L’ARTE DI PASSEGGIARE
E FARE LE RIVOLUZIONI
Per una sociologia della flânerie
Riccardo Campa
L’ARTE DI PASSEGGIARE
E FARE LE RIVOLUZIONI
Per una sociologia della flânerie
4
L’arte di passeggiare e fare le rivoluzioni. Per una sociologia
della flânerie © Riccardo Campa. All rights reserved.
Cover picture: “Paris Street Rainy Day” by Gustave
Caillebotte (1877)
First edition: September 21st, 2020
Jagiellonian University Press, Krakow
Second edition: September 1st, 2024
Orbis Idearum Press, Krakow
Orbis Idearum Press is an imprint of the Michel Kowalewicz
Institute for the History of Ideas. Its scope is to publish a peer
review book series dedicated to the history of ideas, as a complement to Orbis Idearum: European Journal of the History of
Ideas, which is edited by the History of Ideas Research Centre.
Michel Kowalewicz Institute for the History of Ideas
Ul. Hutników 2,
32-050 Skawina,
Poland
History of Ideas Research Centre
Jagiellonian University
Al. Mickiewicza 22,
30-059 Krakow,
Poland.
ISBN: 978-83-969725-2-1
This book has been peer reviewed by
Ks. Dr hab. Paweł Prüfer, Prof. AJP
and Dr hab. Małgorzata Bogunia-Borowska, Prof. UJ
5
Orbis Idearum Scientific Commitee
Karl Acham, University of Graz (Austria); Tatiana Artemyeva,
Herzen University in St. Petersburg (Russia); Warren Breckman, University of Pennsylvania (USA); Antimo Cesaro, University of Campania Luigi Vanvitelli in Caserta (Italy); Paweł
Dybel, University of Warsaw/Polish Academy of Sciences
(Poland); Maria Flis, Jagiellonian University in Krakow (Poland); Fabio Grigenti, University of Padua (Italy); Jarosław
Górniak, Jagiellonian University in Krakow (Poland); Victor
Kaploun, European University in St. Petersburg (Russia); Marcin Król, University of Warsaw (Poland); Jens Loenhoff, Essen-Duisburg University (Germany); Giuseppe Micheli, University of Padua (Italy); Mikhail Mikeshin, St. Petersburg Center for the History of Ideas (Russia); Eric Nelson, University of
Massachussets (USA); Luciano Pellicani, LUISS University in
Rome (Italy); Gregorio Piaia, University of Padua (Italy); Riccardo Pozzo, National Research Council of Italy - CNR (Italy);
Martina Roesner, University of Vienna (Austria); Gunther
Scholtz, Ruhr-Universität Bochum (Germany); Alexander
Schwarz, University of Lausanne (Switzerland); Sergio Sorrentino, University of Salerno (Italy); Carole Talon-Hugon,
University of Nice (France); Irina Tunkina, Russian Academy
of Sciences in St. Petersburg (Russia); Han Vermeulen, MaxPlanck Institute of Anthropology (Germany); Mara Wade,
University of Illinois (USA); Lech Witkowski, Pomeranian
University in Słupsk (Poland); Wiesław Wydra, Adam Mickiewicz University in Poznań (Poland); Martine Yvernault,
University of Limoges (France).
