«NUOVI ARGOMENTI» 1953-1980.
Critica, letteratura e società
Atti del Convegno di Studi – Pisa 26-28 ottobre 2022
F. Brancati, A. Conti, R. Gerace, E. Grazioli, C. Gubert
I LIBRI DI
EMIL
COLLANA UNIVERSITARIAE
- 62 Comitato Scientifico
Luisa Avelini (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)
Manuel Boschiero (Università di Verona)
Duilio Caocci (Università di Cagliari)
Sandra Clerc (Université de Fribourg/Universität Freiburg)
Paola Desideri † (Università degli Studi “G. d'Annunzio” Chieti – Pescara)
Fernando Funari (Università degli Studi di Firenze)
Marco Gaetani (Università di Siena)
Patrizia Manduchi (Università di Cagliari)
Giorgio Manfré (Università di Urbino)
Rita Monticelli (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)
Marika Piva (Università di Padova)
Marco Prandoni (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)
Fabio Regattin (Università di Udine)
Alberto Sebastiani (IULM, Milano)
Roberto Vetrugno (Università per Stranieri, Perugia)
Ilaria Vitali (Università di Macerata)
Irene Zanot (Università di Macerata)
«Nuovi Argomenti» 1953-1980.
Critica, letteratura e società
ATTI DEL CONVEGNO DI STUDI – PISA - OTTOBRE
A CURA DI
F. Brancati, A. Conti, R. Gerace, E. Grazioli, C. Gubert
I LIBRI DI
EMIL
Il volume è stato pubblicato con il contributo
del Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica
dell’Università di Pisa.
Il volume è pubblicato in adesione al programma di licenza CC BY 4.0
(Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazional)
I contributi pubblicati nel volume
sono stati sottoposti a doppio referaggio anonimo.
Immagine di copertina ©Archivio Storico dell’Istituto Luce
© 2024 Casa editrice Emil di Odoya srl
ISBN: 978-88-6680-458-1
I libri di Emil
Via C. Marx 21 – 06012 – Città di Castello (PG)
www.ilibridiemil.it
Sommario
Premessa dei curatori
INTRODUZIONE
«Nuovi Argomenti» 1953-1980.
Una rivista “aperta” e controcorrente
ELENA GRAZIOLI
9
13
I. «Nuovi Argomenti» e la formula dell’inchiesta
Fra episteme e doxa: metodologie e forme
nelle domande/inchieste di «Nuovi Argomenti»
ANGELO FÀVARO
25
7 domande sulla poesia: poeti a confronto
ELENA SANTAGATA
45
L’arte di narrare volge al tramonto?
Le 9 domande sul romanzo
LAVINIA MANNELLI
67
Giacomo Debenedetti in «Nuovi Argomenti»:
appunti su lingua e stile
DAVIDE DI FALCO
87
Arte e società nella riflessione di Elio Vittorini:
un focus sull’inchiesta “neocapitalismo e letteratura”
ALESSANDRO GERUNDINO
99
II. Nuovi Argomenti» 1953-1964:
la direzione di Alberto Carocci e Alberto Moravia
Il romanzo e l’ideologia.
La riflessione di Moravia in «Nuovi Argomenti»
SIMONE CASINI
113
“Di questo tipo di umanesimo al quale aspiro”.
Alberto Carocci e «Nuovi Argomenti» tra i carteggi inediti
VIOLA OTTINO
129
L’ispettore generale: Franco Fortini e «Nuovi Argomenti»
DAVIDE DALMAS
143
Calvino e «Nuovi Argomenti»: amori difficili?
CARLO TIRINANZI DE MEDICI
163
L’ombra di Lukács. La prima serie di «Nuovi Argomenti»
tra arte e ideologia
ROBERTO GERACE
175
III. «Nuovi Argomenti» 1966-1975:
la direzione di Pier Paolo Pasolini
Pier Paolo Pasolini: da «Officina» a «Nuovi Argomenti».
Metamorfosi e contraddizioni di un poeta-redattore
MAURA LOCANTORE
191
Antologie neo-sperimentali a confronto:
Pasolini, «Nuovi Argomenti» e la neoavanguardia
ANDREA CONTI
207
Pasolini ed Ernesto De Martino in «Nuovi Argomenti»
PAOLO DESOGUS
219
1968: Pasolini su «Nuovi Argomenti»
ANTONIO ROSARIO DANIELE
233
«Nuovi Argomenti», il ’68 e gli anni Settanta
STEFANO GIOVANNUZZI
245
IV. «Nuovi Argomenti» 1966-1980: critica e poesia
Amelia Rosselli e «Nuovi Argomenti»
FRANCESCO BRANCATI
265
«Un’antologia viva e degna».
