ALESSANDRA DIDONÈ
PAVIMENTI MUSIVI DA CONTESTI INEDITI DI AQUILEIA
Nell’ambitodelprogettodistudiodedicatoairivestimentipavimentalidiAquileia attualmente in corso da parte del Dipartimento di Archeologia dell’Università
degli Studi di Padova1 e sulla scia dell’attenzione dedicata alla colonia altoadriatica ormai da alcuni anni da parte del gruppo di ricerca coordinato dalla prof.ssa
E. F. Ghedini, si coglie l’occasione per presentare in questa sede i pavimenti di
tre contesti edilizi rimasti finora inediti2.
Gliedificiinquestione,sceltisullabasedell’elevataqualitàdeirivestimentimusivi in essi conservati, sono stati interpretati come due contesti a carattere residenziale, verosimilmente delle domus
domus appartenenti ad esponenti della classe medio-alta, ed uno di tipo pubblico con funzione termale. All’interno del tessuto moderno della città, si collocano rispettivamente in via Martiri della Libertà, all’interno
dei fondi Dalla Costa e Gardenal, ed in via Stazione, nel fondo Cogoi.
In relazione alla maglia urbana antica, si tratta dei settori corrispondenti all’estremità nord occidentale ed alla porzione centrale della colonia ovvero di zone caratterizzate da una rada, seppur precoce, urbanizzazione (fig. 1). Risalgono
infatti all’età tardorepubblicana3 le prime testimonianze edilizie messe in luce in
questi settori della città a conferma della loro importanza e vitalità fin dalle prime fasi di vita della colonia.
I tre complessi sono stati messi in luce attorno alla metà del secolo scorso e
sono oggi noti unicamente da una lacunosa documentazione d’archivio composta da piante e da alcune foto di scavo. Sulla base di tali dati, nella consapevolezza del limite imposto dalla perdita di una grande mole di informazioni, prime tra
tutte quelle relative al bacino stratigrafico ed alle quote altimetriche, ci si propone in questa sede di recuperare, confortati dall’analisi del dato pavimentale, una
dimensione diacronica per i complessi edilizi in esame e di pervenire ad una loro definizione cronologica quanto più puntuale possibile. Infine, si tenterà di inquadrare i pavimenti in essi rinvenuti all’interno della cultura musiva della colonia alla luce delle linee di tendenza che stanno emergendo dalla sua analisi sistematica condotta in occasione del progetto di studio sopra citato.
1 Il progetto di ricerca, coordinato dalla prof.ssa E. F. Ghedini e condotto da M. Bueno, T. Clementi, M. Novello e F. Rinaldi con la collaborazione di G. Brugnolo e della scrivente, prevede, nell’ambito di una convenzione con la Soprintendenza Archeologica del Friuli Venezia Giulia, l’edizione
di un Corpus
Corpus dell’intero patrimonio musivo aquileiese di età romana. Si rimanda, in questa stessa sede, al contributo di G. Brugnolo per la presentazione del progetto.
2 Si ringrazia la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia per aver consentito lo studio e la pubblicazione dei pavimenti trattati in questa sede e T. Clementi a cui va il merito di aver raccolto le informazioni d’archivio circa i contesti in esame ed i relativi rivestimenti musivi
nell’ambito del progetto di schedatura informatizzata TESS. Un grazie sentito va inoltre a M. Bueno,
F. Rinaldi e M. Novello per la preziosa collaborazione.
3 Si rimanda, per quanto riguarda l’aspetto urbanistico della colonia, a L. BERTACCHI, ‘Nuova pianta archeologica di Aquileia’, Udine 2003, tavv. 9, 30.
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Iniziando la disamina dal primo contesto, ovvero quello situato nel fondo
Dalla Costa4, scavi diretti da G. Brusin nel 1946 hanno messo in luce, in un’area
prossimaallacintaoccidentaledellacolonia,duevaniparzialmentesovrappostiappartenenti a due fasi edilizie di un medesimo complesso a vocazione residenziale5
(figg. 1.1, 2). Stando a quanto emerge dalla documentazione grafica e fotografica, si riconosce un palinsesto archeologico caratterizzato da un pavimento in tessellato affiancato ad uno in cotto a cui si sovrappone, allettato su un alto strato
di macerie, un ulteriore pavimento in tessellato.
