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Verdino Il romanzo all improvviso di Felice Romani

2024, Dal Barocco a Manzoni - Percorsi nella narrativa tra Sei e Ottocento per Quinto Marini, a cura di Luca Beltrami, Matteo Navone, Giordano Rodda, Pisa, ETS, 2024

Analisi di un libretto comico di Romani per Morlacchi, parodia della moda delle lettrici di romanzi

O Res litteraria 25 Collana diretta da Marco Corradini e Maria Teresa Girardi (Università Cattolica del Sacro Cuore) Comitato scientifico Claudia Berra (Università degli Studi di Milano) Valter Boggione (Università degli Studi di Torino) Christian Del Vento (Università degli Studi di Pavia) Francesco Ferretti (Università degli Studi di Bologna) Laura Melosi (Università degli Studi di Macerata) Simona Morando (Università degli Studi di Genova) I testi pubblicati nella collana sono sottoposti a un processo di peer review che ne attesta la validità scientifica Dal Barocco a Manzoni Percorsi nella narrativa tra Sei e Ottocento per Quinto Marini a cura di Luca Beltrami, Matteo Navone, Giordano Rodda Edizioni ETS www.edizioniets.com Il volume è stato pubblicato con i fondi di ricerca del DIRAAS, Dipartimento di Italianistica, Romanistica, Antichistica Arti e Spettacolo dell’Università di Genova © Copyright 2024 Edizioni ETS Palazzo Roncioni - Lungarno Mediceo, 16, I-56127 Pisa info@edizioniets.com www.edizioniets.com Distribuzione Messaggerie Libri SPA Sede legale: via G. Verdi 8 - 20090 Assago (MI) Promozione PDE PROMOZIONE SRL via Zago 2/2 - 40128 Bologna ISBN 978-884676922-0 ISSN 2039-6562 SOMMARIO DUE SECOLI IN DIALOGO 7 Luca Beltrami, Matteo Navone, Giordano Rodda PER QUINTO. GLI STUDI, L’AMICIZIA 15 Alberto Beniscelli Prima sezione VARIA FORTUNA DI CALLOANDRO. CON UNA NOTA MANZONIANA 27 29 Davide Conrieri TAVOLE, INDICI E SOMMARII NEL ROMANZO SECENTESCO E LORO GENEALOGIA 47 Clizia Carminati UNO SPECCHIO PER GENOVA. II. LETTURA DELL’ALCIPPO SPARTANO DI ANSALDO CEBÀ 69 Marco Corradini IL FLORIDORO (1697) DI GABRIELE MARZIANO: UN ROMANZO STORICO TARDO-SECENTESCO 85 Lucinda Spera DALL’EPICA AL ROMANZO, UNA TAPPA SEICENTESCA TRA TASSO E MANZONI: LA ROSALINDA DI BERNARDO MORANDO 103 Roberta Colombi UN INTRIGANTE QUADRO INDIZIARIO. ORME BRUSONIANE NEI PROMESSI SPOSI? 123 Maria Di Giovanna AL FUOCO DELLA CONTESA. SUL CAPITOLO XXXVI PROMESSI SPOSI DEI 141 Pierantonio Frare «UNA DESCRIZIONE SBAGLIATA»? FILOLOGIA DELLE IMMAGINI Luca Badini Confalonieri 157 6 DAL BAROCCO A MANZONI SU I VICERÉ DI FEDERICO DE ROBERTO E LA PROSA DEL MONDO 165 Pasquale Guaragnella «BAROCCO È IL MONDO». E MANZONI ANCHE. IMPLICAZIONI FIGURATIVE DELL’APOLOGIA DI GADDA 181 Gianmarco Gaspari Seconda sezione «SECOLO DELLE FAVOLE, E DE’ ROMANZI, DE’ GAZZETTANTI, E DE’ NOVELLISTI»: QUALCHE RIFLESSIONE SULLA PROSA DEL SEICENTO 207 209 Franco Vazzoler IL RACCONTO DI GILBOANO: UNA SEQUENZA A CHIAVE NELL’EROTEA DI FRANCESCO BOGLIANO 219 Matteo Navone TOMMASO STIGLIANI CRITICO DEL ROMANZO BAROCCO. UNA SONETTESSA SUL CRETIDEO 231 Andrea Lazzarini «PUNGER COI FIORI»: DICHIARAZIONI DI POETICA DI LUCA ASSARINO NEI RAGUAGLI DI CIPRO 243 Simona Morando «MANTENNE LIBERI I ROMANI COL SOGGIOGARLI»: IL DISCORSO SULL’ELOQUENZA DI CICERONE NELLE INSTABILITÀ DEL 1641 253 Luca Beltrami IL PITTORE, IL POETA E L’ASTROLOGO. UNA NOTA SU FRUGONI E TESAURO 263 Giordano Rodda «SULLA LETTERATURA DELLE DONNE IN ITALIA»: VARIAZIONI SUL TEMA DEL PRIMATO NAZIONALE 275 Duccio Tongiorgi DONNA AURORA, OSSIA IL ROMANZO ALL’IMPROVVISO DI FELICE ROMANI 285 Stefano Verdino Indice dei nomi 295 DONNA AURORA, OSSIA IL ROMANZO ALL’IMPROVVISO DI FELICE ROMANI Stefano Verdino Fu un