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Commissione di Venezia

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     Paesi con speciale riconoscimento o cooperanti

La Scuola grande san giovanni evangelista di Venezia, ove si tengono le riunioni della Commissione

La Commissione di Venezia, dal nome della città in cui si riunisce, è un organo consultivo del Consiglio d'Europa; ufficialmente porta il nome di "Commissione europea per la Democrazia attraverso il Diritto". Ne fanno parte soggetti indipendenti provenienti da diverse nazioni, esperti in diritto costituzionale.

Secondo le dichiarazioni di intenti ufficiali[1], scopo dell'organismo è fornire ai Paesi membri una consulenza giuridica volta a consentire migliori armonizzazioni nella comune adesione a entità esterne come l'Unione europea, in coerenza con le nuove tendenze internazionali in termini di diritti umani[2], democrazia e pubblica amministrazione[3].

La Commissione di Venezia opera in quattro aree:

  • Assistenza costituzionale;
  • Elezioni e referendum;
  • Cooperazione con le giurisdizioni costituzionali[4];
  • Studio in materia di diritto costituzionale mediante saggi, relazioni e seminari transnazionali.

L'assistenza costituzionale mira a dare un parere sui progetti di costituzioni o leggi costituzionali che modificano la Costituzione. La commissione può anche aiutare a scrivere Costituzioni ed esercita un impatto crescente sulla vita costituzionale degli Stati di recente democratizzazione[5].

I paesi oggetto di tale assistenza sono stati:

  • Albania, con il sostegno alla transizione democratica da 1991;
  • Belgio, con il parere in merito alla Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali, su richiesta del Parlamento federale;
  • Bosnia ed Erzegovina, con lo sviluppo e l'interpretazione del diritto costituzionale a causa del conflitto etnico;
  • Georgia, con la considerazione di un progetto di legge organica per emendare la costituzione georgiana, su richiesta del Presidente del Parlamento della Georgia;
  • Lussemburgo, parere su richiesta del Primo Ministro;
  • Moldavia, con la revisione e consulenza sul problema Transnistria;
  • Russia, rivedendo la sua costituzione successivamente alla domanda di adesione al Consiglio d'Europa;
  • Sudafrica, con il supporto per la redazione della Costituzione del 1996;
  • Ucraina, rivedendo la sua costituzione successivamente alla domanda di adesione al Consiglio d'Europa[6].

Da 1992, le varie corti costituzionali degli Stati membri del Consiglio d'Europa sono stati collegati alla Commissione di Venezia per lo scambio di idee e informazioni, che attengono anche all'indipendenza del potere giudiziario[7].

La Commissione ha anche partecipato alla redazione di codici elettorali nazionali[8], come in Albania, ed ha inoltre elaborato un codice di buona condotta in materia elettorale[9]; essa organizza seminari di formazione nell'ambito delle sue missioni di assistenza e di osservazione delle elezioni legislative, nonché locale e regionale.

Riconoscimento giurisprudenziale

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Il meccanismo per il quale la Commissione di Venezia stila dei rapporti - che poi vengono discussi nelle Assemblee plenarie del Consiglio d'Europa e votate sotto forma di raccomandazione - ne rende la produzione non soltanto di elevato valore scientifico, ma vero e proprio "materiale normativo che orienta le determinazioni di organi internazionali, anche di tipo giurisdizionale. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ad esempio giudicato il contenuto del Codice di buona pratica elettorale stilato dalla European Commission for Democracy through Law (Venice Commission, allora presieduta da Antonio La Pergola) come rilevante per la sua recente giurisprudenza (sentenza 11 gennaio 2007, Russian conservative party of entrepreneurs and others v. Russia), sia perché consacrato nella risoluzione 1320 (2003) adottata il 30 gennaio 2003 dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, sia perché oggetto di una dichiarazione del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 13 maggio 2004"[10].