Indice
Introduzione .......................................................................9
1. Un ruolo anomalo. La figura del flâneur nella
letteratura sociologica ................................................. 21
1.1. La teoria del ruolo ................................................................. 21
1.2. Walter Benjamin: il flâneur come attore della
modernità........................................................................................... 26
1.3. Anthony Giddens: il flâneur come attore della metamodernità .......................................................................................... 33
1.4. Zygmunt Bauman: il flâneur come attore della postmodernità .......................................................................................... 36
1.5. Giampaolo Nuvolati: il flâneur come attore della
tardo-modernità ............................................................................. 42
1.6. Conclusioni ............................................................................... 45
2. Perdersi nella metropoli. La flânerie come tecnica
di ricerca della sociologia visuale ............................... 48
2.1. Sociologia e fotografia: un matrimonio difficile ....... 48
2.2. Phisiologie du flâneur ........................................................... 50
2.3. Georg Simmel: l’attenzione alla dimensione visiva
della vita sociale.............................................................................. 59
2.4. Charles Peirce: il flâneur come metafora di una
coscienza impossibile ................................................................... 62
2.5. Nascita del futurismo ........................................................... 66
2.6. Le trasformazioni della sociologia: dalla Scuola di
Chicago al paradigma visuale .................................................... 68
2.7. Nassim Taleb: «Le flâneur c’est moi» ............................ 73
2.8. Il composto: flânerie, fotografia e sociologia urbana
................................................................................................................ 79
8
3. La figura del badaud nel romanzo storico
dell’Ottocento .................................................................. 85
3.1. Cenni sulla teoria del romanzo storico e sul metodo
di ricerca ............................................................................................. 85
3.2. Badaud, curioso, idle onlooker .......................................... 89
3.3. Il badaud nel romanzo storico di Walter Scott .......... 91
3.4. Il badaud nel romanzo storico di Victor Hugo ........... 97
3.5. Il badaud nel romanzo storico di Alessandro
Manzoni ............................................................................................ 105
3.6. Conclusioni ............................................................................. 112
4. Il badaud e le rivoluzioni. Uno sguardo alla
letteratura francese dell’Ottocento ...................... 117
4.1. Premessa ................................................................................. 117
4.2. Il badaud nella Physiologie du flaneur di Louis Huart
.............................................................................................................. 119
4.3. Il badaud ne Les Misérables di Victor Hugo .............. 126
4.4. Il badaud nella Psychologie des foules di Gustave Le
Bon ..................................................................................................... 138
4.5. Conclusioni ............................................................................. 145
Post scriptum all’edizione del 2020 ..................... 147
Bibliografia .................................................................... 151
Riferimenti delle edizioni originali dei saggi ................... 160
Informazioni biografiche sull’autore ................... 163
Note .................................................................................. 165
Introduzione
L’uomo è nato per camminare. Non per correre, per volare, per nuotare, né tantomeno per restare seduto dall’alba
al tramonto davanti allo schermo di un computer o di un
telefono, come sempre più spesso ci capita. Non che si
vogliano mettere limiti alle capacità umane. Sappiamo
bene che molti esemplari della nostra specie si cimentano
piuttosto bene nell’arte della corsa, del volo, del nuoto,
reggendo la sfida di animali ben più dotati e naturalmente
portati per queste attività. Tuttavia, per milioni di anni, i
nostri antenati si sono procacciati cibo attraverso la caccia
e la raccolta, attività che hanno come prerequisito fondamentale proprio il cammino. Su questo credo che i paleoantropologi non avrebbero difficoltà a convenire.
Proprio in ragione della naturalità di questo comportamento umano, l’idea di dedicarvi un libro – per di più
accademico – potrebbe far sollevare più di un sopracciglio. Sopracciglio destinato ad arcuarsi ulteriormente col
posarsi dello sguardo sul sottotitolo. Immagino, infatti,
che un lettore si aspetti, prima o poi, di trovare sugli scaffali di una libreria un manuale intitolato “L’arte di cospirare e fare le rivoluzioni”. Analoghe attese sarebbero legittime in relazione a un ipotetico volumetto intitolato
“L’arte di passeggiare e farsi gli affari propri”. Il titolo
impresso sul volume che avete in mano mette invece in
relazione il passeggio e le rivoluzioni. Che ci azzecca la
prima attività con la seconda?
10
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
Chiarisco subito che non si tratta di un espediente per
attirare l’attenzione dei lettori, facendo leva sull'improbabilità dell’accostamento. Il libro parla davvero di passeggiate e rivoluzioni. Epperò, per spiegare com’è nata l’idea
di questo libro, devo partire da lontano.
Innanzitutto, deambulare su due piedi, mettendo una
gamba davanti all’altra, è diventata un’attività sempre più
rara e, come tale, degna di attenzione “sociologica”. In
secondo luogo, camminare e passeggiare non sono esattamente la stessa cosa. Chi passeggia non ha altro scopo
se non il passeggio stesso. Spesso non si dà nemmeno una
meta precisa, un tragitto, un tempo di percorrenza. Passeggia per il puro piacere di passeggiare.
Non tutti possono permettersi questo lusso. Gli impegni sempre più fitti, i ritmi frenetici di lavoro, le grandi
distanze che separano i luoghi di residenza e d’impiego
nelle metropoli moderne, impongono ai più una velocità
di spostamento che solo il mezzo di trasporto urbano può
garantire. Inoltre, il poco tempo libero che resta è spesso
dedicato al riposo, o ad attività ricreative sedentarie.
