Sighicelli, Gaspare. Nacque a San Giovanni in Persiceto, verosimilmente nell’estremo scorcio del
Trecento. Il padre, Pietro, apparteneva ad una famiglia di crescente rilievo nel contesto locale, mentre
non sappiamo nulla della madre.
Pur mantenendo un costante legame con il luogo d’origine, Gaspare si trasferì per ragioni di studio
nella vicina Bologna, che diventerà una sorta di ‘patria adottiva’, tanto che nelle fonti il futuro frate
domenicano, oltre che de Sancto Iohanne, è detto frequentemente de Bononia.
Sighicelli va tenuto distinto da un altro frate contemporaneo, il carmelitano Gaspare da Bologna, che
analogamente al persicetano sarà docente e decano della facoltà di teologia a Bologna negli anni
Quaranta del Quattrocento.
Studente della facoltà d’arti dello Studium felsineo negli stessi anni di Tommaso Parentucelli (si
laureeranno a soli dieci giorni di distanza), Sighicelli, come il futuro Niccolò V, cui lo legherà un
indubbio rapporto di conoscenza diretta, riuscì a terminare il proprio percorso di studi grazie al
decisivo sostegno del vescovo bolognese Niccolò Albergati: lo si evince dall’esplicito accenno che
egli fece nell’orazione funebre pronunciata nel 1443 per il cardinale certosino («Ego quoque, ut meum
in medium proferam testimonium, eius ope et amplissimis beneficiis litterarum studia quoad potui
prosecutus sum, et saepe crebris eius muneribus egestatis molestias effugi»; Analecta bollandiana,
VII (1888), pp. 384 s.).
L’attribuzione al Sighicelli del sermone commemorativo, pubblicato come anonimo dai bollandisti,
è cerziorata dal ms. Ambrosiano L 69 sup., cui fa ricorso McManamon, 1989.
Già a partire dall’anno precedente al superamento dell’examen publicum di laurea, grado accademico
conseguito il 31 ottobre 1420, Gaspare insegnò logica, per poi succedere al proprio maestro, Niccolò
Fava, nella docenza di filosofia naturale, attestata per gli anni 1420-1421 e 1424-1427. Nel biennio
1425-1427, quando ebbe tra gli allievi anche Gaspare da Verona, affiancò a quell’insegnamento,
svolto diebus ordinariis, quello di filosofia morale, impartito nei giorni festivi. Il cumulo di incarichi
didattici rispecchia con evidenza il rilievo presto assunto da Sighicelli, tale da spingere il Comune di
Siena ad offrigli una cattedra, dopo un precedente infruttuoso tentativo. Il trasferimento volontario
nella città toscana, invano osteggiato dal cardinale legato di Bologna e probabilmente suggerito da
una diminuzione dei salari al corpo docente che si verificò a Bologna proprio a partire dal 1427 per
via di una crisi economica, durò due anni. Al termine del biennio Sighicelli pianificò di spostare
nuovamente la sua docenza, questa volta presso lo Studium di Firenze, provocando vibranti proteste
da parte delle autorità politiche senesi, che sanzionarono il filosofo persicetano. Nell’aspro
contenzioso tra i due centri di studio tentò probabilmente di inserirsi Bologna, dato che i rotuli dello
Studium per l’anno accademico 1429-1430 – peraltro non del tutto affidabili – attesterebbero una
nuova reggenza della cattedra di filosofia naturale: ma sulla scorta di altre fonti non sembra esservi
dubbio che l’insegnamento fu in effetti tenuto a Firenze dal 1429 al 1431, con un salario di assoluto
rilievo (140 fiorini annui).
L’incongruo patronimico di Giovanni, riferito a Gaspare nello studio di Park, 1980 (pp. 285, 287), si
spiega probabilmente in ragione di un refuso indotto dal toponimo d’origine, San Giovanni in
Persiceto.
A questo periodo fiorentino, in cui Sighicelli lesse l’Etica di Aristotele, risale il vincolo di amicizia
stretto con il collega Francesco Filelfo, cui l’accomunava una decisa sensibilità verso la coniugazione
delle culture di lingua greca e latina, inclinazione che Gaspare ereditava dal proprio maestro Niccolò
Fava. Sempre nella città di Dante il filosofo persicetano entrò a far parte di un più ampio circolo di
umanisti, comprendente Leonardo Bruni, Niccolò Niccoli, Giannozzo Manetti e Carlo Marsuppini
(protagonista di una gara poetica con Sighicelli). Questa rete di rapporti è documentata da scambi
epistolari e si allargò in tempi ravvicinati anche ad altri intellettuali di vaglia, quali Giovanni Lamola
e Ambrogio Traversari (di cui Gaspare possedette la traduzione latina dello pseudo Dionigi).
