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Utente:LorManLor/Sandbox4

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Sto traducendo questa voceː https://en.wikipedia.org/wiki/Women_artists, n. 1066297218 

Le donne hanno sempre fatto arte, ma per la maggior parte di loro, le arti più apprezzate dalla società maschile sono state precluse, così come sono state escluse dalle strutture professionali del mondo dell'arte dominate dagli uomini. Le arti cui si hanno potuto dedicarsi, come quelle del ricamo, non sono state ritenute arte

Le definizioni dell'arte è radicata in sistemi culturali e di valore soggetti a cambiamento. E man mano che cambiano, l'elenco delle opere considerate dagli storici dell'arte è periodicamente revisionato. [1]



Sebbene le donne artiste siano state coinvolte fin dall'antichità nella produzione di oggetti d'arte, il loro lavoro, rispetto a quello delle loro controparti maschili, è stato spesso dimenticato, trascurato e sottovalutato. Il canone occidentale ha storicamente preso in considerazione il lavoro degli uomini rispetto a quello delle donne.[2]

Gli stereotipi prevalenti sui sessi hanno condotto a considerare che alcune forme espressive, come le arti tessili o la fiber art, venissero principalmente associati alle donne, nonostante un tempo fossero considerate, come l'arte della ceramica, forme artistiche a cui partecipavano sia uomini che donne. Inoltre, le forme d'arte che hanno ottenuto questa distinzione, come nel caso delle arti tessili e dei tessuti, sono state retrocesse a categorie come "artigianato", piuttosto che essere considerate belle arti.

Nel 1950, un'opera di riferimento nel campo della storia dell'arte, Histoire de l'art di Ernst Gombrich, presentava un'unica artista femminile per la sua edizione tedesca e nessuna nelle edizioni francese e inglese. Se le arti visive sono state prevalentemente opera di uomini, è tuttavia esistito un alto numero di donne che ha svolto un ruolo considerevole nella produzione artistica, ma molti dei loro nomi, nel corso del tempo, sono stati omessi e dimenticati.

Le donne hanno dovuto affrontare molte sfide a causa dei pregiudizi di genere nel mondo delle arti. Hanno spesso incontrato difficoltà nella formazione, nei viaggi, nel riconoscimento e nella commercializzazione del loro lavoro.[3] Molte delle opere femminili sono state erroneamente attribuite anche ad artisti uomini.[4]

A partire dalla fine degli anni sessanta e settanta del Novecento, artisti e storici dell'arte femministi hanno creato un movimento artistico femminista che si è posto l'obbiettivo di riconsiderare il ruolo delle donne, specialmente nel mondo dell'arte occidentale, il modo in cui l'arte mondiale viene percepita, valutata o fatta propria in base al genere, riesplorando il ruolo delle donne nella storia dell'arte e nella società.[5]

Nel 1971 la storica dell'arte Linda Nochlin, in un articolo pubblicato sulla rivista d'arte americana Artnews, ponendo la domanda: "Perché non ci sono grandi artiste donne?" ha indicato la causa della loro minore presenza nella storia dell'arte nell'esclusione cui sono state fatte oggetto dall'apprendimento e dalla pratica dell'arte per ragioni storiche e culturali.

A poco a poco, le istituzioni culturali come i musei hanno dato spazio alle donne artiste nelle mostre.


Le "donne" hanno una relazione particolare con l'arte nella maggior parte delle narrazioni storiche, ma solo raramente come produttrici, o come serie consumatrici. Più spesso sono incluse nel discussione come materia dell'arte. Molte delle creazioni che identifichiamo come opere d'arte hanno associazioni altamente di genere: dipinti, sculture, letteratura, alcuni tipi di musica, teatro e cinema. Gran parte dell'arte dell'Europa occidentale è stata abbastanza esplicita preoccupato dell'amore e del desiderio, il più delle volte eterosessuale. C'è di conseguenza un'abbondante letteratura sulla rappresentazione delle donne: come vergini, madonne, madri, femmes fatales, puttane o, in alternativa, come lavoratrici, pittoresche o sfruttate – in entrambi i casi identità che sono in gran parte legate al sesso. [6]

Questa voce ha come oggetto l'esperienza storica che le donne hanno avuto nell'arte come produttrici (creare arte), interpreti (fare arte) e consumatrici (divertirsi per l'arte). fino a una trentina di anni fa c'era un discorso dominante sulle arti che tendeva a marginalizzare le donne su quasi tutti questi frontiː come creatrici, praticanti e consumatrici. Dal 1700 le donne europee, almeno nelle classi sociali che godevano di un certo capitale culturale, venivano sempre più educate ad acquisire le competenze necessarie per apprezzare le arti, come il pianoforte o pittura, ma fermandosi prima di ricevere una formazione approfondita, restando dilettanti in "generi minori" come gli acquerelli o la pratica tali "arti minori" come il ricamo. La "creatività" era associata al genio e identificata con caratteristiche maschili.

Negli ultimi venti o trent'anni, il femminismo ha messo in discussione i presupposti restrittivi Ha assunto molte forme: analisi delle rappresentazioni maschili delle donne, esplorazione dei tabù o degli ostacoli alla creatività, riscoperta di donne creative trascurate o dimenticate dai cronisti ufficiali, sociologia delle arti, testimonianze personali e ha

Donne artiste nella storia dell'arte

Riesaminando i manufatti lasciati dalle culture antiche, possiamo iniziare a comprendere i complessi modi in cui donne e uomini hanno contribuito alle società del passato.

Gwion Pitture rupestri di Gwion trovate nella regione nord-occidentale del Kimberley nell'Australia occidentale

Non possiamo sapere chi fossero gli artisti delle ere preistoriche, ma diversi studi di etnografi e antropologi culturali indicano che spesso le donne erano le principali artigiane nelle culture neolitiche; esse creavano ceramiche, tessuti, cesti, superfici dipinte e gioielli. L'estrapolazione riferita alle opere d'arte e alle abilità dell'era paleolitica suggerisce che queste culture seguissero schemi simili. Le pitture rupestri di quest'epoca hanno spesso impronte di mani umane, il 75% delle quali sono identificabili come mani di donne.[7][8]

Un'interessante ipotesi è quella formulata dall'antropologa britannica Camilla Power, che individua la prima forma d'arte femminile nella pittura corporea, una decorazione estetica realizzata attraverso l'uso dell'ocra rossa (pigmento Khoisan), di cui si sono trovati riscontri in Africa, Medio Oriente, Australia ed Eurasia, e che le donne avrebbero usato su se stesse per simulare finte mestruazioni, come simbolo di imminente fertilità, informando i maschi sul proprio stato riproduttivo e rafforzando i processi di selezione sessuale.[9] (vedi https://en.wikipedia.org/wiki/Female_cosmetic_coalitions) Documenti archeologici confermerebbero l'uso del pigmento rosso in contesti rituali presso i popoli Khoisan, per i quali l'arrossamento e la brillantezza erano simboli di una potenza soprannaturale, che si sovrapponeva a una gamma cosmologica di concetti ruotanti intorno a pioggia, fertilità, fortuna, caccia, luna, morte.

Cultura Nok. Busto di donna

Arte della ceramica

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L'arte della ceramica è stata presente in quasi tutte le culture; spesso gli oggetti in ceramica sono le sole prove artistiche lasciate da culture scomparse, come quella della cultura Nok, nata nel Sudan occidentale, l'attuale Nigeria, nel 500 a.C.[10] Esempi del predominio delle donne nella produzione della scultura figurativa in ceramica, attestati dalla documentazione etnografica e da studi archeologici condotti in vaste zone dell'Africa, contrastano con la supposizione che i creatori di queste opere fossero di genere maschile.[11]

Anche per quanto riguarda l'antica Grecia, alcuni studi, contrariamente a quanto generalmente ritenuto, sostengono che le donne, in particolare durante la prima età del ferro (1050-circa 700 a.C.), avessero assunto un ruolo crescente e di primo piano nella produzione e lavorazione delle ceramiche; il passaggio all'arte geometrica, le scene funebri presenti su molti vasi costituirebbero un esempio del contributo delle donne, attive sia nell'arte della tessitura che nei rituali funebri.[12][13]

Continente africano

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Motivi geometrici tradizionali dell'arte imigongo

L'arte geometrica dell'imigongo ha origine in Ruanda, nell'Africa orientale, ed è associata allo status sacro secolare attribuito alla mucca. Consiste nella creazione di disegni a spirale e geometrici dipinti su pareti, ceramiche e tela, realizzati miscelando sterco di vacca con cenere e argilla. La gamma di colori è limitata al colore brillante della terra. Quest'arte è tradizionalmente associata alle donne, così come l'elaborata arte di intrecciare i cesti presente nell'area, caratterizzata da fregi regolari.[14]

Miniatura raffigurante la pittrice Timarete mentre dipinge la dea Artemide, 1400-1430 c.

Le donne della regione di Mithila, situata tra l'India settentrionale e il Nepal meridionale, da millenni praticano una forma d'arte definita da forme e linee geometriche colorate, realizzando dipinti devozionali degli dei e delle dee del pantheon indù. Si ritiene che l'arte di Mithila risalga al tempo dell'epopea sanscrita Ramayana, nella quale si racconta che il re Janaka, il sovrano della regione, avesse reclutato artisti locali per dipingere il matrimonio di sua figlia Sita con Rama. Per generazioni le donne hanno dipinto le pareti di fango delle loro case con immagini di divinità, animali e natura indù, una tradizione che è durata secoli.[15][16]

Europa classica e Medio Oriente

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I primi documenti delle culture occidentali raramente menzionano singole donne, sebbene esse siano raffigurate in tutta l'arte e alcune siano rappresentate mentre lavorano come artiste. Antichi riferimenti di Omero, Cicerone e Virgilio menzionano i ruoli di primo piano delle donne nei tessuti, nella poesia, nella musica e in altre attività culturali, senza nominare le singole artiste. Tra i primi documenti storici europei che ne fanno accenno c'è quello di Plinio il Vecchio che nella sua Naturalis historia (77-78 d.C.) - le cui fonti potrebbero essere state Duride di Samo (n. 340 a.C.) e Varrone (116-27 a.C.)[17] [18] - nomina alcune donne pittrici dell'antica Greciaː Timarete,[19] figlia di Mikon "il giovane", autrice di un ritratto della dea Artemide a Efeso; Eirene[20], figlia del pittore Kratinos, dipinse l'immagine di una fanciulla a Eleusi; Kalypso,[21] nota per i ritratti di un vecchio, del giocoliere Theodoros e del ballerino Alkistene; Aristarete[22] figlia del pittore Nearkos, realizzò il ritratto del dio Asclepio; Iaia di Kýzikos, [23] definita da Plinio Plinio "perpetua virgo", quindi forse una sacerdotessa, andò a vivere a Roma, produsse soprattutto ritratti femminili, alcuni dei quali venduti a un prezzo superiore di quelli di due pittori allora molto noti; la pittrice Olympias ebbe anche un allievo.[24][25]

Nell'opera enciclopedica di Fozio di Costantinopoli, Bibliotheka, viene nominata Helena d'Egitto, vissuta nel IV sec. a. C.[26] [27] Alcuni critici moderni ipotizzano che il mosaico della Battaglia di Isso, esposto nel Tempio della Pace al tempo di Vespasiano e generalmente attribuito a Filosseno, sia una sua opera.[28] [29]

Solo alcune delle ceramiche dell'antica Grecia sopravvissero; fra queste vi è la collezione Caputi di ceramiche attiche e magnogreche[30] esposta a Palazzo Leoni Montanari di Vicenza.[31] Di esse fa parte la famosa Hydria (kalpis) attica a figure rosse (c. 460-450 a.C.), attribuita al pittore di Leningrado, nella quale si vedono quattro artigiani, fra cui una donna, intenti a dipingere dei vasi.[32][33]

Attività delle donne nel Medioevo. Illustrazioni dal De Mulieribus Claris di Giovanni Boccaccio

Donne artiste nel medioevo

Nel corso del medioevo la partecipazione delle donne al processo artistico si è espressa a diversi livelliː esse furono creatrici di opere, soggetto/oggetto di raffigurazione in opere create da uomini e donne, committenti e mecenati di opere composte ed eseguite da altri, offrendo in tal modo molteplici spunti di interpretazione sulla posizione occupata all'interno della società medievale.[34]

La ricerca della presenza e del ruolo svolto dalle donne artiste nel Medioevo solleva inoltre numerose questioniː qual era il concetto di "autore" nel medioevo[35]; in quale misura si differenziava il lavoro degli uomini da quello delle donne, qual era il loro ruolo all’interno dei processi produttivi, quale divisione del lavoro vigeva all'interno dei mestieri[36]; quale accesso avevano le donne alle risorse culturali; che ruolo avevano nella produzione dell'arte, qual era il rapporto stabilito tra i modi di produzione e i nomi che compaiono nelle iscrizioni, nei documenti e nelle fonti narrative[37]; quali erano le funzioni e i significati dell'arte nel medioevo, quale il valore attribuito agli oggetti d'arte, rispetto a quello assegnato dagli storici dell'arte moderna e contemporanea.

