se i prezzi cambiano spesso e drasticamente, per il consumatore diventa dif cile
individuare il prezzo più conveniente. Prima o poi, i costi diventeranno intollerabili e con
il passare del tempo, la moneta perderà la propria funzione; al suo posto si diffonderanno
il baratto e monete non uf ciali più stabili che sostituiranno progressivamente la moneta
uf ciale.
CAUSE DELL’IPERINFLAZIONE
I fenomeni di iperin azione sono dovuti a una crescita eccessiva dell’offerta di moneta:
1. La maggior parte di questi fenomeni si innesca nel momento in cui lo Stato non
dispone di entrate suf cienti per coprire la spesa pubblica.
2. Il governo, pur volendo nanziare l’eccesso di spesa con l’emissione di titoli di debito
pubblico, potrebbe trovarsi nella condizione di non ottenere più credito. A questo
punto, per coprire il disavanzo, al governo non rimane altra strada che stampare
moneta.
3. Il risultato è una rapida crescita dell’offerta di moneta e, di conseguenza,
dell’iperin azione.
4. Una volta che il fenomeno si è avviato, le entrate scali reali diminuiscono
all’aumentare dell’in azione, mettendo il governo nelle condizioni di potersi
nanziare unicamente con il signoraggio.
5. La ne dell’iperin azione di solito, coincide con una riforma scale.
DICOTOMIA CLASSICA
Secondo la teoria macroeconomica classica, la moneta è neutrale: questo signi ca che
l’offerta di moneta non in uenza le variabili reali.
VARIABILI REALI= tutte le variabili misurate in unità siche, come le quantità e i prezzi relativi;
VARIABILI NOMINALI= variabili espresse in termini monetari, come il livello dei prezzi, il tasso di in azione e il salario
nominale.
In un’economia aperta, invece, una parte della produzione viene venduta all’interno dei
con ni nazionali e una parte viene esportata all’estero. In questo caso possiamo
suddividere la spesa (Y) in:
• C , consumo di beni e servizi nazionali;
• I , investimento in beni e servizi nazionali;
• G , spesa pubblica;
• EX, esportazioni.
Y=C+I+G
Il quarto termine EX, è la spesa estera, quindi:
Y = C + I + G + EX
Ma poiché la spesa per le importazioni è compresa nella spesa interna ( C + I + G ) e
poiché i beni importati dall’estero non fanno parte della produzione di un paese, in questa
equazione dobbiamo sottrarre le importazioni.
Y = C + I + G + EX — IM
Riscriviamo l’identità contabile del reddito nazionale come:
Y = C + I + G + NX
De nendo le ESPORTAZIONI NETTE (NX), come la differenza tra esportazioni e
importazioni NX = EX — IM.
disavanzoCON eIctale
esuo È azioni
L’identità contabile del reddito nazionale può anche essere espressa in questo modo:
Esportazioni nette = produzione aggregata — spesa interna
NX = Y — C + I + G
• Se Y > SPESA INTERNA, si esporta la differenza e le esportazioni nette sono positive;
• Se Y < SPESA INTERNA, si importa la differenza e le esportazioni nette sono negative.
S — I = NX
Questa forma mostra come le esportazioni nette di un economia aperta siano uguali alla
differenza tra il risparmio nazionale e l’investimento.
Y = C + I + G + NX
NX = Y — C + I + G
S — I = NX
RISPARMIO E INVESTIMENTO IN UNA PICCOLA ECONOMIA APERTA
Ipotizziamo di trovarci in una piccola economia aperta, ovvero un’economia che:
• non ha un effetto drastico sul tasso di interesse mondiale;
• che i residenti di questo paese hanno pieno e libero accesso ai mercati nanziari
internazionali;
• che il governo non pone dei vincoli all’indebitamento o alla cessione di crediti all’estero.
In questa piccola economia aperta, il tasso di interesse reale “r” deve essere uguale al
tasso di interesse mondiale, r*(ovvero al tasso di interesse reale prevalente nei mercati
nanziari internazionali):
r = r*
I residenti della piccola economia aperta non si indebitano mai a un tasso di interesse:
• superiore ad r*;
• inferiore a r*.
Dunque, il tasso di interesse mondiale determina il tasso di interesse reale nella nostra
piccola economia aperta.
IL MODELLO
Per costruire il modello di una piccola economia aperta dobbiamo adottare tre ipotesi:
1. La produzione aggregata dell’economia, Y, è ssa ed è determinata dai fattori di
produzione e dalla funzione di produzione:
Y = F(K, L)
C = C(Y- T)
1. L’investimento I, è inversamente correlato con il tasso di interesse reale, r:
I = I(r)
Dato che l’identità contabile del reddito nazionale è NX= S — I è che il tasso di interesse
sia uguale al tasso di interesse mondiale, otteniamo:
S — I(r*) = NX
Questa equazione dimostra che il saldo commerciale NX dipende dalle variabili che
determinano il risparmio S e l’investimento I.
Poiché il risparmio dipende dalla politica scale (G e T) e l’investimento dipende dal tasso
di interesse mondiale r*, anche il saldo commerciale dipende da queste due variabili.
• Se avviene una diminuzione delle imposte, l’abbattimento della pressione scale riduce
T (imposte), e accresce il reddito disponibile, tutto ciò stimola il consumo e riduce il
risparmio nazionale. Dato che NX = S — I, la diminuzione del risparmio nazionale
implica un abbassamento di NX.