La sezione Poesia 1973-1980
GIULIA MARTINI
285
«Nuovi Argomenti» e la psicoanalisi
VALENTINA STURLI
297
«Nuovi Argomenti» e le altre riviste di poesia negli anni Settanta
CLAUDIA CROCCO
309
V. L’officina di un decennio: «Nuovi Argomenti» 2013-2023.
Una conversazione con Dacia Marini.
A cura di MARIA BORIO
321
Sommari dei fascicoli: prima e seconda serie
A cura di ELENA GRAZIOLI
327
Indice delle riviste, a cura di Iris Filippone
383
Indice dei nomi, a cura di Iris Filippone
387
Calvino e «Nuovi Argomenti»: amori difficili?*
CARLO TIRINANZI DE MEDICI
Calvino, tombeur d’éditeurs
La partecipazione di Italo Calvino a «Nuovi argomenti» è quantomeno saltuaria. Dopo un primo abboccamento avuto all’inizio delle pubblicazioni, la
maggior parte dei suoi interventi si situa nella fase centrale della prima serie
della rivista, tra il 1958 e il 1962. Elenco gli interventi suddividendoli in categorie: 4 sono risposte a inchieste e a questionari. Li segnalo per primi perché sono la specialità della casa, per così dire (Luti 1986: 203-204), e perché
sono il gruppo più numeroso. Si tratta delle risposte a 9 domande sul romanzo
(1959), 8 domande sull’erotismo in letteratura (1961), 8 domande sull’estremismo (1975) e 3 domande di Alberto Moravia sullo scandalo P2 (1982).
Trovano spazio sulla rivista anche due racconti: Gli avanguardisti a Mentone
inaugura la collaborazione di Calvino sul secondo numero di «Nuovi argomenti» (1953); nel 1958 vi pubblica La nuvola di smog. E poi c’è l’estratto
– o il relitto – più corposo di quel naufragio dell’ultimo minuto che fu Un
ottimista in America, il libro-reportage dagli Stati Uniti che Calvino decise di
non pubblicare quando già era in bozze1. Da quel lavoro trasse una serie di
brevi articoli, pubblicati in gran parte come micro-racconti sul settimanale
«ABC», tra il 1960 e il 1961, sotto il titolo complessivo di Cartoline dall’America. Su «Nuovi Argomenti» (1961-1962) invece pubblica un estratto più
lungo, intitolato Diario americano 1960.
Insomma una relazione saltuaria e, lo vedremo, anche un po’ conflittuale,
fatta di avvicinamenti, distanziamenti, ritorni, che ricorda il comportamento
* Questo intervento nasce in dialogo con Federica Barboni, alla quale pertanto è dedicato.
L’ho presentato il giorno del mio trentanovesimo compleanno e, sebbene lei fosse distante, era
comunque presente, come è sempre stato e sarà sempre
1
Sulle vicende dell’Ottimista oltre all’introduzione in Calvino 2014 v. Raveggi 2012 e 2023;
Barenghi 2014.
164
Carlo Tirinanzi De Medici
di molti personaggi femminili dei racconti di Calvino, su su fino alle figure
desiderate da Qfwfq nelle Cosmicomiche e alla Lettrice di Se una notte. Di qui
il titolo dubitativo e un po’ misterioso, forse, del mio intervento: quello con
«Nuovi Argomenti» fu per Calvino un amore difficile? Carocci fu sedotto e
abbandonato? Per rispondere cominciamo dall’inizio: come in tutte le storie
d’amore, dai primi, radi e sempre un po’ casuali, contatti.
Una one-night stand
A quanto si può vedere è il direttore e fondatore della rivista Alberto Carocci
ad avvicinare Calvino. Nelle Lettere la prima missiva che qui interessa è una
risposta a Carocci che evidentemente sollecita l’invio di altro materiale dopo
gli Avanguardisti. Con uno stile tipico del Calvino-uomo d’editoria, la risposta del 29 luglio 1953 è vaga nella sua precisione; promette senza impegnare;
scarica il barile fingendo di fare un favore. Promette a Carocci “Le manderò
un altro racconto, ma non so davvero quando. [...] A ogni modo, appena ho
qualcosa di ‘degno’, farò passare avanti Nuovi Argomenti a tutta coda” (Calvino 2000: 376) e per buona misura gli rifila una serie di altri autori: Ortese,
Biasion, Arpino, De Jaco. La combo d’invio di racconto2 e scaricabarile fa
supporre che quella prima collaborazione fosse dovuta più a ragioni di scuderia (Einaudi distribuisce «Nuovi Argomenti») che non di autentico interesse.