I rivestimenti più antichi, risalenti alla fase d’impianto della domus, si compongono di un mosaico a campo bianco impreziosito da un ampio pannello rettangolare ornato da un reticolato di fasce nere formanti scomparti quadrangolari caricati da due ulteriori quadrati delineati inclusi, l’uno dentro l’altro6 (fig. 3),
e di un pavimento a cubetti di cotto, a ordito di filari paralleli e obliqui. I due
tappeti risultano separati da due linee di tessere bianche e da una fascia in cubetti di cotto.
Volendo soffermarsi unicamente sul primo rivestimento, costituendo l’esemplare in cotto una tipologia molto comune nella colonia e cronologicamente poco indicativa, questo restituisce uno schema privo di confronti puntuali in ambito italico. Considerando tuttavia il solo partito decorativo di base, il tipo di griglia
strutturale e la scelta decorativa sembrano suggerire per il pavimento una rielaborazione di un motivo ben documentato in area italica quale quello del cassettonato prospettico7. Rispetto a quest’ultimo, lo schema aquileiese risulta tuttavia snaturato della tridimensionalità, privato dell’effetto prospettico e della vivace policromia, con risultato finale di semplice reticolato di quadrati. In tal senso, sperimentazioni confrontabili con l’esemplare aquileiese si ravvisano sia in soluzione ridotta alla singola unità di base o lineare a partire dal I sec. a.C. per la campitura di
fasce partizionali o soglie8, sia, successivamente, a partire dalla fine dell’età repubblicana, con sviluppo iterativo esteso a coprire l’intero campo. In quest’ultima redazione, confronti con l’esemplare aquileiese possono essere stabiliti con le soluzioni a trama reticolare caratterizzate dalla duplicazione, all’interno di ogni unità modulare, dei soli quadrati inclusi come è visibile nel tessellato della Casa del
Chirurgo9 di Aquileia (Ud) e di via Cà Selvatica10 di Bologna, dove i quadrati risultano iterati rispettivamente in numero di cinque e di due, o con l’ulteriore aggiunta di riempitivi ornamentali, solitamente a carattere geometrico-vegetale, co4 Lo scavo è situato nella p.c. 420/4.
5 Al medesimo edificio potrebbero riferirsi altri due lacerti pavimentali, verosimilmente realizzati
in cubetti di cotto, riportati nella pianta redatta all’epoca dello scavo. Non disponendo tuttavia di ulteriori informazioni circa la loro connessione con il contesto in esame, né di una loro referenza fotografica, si sceglie in questa sede di non prenderli in esame. La pianta dell’edificio è riportata in BERTACCHI 2003, cit. a nota 3, tav. 9, senza numero.
6 Décor
Décor, p. 204, pl. 134a.
7 Numerosi studi sono stati dedicati al motivo cosiddetto a “cassettoni”: si veda M. L. MORRICONE MATINI, ‘Mosaici romani a cassettoni del I sec. a.C.’, in Archeologia Classica, XVII, 1965, pp. 79-91;
J. LANCHA, Mosaïques géométriques. Les ateliers de Vienne (Isère). Leurs modèles et leur originalité dans l’empire romain, Roma 1977, pp. 32 ss.
8 Si veda, per la casistica del motivo ridotto alla singola unità di base, l’esemplare romano della
casa repubblicana delle Scalae Caci
Caci di età sillana (MORRICONE 1967, p. 42, n. 34, tav. VII); per quella
lineare il pavimento pompeiano della Casa del Centenario (IX 8, 3) (PPM
PPM IX
IX, p. 957, n. 100).
9 M. BUENO, ‘La Casa del Chirurgo di Aquileia: i rivestimenti pavimentali’, in AISCOM XIII
XIII, pp.
363-373, in part. pp. 364-365, figg. 5-6 (inizio del I sec. d.C.).
10 J. ORTALLI, ‘La villa suburbana di via S. Isaia a Bologna’, in AISCOM III
III, pp. 287-302, in part p.
288, fig. 2 (terzo quarto del I sec. a.C.).
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me nel caso del pavimento della Casa del Pastore dall’abito singolare del fondo
Cossar11 di Aquileia (Ud).