Il cambiamento all’interno della piccola economia aperta dipende dalle dimensioni dei
paesi che decidono di aumentare la spesa pubblica;
• Se i paesi sono di modeste dimensioni, il cambiamento della loro politica scale non ha
che un effetto trascurabile sugli altri paesi;
• Ma se si tratta di paesi che rappresentano una porzione consistente dell’economia
mondiale, l’aumento della loro spesa pubblica RIDUCE IL RISPARMIO MONDIALE e
provoca un INNALZAMENTO DEL TASSO DI INTERESSE MONDIALE.
L’aumento del tasso di interesse nei mercati nanziari mondiali accresce il costo
dell’indebitamento e perciò, riduce l’investimento nella nostra piccola economia aperta.
Dal momento che il risparmio nazionale non ha subito alcuna variazione, nella piccola
economia aperta il risparmio S è ora superiore all’investimento I(almeno una parte del
risparmio nazionale, quindi, viene impiegata all’estero).
I o re I all’estero provoca un
AVANZO COMMERCIALE
in una piccola economia
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IN
investimentoRispa mio 1 5
GLI SPOSTAMENTI DELLA CURVA DI DOMANDA DI INVESTIMENTO
Consideriamo ora cosa accade alla nostra piccola economia aperta se la curva di domanda
di investimento aumenta.
Un tale spostamento si potrebbe veri care, per esempio, se il governo decidesse di
stimolare l’investimento concedendo sgravi scali.
Tasso
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delladomanda
diinvestimento
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Pertanto, partendo da una condizione di saldo commerciale nullo, un aumento della curva
di investimento provoca un DISAVANZO COMMERCIALE.
TASSI DI CAMBIO
Il tasso di cambio tra due paesi è il prezzo al quale i residenti dei due paesi effettuano
tra loro scambi commerciali.
Quando ci si riferisce al tasso di cambio tra due paesi, abitualmente ci si riferisce al tasso
di cambio nominale.
I tassi di cambio nominali sono riportati ogni giorno nelle pagine economiche dei maggiori
quotidiani.
Detti:
• “e” il tasso di cambio nominale (la quantità di yen per 1€);
• “P” il livello dei prezzi in Francia (in euro);
• “P*” il livello dei prezzi in Giappone (in yen)
• Supponiamo che inizialmente il tasso di cambio reale sia basso. In tale circostanza i
beni nazionali sono relativamente più convenienti dei beni esteri: i residenti del nostro
paese tenderanno ad acquistare meno beni di importazione. Analogamente in altri
paesi i consumatori tenderanno ad acquistare molti beni esportati dal nostro paese.
In conseguenza di tali decisioni di acquisto, il volume delle esportazioni nette del nostro
paese tenderà essere elevato.
• l’opposto accade nel caso in cui il tasso di cambio reale sia elevato: dato che i beni
nazionali sono relativamente meno conveniente, nel nostro paese si tenderà ad
acquistare beni di importazione e, analogamente, i cittadini stranieri tenderanno ad
acquistare in meno beni prodotti nel nostro paese. Perciò le esportazioni nette del
nostro paese saranno basse.
Questa relazione tra esportazioni nette e tasso di cambio reale può essere descritta così:
NX = NX (E )
E NX
• La curva che descrive la relazione tra esportazioni nette e tasso di cambio reale ha
pendenza negativa, perché al diminuire del tasso di cambio reale le esportazioni nette
aumentano;
• La retta S — I (risparmio — investimento) è verticale, perché nel risparmio
nell’investimento dipendono dal tasso di interesse reale.
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Tassoni
L
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Esportazioninette
EFFETTO DI UNA POLITICA FISCALE ESPANSIVA NAZIONALE SUL TASSO DI CAMBIO REALE
L’effetto di una politica scale espansiva a livello nazionale sul tasso di cambio reale
provoca un DISAVANZO COMMERCIALE, perchè ha una riduzione del risparmio nazionale
con corrisponde una diminuzione di S — I e, di conseguenza, di NX.
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EFFETTO DI UNA POLITICA FISCALE ESPANSIVA ESTERA SUL TASSO DI CAMBIO REALE
Una politica scale espansiva all’estero provoca un AVAZO COMMERCIALE, perché un
provvedimento di questa natura natura comporta una diminuzione del risparmio
mondiale, spingendo al rialzo il tasso di interesse mondiale. L’aumento del tasso di
interesse riduce l’investimento interno, facendo aumentare S — I e, di conseguenza, NX.
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CAPITOLO 7: LA DISOCCUPAZIONE
IL TASSO DI DISOCCUPAZIONE NATURALE
Il TASSO DI DISOCCUPAZIONE NATURALE è il valore al quale un sistema economico
tende nel lungo periodo, date tutte le imperfezioni del mercato del lavoro che
impediscono ad alcuni lavoratori di trovare un impiego.
Se de niamo:
L: forza lavoro;
E: numeri di occupati;
U: numero dei disoccupati;
L=U+E
Per individuare le determinanti del tasso di disoccupazione ipotizziamo che la forza lavoro
L sia ssa.
De niamo con:
s = il TASSO DI SEPARAZIONE DEL LAVORO, cioè la frazione di individui occupati che
perdono il lavoro ogni mese;
f = il TASSO DI COLLOCAMENTO DEL LAVORO, cioè la frazione di individui disoccupati
che trova occupazione ogni mese.
fU = sE
Il tasso di disoccupazione di stato stazionario, U/L, dipende dal tasso di separazione s
e dal tasso di collocamento f.