Veniamo al racconto. Gli avanguardisti a Mentone è il testo che apre il
“Gettone” L’entrata in guerra (1954; comprende anche, in ordine, L’entrata
in guerra e Le notti dell’UNPA), successivamente spostato in posizione centrale nella sezione che riprende il libro, intitolata Le memorie difficili, dei
Racconti (1958). La vicenda è narrata in prima persona dal protagonista,
che è solito “esser sempre present[e] dove accadevano cose nuove e criticarle
con critico distacco” (Calvino 1991: 500 [1953: 158])3. Questi partecipa col
Racconto peraltro apparso sulla rivista a ridosso della pubblicazione in volume dello stesso, caso che di frequente nella collaborazione tra Einaudi e «Nuovi Argomenti» impedisce la
pubblicazione su rivista di testi prossimi all’uscita)V. lettera di Calvino a Carocci del 1 ottobre
1953 (in Calvino 2000: 380), dove il primo annuncia l’impossibilità di pubblicare un racconto
di Biasion promesso al secondo (“[…] il libro di Biasion esce subito […]. Mi dispiace per il
racconto che dovevate pubblicare voi […] abbiamo pensato d’accelerare l’uscita del libro”. Poi,
con altra mossa da volpe editoriale, aggiunge che stanno facendo un contratto al fratello di
Carocci per la pubblicazione di un libro.
3
Visto il rimaneggiamento subìto dai testi in vista del passaggio in volume, si dà il riferimento
all’originale tra quadre, dopo l’edizione di riferimento. Laddove il brano risulti espunto in
quest’ultima, si dà solo il riferimento originale.
2
Calvino e «Nuovi Argomenti»: amori difficili?
165
suo amico Biancone e con altri membri della GIL (gli avanguardisti) a un
picchetto d’onore a Mentone, che progressivamente degenera in una sorta
di orgia di violenza e rapina al quale il narratore non prende parte. La progressiva furia che s’impossessa degli avanguardisti, cui si oppone la posizione
distaccata suo malgrado del narratore, sembra richiamare la natura circolare,
chiusa, di un pensiero che finisce per avvoltolarsi su se stesso, scollegarsi
dal reale in ciò che sembra divenire un rito psicotico di massa (sottolineato
dall’approvazione dei superiori): di saccheggi si parlava già nella parte iniziale
– due: quelli perpetrati dagli ufficiali e poi dai soldati4 –, così la furia dei giovani avanguardisti sembra riprodurre la logica già attivata, in una ripetizione
senza fine.
D’altra parte tutta la descrizione della guerra, ancorché vista dal suo margine (siamo all’inizio dell’avventura bellica italiana, e la osserviamo dalle
retrovie di un fronte tranquillo), rimanda al campo semantico della devastazione (la campagna distrutta dal passaggio delle truppe, le terre agricole,
i frutteti, convertiti a scopi militari come campi base, legna da ardere ecc.,
senza possibilità di ripristino). D’altra parte, come sottolinea la madre del
narratore, “al soldato di conquista ogni terra è nemica, anche la sua” (Calvino 1991: 502 [1953: 161]). Se tutto il mondo è terra di conquista e devastazione, l’iterazione della violenza rafforza anziché diminuire il senso di
sfinimento morale: si fa violenza a un luogo già violentato, e a farlo ora sono
dei ragazzini. Il desiderio di possesso diventa sempre più forte, tanto che i
saccheggiatori non si fermano nemmeno più a cercare tesori, ma si avventano su quanto gli si para davanti e altrettanto rapidamente lo gettano via
se trovano altro; sono schiavi di quel desiderio senza scopo e non sembrano
più uomini ma animali (un saccheggiatore “A furia di cacciarsi roba nella
cacciatora s’era fatto una gobba quasi sferica; e ancora ficcava sciarpe, guanti,
bretelle sotto il maglione. Era gonfio e pettoruto come un piccione” (Calvino 1991: 515 [1953: 176]).