Sullabasedeiconfrontireperiti,siproponedunqueperiltessellatounadatazionecircoscrivibilenelcorsodelIsec.d.C.oalpiùtardiall’iniziodelIIsec.d.C.
Quanto al pavimento del vano più recente, si tratta di un tessellato bianco
che racchiude un ampio riquadro ornato da una composizione reticolata di ellissi
bianche tangenti formanti quadrati neri concavi, alternativamente grandi e piccoli12 (fig. 4). È questo un motivo che, a differenza del precedente, trova numerosi
confronti, soprattutto in ambito centro-italico, a partire dall’età severiana13. Lo dimostrano alcuni esemplari ostiensi14, di cui uno proveniente dalla Domus
Domus di Apuleio particolarmente simile al tessellato aquileiese, ma anche i mosaici romani del
Palazzo Pedagogium15 e della Casa di via San Paolo alla Regola16 che ripropongo il
medesimo schema, seppur in cromia inversa.
A fronte dell’analisi dei rivestimenti pavimentali, si propende dunque per assegnare la prima fase edilizia della domus
domus nel corso del I - inizio II sec. d.C. e la
seconda fase ad un intervento di ristrutturazione condotto in età severiana. Quest’ultima datazione sarebbe infatti suggerita dai confronti rinvenuti ed inoltre giustificherebbe i numerosi restauri che si notano sul tessellato sottostante, evidentemente significativi di un suo uso prolungato nel tempo.
Passando ad esaminare il secondo contesto, altresì situato in via Martiri della
Libertà, scavi condotti da L. Bertacchi nel 1966 hanno rinvenuto nel fondo Gardenal17, poco fuori la cinta urbica, quattro vani ornati da pavimenti musivi riferibiliconbuonaprobabilitàadunmedesimoedificioresidenziale(figg.1.2,5).Nell’impossibilità di recuperare l’articolazione complessiva dei vani ed i relativi accessi a causa della limitata porzione di scavo e del metodo d’indagine condotto per
trincee, la documentazione grafica e fotografica permette di riconoscere due ambienti pavimentati in tessellato, uno in sectile
sectile e, ad una quota superiore, un quarto realizzato in cubetti di cotto.
Tra questi spicca per il buono stato di conservazione e per l’ottima fattura il
tessellato ornato da un ampio pannello quadrangolare campito da un reticolato
di fasce caricate da un meandro nero di paia di svastiche a giro triplo e quadrati, formanti quadrati grandi18. All’interno di questi ultimi sono presenti elementi vegetali mentre gli altri sono privi di decorazione. Il riquadro è poi bordato da
una successione di fasce in colori contrastanti e da una treccia a calice, serrata,
con orlo dritto, policroma19 (fig. 6). Si tratta di un motivo poco diffuso in area
11
DONDERER 1986, p. 30, n. 32, tav. 10.4 (ultimo quarto del I sec. d.C.).
Décor, pp. 400-401, pl. 252d.
Décor
13 L’età severiana si contraddistingue per lo sviluppo di motivi basati sull’iterazione di grossi elementi curvilinei. Questo filone geometrico è ben esemplificato nel contributo: M. GRANDI, P. CHINI,
‘Osservazioni sul repertorio del mosaico bianco nero di II-III secolo a Roma’, in MosGrRom, IX.1, pp.
55-65, in part. pp. 61-62.
14 Si tratta di un esemplare della Domus
Domus di Apuleio e di due di provenienza ignota conservati nell’antiquarium
antiquarium del sito: si veda rispettivamente BECATTI 1961, p. 87, n. 140, tav. XLIX; ivi, p. 241, n. 440,
tav. XLIX; ivi, p. 241, n. 441, tav. XLIX (tutti datati all’inizio del III sec. d.C.).
15 MORRICONE 1967, p. 101, n. 90, tav. XXII; ivi, pp. 101-102, n. 91, tav. XXII (entrambi datati in
età severiana).
16 L. QUILICI, ‘I mosaici delle case di via San Paolo alla Regola in Roma. Scavi e restauri 19931995’, in AISCOM III
III, pp. 515-522, in part. p. 517, fig. 3 (età severiana).
17 L’edificio è situato all’interno della p.c. 416/12, a circa 40-50 m a nord della cinta muraria della città.
18 Décor
Décor, p. 206, pl. 136e.