• quanto più elevato è il tasso di separazione, tanto più alto è il tasso di disoccupazione;
• quanto più elevato è il tasso di collocamento, tanto più basso è il tasso di
disoccupazione.
DUE POSSIBILI CAUSE DELLA DISOCCUPAZIONE: RICERCA DI LAVORO E RIGIDITÀ DEI SALARI
Due possibili cause della disoccupazione sono:
1. la ricerca di lavoro;
2. la rigidità dei salari.
1. LA RICERCA DI LAVORO
La ricerca di un posto di lavoro adeguato richiede tempo ed energie, e questo tende a
ridurre il tasso di collocamento.
La disoccupazione provocata dal tempo necessario per trovare una nuova occupazione è
chiamata DISOCCUPAZIONE FRIZIONALE.
In gergo economico una variazione della composizione della domanda di lavoro tra settori
diversi è detta RIALLOCAZIONE SETTORIALE. Essendo la riallocazione settoriale un
processo continuo, e poiché ai lavoratori occorre tempo per passare da un settore
all’altro, c’è sempre una certa quantità di disoccupazione frizionale.
Il con itto tra insider e outsider trova una soluzione diversa in diversi paesi.
In alcuni paesi la contrattazione salariale avviene a livello di impresa, in altri, si svolge a
livello nazionale e vede spesso un coinvolgimento attivo del governo.
3. SALARI DI EFFICIENZA
Le teorie del salario di ef cienza individuano una terza causa della rigidità dei salari.
Secondo queste teorie, i salari elevati rendono i lavorato più produttivi, e questo
potrebbe essere uno dei motivi per cui le imprese non riducono i salari neppure a fronte
di un evidente eccesso di domanda di lavoro.
gli economisti hanno proposto diverse teorie sul rapporto tra salari e produttività del
lavoro.
• una seconda teoria, più aderente alla realtà dei paesi industrializzati, afferma che
salari più elevati riducono il tasso di rotazione dei lavoratori. Un lavoratore può
decidere di lasciare il posto di lavoro per le ragioni più varie per accettare un incarico
meglio retribuito presso un’altra impresa.quanto più alto è il salario che un’impresa
offre ai propri dipendenti, tanto più elevato e loro incentivo ad essere fedeli
• una terza teoria afferma che la qualità media della forza lavoro di un’impresa dipende
dal livello dei salari offerti ai dipendenti: se un’impresa riduce salari, i suoi dipendenti
migliori potrebbero trovare lavoro altrove e all’impresa resterebbero soltanto i
lavoratori peggiori. Gli economisti de niscono questa circostanza sfavorevole
SELEZIONE AVVERSA.
• una quarta teoria che gli alti salari spingono i lavoratori ad impegnarsi di più.
Quest’ultimi possono decidere di lavorare duramente o di battere la acca, rischiando
di essere licenziati. Quello descritto è un esempio di rischio morale, cioè della tendenza
degli individui a non comportarsi correttamente quando il loro comportamento non
viene sorvegliato. Pagando salari più alti, l’impresa può ridurre il problema del rischio
morale.
Molti economisti sono favorevoli ad un ruolo attivo della politica economica per un
motivo chiaro e semplice: le recessioni sono periodi di alta disoccupazione, bassi redditi e
ristrettezze economiche.
Il modello di domanda e offerta aggregata dimostra che gli shock economici possono
provocare recessioni; ma dimostra anche che la politica monetaria e la politica scale
possono prevenire reagendo opportunamente a questi shock.
Gli economisti distinguono tra due tipi di ritardo nella reazione agli interventi di
stabilizzazione:
• ritardo interno: è il tempo che intercorre tra lo shock economico e l’intervento
correttivo, insorge perchè i responsabili delle politiche economiche devono riconoscere
lo shock e individuare i giusti provvedimenti da mettere in atto;
• ritardo esterno: è il tempo che intercorre tra l’attivazione del provvedimento e il
momento in cui questo ha effetto sull’economia, insorge perchè i provvedimenti non
in uenzano immediatamente la spesa, il reddito e l’occupazione.
I ritardi prolungati e imprevedibili associati agli interventi di politica scale e monetaria
rendono più dif cile l’azione di stabilizzazione dell’economia.
I sostenitori di un ruolo passivo affermano che, a causa di questi ritardi, un’ef cace
stabilizzazione dell’economia sia impossibile; anzi i tentativi possono essere
destabilizzanti.
Gli interventi di politica monetaria di fatto spingono l’economia ancora più lontano dal
suo stato stazionario destabilizzandola ancora di più.
I sostenitori di un ruolo attivo della politica economica ammettono che l’esistenza dei
ritardi impone ai responsabili delle politiche economiche una particolare cautela, e dato
che la politica economica in uenza l’economia solo con ritardo, l’evoluzione delle
condizioni economiche è spesso imprevedibile.
Uno degli strumenti più usati per le previsioni economiche sono i modelli econometrici
sviluppati da governi, pubblica amministrazione o da imprese private per la previsione e
l’analisi economica.
Questi modelli dopo aver formulato ipotesi sull’andamento delle variabili esogene (politica
monetaria, scale e il prezzo del petrolio), realizzano previsioni sui tassi di in azione e
disoccupazione.
LA REGOLA DI TAYLOR
La regola di Taylor descrive in che modo le Banche Centrali dovrebbero ssare il tasso
di interesse a breve termine, in funzione degli obiettivi da perseguire in termini di
crescita economica e in azione.
La parte dif cile del compito delle Banche è proprio quello di scegliere il livello del TASSO
UFFICIALE.