Per quanto riguarda la prima questione, dalla fine degli anni ottanta del Novecento numerose ricerche sul mondo femminile medievale hanno messo in discussione alcuni stereotipi fino ad allora vigenti, come la considerazione del lavoro femminile solo come attività complementare a quella del marito, il settore tessile come unica forma di occupazione, o l'assenza di donne all'interno delle corporazioni[38]. Molte donne lavoravano a fianco degli uomini, alcune intrapresero ruoli imprenditoriali autonomi; diversi studi hanno rilevato la numerosa presenza di donne all'interno delle corporazioniː un'indagine sulle gilde medievali ha stabilito, ad esempio, che intorno al 1300 a Parigi le donne figuravano in 108 delle 321 professioni allora censite[39]. Se alcune corporazioni, come quelle impegnate nella produzione di tessuti di seta e di lino erano esclusivamente femminili, molte donne risultano pittrici, scultrici, lavoratrici del vetro e del ferro. L'arte del libro e le arti tessili, anche se non esclusive, risultano tuttavia le abilità in cui si possono trovare più costantemente donne nominate.[37]

Carenza di dati biografici e anonimato

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Rintracciare i nomi degli artisti medievali di entrambi i sessi è molto difficoltoso; tra le opere medievali esistenti, quelle firmate sono rare e lo sono altrettanto le informazioni biografiche sui loro creatori.[40] Si incontra inoltre una certa difficoltà nel distinguere i diversi livelli di coinvolgimento nella realizzazione di un'opera, in quanto l'artigiano, l'imprenditore e il mecenate, in quel periodo storico, potevano essere tutti identificati come suoi "artefici"[41] e la presenza di un nome non necessariamente garantisce la sua corrispondenza con quello che noi definiamo autore, un concetto maturato in epoche più tardeː[42][43] "concepire, fondare, pagare e fabbricare un'opera d'arte o un'architettura erano tutti riconosciuti nel Medioevo come qualcosa che oggi identificheremmo con la creatività".[44]

Per quanto riguarda le donne, identificarne le opere risulta ancora più difficile, perché molte artiste lavoravano sotto la direzione di uomini e non venivano nominate, oppure quasi sempre, come nel caso delle suore e delle monache, adottavano un nome diverso; quando entravano in un convento, la loro vita e il loro nome precedente scomparivano. La quasi totalità delle opere delle artiste del Medioevo, come le miniatrici, che erano suore, rimane in gran parte anonima.[45]

Manoscritti miniati e ricami dell'epoca riportano esempi di donne al lavoro in queste arti. Gli artisti del periodo, comprese le donne, provenivano da un piccolo sottoinsieme della società il cui status consentiva loro la libertà da tipi di lavoro più faticosi. Le artiste appartenevano spesso a due classi alfabetizzateː ricche donne aristocratiche o monache. Le donne della prima categoria creavano spesso ricami e tessuti[46]; più frequentemente quelle della seconda producevano miniature.

Le donne appartenenti alle classi alte, sia laiche che religiose, nelle vesti di committenti, creatrici o utilizzatrici/destinatarie, erano coinvolte nell'attività del cucito, della decorazione e del ricamo di tessuti, ambiti in cui nel medioevo i contribuiti femminili erano maggiormente riconosciuti e apprezzati.[47]

Casula (Opus Anglicanum), c.1330–50

Le loro creazioni potevano consistere in piccoli manufatti, o in opere su larga scala, come tappeti, arazzi, tappezzerie, panni quaresimali, usati nelle chiese durante le settimane precedenti la pasqua per rivestire altari, dipinti, statue. Fra questi ultimi, uno dei più antichi di cui si ha menzione, realizzato per l'abbazia di San Gallo, risale al IX secolo ed è attribuito a una nobildonna, Richlin, sorella dell'abate Hartmut.[48]

Nel periodo medievale le ricamatrici inglesi erano particolarmente rinomate per la loro perizia nei ricami d'oro; esse erano ritenute difficili da sostituire, "proibitivamente costose da sostenere in caso di malattia o ferite"; secondo la legge irlandese, l'abilità di una ricamatrice le forniva "più prestigio di una regina".[49] La maggior parte delle ricamatrici medievali rimase anonima, ma alcune fonti riportano dei nomi di ricamatrici o di donne committenti di ricami religiosi di alto rango, e riguardano regine, come Eteldreda (morta nel 679), regina di Northumbria e badessa fondatrice di Ely, nobildonne e religiose.[50]

Spesso ad essere nominate sono delle monache, come Ercnat, vissuta in Irlanda nel VI secolo, al servizio di San Columba come cuoca e sarta, il cui nome deriverebbe dal gaelico antico ercad, “intarsiare, pungere”, in riferimento al suo lavoro di ricamatrice e sarta delle vesti del santo e dei suoi discepoli[51]; Johanna, ricamatrice e suora vissuta nel XIII nel convento inglese di Beverly, che cucì il suo nome in un ricamo noto come opus anglicanum, o ricamo inglese, l'unica opera firmata sopravvissuta di questo tipo;[52] Mabel di Bury St. Edmunds, nominata 24 volte nei registri di famiglia di Enrico III tra gli anni 1239 e 1245, che, fra gli altri lavori, si occupò del ricamo di una casula offerta da reali al santuario di Sant'Edoardo, impiegando circa due anni per portarla a termine e ricevendo per questo un compenso molto ragguardevole.[53]

In contrasto con lo stile dell'opus anglicanum, applicato su tessuti pregiati e con l'uso di filo d'oro e di gemme, durante il XII, XIII e XIV secolo si diffuse in Germania, in particolare in Bassa Sassonia, l'opus teutonicum, uno stile di ricamo semplice, con filo di lino bianco, spesso prodotto dalle suore nei conventi e in altre istituzioni religiose dell'epoca, inizialmente a corredo di oggetti religiosi, come teli d'altare, panni quaresimali, e in seguito esteso ad usi secolari, come gli arazzi.[54] Famosi sono i teli d'altare del XIV secolo attribuiti a Sophia, Hadewigis e Lucardis,[55] o quelli prodotti nel convento di Altenberg.[56]

Arazzo di Bayeux, scena 55

L'arazzo di Bayeux

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Uno dei ricami più famosi del periodo medievale è l'arazzo di Bayeux, che contrariamente al nome, non è un arazzo ma un tessuto ricamato con immagini e iscrizioni. Lungo circa 68 metri e largo circa 70 centimetri, è costituito dalla giustapposizione di nove pezze di lino ricamate con filo di lana.[57] Comprende circa settanta scene che narrano la battaglia di Hastings e la conquista normanna dell'Inghilterra nel 1066. Nel XVII-XVIII secolo la creazione dell'arazzo venne attribuita alla moglie di Guglielmo il Conquistatore, la regina Matilde, o alla pronipote di questi, Matilde l'imperatrice del Sacro Romano Impero.[58] Successivamente ha preso consistenza l'ipotesi che esso sia stato commissionato da Oddone e prodotto negli anni 70-80 del secolo XI a Canterbury, nell'abbazia di Sant'Agostino; le monache avrebbero molto probabilmente contribuito al lavoro di ricamo.[59][60]

Miniatrici e copiste

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Il convento era la sede tipica in cui si svolgeva l'attività delle donne artiste del medioevo, il principale luogo di apprendimento e l'opzione di istruzione più sostenibile.[52] Numerose fonti ci informano della presenza di miniatrici e copiste[61][62]ː nel Vi secolo, Cesaria di Arles, badessa del convento di San Giovanni, nel sud della Francia, fondato dal fratello Cesario di Arles, guidava una comunità religiosa di centinaia di suore, impegnate a svolgere lavori come il ricamo, la tessitura e la trascrizione di libri.[63]

Miniatura del Beato di Girona che rappresenta l'episodio de La donna e il drago, dal libro biblico dell'Apocalisse

Le monache fiamminghe Harlinde e Renilde furono registrate nel IX secolo come miniatrici e ricamatrici;[64] Ende, una suora spagnola vissuta nel X secolo,[65]è ritenuta la prima miniatrice il cui nome è conosciuto in Europa, grazie all'iscrizione che compare nel colophon del Beato di Girona, scritto e dipinto intorno al 975ː “Ende pintrix et D(e)i aiutrix. Frater Emeterius et presbiter"[66]. Nominata spesso nei repertori delle artiste medievali è Guda, una suora tedesca del XII secolo, copista e miniatrice, che realizzò il suo autoritratto in una raccolta di testi per la predicazione religiosa[67], o Claricia, una miniatrice tedesca del XII secolo, attiva in uno scriptorium bavarese.[68]

In Scandinavia l'unica donna conosciuta come intagliatrice di rune, Gunnborga, lavorò nell'XI secolo.[69][70]

Una prova del ruolo delle donne nella produzione di manoscritti nel Medioevo è rappresentata dalla scoperta, nel 2019, di resti di lapislazzuli, usato nel medioevo come pigmento per illustrare i manoscritti miniati più lussuosi, nella placca dentale di una donna vissuta tra il X e il XII secolo e sepolta nel cimitero di un piccolo monastero femminile a Dalheim, nella Germania occidentale.[71]

Alcuni disegni sacri sono stati reinterpretati dalle loro autrici, o adattati ai bisogni religiosi delle loro comunitàː in un disegno prodotto nell'Abbazia di Santa Valpurga, ad esempio, nel quale è raffigurato il rito della consacrazione delle vergini, a presiedere la cerimonia è Maria e non un vescovo, e anziché presentare un Cristo adulto, cui le monache si uniscono in matrimonio spirituale, è dipinto Gesù bambino che nell'iscrizione ordina alle vergini "nutri mihi" (allattami).[72]

In molte parti d'Europa, con le Riforme Gregoriane dell'XI secolo e l'ascesa del feudalesimo, le donne dovettero affrontare molte restrizioni che non erano presenti nel periodo altomedievale. A seguito dei cambiamenti sociali, la situazione dei conventi mutò. Nelle isole britanniche, la conquista normanna segnò l'inizio del graduale declino del convento come sede del sapere e luogo in cui le donne potevano acquisire potere. I conventi, in precedenza diretti da una badessa, passarono alle dipendenze di abati maschi.

Ildegarda di Bingen Scivias I.6: I cori degli angeli. Dal manoscritto Rupertsberg, fol. 38r.

Nel Sacro Romano Impero, invece, sotto la dinastia ottoniana, i conventi mantennero la loro posizione di istituzioni di insegnamento. Ciò potrebbe essere in parte dovuto al fatto che i conventi erano spesso diretti e popolati da donne non sposate di famiglie reali e aristocratiche. Le più importanti opere prodotte da donne nel periodo tardo medievale, come quelle di Herrad von Landsberg, badessa di Hohenbourg[73], autrice di Hortus Deliciarum (it.: Giardino delle Delizie), la prima enciclopedia redatta da una donna, e di Ildegarda di Bingen, monaca benedettina, hanno origine in questi territori.[74]

Ildegarda di Bingen (1098-1179) è un esempio particolarmente raffinato di intellettuale e artista medievale tedesca. Ha scritto Liber divinorum operum (Libro delle opere divine), Liber vitae meritorum (Libro dei meriti della vita), sessantacinque inni, un'opera di miracoli e un lungo trattato di nove libri sulle diverse nature di alberi, piante, animali, uccelli, pesci, minerali e metalli. Fin dalla tenera età ha affermato di avere visioni. Quando il papato l'ha sostenuta, la sua posizione di importante intellettuale è andata aumentando. Le visioni sono entrate a far parte di una delle sue opere, Scivias (crasi di Scito vias, Conosci le vie), scritta tra il 1141 e il 1150, in cui descrive le ventisei visioni che ha avuto, in un testo di circa seicento pagine, corredato da 35 illustrazioni miniate.[75] [76] Secondo Madeline Caviness, che gliene attribuisce la realizzazione, mentre i disegni, l'ordine e i colori di queste illustrazioni le rendono simili a quelle create all'epoca in Germania, alcune caratteristiche compositive e iconografiche, la dimensione delle figure e le cornici irregolari evidenziano un'originalità, riconducibile allo stile di scrittura idiosincratico di Ildegarda.[77]

Le monache si occupavano della trascrizione di manoscritti fin dall'alto medioevo e in epoca carolingia. Alle monache di Chelles, un monastero nella Francia nordorientale, fondato nel VII dalla regina merovingia Batilde, si attribuisce un gruppo di codici risalenti all'VIII secolo, fra cui i volumi delle Enarrationes in Psalmos di sant'Agostino, in cui sono indicati i nomi delle amanuensi.[78]

