Monografie by Davide Savio
La poesía española del siglo XX en Italia no propone una mera catalogación de autores, obras, pub... more La poesía española del siglo XX en Italia no propone una mera catalogación de autores, obras, publicaciones secundarias o traducciones de esa materia hispánica en Italia durante el siglo XX, sino una propuesta menos aparatosa y de mayor eficacia orientadora aunque menos taxonómica. Se trata de una visión de conjunto y la mecánica de su proceso, el estudio de la recepción, poniendo además de relieve las líneas de tendencia y procediendo a subrayar aquellos fenómenos más significativos. Estos fenómenos significativos son justamente los que han permitido a la poesía española contemporánea penetrar en la cultura italiana, así como por otra parte se hace preciso observar los fenómenos que la han obstaculizado. El encuentro con la poesía española del siglo XX ha representado en varios momentos un espejo en que mirarse para los literatos italianos, también en un sentido social y político. La comparación entre la poesía española e italiana obliga, por tanto, a replantear las coordenadas historiográficas habituales en los estudios de las respectivas áreas: un ejercicio que, como hemos intentado demostrar, supera con creces el ámbito del simple estudio de la comparación para adquirir significados más amplios y penetrantes en el ámbito de la Historia de la Cultura y la Comparatística.
Le avventure dei cavalieri non finiscono con don Chisciotte. Il Novecento prende ancora sul serio... more Le avventure dei cavalieri non finiscono con don Chisciotte. Il Novecento prende ancora sul serio la follia di Orlando, i voli di Astolfo, l’anarchia di Rinaldo e di Morgante, l’erranza di Guerrino il Meschino, la lotta dei cristiani contro i musulmani. Lo fa però da nuove angolazioni, per confrontarsi con i problemi epocali che il mondo contemporaneo pone: le minacce del progresso tecnologico, la fragilità delle democrazie, l’involuzione della classe dirigente, la crisi della borghesia, le contraddizioni del sistema scolastico, il collasso dell’antropologia rurale e dei dialetti al cospetto della globalizzazione. Raccontando i poemi alla radio come fanno Antonio Baldini, Italo Calvino, Alfredo Giuliani, Giorgio Manganelli e Franco Fortini, o dilatando gli spazi critici e creativi alla maniera di Gianni Celati e Paolo Nori, di Gesualdo Bufalino e Giuseppe Pederiali, gli scrittori guardano ai classici per mettere in discussione i paradigmi della modernità, ma anche per riconoscersi in una patria culturale da condividere con il vasto pubblico. Elaborando proposte di letteratura e di società tra loro alternative, spesso inconciliabili, che riflettono le tensioni di un’Italia drammaticamente divisa. Il volume dimostra così come, per arrivare a visualizzare le contraddizioni che si agitano sotto la penna degli scrittori, la materia cavalleresca costituisca un reagente di singolare efficacia.
Quando ebbe l’idea di scrivere Il castello dei destini incrociati, nel luglio del 1968, Italo Cal... more Quando ebbe l’idea di scrivere Il castello dei destini incrociati, nel luglio del 1968, Italo Calvino aveva appena impresso una svolta alla propria carriera. Con il recente trasferimento nella Parigi di Raymond Queneau e dell’Oulipo, l’autore era approdato nei territori della letteratura combinatoria, confermando quel cambio di rotta in senso scientifico che fin dalle Cosmicomiche gli aveva alienato i favori di numerosi intellettuali, legati a un’idea tradizionale di engagement.
Con il presente saggio, Davide Savio ricompone la frattura che sembra intercorrere tra il primo e il secondo Calvino, riconducendo Il castello entro la ragnatela di iniziative che lo scrittore era impegnato a tessere tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta: dalla stesura delle Città invisibili alle discussioni intorno alla progettata rivista «Alì Babà», dall’approfondimento dell’utopista Charles Fourier alla traduzione dei Fiori blu di Queneau.
Collocato in una fase di ripensamento dei valori e delle prospettive, Il castello si dimostra una tappa nevralgica della riflessione calviniana sulla convivenza, nonché sul ruolo che all’intellettuale, nel pieno della modernità, è ancora concesso di recitare. Viene così rinnovata quella sfida al labirinto che, lanciata dalle colonne del «menabò», aveva trasformato Calvino nel cartografo di un mondo in apparenza refrattario all’ordine e alla ragione, eppure ancora capace di condensarsi in figure, immagini ed emblemi di respiro universale.
Il carnevale dei morti. Sconciature e danze macabre nella narrativa di Luigi Pirandello, Feb 2013
Davide Savio indaga l’opera narrativa, drammaturgica e poetica di Luigi Pirandello, in primo luog... more Davide Savio indaga l’opera narrativa, drammaturgica e poetica di Luigi Pirandello, in primo luogo le Novelle per un anno (1922-1937), con lo scopo di ricostruire in un quadro organico il rapporto conflittuale tra l’autore e il tema della morte: come recita la Premessa, «la lotta di Pirandello con quest’ultima si traduce, nella pagina o sul palcoscenico, in una lotta del narratore contro personaggi che non accettano la propria morte interiore e ritornano sempre, cavalieri di quel torneo infinito che Pirandello allestisce senza sosta, con metodo e accanimento». Nati come maschere mortuarie, questi attori da danza macabra mettono in scena un “carnevale dei morti” nel quale Pirandello cerca di esorcizzare l'idea della propria scomparsa, erigendo al contempo un monumento alla memoria e alla libertà dello spirito.