insuccesso. Tra i più netti per il principe dei librettisti e per lo stimato kappelmeister di Dresda; Donna Aurora, o sia il Romanzo all’improvviso1, opera buffa in due atti di Felice Romani per la musica di Francesco Morlacchi, andò in scena alla Scala il 2 ottobre 1821, con un cast di rilievo: protagonista Teresa Belloc con Donzelli, Lablache, De Grecis, scene di Sanquirico. Ma l’opera si rappresentò «soltanto per sei serate»2 e non fu mai più ripresa in nessun teatro. Solo l’anno scorso, dopo un bisecolare oblio, sulla base della partitura autografa custodita a Jesi, Eugenio di Lieto ne ha proposto un’antologia, attestando la qualità della musica3. Concorda l’anonimo autore di una nota sulla «Gazzetta di Venezia» (15 dicembre 1821), che due mesi dopo si rammarica del fiasco scaligero: «l’introduzione, un quartetto ed il finale dell’atto primo, un terzetto ed il finale del secondo racchiudono bellezze da non tacersi». E motiva il fatto con un «predisposto mal umore di una parte del pubblico» che cercò di zittire l’applauso all’apparire di Morlacchi 1 Donna Aurora | o sia | il Romanzo all’improvviso | melodramma comico | da rappresentarsi | nell’I. R. Teatro alla Scala | l’Autunno dell’anno 1821, Milano, Pirola; non vi è indicazione del librettista, ma la paternità di Romani è conclamata da tutte le fonti. Su Felice Romani vedi la voce di A. ROCCATAGLIATI, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, vol. 88, 2017 e la citata bibliografia precedente. Successivamente vedi A. SISTI, Autografi e inediti di Felice Romani, «Nuova informazione bibliografica», I (gennaio-marzo 2022), pp. 124-126 e i vari contributi di C. FAVERZANI: Oratorio ou ‘tragedia lirica’ alfierienne? “Saul” de Felice Romani pour Nicola Vaccaj, in Cithăra et Spirĭtus Mălus. La Bible et l’Opéra / La Bibbia e l’Opera, Lucca, LIM, 2019, pp. 135-167; Orientalismes d’Occident: “L’esule di Granata” de Felice Romani pour Giacomo Meyerbeer, in Dal Levante l’astro nascente. L’Orient et l’Opéra / L’Oriente e l’Opera, Lucca, LIM, 2021, pp. 111-132; «Mignonne, allons voir si la rose». Sulla fonte francese della “Caterina di Guisa” di Carlo Coccia e Felice Romani, «Studi Medievali e Moderni», XXVI (2022), 2, pp. 51-80; «Caina attende chi a vita ci spense»: dalla “Francesca da Rimini” di Silvio Pellico agli adattamenti operistici di Felice Romani e Paolo Pola, in Traduzioni, tradizioni e rivisitazioni dell’opera di Dante. In memoria di Marco Sirtori, Napoli, La Scuola di Pitagora, 2023, pp. 411-430 (i quattro saggi sono raccolti in C. FAVERZANI, Il tradimento di Leporello. Libretti italiani e dintorni, Lucca, LIM, 2022). 2 R. SABATINI, Francesco Morlacchi, Perugia, Guerra, 1977, p. 60. 3 F. MORLACCHI, Donna Aurora o sia il romanzo all’improvviso [Excerpt], vocal score edited by Eugenio di Lieto, Osaka, Da Vinci, 2022. 286 DAL BAROCCO A MANZONI nell’orchestra; unico rilievo per gli autori forse la scelta di un dramma «di circostanze», di matrice francese, «immaginato e scritto secondo il gusto del paese ove si rappresenta». Come spesso in Romani, la fonte è francese, in questo caso Ma tante Aurore, ou Le roman impromptu, libretto di Charles de Longchamps, per la musica di Boieldieu, con battesimo non felice il 13 gennaio 1803, ed esito fortunato nella revisione due giorni dopo4: «L’opéra de Ma tante Aurore eut un grand succès et consacra définitivement la réputation naissante de Boieldieu»5, opera allora stabilmente in repertorio francese e ripresa da Romani in modo sostanzialmente fedele nell’impianto, come evidenzia la traduzione del titolo, parodico della smania di romanzi dell’anziana lettrice protagonista; unica