In generale, valgono due linee guida:
1. quando l’in azione comincia ad aumentare, anche il tasso di interesse uf ciale deve
aumentare. Un aumento del tasso di interesse uf ciale comporta una riduzione
dell’offerta di moneta e, di conseguenza, una diminuzione dell’investimento, del
reddito, dell’occupazione e del tasso di in azione;
2. quando l’attività economica rallenta, il tasso di interesse uf ciale deve diminuire.
Tale diminuzione comporta un aumento dell’offerta di moneta e, di conseguenza, un
aumento dell’investimento, del reddito e dell’occupazione.
Ma le banche centrali non possono limitarsi a seguire queste semplici regole; devono
anche decidere in quale misura reagire alle variazioni del tasso di in azione.
Per rendere più agevole questa decisione, l’economista Taylor ha proposto una regola
per determinare il tasso di interesse uf ciale:
TASSO DI INTERESSE UFFICIALE =
in azione + 2,0 + 0,5 (in azione — 2,0) — 0,5 (output gap)
L’OUTPUT GAP è pari alla differenza tra il livello naturale stimato del PIL e la misura
rilevata del PIL REALE.
La regola di Taylor stabilisce dunque che il tasso di interesse uf ciale reale debba essere
mmm
determinato in funzione dell’in azione e del differenziale del PIL.
• per ogni punto percentuale di in azione al di sopra del 2%, il tasso d’interesse uf ciale
reale deve aumentare di mezzo punto;
• per ogni punto percentuale di differenza tra il livello naturale del PIL e il PIL REALE
rilevato, il tasso di interesse uf ciale reale deve diminuire di mezzo punto;
• se il PIL REALE aumenta oltre il suo livello naturale, il tasso di interesse uf ciale
reale deve aumentare di conseguenza
dato che la determinazione dei tassi di interesse si basa su delle previsioni di in azione
futura si potrebbe sostenere che una regola di Taylor coerente con una politica di
in azione mirata debba considerare l’in azione prevista, trasformandosi in una regola di
Taylor previsionale:
Nel modello della crescita di Solow, l’offerta di beni si basa sulla funzione di produzione:
Y = F(K,L)
Solow ipotizza che la funzione di produzione abbia rendimenti di scala costanti
(una funzione di produzione è caratterizzata da rendimenti di scala costanti se, per ogni
numero Z positivo);
zY = F(zK, zL)
Y/L = F(K/L, 1)
Questa equazione ci dice che la produzione per occupato Y/L, è una funzione della
quantità di capitale per occupato K/L.
Così, il:
• prodotto per occupato è y = Y/L
• capitale per occupato è k = K/L
Y = F(K,L) y = F(k)
oduzione sei
riusato y
0
PMK
1
• quando k è basso, il lavoratore medio dispone di poco capitale per lavorare e una unità
di capitale aggiuntiva genera una produzione aggiuntiva elevata;
• quando k è elevato, il lavoratore medio dispone già di una dotazione di capitale
adeguata e l’effetto di una unità aggiuntiva di capitale sulla produzione è più contenuto.
Nel modello di Solow la domanda di beni è generata dal consumo per occupato “c” e
dell’investimento per occupato “i”.
y=c+i
Nel modello si ipotizza che ogni individuo risparmi una frazione “s” del proprio reddito e
ne consumi una pari a (1 — s), quindi:
c = (1 — s)y
Per il momento impotizzeremo che il saggio di risparmio “s” sia dato, e sostituiamo
(1 — s)y a “c” nell’identità contabile del reddito nazionale:
y=c+i y = (1 — s)y + i
i = sy
Questa equazione mostra che l’investimento è uguale al risparmio, dunque, il saggio di
risparmio “s” è pari anche alla quota di reddito dedicata all’investimento.
i = sf(k)
Per includere l’ammortamento, dobbiamo ipotizzare che una certa frazione dello stock di
capitale si logori ogni anno (DELTA).
Quindi DELTA indica il tasso di ammortamento.
K i 8K
Poichè l’investimento “i” è uguale a “sf(k)” possiamo scrivere:
K SFIK 8K
• quanto più elevato è lo stock di capitale, tanto più elevati sono il prodotto e
l’investimento;
• tanto più elevato è il capitale, tanto più elevato è anche l’ammortamento
annoiiamento
investimento
i Ehi
i
yopiaeeioufo.tt
Iiiiiiiiiiiiiiiiii no i
Come dimostra la gura esiste un solo livello dello stock di capitale k* per il quale
l’investimento è uguale all’ammortamento.
In corrispondenza di tale livello lo stock di capitale rimane costante nel tempo, perchè
investimento e ammortamento si annullano a vicenda.
Per questa ragione chiamiamo k* il livello di stato stazionario. Una volta raggiunto lo
stato stazionario, un’economia tende a restarvi. Inoltre, un’economia che non si trova in
stato stazionario tende verso questa direzione.
Un aumento del saggio di risparmio provoca un accelerazione della crescita, che però è
solo temporanea, in quanto perdura solo no al momento in cui l’economia raggiunge
nuovamente lo stato stazionario.
Quanto più il saggio di risparmio è elevato, tanto meglio è per l’economia.
Per trovare il consumo per occupato in stato stazionario partiamo dall’identità contabile
del reddito nazionale:
y=c+i
Che riscriviamo come:
c=y—i
Il consumo “c”, non è altro che la differenza tra produzione e investimento.