19 Décor
Décor, p. 124, pl. 74e.
12
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italica dove la preferenza è accordata allo schema che vede il meandro a svastica
alternato al riquadro, con la svastica che corrisponde al lato del quadrato, utilizzato sia in versione lineare che estesa all’intero campo musivo20. Minori confronti si rinvengono per il motivo aquileiese che in ambito italico risulta documentato
in una redazione simile, seppur non puntuale, come dimostra il mosaico della domus di via Civitavecchia di Amelia (Terni)21 della prima metà del II sec. d.C. e il
mus
tessellato della Via Latina di Roma22, altresì datato nel corso del II sec. d.C. Con
più frequenza lo schema appare invece nelle province, con particolare riguardo a
quella gallica, dove è replicato in numerosi esemplari in una redazione sostanzialmente analoga all’aquileiese23. Quanto ai riempitivi, infine, si tratta di motivi decorativi che conoscono larga diffusione, in redazioni strettamente analoghe, nella
stessa Aquileia24 a conferma dell’inquadramento del pavimento nella cultura musiva locale e a probabile indizio, in un’ottica suggestiva che necessiterebbe tuttavia
di ulteriori verifiche, dell’esecuzione da parte della medesima bottega.
Sullabasedeiconfrontirinvenuti,l’analisicondottapermetterebbediassegnare dunque il mosaico ad un arco cronologico esteso tra la fine del I sec. d.C. ed
il pieno II sec. d.C. La presenza della treccia a calice, tuttavia, porterebbe a retrodatare il pavimento nel corso del I sec. d.C. o al più tardi all’inizio del II sec.
d.C., momento in cui è attesta ad Aquileia nella medesima redazione25.
Nessun indizio di natura cronologica è deducibile, a differenza del mosaico
appena esaminato, dal secondo tessellato caratterizzato da un campo bianco delimitato da una fascia nera seguita da due linee bianche.
Concorderebbe invece con la datazione proposta per il mosaico a meandro
di svastiche il rivestimento in sectile
sectile conservatosi solamente in impronte sulla maltad’allettamento.Nell’impossibilitàdiottenereinformazionicircalasuperficiepavimentale e di condurre un’ispezione autoptica del pavimento, lo schema in esso riconosciuto, di tipo quadrato-reticolare26, permetterebbe infatti di inquadrar20 Lo schema è attestato fin dall’età ellenistica preferibilmente con funzione di cornice (P. BRUNEAU, Exploration archéologique de Délos faite par l’école française d’Athènes. Les mosaïques, Paris 1972, pp. 54-
55). Verrà recepito nel repertorio romano tra la fine dell’età repubblicana e l’inizio dell’età imperiale
in una fase iniziale preferibilmente per la decorazione di fasce di bordura e di soglie (si veda, a titolo esemplificativo, l’esemplare della Casa dei Grifi sul Palatino: MORRICONE 1967, pp. 27-28, n. 13, fig.
10, tav. III (età sillana) ed il mosaico di Ercolano del tepidarium
tepidarium delle Terme femminili del foro di età
giulio-claudia: G. CERULLI IERELLI, ‘La Casa del Colonnato Tuscanico ad Ercolano’, Napoli 1974, pp.
30-33, fig. 14) e successivamente, a partire dalla prima età imperiale, esteso a riempire l’intero campo musivo (si veda MORRICONE 1973, pp. 508, 511; a titolo esemplificativo si veda il tessellato di Ostia
degli horrea epagathiana
epagathiana della metà del II sec. d.C.: BECATTI 1961, pp. 17-18, n. 18, tav. XIX ed il pavimento dell’antiquarium
antiquarium di Roma: BLAKE 1936, p. 83, tav. 18).
21 D. MONACCHI, ‘I mosaici romani di Amelia nel contesto urbanistico antico’, in Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia, XXIII, Perugia 1985-1986, pp. 197-224, in part. pp. 212-215, fig. 2, tav. IX.
22 BLAKE 1936, pp. 96, 188-189, tav. 27.3.
23 Ne sono un esempio il pavimento mareutano di Voubilis
Voubilis della fine del II sec. d.C. (R. ETIENNE, ‘La mosaïques des fauves à Volubilis (Maroc)’, in Hommages à Albert Grenier, II, Bruxelles 1962, pp.