differenza nel titolo italiano l’assenza della prospettiva della nipote verso la zia «Ma tante». Questa vuole dare la mano della nipote solo a un giovane eroe sentimentale e romantico, come nei libri; così respinge la richiesta dello spasimante riamato della nipote. I due giovani con l’aiuto dei rispettivi servi e confidenti improvvisano vicende da romanzo (il salvataggio da un presunto rapimento) per convincere la zia. Si alternano successi e intoppi, perché smascherati da un anziano confidente della zia, da cui nuove vicende romanzesche, fino alla capitolazione della frenetica romanzomane e al lieto fine. Questo l’impianto condiviso, ma Romani fa sul modello significative varianti. L’originale francese, nella prima versione, è anche esibita parodia dei romanzi gotici di nuova gran moda e prediletti da tante Aurore, con esibizione di una torre nord tenebrosa, allusione a spiriti e fantasmi, ed espressa citazione della «Radclif» (sic). In particolare l’anomalo III atto (per il quale si scrive una préface di giustificazione) snocciola il meglio di questo repertorio, ma Romani qui differisce nettamente, né lo soddisfa la seconda versione scorciata in due atti6. Del resto, la sua donna Aurora è una lettrice romanzesca, ma di taglio decisamente cavalleresco, con memoria al don Chisciotte; e per quanto si mantenga l’ambientazione francese (ora precisata ai Pirenei), ciò figura 4 L’opera andò in scena il 13 gennaio 1803 al Théâtre de la rue Feydeau di Parigi, in una prima versione come opera buffa in tre atti, e non ebbe successo. Due giorni dopo, il 15 gennaio, fu ripresa, questa volta con successo, al Théâtre Favart (Salle Favart dell’Opéra-Comique) di Parigi in una seconda versione in due atti, scorciando in modo deciso il libretto. 5 F. CLÉMENT, Les musiciens célèbres: depuis le seizième siècle jusqu’à nos jours, Paris, Hachette, 1868, p. 349. 6 Questa elimina il III atto nella torre nord in parodia gotica e chiude il II atto con il contratto nuziale tra Julie e il finto salvatore, poi smascherato da Georges, ma senza impedire, dopo una momentanea irritazione d’Aurore, il lieto fine. DONNA AURORA, OSSIA IL ROMANZO ALL’IMPROVVISO 287 una connotazione più tradizionale e classicista, secondo la tempra di Romani. Così è la sognatrice medievale, nel suo caso, a intervenire nell’«improvviso» del romanzo, aumentando la sua peripezia: dapprima, al finale centrale, gela i tripudianti innamorati Adolfo e Giulia in recita con la richiesta, ad uso romanzesco, di temprare il loro amore con una congrua «lontananza», di «cinque anni», ma ridotta rispetto ai modelli cavallereschi: I Tristani, i Palmerini, Gli Amadigi, i Floridanti, I più prodi Paladini, I veraci antichi amanti A più lunga lontananza Si son visti condannar. Questa affina la costanza, Questa in cor la fiamma avviva … Alla gioia non si arriva Che per lungo palpitar7. Poi – nel II atto – dopo il disvelamento dell’imbroglio, sarà sempre Aurora la regista del prosieguo, secondo il codice delle corti d’amore, e convoca le dame del paese in tribunale per giudicare il fedifrago cavaliere, sulla base degli esempi, letti in stralcio e offerti in casistica dalla lettura cavalleresca. E per sfuggire alla severa ineludibile condanna, il giovane Adolfo gioca la recita estrema: si pugnala e in punto di morte come estremo desiderio chiede a donna Aurora di morire sposo della sua Giulia. La vecchia commossa da tanto estremo amore acconsente e firma il contratto. Segue la resurrezione di Adolfo e poi un breve sconcerto di Aurora, infine perdonante perché in fondo soddisfatta del bel romanzo all’improvviso vissuto e assicurata dai