Sostituendo all’equazione i valori di stato stazionario
• f(k*) a “y”
• Delta k* a “i”
FIKI 8K
Secondo questa equazione, il consumo per occupato si stato stazionario è ciò che rimane
alla produzione di stato stazionario dopo aver pagato l’ammortamento di stato
stazionario.
Questa equazione mostra pure che:
• all’aumentare del capitale, la produzione aumenta;
• all’aumentare del capitale, aumenta anche l’ammortamento.
Nel confrontare diversi stati stazionari, dobbiamo tener ben presente il fatto che un
aumento dello stock di capitale ha un effetto sia sulla produzione che sull’ammortamento.
ROD E SKIMMORTAMENTO
MM Di DI
STATOSTAZIONARIO
IIInano
PRODUZIONEIII
STAZIONARIO
SOTODELFÌN
CAPITALE PER
L DI OCCUPATO DI STATO
TATO STAZIONARIO DI STAZIONARIO K
regola Aurea un Al sopra dello stato
di stazionario
umento del capitale di regola aurea un aumento del capitale
i 5.5 Provoca un di 5.5 Provoca una diminuzione del
Del Consumo Consumo Di 5.5
Di S S
Dato che la pendenza della funzione di produzione corrisponde al prodotto marginale del
capitale PMK, che la pendenza della curva di ammortamento corrisponde a DELTA, e che
le due pendenze sono uguali in corrispondenza di k*gold,
La REGOLA AUREA può essere descritta dall’equazione:
PMK 8
In corrispondenza del livello di capitale di regola aurea, il prodotto marginale del capitale
è uguale al tasso di ammortamento.
LA CRESCITA DEMOGRAFICA
La versione di base del modello di Solow dimostra come l’accumulazione di capitale, da sè,
non possa spiegare una crescita economica sostenuta e persistente: un elevato saggio di
risparmio si traduce temporaneamente in un tasso di crescita sostenuto, ma prima o poi
l’economia raggiunge uno stato stazionario in cui il capitale e la produzione sono
costanti.
Esiste una terza forza che in uenza la quantità di capitale per occupato: L’AUMENTO
DEL NUMERO DI LAVORATORI.
Dobbiamo però, tenere a mente che il numero di lavoratori varia nel tempo.
La variazione dello stock di capitale per occupato è uguale a:
AK i Stm K
CAPITOLO 9: IL MODELLO DI SOLOW
Per introdurre il progresso tecnologico nel modello, dobbiamo partire dalla funzione di
produzione
Y = F(K, L)
Y = F(K, L x E)
Dove “E” è una variabile detta EFFICIENZA DEL LAVORO; se la tecnologia disponibile
migliora, l’ef cienza del lavoro aumenta.
Il progresso tecnologico introdotto nel modello di Solow non provoca un aumento diretto
del numero dei lavoratori, ma fa si che ogni lavoratore sia in grado di produrre una
maggiore quantità di beni e servizi nell’unità di tempo, determinando di conseguenza un
aumento del numero effettivo di lavoratori.
AK SF K ft n tg K
Una volta raggiunto lo stato azionario, il tasso di crescita della produzione per occupato
dipende esclusivamente dal progresso tecnologico.
Secondo il modello di Solow, soltanto il progresso tecnologico può spiegare una crescita
persistente del tenore di vita.
L’introduzione del progresso tecnologico modi ca anche la condizione della regola aurea.
Il livello di apicale di regola aurea si de nisce ora come il capitale di stato stazionario
che massimizza il consumo per occupato effettivo.
C FIKI Stent g K
Il consumo di stato stazionario è massimizzato se:
PMK S mtg
La regola aurea è il criterio di riferimento per valutare l’economia.
Per stabilire se l’economia si trovi nello stato stazionario i regola aurea, dobbiamo
confrontare il prodotto marginale del capitale al netto dell’ammortamento (PMK —
DELTA) con il tasso di crescita del prodotto aggregato (n + g).
Se l’economia dispone di uno stock di capitale inferiore a quello corrispondente allo stato
stazionario di regola aurea, la regola del prodotto marginale decrescente ci dice che
PMK — Delta > n + g, in questo caso un aumento del saggio di risparmio farebbe
convergere l’economia a uno stato stazionario con un più elevato livello di consumo.
COMENellaSCOTS LEZIONE c y I
ooioditeoolaauteaoccottetisoiveteiiseouenieproblema
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e 1
e
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CAPITOLO 10: FLUTTUAZIONI ECONOMICHE
La teoria macroeconomica classica si applica al lungo periodo, ma non al breve.
La maggior parte degli economisti ritiene che la differenza fondamentale tra il breve e il
lungo periodo stia nel comportamento dei prezzi:
• nel lungo periodo i prezzi sono essibili e possono reagire ai cambiamenti dell’offerta
e della domanda;
• nel breve periodo molti prezzi sono vischiosi a livelli predeterminati.
LA DOMANDA AGGREGATA AD
La domanda aggregata (DA) è la relazione tra la quantità domandata e il livello generale
dei prezzi; in altre parole è la quantità di beni e servizi che gli individui desiderano
acquistare per ogni dato livello dei prezzi.
Ha pendenza negativa perché quanto più è elevato il livello dei prezzi P, tanto più basso è
il livello dei saldi monetari M/P. Quindi all’aumentare di P, Y deve necessariamente
diminuire, e viceversa.
P Y
O VICEVERSA
Viiii
Redditoproduzione Y
L’OFFERTA AGGREGATA
AS
L’offerta aggregata (OA) è la relazione tra la quantità di beni e servizi offerti e il livello
dei prezzi.