È proprio il monaco camaldolese ad informarci, al termine di un biennio di insegnamento iniziato nel
1431 nuovamente a Bologna (nonostante forti resistenze del governo fiorentino), della conversione
di Sighicelli, il quale entro la metà di maggio del 1433 fece il suo ingresso nell’Ordine dei frati
Predicatori presso il convento patriarcale di S. Domenico. Al termine del percorso di studi di teologia,
vale a dire a partire dalla fine degli anni Trenta, Gaspare ricoprì ruoli di crescente rilievo in seno alla
formazione religiosa, divenendo un esponente di punta dell’ala osservante: fu dapprima creato
baccelliere (1439-1440), per poi divenire reggente dello Studium domenicano (1442-1445),
svolgendo simultaneamente e per un lungo periodo le funzioni di inquisitore (1443-1449). Risale
certamente a quest’ultimo incarico la composizione di una Summa adversus hereses, non conservata.
Negli stessi anni Quaranta le fonti ci testimoniano la ripresa di un’intensa attività didattica presso lo
Studium, ora nella facoltà di teologia, dove il persicetano si era nel frattempo laureato. Attestato quale
professore in sacra pagina già prima del 6 febbraio 1440, Sighicelli fu aggregato due anni più tardi
al collegio dei dottori della disciplina, per poi divenire decano della facoltà dal 1445 al 1447. Negli
stessi anni (1443-1445, 1447-1448) il frate tornò ad occupare la cattedra di filosofia naturale e morale
presso la facoltà d’arti, secondo una prassi non isolata che prevedeva la possibile attribuzione di
quell’incarico di insegnamento a membri degli Ordini mendicanti. Fu in questo lasso di tempo che si
rafforzò un legame intellettuale con il discepolo Giovanni Tortelli: il futuro primattore della
fondazione della Biblioteca Vaticana si laureò infatti a Bologna nel 1445 sotto la guida del
domenicano, di cui era già stato allievo prima della conversione. Fu proprio l’insegnamento impartito
dal frate Predicatore sugli Analyitica posteriora di Aristotele, condotto su una traduzione imprecisa,
all’origine della nuova traduzione operata dall’umanista aretino.
L’ascesa al soglio pontificio nel 1447 dell’amico Tommaso Parentucelli, papa Niccolò V, segnò una
nuova svolta nella vita del Sighicelli. Già qualche mese dopo l’elezione l’umanista persicetano ebbe
occasione di un contatto diretto con il nuovo pontefice, quando insieme al giurista Giovanni d’Anagni
accompagnò a Roma il vescovo Giovanni Poggi, successore del Parentucelli sulla cattedra bolognese.
Fu forse in un’occasione successiva che Niccolò V incaricò il persicetano della riforma del convento
domenicano di S. Maria Novella di Firenze, affidatagli nel 1449. Il vincolo di conoscenza di lunga
data e di stima tra il pontefice e Sighicelli fu certamente all’origine della promozione di Gaspare
all’episcopato di Imola, avvenuta il 27 marzo 1450. Successivamente a quella designazione il frate
domenicano nominò da Bologna un suo procuratore, il canonista imolese Bonaventura Brocardi, per
trasmettere al Capitolo della città romagnola e all’arcivescovo di Ravenna la notifica della lettera
pontificia di collazione. Gli ultimi anni di vita del domenicano, trascorsi sulla cattedra di Imola, sono
tra i meno documentati ed essenzialmente, quanto genericamente, ricordati per il rifacimento del
palazzo vescovile e per un’azione di sostengo alla locale confraternita della beata Vergine.
Sighicelli morì a Ferrara nel 1457 (entro la prima metà di settembre) presso il convento domenicano
di S. Maria degli Angeli, dove venne successivamente sepolto. Stando a Leandro Alberti, la trasferta
nella città estense fu dovuta a questioni di notevole rilievo, riguardanti probabilmente vicende interne
all’Ordine. L’orazione funebre fu pronunciata dal priore provinciale dei frati Predicatori, Leonardo
Mattei da Udine, che alcuni studi identificano quale allievo del defunto.
Delle diverse opere ascritte dalla tradizione a Sighicelli, soltanto poche sono pervenute fino ai giorni
nostri. Tra queste, figurano la Logica, un compendium di regole della disciplina (tràdito dal ms. Ross.
28 della Biblioteca Apostolica Vaticana, cc. 2r-28v; l’epistola dedicatoria al cardinale Domenico
Capranica è edita da Bassiano Rossi, 2016, p. 772), un frammento di una Ars diffiniendi recollecta ex
Aristotele (Archivio di Stato di Prato, Spedali 2605, cc. 56va-57vb) e un epigramma latino In
Psicharpaga murem (edito in Pierini, 2012 pp. 291 s.). A queste va aggiunta una lettera all’allievo
Giovanni Tortelli (pubblicata da Piana, 1976, pp. 205 s. n. 75) e un’altra missiva ad un ignoto
destinatario (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Ott. Lat. 1677, c. 245r-v).
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RICCARDO PARMEGGIANI