novelli sposi come futuri suoi lettori di romanzi su romanzi. Come si vede estro e trovate in proprio non mancarono a Romani, forse troppo abbondanti, ma certo efficaci a variare il basso continuo del «romanzo all’improvviso». Inoltre la connotazione all’italiana del dramma buffo necessitava di altre modifiche rispetto al modello francese. A questo proposito Romani ridisegna in toto la figura del vecchio conoscente di Aurora: Georges, nella prima versione, svela il primo imbroglio (il salvataggio dal presunto rapimento), ma perché non aveva riconosciuto il giovane Adolphe, che voleva invece favorire; e così nel III atto sarà l’essenziale aiutante per trascinare Aurore nella 7 Donna Aurora, p. 42. 288 DAL BAROCCO A MANZONI misteriosa torre nord del castello. Al suo posto Romani costruisce la figura di don Marziale Ammazzasette, basso comico, tagliato per Nicola De Grecis, protagonista di vari rossiniani. Aggiornata variazione del miles gloriosus che vediamo nella sua cavatina (Zitti là! Che sol! … Che caldo!…) organizzare la caccia per un cinghiale immaginario, una romanzesca belva feroce che infesterebbe le lande del castello di Aurora, con tanto di comico commento del coro dei suoi cacciatori («Un gottoso cacciatore. / Un chimerico cignale! / Oh! Che caccia originale! / Oh! Che ridere sarà!»)8; la vanteria della propria tempra produce battute comiche come «un uom» «che passò senza cappello / Quattro volte l’equatore», mentre nell’a parte supplica: «Prudenza, amica mia, / Mi raccomando a te». Don Marziale è anche l’assurdo pretendente alla mano di Giulia e sarà anche lo smascheratore di un vagheggiato rapimento al II atto, per evitare il quinquennio di lontananza; sconfitto nel finale, partecipa anch’egli al lieto fine, ripiegando su uno sposalizio con donna Aurora. Lo spicco di don Marziale è decisivo per la curvatura comica del dramma, che trattiene qualcosa del metateatro di gusto settecentesco e felicemente praticato da Romani con il rossiniano Turco in Italia, ma anche – nel gioco dei travestimenti della coppia maschile – con Così fan tutte e recentemente Cenerentola. L’apertura è senza coro, con una scena tra Adolfo e Frontino pronti a incontrare Giulia, che culmina in un duetto che diversamente dal duetto amoroso francese, lancia il tema comico: «Ah lo spirto de’ romanzi, / Che soggiorna in quel castello / Manda fumi al mio cervello, / Impazzir, girar lo fa»9. Mentre Adolfo non avrà la sua cavatina – curiosamente, essendo la parte scritta per un tenore di rango come il Donzelli – il primo assolo è per Giulia, la debuttante minorenne (17 anni) Margherita Schira, con Dov’è l’età felice in settenari e quinari e doppi quinari, con rima «fiore» «amore», ad indicare i poli, passati e presenti, dei propri sentimenti: la cura dei fiori introduce un utile leitmotiv per far scantonare Giulia dalla zia, evitando la lettura e favorendo in giardino gli incontri clandestini. Il successivo quartetto dei giovani amanti e loro confidenti (Frontino e Lisetta) alla ricerca di uno stratagemma romanzesco è la traduzione dell’originale francese: per due volte Frontin / Frontino fa un progetto («Tentare un rapimento»; «sedur la zia» e «poi sposarla, e a voglia mia / Dar così marito a voi»)10, ma è «rigettato a pieni voti» in ritornello dai quattro, il primo «per la sua difficoltà», il 8 9 10 Ivi, p. 14. Ivi, p. 8. Ivi, p. 11. DONNA AURORA, OSSIA IL ROMANZO ALL’IMPROVVISO 289 secondo «per la sua malvagità»11, mentre si ribadisce l’implorazione al nume dei romanzi per un’idea: Tu, che accendi ai Romanzieri La bizzarra fantasia, Nume, Diavolo, Pazzia, Imploriamo il tuo favor. Per beffar