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1995
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Atti del XVII Colloquio dell’Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico (Teramo, 10-12 marzo 2011), Tivoli
ambito del progetto di studio dedicato ai rivestimenti pavimentali di Aquileia attualmente in corso da parte del Dipartimento di Archeologia dell'Università degli Studi di Padova 1 e sulla scia dell'attenzione dedicata alla colonia altoadriatica ormai da alcuni anni da parte del gruppo di ricerca coordinato dalla prof.ssa E. F. Ghedini, si coglie l'occasione per presentare in questa sede i pavimenti di tre contesti edilizi rimasti finora inediti 2 .
Introduzione Tralasciando le diatribe, pure interessanti, degli studiosi ad iniziare da Pietro Toesca sulla cronologia dell'edificio il quale sorge sull'omonimo colle un tempo acropoli etrusca e area di difesa della città, come dimostrano le grandi torri di difesa, la chiesa attuale è da considerarsi un totale rifacimento di un preesistente tempio religioso risalente forse all'VIII secolo. Ne consegue che l'attuale chiesa è il risultato della fusione di diversi elementi artistici e architettonici risalenti a varie epoche e attribuibili a maestrale locali, umbre e romane. Di questo insigne monumento dell'arte romanica si sono occupati praticamente tutti gli studiosi ed appassionati di storia dell'arte e dell'architettura. Per quanto riguarda la nostra indagine, però, devo evidenziare che se da una parte tali studi furono condotti con dovizia di particolari sui livelli strutturali dell'edificio, sulla sua ricostruzione e in particolare per quanto concerne le decorazioni marmoree della facciata e alcuni monumenti dell'antico mobilio presbiteriale, dall'altra poco o niente è stato detto e indagato in modo specifico sulla storia del pavimento cosmatesco. Prima di continuare, però, è bene ricordare che a Tuscania, anticamente denominata Toscanella, sono due le chiese romaniche degne di nota e delle quali ci è stata tramandata memoria dagli studiosi nelle loro opere: Santa Maria Maggiore di Toscanella, e San Pietro di Toscanella. Quale delle due sia più antica è una disputa che spetta agli storici dell'arte. Entrambe conobbero la loro prima fase edificatoria attorno all'VIII secolo, per poi essere ricostruite e riconsacrate, prima San Pietro nel 1093, facendo riferimento alla data incisa sul Ciborio, poi Santa Maria Maggiore nel 1206. Quest'ultima combacia con il decennio di maggiore attività della bottega cosmatesca di Iacopo di Lorenzo, sotto papa Innocenzo III. E a dirla tutta, mi sembra inverosimile che un tempio religioso di questa importanza, ricostruito secondo tutti i canoni dell'architettura romanica cosmatesca e riconsacrato in quell'anno, non fosse stata dotata anche di un pavimento musivo. Questa considerazione è da tenere presente qualora si affacciasse la
Anche in questo caso, le fonti principali che hanno trattato della cattedrale medievale di Sutri ed hanno relazionato con qualche approfondimento sul pavimento cosmatesco sono Glass 1 , Bassan 2 e Gandolfo 3. In ordine cronologico, iniziamo ad analizzare il pensiero di Glass, in parte già sintetizzato da Bassan. Le descrizioni, dettagliate in Glass e sintetizzate in Bassan, dell'assetto odierno del pavimento cosmatesco, sono rese inutili se si pensa che il litostrato è il risultato di una ricostruzione totale, impoverita ed arbitraria, che reimpiega elementi marmorei dell'arredo medievale, parte del materiale superstite dell'antico pavimento cosmatesco e materiale lapideo dei diversi restauri ai quali l'edificio fu soggetto sin dai tempi antichi. Glass non prova neppure ad avanzare qualche ipotesi sulla datazione che ritiene difficile, dato che ritiene la koiné musiva impiegata di "passaggio", o di transizione da un periodo all'altro (senza specificare bene i periodi o le maestranze). Oltre a descrivere materialmente l'attuale aspetto, Glass nota che la maggior parte del pavimento che sta ad ovest dall'ingresso nella chiesa, è appena degno di discussione; che i rettangoli musivi distesi in modo disordinato lungo tutto il pavimento mancano di varietà nei motivi i quali, essendo pochi e definiti di transizione, non aiutano a stabilire una datazione dell'opera; a suo avviso sembra più probabile che il pavimento fu fatto durante la ricostruzione sotto il vescovo Adalberto o di Pietro II. Nota che manca il consueto porfido nel quinconce centrale e che tutto il pavimento è caratterizzato da una "virtuale assenza di porfido" donando una conseguente "blanda tonalità " cromatica. Bassan riporta che sia il portale decorato che il pavimento appartengono ad una fase successiva a quella della ricostruzione del 1170, "databile a poco prima della consacrazione avvenuta nel 1207 e che per ragioni stilistiche, sono attribuibili, sia pure con qualche riserva, alla bottega di Iacopo di Lorenzo, attiva nelle 1
ATTI DEL XXIV COLLOQUIO DELL'ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LO STUDIO E LA CONSERVAZIONE DEL MOSAICO con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, 2018
La stampa del presente volume è stata finanziata da La riproduzione del testo o brani di esso, in qualsiasi forma presentata e diffusa, è assoggettata alla legge 22 aprile 1941, n. 633 successivamente modificata con la legge 18 agosto 2000, n. 248. ISBN 978-88-7140-938-2 © Roma 2019 -Edizioni Quasar di S. Tognon s.r.l. via Ajaccio, 41-43 -00198 Roma tel. 0685358444 -fax 0685833591 www.edizioniquasar.it,
ATTI DEL XXI COLLOQUIO DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LO STUDIO E LA CONSERVAZIONE DEL MOSAICO, 2016
Il vasto complesso residenziale dei Setti Bassi ubicato al V miglio della via Latina è ancora oggi in gran parte poco noto e i principali studi sull’area risalgono alla prima metà del Novecento. Lo sviluppo planimetrico del complesso centrale è stato identificato in tre nuclei principali, corrispondenti ad altrettante fasi cronologiche individuate sulla base delle differenti tecniche edilizie e sullo studio dei bolli laterizi effettuato dal Bloch: il Gruppo A della residenza caratterizzato dall’impiego dell’opera laterizia e attribuito all’inizio del regno di Antonino Pio tra il 134 e il 139 d.C., è composto da una villa che si situa su un ampio pianoro e si impianta sui resti di una precedente villa tardorepubblicana. Il Gruppo B costituisce un ampliamento verso Ovest del nucleo primitivo ed è formato da una serie di ambienti costruiti poco dopo il 140 d.C. in opera reticolata, molti dei quali riscaldati, in parte edificati su una terrazza naturale e in parte al di sopra di un crip...
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