584-594, in part. pp. 584-588, tavv. CXXVI-CXXIX) e gli esemplari gallici di Besançon della seconda metà del II sec. d.C. (H. STERN, Recueil général des mosaïques de la Gaule, I. Province de Belgique, 3. Partie
sud, Paris 1963 (X suppl. à Gallia), pp. 41-42, n. 296, tav. XI) e dell’atelier di Vienne (L
LANCHA 1977,
cit. a nota 7, p. 110, fig. 51bis).
24 Si vedano i pavimenti riportati in DONDERER 1986, pp. 62-63, n. 113, tav. 23.2 (ultimo quarto
del I sec. d.C.); ivi, p. 69, n. 132, tav. 26.2 (inizio del II sec. d.C.); ivi, p. 71, n. 135, tav. 25.4 (primo
quarto del II sec. d.C.).
25 Il motivo della treccia a calice conosce un’ampia diffusione all’interno di un esteso arco cronologico. Ad Aquileia è attestata, nella medesima redazione dell’esemplare del fondo Gardenal, nel pavimento del fondo Ritter datato tra la fine del I sec. d.C. e l’inizio del II sec. d.C. e nel tessellato inedito del fondo Cossar.
26 Lo schema è analizzato in GUIDOBALDI 1985, pp. 196-197, fig. 18k. Desidero ringraziare, a tal
proposito, il prof. F. Guidobaldi per il prezioso colloquio avuto in merito al pavimento.
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lo nella prima età imperiale. Quel motivo geometrico è infatti attestato a partire
dall’età augustea, come dimostra l’esemplare di Ravenna27, e non sembra essere
diffuso oltre l’età adrianea, momento in cui conosce un discreto numero di sperimentazioni a Villa Adriana28.
Sulla scorta dell’analisi dei rivestimenti pavimentali, si può dunque ipotizzare
per la domus
domus una fase d’impianto datata tra la fine del I sec. d.C. e l’inizio del II
sec. d.C. caratterizzata, per quanto ci è possibile ricostruire dalla documentazione d’archivio, da sontuosi pavimenti in tessellato ed in sectile. Nessun riferimento cronologico è invece possibile avanzare per la fase di ammodernamento successiva indiziata dal pavimento a commessi laterizi posizionato in parziale copertura del tessellato.
I contesti fino ad ora esaminati ben si inseriscono nel quadro storico della
colonia che, come è stato recentemente ribadito29, conosce nella prima età imperiale una fase di esplosione edilizia a cui fa seguito in un’epoca successiva, circoscrivibile tra la tarda età antoniniana e i Severi, una fase di ristrutturazione architettonica e di riqualificazione decorativa.
Diversamente, il terzo contesto che si vuole presentare risulta definibile con
maggior margine di approssimazione a causa della complessità del palinsesto archeologico che lo contraddistingue, ad oggi difficilmente definibile con il solo
supporto della documentazione d’archivio limitata a poche foto e ad una pianta
di scavo (fig. 1.3).
Circa tale contesto, gli scavi diretti da G. Brusin misero in luce in via Stazione, nel fondo Cogoi30, un complesso edilizio riconducibile ad un edificio termale. Dalle fotografie di scavo, in cui sono visibili resti di murature e di diverse pavimentazioni in lastre ed in mosaico, è possibile ipotizzare per l’edifico una scansione in almeno due fasi edilizie. Alla prima sembra appartenere un lacerto in sectile
e tessellato mentre ad una successiva due vani mosaicati, di cui uno absidato, ed
un gruppo di tre vani absidati e adiacenti collocati presso l’estremità occidentale
del complesso di cui sfuggono le pavimentazioni. Di questi, quello più a sud potrebbe essere stato pavimentato in mosaico ma le fotografie di scavo non permettono di comprendere se si tratta di uno strato di preparazione o di resti musivi.
Inassenzadiulterioredocumentazioneenell’impossibilitàdicondurreun’ispezione autoptica del complesso, essendo stato ricoperto dopo lo scavo, utili informazioni ci possono venire dall’analisi dei pavimenti meglio conservati delle diverse fasi edilizie.