Ancora meno persone possono permettersi di fare del
passeggio una professione. A rischio di attirare subito una
certa antipatia nei confronti della categoria alla quale appartengo, ammetto che tra i pochi privilegiati ci sono i
sociologi – in particolare quelli che io chiamo “sociologi
impressionisti”. Vagolano per le vie di una città, osservano i comportamenti della gente, scattano fotografie, discorrono con i passanti, annotano le proprie impressioni –
un tempo su un taccuino, oggi più spesso su un tablet – e
poi, tornati a casa, scrivono libri e articoli sulla società e
le sue trasformazioni. Per essere precisi, i sociologi contemporanei fanno anche affidamento a metodologie ben
più raffinate, mettendo in campo questionari e rilevazioni
UN RUOLO ANOMALO
11
statistiche. Pochi, dotati di talento letterario e sufficiente
fama, possono contare di diventare tra i più citati sociologi di tutti i tempi, com’è accaduto in passato a Georg
Simmel e oggi a Zygmunt Bauman, prescindendo o quasi
dal “metodo scientifico”. Ma che si decida o no di affrontare la fase intermedia della ricerca, puntellando con
qualche numero la tesi che s’intende sostenere, resta il
fatto che la prima e l’ultima fase restano, rispettivamente,
l’osservazione (partecipante o meno) e la scrittura.
Poiché, oltre che sociologo della conoscenza, sono storico delle idee, o meglio le due cose insieme1, pormi domande sull’origine di questo modo di fare ricerca è stato
per me uno scivolamento inevitabile. Sollecitato da un
call for papers di colleghi filologi, ho cominciato
un’opera di scavo, finendo per rovistare soprattutto nella
letteratura francese dell’Ottocento. E, pensandoci bene,
difficilmente il percorso poteva essere diverso. La figura
del flâneur, del passeggiatore metropolitano, nasce infatti
nella Parigi del XIX secolo. Nello stesso luogo e nello
stesso tempo, non a caso, viene alla luce anche la sociologia. La disciplina, battezzata da Auguste Comte ed elevata a specialità accademica da Émile Durkheim, nasce
proprio per studiare le società industriali e il tessuto urbano delle metropoli. Se l’Inghilterra è l’epicentro della rivoluzione industriale, la Francia assurge presto al ruolo di
crogiuolo delle rivoluzioni politiche. Ed ecco chiarito
perché c’entrano anche le rivoluzioni. In quell’epoca turbolenta, per un assiduo frequentatore delle vie di Parigi –
che si trattasse di un flâneur, un badaud, un gamin, un
musard, o un batteur de pavé – rimanere coinvolto, volente o nolente, in un’insurrezione o una sommossa era un
evento tutt’altro che improbabile o infrequente.
12
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
Per dare soltanto un indizio, Charles Baudelaire, il
flâneur per antonomasia, partecipò attivamente ai moti
rivoluzionari del 1848. Si dice che salì sulle barricate parigine e gridò: «Andiamo a fucilare il generale Aupick!»2.
Se mi fermassi a questo cenno, però, rischierei di portare
fuori strada il lettore. Come chiarirò nel libro, il flâneur è
un ribelle sui generis. Baudelaire si unì all’insurrezione
parigina per ragioni squisitamente estetiche, più che politiche. Amava gli aspetti artistici della rivoluzione, crogiuolo di violenza ma anche di sfrenate utopie, a volte ai
limiti del ridicolo. D’altronde, che cos’altro ci si poteva
aspettare da un dandy, un bohémien, un poeta che viveva
grazie alla generosa eredità paterna e spendeva tutti i suoi
soldi in alcol, droghe e prostitute? E poi, dietro il gesto
del poeta, c’era anche un rapporto morboso con la madre,
Caroline Archimbaut-Dufays, che lo aveva soffocato d'affetto alla morte del padre Joseph-François. Il generale
oggetto del suo odio, Jacques Aupick, altri non era che il
patrigno, l’uomo che gli aveva portato via la madre, l'uomo tutto d’un pezzo che rappresentava sul piano dei valori la sua perfetta antitesi. Tanto indisciplinato e iconoclasta era il poeta, quanto disciplinato e rispettoso dei valori
borghesi l’ufficiale. Piuttosto, quest’aneddoto ci offre un
indizio per comprendere meglio l’indole del flâneur. Il
disimpegno sociale è la sua cifra, tanto che il celebrato
autore de I fiori del male, quando commenterà nei suoi
diari il coinvolgimento nei moti del ’48, scriverà: «Essere
un uomo utile mi è sempre sembrato qualcosa di ripugnante»3.