la vecchia zia, Un romanzo, una follia Suggerisci al nostro amor12. Infine Frontino propone un salvataggio da un finto rapimento: «già la zia la tien perduta, / Quando pallida e svenuta, / La rechiamo a lei davanti, / Gloriosi, trionfanti, / Come prodi Paladini dell’eroica antichità»13; ed il quartetto all’unisono: «Approvato a pieni voti / Per la sua facilità»14. Anche l’entrata in scena di Aurora è puntuale traduzione dal francese, con la notte insonne per «l’angoscia estrema» sulla sorte de «l’afflitta principessa» «di Trebisonda»15 ed anche la sua cavatina rivolta alla nipote Non ti vedo mai raccolta è un rifacimento dei couplets Je ne vous vois jamais reveuse: «Mai non palpiti una volta, / Mai non cadi in svenimento» è il rimprovero, e si varia in ritornello il «rire aux éclats»16 in «E la più tenera / Canzon romantica / O ti fa ridere / O sbadigliar»; «Se a me fa piangere / Storia patetica, / Ti metti a ridere, / O a sbadigliar»17. Analoga al francese la successiva scena, che vede in fuga dalla lettura Giulia e Lisetta; l’incarico di lettore tocca a don Marziale (come a Georges) con piena insoddisfazione di donna Aurora («Un po’ più d’espressione, / Pensate che chi parla è innamorato»; «Voi proferite / Questi accenti amorosi e delicati / Con tuon di voce sì sgarbato e duro!»)18, ma poi la scena diverge: Longchamps mostra il maldestro lettore Georges accusato da Aurore di insipienza amorosa e conclude con un duetto ammiccante 11 Ibidem. Ivi, p. 12. Vedi l’originale francese: «La scène est superbe, divine / Adopté, adopté / A l’unanimité. / Toi, par qui l’on fait des romans, / Dieu, Diable, Esprit, Génie ou Muse, / Pour unir de pauvrés amans, / Veille au succès de cette ruse» (Ma tante Aurore, ou Le roman impromptu, Paris, Barba, 1803, p. 17). 13 Donna Aurora, p. 12. 14 Ivi, p. 13. 15 Ivi, p. 16. 16 Ma tante Aurore, p. 21. 17 Donna Aurora, pp. 17-18. 18 Ivi, p. 20. 12 290 DAL BAROCCO A MANZONI sull’amore; Romani introduce la richiesta di Marziale per la mano di Giulia, che suscita l’indignazione di Aurora con classico duetto di battibecco comico («a un decrepito – come voi siete, / A un tronco, a un tanghero / A un uom da nulla / Io non sacrifico – una fanciulla»; «Io tronco! Io tanghero! / Un uom da niente! / Vedi la tenera adolescente»)19. Tocca a Frontino (Lablache) un’ampia e complessa cavatina (Con questo bel cimiero) di quartine e ottave di settenari piani e sdruccioli che cava moralità dalla sua mascherata «vestito da cavaliere», vagheggiando fortune con questo refrain: Perché … perché … In questo mondo matto La cosa così va, La polpa è niente affatto, La scorza tutto fa20. Nella successiva passeggiata vi è una postilla al bisticcio tra donna Aurora e don Marziale in cui si ribadisce il leit motiv della lettura («Aurora E per farli più dispetto / Un tantino il leggerò. Marziale Il romanzo! Ah maledetto / Chi lo scrisse, e lo stampo»)21, mentre col pretesto della fuga «dall’uccelliera» della «bella canarina» Giulia si allontana e poco dopo «odonsi compi di pistola» e l’annuncio di Lisetta del rapimento («Quattro sgherri all’improvviso / Con la maschera sul viso»)22, poi il coro di paesani avvisa del salvamento ad opera di «due signori»23. Il finale centrale che ne consegue vede l’entrata in scena di Adolfo e Frontino nelle vesti rispettive di don Ramiro di Siviglia e don Mendoza di Castiglia, salvatori di Giulia; l’esaltata donna Aurora per di più riconosce in don Mendoza «la cara immagine»24 del cavaliere che da tempo la visita in sogno con conseguente dispetto di don Marziale. Nel secondo atto si sviluppa il tema dell’improvvisazione romanzesca con la scena