A sua volta, la stessa Commissione Venezia si vale della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo nella stesura dei suoi rapporti: nel parere sul referendum turco del 2017, ad esempio, ha citato la "massima preoccupazione" con cui il commissario dei diritti umani del Consiglio d'Europa considerava la situazione venutasi a creare dopo lo stato d'emergenza del 2016 in Turchia, "caratterizzata da numerose, conclamate violazioni dei principi consacrati dalla CEDU, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani, dagli standard del Consiglio d'Europa e degli altri rilevanti a livello internazionale"[11].

La Commissione si riunisce presso la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista della città lagunare.

  1. ^ Pagina di presentazione ufficiale, su venice.coe.int.
  2. ^ Bogdan, Aurescu. 2012. "The june 2012 opinion of the venice commission of the council of europe on the act on the rights of nationalities of Hungary. Presentation and assessment." Lex et Scientia International Journal, 2012.
  3. ^ Apostolache, Mihai Cristian. "Review Of Constitutional Norms Concerning Local Public Administration In The View Of The European Commission For Democracy Through Law (Venice Commission), The [Article]." Journal Of Law And Administrative Sciences (2015): 105.
  4. ^ 'Venice Commission Wants Written Judgment on Ruling', 2014, The Korea Times.
  5. ^ Hoffmann-Riem, Wolfgang. "Venice Commission Of The European Council - Standards And Impact, The [Notes]." European Journal Of International Law 2 (2014): 579.
  6. ^ A visit of the Venice commission to Ukraine: Discussion of draft amendments to the law of Ukraine on governmental cleansing 2015, Legal Monitor Worldwide.
  7. ^ "USA Counts On Constitutional Commission To Discuss Closely Venice Commission Opinion On Constitutional Amendments On Judiciary." Ukrainian News Agency, 2015.
  8. ^ Biró, Péter, László Á. Kóczy, and Balázs Sziklai. "Fair Apportionment In The View Of The Venice Commission'S Recommendation." Mathematical Social Sciences 77.(2015): 32-41.
  9. ^ Esso si inserisce nel filone aperto, otto anni prima, dalla dichiarazione del Consiglio dell'Unione interparlamentare resa a Parigi il 26 marzo 1994 (Declaration on criteria for free and fair elections) e dall'ODIHR Election observation handbook (fourth edition, april 1999, Warsaw). È un testo del 2002, citato a livello internazionale (OSCE, “Existing Commitments for Democratic Elections in Osce Participating States”, Varsavia, 2003) dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, nella sentenza 6 novembre 2012 (Ekoglasnost contro Bulgaria), nonché a livello nazionale. In particolare, la Delegazione italiana presso l'assemblea parlamentare dell'OSCE citò il Codice di Buone pratiche per le questioni elettorali del 2002, nella parte in cui dichiara: «gli organi d'appello sulle questioni elettorali dovrebbero essere o una commissione elettorale o un tribunale. (...) un appello al parlamento dovrebbe essere possibile in prima istanza. In ogni caso, deve essere possibile l'appello finale a un tribunale» (proposta del deputato Pierluigi Mantini, pubblicata in Camera dei deputati, XVI legislatura, Bollettino delle giunte e delle commissioni parlamentari n. 146, 4 marzo 2009, allegato, Considerazioni della Delegazione Italiana presso l'OSCEPA sul rapporto della missione di valutazione delle elezioni parlamentari in Italia, 13 e 14 aprile 2008).
  10. ^ Giampiero Buonomo, Elezioni (ed eletti) sub iudice, in Golem informazione, 2013.
  11. ^ Opinion 13 March 2017 CDL-AD(2017)005, p. 10; si rammenta che, in occasione dei referendum, si applica il parallelo codice di buona condotta elaborato dalla medesima commissione (Opinion No. 875/2017 Venice Commission, Code of Good Practice on Referendums, CDL-AD(2007)008).

Collegamenti esterni

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