Articoli e saggi by Davide Savio
Capitolo dedicato al saggio "L'umorismo", scritto da Giuseppe Langella e Davide Savio
L'articolo, prendendo le mosse dalla rinnovata fortuna di Tasso negli anni Cinquanta, intende ric... more L'articolo, prendendo le mosse dalla rinnovata fortuna di Tasso negli anni Cinquanta, intende ricostruire la prospettiva demistificante con cui Italo Calvino si appropria della "Gerusalemme liberata". L'analisi si soffermerà su alcune figure di personaggi-guerrieri dell'opera di Calvino, dal "Visconte dimezzato" al "Cavaliere inesistente", fino al «capitano» Orlando del "Castello dei destini incrociati" e al San Giorgio della "Taverna". Il palinsesto tassiano li trasforma tutti in emblemi di una frattura: dell'individuo, dell'intellettuale, della civiltà nel suo complesso. Ma si cercherà di dimostrare come, nel passaggio dai primi anni Cinquanta agli anni Settanta, Calvino ribadisca incessantemente la necessità di trovare una sintesi con l'altro da sé, o addirittura di abolire qualsiasi distinzione, contraddicendo in maniera categorica l'ideologia prevaricatrice della Crociata e della religiosità tassiana.
Starting from Tasso’s renewed fortune in the 1950s, the article intends to reconstruct Italo Calvino’s demystifying perspective on "La Gerusalemme liberata". The analysis will focus on some warrior characters in Calvino’s works: from "Il visconte dimezzato" to "Il cavaliere inesistente", up to the «chief» Orlando in "Il castello dei destini incrociati" and San Giorgio in "La taverna". Tasso’s palimpsest transforms them all into emblems of a fracture. The aim is to demonstrate how Calvino reiterates his attempt to find a synthesis between the self and the other, or even to abolish any distinction. By doing so, he categorically contradicts the prevaricating ideology of the Crusade and of Tasso’s religiosity.
L’articolo intende sviluppare alcune considerazioni sul rapporto tra il mito identitario delle ra... more L’articolo intende sviluppare alcune considerazioni sul rapporto tra il mito identitario delle radici e l’opera di Italo Calvino, nel contesto della modernità letteraria e in particolare del ventesimo secolo. L’analisi si concentrerà su testi come ‘La speculazione edilizia’, ‘La strada di San Giovanni’, ‘Dall’opaco’ e ‘Il museo dei formaggi’. Cercherò di mettere in luce la postura di Calvino in relazione al territorio ligure da cui proviene, e più in generale proverò a dimostrare come l’autore sia immune a qualsiasi nostalgia consolatoria o regressiva. L’idea di fondo è che Calvino non trasformi il passato in un mito di appartenenza etnico-geografica: il suo metodo archeologico cerca invece di processare la ‘diversità contemporanea delle culture umane’ (Marc Augé), prendendo atto di come la modernità abbia cancellato ogni illusione di permanenza e di stabilità antropologica.
L'articolo segnala le citazioni da Arturo Graf, non dichiarate, che Pirandello inserisce in due p... more L'articolo segnala le citazioni da Arturo Graf, non dichiarate, che Pirandello inserisce in due punti-chiave della propria opera: la pagina finale dell'«Umorismo» e il celebre dialogo del «Fu Mattia Pascal» intorno alla bruttezza di Cristo, udito il quale il protagonista decide di cambiare nome in Adriano Meis.
Numero monografico "Heretical voices. The reasons of the essay in modern and contemporary literat... more Numero monografico "Heretical voices. The reasons of the essay in modern and contemporary literature", a cura di Paolo Bugliani.
Nei due volumi del 1908, "Arte e scienza" e "L’umorismo", Luigi Pirandello mette a sistema il proprio disagio verso i metodi critici e le estetiche che al tempo risultavano dominanti. Ponendosi ereticamente nella posizione dell’uomo solo contro tutti, Pirandello arriva a deformare dall’interno il dispositivo saggistico: nella doppia veste di filologo e di scrittore, tramuta le sue pagine in un tribunale dove chiamare a giudizio gli altri letterati, facendone dei personaggi (da Alessandro D’Ancona a Benedetto Croce e Giorgio Arcoleo). Questa drammatizzazione dello spazio argomentativo, accompagnata dalla forte intrusione della soggettività autoriale, sbilancia "Arte e scienza" e "L’umorismo" verso una tradizione di genere che risulta alternativa a quella del trattato accademico. Nel presente articolo si cercherà di portare alla luce una possibile genealogia tipologica per i due volumi, che parta dagli "Essais" di Montaigne e si allarghi alla "Anatomy of Melancholy" di Robert Burton e alla "Battle of the Books" di Jonathan Swift. In particolare, riconducendo specialmente la Parte prima dell’"Umorismo" al filone delle anatomie, si proverà a mostrare come l’istanza malinconico-umoristica abbia svolto una funzione modellizzante verso la forma-saggio impiegata da Pirandello.
