Esercito Nazionale Repubblicano
Esercito Nazionale Repubblicano | |
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Soldati dell'Esercito Nazionale Repubblicano con un cannone d'accompagnamento 7,5 cm leIG 18 | |
Descrizione generale | |
Attiva | 1943–aprile 1945 |
Nazione | Repubblica Sociale Italiana |
Servizio | Forza armata |
Tipo | Esercito |
Dimensione | 930.000 effettivi[1] |
Comando Supremo | Roma (fino al novembre 1943) Brescia (dopo il novembre 1943) |
Battaglie/guerre | Seconda guerra mondiale |
Anniversari | 28 ottobre |
Parte di | |
Reparti dipendenti | |
Guardia Nazionale Repubblicana (dal 15 agosto 1944) | |
Comandanti | |
Degni di nota | Rodolfo Graziani |
Simboli | |
Bandiera | |
Voci su unità militari presenti su Wikipedia |
L'Esercito Nazionale Repubblicano fu l'esercito regolare della Repubblica Sociale Italiana. Dipendeva dal governo della R.S.I., ma per l'impiego operativo era di fatto subordinato ai comandi militari tedeschi.
Fondazione
Il proposito di «continuare la guerra» era sempre stato presente nella natura del fascismo repubblicano fino dalla sua fondazione, a inizio autunno 1943. Durante i colloqui svoltisi al Quartier generale del Führer, Mussolini e Hitler concordarono la formazione di un nuovo esercito fascista: Hitler aveva intenzione, inizialmente, di far istituire un'armata di circa 10 o 15 divisioni, ma poi nella sua direttiva per l'attuazione del piano ne furono previste solo quattro.
Intanto Mussolini tornò in Italia e ad ottobre partecipò a un convegno, insieme al neo-nominato ministro della difesa maresciallo Rodolfo Graziani (capo di Stato maggiore fu il generale Gastone Gambara), sulla ricostituzione dell'esercito: venne considerata realistica la prospettiva di arruolare ben 500.000 militari, con i quali armare 25 divisioni, delle quali 5 corazzate e 10 motorizzate. Il progetto, però, apparve subito alquanto pretenzioso, poiché nemmeno un massiccio sostegno tedesco - tra l'altro difficile da ottenere in quel momento - avrebbe potuto portare ad un risultato numericamente così imponente.
Una figura di rilievo nella costituzione dell'Esercito Nazionale Repubblicano fu quella del generale Emilio Canevari.
Reclutamenti
Secondo rilevamenti dell'Ufficio Storico dello Stato maggiore dell'Esercito Italiano nel periodo 1943-1945 l'Esercito della Repubblica Sociale contò 558.000 effettivi.[1]
Nell'aprile del 1944 gli arruolati (volontari e coscritti - erano anche state richiamate alcune classi di leva) erano circa 200.000; di questi, molti erano destinati ad altre mansioni: lavoratori nelle industrie della Germania soprattutto, e ausiliari per la FlaK (l'artiglieria contraerea tedesca).[senza fonte] Alla fine dell'anno, anche grazie alla minaccia della pena di morte per i renitenti, vennero arruolati 250.000 soldati, di cui 50.000 ceduti alla Luftwaffe.[senza fonte] Il personale dell'apparato territoriale, il cui compito principale era quello di assicurare l'arruolamento e i servizi logistici, passò da circa 29.000 unità al momento dell'istituzione a 47.000 a metà del 1944; dopo, a causa dell'avanzata alleata, la riduzione del numero di comandi militari regionali portò anche alla riduzione del personale, che finì per stabilizzarsi sulle 27.000 unità.
Organizzazione
Ai vertici dell'organizzazione militare della RSI stava il Ministero della difesa nazionale che, dal 6 gennaio 1944 si chiamò Ministero delle Forze Armate. A capo di esso fu designato l'ex Maresciallo d'Italia Rodolfo Graziani, che a sua volta nominò quale Capo di stato maggiore generale il generale Gastone Gambara.
Collaboravano col ministro un sottosegretario per l'Esercito, uno per la Marina Nazionale Repubblicana e uno per l'Aeronautica Nazionale Repubblicana, per ognuno di essi esisteva inoltre un capo di Stato maggiore[2].
A livello gerarchico, le forze armate erano alle dipendenze del Capo di Stato che in tempo di pace esercitava il comando attraverso il Ministro della Difesa, in tempo di guerra a mezzo del Capo di Stato maggiore Generale[3].
Dal 15 agosto 1944 entrò nei ranghi dell'Esercito Nazionale Repubblicano anche la Guardia Nazionale Repubblicana, con Decreto Legislativo del Duce nº 469 del 14 agosto 1944 - XXII E.F. "Passaggio della G.N.R. nell'Esercito Nazionale Repubblicano".
Molti reparti furono falcidiati dalle diserzioni, in alcuni casi anche a vantaggio delle formazioni partigiane, che divennero problematiche soprattutto per le grandi unità (meno coese ideologicamente) verso la fine della guerra.