di Frontino/Mendoza e donna Aurora, tributaria della fonte francese: per perorare la causa amorosa di Adolfo, Frontino racconta il «funesto sogno» dell’amico, giacché «Fra la bella salvata e il cavaliere / Nasce nel sogno istesso / 19 20 21 22 23 24 Ivi, p. 22. Ivi, p. 24. Ivi, p. 28. Ibidem. Ivi, p. 29. Ivi, p. 30. DONNA AURORA, OSSIA IL ROMANZO ALL’IMPROVVISO 291 Il più cocente amor; ma de’ parenti / Lo degno li divide … / Ella piange e sospira … egli si uccide», poi precisa: «in tutto il mondo / Un uom più romanzesco non trovate; … / Almen dopo di me»25 e segue in tono buffo il corteggiamento di Frontino per Aurora del tutto assente nel modello francese, con un significativo a parte di chiusura «A far romanzi io sfido / Il più fecondo autor»26. Al dubbio che «scambievole» sia l’amore tra Adolfo/ Ramiro e Giulia, Frontino traduce dal francese l’immaginata scena del loro prossimo incontro: In questa sala Scenderan l’uno e l’altra in un sol punto Per la stessa virtù di simpatia S’inconteran per via, Stupiran d’incontrarsi, Staran senza parlarsi Un momento tremanti, indi pian piano Si accosteran ben presto, E le voci d’amor faranno il resto27. La successiva reale scena dei due amanti compiace la vecchia sentimentale e romanzomane, che reclama una nuova puntata con la citata prova della lontananza, felice trovata sul tema di Romani, che si emancipa decisamente nel finale dal modello, nelle sue due versioni. Don Marziale ha una nuova scena di bisticcio con Frontino, non sgombrando la scena, secondo aurei modelli (don Basilio nel Barbiere e don Magnifico in Cenerentola) e svela ad Aurora il tentativo di un vero rapimento. Questa doppiamente indignata, anche per l’inganno della seduzione di Frontino/ Mendoza, vuole però un processo con il tribunale delle dame, secondo le norme cavalleresche, che Romani poteva leggere da un saggio francese appena pubblicato di François Raynouard, Des troubadours et des cours d’amour, Paris, Didot, 1817, e ben noto alle gazzette italiane milanesi28. All’improvvisata corte d’amore delle «più assennate» «donne del villaggio»29 Aurora legge varie casistiche di tradimento cavalleresco: il cavalier del Cigno; Lancillotto e infine 25 Ivi, p. 36. Ivi, p. 38. 27 Ivi, p. 39. 28 Vedi ad esempio la sintesi in CHOIX, ecc. Scelta delle Poesie originali de’ Trovatori, del sig. Raynouard, membro dell’Istituto di Francia, Parigi, Didot, 1816, 1817, 1818, tomo I, II e III, «Il Raccoglitore», VI, XXI (1819), pp. 31-38. 29 Donna Aurora, p. 49. 26 292 DAL BAROCCO A MANZONI «due giovani Baroni» «accusati di ratto e infedeltà» «dalla corte d’amor» «condannati / Ad esser cancellati / Dal nobil corpo de’ guerrieri erranti»30, e quest’ultimo al coro delle dame pare il giusto caso cui ispirarsi. Aurora legge la sentenza a voti unanimi: Adolfo e Frontino «proscritti» e «divisi dalle amanti»31, con la giunta di concedere Giulia a don Marziale. Non resta ad Adolfo che «l’ultimo ripiego»32: il suicidio (finto) per amore con il nuovo finale a condiviso lieto fine di cui si è detto. Il coro finale, nel chiudere sul tema, vagheggia la possibilità della nascita di un nuovo poema cavalleresco: Dolce Amor che tanti eroi Di tue fiamme ardesti ed ardi, In noi spandi il foco e i dardi Dell’eroica antichità. Caro bene un Amadigi Da noi forse nascerà33. Questa conclusione conferma che la parodia della smania di romanzi per Romani ha anche un tratto di nostalgia per «l’eroica antichità» e la chiamata in causa di un novello Amadigi ne è la sigla. La sua polemica antiromantica ha questo retrogusto di un classicismo quasi paradossale, nella difesa della tradizione, ed in particolare