In "Arte e scienza" and "L’umorismo" (1908), Luigi Pirandello systematizes his discomfort with the critical methods of his time. Pirandello distorts the essayistic device from the inside, playing the man alone against all: in the double role of philologist and writer, he transforms his pages into a court where the other scholars are converted into characters (Alessandro D’Ancona, Benedetto Croce, Giorgio Arcoleo....). This dramatization of the argumentative space, along with the strong intrusion of authorial subjectivity, unbalances the presumed two academic treatises towards an alternative genre tradition. In this article I will suggest a possible typological genealogy, from Montaigne’s "Essais" to Robert Burton’s "Anatomy of Melancholy" and Jonathan Swift’s "Battle of the Books". In particular, by connecting the First Part of "L’umorismo" to the vein of anatomies, I will try to show how the melancholy-humorous instance played a modelling function towards the essay form used by Pirandello.
Il 25 settembre del 1951, Italo Calvino invia a Enzo Noè Girardi una lettera tuttora inedita, ogg... more Il 25 settembre del 1951, Italo Calvino invia a Enzo Noè Girardi una lettera tuttora inedita, oggi conservata nel Fondo Girardi, presso la Biblioteca d’Ateneo dell’Università Cattolica di Milano. Il breve testo, che commenta due articoli di Girardi intorno a Cesare Pavese, pubblicati quello stesso anno su «Vita e Pensiero», consente di indagare il modo in cui Calvino e la casa editrice Einaudi hanno costruito e tutelato la memoria dello scrittore scomparso, nonché il dialogo instaurato dallo stesso Calvino con gli intellettuali del mondo cattolico, in particolare durante la sua collaborazione con la rivista «Cultura e realtà».
Tirarsi su le brache da soli (Pulling up one’s pants). Calvino, Pavese, and an unpublished letter to Enzo Noè Girardi (1951). On September 25, 1951, Italo Calvino sent to Enzo Noè Girardi a still unpublished letter, now preserved in the Fondo Girardi (Girardi Fund), at the Library of the Catholic University of Milan. The short text reflects on two articles by Girardi about Cesare Pavese, published the same year in «Vita e Pensiero». It allows to reconstruct the way Calvino and the Einaudi publishing house have built and protected the memory of the writer, as well as the dialogue established by Calvino himself with the intellectuals of the Catholic world, in particular during his collaboration with the periodical «Cultura e realtà».
Mensile di cultura, ricerca pedagogica e orientamenti didattici aprile 2022 8 Sito internet: www.... more Mensile di cultura, ricerca pedagogica e orientamenti didattici aprile 2022 8 Sito internet: www.edizionistudium.it-riviste.gruppostudium.it EditorialE Edoardo Bressan, L'imperatore (santo) e il finis Austriae 4 Fatti E opinioni Il futuro alle spalle Carla Xodo, La guerra, la Costituzione e noi 6 Percorsi della conoscenza Matteo Negro, Lo sguardo e le cose 8 Vangelo Docente Ernesto Diaco, Scienza e fede dialogano sul web 9 Le culture nel digitale Salvatore Colazzo e Roberto Maragliano, Ancora sul valore dei dati 10 Carolina Scaglioso, Nuovi confini e nuovo senso 11 problEmi pEdagogici E didattici
Rovesciando il topos romantico del ritratto che uccide, Pirandello inserisce nella propria narrat... more Rovesciando il topos romantico del ritratto che uccide, Pirandello inserisce nella propria narrativa alcuni ritratti che riportano all’azione o persino in vita i defunti. Questo accade in modo particolare nelle novelle, tanto in presenza di dipinti quanto di fotografie, specie durante gli anni in cui esplode la novità del cinema. Se la bibliografia critica si è finora soffermata sulla natura fantastica di tali racconti, ovvero sulla dimensione onirica che ne caratterizza lo svolgimento, minore attenzione si è prestata al ruolo che in essi gioca la rappresentazione della morte. Eppure proprio la vena funebre della fantasia di Pirandello, oltre ad aggiornare un repertorio ormai datato, consente all’autore di porsi in modo originale nel pensiero del Novecento, il secolo che ha visto imporsi la civiltà dell’immagine. Dove i maggiori teorici (da Adorno a Baudrillard) hanno avvertito il pericolo che la realtà si dissolvesse nella sua riproduzione meccanica, come prefigurato nei "Quaderni di Serafino Gubbio operatore", Pirandello ha intuito anche la via opposta: quella di un “eccesso di realtà”, nella quale il trapassato, il rimosso, l’archiviato continuano ad agire sul presente per mezzo di personaggi resi immortali dal loro Doppelgänger pittorico e fotografico.
Il presente contributo intende riflettere intorno alla nozione di identità che si delinea nell’op... more Il presente contributo intende riflettere intorno alla nozione di identità che si delinea nell’opera di Gesualdo Bufalino, a partire dalla sua rivisitazione del Guerrin Meschino (1991 e 1993). In particolare, si cercherà di dimostrare che una sovrapposizione troppo automatica tra l’autore, il vecchio puparo e il paladino-marionetta rischia di inchiodare Bufalino a un’appartenenza antropologica fin troppo deterministica. L’antologista delle Cento Sicilie è infatti consapevole di quanto ogni identità sia frutto di fattori molteplici, ben al di là del dato biografico. Nella sua produzione, la ricerca della radici risulta in buona parte un’invenzione delle radici, dal momento che la memoria agisce in maniera selettiva e d’altro canto si apre alle invenzioni del sogno, della fantasia e del “riessere” intertestuale.