Ora tutto è cambiato, si dirà. Non è più tempo di barricate e prese della Bastiglia. Al peggio, oggi, un ozioso
passeggiatore potrebbe trovarsi suo malgrado coinvolto in
una manifestazione politica e prendersi qualche manga-
UN RUOLO ANOMALO
13
nellata dalla polizia. È difficile pensare che una rivoluzione possa oggi scaturire da una spontanea manifestazione di piazza. Ormai i grandi cambiamenti sociali si
pianificano a tavolino, nei palazzi del potere o negli uffici
delle grandi corporazioni multinazionali.
Non tutto, però, del mondo che andremo a esplorare è
andato perduto. Per i non addetti ai lavori non significherà molto, ma alcuni sociologi si sono appropriati del “metodo” del flâneur parigino e lo hanno applicato con profitto allo studio della società contemporanea. Le differenze
non mancano, naturalmente. Il campo d’azione del
flâneur ottocentesco era circoscritto alla città di residenza, con una particolare predilezione per le vie dotate di
portici. Quello del sociologo contemporaneo è invece
esteso all’intero globo terracqueo. Rimbalzando da una
parte e dall’altra del mondo, per partecipare a conferenze
internazionali, il sociologo contemporaneo non vagabonda più soltanto nelle vie delle grandi città, magari durante
la pausa caffè. Passeggia anche negli aeroporti, nelle stazioni ferroviarie, negli enormi centri commerciali, nei
campus universitari, nelle intrecciate gallerie delle metropolitane. E, per leggere e scrivere testi, non deve più necessariamente rinchiudersi nelle biblioteche o nel proprio
studio. Grazie agli smartphone, ai tablet, ai computer portatili, a Internet, ogni luogo diventa una biblioteca e uno
scrittoio. Per il moderno flâneur, pub e ristoranti, caffè e
sushi-bar, non sono più soltanto luoghi di ristoro e osservazione, ma anche luoghi di lavoro, dove la fase osservativa e produttiva si fondono inestricabilmente.
La mia immersione nel passato ha prodotto quattro
scritti che ora ho deciso di riunire in un unico volume. Il
primo saggio, apparso originariamente nel numero
15/2015 della rivista Romanica Cracoviensia, è dedicato
14
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
alla figura del flâneur nella letteratura sociologica. In particolare, un quesito ha stimolato la ricerca: in un sistema
sociale basato sulla specializzazione e la divisione del lavoro, in un mondo in cui status e ruoli hanno una funzione fondamentale, qual è il “ruolo sociale” del flâneur?
Domanda quanto mai intrigante, se si considera che il
flâneur si gloria della sua inutilità. Dopo aver esposto
brevemente la teoria dei ruoli, ho preso in esame alcune
opere sociologiche che mi sono parse particolarmente
proficue per abbozzare una risposta. La mia analisi si è
concentrata soprattutto sui lavori di Walter Benjamin,
Anthony Giddens, Zygmunt Bauman e Giampaolo Nuvolati, assunti come casi paradigmatici di quattro possibili
prospettive.
Il secondo saggio, pubblicato nel numero 14/2015 di
Rivista di scienze sociali, riguarda invece la flânerie come tecnica di ricerca della sociologia visuale. L’aver lavorato per tre lustri con Piotr Sztompka, uno dei più noti
cultori di questa subdisciplina sociologica, ha certamente
giocato un ruolo essenziale nell’attivazione del mio interesse di ricerca. Muovendomi sempre nella prospettiva
della storia delle idee, ho ricostruito e analizzato in sequenza cronologica i fattori che hanno permesso
l’incontro tra sociologia, fotografia e flânerie. L’idea –
solo apparentemente banale – di studiare il tessuto urbano
di una metropoli, passeggiando, vagando senza una meta
prestabilita, setacciando anche le aree periferiche, osservando e fotografando dati marginali e anomali in cerca
dell’effetto serendipity, presuppone in realtà una profonda trasformazione concettuale e metodologica della stessa
scienza sociale.