Distribuzione territoriale
Il territorio della RSI effettivamente controllato dal governo fu organizzato, fin dal settembre 1943, in Comandi Militari Regionali (CMR) e Comandi Militari Provinciali (CMP) I CMR furono:
- 200º Roma (al ripiegamento Bologna)
- 201º Firenze (al ripiegamento Mirandola)
- 202º Bologna
- 203º Padova
- 204º Trieste
- 205º Milano
- 206º Torino (dal 1º maggio 1944. Prima era Alessandria)
- 207º Perugia (al ripiegamento Gualtieri)
- 208º Macerata (al ripiegamento Lugo)
- 209º Chieti - L'Aquila (al ripiegamento Carpi)
- 210º Alessandria (dal 1º maggio 1944. Prima era Genova)
Ogni C.M.R. constava di un Comando, un Quartier generale con una Delegazione di Intendenza e una Compagnia (in alcuni casi un Battaglione) Regionale. Ogni Provincia ebbe un CMP con un proprio Quartier generale, una compagnia (o un battaglione) provinciale e il distretto militare. Furono, infine, attivati (e rimasero attivi fino all'aprile 1945) tutti i servizi necessari: le Scuole Ufficiali, il Servizio Artiglieria, il Servizio Automobilistico, il Servizio Chimico, il Servizio di Commissariato, il Servizio Genio, il Servizio Sanitario, il Servizio Trasporti, il Servizio Veterinario.[2]
Le Grandi Unità
I volontari e i coscritti (compresi i prigionieri italiani, pochi per la verità, che si offrirono di combattere per il nuovo regime)[4] furono mandati in Germania per l'addestramento. Lì furono anche costituite effettivamente le divisioni:
- 1ª Divisione Bersaglieri Italia
- 2ª Divisione Granatieri Littorio
- 3ª Divisione fanteria di marina San Marco
- 4ª Divisione Alpina Monterosa.
Ognuna di queste divisioni avrebbe avuto un organico ricalcato su quello delle divisioni Jager tedesche: 2 reggimenti di fanteria (o di alpini) di tre battaglioni ciascuno ed un reggimento di artiglieria, più i reparti di supporto che comprendevano un'ulteriore forza di fanteria, reparti da ricognizione, compagnia di cannoni controcarro, comunicazioni, sanità, genieri etc, per un totale di circa 14.000 uomini.
La San Marco e la Monte Rosa furono le prime a tornare in Italia, pur con carenze di organico e specialmente di mezzi di trasporto e armi. Queste unità vennero subito inquadrate nella nuova Armata Liguria, che raggruppava forze miste tedesche e italiane a difesa del confine nord-occidentale e delle coste liguri.
Impiego al fronte
La maggior parte delle azioni compiute da queste unità furono dirette contro il movimento partigiano: i comandanti tedeschi, poco inclini a fidarsi dei militari italiani dopo i fatti dell'8 settembre, preferivano evitare di coinvolgerle nei combattimenti del fronte, e si convinsero ad usarle solo nei momenti e nei settori più tranquilli della Linea Gotica.
Questo atteggiamento contribuì a deprimere ulteriormente il morale di quanti, soprattutto giovani coscritti, avevano risposto al bando Graziani mossi dal sincero desiderio di difendere quello che ritenevano il suolo patrio, vedendosi invece costretti in buona parte alle azioni della controguerriglia perpetrate contro villaggi e popolazioni italiane.
Ad ogni buon conto, specialmente per il rilievo propagandistico che la cosa avrebbe potuto suscitare, Mussolini insisteva perché le divisioni della RSI fossero schierate di fronte agli alleati. Ottenne di più: la partecipazione ad una piccola controffensiva nel settore occidentale della Linea Gotica, con la quale i tedeschi speravano di poter riprendere Lucca e Livorno durante l'inverno del 1944-1945. L'operazione, denominata Wintergewitter ("temporale d'inverno"), scattò alla mezzanotte del 25 dicembre, con l'obiettivo iniziale di occupare la valle del Serchio.
Nonostante le pretese della propaganda fascista, che voleva far passare l'operazione Wintergewitter come una sorta di controffensiva delle Ardenne italiana, la battaglia fu di proporzioni quantomeno limitate, sia per i risultati ottenuti (far ripiegare un gruppo di combattimento reggimentale statunitense) sia per le dimensioni dei reparti impegnati (tre battaglioni tedeschi e tre della RSI, più i supporti d'artiglieria). Entro il 31 dicembre il fronte si sarebbe nuovamente stabilizzato sulle posizioni di partenza, senza alcun mutamento strategico o tattico di rilievo.