L’articolo intende mettere a fuoco l’evoluzione dei paradigmi geografici che si sono succeduti ne... more L’articolo intende mettere a fuoco l’evoluzione dei paradigmi geografici che si sono succeduti nella modernità letteraria, utilizzando come filtro le riscritture della materia cavalleresca. In primo luogo viene analizzato il passaggio dall’idea sovranazionale di Cristianità a quella di Europa, che prende piede anche a livello politico nel periodo tra la Riforma e l’Illuminismo, quando si arriva alla creazione di una classe di letterati pienamente laici. Un fenomeno che emerge con evidenza nelle Confessioni d’un italiano, dove la fondazione dell’Italia è subordinata al superamento dell’immaginario religioso-feudale consolidato da secoli, che aveva eletto poemi come il Furioso e la Liberata a manifesti ideologici dell’ancien régime. L’impostazione nazionalistica di Nievo si rivela però superata nel Novecento, quando la globalizzazione genera, da un lato, il cosmopolitismo di Calvino, dall’altro le operazioni restaurative e nostalgiche di autori come Celati, Bufalino e Pederiali: che culturalmente, linguisticamente e antropologicamente non si riconoscono più nella grande patria dell’Italia, ma nella piccola patria dove mettono radici, intesa come l’unico argine da opporre a un mondo sempre più anonimo e omologato.
Il contributo propone un approccio rovesciato alla produzione di Italo Calvino, mettendo la figur... more Il contributo propone un approccio rovesciato alla produzione di Italo Calvino, mettendo la figura del saggista davanti a quella del narratore. Fedele alla missione educativa che Gramsci affida agli intellettuali marxisti, Calvino fin dal Dopoguerra ha chiara la necessità di costruire una «nuova letteratura», ma unicamente per metterla al servizio di una «nuova società», come spiega nella Presentazione a Una pietra sopra (1980). Quella creativa è quindi solo un’opzione tra le altre, che entra in crisi quando la società porta alla ribalta un nuovo tipo di pubblico, non più disposto a frequentare la letteratura dell’impegno e ad accettare che sia la politica ad agire da collante culturale. A partire dagli anni Sessanta, Calvino affina di conseguenza gli strumenti teorici per ristabilire un dialogo con il lettore post-ideologico, tenendo per certa la convinzione che la letteratura possiede una carica conoscitiva non inferiore ad altre forme di sapere. Approfittando di una generale crisi del romanzo, Calvino rimescola il catalogo dei generi, ibridando sempre più spesso la fiction e il saggismo, individuato come canale preferenziale per coinvolgere il pubblico nell’atto critico che è sentito come necessario a ogni operazione letteraria. Come caso di studio emblematico si prenderà Il castello dei destini incrociati (1973), un libro concepito alla stregua di una verifica delle suggestioni offerte dallo strutturalismo e dalla semiotica, nel quale però la teoria letteraria, la meta-narrazione e la narrazione finiscono per trovare un modo inedito di valorizzarsi a vicenda.
Il contributo intende portare alla luce una fonte ignota di Pirandello, il saggio Fondemens psych... more Il contributo intende portare alla luce una fonte ignota di Pirandello, il saggio Fondemens psychologiques et métaphysiques de la moralité del filosofo Alfred Fouillée, apparso sulla «Revue des Deux Mondes» il 15 settembre 1889. Secondo il filosofo francese, ciascuno è chiamato a «realizzare» altruisticamente in sé il suo prossimo, «vedendolo com’esso si vede», «sentendolo com’esso si sente», «volendolo com’esso si vuole», per entrare in contatto con un «essere universale» che lo sorpassa. Fin da Sincerità e arte, uscito sul «Marzocco» del 7 marzo 1897, Pirandello trafuga da Fouillée parole-chiave e frasi, arrivando alla parafrasi di intere porzioni testuali. Fagocita così una dottrina che lo ispira tanto nella produzione novellistica e romanzesca (Quand’ero matto..., Stefano Giogli, uno e due, Si gira…), quanto nell’elaborazione teorica (Illustratori, attori e traduttori specialmente). La riscoperta dei Fondemens aggiunge insomma un importante tassello allo studio dell’estetica pirandelliana, consentendo di ripensare le dinamiche dell’umorismo, la genesi del personaggio e più in generale il meccanismo della creazione artistica nell’opera dell’autore siciliano.
This article aims to recover an unknown source used by Luigi Pirandello, that is the essay Fondemens psychologiques et métaphysiques de la moralité by Alfred Fouillée, appeared in the magazine «Revue des Deux Mondes» on September 15th, 1889. According to the French philosopher, every man is called upon to selflessly «realize» his neighbour in himself, «seeing him the way he sees himself», «feeling him the way he feels himself», «wanting him to be the way he wants himself to be», in order to make contact with an «universal being» that overtops him. Since the article Sincerità e arte («Il Marzocco», March 7th, 1897), Pirandello purloins keywords and sentences from Fouillée’s essay, sometimes even paraphrasing whole textual portions. In this way, he phagocytes a doctrine that inspires him, both in the production of short stories and novels (Quand’ero matto..., Stefano Giogli, uno e due, Si gira…), and in the theoretical processing (especially Illustratori, attori e traduttori). Therefore, the rediscovery of the Fondemens can be an important contribution to the study of Pirandellian aesthetics. It allows to rethink the dynamics of humourism, the genesis of the character and more generally the mechanism of artistic creation in the works of the Sicilian author.