Il protagonista sente una forte ambivalenza per quanto vede e cerca di
razionalizzarla in più modi: come un rifiuto del fascismo di stampo familiarculturale, come tendenza aristocratica. Allo stesso tempo interpreta i propri
movimenti di fascinazione verso ciò che fanno i suoi compagni come deside“Nei giornali leggevamo dei saccheggi attribuiti alle truppe francesi di colore, ma in quei
giorni davanti ai negozi degli orefici della nostra città arrivavano di corsa da Mentone le auto
militari, con i nostri ufficiali che venivano a vendere oro e argento. In seguito, esaurita la caccia
ai preziosi, si seppe che i nostri ufficiali avevano dato mano libera ai soldati, fin allora tenuti a
freno, e ogni cosa era stata messa a sacco” (Calvino 1953: 159; il brano è fortemente scorciato
nella versione inclusa nei Racconti).
4
166
Carlo Tirinanzi De Medici
rio adolescenziale d’integrazione. Pure, l’ambivalenza è evidente (specie nella
scena in cui si risolve a prender parte ai saccheggi ma, con una chiara formazione di compromesso, ruba le chiavi di un hotel, dunque saccheggia qualcosa che non ha davvero un valore): molto più in questo che nell’altro racconto
del trittico pubblicato su rivista, L’entrata in guerra (uscito su «Il Ponte»), decisamente meno inquietante. La diade “racconto di memoria-attenzione alla
vita psichica” è decisamente insolita per Calvino: e qui entrambi gli aspetti
sono espressi con massima forza, sia per i numerosi ritratti di personaggi
rivieraschi e elementi apertamente autobiografici (espunti dall’edizione dei
Racconti) che costellano il racconto, sia per la già citata ambivalenza del
protagonista-narratore. Anche calcolando la necessità di Calvino, che lavora
per Einaudi (la quale distribuisce NA), di contribuire ai primi numeri della
rivista, la scelta di questo racconto, uno dei più emotivamente caldi (per lo
stile calviniano) e psichicamente complessi, per «Nuovi Argomenti» sembra
suggerire che Calvino considerava la rivista l’ideale per una produzione più
pensosa, meno certa e netta, di quella che riservava ad altre sedi.
Breadcrumbing e nuvole di smog
Dopo Gli avanguardisti e lo scambio con Carocci, quasi una one-night stand,
si deve attendere il 1958 per un nuovo incontro. E l’occasione non è irrilevante: si tratta infatti della pubblicazione della Nuvola di smog. Prima di ciò
Viola Ottino (2023:131-157) ha trovato nell’Archivio Einaudi una serie di
missive che Calvino e Carocci si erano scambiati e che testimoniano un contatto periodico ancorché superficiale almeno da parte del primo. Il secondo
insiste, chiede racconti e materiali per la rivista; Calvino gli passa, sembra,
più o meno quel che ha sotto mano in quel momento e risponde spesso
solo dopo numerose sollecitazioni. Dopo la one-night stand, insomma, gli
amanti si tengono in contatto: uno vuole proseguire, l’altro nicchia, ma non
chiude del tutto la porta, insomma Calvino come un narcisista qualunque fa
breadcrumbing. Si sa mai che si presenti l’occasione per consumare di nuovo
(e se il partner spera in qualcosa di più, sono problemi suoi). E un secondo
incontro avviene, infatti. Destinato a chiudere il volume dei Racconti, La
nuvola di smog è con La formica argentina e La speculazione edilizia parte
di quel momento transitorio che condurrà alla Giornata di uno scrutatore
(Milanini 1990: 67 ss.) e frutto (anche) della rottura ideologica con il Pci
avvenuta l’anno precedente.
Il protagonista vuole ricominciare daccapo, incontrare nuove persone,
Calvino e «Nuovi Argomenti»: amori difficili?
167
e diverse rispetto a quelle che aveva incontrato fino ad allora. Mentre dal
punto di vista sentimentale – al pari di Quinto nella Speculazione edilizia e di
Amerigo nella Giornata di uno scrutatore – vuole evitare i legami stabili. Pure
la figura di Claudia promette – allude – a un mondo davvero nuovo (quando
il protagonista la abbraccia percepisce una “vita verde e oro”, sottratta al grigiore cittadino), ma appare a lampi, come molte figure femminili calviniane
(Tirinanzi De Medici 2022) si fa avanti e sfugge, dotata di una certezza nella
propria posizione nel mondo (sebbene mitigata da una certa volubilità che
prelude a quella, assai maggiore, delle figure femminili delle Cosmicomiche)
assente nell’altro; il quale, di suo, sembra esserne attratto ed evitarla (penso
alla scena iniziale della telefonata tra i due).