Dato che le imprese hanno prezzi essibili nel lungo periodo e vischiosi del breve periodo,
la relazione descritta dalla curva di offerta aggregata dipende dall’orizzonte temporale
considerato.
Dobbiamo quindi ipotizzare due curve di offerta aggregata:
• la curva di offerta aggregata di lungo periodo (OALP);
• la curva di offerta aggregata di breve periodo (OABP).
IL LUNGO PERIODO: CURVA DI OFFERTA AGGREGATA VERTICALE
Il livello di produzione dipende dalla quantità di capitale e lavoro, che è ssa, e dalla
tecnologia disponibile (non dal livello generale dei prezzi).
Y = F(K, L) = Y
Se la produzione è costante, la curva di offerta aggregata è verticale.
Nel lungo periodo l’intersezione della curva di domanda aggregata con questa curva di
offerta aggregata verticale determina il livello dei prezzi.
Offertaaggregatadilungoperiodo0dL
agire
IL BREVE PERIODO: LA CURVA DI OFFERTA AGGREGATA ORIZZONTALE
A causa della vischiosità dei prezzi, la curva di offerta aggregata nel breve periodo non è
verticale.
Supponiamo che tutte le imprese abbiano pubblicato un listino prezzi e che per loro sia
troppo costoso emetterne di nuovi; di conseguenza tutti i prezzi sono bloccati ad un
livello predeterminato. Poiché il livello dei prezzi è sso, la curva di offerta aggregata
sarà orizzontale.
Redditoproduzione Y
CAPITOLO 11: LA DOMANDA AGGREGATA: IL MODELLO IS-LM
Nella teoria generale Keynes ha ipotizzato che il reddito totale prodotto da un sistema
economico nel breve periodo sia determinato dai piani di spesa degli individui (imprese,
stato ecc):
• quanto più gli individui desiderano spendere, tanti più beni e servizi le imprese
riescono a vendere;
• quanto più le imprese vendono, tanto più devono aumentare la produzione e assumere
lavoratori.
Per descrivere il modello della croce keynesiana dobbiamo distinguere la spesa effettiva
da quella programmata:
• la spesa effettiva, è la somma di denaro che gli individui spendono per acquistare beni
e servizi;
• la spesa programmata, è la somma che gli individui vorrebbero spendere per
acquistare beni e servizi.
E=C+I+G
Per sempli care, ipotizziamo che la spesa pubblica e le tasse siano ssi, e che
l’investimento sia dato:
C = C(Y — T)
Quindi, la spesa programmata E è:
E = C(Y —T) + I + G
La curva ha pendenza positiva perchè a un più elevato livello d reddito corrisponde un
livello più alto di spesa programmata.
L’ECONOMIA IN EQUILIBRIO
Il secondo elemento della croce keynesiana è l’ipotesi che l’economia si trovi in
equilibrio (spesa effettiva e spesa programmata sono uguali).
Questa ipotesi si basa sull’idea che, se le loro aspettative sono soddisfatte, gli individui
non hanno alcun interesse a modi care lo stato delle cose.
pesfettettiva
io
È
Aedditoo hoioredditopoduzione
Supponiamo che l’economia abbia un PIL superiore al livello di equilibrio.
In questo caso la spesa programmata E è inferiore alla produzione Y, e le imprese vendono meno di quanto
avevano previsto; la produzione venduta va ad incrementare le scorte e l’aumento delle scorte induce le
imprese al licenziare i lavoratori e a ridurre la produzione. Queste azioni riducono il livello del PIL.
Un aumento della spesa pubblica provoca un aumento più che proporzionale del reddito:
in altre parole, DELTA Y è maggiore di DELTA G.
1
G 1 PMC
IL MOLTIPLICATORE DELLE IMPOSTE
Una diminuzione delle imposte di DELTA T fa aumentare il reddito disponibile (Y — T) di
un ammontare di DELTA T e, quindi, il consumo di PMC x DELTA T.
PMC
1 PMC
I = I(r)
Dunque, quanto più elevato è il tasso di interesse, tanto più basso è il livello del reddito,
proprio per questa la curva IS ha pendenza negativa.
La croce keynesiana ci mostra come la variazione della politica scale accresca la spesa
programmata e, quindi, il reddito.
Di conseguenza, una diminuzione della spesa pubblica o un aumento delle imposte,
contraendo la spesa e il reddito, provoca uno spostamento verso sinistra della curva IS.
Lavoielieynesiana inLawnais
sorsoE esse
iiii
p.it iiti
i Ya redonoproduzione ti
iii
È redditooroduzione
CURVA LM E LA TEORIA DELLA PREFERENZA PER LA LIQUIDITA’
La curva LM descrive la relazione che intercorre tra tasso di interesse e livello di reddito
nel mercato dei saldi monetari.
Per comprendere questa relazione partiamo dall’analisi della “teoria della preferenza per
la liquidità”.
Come la croce keynesiana è il fondamento della curva IS, la teoria della preferenza per la
liquidità è il fondamento della curva LM.
• M è l’offerta di moneta;
• P è il livello generale dei pezzi;
• M/P è l’offerta di saldi monetari.
La teoria della preferenza per la liquidità ipotizza che l’offerta dei saldi monetari sia ssa:
M
P
l’offerta di moneta M è una variabile esogena perchè la politica monetaria è stabilita dalla
banca centrale;
Il livello generale dei prezzi P è una variabile esogena, perchè il livello IS-LM , fa
riferimento al breve periodo, quindi i prezzi sono ssi.