Il contributo intende analizzare "Se una notte d'inverno un viaggiatore" come prodotto della stag... more Il contributo intende analizzare "Se una notte d'inverno un viaggiatore" come prodotto della stagione senile di Calvino, cominciata programmaticamente con il trasferimento a Parigi del 1967. In particolare, nel romanzo si può riconoscere la divaricazione tra convenzioni artistiche e soggettività dell'autore, innescata dall'approssimarsi della morte, su cui Adorno fondava il concetto di "stile tardo". Si cercherà di mostrare come lo spreco formale del romanzo senza self, virtuosistico e barocco, rispecchi in realtà l'etica del difficile del suo autore, per il quale ogni cosa, uomini e libri, va giustificata all'interno di un progetto fatto di «scelte volontarie» e di «rinunce attive».
In 1967 Italo Calvino moved to Paris and programmatically decided to enter into his old age. This choice also influences the style of his following narrative production. In this perspective, my essay faces the novel "If on a Winter's Night a Traveler" looking at the notion of "late style" coined by Theodor W. Adorno, which assumes the closeness of the death to the author as the cause of a divergence between artistic conventions and his subjectivity. I will try to show how the formal waste of the selfless virtuosic novel actually reflects its author's ethics of difficulty. According to Calvino everything, men and books, needs to be justified by a project that implies «voluntary choices» and «active renunciations».
Partendo dal concetto di «paradigma indiziario», coniato dallo storico Carlo Ginzburg nel saggio ... more Partendo dal concetto di «paradigma indiziario», coniato dallo storico Carlo Ginzburg nel saggio Spie. Radici di un paradigma indiziario (1979), il saggio mira a evidenziare il metodo conoscitivo implicito nell’opera di Giampiero Neri. Il poeta erbese, muovendo da una radicale sfiducia nei confronti del linguaggio, considerato fonte primaria di ogni falsificazione, indaga la Storia cogliendo le spie, i segni, i segnali nascosti nella nudità dei fatti: disposti in «serie», tali segni consentono di pervenire all’accertamento di una verità altra, non manipolata dalle ideologie.
Quando parla dei viaggi narrati dall’amato Jules Verne, Italo Calvino dichiara di prediligere gli... more Quando parla dei viaggi narrati dall’amato Jules Verne, Italo Calvino dichiara di prediligere gli scenari «sotterranei» descritti in testi come "Le Indie nere" e "Viaggio al centro della Terra". L’autore della lezione sulla "Leggerezza", apparentemente lontano dalla tradizione delle scritture infere che va da Virgilio a Dante, sembra condividere l’istinto cartografico che spinge Verne a decrittare i labirinti nascosti nel sottosuolo, costruiti grazie a un efficace miscuglio di scienza e mito. Il sottosuolo, in questo senso, non è ancora quello psicologico formalizzato da Dostoevskij e poi da Freud, ma appartiene alla «geografia delle fate», è quindi uno spazio ascrivibile alle regioni del fantastico. Al contempo, come dimostrano alcune delle "Città invisibili", Calvino si serve del sottosuolo come specchio della superficie: un sottosuolo che finisce, paradossalmente, per coincidere con il visibile, trasformandosi nel luogo del dialogo tra morti e vivi, tra passato e presente, tra archeologia e storia.
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Monografie by Davide Savio
Con il presente saggio, Davide Savio ricompone la frattura che sembra intercorrere tra il primo e il secondo Calvino, riconducendo Il castello entro la ragnatela di iniziative che lo scrittore era impegnato a tessere tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta: dalla stesura delle Città invisibili alle discussioni intorno alla progettata rivista «Alì Babà», dall’approfondimento dell’utopista Charles Fourier alla traduzione dei Fiori blu di Queneau.
Collocato in una fase di ripensamento dei valori e delle prospettive, Il castello si dimostra una tappa nevralgica della riflessione calviniana sulla convivenza, nonché sul ruolo che all’intellettuale, nel pieno della modernità, è ancora concesso di recitare. Viene così rinnovata quella sfida al labirinto che, lanciata dalle colonne del «menabò», aveva trasformato Calvino nel cartografo di un mondo in apparenza refrattario all’ordine e alla ragione, eppure ancora capace di condensarsi in figure, immagini ed emblemi di respiro universale.
Articoli e saggi by Davide Savio
Starting from Tasso’s renewed fortune in the 1950s, the article intends to reconstruct Italo Calvino’s demystifying perspective on "La Gerusalemme liberata". The analysis will focus on some warrior characters in Calvino’s works: from "Il visconte dimezzato" to "Il cavaliere inesistente", up to the «chief» Orlando in "Il castello dei destini incrociati" and San Giorgio in "La taverna". Tasso’s palimpsest transforms them all into emblems of a fracture. The aim is to demonstrate how Calvino reiterates his attempt to find a synthesis between the self and the other, or even to abolish any distinction. By doing so, he categorically contradicts the prevaricating ideology of the Crusade and of Tasso’s religiosity.