Iniziando dal pavimento più antico, la documentazione d’archivio permette
di riconoscere, sotto il vano absidato, un lacerto pavimentale in sectile
sectile e tessellato
(fig. 7). Il pavimento conserva poche lastre lapidee delimitate da una cornice in
tessellato decorata da un racemo di acanto e da una fascia di denti di sega dentati. Pur non potendo recuperare informazioni circa il modulo e le specie lapidee
impiegate, né ricostruire lo schema pavimentale per il pessimo stato di conserva27 F. BERTI, ‘Regione Ottava. Ravenna: 1’, Roma
Roma 1976 (Mosaici Antichi in Italia), p. 33, n. 6, tav. X.
28 GUIDOBALDI et alii
alii 1994, pp. 116-118, n. 42a, tav. XXXIII; ivi, p. 133, n. 65, tav. XXXV; ivi, pp.
137-138, n. 67a, tav. XXXVI; ivi, pp. 143-144, n. 78, tav. LX; ivi, p. 178, n. 112a, tav. XLIV; ivi, pp. 181182, n. 120a, tav. XLVI.
29 Tale quadro è stato recentemente tracciato da M. Bueno, T. Clementi, M. Novello e F. Rinaldi
in occasione del Convegno “L’edilizia privata ad Aquileia e nel suo territorio” svoltosi a Padova il 20
e 21 febbraio 2011, i cui atti sono attualmente in corso di stampa.
30 Lo scavo è situato all’interno delle pp.cc. 598/5, 522/22, 522/24. La pianta è visibile in BERTACCHI 2003, tavv. 30-31, n. 110, dove l’edificio viene definito ‘terme centrali’; non è stato invece possibile risalire all’anno in cui fu condotta l’esplorazione archeologica.
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zione in cui versa il lacerto, utili indicazioni ci vengono dall’osservazione della tipologia pavimentale che tendenzialmente non oltrepassa il II sec. d.C.31.
Ad una fase successiva, indiziata dai rapporti stratigrafici intuibili dalle foto
di scavo e dall’analisi stilistica dei pavimenti, appartengono invece i due rivestimenti in tessellato.
Il pavimento maggiormente conservato, collocato in un vano contiguo all’ambiente absidato, è caratterizzato da un campo bianco ornato da un riquadro suddiviso in almeno due pannelli: quello a nord, incorniciato da una fila di denti
di sega dentati, presenta un nido d’ape delineato (gli esagoni caricati verosimilmente da un crocetta) mentre il pannello a sud (verosimilmente quadrato) mostra una composizione in corona in un cerchio, di otto semicerchi secanti sottesi e tangenti, determinante un ottagono centrale a lati concavi e che fanno apparire otto ogive a base convessa; lo schema è disegnato da una treccia a due capi
bianca su fondo scuro. Nell’ottagono si riconosce inoltre un animale marino, verosimilmente un delfino, e dei tralci d’edera (figg. 8, 9).
Analizzando i singoli motivi decorativi, non essendo possibile ricostruire con
certezzalascansioneoriginariadeltessellato,lospogliodelladocumentazionenota
hapermessodireperireconfrontiunicamenteperilmotivodegliesagoni32chein
Cisalpina,nellaredazioneaquileiese,nonsembraoltrepassareilIIsec.d.C.mentre
nonhaprodottoalcunrisultatoperlacomposizionedisemicerchi33.Quest’ultima,
infatti, se ben si allinea al gusto espresso dalla colonia nel corso della fine del II
- inizio III sec. d.C., momento in cui sono documentate composizioni centralizzate a motivi curvilinei ribattuti da trecce e campiti da riempitivi figurati come rivelano i mosaici della Casa del Tritone34 e della Casa Repubblicana35, non sembra
trovare alcun confronto né in area italica, né in contesto provinciale. A fronte di
queste considerazioni, volendo proporre una datazione verosimile per il pavimento, si propende dunque per inquadrarlo, sulla base del motivo a nido d’ape e del
gusto decorativo complessivo, nel pieno II sec. d.C.
Ilsecondorivestimento,piùdifficilmenteleggibileperilpessimostatodiconservazioneeperlamancanzadiun’adeguatadocumentazionefotografica,pavimenta il vano absidato. In quest’ambiente si riconosce un tessellato bianco ornato da
un pannello quadrangolare in cui si distingue un motivo decorativo che con buona probabilità può essere ricondotto ad una composizione centrata attorno ad un
poligono, verosimilmente un ottagono, di quadrati adiacenti e triangoli disegnati
da trecce36 (figg. 10, 11).