QUESTE IPOTESI IMPLICANO CHE L’OFFERTA DI SALDI MONETARI REALI SIA FISSA E,
CHE NON DIPEDA DAL TASSO DI INTERESSE.
Proprio per questo l’offerta di saldi monetari reali è una retta verticale.
Secondo la teoria della preferenza per la liquidità, il tasso di interesse r è una delle
determinanti della quantità di moneta che gli individui desiderano detenere. Se il tasso di
interesse aumenta, gli individui desiderano detenere una quantità inferiore di moneta,
per cui possiamo esprimere la domanda di saldi monetari reali come:
1
I
L(r) sta ad indicare che la quantità domandata di moneta dipende dal tasso di interesse.
La curva di domanda ha pendenza negativa, perché ad un tasso di interesse più elevato
corrisponde una minore quantità di moneta domandata.
L.e.iiiiii I
Per completare l’equazione del modello LM, dobbiamo speci care che il livello di
reddito condiziona la domanda di moneta, perciò a un più elevato reddito è associata
una maggiore domanda di moneta:
L Y
7
r
YELLY THINTG
L i 1
7
Il modello considera la politica scale (T e G), la politica monetaria (M) e il livello dei
prezzi (P) come esogenamente determinati.
EQUILIBRIO DI BREVEPERIODO IS LM
Dueequazioni
IN
LM MI O LIS TI
Duevariabiliendogene
Iii
iEnima.i
erivinsione i IE oa
Questa ipotesi implica che il tasso di interesse di questa economia r, sia determinato dal
tasso di interesse mondiale r* (esogenamente determinato).
r = r*
IL MERATO DEI BENI E LA CURVA IS*
Il modello Mundell-Fleming descrive il mercato dei beni e dei servizi come fa il modello
IS-LM, aggiungendo però le esportazioni nette.
Chiamiamo questa equazione curva IS*, dove l’asterisco serve a rammentarci che si
tratta di una curva IS tracciata per un livello costante r* del tasso di interesse.
L n Y
7
Questa equazione, che chiameremo LM*, può essere rappresentata gra camente con una
retta verticale, perchè il tasso di cambio non compare nell’equazione LM*.
Secondo il modello Mundell-Fleming, una piccola economia aperta con perfetta
mobilità di capitali è descritta da queste due equazioni:
Y C Y T 1 F Gt DX e
L F Y
Il sistema più diffuso è il regime di tassi di cambio uttuanti. In tale regime, il tasso di
cambio può oscillare liberamente al variare delle condizioni economiche.
Quando un evento fa cambiare l’equilibrio nel mercato, il tasso di cambio può variare
facendo spostare l’economia verso un nuovo equilibrio.
UNA PICCOLA ECONOMIA IN REGIME DI TASSI DI CAMBIO FISSI
Il secondo sistema utilizzato è il regime di tassi di cambio ssi. In un sistema di tassi di
cambio ssi la banca centrale è disposta ad acquistare o vendere, in qualunque misura, la
valuta nazionale in cambio di valuta estera a un tasso prede nito.
Per far questo, la banca centrale deve disporre di una riserva di euro (che può sempre
stampare) e di una riserva di un’altra valuta (che deve avere accumulato in precedenza).
REGIME TASSI
FLUTTUANTI FISSI
PROVVEDIMENTO Y e NX Y e NX
ESPANSIONE
FISCALE O O O
ESPANSIONE
MONETARIA
O O O
RESTRIZIONI
COMMERCIALI
O O O
L’IMPOSSIBILE TRINITÀ
L’analisi dei regimi di tassi di cambio ci porta ad una semplice conclusione: è impossibile
che una nazione abbia: perfetta mobilità di capitali, tassi di cambio ssi e una politica
monetaria indipendente.
Un paese deve scegliere un lato del triangolo, rinunciando ciò che è indicato al vertice
opposto.
La storia ha dimostrato che le nazioni possono scegliere, e scelgono, diversi lati del
triangolo.
Il trilemma della politica economica ci dice che nessun paese può sottrarsi a queste
decisioni.
IDIÉOPOPICHE
I
t.ie i
i
I
IL LIVELLO MUNDELL-FLEMING CON LIVELLO DEI PREZZI VARIABILE
Se si ammette la possibilità che il livello dei prezzi vari, il tasso di cambio reale e il tasso
di cambio nominale nelle nell’economia non si muovono più all’unisono.
Denotiamo il tasso di cambio nominale con ;
Il tasso di cambio reale con E.
f
Il tasso di cambio reale sarà: e
Y 4 7 1 F GINA e
L H Y
7
Poiché una diminuzione del livello dei prezzi comporta un aumento dei saldi monetari
reali, la curva LM* si sposta verso destra. Il tasso di cambio reale si deprezza e il
reddito di equilibrio aumenta.
• i provvedimenti di politiche economica spingono la curva di domanda grecata verso
destra;
• i provvedimenti e gli eventi che riducono il reddito, spostano la curva di domanda
aggregata verso sinistra.
la limodellodimundelthenine
Tassodiianoioreale
Iiiii
I
Éiana
un'disoninda tenean
LIVPIIOOPIOera p
ii
0
Y a redditosioduzione
CAPITOLO 14: OFFERTA AGGREGATA E TRADE OFF
I TRE MODELLI DELL’OFFERTA AGGREGATA
I tre modelli dell’offerta aggregata seguono un percorso teorico differente, ma il risultato
è il medesimo: una curva di offerta aggregata di breve periodo descritta dalla seguente
equazione
Y Y app P a 0
• Y è la produzione aggregata;
• Y è il livello naturale della produzione aggregata;
• P il livello dei prezzi;
• Pe il livello atteso dei prezzi.