Nei due volumi del 1908, "Arte e scienza" e "L’umorismo", Luigi Pirandello mette a sistema il proprio disagio verso i metodi critici e le estetiche che al tempo risultavano dominanti. Ponendosi ereticamente nella posizione dell’uomo solo contro tutti, Pirandello arriva a deformare dall’interno il dispositivo saggistico: nella doppia veste di filologo e di scrittore, tramuta le sue pagine in un tribunale dove chiamare a giudizio gli altri letterati, facendone dei personaggi (da Alessandro D’Ancona a Benedetto Croce e Giorgio Arcoleo). Questa drammatizzazione dello spazio argomentativo, accompagnata dalla forte intrusione della soggettività autoriale, sbilancia "Arte e scienza" e "L’umorismo" verso una tradizione di genere che risulta alternativa a quella del trattato accademico. Nel presente articolo si cercherà di portare alla luce una possibile genealogia tipologica per i due volumi, che parta dagli "Essais" di Montaigne e si allarghi alla "Anatomy of Melancholy" di Robert Burton e alla "Battle of the Books" di Jonathan Swift. In particolare, riconducendo specialmente la Parte prima dell’"Umorismo" al filone delle anatomie, si proverà a mostrare come l’istanza malinconico-umoristica abbia svolto una funzione modellizzante verso la forma-saggio impiegata da Pirandello.
In "Arte e scienza" and "L’umorismo" (1908), Luigi Pirandello systematizes his discomfort with the critical methods of his time. Pirandello distorts the essayistic device from the inside, playing the man alone against all: in the double role of philologist and writer, he transforms his pages into a court where the other scholars are converted into characters (Alessandro D’Ancona, Benedetto Croce, Giorgio Arcoleo....). This dramatization of the argumentative space, along with the strong intrusion of authorial subjectivity, unbalances the presumed two academic treatises towards an alternative genre tradition. In this article I will suggest a possible typological genealogy, from Montaigne’s "Essais" to Robert Burton’s "Anatomy of Melancholy" and Jonathan Swift’s "Battle of the Books". In particular, by connecting the First Part of "L’umorismo" to the vein of anatomies, I will try to show how the melancholy-humorous instance played a modelling function towards the essay form used by Pirandello.
Tirarsi su le brache da soli (Pulling up one’s pants). Calvino, Pavese, and an unpublished letter to Enzo Noè Girardi (1951). On September 25, 1951, Italo Calvino sent to Enzo Noè Girardi a still unpublished letter, now preserved in the Fondo Girardi (Girardi Fund), at the Library of the Catholic University of Milan. The short text reflects on two articles by Girardi about Cesare Pavese, published the same year in «Vita e Pensiero». It allows to reconstruct the way Calvino and the Einaudi publishing house have built and protected the memory of the writer, as well as the dialogue established by Calvino himself with the intellectuals of the Catholic world, in particular during his collaboration with the periodical «Cultura e realtà».
This article aims to recover an unknown source used by Luigi Pirandello, that is the essay Fondemens psychologiques et métaphysiques de la moralité by Alfred Fouillée, appeared in the magazine «Revue des Deux Mondes» on September 15th, 1889. According to the French philosopher, every man is called upon to selflessly «realize» his neighbour in himself, «seeing him the way he sees himself», «feeling him the way he feels himself», «wanting him to be the way he wants himself to be», in order to make contact with an «universal being» that overtops him. Since the article Sincerità e arte («Il Marzocco», March 7th, 1897), Pirandello purloins keywords and sentences from Fouillée’s essay, sometimes even paraphrasing whole textual portions. In this way, he phagocytes a doctrine that inspires him, both in the production of short stories and novels (Quand’ero matto..., Stefano Giogli, uno e due, Si gira…), and in the theoretical processing (especially Illustratori, attori e traduttori). Therefore, the rediscovery of the Fondemens can be an important contribution to the study of Pirandellian aesthetics. It allows to rethink the dynamics of humourism, the genesis of the character and more generally the mechanism of artistic creation in the works of the Sicilian author.
In 1967 Italo Calvino moved to Paris and programmatically decided to enter into his old age. This choice also influences the style of his following narrative production. In this perspective, my essay faces the novel "If on a Winter's Night a Traveler" looking at the notion of "late style" coined by Theodor W. Adorno, which assumes the closeness of the death to the author as the cause of a divergence between artistic conventions and his subjectivity. I will try to show how the formal waste of the selfless virtuosic novel actually reflects its author's ethics of difficulty. According to Calvino everything, men and books, needs to be justified by a project that implies «voluntary choices» and «active renunciations».
Con il presente saggio, Davide Savio ricompone la frattura che sembra intercorrere tra il primo e il secondo Calvino, riconducendo Il castello entro la ragnatela di iniziative che lo scrittore era impegnato a tessere tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta: dalla stesura delle Città invisibili alle discussioni intorno alla progettata rivista «Alì Babà», dall’approfondimento dell’utopista Charles Fourier alla traduzione dei Fiori blu di Queneau.
Collocato in una fase di ripensamento dei valori e delle prospettive, Il castello si dimostra una tappa nevralgica della riflessione calviniana sulla convivenza, nonché sul ruolo che all’intellettuale, nel pieno della modernità, è ancora concesso di recitare. Viene così rinnovata quella sfida al labirinto che, lanciata dalle colonne del «menabò», aveva trasformato Calvino nel cartografo di un mondo in apparenza refrattario all’ordine e alla ragione, eppure ancora capace di condensarsi in figure, immagini ed emblemi di respiro universale.
Starting from Tasso’s renewed fortune in the 1950s, the article intends to reconstruct Italo Calvino’s demystifying perspective on "La Gerusalemme liberata". The analysis will focus on some warrior characters in Calvino’s works: from "Il visconte dimezzato" to "Il cavaliere inesistente", up to the «chief» Orlando in "Il castello dei destini incrociati" and San Giorgio in "La taverna". Tasso’s palimpsest transforms them all into emblems of a fracture. The aim is to demonstrate how Calvino reiterates his attempt to find a synthesis between the self and the other, or even to abolish any distinction. By doing so, he categorically contradicts the prevaricating ideology of the Crusade and of Tasso’s religiosity.