La nobile bielorussa Predslava (1104-1167), dopo aver rifiutato il matrimonio con un principe di Kiev impostole dal padre, prese i voti con il nome di Eufrosinija e realizzò presso la cattedrale di Polack una biblioteca e uno scriptorium aperto alle giovani donne, attività proseguita con la fondazione del monastero femminile di San Salvatore, di cui fu badessa, nel quale vennero prodotti tesori dell'arte religiosa russa, fra cui icone e codici miniati come il Vangelo Pogodinskoje.[79][80]

Scriptices laiche erano attive nei principali centri di produzione libraria dei secoli XIII e XIV, come Parigi[81] e Bologna[82]. In Italia prima del XV secolo le professioniste figurano quasi sempre come scrivane, professanti l'arte della scrittura[83], come Montanaria, moglie di Onesto, che ricevette un contratto da un fiorentino di nome Bencivenne; Antonia, figlia di Rodolfo del fu Gandolfo (1275); Allegra, moglie di lvano (1279); Flandina di Tebaldino (1268), Uliana di Beneventu da Faenza, 1289; e Branca, 1329, moglie dello scriba Anastasio, "qui faciunt artem scribendi".[84] [85]

Pittrici, scultrici, vetraie

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Pitture murali nella chiesa di San Sebastián de los Caballeros, Toro (Zamora)

Nella lista delle corporazioni dei pittori fiorentini del 1339, nella Compagnia di San Luca sono presenti alcune donne, così come altre figure femminili emergono dalla documentazione dell'epoca, fra cui la moglie di Acco il pittore, che prese un apprendista per quattro anni (1295).[86] Teresa Díez, nome inciso sulle pitture murali a secco del coro del Monastero Reale di Santa Clara de Toro, è considerata una pittrice attiva nella provincia di Zamora nella prima metà del XIV.[87]

La più grande scultrice donna del Medioevo è indicata in Sabine, figlia dell'architetto tedesco Erwin von Steinbach, il capomastro della Cattedrale di Strasburgo sul finire del XIII secolo[88], anche se alcuni studi ne hanno contestato l'esistenza.[89]

Diverse donne risultano occupate anche nella lavorazione del vetro. Dagli elenchi della gilda dei vetrai di Parigi si apprende che il 12% dei nominati erano donne.[90] Molto apprezzata a Venezia fu Marietta Barovier, figlia di Angelo Barovier, famoso vetraio e alchimista. Vissuta nella seconda metà del Quattrocento, dopo la morte del padre ereditò e diresse la fornace per la lavorazione del vetro.[91] Divenne nota per aver inventato la rosetta, una particolare murrina con la forma di petali di rosa, conosciuta anche come chevron.[92]

La maggior parte delle donne riconosciute come artiste in questo periodo erano figlie di pittori, con possibilità di accesso sia ai materiali che all'istruzione dei padri,[93] come la bolognese Lavinia Fontana, la ravennate Barbara Longhi, la veneziana Marietta Robusti, primogenita del Tintoretto, la ritrattista fiamminga Catharina van Hemessen, pittrice di Maria d'Asburgo, sorella di Carlo V di Spagna.

Numerose altre artiste erano suore[94], come Caterina da Bologna, Antonia Uccello, figlia del pittore Paolo Uccello, Maria Ormani che inserì il suo autoritratto in un breviario del 1453[95], Barbara Ragnoni, la miniaturista Francesca da Firenze, Plautilla Nelli.

L'Ultima Cena di Plautilla Nelli, olio su tela di 7x2 metri, conservato nella Basilica di Santa Maria Novella

La pittrice autodidatta Plautilla Nelli (1524-1588), suora domenicana, fu autrice di diverse opere dipinte per il convento di Santa Caterina di Cafaggio a Firenze, dove viveva. Vasari, che le riservò dei buoni commenti, notò come le figure dei suoi quadri rivelassero una scarsa conoscenza dell'anatomia maschile, e come i suoi santi apparissero molto femminei. [96]

L'Ultima Cena è un'impressionante tela di 7 metri per 2, con personaggi dipinti a grandezza naturale.[97][98] Restaurata grazie all'aiuto di Advancing Women Artists (AWA), un'organizzazione impegnata a riportare alla luce e salvaguardare le opere prodotte da artiste, nel 2019 è stata ricollocata nel Museo di Santa Maria Novella.[99] L'opera è ritenuta la prima e forse unica rappresentazione della cena di Gesù con gli apostoli da parte di una artista donna vissuta nel periodo rinascimentale.[100]

Altre artiste note del periodo sono la scultrice Properzia de' Rossi, che iniziò come intagliatrice di noccioli di pesca e di ciliegie e divenne la prima scultrice europea conosciuta e l'unica donna ad essere inclusa nelle biografie di Vasari[101], e nel nord Europa le miniatrici e pittrici fiamminghe Levina Teerlinc, che operò alla corte inglese di Enrico VIII, e Mayken Verhulst.

Questo è il primo periodo nella storia occidentale in cui un certo numero di artiste guadagna una reputazione internazionale. L'aumento delle donne artiste può essere attribuito a importanti cambiamenti culturali, fra cui l'affermarsi dell'umanesimo, una filosofia diventata centrale nel pensiero rinascimentale, basata sulla rivendicazione della dignità di tutte le persone, che contribuì a mettere in discussione i ruoli e l'immagine femminile.[102]

Baldassarre Castiglione, Il libro del cortegiano, edizione del 1559

Due testi importanti, De mulieribus claris e La città delle donne, illustrano questo cambiamento culturale. Boccaccio, umanista del XIV secolo, scrisse De mulieribus claris (Sulle donne famose ) (1335–59), una raccolta di 104 biografie di donne tratte da fonti antiche, tra cui Timarete, pittrice ateniese, autrice di un'Artemide ad Efeso[103][104]. La scrittrice Cristina da Pizzano, di origini veneziane, vissuta alla corte dei re di Francia e riconosciuta in Europa come la prima scrittrice di professione, scrisse nel 1405 Livre de la Cité des dames nel quale, in risposta al De mulieribus claris del Boccaccio, al Roman de la Rose di Jean de Meung e ad una tradizione letteraria e artistica ricca di stereotipi femminili e spesso misogina, immaginò una società utopica e allegorica, popolata da donne illustri del passato e della contemporaneitàː sante, eroine, poetesse, scienziate, artiste, fra le quali incluse Anastaise, allora ritenuta una delle migliori miniatrici parigine.[105]

Altri numerosi testi - raccolte di biografie, exempla, storie, trattati - testimoniano un nuovo interesse per il mondo femminile e per l'educazione e l'istruzione delle donne.[106] Fra i più noti, Il Cortegiano dell'umanista italiano del XVI secolo Baldassarre Castiglione, che sostenne la necessità di un'istruzione femminile estesa all'apprendimento della musica, della pittura, della poesia e dell'arte del conversare, anche se in misura diversa da quella degli uomini e in funzione degli interessi del cortigiano e della vita mondana della corte.[107] [108] L'influenza di quest'opera contribuì ad estendere questi nuovi standard educativi rivolti alla "dama di corte" e quel modo di vivere anche alle famiglie meno nobili e ai mercanti di successo e rese non solo accettabile, ma anche lodevole per le donne, impegnarsi nelle arti visive, musicali e letterarie.[109]

Fu questo il primo periodo della storia rinascimentale in cui le nobildonne poterono studiare pittura. La cremonese Sofonisba Anguissola, prima pittrice italiana a conoscere un’autentica fama internazionale, rappresentò il più noto esempio di donne appartenenti all'aristocrazia minore che beneficiarono di un'educazione umanistica e che furono riconosciute come pittrici.[110][111] Oltre ai soggetti convenzionali, artiste come Sofonisba Anguissola, Lavinia Fontana[112], che beneficiò del contesto favorevole alle donne istruite e qualificate della sua città natale, Bologna[113], dove l'università aveva ammesso donne studiose fin dal Medioevo, e altre pittrici, come la fiamminga Caterina van Hemessen, iniziarono a raffigurarsi in autoritratti, non solo come pittrici, ma anche come musiciste e studiose, evidenziando la loro formazione a tutto tondo; il ritratto, fino ad allora riservato a figure femminili dallo sguardo pudicamente distolto e spesso con in mano un libro di preghiere, comincia a differenziarsi in una varietà di altre rappresentazioni.[109]

Le prime Accademie d'arte in Italia

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Accademia delle arti del disegno di Firenze. Ritratti dei presidenti

In Italia nella seconda metà del XVI secolo vennero fondate le prime accademie di pittura e di sculturaː l'Accademia delle arti del disegno di Firenze (1563), nata su su ispirazione del pittore Giorgio Vasari e con il patrocinio di Cosimo I de' Medici e l'Accademia di San Luca di Roma (1593), ben presto passata sotto il controllo dell'autorità papale. Indirizzate ad elevare lo status degli artisti all'interno della società e a distinguerli dai semplici artigiani impegnati nel lavoro manuale, le Accademie riservarono particolare attenzione all'istruzione, articolata in programmi di studio che comprendevano la conoscenza della prospettiva, della matematica, dell'arte antica e dello studio del corpo umano.[114]

La conoscenza dell'anatomia e il disegno dal vero divennero requisiti fondamentali per la formazione dei pittori, ma influirono negativamente sulla posizione delle donne all'interno della professione, perché per ragioni di decoro vennero escluse da quel programma di istruzione, risultando così penalizzate nella formazione e nella carriera artistica.[114] L'accesso delle donne alle Accademie rappresentava inoltre una rara eccezione; la prima donna ad essere accolta all'Accademia delle arti del disegno di Firenze fu, cinquant'anni dopo la sua fondazione, Artemisia Gentileschi, figlia d'arte[115]. Nella seconda metà del XVII secolo i registri dell'Accademia segnalano altri tre nomi di artisteː Rosa Maria Setterni (1662), Caterina Angiola Corsi Pierozzi (1691) e Colomba Agrani (1691).

Secondo i regolamenti dell'Accademia di San Luca del 1607, le donne potevano essere elette come membri, ma era proibita loro la partecipazione alle riunioni. Il nome della pittrice di nature morte Giovanna Garzoni compare in un elenco di accademici del 1633.[116]

Artiste dell'era barocca includonoː le italiane Artemisia Gentileschi, Giovanna Garzoni, Elisabetta Sirani, Diana Scultori Ghisi, Lucrina Fetti, Orsola Caccia, Ginevra Cantofoli, Maria Virginia Borghese (figlia della collezionista d'arte Olimpia Aldobrandini),[117] Elena Recco, la pittrice e architetta romana Plautilla Bricci, le francesi Louise Moillon, Élisabeth Sophie Chéron, le fiamminghe Maria Theresa van Thielen, Katharina Pepijn, Clara Peeters, Catharina Peeters, Johanna Vergouwen, Michaelina Wautier, le olandesi Judith Leyster, Maria van Oosterwijk, Rachel Ruysch, la britannica Mary Beale, le spagnole Luisa Roldán detta La Roldana, Josefa de Ayala, l'equadoregna Isabel de Cisneros, le tedesche Maria Sibylla Merian, Magdalena van de Passe.

Come nel periodo rinascimentale, molte donne erano figlie d'arte, come Artemisia Gentileschi, Elisabetta Sirani e Luisa Roldán, formatasi nel laboratorio di scultura del padre Pedro Roldán.

Giuditta che decapita Oloferne, Artemisia Gentileschi

Nella seconda metà del XVII secolo André Félibien, storiografo, segretario dell'Accademia di Francia e teorico del classicismo francese, formalizza da un punto di vista teorico la gerarchia dei generi, questione già dibattuta nel primo Rinascimento italiano da artisti-teorici come Leon Battista Alberti, Leonardo da Vinci e Giorgio Vasari e messa in pratica nelle Accademie d'arte, ponendo al centro del programma dell'Accademia il disegno dal vero.[118][119] La pittura storica, ossia i dipinti che ritraevano azioni umane narrate in letteratura, nella storia biblica e classica, per il suo scopo didattico e morale venne ritenuta artisticamente superiore alla ritrattistica, alla paesaggistica, alle nature morte e alle rappresentazioni della vita quotidiana.[120]

Molte opere di Artemisia Gentileschi (1593-1656), una delle prime donne a dipingere nudi femminili, riguardano temi biblici o scene mitologiche incentrate su personaggi femminili forti come Giuditta, Ester, Lucrezia e Cleopatra. Il suo modo di rappresentare le donne, come è rilevabile nel suo dipinto Susanna e i vecchioni, se confrontato con l'identico soggetto trattato di Tintoretto, risulta fortemente innovativo.[121] Il dipinto Giuditta che decapita Oloferne, un soggetto popolare all'epoca, è considerato il più rilevante dipinto della pittrice, influenzato forse dalla vicenda dello stupro subito.[122] Mentre altri artisti, tra cui Botticelli e la pittrice Fede Galizia, rappresentarono la stessa scena raffigurando una Giuditta passiva, la Giuditta di Gentileschi "celebra l'energia femminile espressa in un'azione diretta".[123]

Elisabetta Sirani (1638-1665), figlia di un artista bolognese, divenne l'unico sostegno della sua famiglia dopo che il padre, allievo di Guido Reni, fu costretto a cessare la sua attività per motivi di salute. Ottenne importanti incarichi per dipinti religiosi, suscitando la gelosia dei suoi rivali maschi, e fondò la prima scuola di pittura per donne, in cui ebbe come allieve Veronica Fontana, divenuta nota come intagliatrice in legno, Ginevra Cantofoli, Maria Elena Panzacchi, Lucrezia Scarfaglia. Morì nubile all'età di 27 anni, dopo aver prodotto oltre 200 dipinti e aver ricevuto gli apprezzamenti delle maggiori corti europee.[122]

Fede Galizia, Ciliege in una fruttiera d’argento, 1610. Washington, National Museum of Woman in Arts.