Dislocazione delle truppe
I reparti dell'Esercito Repubblicano furono così impiegati:
- Ad ovest sulle Alpi contro i partigiani francesi e italiani:
- Divisione "Littorio"
- Divisione Alpina "Monterosa" con circa 10.000 uomini
- Ad est fra Gemona del Friuli e Cividale del Friuli contro i partigiani italiani e jugoslavi:
- Reggimento Volontari Friulani Tagliamento dal 26 settembre 1943 (trasferita nel 1944 in Val Camonica, BS)
- Battaglione Bersaglieri Mussolini dall'ottobre 1943 fino al 27 aprile 1945
- Cinque reggimenti di Milizia Difesa Territoriale, per un totale di 10.000 uomini
- A sud
- Divisione Alpina "Monterosa" con circa 8000 uomini sul fronte della Garfagnana (linea Gotica occidentale)
- Divisione "San Marco" sulla Garfagnana con il II Battaglione del 6º Reggimento
- Divisione "San Marco" sul fronte appenninico (Abetone) col III Battaglione del 5º Reggimento
- 1ª Divisione bersaglieri "Italia" diede il cambio alla Monterosa sul fronte della Garfagnana.
Le operazioni su tale fronte erano comandate dal Generale Mario Carloni, comandante prima della Divisione Monterosa, poi della Italia.
Le quattro divisioni addestrate in Germania costituivano, insieme a due divisioni tedesche e a reparti minori, l'"Armata Liguria" sotto il comando del Maresciallo Graziani. La 29ª Divisione SS Italiane fu impiegata con due Btg contro gli anglo-americani a Nettuno nel marzo-aprile 1944.
Il Battaglione Bersaglieri Mameli combatté, con il tenente Dani, prima sul fronte adriatico (linea Gotica orientale) poi partecipò alla Battaglia di Lunigiana contro i Nisei che avevano sfondato il fronte tirrenico e tentavano di scendere in Lunigiana per tagliare la ritirata alle truppe della Garfagnana.
Quattro battaglioni di Bersaglieri volontari furono impiegati sul fronte francese e sul fronte appenninico. Il Gruppo Battaglioni d'Assalto Forlì combatté fino all'ultimo[senza fonte] sul fronte del Senio, a fianco della 278ª Divisione tedesca.
La Divisione Decima (i reparti terrestri della Xª MAS) che arrivò a contare oltre 30.000 uomini (6 battaglioni e 2 gruppi di artiglieria) fu presente col Battaglione Barbarigo sul fronte di Nettuno, sul fronte del Senio con 3 Btg e sul fronte orientale con altrettanti (Il Battaglione Fulmine bloccò l'avanzata dei partigiani jugoslavi a Selva di Tarnova, tenendo Gorizia). Inoltre il Battaglione Nuotatori-Paracadutisti fu impiegato in missioni di sabotaggio oltre le linee.
Il Battaglione paracadutisti Nembo fu presente fin dall'11 febbraio 1944 a Nettuno insieme al Barbarigo. Il Battaglione paracadutisti Folgore combatté per la difesa di Roma. Successivamente, costituito in reggimento, fu impiegato sulle Alpi Occidentali.
Vi erano, infine, reparti che combattevano fuori dai confini: in Francia, Germania, Unione Sovietica, Penisola balcanica, Dodecaneso.
Caduti
I caduti in Italia di questo esercito furono circa 13.000 militari e 2.500 civili[5]. I prigionieri di guerra vennero inviati dagli Alleati principalmente nel campo di concentramento di Hereford, nel Texas.
Note
- ^ a b Secondo Diego Meldi, La Repubblica di Salò, Santarcangelo di Romagna, Casini Editore, 2008. ISBN 978-88-6410-001-2, pag. 39, «non avrebbero superato quota 558.000». Invece, «Secondo alcune fonti della RSI [...] l'Esercito (senza la GNR) avrebbero contato 780.000 uomini, però includendo circa 260.000 lavoratori militarizzati».
- ^ a b Diego Meldi, La Repubblica di Salò, Santarcangelo di Romagna, Casini Editore, 2008. ISBN 978-88-6410-001-2.
- ^ Art. 3 Decreto legge del 28 ottobre 1943 istitutivo dell'esercito della RSI, cit. in G. Galligani, L'Europa e il mondo nella tormenta. Guerra, nazifascismo, collaborazionismo, resistenza, Armando, Roma 2012, p. 78.
- ^ Dopo il disarmo, soldati e ufficiali vennero posti davanti alla scelta di continuare a combattere nelle file dell'esercito tedesco o, in caso contrario, essere inviati in campi di detenzione in Germania. Solo il 10 per cento accettò l'arruolamento, mentre gli altri divennero Internati Militari Italiani.
- ^ www.storiaxxisecolo.it.
Voci correlate
- Regio Esercito
- Corpo di Polizia Repubblicana
- Repubblica Sociale Italiana
- Guardia Nazionale Repubblicana
- Esercito collaborazionista cinese
- Esercito governativo
Collegamenti esterni
- repubblichino, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.