Nei due volumi del 1908, "Arte e scienza" e "L’umorismo", Luigi Pirandello mette a sistema il proprio disagio verso i metodi critici e le estetiche che al tempo risultavano dominanti. Ponendosi ereticamente nella posizione dell’uomo solo contro tutti, Pirandello arriva a deformare dall’interno il dispositivo saggistico: nella doppia veste di filologo e di scrittore, tramuta le sue pagine in un tribunale dove chiamare a giudizio gli altri letterati, facendone dei personaggi (da Alessandro D’Ancona a Benedetto Croce e Giorgio Arcoleo). Questa drammatizzazione dello spazio argomentativo, accompagnata dalla forte intrusione della soggettività autoriale, sbilancia "Arte e scienza" e "L’umorismo" verso una tradizione di genere che risulta alternativa a quella del trattato accademico. Nel presente articolo si cercherà di portare alla luce una possibile genealogia tipologica per i due volumi, che parta dagli "Essais" di Montaigne e si allarghi alla "Anatomy of Melancholy" di Robert Burton e alla "Battle of the Books" di Jonathan Swift. In particolare, riconducendo specialmente la Parte prima dell’"Umorismo" al filone delle anatomie, si proverà a mostrare come l’istanza malinconico-umoristica abbia svolto una funzione modellizzante verso la forma-saggio impiegata da Pirandello.
In "Arte e scienza" and "L’umorismo" (1908), Luigi Pirandello systematizes his discomfort with the critical methods of his time. Pirandello distorts the essayistic device from the inside, playing the man alone against all: in the double role of philologist and writer, he transforms his pages into a court where the other scholars are converted into characters (Alessandro D’Ancona, Benedetto Croce, Giorgio Arcoleo....). This dramatization of the argumentative space, along with the strong intrusion of authorial subjectivity, unbalances the presumed two academic treatises towards an alternative genre tradition. In this article I will suggest a possible typological genealogy, from Montaigne’s "Essais" to Robert Burton’s "Anatomy of Melancholy" and Jonathan Swift’s "Battle of the Books". In particular, by connecting the First Part of "L’umorismo" to the vein of anatomies, I will try to show how the melancholy-humorous instance played a modelling function towards the essay form used by Pirandello.
Tirarsi su le brache da soli (Pulling up one’s pants). Calvino, Pavese, and an unpublished letter to Enzo Noè Girardi (1951). On September 25, 1951, Italo Calvino sent to Enzo Noè Girardi a still unpublished letter, now preserved in the Fondo Girardi (Girardi Fund), at the Library of the Catholic University of Milan. The short text reflects on two articles by Girardi about Cesare Pavese, published the same year in «Vita e Pensiero». It allows to reconstruct the way Calvino and the Einaudi publishing house have built and protected the memory of the writer, as well as the dialogue established by Calvino himself with the intellectuals of the Catholic world, in particular during his collaboration with the periodical «Cultura e realtà».
This article aims to recover an unknown source used by Luigi Pirandello, that is the essay Fondemens psychologiques et métaphysiques de la moralité by Alfred Fouillée, appeared in the magazine «Revue des Deux Mondes» on September 15th, 1889. According to the French philosopher, every man is called upon to selflessly «realize» his neighbour in himself, «seeing him the way he sees himself», «feeling him the way he feels himself», «wanting him to be the way he wants himself to be», in order to make contact with an «universal being» that overtops him. Since the article Sincerità e arte («Il Marzocco», March 7th, 1897), Pirandello purloins keywords and sentences from Fouillée’s essay, sometimes even paraphrasing whole textual portions. In this way, he phagocytes a doctrine that inspires him, both in the production of short stories and novels (Quand’ero matto..., Stefano Giogli, uno e due, Si gira…), and in the theoretical processing (especially Illustratori, attori e traduttori). Therefore, the rediscovery of the Fondemens can be an important contribution to the study of Pirandellian aesthetics. It allows to rethink the dynamics of humourism, the genesis of the character and more generally the mechanism of artistic creation in the works of the Sicilian author.
In 1967 Italo Calvino moved to Paris and programmatically decided to enter into his old age. This choice also influences the style of his following narrative production. In this perspective, my essay faces the novel "If on a Winter's Night a Traveler" looking at the notion of "late style" coined by Theodor W. Adorno, which assumes the closeness of the death to the author as the cause of a divergence between artistic conventions and his subjectivity. I will try to show how the formal waste of the selfless virtuosic novel actually reflects its author's ethics of difficulty. According to Calvino everything, men and books, needs to be justified by a project that implies «voluntary choices» and «active renunciations».