Nel XVII secolo nei paesi protestanti si afferma come genere la natura morta, in particolare nei Paesi Bassi e nelle Fiandre dove si sviluppa insieme alla pittura floreale - i pittori di fiori erano tra gli artisti più pagati dell'epoca - ai paesaggi, alla rappresentazione di interni domestici con donne impegnate a ricamare o a filare, segno del progressivo abbandono della pittura religiosa e dell'aumentata circolazione di dipinti, anche a solo scopo di abbellimento, nelle case della fiorente classe media.[124]

Fra le pittrici italiane che si dedicarono a questo genere, le più note sono Fede Galizia e Giovanna Garzoni. Nel nord, le pittrici includevano Clara Peeters, pittrice fiamminga specializzata in nature morte con tavole imbandite, nella tradizione dei ontbijtjes, "pezzi da colazione", con frutta e pane, o banketjes, "pezzi da banchetto", con cibi e vasellame in metalli preziosi;[125] Maria van Oosterwijk, pittrice di fiori olandese di fama internazionale, l'"l'unica pittrice professionista del secolo", Rachel Ruysch, pittrice olandese membro della corporazione dei pittori dell'Aia, nota per le sue ricche composizioni floreali.[126]

In Germania, famosa fu la naturalista ed entomologa Maria Sibylla Merian, che con i suoi dipinti di fiori e insetti trasformò il campo dell'illustrazione scientifica; nel 1679 pubblicò il primo dei suoi volumi sugli insetti europei da lei illustrati, che godettero di un notevole successo all'interno della comunità scientificaː Der Raupen wunderbare Verwandelung und sonderbare Blumennahrung (trad.ː La meravigliosa trasformazione dei bruchi e il loro singolare nutrimento per le piante).[127]

In altri paesi la natura morta era meno comune, ma c'erano importanti artiste nel genere, come la pittrice francese, figlia d'arte, Louise Moillon, i cui dipinti di nature morte con frutta e ortaggi erano noti per i loro colori brillanti.[128]

Fede Galizia, Louise Moillon, Clara Peeters, sono annoverate fra le pioniere di questo genere, di cui avrebbero contribuito a stabilire le convenzioni formali e iconografiche, un tipo di pittura particolarmente diffuso tra le donne, poiché i soggetti da dipingere erano di facile accesso, al contrario delle rappresentazioni mitologiche o storiche, che richiedevano una conoscenza dell'anatomia umana, dal cui apprendimento erano escluse.[129][130]

In Francia e in Gran Bretagna durante questo secolo, connotato dal passaggio da una cultura aristocratica cortese, fondata sull'iconografia del potere, a uno stile decorativo più rispondente agli interessi della nobiltà urbana e alla ricca borghesia mercantile, molte donne raggiungono una notevole importanza pubblica nelle arti e nella vita intellettuale.

L'arte delle donne, tuttavia, a causa della loro esclusione dalle accademie, e con esse, dall'apprendimento del disegno di figura, e sulla base della scarsa considerazione sociale riposta nelle loro capacità artistiche, rimane incentrata sulla ritrattistica, su soggetti botanici, animali, paesaggi, scene di genere "domestiche", mentre l'arte degli uomini segue lo stile più "elevato" della pittura storica, ritenuto fondato sull'esercizio delle facoltà dell'intelletto, prerogativa del genere maschile. I mezzi e le tecniche ritenuti maggiormente appropriati per le donne, che avrebbero loro permesso di esercitare le doti innate di pazienza, preziosità e meticolosità ad esse tradizionalmente attribuite, venivano indicati nel disegno a tratteggio, nel pastello, nell'acquerello, o nella pittura in miniatura su avorio.[131]

Tre donne artiste godranno di una fama senza precedenti in questo secoloː Rosalba Carriera, Angelica Kauffman ed Elizabeth Vigee-Lebrun.

La ritrattista italiana Rosalba Carriera (1673-1757), eletta all'Académie royale de peinture et de sculpture di Parigi nell'ottobre 1720, si affermò nell'uso del pastello, elevandolo da materiale usato per schizzi preliminari, ad innovativo strumento per la ritrattistica professionale, influenzando in modo significativo lo sviluppo del rococò e il genere del ritratto in Francia e poi in Inghilterra, dove Giorgio III fu uno dei principali collezionisti del suo lavoro.[132] Nel 1730 fu invitata alla corte asburgica e si diffuse la popolarità dei ritratti a pastello a Vienna.[133]

Elisabeth Vigée-Lebrun, Maria Antonietta regina di Francia e i suoi figli

La pittrice svizzera, figlia d'arte, Angelica Kauffman (1741-1807), ritenuta fra gli iniziatori dello stile neoclassico in Inghilterra, riuscì a scalfire il monopolio maschile sulla pittura storica esercitato dagli accademici, nonostante fosse stata esclusa, come donna, dalla formazione dal modello di nudo su cui si basavano le convenzioni di questo genere.[134] Il riferimento ai limiti della sua istruzione, e alla conseguente ignoranza dell'anatomia maschile, fu tuttavia spesso utilizzato dai suoi contemporanei e dai posteri per sostenere l'inferiorità del suo lavoro rispetto a quello dei artisti maschi coevi.[135]

La ritrattista francese Elisabeth Vigée-Le Brun (1755-1842), figlia d'arte ma rimasta orfana prematuramente, venne ammessa come accademica nel 1783; nonostante avesse prodotto diversi quadri storici e avesse utilizzato la sua esperienza nella ritrattistica per creare una scena allegorica, La pace che riporta l'abbondanza, presentata per essere ammessa, non venne accolta tra i pittori di storia. Divenne la preferita della regina Maria Antonietta, e dopo il successo ottenuto alla sua esposizione al Salon nel 1785, ottenne dalla sua protettrice l'incarico di realizzare un ritratto con i suoi figli, che sarà definito una delle grandi opere della pittura politica del Settecento.[136]

Artiste di questo periodo includono Adélaïde Labille-Guiard, Marianne Loir e Anne Vallayer-Coster, Maria Cosway, Marguerite Gérard, Giulia Lama, Mary Moser, Ulrika Pasch, Adèle Romany, Anna Dorothea Therbusch, Marie-Guillemine Benoist, Marie-Suzanne Giroust, meglio conosciuta come Madame Roslin, Anna Rajecka, nota anche come Madame Gault de Saint-Germain.

Madame Mitoire con i suoi figli, di Adelaide Labille-Guiard

Risulta evidente in questo secolo l'aumento del numero delle donne artisteː nel XV secolo le fonti storiche registrano l'esistenza di meno di dieci donne in tutta Europa definite come artiste; diventano quasi trecento nel corso del Settecento.[137]

La diffusione dei salotti letterari, particolarmente attivi in Francia, in cui si riunivano artisti, scrittori, filosofi, contribuì ad affermare il ruolo di molte donne della nobiltà e della borghesia agiata che organizzavano tali intrattenimenti nelle loro case e promovevano l'interesse per l'arte, sia praticando come dilettanti, che nella forma del mecenatismo; esempio ne fu Jeanne Poisson, marchesa de Pompadour.[138]

I motivi del crescente numero di donne della classe media e alta che si dedicano al disegno a livello amatoriale, l'aumentata visibilità e affermazione sociale delle donne artiste sono stati oggetto di dibattito fra gli storici dell'arte, in considerazione della contemporanea marcata costruzione della differenza sessuale declinata come requisito di accesso alle attività pubbliche. Alcuni studi hanno sottolineato come l'aumento delle donne che si dedicarono al disegno e alla pittura nel Settecento rappresenti il segno dell'avvenuta accettazione sociale che l'educazione di una giovane donna dovesse comprendere anche l'apprendimento delle arti, come già era stato messo in pratica nei conventi medievali e sostenuto nella trattatistica rinascimentale.[137]

Altre interpretazioni individuano la ragione del successo ottenuto da numerose pittrici, nel ruolo di sostegno che le artiste professioniste avrebbero offerto alle nuove ideologie della femminilità, evidenziando nelle immagini femminili le qualità "naturali" di bellezza, grazia, semplicità e modestia, assecondando le differenze di genere che a livello sociale, filosofico, politico la classe al potere e gli intellettuali erano impegnati a definire nella costruzione della nuova ideologia della maternità e della famiglia. Il ritratto a pastello di Madame Mitoire e i suoi figli (1783) di Adélaïde Labille-Guiard, veicolante l'ideale della maternità felice, ne costituirebbe un esempio.[139]

Sviluppo delle Accademie d'arte in Europa

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In molti paesi d'Europa le Accademie erano responsabili della formazione degli artisti, dell'esposizione di opere d'arte, in alcuni casi della promozione della loro vendita, diventando gli arbitri dello stile.[140] A Parigi, ad esempio, nel 1737 l'Accademia consolidò il suo controllo sulle arti visive istituendo una mostra ufficiale, denominata Salons, che si svolgeva al Louvre in autunno, cui potevano partecipare solo gli iscritti all'Accademia.[141]

Ritratto di Rosalba Carriera eseguito per celebrare la sua nomina all'Accademica di San Luca

In Italia, nel corso del XVII e del XVIII secolo, alle prestigiose Accademie di Firenze e Roma, fondate nella seconda metà del XVI secolo, si aggiunsero nuove accademie, pubbliche e private, come quelle di Bologna, Milano, Lucca, Parma e Venezia. Nel XVIII secolo alcune artiste ne divennero membri, come la veneta Rosalba Carriera, eletta nel 1705 accademica di merito all'Accademia romana di San Luca. La maggior parte di esse godeva di legami di parentela, per nascita o per matrimonio, con artisti famosi, come Luisa Roldán (1706), Maria Felice Tibaldi (1742), Veronika Stern (1742), Maria Maini, figlia dello scultore Giovanni Battista Maini.

Molte erano artiste straniere, e il loro accesso risulta spesso una sorta di tributo d'onore alla fama già consolidata in patriaː è il caso, ad esempio, della svizzera Angelica Kauffman, accolta tra i membri dell'Accademia del Disegno nel 1762, poco dopo il suo arrivo a Firenze, e, sempre nello stesso anno, tra i membri dell'Accademia Clementina di Bologna; nel 1765 diventa membro dell'Accademia di San Luca a Roma e nel 1788 membro onorario dell'Accademia delle Belle Arti a Venezia.[116]

Anche se il numero di donne ammesse alle Accademie risulta in crescita, esse erano escluse da diverse attivitàː ad esempio, non potevano partecipare alle votazioni, insegnare, concorrere a premi, ricoprire cariche o studiare il nudo utilizzando modelli maschili o femminili.[142] In questo modo, la loro produzione artistica veniva limitata a generi, come la ritrattistica o la natura morta, considerati intellettualmente e artisticamente inferiori.[143]

La valorizzazione della professione, lo studio dell'antichità classica, l'enfasi sul disegno dal vero, ispirarono la formazione di accademie anche in altre città europee, tra cui Haarlem, Utrecht, Amsterdam, Parigi, Norimberga, Berlino, Dresda, Monaco di Baviera, Vienna, Copenaghen, Edimburgo, Dublino, Lisbona, Madrid e San Pietroburgo.[144] La maggior parte di queste istituzioni, tuttavia, non era aperte alle donne e solo a partire dalla seconda metà del XIX secolo iniziò ad essere riconosciuto il loro diritto di accesso alla formazione artistica.[145]

Jean-Baptiste Martin, Une assemblée ordinaire de l'Académie royale de Peinture et de Sculpture au Louvre

In Francia tra il XVII secolo e la Rivoluzione francese la potente Académie royale de peinture et de sculpture, fondata a Parigi nel 1648, contava 450 membri, e di questi solo quindici (circa il 3%) erano donne.[146] Anche qui, come in Italia, numerose artiste erano straniere o figlie o mogli di altri membri; la loro posizione giuridica era poco chiara, perché, in quanto donne, non potevano giurare fedeltà all'istituzione e alle sue regole. La prima donna ad essere accettata nell'Accademia, dopo un esame della sua opera, fu nel 1663 Catherine Duchemin, moglie dello scultore François Girardon.[141] Nel 1682 sette artiste facevano parte dell'Accademia, ma nel 1706 venne vietato che vi potessero accedere ulteriori donne; rappresentò un'eccezione l'ammissione di alcune note artiste straniere, come quella di Rosalba Carriera, diventata membro dell'Accademia durante la sua visita a Parigi nel 1720, della tedesca Anna Dorothea Therbusch nel 1767 e, nel 1757 e 1770, di tre pittrici francesiː Marie-Thérèse Reboul, Anne Vallayer-Coster e la ritrattista Marie Suzanne Giroust.[147]

Nel 1793, durante il periodo rivoluzionario, tutte le accademie vennero abolite; al loro ripristino nel 1795, sotto l'Institut de France, l'Accademia di pittura e scultura ammise le donne solo a titolo onorario.[148]

The Academicians of the Royal Academy, dipinto di Johann Zoffany, 1771-1772.