Nel terzo e nel quarto saggio, entrambi inclusi nella
collettanea Le badaud et le regardeur (Biblioteka Jagiel-
UN RUOLO ANOMALO
15
lońska, Kraków 2017), la mia attenzione si sposta sulla
figura del badaud, che altro non è se non l’alter ego del
flâneur. Il passeggio nelle vie di Parigi accomuna le due
figure, ma il badaud è di gran lunga meno raffinato e arguto del flâneur, tanto nei movimenti quanto nelle capacità osservative.
Più in dettaglio, nel terzo saggio mi sono chiesto quale
ruolo assuma questa figura nel romanzo storico
dell’Ottocento. Mi è parso subito evidente, infatti, che il
badaud rappresenta ben più di una figura letteraria. È metafora di un ceto popolare, di una massa urbana, di una
folla indistinta che, in un frangente in cui si formano o si
consolidano gli stati nazionali europei, non ha ancora acquisito piena coscienza del proprio ruolo storico. È metafora di un cittadino che si limita a guardare gli avvenimenti epocali che segnano il suo destino, o che reagisce
ad essi istintivamente, senza comprenderli appieno sul
piano morale e intellettuale. Per supportare questa tesi, ho
analizzato alcune opere di Walter Scott, Victor Hugo e
Alessandro Manzoni – in rappresentanza, rispettivamente,
del romanzo storico inglese, francese e italiano. Per svolgere il compito, mi sono avvalso in particolare degli
strumenti teorici offerti dalla sociologia della letteratura
di György Lukács.
Il quarto e ultimo saggio prende in esame il ruolo politico del badaud nella letteratura francese del XIX secolo.
Il badaud, il “perdigiorno”, è stato variamente descritto
come una persona che guarda gli eventi che lo circondano
con stupore e meraviglia, un ozioso credulone e chiacchierone, un cittadino dedito all’oziosa osservazione di
fatti insignificanti. Nonostante questa figura sociale non
sia politicamente impegnata, mostro che essa è in qualche
modo coinvolta nelle molte sommosse e insurrezioni che
16
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
sconvolgono Parigi, tra la Rivoluzione Francese del 1789
e la Terza Repubblica del 1870. Per descrivere e analizzare le modalità di questo coinvolgimento, esamino e metto
a confronto tre opere appartenenti a generi letterari assai
diversi. Physiologie du flaneur di Louis Huart rappresenta
un perfetto esempio di quegli studi anatomico-morali di
categorie umane che i francesi chiamavano “physiologies”. Les misérables di Victor Hugo è invece, notoriamente, uno dei più grandi capolavori letterari del XIX secolo. Infine, Psychologie des foules di Gustave Le Bon è
un classico della sociologia o, se si preferisce, della psicologia sociale.
Alcune avvertenze si rendono necessarie. La prima,
immancabile in ogni raccolta di saggi, è che scorrendo il
volume il lettore potrebbe incappare in alcune ripetizioni.
È l’esito del fatto che gli scritti qui raccolti sono stati
concepiti come scritti indipendenti. Per fare solo un
esempio, di Nassim Taleb come prototipo del moderno
flâneur parlo sia nel primo che nel secondo capitolo. Nel
primo, invero, si trova solo un accenno, mentre nel secondo prende corpo un’analisi più approfondita. Per rendere il discorso intelligibile ai lettori delle riviste e delle
collettanee che hanno ospitato i saggi, ripetere certi concetti fondamentali – in particolare le definizioni di
“flâneur” e “badaud” – era inevitabile. Non ho apportato
modifiche profonde ai saggi, perché le ripetizioni sono
poche e forse anche utili.
La seconda avvertenza è che qui non sto proponendo
una sociologia empirica della flânerie, obiettivo che richiederebbe il dispiegamento di ben altri strumenti metodologici. Qui sto semplicemente proponendo alcuni spunti di riflessione che potrebbero stimolare ricerche in quella direzione. Nel mio discorso, la sociologia rientra a va-
UN RUOLO ANOMALO
17
rio titolo, per esempio come tema di riflessione (sociologia teoretica), come strumento d’analisi (sociologia della
letteratura), come metodo d’indagine (sociologia visuale),
o come oggetto di studio (storia della sociologia), ma il
lettore non troverà in queste pagine studi empirici sull'attività umana chiamata “passeggio”. Chi volesse sapere
quali categorie umane oggi praticano il passeggio, e più
in dettaglio dove, come, quando e perché lo praticano, in
questo testo non troverà risposte. Più che come fenomeno
sociale, il “passeggiare” è stato qui indagato come fatto
storico-letterario.