Fin dalla sua strutturazione in senso scientifico, l’antropologia intreccia un dialogo proficuo con la letteratura, dai primi episodi ottocenteschi fino al Novecento e oltre, quando le strade delle due discipline convergono in una collaborazione pienamente consapevole. Il dato antropologico, infatti, si presta al coinvolgimento letterario in più di una direzione: dal racconto odeporico, documentaristico o narrativo, al reportage coloniale o post-coloniale; dalla scoperta degli archivi etnografici allo sviluppo addirittura di un fantafolk, che rimanda nel nome all’uso di suggestioni folkloriche nella costruzione di trame fantastiche. Vi sono poi il racconto del periferico, diventato necessità di fronte al livellamento identitario causato dalla globalizzazione; il romanzo globalista, che proietta storie locali sullo sfondo di uno scenario mondiale; il noir, il thriller e il romanzo di investigazione, con gli spunti umbratili offerti loro da una criminologia ispiratrice di narrazioni avvincenti. Si giunge infine ai territori del postumano, dove anche la fantascienza e le distopie si innervano di richiami antropologici, declinati in sottogeneri tanto inquietanti quanto suggestivi. Letteratura e antropologia. Generi, forme e immaginari raccoglie gli Atti del XXI Convegno Internazionale della MOD, che si è svolto all’Università degli Studi del Molise dal 13 al 15 giugno 2019.
Il volume contiene 25 studi sulla modernità letteraria che altrettanti colleghi e allievi hanno offerto a Giuseppe Langella in segno di stima, riconoscenza, affetto, nell’occasione del suo pensionamento. Venticinque suoi lettori, come per l’amato Manzoni, che con i loro interventi toccano alcuni nodi, aspetti e autori cruciali del percorso critico di Langella. Si va dal Romanticismo agli anni Duemila; da Manzoni, appunto, a Svevo e Pirandello; da Betocchi a Luciano Luisi, le carte del quale sono conservate presso il Centro di ricerca “Letteratura e cultura dell’Italia unita” dell’Università Cattolica, che Langella ha diretto dal 2003 al 2022. A incorniciare i singoli approfondimenti entrano in gioco anche questioni più ampie intorno alla modernità letteraria, all’avvenire della ricerca e alla didattica, che fanno il punto sulla complessità della disciplina cui Langella si è dedicato per oltre quarant’anni, aprendo prospettive di assoluto rilievo.
L’industria, con il suo ideale di progresso scientifico-tecnologico, obbliga i letterati del Novecento ad abbattere i tradizionali steccati tra le «due culture» e riflettere sul significato della modernità. La storia dell’Italia passa per la progettualità di aziende come Eni, Olivetti e Pirelli, che con i loro house organs hanno elaborato una cultura dell’innovazione e creato una sinergia tra capitale e umanesimo. Accanto agli intellettuali «apocalittici», per dirla con Umberto Eco, che evidenziano le criticità dell’oltranza produttiva e delle nuove forme di colonialismo, si distingue una schiera di «integrati» in dialogo con le possibilità offerte dallo sviluppo tecnologico. Persino la veste dell’oggetto letterario ne risulta modificata: editoria, design e ricerca grafica si alleano all’incrocio tra sperimentazioni d’avanguardia, contestazione politica e cultura pop. I contributi del volume Fabrica in fabula si propongono di scandagliare le diverse questioni in gioco, aggiornando il dibattito intorno a un tema nevralgico del mondo contemporaneo.
Composto nel 1908 e rivisto nel 1920, "L'umorismo" è un libro a doppio fondo: un saggio accademico che nasconde il nocciolo della poetica di Pirandello, come testimonia la dedica «alla buon'anima di Mattia Pascal». Il campo di applicazione dell'umorismo non è la natura, ma l'uomo, in quanto dotato di desideri e volontà: sulle sue miserie fa presa il "sentimento del contrario", costringendo il lettore a rimanere sospeso tra riso e pianto. Pirandello rivela nel saggio come sia la compassione a guidarlo nella rappresentazione dei personaggi, allontanandosi nettamente dalle altre declinazioni del ridicolo (il comico, il grottesco, il satirico). Questa edizione dell'"Umorismo", che propone il testo del 1908, mette in luce la vastità delle ispirazioni di Pirandello e insieme il legame tra letteratura ed esperienza umana, dimostrando che il saggio è anche un'autobiografia intellettuale, l'attraversamento appassionato dei modelli di una vita.
Giampiero Neri è oggi il maestro della poesia in prosa italiana. L’esordio tardivo, giunto alle soglie dei cinquant’anni, ha rafforzato l’originalità di un autore lontano da ogni moda, che ha posto al centro della propria indagine il «problema del male» sulla scena del mondo, un Teatro naturale dove gli attori recitano «mossi da una oscura volontà che li trascende». Gli interventi di questo volume ne perlustrano l’opera attraverso questioni formali (la dialettica tra poesia e prosa) e di contenuto (il cortocircuito tra una scrittura oggettiva, impersonale, e i fantasmi della memoria individuale, nonché il rapporto di quest’ultima con la storia collettiva), sollevando problemi che per la loro complessità artistica, filosofica, morale, sono destinati a suscitare interrogativi profondi.
Per questo, la “Mod per la Scuola” propone una serie di percorsi letterari di Cittadinanza e Costituzione, allo scopo di fornire agli insegnanti di Lettere delle scuole secondarie di primo e secondo grado spunti tematici, modelli metodologici e proposte concrete per una proficua realizzazione degli obiettivi formativi previsti per l’insegnamento trasversale di Educazione civica.
Si analizzeranno poi i casi di alcune novelle, composte tra il primissimo Novecento e gli anni Trenta ("Quand’ero matto...", "La casa dell’agonia", "Una giornata"), nelle quali emerge la tecnica con cui l’autore sconvolge i canoni della narrativa tradizionale, di matrice ottocentesca, convogliando sulla pagina un’intera, articolata e complessa visione del mondo e dell’individuo.