Diversa fu la situazione delle accademie provincialiː nella seconda metà del Settecento ve ne erano oltre un centinaio attive nel paese, e quella di Tolosa, ad esempio, contava 111 studentesse registrate, di cui 10 esposero nei Saloni di quell'Accademia. La maggior parte di loro praticava la pittura a livello amatoriale, come parte di un'istruzione di classe superiore, rafforzando lo stereotipo che una donna che disegna non aspira a diventare un'artista.[149]

La Royal Academy of Arts di Londra venne fondata nel 1768, sotto la protezione di Giorgio III, e modellata sull'esempio italiano e francese, con insegnamenti di anatomia, prospettiva e geometria, pittura e architettura; fra i 40 membri fondatori vi erano due donne, la svizzera Angelica Kauffman, specializzata nella ritrattistica e nei soggetti storici, e Mary Moser, nota per le sue raffigurazioni di fiori.[150] Sebbene le due donne partecipassero attivamente alla vita dell'Accademia, è singolare il ritratto del 1771-72 del pittore tedesco Johann Zoffany degli Accademici della Royal Academy, che ritrae i membri fondatori nella sede dell'Accademia, riuniti in una stanza in cui si svolge il disegno dal vero, un'attività di insegnamento ritenuta centrale nel programma dell'istituzione. I presenti, fra statue antiche disposte lungo le pareti, sono tutti di sesso maschile, compresi i due modelli nudi. Per motivi di decoro le uniche due donne fondatrici non fanno parte del gruppo, ma sono evocate in due ritratti appesi al muro.[151]

Le artiste della prima parte del XIX secolo includono le francesi Marie-Denise Villers, Marguerite Gérard, Henriette Lorimier, specializzate in ritrattistica, Louise-Adéone Drölling, figlia d'arte, Constance Mayer, che dipinse ritratti e allegorie, Pauline Auzou, nota per le scene di genere, i soggetti mitologici, Angélique Mongez, una delle rare pittrice di soggetti storici, allieva di David e Regnault[139]; la tedesca Marie Ellenrieder, conosciuta per i suoi dipinti religiosi in stile nazareno. In Inghilterra pittrici di genere furono Emily Osborn, autrice di dipinti "narrativi" con soggetti femminili spesso ritratti in situazioni difficili, come la donna in Nameless and Friendless, ed Edith Hayllar, figlia d'arte.[152]

Elizabeth Jane Gardner, La Confidence, 1880

Nella seconda metà del secolo, Emma Sandys, Marie Spartali Stillman, Eleanor Fortescue-Brickdale e Maria Zambaco [153] furono artiste del movimento preraffaellita. Influenzate dai preraffaelliti furono anche Evelyn De Morgan e l'attivista e pittrice Barbara Bodichon.[154]

Elizabeth Thompson, Scotland for Ever (1881)

La francese Rosa Bonheur (1822-1899) è stata l'artista femminile più famosa del suo tempo, nota a livello internazionale per i suoi dipinti di animaliː La sua Fiera dei cavalli le garantì la fama internazionale e fu venduta a un prezzo favoloso. Anticonformista, come George Sand si vestiva da uomo, non si sposò e visse per molto tempo in unione con un'altra pittrice, garantendosi da vivere con le sue opere come professionista indipendente fino all'ultimo dei suoi giorni.[155]

La britannica Elizabeth Thompson (Lady Butler) (1846-1933), specializzata in scene di azione militare, di solito con molti cavalli, è stata una delle prime donne a diventare famosa per i grandi dipinti storici. Il più famoso, Scozia per sempre!, raffigura una carica di cavalleria a Waterloo.[156]

Le pittrici francesi Berthe Morisot, Marie Bracquemond, Eva Gonzalès sono ritenute le principali interpreti dell’impressionismo, che ebbe un seguito anche fra le pittrici statunitensi Mary Cassatt, Lilla Cabot Perry, Lucy Bacon e Cecilia Beaux,[157][158]

Sensibili alla corrente dell'impressionismo furono anche la pittrice e mecenate belga Anna Boch, che si prese cura di giovani talenti, come Vincent van Gogh,[159] la canadese Laura Muntz Lyall, le polacche Anna Bilińska-Bohdanowicz, prima artista a ricevere in patria un'istruzione artistica professionale a livello accademico e ad ottenere fama all'estero e Olga Boznańska, definita "il più grande pittore polacco del movimento della Giovane Polonia".[160][161]

Kitty Lange Kielland è stata una pittrice paesaggista norvegese; alcuni suoi dipinti, alla fine degli anni '80 dell'Ottocento influenzarono lo sviluppo del neoromanticismo in Norvegia.[162] La pittrice statunitense Elizabeth Jane Gardner fu la prima donna americana ad esporre al Salon di Parigi e a vincere una medaglia d'oro nel 1872[163], mentre la pittrice e modella Suzanne Valadon, dalla vita particolarmente tormentata, fu la prima donna ammessa alla Société Nationale des Beaux-Arts in Francia nel 1894.[164]

Formazione artistica femminile

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Beatrix Potter, Miss Moppet

Continua in questo secolo la diffusione dell'arte della pittura, a livello amatoriale, fra le donne delle classi d'élite, come la principessa Eugenia di Svezia, la principessa Marie Christine d'Orléans e la regina Vittoria e le sue figlie, la cui istruzione prevedeva lezioni di disegno e pittura, indipendentemente dalla loro personale inclinazione o abilità. La formazione riservata alle donne della classe media del periodo vittoriano risulta invece rivolta al design e alla decorazione, per soddisfare esigenze familiari e domestiche. Soggetti frequenti sono ortaggi, animali e fiori, la cui accurata composizione o pittura avvicina diverse donne allo studio della zoologia o della botanicaː a partire da questo interesse amatoriale, alcune donne, come ad esempio le inglesi Elizabeth Twining e Beatrix Potter, la statunitense Susan Fenimore Cooper, la francese Natalie-Elma Renaud, diventano stimate naturaliste e illustratrici di libri.[165]

Sul finire del XIX secolo in Gran Bretagna il lavoro amatoriale delle donne e la loro produzione "artigianale" acquistarono una nuova importanza grazie al movimento Arts and Crafts promosso da William Morris e dalle donne della sua famiglia, che rivalorizzarono i prodotti artigianali, come il ricamo ornamentale, le incisioni su legno, le ceramiche, i tappeti, opponendoli alla produzione industriale di massa, ritenuta priva di qualità.[166] La Glasgow School of Art, aperta alle donne dal 1853, produsse dopo il 1885 un'intera generazione di artisti decorativi e pittori, fra cui un gruppo di designer e artiste denominate Glasgow Girls.[167]

In Francia, molte delle prime scuole d'arte, come l'Ecole Gratuite de Dessin pour les Jeunes Filies, istituita nel 1803, che ebbe come direttrice Rosa Bonheur dal 1848 al 1859, erano indirizzate a formare le donne al lavoro e si concentravano sulla produzione di manufatti domestici come tessuti, carta da parati dipinta, fiori artificiali, ventagli, ceramiche, rilegature di libri e arazzi.[168]

Nel 1870 venne istituita in Italia la Scuola di disegno professionale per giovinette a Torino, e l'anno successivo a Genova la Scuola di disegno femminile applicata all'industria.[169]

In Europa e negli Stati Uniti nel corso del XIX secolo si ampliò in una certa misura l'accesso delle donne alla formazione artistica nelle Accademie d'arte. A Philadelphia, la prestigiosa Academy of Fine Arts fondata nel 1805, dal 1824 aprì le porte ad alcune studentesse; dal 1868 poterono avere accesso alle classi di disegno dal vero.[170]

Royal Academy of Arts, Londra

La British Government School of Design, che in seguito divenne il Royal College of Art, ammise le donne sin dalla sua fondazione nel 1837, ma solo in una "Scuola femminile" che doveva prepararle principalmente all'esercizio di abilità professionali legate al mondo della produzione e della manifattura.[171][172]

Nel 1855 fu fondata a Londra la Society of Female Artists (ora chiamata The Society of Women Artists) per promuovere le opere artistiche create da donne; organizzò mostre annuali dal 1857, anno in cui vennero esposte 358 opere di 149 donne.[173]

Nel corso della seconda metà dell'Ottocento molte studentesse d'arte si opposero strenuamente, attraverso petizioni pubbliche e dibattiti, alla loro esclusione dalla formazione artistica alla Royal Academy; la possibilità che anche le donne potessero diventare artiste divenne oggetto di dibattito fra gli intellettuali dell'epoca, cui parteciparono anche lo scrittore e pittore John Ruskin[174] e altri critici in numerose riviste.[175]

In seguito all'ammissione alla Royal Academy nel 1860, per errore, di Laura Herford, che aveva presentato dei disegni firmati solo con le sue iniziali, nei dieci anni successivi furono ammesse all'Accademia altre 34 donne. L'accesso alla pittura dal vero con un modello dal vivo nudo avvenne a partire dal 1893, quando la figura maschile parzialmente panneggiata fu introdotta nella classe femminile.[176]

La pittrice Laura Knight (1877 - 1970) è stata la prima donna ad ottenere il pieno status di Accademico Reale nel 1936, più di 150 anni dopo le due donne socie fondatrici.[177]

Negli anni che seguirono la Rivoluzione, che aveva sostenuto l'inabilità, per le donne, di accedere alla vita politica, la condizione delle artiste registrò un miglioramento. Nel 1803 viene creata l'Académie des beaux-arts, erede dell'Académie royale de peinture et de sculpture di Parigi, Pur restando escluse fino a fine Ottocento dall'ammissione all'Ecole des Beaux-Arts, le donne aumentarono la loro rappresentanza nelle mostre al Salonː nel 1801 il 14,6% degli artisti che esponevano erano donne, percentuale salita al 22,2% nel 1835.[178] Le studentesse vennero ammesse ufficialmente alla scuola nel 1896 e solo dopo una lunga lotta.[179]

Nel 1873 re Vittorio Emanuele II approvò un nuovo Statuto che ammetteva le donne tra gli accademici di merito, permettendo loro di accedere alle scuole superiori e di insegnare arte e disegno. In quell'anno vennero ammesse, senza limitazione di numero, all'Accademia di Belle Arti di Firenze, mentre la presenza femminile restò ancora poco tollerata all'Accademia di San Luca a Roma; solo dopo gli anni Settanta, con l'istituzione di un diploma in disegno, aumentarono le iscrizioni di studentesse all'Accademia di Brera di Milano. In diverse città, come Roma e Milano, era d'uso per le aspiranti artiste frequentare gli atelier di scultori e pittori o le accademie private. La prima mostra collettiva di sole artiste si tenne a Firenze nel 1890, seguita da altre due grandi esposizioni nel 1899 e 1900.[180]

Camille Claudel, La Valse 1893

Prima dell'inizio del XIX secolo, nell'Inghilterra georgiana un'eccezionale donna d'affari indipendente, Eleanor Coade (1733-1821), scoprì in età avanzata il proprio talento artistico. Divenne nota per la produzione di statue neoclassiche, decorazioni architettoniche e ornamenti da giardino in pietra Lithodipyra o Coade, un gres ceramico modellato di alta qualità, durevole e resistente agli agenti atmosferici; tra il 1773 e il 1780 espose circa 30 sculture su temi classici presso la Society of Artists.[181] Dopo la sua morte, il suo gres Coade fu utilizzato per i lavori di ristrutturazione di Buckingham Palace e da noti scultori nelle loro opere monumentali, come il South Bank Lion (1837) di William Frederick Woodington sul Westminster Bridge, Londra.