La terza avvertenza riguarda la disciplina di riferimento del libro. È invero un’avvertenza che può interessare
soltanto ai colleghi professori, o al più ai bibliotecari che
devono scegliere lo scaffale su cui collocare il volume.
Ho parlato finora di sociologia, ma utilizzare soltanto
questa etichetta è alquanto limitativo. Quello che avete in
mano è anche uno studio di filologia romanza e, forse,
ancor più, un piccolo trattato di filosofia politica. Chi non
lavora nelle università forse non sa che questa dichiarazione, agli occhi dei burocrati, equivale alla confessione
di un crimine. Chi vuole avanzare senza intoppi nella carriera accademica deve immolarsi non solo a una disciplina, ma addirittura a una subdisciplina. E deve stare bene
attento a non uscire mai dai confini tracciati dal ministero. Ebbene, je m’en fous. Confesso il crimine! Nel corso
nella mia vita mi sono occupato di tutto ciò che ha attirato
la mia curiosità, incurante dei confini artificiali tracciati
dalla burocrazia accademica. A posteriori, posso dire che
mi è andata bene, perché sono comunque riuscito a diventare ordinario di sociologia e, tra l’altro, insegnando filosofia politica! Epperò, per via di questa mia ‘perversione’, ho sempre camminato sul ciglio del precipizio. Lo
18
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
dico a beneficio dei giovani lettori. Non seguite le mie
orme. Si badi che quella dell’iperspecializzazione coatta è
una tendenza recente che va acuendosi. Nei secoli passati,
dedicarsi allo studio di diverse discipline era considerata
una nota di merito. Quella che un tempo era una virtù e
oggi è diventata una malattia si chiama ‟polimatìa”. Riferendosi alla mia persona, il grande sociologo Robert K.
Merton usava dire «il mio giovane amico polìmata». Va
detto che non lo diceva con tono di rimprovero, perché
anche Merton peccava. Ha conquistato un posto speciale
nella storia della sociologia, in virtù dei suoi tanti articoli
sociologici e dei volumi che hanno raccolto questi studi,
come Teoria e struttura sociale. Tuttavia, a ben vedere,
gli unici libri nel senso genuino del termine che ha scritto
– Scienza, tecnologia e società nell’Inghilterra XVII secolo, Sulle spalle dei giganti e Viaggi e avventure della Serendipity – sono trattati di storia delle idee. Avvertenza
nell’avvertenza: il polìmata non afferma di capire e sapere tutto, che sarebbe folle, ma rivendica più modestamente il diritto di assecondare la propria curiosità, incurante
delle barriere disciplinari erette dai burocrati. Il polìmata
è il flâneur della vita accademica.
La quarta avvertenza riguarda le citazioni in lingua
straniera. I quattro saggi originali, pur scritti in italiano,
contenevano molti frammenti in francese e inglese. E non
mancavano in essi citazioni in altre lingue, per esempio in
tedesco e portoghese. I saggi erano indirizzati agli studiosi che leggono abitualmente le riviste accademiche in cui
sono apparsi. Erano per lo più offerti a filologi versati
nelle lingue straniere che, se non conoscono una parola,
sono pronti ad aiutarsi con un dizionario. Non ho tradotto
le citazioni in italiano nemmeno nella prima edizione del
libro, quella pubblicata dalla Jagellonian University
UN RUOLO ANOMALO
19
Press nel 2020, giacché l’editore aveva pensato il volume
soprattutto per la comunità degli esperti di filologia romanza in Polonia. Questa nuova edizione sarà invece disponibile in tutto il mondo e accessibile a chiunque conosca la lingua di Dante. Perciò, in questa seconda edizione
riveduta e corretta, ho finalmente deciso di tradurre le
tante citazioni presenti nel corpo del testo. Il lettore ritroverà, comunque, il frammento in lingua originale nelle
note a fine libro. Non che m’illuda che basti questa operazione per trasformare il volume in un best seller. Esso
resta indirizzato a un pubblico di nicchia, a lettori colti
che, misteriosamente, al pari dell’autore, nutrono interessi
disparati e poco o punto correlati, come sono quelli per la
sociologia impressionistica, il passeggio, la fotografia, la
letteratura e le rivoluzioni politiche. Se non altro, la traduzione renderà più facile la vita di questi coraggiosi lettori.