Il parametro “a” indica la sensibilità della produzione aggregata alle variazioni inattese
del livello dei prezzi;
• 1/a è la pendenza della curva di offerta aggregata.
Per vedere come la vischiosità dei prezzi contribuisca a spiegare la pendenza positiva
della curva di offerta aggregata di breve periodo, dobbiamo implicitamente ipotizzare che
ciascuna impresa abbia un po’ di potere monopolistico in misura tale da permetterle di
determinare il prezzo dei propri prodotti.
p = P + a(Y — Y)
Ipotizziamo ora che ci siano due tipi di imprese:
• alcune hanno prezzi essibili;
• altre hanno prezzi vischiosi.
Le imprese con prezzi vischiosi determinano i prezzi sulla base della seguente
equazione:
p = P + a(Ye— Y)P
L’esponente “e” indica il valore atteso della variabile corrispondente.
Per semplicità, queste imprese de niscono il prezzo come:
p = Pe
Di conseguenza, le imprese con prezzi vischiosi de niscono i prezzi sulla base di quelli
che si aspettano verranno praticati dalle altre imprese.
Y = Y + a(P — Pe )
MODELLO DEI SALARI VISCHIOSI
Il secondo modello è quello dei salari vischiosi.
• se i salari nominali sono rigidi un aumento l livello dei prezzi abbatte il salario reale,
rendendo il lavoro più conveniente;
• la diminuzione dei salari reali induce le imprese ad utilizzare più lavoro;
• all’aumentare del lavoro impiegato, la produzione aumenta.
Questa relazione diretta tra il livello dei prezzi e la produzione aggregata implica che la
curva di offerta aggregata abbia pendenza positiva.
W=wxP
Salario nominale = salario reale obiettivo x livello atteso dei
prezzi
Dato che i salari nominali sono vischiosi, una variazione inattesa del livello dei
prezzi allontana il salario reale dal salari reale obiettivo.
La curva di offerta aggregata può essere scritta come:
i Y = Y + a(P — Pe)
MODELLO DELL’INFORMAZIONE IMPERFETTA
Il terzo modello è quello dell’informazione imperfetta.
Questo modello ipotizza che i mercati siano sempre in equilibrio, e che la curva di
offerta aggregata di lungo e di breve periodo si distinguono a causa di una temporanea
errata percezione dei prezzi.
il modello ipotizza che ogni impresa produca un solo bene o servizio e che ne consumi
una molteplicità.
Dato che il numero dei beni è molto grande, le imprese non possono osservare tutti i
prezzi; per questo motivo, decidono di monitorare Molto attentamente i prezzi dei pochi
beni che producono E meno attentamente i prezzi dei molti beni che consumano.
A causa di queste informazioni imperfetta, confondono le variazioni degli livello generale
dei prezzi con variazioni dei prezzi relativi.
IT I β u u
B è un parametro che misura la sensibilità dell’in azione alla disoccupazione ciclica.
Gli individui formano le proprie aspettative di in azione sulla base dei dati osservati nei
periodi più recenti. Per esempio, supponiamo che gli individui si aspettino che quest’anno
i prezzi aumentino allo stesso tasso dell’anno scorso; l’in azione attesa µè uguale
all’in azione dell’anno scorso IT
1
Te I 1
Possiamo riscrivere la curva di Phillips come:
A 1T β u u t r
• il primo termine implica che l’in azione abbia un andamento inerziale, ovvero
l’in azione continua a muoversi n a quando qualcosa non la blocca.
• il secondo è il terzo termine illustrano le due forze che possono modi care il tasso di
in azione.
Il secondo termine ci dice che la disoccupazione ciclica esercita una pressione sul tasso
di in azione. Una diminuzione della disoccupazione spinge l’in azione verso l’alto; un
aumento della disoccupazione spinge l’in azione verso il basso.
Il terzo termine v, mostra che l’in azione può aumentare o diminuire anche a causa di
uno shock dell’offerta.
l’in azione attesa e gli shock dell’offerta possono agire soltanto sulla domanda aggregata
per in uenzare la produzione, l’occupazione e l’in azione.
nel breve periodo, la politica economica può agire sulla domanda aggregata in modo da
scegliere una combinazione di in azione e disoccupazione che si trovi sulla curva di
Philips di breve periodo. la posizione della curva di Philips di breve periodo dipende dalle
aspettative di in azione: se l’in azione attesa aumenta, la curva si sposta verso l’alto e il
Trade off tra in azione e disoccupazione diviene meno favorevole.
poiché gli individui adeguano nel tempo le proprie aspettative il Trade off tra in azione e
disoccupazione sussiste solo nel breve periodo. Presto o tardi le aspettative si adattano al
tasso di in azione determinato dalla politica economica.nel lungo periodo, quindi, la
disoccupazione tende a stabilizzarsi e non c’è alcun rade off tra in azione e
disoccupazione.
La curva di Philips mostra come in assenza di uno shock positivo dell’offerta, per
abbattere l’in azione sia necessario un periodo di elevata disoccupazione e contrazione
del prodotto.
Sono molte le ricerche che hanno utilizzato dati empirici per esaminare la curva di
Philips. Spesso il risultato di queste analisi viene sintetizzato in un unico numero, detto
TASSO DI SACRIFICIO: la percentuale di PIL reale annuale che si deve sacri care per
ridurre l’in azione di 1 punto percentuale.