Sofia Hoare, Giovane con frutta esotica, ca. 1870

Altre scultrici note del periodo includono le francesi Julie Charpentier, figlia d'arte[182], Helene Bertaux[183] e Blanche Moria,[184] sostenitrici dei diritti delle donne, Camille Claudel, morta in manicomio nel 1947[185]; la scultrice tedesca Elisabet Ney, che ritrasse famosi uomini politici come Otto von Bismarck, Giuseppe Garibaldi e Giorgio V di Hannover[186], la statunitense Sarah Fisher Ames, che produsse diversi busti di Abraham Lincoln, di cui era amica[187]; la polacca Helena Unierzyska, figlia di Jan Matejko[188], la russa Anna Golubkina,[189] e la statunitense Enid Yandell, [190]che studiarono con Auguste Rodin; Edmonia Lewis fu la prima afro-americana con radici native a raggiungere la fama e il riconoscimento internazionale.[191]

In Oriente si distinse fra le donne scultrici Seiyodo Bunshojo (1764-1838), un'intagliatrice giapponese di netsuke e scrittrice di Haiku, figlia di Seiyodo Tomiharu.[192] Il suo lavoro può essere visto al Walters Art Museum.[193]

Constance Fox Talbot potrebbe essere la prima donna in assoluto ad aver scattato una fotografiaː era circa il 1840. [194] Degli anni quaranta dell'Ottocento risalgono anche i primi dagherrotipi di Franziska Möllinger (1817–1880), pioniera fotografa svizzera che viaggiava in un carro attrezzato con camera oscura attraverso il paese osservando paesaggi da riprodurre e pubblicare.[195] Più tardi, Julia Margaret Cameron e Gertrude Kasebier divennero famose nell'uso del nuovo mezzo fotografico, per il quale non esistevano restrizioni per le donne o formazione necessaria per accedervi.[196][197]

Lady Clementina Hawarden fu una fotografa ritrattista amatoriale britannica dell'era vittoriana, produsse oltre 800 foto ritratto, per lo più delle proprie figlie, e raggiunse grande fama per la sua eccellenza artistica; espose per la prima volta nella mostra annuale della Photographic Society di Londra nel gennaio 1863 e fu eletta membro della Società nel marzo successivo. [198]

Sophia Hoare, un'altra fotografa britannica, si trasferì nel 1868 a Papeete, Tahiti, dove rimase fino al 1904. Nell'isola scattò numerose foto di vita quotidiana durante gli ultimi tre decenni del XIX secolo, foto che nel 1889 espose all'Exposition Universelle de Paris, vincendo una medaglia di bronzo.[199]

In Francia, luogo di nascita del medium, una delle prime fotografe fu Geneviève Élisabeth Disdéri ( c.1817–1878) che nel 1843 sposò il fotografo pioniere André-Adolphe-Eugène Disdéri, collaborando con lui nel loro studio di dagherrotipia di Brest dalla fine degli anni quaranta dell'Ottocento. [200] Dopo che suo marito partì per Parigi nel 1852, Geneviève continuò a gestire l'atelier da sola. È ricordata per le sue 28 vedute di Brest, principalmente architettoniche, pubblicate come Brest et ses Environs nel 1856. [201] Nel 1872 si trasferì a Parigi, aprendo uno studio in Rue du Bac, dove forse fu assistita dal figlio Jules. Gli elenchi commerciali indicano che ha continuato a gestire il suo studio fino alla morte, avvenuta in un ospedale di Parigi nel 1878. [202] È stata una delle prime fotografe professioniste al mondo, attiva solo poco dopo la tedesca Bertha Beckmann[203] e la svedese Brita Sofia Hesselius.[204]

Nel Novecento la condizione, i comportamenti e l’immagine delle donne nel mondo occidentale appaiono profondamente trasformati. L’accesso delle donne a tutti i diritti formali, da quello alle professioni alla parità di trattamento con gli uomini nel lavoro e nelle istituzioni, la consistente partecipazione femminile ai diversi settori del mercato del lavoro, la straordinaria crescita dell’acculturazione femminile, il controllo della procreazione e la diminuzione del numero dei figli sono alcuni degli aspetti principali e più evidenti delle significative trasformazioni avvenute.

È un cammino per l’intero secolo connesso alle trasformazioni complessive della società: l’industrializzazione crescente e l’inurbamento, che modificano i modi di vivere e sconvolgono la tradizionale divisione sessuale del lavoro; lo sviluppo scientifico e tecnologico, che permettono migliori condizioni di salute e una maggiore aspettativa di vita; la pace e la prosperità del secondo dopoguerra, che moltiplica la disponibilità di beni e servizi, le istanze libertarie del ‘68 che mettono in discussione l’autoritarismo nei rapporti sociali e in famiglia e a tanti altri fattori, come la pillola anticoncezionale, che libera le donne dalle gravidanze non volute, e gli elettrodomestici prodotti in massa dalla fabbrica fordista, che diminuiscono la fatica del lavoro domestico.

All'inizio del secolo molte donne della classe media e operaia stavano cercando di liberarsi restrizioni domestiche, acquisire maggiore indipendenza e rivendicare tempo libero per se stessi il primo Novecento. Ad esempio, le donne hanno fondato nuove riviste e scritto libri per altre donne e formarono un considerevole pubblico di lettori nel 1900.

Queste nuove opportunità di lettura sono state rese possibili da grandi progressi nell'istruzione femminile entro il primo quarto del Novecento. Istruzione elementare obbligatoria, l'aumento delle opzioni di scuola secondaria e di titoli universitari per le donne ha contribuito a creare a pubblico più alfabetizzato e interessato. Le donne erano ammesse alle università (anche se non alle stesse condizioni degli uomini) in Inghilterra e Francia negli anni '60 dell'Ottocento, in Scozia negli anni '90 dell'Ottocento

I movimenti femministi assumono forme e obiettivi diversi nei diversi contesti e periodi. Sono particolarmente attivi, visibili e incisivi prima della Prima guerra mondiale e fra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento. La prima ondata del femminismo è all’insegna dell’emancipazione e della richiesta di pari diritti ovvero l’uguaglianza con gli uomini (“femminismo dell’uguaglianza”). Nella seconda ondata, dopo quella del primo Novecento, i movimenti femministi mirano alla “liberazione” della donna, ad affermare un’identità femminile non subordinata né assimilata a quella maschile, al riconoscimento e alla valorizzazione delle differenze di cui uomini e donne sono portatori (“femminismo della differenza”)

Artiste di questo periodo includonoː Hannelore Baron, Vanessa Bell, Lee Bontecou, Louise Bourgeois, Romaine Brooks, Emily Carr, Leonora Carrington, Mary Cassatt, Elizabeth Catlett, Camille Claudel, Sonia Delaunay, Marthe Donas, Joan Eardley, Marisol Escobar, Dulah Marie Evans, Audrey Flack, Mary Frank, Helen Frankenthaler, Elisabeth Frink, Wilhelmina Weber Furlong, Françoise Gilot, Natalia Goncharova, Nancy Graves, Grace Hartigan, Barbara Hepworth, Eva Hesse, Sigrid Hjertén, Hannah Höch, Frances Hodgkins, Malvina Hoffman, Irma Hünerfauth, Margaret Ponce Israel, Gwen John, Elaine de Kooning, Käthe Kollwitz, Lee Krasner, Frida Kahlo, Hilma af Klint, Laura Knight, Barbara Kruger, Marie Laurencin, Tamara de Lempicka, Séraphine Louis, Dora Maar, Margaret Macdonald Mackintosh, Maruja Mallo, Agnes Martin, Ana Mendieta, Joan Mitchell, Paula Modersohn-Becker, Gabriele Münter, Alice Neel, Louise Nevelson, Georgia O'Keeffe, Betty Parsons, Aniela Pawlikowska, Orovida Camille Pis sarro, Irene Rice Pereira, Paula Rego, Bridget Riley, Verónica Ruiz de Velasco, Anne Ryan, Charlotte Salomon, Augusta Savage, Zofia Stryjeńska, Zinaida Serebriakova, Sarai Sherman, Henrietta Shore, Sr. Maria Stanisia, Marjorie Strider, Carrie Sweetser, Annie Louisa Swynnerton, Franciszka Themerson, Suzanne Valadon, Remedios Varo, Maria Helena Vieira da Silva, Nellie Walker, Marianne von Werefkin e Ogura Yuki . [205]

Hilma af Klint (1862–1944) è stata una pittrice astratta pioniera, che ha lavorato molto prima delle sue controparti maschili espressioniste astratte. Era svedese ed esponeva regolarmente i suoi dipinti che trattavano del realismo, ma le opere astratte non furono mostrate fino a 20 anni dopo la sua morte, su sua richiesta. Si considerava una spiritualista e mistica. [206]

Margaret Macdonald Mackintosh (1865–1933) è stata un'artista scozzese le cui opere hanno contribuito a definire lo "stile di Glasgow" del 1890 e dell'inizio del XX secolo. Ha collaborato spesso con suo marito, l'architetto e designer Charles Rennie Mackintosh, in opere che hanno avuto influenza in Europa. Espose con Mackintosh alla Secessione di Vienna del 1900, dove si pensa che il suo lavoro abbia avuto un'influenza sui secessionisti come Gustav Klimt . [207]

Annie Louisa Swynnerton (1844-1933) era un'artista ritrattista, paesaggista e "simbolista", considerata dai suoi coetanei, come John Singer Sargent e Edward Burne-Jones come uno degli artisti più raffinati e creativi della sua epoca, ma era ancora non è consentito l'accesso alla formazione della scuola d'arte tradizionale. Si è trasferita all'estero per studiare all'Académie Julian e ha trascorso gran parte della sua vita in Francia ea Roma, dove gli atteggiamenti più liberali le hanno permesso di esprimere un'ampia gamma di soggetti compositivi. Non fu ancora formalmente riconosciuta in Gran Bretagna fino al 1923, all'età di 76 anni, quando divenne la prima donna ammessa alla Royal Academy of Arts . [208] [209]

Wilhelmina Weber Furlong (1878–1962) è stata una delle prime moderniste americane a New York City. Ha dato un contributo significativo all'arte moderna americana attraverso il suo lavoro presso la Art Students League e il Whitney Studio Club . [210] [211] Aleksandra Ekster e Lyubov Popova erano artisti costruttivista, cubo-futurista e suprematista ben noti e rispettati a Kiev, Mosca e Parigi all'inizio del XX secolo. Tra le altre donne artiste di spicco nell'avanguardia russa c'erano Natalia Goncharova, Varvara Stepanova e Nadezhda Udaltsova . Sonia Delaunay e suo marito furono i fondatori dell'Orfismo

Nell'era dell'Art Déco, Hildreth Meiere realizzò mosaici su larga scala e fu la prima donna a ricevere la Medaglia di Belle Arti dell'American Institute of Architects. [212] Tamara de Lempicka, anche lei di quest'epoca, era una pittrice Art Deco dalla Polonia . Sr. Maria Stanisia divenne una notevole ritrattista, principalmente del clero. [213] Georgia O'Keeffe è nata alla fine del XIX secolo. Divenne nota per i suoi dipinti, con fiori, ossa e paesaggi del New Mexico . Nel 1927, il dipinto di Dod Procter Morning fu votato Foto dell'anno alla Royal Academy Summer Exhibition e acquistato dal Daily Mail per la Tate Gallery. [214] La sua popolarità ha portato alla sua proiezione a New York e a un tour di due anni in Gran Bretagna. [215] Il surrealismo, un importante stile artistico negli anni '20 e '30, ha avuto un certo numero di artisti donne di spicco, tra cui Leonora Carrington, Kay Sage, Dorothea Tanning e Remedios Varo . [216] C'erano anche valori anomali, come l'autodidatta britannico, spesso osservatore comico, Beryl Cook (1926-2008). [217]

Tra le artiste dell'Europa centrale e orientale, si segnalano Milein Cosman (1921-2017), Marie-Louise von Motesiczky (1906-1996), Else Meidner (1901-1987), Sanja Iveković (nata nel 1949), Orshi Drozdik ( nato nel 1946)

Donne fotografe

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Dorotea Lange, Madre migrante, c. 1936

Nella grande età della fotografia in bianco e nero della prima metà del XX secolo vi fu una notevole crescita del numero di fotografi di entrambi i sessi. La città eletta a capitale era Parigi, patria di famose fotografe francesi, come Laure Albin Guillot (1879-1962), ritrattista di successo e pioniera della microfotografia, che fece da ponte fra la generazioni dei pittorialisti e il movimento Neues Sehen o Nouvelle vision,[218] e Lucy Renée Mathilde Schwob, nota con lo pseudonimo di Claude Cahun (1894-1954), artista surrealista, fotografa e scrittrice, pioniera dell’autoritratto fotografico e dell’uso del travestimento come mezzo di esplorazione dell’identità.[219]