Infine, mi pare opportuna una quinta e ultima avvertenza. La pura curiosità è stata, come vuole la migliore
tradizione scientifica, la molla che ha mosso queste ricerche sulla flânerie. Tuttavia, è piuttosto evidente che le
pagine di questo libro ambiscono anche a stimolare il recupero di quest’arte antica, nella speranza che essa possa
rendere più piacevole la vita quotidiana di tutti noi. Per
questa ragione, già dal titolo, ho voluto sottolineare che
protagonista dello scritto non è tanto la scienza del passeggio, quanto l’arte di passeggiare.
Immagino che quest’ultima nota accenda un’ulteriore
curiosità nel lettore. E le rivoluzioni? Vogliamo forse
stimolare anche l’arte di fare le rivoluzioni? Chi scrive è
uomo di pensiero, più che uomo d’azione. Lascerei dunque nelle mani del lettore il cerino acceso, insieme allo
scomodo dilemma se spegnerlo o appiccare fuoco da
20
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
qualche parte. Tuttalpiù, io potrei dare seguito a questo
lavoro, scrivendo “L’arte di cospirare e farsi gli affari
propri”.
Post scriptum all’edizione del 2020
Questo libro va in stampa mentre nel mondo infuria la
pandemia del Coronavirus. Scrivo queste righe finali
quando le persone affette da COVID-19 sono milioni, i
pazienti deceduti a causa della malattia sono centinaia di
migliaia, i cittadini che per ragioni precauzionali subiscono restrizioni della libertà personale sono miliardi. Le misure straordinarie attuate dai governi per contenere la diffusione del virus variano di paese in paese. Ci sono cittadini che non possono più uscire dalla propria abitazione,
se non per acquistare beni di prima necessità nei negozi
più vicini. In ogni caso, non si può vagare senza meta.
Chi può muoversi, deve spostarsi da punto a punto, munito di autorizzazione o di un valido motivo. Pesanti sanzioni penali e amministrative sono inflitte a chi non rispetta il confinamento. Non solo le frontiere tra le nazioni
sono state chiuse, ma anche quelle di cui si era persa memoria – tra regioni, province, città o addirittura quartieri –
sono tornate a essere una realtà tangibile. Oltre ad ansie e
paure, sofferenze e decessi, la pandemia ha generato barriere fisiche e mentali. Particolarmente rigorose sono le
misure di confinamento applicate in Italia, uno dei paesi
più colpiti dall’epidemia.
È possibile – e anche auspicabile – che questo volume
giunga nelle mani dei lettori a emergenza finita. Qualcuno potrebbe anche trovarsi a sfogliare le pagine del libro
tra qualche anno, quando la pandemia sarà soltanto un
148
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
brutto ricordo. Non ritengo che ciò toglierebbe validità
alle osservazioni che sto per fare. Credo che la drammatica e forsanche surreale situazione in cui siamo immersi
renda più comprensibile il significato del libro. Ça va
sans dire che ne avremmo fatto volentieri a meno ma, reclusi nelle nostre abitazioni, comprendiamo meglio
l’importanza di operazioni banali che davamo per scontate e alle quali non dedicavamo che un fugace pensiero. Se
prima della pandemia erano la carriera o le vacanze a occupare assiduamente i nostri pensieri, oggi siamo portati a
riflettere su quanto sia importante camminare, incontrare
gli amici, stringersi la mano, darsi una pacca sulla spalla,
abbracciarsi. Persino l’atto di respirare, quello che compiamo incessantemente e in modo quasi inconsapevole
durante tutta la nostra vita, è ora al centro delle nostre riflessioni. Per i malati di COVID-19 ogni singolo respiro è
diventato un tormento. Tuttavia, anche i sani – o presunti
tali – si sentono privati di qualcosa di vitale. Mai come
ora si avverte il bisogno di cose semplici, come appunto
passeggiare liberamente e sentire i profumi della primavera. Già, perché anche laddove è consentito uscire, anche laddove ci si può concedere una passeggiata di svago,
vige comunque l’obbligo di indossare una mascherina.
Vediamo fiori sbocciare copiosi sugli alberi, ma possiamo
coglierne la presenza solo visivamente.