L’ambivalenza verso la donna riflette l’“offuscamento della coscienza” del
protagonista che è al centro del racconto, per cui la nuvola è, oltre che immagine della distruzione della natura, “simbolo di una perdita di chiarezza
interiore” (Milanini 1990: 82), dove il disorientamento storico (la crisi della
fiducia nel Pci e nell’idea di progresso veicolata dal comunismo organico a
esso) e quello esistenziale si rafforzano a vicenda. Gramscianamente, il racconto si svolge in uno spazio intermedio tra il vecchio e il nuovo mondo, ma
non sono i mostri a far capolino, in questo interregno, bensì lo sfinimento,
lo sfilacciarsi dell’esistenza. Quello della Nuvola è un mondo frammentato,
anzi “frantumato”: composto di un pulviscolo di eventi, figure, oggetti (di
qui anche la natura esplosa del mythos che non sembra avere una direzione
ma procede per giustapposizioni di incontri o riflessioni o rammemorazioni
del protagonista) che non si riescono a inquadrare. La prossimità tra tempo
dell’enunciazione e tempo della storia, così come le coordinate temporali
incerte e il procedere per sommari e scene brevi, rafforzano questo senso
d’incertezza e volatilità che pervade una realtà umbratile e lattiginosa come
la nuvola di smog.
E così il protagonista fa con Claudia come con la propria vita, come tutta
la società del boom fa con se stessa: si avvicina e scappa a, desidera e rifugge
una stabilità che sente impossibile, della quale forse ha anche paura. Il finale
prolettico (Brizzi 1988) prepara, promette (spera in?) una nuova sensibilità:
“[…] uno vede tante cose e non ci bada; magari queste cose che vede hanno
un effetto su di lui ma lui non se ne accorge; poi comincia una volta a collegare una cosa con l’altra e allora improvvisamente tutto acquista significato”
(Calvino 1990: 949 [1958: 218]). È una speranza per il futuro, la consapevolezza che “un incontro insolito […] basta a far ricordare che il mondo non
è mai tutto a una maniera” (ibid.), laddove il grosso degli incontri del protagonista è, invece, solito, ordinario. Che peraltro è tale per lo sguardo del
168
Carlo Tirinanzi De Medici
protagonista stesso, in primo luogo, che fatica appunto a collegare le cose, e
vede una realtà pulviscolare.
Quasi una relazione
Di nuovo, dunque, un testo interlocutorio, che mostra la parte più incerta
e dubitosa, anche quella forse più pessimista – quasi depressa – della narrativa calviniana. Un testo instabile, non solo narrativamente, ma soprattutto
ideologicamente, laddove il protagonista per primo desidera una precarietà
abitativa che è anzitutto riflesso di analoga precarietà esistenziale. E un testo,
di nuovo, para-autobiografico, d’una biografia intellettuale che verrà ripresa
solo nel Calvino tardo, da Palomar ai Cinque sensi. La nuvola di smog apre
a una collaborazione più assidua, che dura fino al 1962, con il Diario americano: troviamo le risposte alle inchieste sul romanzo e l’erotismo (1959 e
1961), si tratta di circa un contributo l’anno. Gli incontri saltuari diventano
quasi una relazione stabile, vera (magari non un fidanzamento: diciamo il
rapporto di due amanti). Perché ora?
Torniamo alla prima lettera di Calvino a Carocci citata all’inizio. Dopo
avere schivato la richiesta di altri racconti, Calvino l’editore lascia il posto
a Calvino lo scrittore e la missiva cambia stile: propone un’inchiesta che
sta progettando “con un amico”, cioè Paolo Spriano, “sulle fabbriche torinesi: la dignità umana dell’operaio e i sistemi delle direzioni. [...] È un
tema che finora è stato trattato solo dalla stampa di partito, ma che merita
d’essere esaminato da un punto di vista più largamente umano” (Calvino
2000: 376). Il discorso verrà ripreso in una lettera del 22 settembre 1953 di
risposta a Carocci, il quale evidentemente era interessato al progetto (anche
se sfumerà presto in nulla). Calvino dunque considera «Nuovi Argomenti»
una sede politica solo in senso piuttosto lato (“largamente umano”), dove si
possano affrontare temi sociali con “altro linguaggio che non quello politicorivendicativo”. La discussione intorno al progetto continua per alcuni anni,
coinvolgendo anche Spriano e Foà, per poi realizzarsi autonomamente da
Calvino e Spriano (la vicenda è ricostruita in Ottino 2023: 151-158)5.