La capitale francese rappresentò una meta ambita per quanti volevano approfondire la propria formazione artistica, come la statunitense modella e fotografa di alta moda Lee Miller, allieva e compagna di Man Ray, che sperimentò la tecnica fotografica della solarizzazione e diventò corrispondente di guerra per Vogue[220], e fu anche paese d'elezione per rifugiate dalla Germania e dall'Europa orientaleː la fotografa tedesca Gerda Taro, nota per i suoi reportage di guerra e il suo sodalizio con Robert Capa, morta a soli 26 anni, travolta da un carro armato durante la guerra civile spagnola; l'attivista politica Germaine Krull[221], la tedesca Marianne Breslauer, pioniera delle street photography,[222] la fotografa e fotoreporter Gisèle Freund, famosa per i suoi documentari e i ritratti di artisti e scrittori[223], l'ungherese Ergy Landau, formatasi al Bauhaus, divenuta famosa per le sue fotografie pubblicitarie e le immagini della capitale francese, anche con nudi femminili.[224]

Tina Modotti, Donna di Tehuantepec

Tra coloro che trasferirono in Gran Bretagna a causa delle origini ebraiche o dell'attività politica svolta in patria, vi furono le fotografe austriache Edith Suschitsky (1908-1978), nota come Edith Tudor Hart, divenuta una spia del KGB, e Gerti Deutch (1908–79), famosa per suo lavoro come fotoreporter per la rivista Picture Post, dal 1938 al 1950.[225]

Tina Modotti, fotografa, attrice e attivista italiana, rifiutò la definizione di artista, sostenendo di voler registrare la realtà con "oneste fotografie", prive di abbellimenti o manipolazioni artistiche, e usò questa forma espressiva come strumento di indagine e denuncia sociale, mettendo al centro "i simboli del lavoro, del popolo e del suo riscatto"[226]. Raggiunge la fama con i suoi reportage realizzati negli anni venti in Messico, nei quali documentò le condizioni di miseria dei contadini, la vita delle donne e le speranze disattese della rivoluzione zapatista.[227]

Nel primo Novecento in Italia acquisteranno notorietà due fotografe straniere residenti a Roma, allora capitale cosmopolita, vicine agli ambienti della nobiltà e della corteː la britannica Eva Barrett e l'ungherese Ghitta Carell.[228] La triestina Wanda Wulz, figlia d'arte, si interessò al fotodinamismo dei fratelli Bragaglia e al affermò come fotografa all'interno movimento futurista.[229]

Per la suo linguaggio fotografico astratto e anticonvenzionale, la sua originale personalità e la sua trascorsa attività antifascista si distinse la fotografa Gianna Ciao, partigiana romana, perseguitata durante il nazifascismo per il suo orientamento sessuale[230]; visse per diversi anni in Francia e conobbe numerosi scrittori e artisti, come Joan Mirò, Jacques Prévert, Picasso, Vita Sackville-West, Frida Kahlo; nella seconda metà del secolo pubblicò diversi saggi di fotografia.[231]

Negli Stati Uniti nei primi anni del Novecento Anne Brigman (1869-1950), esponente del movimento Photo-Secession, ritrasse nudi femminili in contesti primordiali e naturalistici, sfidando le norme e le convenzioni dell'epoca.[232] [233] Imogen Cunningham, esponente del Gruppo f/64 di ispirazione modernista, contrario alla corrente pittorialista e fautore di un'immagine fotografica con alte qualità di nitidezza e definizione, divenne nota per le sue fotografie botaniche, i nudi e i paesaggi industriali. La fotografa e documentarista Dorothea Lange, fra le prime collaboratrice dell'agenzia Magnum, documentò la Grande Depressione degli anni Trenta e divenne famosa per i suoi reportage sulla condizione di immigrati, braccianti e operai.[234] Berenice Abbott, dopo aver scoperto la sua passione per la fotografia a Parigi, tornata in patria testimoniò i cambiamenti che stava attraversando New York, immortalando le sue architetture e le scene di vita urbana, e fu una degli esponenti della straight photography;[235] la fotogiornalista Margaret Bourke-White, inizialmente interessata alla fotografia industriale, prima fra i fotografi occidentali a recarsi in URSS, realizzando reportage sull’industria sovietica, diventò corrispondente di guerra durante il secondo conflitto mondiale, e qualche anno dopo viaggiò in India, Pakistan, Sudafrica, dove descrisse l'apartheid.[236] La fotografa, fotoreporter e giornalista Ruth Orkin, realizzò ritratti di celebrità del cinema di Hollywood e divenne famosa per l'iconica foto An American Girl in Italy (1951), nella quale una ragazza, mentre attraversa un marciapiede di Firenze, viene sottoposta agli sguardi insistenti di un folto gruppo di uomini italiani.[237][238]

Imogen Cunningham, USA, da aggiungere?



. Il lavoro fotografico di Annie Leibovitz riguardava il rock and roll e altre celebrità.

2. metàː [239]

Marirosa Toscani Ballo, Lisetta Carmi, [240]Letizia Battaglia, Carla Cerati,Cecilia Mangini, Eve Arnold, Marilyn Silverstone e Inge Morath di Magnum, Diane Arbus e Francesca Woodman (Vedi libro di Elisabetta Rasy Le indiscrete), Claudia Andujar, Cristina de Middel, Graciela Iturbide, Shobha Battaglia

Altre donne a sfondare il soffitto di vetro sono state: Daphne Zileri, Anya Teixeira, Elsa Thiemann, Sabine Weiss e Xyza Cruz Bacani.

Magdalena Abakanowicz, parka Europos, Lituania

Mary Carroll Nelson ha fondato la Society of Layerists in Multi-Media (SLMM), i cui membri artisti seguono la tradizione di Emil Bisttram e del Transcendental Painting Group, così come Morris Graves della Pacific Northwest Visionary Art School. Negli anni '70, Judy Chicago creò The Dinner Party, un'opera d' arte femminista molto importante. Helen Frankenthaler era una pittrice espressionista astratta e fu influenzata da Jackson Pollock . Lee Krasner era anche un artista espressionista astratto e sposato con Pollock e allievo di Hans Hofmann . Elaine de Kooning fu una studentessa e poi moglie di Willem de Kooning, fu una pittrice figurativa astratta . Anne Ryan era una collagista. Jane Frank, anche lei allieva di Hans Hofmann, ha lavorato con tecnica mista su tela. In Canada, Marcelle Ferron è stata un'esponente dell'automatismo .Dagli anni '60 in poi, il femminismo ha portato a un grande aumento dell'interesse per le artiste e il loro studio accademico. Notevoli contributi sono stati forniti dagli storici dell'arte Germaine Greer, Linda Nochlin, Griselda Pollock, curatrice Jasia Reichardt e altri. Alcuni storici dell'arte come Daphne Haldin hanno tentato di riequilibrare le storie incentrate sugli uomini compilando elenchi di artiste, sebbene molti di questi sforzi rimangano inediti. [241] Figure come Artemisia Gentileschi e Frida Kahlo sono emerse da una relativa oscurità per diventare icone femministe. Le Guerilla Girls, un anonimo gruppo di donne formatosi nel 1985, erano "la coscienza del mondo dell'arte". Hanno parlato di indifferenza e disuguaglianze di genere e razza, in particolare nel mondo dell'arte. Le Guerilla Girls hanno realizzato molti poster per attirare l'attenzione, in genere in modo umoristico, sulla comunità per aumentare la consapevolezza e creare cambiamento. Nel 1996 Catherine de Zegher ha curato una mostra di 37 grandi artiste del Novecento. La mostra, Inside the Visible, che ha viaggiato dall'ICA di Boston al National Museum for Women in the Arts di Washington, alla Whitechapel di Londra e alla Art Gallery of Western Australia a Perth, comprendeva opere di artisti dagli anni '30 agli anni '90 con Claude Cahun, Louise Bourgeois, Bracha Ettinger, Agnes Martin, Carrie Mae Weems, Charlotte Salomon, Eva Hesse, Nancy Spero, Francesca Woodman, Lygia Clark, Mona Hatoum e l'acclamata Magdalena Abakanowicz che ha utilizzato i tessuti nelle sue installazioni, [242] tra altri.

I tessuti femminili erano precedentemente relegati nella sfera privata e associati alla domesticità, piuttosto che essere riconosciuti come arte. In precedenza c'era un requisito dell'arte per dimostrare il "genio dell'artista" associato alla mascolinità; dove i tessuti erano visti come funzionali non erano considerati arte. [243] Ciò ha portato le donne a evitare le tecniche legate alla femminilità, dai tessuti all'uso di linee delicate o di determinati colori "femminili", perché non volevano essere chiamate artiste femminili. [244] Tuttavia, negli ultimi anni questo è stato messo in discussione e i tessuti sono stati utilizzati per creare arte rappresentativa delle esperienze e delle lotte femminili. "The Subversive Stitch" di Parker mostra le femministe che sovvertono il ricamo per fare affermazioni femministe e sfidare l'idea che i tessuti dovrebbero essere associati solo alla domesticità e alla femminilità. [245] Michna ritiene che la sfida delle pratiche artistiche che escludono le donne esponga la politica e il pregiudizio di genere dell'arte tradizionale e aiuti a smantellare le divisioni di classe e patriarcali. [246] Queste forme di espressione tradizionalmente femminili sono ora utilizzate per conferire potere alle donne; sviluppare la conoscenza e recuperare le abilità tradizionali delle donne che la società aveva precedentemente svalutato. [247]

Il riemergere alla fine del XIX secolo della creazione di oggetti d'arte in ceramica in Giappone e in Europa è diventato noto come ceramica da studio, sebbene comprenda sculture e anche tessere, i cubi di mosaico che risalgono alla Persia nel terzo millennio a.C. Diverse influenze hanno contribuito all'emergere della ceramica da studio: la ceramica artistica nell'opera dei fratelli Martin e William Moorcroft, il movimento Arts and Crafts, il Bauhaus e la riscoperta della ceramica artigianale tradizionale e lo scavo di grandi quantità di ceramica Song in Cina. [248]

Le tendenze principali della ceramica da studio britannica nel XX secolo sono rappresentate da uomini e donne: Bernard Leach, William Staite Murray, Dora Billington, Lucie Rie e Hans Coper . Leach (1887–1979) stabilì uno stile di ceramica, il vaso etico, fortemente influenzato dalle forme cinesi, coreane, giapponesi e inglesi medievali. Il suo stile ha dominato la ceramica da studio britannica a metà del XX secolo. L'influenza di Leach è stata diffusa in particolare dal suo A Potter's Book [249] e dal sistema di apprendista che gestiva presso la sua ceramica a St Ives, in Cornovaglia .Altri artisti della ceramica hanno esercitato un'influenza attraverso le loro posizioni nelle scuole d'arte. Dora Billington (1890–1968) studiò alla Hanley School of Art, lavorò nell'industria della ceramica e divenne capo della ceramica presso la Central School of Arts and Crafts . Ha lavorato in media che Leach non ha fatto, ad esempio terracotta smaltata di stagno, e ha influenzato ceramisti come William Newland, Katherine Pleydell-Bouverie e Margaret Hine . [250] [251]

Dagli anni '60, una nuova generazione di ceramisti, influenzata dalla Camberwell School of Art e dalla Central School of Art and Design, tra cui Alison Britton, Ruth Duckworth ed Elizabeth Fritsch, iniziò a sperimentare oggetti in ceramica astratti, vari effetti di superficie e smalto per successo di critica. Elizabeth Fritsch ha opere rappresentate nelle principali collezioni e musei di tutto il mondo. Inoltre, la reputazione dei ceramisti britannici ha attratto talenti da tutto il mondo e ha rilasciato importanti artisti nel campo. Includono: l' indiano Nirmala Patwardhan, il keniota, Magdalene Odundo e l'iraniano, Homa Vafaie Farley .

Come in Gran Bretagna, la ceramica era parte integrante del movimento Arts and Crafts degli Stati Uniti tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX secolo. Charles Fergus Binns, che è stato il primo direttore della New York State School of Clay-Working and Ceramics presso la Alfred University, ha avuto un'influenza importante. Alcuni vasai negli Stati Uniti Gli Stati hanno adottato l'approccio dei movimenti emergenti della ceramica da studio in Gran Bretagna e Giappone. Artisti internazionali ed europei giunti negli Stati Uniti hanno contribuito all'apprezzamento del pubblico della ceramica come arte, tra cui Marguerite Wildenhain, Maija Grotell, Susi Singer e Gertrude e Otto Natzler . Importanti ceramisti da studio negli Stati Uniti includono Otto e Vivika Heino, Beatrice Wood e Amber Aguirre .