Presupponendo l’attendibilità di questa ricostruzione, si tratterebbe di una
creazione originale che, similmente al precedente pavimento, non sembra trovare confronti puntuali né ad Aquileia, né in area italica dove di contro è preferita ed ampiamente documentata la sua redazione iterata37. In quest’ultima varian31 Si veda a tal proposito l’esaustivo contributo di F. GUIDOBALDI, V. VINCENTI, ‘Emblemata
Emblemata in sectile entro tappeti musivi come indizio di livello qualitativo ed elemento di datazione’, in AISCOM X
tile
X,
pp. 455-466.
32 Si veda F. RINALDI, Mosaici e pavimenti del Veneto. Province di Padova, Rovigo, Verona e Vicenza (I sec.
a.C. - VI sec. d.C.), Roma 2007 (Quaderni
Quaderni di ‘Antenor’, 7
7), pp. 105-106.
33 Cfr. Décor II
II, p. 118, pl. 313b, che può essere considerato una variante del nostro motivo.
34 Il tessellato è datato tra le fine del II e l’inizio del III sec. d.C. Si veda G. BRUSIN, ‘Aquileia.
Scoperta di mosaici pavimentali romani e cristiani’, in Notizie degli scavi d’antichità. Atti dell’Accademia
Nazionale dei Lincei, VII, 1931, pp. 125-138, in part. pp. 135-136, figg. 7-8.
35 Il tessellato risale al III sec. d.C. Si veda M. BUENO, T. CLEMENTI, M. NOVELLO, ‘Per un corpus
dei mosaici di Aquileia: un gruppo di tessellati inediti dal quartiere a nord-est del foro’, in AISCOM
XIV, pp. 297-311, in part. pp. 300-301, fig. 9.
36 Cfr. Décor II
II, pp. 186-187, pl. 373c, che può essere considerato una variante del nostro motivo.
37 Cfr. Décor
Décor, p. , pl. 205c, che sarebbe una versione iterata del nostro motivo.
578
te lo schema è attestato in un buon numero di esemplari38 datati tra il I ed il VI
secolo tra cui si segnala, per la somiglianza decorativa, il pavimento aquileiese del
fondo Cossar39 datato nel II sec. d.C. Il motivo appare maggiormente attestato,
invece, nelle province d’Oltralpe, segnatamente in quelle di area gallica e germanica40, dove è diffuso sia in versione iterata41, sia singolarmente, in una redazione simile all’esemplare aquileiese seppur ancora una volta non coincidente. Volendo tuttavia avanzare una proposta cronologica di massima per il pavimento, risulta verosimile l’idea di inquadrarlo, similmente al precedente, nel pieno II sec.
d.C. o al più tardi nel corso del III sec. d.C. I due pavimenti potrebbero infatti
essere coevi in quanto accomunati sia dalla medesima tipologia di impaginazione
che dal gusto decorativo complessivo.
Sulla base dell’analisi condotta è dunque possibile ipotizzare per il complesso una fase d’impianto nel corso della prima età imperiale ed una fase di ristrutturazione e miglioria degli apparati decorativi nel corso del II o al più tardi nel
III sec. d.C.
In conclusione, volendo inquadrare i pavimenti presentati all’interno del panoramamusivodellacolonia,l’analisicondottaconsentediconfermarealcunetendenze già evidenziate in altre sedi di studio42. In primo luogo, si conferma la presenza di schemi inediti e privi di confronti puntuali nel repertorio italico, riconducibili alla rielaborazione di motivi di matrice centro-italica, come si evince dalle soluzioni decorative attestate nel pavimento del fondo Dalla Costa e del fondo
Gardenal.Unitamenteatalisoluzionisirilevalapresenzadimotivideltuttooriginali che non sembrano restituire confronti nell’intero repertorio italico, come nel
caso dei tessellati delle cosiddette Terme centrali, e che sembrano piuttosto configurarsi come delle creazioni locali realizzate da botteghe attive in loco. A tal proposito, l’analisi condotta pone inoltre in evidenza il ruolo attivo di Aquileia come
centro di elaborazione di cultura musiva che a partire dalla piena età imperiale
sembra aprirsi a sperimentazioni e ad un proficuo dialogo con le province transalpine come rivelano i pavimenti del fondo Gardenal e del complesso delle Terme centrali. Infine, anche in questa sede è stato possibile verificare l’associazione,
all’interno del medesimo edificio, di più tecniche di rivestimento pavimentale secondo una prassi diffusa nello specifico contesto aquileiese.