Allarghiamo lo sguardo sulla rivista. Questa nasce cavalcando concettualmente l’antenata «Argomenti» (su quest’esperienza sempre ottima Chemotti
1978), ma il quadro è mutato: non più il fascismo, bensì posizioni variamenPur nella generale, meritoria acribia archivistica, l’autrice considera erroneamente inedite
(Ottino 2023: 152 nn. 80, 84) due missive di Calvino a Carocci (29 luglio e 22 settembre
1953, in Calvino 2000: 375-378), dove si dà notizia dell’idea dell’inchiesta.
5
Calvino e «Nuovi Argomenti»: amori difficili?
169
te marxiste sembrano occupare il centro dello spazio culturale, ponendosi
“uno spazio di dialogo e di mediazione tra le spinte intellettuali e le tensioni
politiche che animano gli anni Cinquanta e Sessanta” (Ottino 2023: 21). Di
qui forse, al di là delle intenzioni di trovare una quadra tra comunisti, cattolici e laici non comunisti (Sanvitale 1991: 39 ss.) un’enfasi sul liberalismo6
che si allenta parzialmente via via che Nuovi Argomenti si apre a una serie
di esperienze un po’ diverse (si pensi alle Ceneri di Gramsci e al progressivo
avvicinamento di Pasolini iniziato nel 1955-56). La rivista, scrive Locantore (2013: 168) con una punta di agiografismo, “difende l’autonomia del
pensiero, della creatività e l’individuale presa di coscienza dei propri fini di
uomini e delle proprie esigenze di scrittori” e “si presenta da subito staccata
palesemente da partiti o da poteri politici”.
In questo quadro, e tenendo a mente le date, la collaborazione di Calvino può acquistare un senso anch’esso latamente politico, o almeno storicopolitico.
Negli anni in cui domina il marxismo più ortodosso, d’impronta comunista e sovietica, quando la riflessione culturale è più apertamente politica,
quando c’è una maggior riflessione sull’impegno, Calvino sembra orientarsi
altrove — i saggi, quelli importanti (Il midollo del leone, Il mare dell’oggettività…), Calvino li riserva infatti ad altre sedi.
Calvino torna a NA dopo i dibattiti della seconda metà degli anni Cinquanta, e dopo aver lasciato il Pci in polemica con i fatti d’Ungheria, quando
la posizione della rivista, a sua volta, sembra offrire uno sguardo più ampio (quel “punto di vista più largamente umano” di cui parlava a Carocci
nel ’53), mentre nella rivista a partire proprio dal ’56 sfuma l’elemento più
schiettamente socio-politico in favore d’un nuovo interesse per la letteratura
come sede mediatrice (anche) di quell’elemento (cfr. Ottino 2023: 81 ss.).
Dai tardi Cinquanta s’intensifica poi la collaborazione di Sergio Solmi
con la rivista (sua l’idea delle 9 domande sul romanzo), il che contribuisce
senz’altro a invogliare Calvino, il quale ora cerca sponde meno orientate ideologicamente, alla partecipazione e lo fa sentire più a proprio agio in questa
sede. Così la frequentazione assume connotati un po’ più stabili.
Contestualmente alla pubblicazione della Nuvola, peraltro, Calvino colLa rivista si mette dalla parte di «Tempo presente» e del «Mondo» come forza alternativa rispetto alla diade comunisti-democristiani, più vicina forse alla olivettiana «Comunità» che non
a quella, schiettamente liberale, di Chiaromonte. Questa visione, specie nella fase iniziale della
rivista, si rafforza tenendo a mente l’intervento di Norberto Bobbio (1954) uscito su «Nuovi
Argomenti» e dedicato a “Intellettuali e vita politica in Italia” che accosta quest’ultima a «Il
Mulino», «Belfagor», «Il Ponte» ecc.
6
170
Carlo Tirinanzi De Medici
labora con altre riviste («Tempo presente», «Italia domani») animate da “comunisti critici o ex comunisti” (Ferretti 1989: 49 ss.): vi trovano però spazio
articoli recensioni saggi, cioè materiali diversi da quelli dedicati a «Nuovi
Argomenti». Qui sembra buttarsi su esperienze più narrative — non è un
caso che mandi il Diario americano qui, dove era stata pubblicata l’inchiesta
sugli USA di cui parlava a Carocci nella lettera del 29 luglio 1953; mentre
si è già detto come i racconti scelti per la rivista segnalino momenti di autocritica, autoriflessione, in vario grado smarrimento intellettuale o politico o
esistenziale o meglio tutti questi insieme.