del poema eroico italiano, più volte citato dal Romani critico come evidenzia l’interrogativo quasi in limine delle Miscellanee: «nulla di meno l’Amadigi di Bernardo Tasso, e il Girone cortese dell’Alamanni, son forse tali da venir messi da parte e condannati alle bolge delle antiche biblioteche?»34. E di nuovo l’onore dell’Amadigi, poema indigesto e assai poco letto di Tasso padre, è difeso con tutta l’opera dei due Tasso, nel saggio di plauso su Francesco Bracciolini: Ma a me poeta, mi si convenga o no questo titolo, a me che non ho il ticchio delle pergamene, dei commentarii e delle compilazioni, facea più senso la vista di alcuni miei confratelli (antichi, già ci s’intende) i quali, se non carichi d’ingenti scritture, mi si appalesavano ricchi di molti e molti sudati lavori compiuti a malgrado 30 Ivi, p. 54. Ivi, p. 55. 32 Ivi, p. 57. 33 Ivi, p. 60. 34 F. ROMANI, Miscellanee tratte dalla Gazzetta Piemontese, Torino, Favale, 1837, p. 6. Si ricorderà che negli stessi anni altro inattuale omaggio al poema cavalleresco tenta Leopardi con la sua incompiuta Telesilla, ispirata da Girone il cortese. 31 DONNA AURORA, OSSIA IL ROMANZO ALL’IMPROVVISO 293 dell’invidia e della fortuna, che, dopo l’artritide, sono i peggiori flagelli che possano colpire i poeti. E p. es. vedea l’Alamanni ricco di due poemi epici e di un didascalico, di composizioni drammatiche e liriche di ogni sorta, composte nella malinconia dell’esilio; e Bernardo Tasso con sotto le ascelle i cento canti dell’Amadigi, e il romanzo dell’Aquilante, e le odi e i salmi e i poemetti, dettati, come dice il Serassi, nello scompiglio degli accampamenti, e fra lo strepito delle artiglierie; e l’immortale suo figliuolo col Rinaldo fra le braccia, con la Gerusalemme Liberata, con la Conquistata, con le Sette Giornate, con l’Aminta, col Torrismondo, col Canzoniere, e con le mirabili sue prose e i dottissimi dialoghi, scritti nella sventura, e fra le noie dei pedanti e dei maligni, gravi flagelli anch’essi pei poeti… sempre dopo l’artritide. Il tratto polemico, temprato dall’ironia e dalla battuta, fu sempre la caratteristica di Romani, nelle sue varie vesti. E pur senza dare troppa responsabilità alla nostra Donna Aurora, non possiamo dimenticare che la ripresa con propri ritocchi di un libretto francese di quasi venti anni prima, nella Milano dei primi anni Venti, con la battaglia romantica in corso, non fosse senza significato, se si pensa a quanti erano gli interventi sulla lettura e sui romanzi, e a quanti romanzi si traducevano, pubblicavano e si leggevano anche da occhi femminili35. La parodia della fanatica lettrice sentimentale e romanzomane si colloca in questo contesto e non è un caso, come si è visto, che Romani incrementi, rispetto alla sua fonte, le battute ironiche sulla smania della lettura e della passione per l’intrigo romanzesco, tuttavia, nello stesso tempo, azzera sostanzialmente la specifica parodia del gotico, che certo era novità nella Francia di venti anni prima, ed assai meno ovviamente nella Milano anni Venti. Così ad essa sostituisce l’armamentario del medioevo cavalleresco di marca latina, nonché italiana, visto con ironia e simpatia insieme, rivendicando a suo modo il valore di quelle desuete opere (l’Amadigi), rispetto alle nuove e correnti contraffazioni romantiche, a buona prova del suo classicismo e tradizionalismo. 35 Vedi ad esempio R. LORETELLI, L’invenzione del romanzo. Dall’oralità alla lettura silenziosa, Bari-Roma, Laterza, 2010. Edizioni ETS Palazzo Roncioni - Lungarno Mediceo, 16, I-56127 Pisa info@edizioniets.com - www.edizioniets.com Finito di stampare nel mese di giugno 2024