Nosferatu di Eggers ha fallito. Perfetto in ogni inquadratura. Fotograficamente eccellente, certo. 
Eppure vuoto. Sembra che il film sia più attento a costruire immagini belle e potenti su Nosferatu e su tutti i personaggi piuttosto che costruire realmente i personaggi stessi o ad approfondire davvero una delle mille strade accennate. Non ci credi a Nosferatu, non è poeta, non è orrore, non è appetito, non è morte. E non è neppure il vuoto stesso. Tante meravigliose inquadrature non fanno un grande film.

Non per tutti il Natale è semplice. C’è chi subisce quel senso di riempimento costretto. C’è chi vorrebbe fuggire. Ed è lì, in quell’angolo buio, che Jack Skeletron ti sorride: lui che cerca la fiaba, l’amore partendo da un luogo che ne ha sancito l’assenza. Eppure, il nostro Jack va via per poi tornare, per abitare quel luogo, per riempire la sua realtà. La sua Itaca dell’orrore diviene buffa e meravigliosa, l’orrore stesso si rivela la libertà dei diversi di essere se stessi. Il Natale che cerco è tutto qui.

Sean Baker rappresenta un’idea di Cinema Indie americano meraviglioso: quello che racconta storie fratturate ma dialogando con i linguaggi della contemporaneità. Non si isola in mondi lontani, bensì li svela attraverso archetipi universali. Pretty Woman, Cenerentola si svuotano proprio perché ancora molto potenti. Il suono della caduta delle fiabe è sordo, vuoto: perché non c’è gioia nel decostruire. C’è, piuttosto, tutta l’infinita e superficiale solitudine di chi oggi non sa più cosa davvero abbia valore. Tutto è grottesco e freddo.

Alla fine ci vuole il delirio assoluto per parlare d’amore? Non lo so sto ancora pensando ad Adam Driver versione messia e poi split screen immagini pazzesche ma nel mentre mi sono perso e sento delle cose orribili e meravigliose contemporaneamente. Vedere questo film per capire cosa non ha senso e cosa ha senso nel Cinema oggi nello stesso viaggio filmico.