Per quanto riguarda specificamente la letteratura, essa è nella rivista di
Carocci e Moravia “elemento di sperimentazione e ricerca” (Ottino 2023:
56). Ecco, allora, l’invio a «Nuovi Argomenti» di testi che per Calvino erano,
se non sperimentali in senso formale, di ricerca intellettuale, posture diverse
da quelle poi divenute stabili nella sua produzione (sia Gli avanguardisti sia
La nuvola precedono infatti, ancorché in modi diversi, una svolta calviniana
nei temi e negli stili).
In direzione analoga va la scelta di pubblicare un grumo piuttosto esteso
di un cadavere editoriale come l’Ottimista che dà conto, credo, del tentativo
di mettere a nudo una serie d’incertezze e d’illustrare vicoli più o meno
ciechi, comunque non seguiti primariamente, da parte di Calvino. D’altra
parte se si vede la selezione effettuata per Carocci a partire dai materiali
dell’Ottimista si nota la predilezione per note politiche o “di carattere generale”, come scrive in una missiva del 24 aprile 1961 (in Ottino 2023: 149). Il
Diario si presenta come una serie di riflessioni slegate ognuna con un titoletto: “La storia della geografia”, “Nostalgia della dialettica”, “L’antitesi”, “Arte
e antitesi”, “Arte e sicurezza”, “La complicità”, “La sociologia e il calderone”
cioè il melting pot culturale, “L’eredità africana”, “Vantaggi del provvisorio”,
“Ascetismo e materialismo”, “Le religioni e le idee”, “Le donne: le felici e le
inadatte”, “Public Relations”, “Gli uomini di sinistra”, “L’unico innamorato
degli Stati Uniti”, “Il nome che non si dice”, “L’allarme atomico”, “Problemi
e interessi”, “Cosa si intende per catastrofe”, “Sempre catastrofe”, “Le due
morali”, “L’Europa”.
L’idea di un repertorio saggistico, però, s’indebolisce col procedere dei capitoletti, e gli ultimi sono esplicitamente racconti (da Le donne in avanti, con
sempre maggiore intensità), fino alla chiusa più da racconto che da saggio
di L’Europa. Interrompendo per un attimo la coscienza storico-letteraria, chi
scrive non può non vedere un parallelismo tra l’intersecarsi di brevi sprazzi e movimenti saggistici che diventano narrativi e la produzione della fase
ulteriore (dai racconti deduttivi in avanti, culminata in Palomar) e quella
Calvino e «Nuovi Argomenti»: amori difficili?
171
saggistica (soprattutto la Collezione di sabbia). Dunque, anche qui, una sperimentazione formale e tematica.
“Non sono più lo stesso”
«Nuovi Argomenti» come palestra del narrare calviniano? Un po’ sì, almeno
un po’. Come con una nuova relazione si sperimentano nuove versioni di sé,
ci si sente cambiati, diversi, ci si dice: “non sono più lo stesso”; alcune versioni
resteranno, altre magari spariranno. Che si torni indietro, con un vecchio
amore, o si vada avanti con altri, lo si fa con una nuova consapevolezza di sé.
Dal Diario americano 1961:
Il senso dell’antitesi storica, in arte e in letteratura, provoca l’immagine.
Il poeta contrappone alla realtà un’immagine. Quest’immagine implica
(anche quando vuol essere una riproduzione d’una data sezione di realtà scelta come paradigmatica) un nuovo discrimine di valori. Una tale
operazione ora sembra impossibile alla coscienza americana. La quale
riesce a esprimersi compiutamente solo con delle reazioni che non si
cristallizzano in immagini, cioè restano allo stato di grido. Perciò sono
avvantaggiate due forme d’espressione che permettono la maggiore tensione lirico-espressionista senza proporre immagini: la pittura informale
e la musica jazz. (Calvino 1962: 167)
Se si legge il brano immediatamente precedente (L’antitesi) Calvino aveva già
evidenziato l’incapacità statunitense verso il pensiero dialettico7. Ma il pensare per immagini è tipico anche del Calvino-scrittore (Belpoliti 1997); qui
sembra anche, dunque, difendersi dagli attacchi di escapismo e di mancanza
d’impegno diretto.