Si conferma dunque per il sito l’importanza come centro di produzione, rielaborazione e diffusione di cultura musiva radicato alla tradizione italica ma al
contempo aperto alla sperimentazione e ad un proficuo dialogo con le province d’Oltralpe.
38 Si veda il contributo di Clementi e gli esempi in esso riportati: T. CLEMENTI, ‘Il repertorio musivo aquileiese: la svolta tra II e III sec. d.C.’, in AntAlt
AntAlt, LXI, Trieste 2005, pp. 395-389, in part. pp.
360-370.
39 L. BERTACCHI, ‘Architettura e Mosaico’, in Da Aquileia a Venezia. Una mediazione tra l’Europa e
l’Oriente dal II sec. a.C. al VI sec. d.C., Antica Madre, a cura di G. Pugliese Caratelli, Milano 1980, pp.
97-336, in part. p. 165, fig. 135.
40 Si vedano, tra tutti, il mosaico di En Pelaujo del IV secolo (?): H. STERN, Recueil général des mosaïques de la Gaule, IV. Province d’Acquitaine, 2. Partie meridionale, suite (les pays gascons), Paris 1987 (X
suppl. à Gallia), pp. 213-214, n. 348, tav. CLIV ed il tessellato della Villa di Brucknedorf: W. JOBST, ‘Antike mosaik-kunst in Osterreich’, p. 114, tav. 15.
41 Si rimanda al contributo di CLEMENTI 2005, cit. a nota 38, pp. 367-370.
42 Confronta T. CLEMENTI 2005, cit. a nota 38; M. NOVELLO, M. SALVADORI, ‘Due mosaici inediti
da Aquileia. Il progetto di indagine della Casa delle Bestie Ferite’, in AISCOM XIII
XIII, pp. 355-362; BUENO 2008, cit. a nota 9; BUENO, CLEMENTI, NOVELLO 2009, cit. a nota 35.
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Fig. 1 – Pianta di Aquileia con indicazione dei tre contesti esaminati: 1) Domus
Domus del fondo
Dalla Costa; 2) Domus
Domus del fondo Gardenal; 3) Domus
Domus del fondo Cogoi (rielab. da BERTACCHI 2003, cit. a nota 3).
580
Fig.2–Aquileia,domusdelfondoDallaCosta(ArchivioSoprintendenzaperiBeniArcheodomus
logici del Friuli Venezia Giulia).
Fig. 3 – Aquileia, domus
domus del fondo Dalla Costa. Mosaico geometrico con reticolato (Archivio Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia).
581
Fig. 4 – Aquileia, domus
domus del fondo Dalla Costa. Mosaico geometrico con ellissi tangenti (Archivio Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia).
Fig. 5 – Aquileia, domus
domus del fondo Gardenal (Archivio Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia).
582
Fig. 6 – Aquileia, domus del fondo Gardemus
nal. Mosaico geometrico
conmeandrodisvastiche
e quadrati (Archivio Soprintendenza per i Beni
Archeologici del Friuli
Venezia Giulia).
Fig. 7 – Aquileia, edificio del fondo Cogoi. Pavimentoinsectileetesselsectile
lato(ArchivioSoprintendenzaperiBeniArcheologici del Friuli Venezia
Giulia).
583
Fig. 8 – Aquileia, edificio del fondo Cogoi. Mosaico geometrico figurato (Archivio Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia).
Fig.9–Aquileia,edificiodelfondoCogoi.
Mosaicogeometricofigurato(rielaborazione di E. Polato).
584
Fig. 10 – Aquileia, edificio del fondo Cogoi. Mosaico geometrico (Archivio Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia).
Fig. 11 – Aquileia, edificio del fondo Cogoi. Mosaico geometrico (rielaborazione
di E. Polato).
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