Nel frattempo, nella riduzione delle foreste primordiali della regione dei Grandi Laghi africani nella Rift Valley, c'è un popolo che si aggrappa al proprio stile di vita ancestrale di foraggiamento. Sono i Batwa, tra le persone più emarginate al mondo, le cui donne (e l'uomo occasionale) continuano l'usanza secolare di fare la ceramica che è stata usata come baratto con i contadini e pastori della regione. I loro vasi vanno da semplici a altamente decorati. [252] [253] [254]

Samira Alikhanzadeh, No.7 the Persian Carpet series-stampa digitale su perspex, tappeto Borchalou e frammenti di specchi su tavola, 2011 (Galleria d'arte Assar) Teheran

Nel 1993, Rachel Whiteread è stata la prima donna a vincere il Turner Prize della Tate Gallery. Gillian Wearing ha vinto il premio nel 1997, quando c'era una rosa di sole donne, le altre candidate erano Christine Borland, Angela Bulloch e Cornelia Parker . Nel 1999, Tracey Emin ha ottenuto una notevole copertura mediatica per la sua voce My Bed, ma non ha vinto. Nel 2006 il premio è stato assegnato alla pittrice astratta Tomma Abts . Nel 2001 è stata organizzata alla Princeton University una conferenza intitolata "Women Artists at the Millennium". Un libro con quel nome è stato pubblicato nel 2006, con importanti storici dell'arte come Linda Nochlin che analizzano importanti artiste come Louise Bourgeois, Yvonne Rainer, Bracha Ettinger, Sally Mann, Eva Hesse, Rachel Whiteread e Rosemarie Trockel . Artisti contemporanei di spicco a livello internazionale che sono donne includono anche Magdalena Abakanowicz, Marina Abramović, Jaroslava Brychtova, Lynda Benglis, Lee Bul, Sophie Calle, Janet Cardiff, Li Chevalier, Marlene Dumas, Orshi Drozdik, Marisol Escobar, Bettina Heinen-Ayech, Jenny Holzer, Runa Islam, Chantal Joffe, Yayoi Kusama, Karen Kilimnik, Sarah Lucas, Yoko Ono, Tanja Ostojić, Jenny Saville, Carolee Schneeman, Cindy Sherman, Shazia Sikander, Lorna Simpson, Lisa Steele, Stella Vine, Kara Walker, Rebecca Warren, Bettina Werner e Susan Dorothea White .

I dipinti, i collage, le sculture morbide, la performance art e le installazioni ambientali dell'artista giapponese Yayoi Kusama condividono tutti un'ossessione per la ripetizione, il modello e l'accumulo. Il suo lavoro mostra alcuni attributi di femminismo, minimalismo, surrealismo, Art Brut, pop art ed espressionismo astratto, ed è intriso di contenuti autobiografici, psicologici e sessuali. Si descrive come un "artista ossessivo". Nel novembre 2008, la casa d'aste Christie's di New York ha venduto il suo dipinto n. 2 del 1959 per $ 5.100.000, il prezzo record nel 2008 per un'opera di un'artista vivente. [255] Nel periodo 2010–2011, il Centre Pompidou di Parigi ha presentato la scelta dei suoi curatori di artiste contemporanee in una mostra in tre volumi intitolata elles@Centrepompidou . [256] Il museo esponeva le opere delle maggiori artiste della propria collezione. Il 2010 ha visto Eileen Cooper eletta come la prima donna in assoluto "Custode della Royal Academy". Il 1995 ha visto Dame Elizabeth Blackadder nei 300 anni di storia divenuta 'pittrice e agile di Sua Maestà in Scozia. Nel 1982 è stata insignita dell'OBE.

Un altro genere di arte femminile è l'arte ambientale femminile. A dicembre 2013, la Women Environmental Artists Directory elencava 307 donne artiste ambientaliste, come Marina DeBris, Vernita Nemec e Betty Beaumont . DeBris utilizza i rifiuti delle spiagge per aumentare la consapevolezza dell'inquinamento delle spiagge e degli oceani. [257] e per educare i bambini sulla spazzatura della spiaggia. [258] Nemec ha recentemente utilizzato la posta indesiderata per dimostrare la complessità della vita moderna. [259] Beaumont è stato descritto come un pioniere dell'arte ambientale [260] e usa l'arte per sfidare le nostre convinzioni e azioni. [261]

Per il XX secolo vedi articolo su Treccani ARTE AL FEMMINILE

Donne nell'art outsider

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Anna Zemánková, Senza titolo, anni '60
Helen Martins, La casa del gufo

Il concetto di art brut è sorto nel XX secolo quando i professionisti, i collezionisti e i critici tradizionali hanno iniziato a considerare l'espressione artistica di persone senza una formazione convenzionale. Tra loro ci sarebbero autodidatti, bambini, artisti folk di tutto il mondo e detenuti di istituti psichiatrici. Tra i primi a studiare questo spazio artistico enorme e per lo più inesplorato ci furono i membri del gruppo Blaue Reiter in Germania, seguiti in seguito dall'artista francese Jean Dubuffet . Alcune delle donne note considerate come esponenti di "art brut", l'espressione francese per outsider art, sono:

  • Holly Farrell, artista canadese autodidatta del 21° secolo i cui dipinti includono la serie Barbie e Ken, è considerata un'artista Outsider. [262]
  • Madge Gill (1882–1961) è stata un'artista medianica inglese che ha realizzato migliaia di disegni "guidati" da uno spirito che chiamava "Myrninerest" (il mio riposo interiore).
  • Annie Hooper (1897–1986), scultrice di arte religiosa visionaria di Buxton, Carolina del Nord, che ha creato quasi 5.000 sculture raffiguranti scene bibliche. Il suo lavoro è ora nella collezione permanente della North Carolina State University .
  • Georgiana Houghton (1814–1884), una medium spiritualista britannica, nota per i suoi "disegni spirituali" visionari, costituiti da intricati acquerelli astratti.
  • Mollie Jenson (1890–1973) ha creato una serie di sculture in cemento su larga scala abbellite con mosaici di piastrelle a River Falls, nel Wisconsin .
  • Susan Te Kahurangi King (nata nel 1951) è un'artista neozelandese la cui capacità di parlare è diminuita all'età di quattro anni e ha smesso del tutto di parlare all'età di otto anni. King è un esperto autistico che ha metodicamente creato un intero mondo analogo attraverso straordinari disegni utilizzando penna, grafite, matita colorata, pastello e inchiostro. Attraversò prolificamente i primi anni '90 e poi, senza motivo, si fermò improvvisamente. King ha rinnovato il disegno nel 2008 durante le riprese di un documentario sulla sua opera d'arte.
  • Halina Korn (1902-1978) era una polacca di origine ebraica che si stabilì a Londra durante la seconda guerra mondiale . In origine era una scrittrice che sposò l'artista, Marek Żuławski, e iniziò la scultura e la pittura a metà della vita. Ha dipinto il quotidiano ed ha esposto in Inghilterra, Scozia, Stati Uniti e Polonia. [263]
  • Maud Lewis (1903–1970) è stata un'artista folk canadese. Lewis dipinse scene luminose della vita rurale della Nuova Scozia su oggetti trovati, comprese tavole, materiali da costruzione, ecc.
  • Helen Martins (1897–1976) ha trasformato la casa che ha ereditato dai suoi genitori a Nieu-Bethesda, in Sud Africa, in un ambiente fantastico decorato con sculture in vetro frantumato e cemento. La casa è conosciuta come The Owl House .
  • Nonna Moses (1860–1961), ampiamente considerata una pittrice di arte popolare .
  • Judith Scott (1943–2005) è nata sorda e con la sindrome di Down . Dopo essere stata istituzionalizzata per 35 anni ha frequentato il Creative Growth Art Center (un centro per artisti con disabilità a Oakland, California) ed è diventata una scultrice di fibre art di fama internazionale.
  • Anna Zemánková (1908–1986) è stata una pittrice, disegnatrice e artista pastello ceca autodidatta. Il suo lavoro è stato presentato in una mostra collettiva alla Hayward Gallery di Londra nel 1979 e diciotto dei suoi pezzi sono stati esposti alla Biennale di Venezia nel 2013. [264]

Interpretazioni storiografiche

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Presenza di artiste nella storia dell'arte

Effetti di genere nell'arte

All'interno dei Gender Studies si sviluppa una doppia prospettivaː 1. recupero delle artiste dimenticate (storia aggiuntiva; anni '70 femministe statunitensi; denuncia delle discriminazioni subite dalle artiste nel mondo dell'arte; analisi della presenza delle artiste nel mondo dell'arte); Linda Nochlin, Ann Harris Sutherland, 2. svolta epistemologicaː ricerca di quali discorsi, quali costruzioni sociali creano l'artista (filone decostruttivo-epistemologico) (Gaze 1997). (anni '80, studiose britanniche che si rifanno alla critica letteraria, alla psicoanalisi, semiotica e marxismoː Roziska Parker, Griselda Pollock (1981). Le donne nell'arte ci sono sempre state, ma parlavano da un luogo differenteː è necessario capire quanto le costruzioni di genere abbiano contribuito a definire di volta in volta ciò che è arte e ciò che non lo è, chi è un artista, chi va ricordato o dimenticato. Come condizionano e interferiscono le costruzioni di genere nella definizione di arte (es. distinzione gerarchica fra arte e artigianato); 3. generazione della discontinuità e delle differenze[265]

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Donne artiste e donne nell'arte sono due cose diverse. en.wiki e fr.wiki si occupano della prima, de.wiki della seconda, incorporando anche la prima. Questa sotto è l'inizio di de.wiki, in cui viene indicato lo scopo della voce e la sua articolazione

"Donne nelle arti (visive) si riferisce al lavoro e alla situazione delle donne nelle arti visive nel passato e nel presente come parte della storia delle donne. Nello specifico, si tratta di artiste, mecenati, galleriste, mercanti d'arte, collezioniste d'arte, donne impegnate nell'insegnamento nelle accademie d'arte, storiche dell'arte, modelle e muse, così come i loro contributi allo sviluppo dell'arte, la loro influenza sulla storia dell'arte e sul mercato dell'arte, le loro strategie nel mondo dell'arte e la ricezione del loro lavoro. Le transizioni tra le epoche dell'arte sono fluide." da https://de.wikipedia.org/wiki/Frauen_in_der_Kunst

Note sul termine

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L'espressione donne nell'arte è paragonabile a donne nella filosofia (filosofe), donne nelle scienze (scienziate), donne nell'arte e nella cultura (studio della situazione professionale).  Questo articolo si riferisce solo al tema della “rappresentazione delle donne nell'arte”.

Per "Women in Art" una delimitazione per generi d'arte non è convincente, perché forme d'arte come la performance e le forme di media art attraversano fluentemente questi confini. Una convenzione, tuttavia, è quella di mettere in relazione la materia prima con le arti visive e solo di fare riferimento ad altri generi artistici come le arti applicate, le arti performative, la musica e la letteratura (letteratura femminile).

Il termine “donne nell'arte” non intende “rendere visibili i sessi biologici […], ma le categorie molto ben esistenti che portano a un trattamento ineguale” (vedi Important Representatives of Queer Theory , Judith Butler ). Martina Kessel , Professore di Storia Moderna e Storia di Genere all'Università di Bielefeld, scrive nel 1995: “Da una prospettiva storico-artistica e teorica dei media, negli ultimi decenni si è svolta un'intensa ricerca su come le differenze di genere e di genere vengono prodotte e stabilizzate nelle e attraverso le immagini e altri media artistici, nonché attraverso le istituzioni dell'arte e la storia dell'arte, spesso sotto forma di potere e di rapporti di dominio in cui ciò che è considerato non maschile è subordinato ed emarginato».


Prosegue con

  1. Artiste
  2. Galleriste e mercanti d'arte
  3. Mecenati e collezioniste d'arte
  4. Storiche dell'arte e critiche d'arte
  5. Modelle e muse
  6. Rappresentazione storico-artistica
    • 7.1 Storia antica
    • 7.2 Medioevo
    • 7.3 Dal Rinascimento al Barocco
    • 7.4 Classicismo
    • 7.5 Romanticismo
    • 7.6 Naturalismo
    • 7.7 Impressionismo
    • 7.8 Modernismo
    • 7.9 Influenza del nazionalsocialismo
    • 7.10 Dopo il 1945
  7. Dimensioni sociali dell'arte contemporanea al femminile
  8. Accademie, istituzioni, gruppi di interesse
  9. Mostre
  10. Premi
  11. Mercato dell'arte
  12. Letteratura
  13. Film