Un modo insomma per parlare delle cose anche se in modo indiretto, al
pari della soluzione che propone per rappresentare l’erotismo: dato che “le
immagini e le parole dell’erotismo sono ormai logore e inservibili”, Calvino
osserva l’erotismo per sottrazione (diciamo così) di Dylan Thomas (immagini rarefatte e più lasciate intuire che descritte) o quello cosmico-simbolico di
Borges. Entrambi, scrive, raggiungono “per via intellettuale una dimensione
“Di fatto, sia gli americani che i sovietici si fanno dell’‘avversario’ un’immagine quasi sempre
mitologica e mistificata, per ché si limitano a vederlo come una forza esterna nemica e solamente negativa, senza cercare di capire da quali valori è costituita questa sua forza. Ma ciò non
toglie che nella struttura mentale dei sovietici ci sia la possibilità di farsi una nozione dialettica
dell’avversario, mentre per la struttura mentale americana è più difficile farsi dell’avversario una
nozione che non sia teologica” (Calvino 1962: 167).
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emotiva che per la solita via della mimesi decadentistica delle sensazioni non
ci si sognerebbe neanche” (Calvino 1961: 24). Il parallelo è, del resto, esplicitato dallo stesso Calvino, che come accade spesso (Bozzola, De Caprio 2021;
Barenghi 2007; Ferretti 1989) parla di una cosa per parlare anche d’altro,
con uno sguardo bifocale che accenna, suggerisce, propone senza imporre:
[…] chi è amico del sesso nella vita non può essere amico del sesso nella
letteratura. Sono rari i casi – pagine soprattutto d’autori antichi, e più
che pagine brevi passi, veloci accordi di parole e silenzi – in cui l’immagine del rapporto fisico sia in qualche modo non indegna di quel che esso
è nella vita. Succede per il sesso la stessa cosa che è per la politica: chi
conosce il valore e il sapore della lotta politica e sociale non riesce a trarre
utilità e diletto dai romanzi politici e sociali. Marx derideva i romanzieri socialisti suoi contemporanei e trovava solo in Shakespeare il senso
dell’universo che egli vedeva incarnato nel proletariato. (ivi: 23-24)
Rifiutando la tradizione dell’arte come ortopedia morale (che unisce utilità
e diletto; l’espressione è di Mazzoni 2011) e l’idea di una pura mimesi intesa
come imitazione, in favore di una rappresentazione che stacchi dal concreto,
Calvino sta indicando anche il proprio percorso narrativo.
Dopo il ’56 e l’allontanamento dal Pci l’inquietudine politica di Calvino
non tace, e però sembra trovare una quadra. Rinunciare alla rappresentazione diretta (di qui la fase ulteriore della sua produzione) pur rifiutando
di semplificare, anzi: l’astrazione mentale consente d’illuminare le contraddizioni che altrimenti, nella prassi, o in uno sguardo a quella prassi troppo
vicino, rischierebbe di perdere. Il che non implica dimenticare l’antica passione, l’antico primo amore: che resta in filigrana nei nuovi, in un continuo
avvicinarsi e allontanarsi, negarsi di parlarne e perciò stesso averlo sempre
in mente. Ma è una fase nuova, e Calvino, più pragmatico d’altri, va avanti,
si trasforma come i suoi Qfwfq pur rimanendo sempre uguale a se stesso.
Questa maturazione, o meglio questa accettazione, avviene nel giro d’anni
durante i quali Calvino incrocia con maggior frequenza «Nuovi Argomenti».
Successivamente, una volta stabilita la linea (da dopo lo Scrutatore), si allontana dalla rivista. Come se l’amore per «Nuovi Argomenti» fosse stata una di
quelle storie di passaggio, una pausa in un percorso più lungo (i due amanti
in una città sconosciuta, lontani dagli affetti, che maturano e s’incrociano e
poi proseguono indipendentemente). Una pausa, però, le cui implicazioni si
estenderanno nei decenni a seguire. Gli amanti capiscono qualcosa di più di
se stessi, e la loro vita non sarà più la stessa. Così forse fu per Calvino, amante
incostante, volubile (come le donne dei suoi racconti), incerto sul da farsi,
Calvino e «Nuovi Argomenti»: amori difficili?
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dubitoso prima d’intraprendere una nuova strada. E la rivista porta le tracce
di questo amore fugace, contrastato, più che difficile.
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