La storia delle idee è attraversata da riflessioni sull'etica, su ciò che è bene e male, giusto e ingiusto. Molte
sono le scuole di pensiero, ma – se ci è concessa una
semplificazione – qui vogliamo ridurle a due. Da un lato
c’è chi concepisce l’etica come una lista di comportamenti ammessi e non ammessi, stabilita definitivamente, valida in ogni tempo e ogni luogo, forse persino calata dal
cielo. Dall’altro c’è chi invece ritiene che i comportamen-
POST SCRIPTUM
149
ti vadano valutati tenendo presenti le circostanze, le situazioni in cui occorrono, il fine di chi agisce, gli effetti
dell’azione. Per richiamare solo l’esempio più classico,
mentire non sarebbe un bene o un male in sé. Un uomo
libero che mentisse al fine di raggirare il prossimo sarebbe certamente un fellone, mentre un prigioniero di guerra
che mentisse al nemico, al rischio della vita, per proteggere i propri concittadini, sarebbe un eroe. Sul piano
strettamente empirico, la pandemia sta portando molta
acqua al mulino di chi sostiene la versione “situazionista”
dell’etica. Comportamenti normali sono improvvisamente
diventati immorali o addirittura illeciti. Frequentare templi e chiese è sempre stato considerato un comportamento
pio. Col diffondersi del morbo, detto comportamento è
diventato empio, o quantomeno sconsiderato. Per venire
al tema del nostro libro, mentre il virus si diffondeva nelle fabbriche, negli ospedali, nelle case di riposo, nei supermercati, non pochi hanno iniziato a puntare il dito soprattutto contro passeggiatori e runner, improvvisamente
divenuti la causa di ogni male, untori da fermare ad ogni
costo. Reazione eccessiva dovuta alla frustrazione provocata dal confinamento o giusto richiamo al senso di responsabilità in un momento drammatico? Lasciamo decidere al lettore. Sul piano squisitamente sociologico, resta
il fatto che passeggiare è improvvisamente diventato un
crimine.
Anche il tema annunciato dalla seconda riga del titolo, ossia la flânerie come ribellione alle regole, o addirittura come preludio alla rivoluzione, nel clima in cui ci
troviamo, appare meno bizzarro. Aumenta, infatti, il numero di chi non sogna un semplice ritorno alla normalità,
ma la nascita di una società diversa. In fondo, la “normalità” è un mondo insensatamente frenetico, in cui moltis-
150
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
sime persone, ogni giorno, sono costrette a trascorrere
due ore in automobile nel traffico cittadino e dieci ore in
ufficio. In questi mesi, tanti hanno imparato a lavorare da
casa. È vero che non tutti hanno avuto questo privilegio.
Sappiamo di operai e impiegati che hanno semplicemente
perso il lavoro, mentre la gran parte dei commercianti è
stata costretta a chiudere il proprio negozio. Ci sono, però, buone ragioni per credere che la riduzione del traffico
urbano e dell’inquinamento prodotta dal confinamento
forzato non rimarrà un mero ricordo.
L’inerzia non è solo un principio della meccanica.
Anche le dinamiche sociali sono caratterizzate da un certo
grado d’inerzia. Al termine dell’emergenza, gli enti pubblici e le aziende private che sono passate al telelavoro, se
non avranno subito troppi scompensi a causa dell’assenza
fisica degli impiegati, potrebbero insistere su questa strada. Non si deve scordare che dotare i dipendenti di uffici
arredati, ambienti riscaldati, carta, computer, stampanti,
parcheggi, mense e quant’altro serve a persone in carne e
ossa, pesa sul bilancio nella voce “costi”. Ci saranno
dunque lavoratori che continueranno a lavorare a distanza, ma non resteranno necessariamente a casa. Ogni mattina, metteranno i piedi sul marciapiede e si avvieranno in
direzioni diverse, perdendosi nella metropoli. Armati di
laptop, raggiungeranno a piedi un nuovo “luogo di lavoro”, che sarà un pub, un ristorante, un centro commerciale, un parco o un giardino. Detto altrimenti, la crisi potrebbe avere dato avvio a un cambiamento profondo. Insomma, sarà anche un’utopia, ma lasciateci sognare un
mondo in cui una combinazione tra reddito universale di
base e telelavoro consentirà a chiunque di diventare un
flâneur o una flâneuse.
Bibliografia
BATESON Gregory, MEAD Margaret, 1942. Balinese Character. A Photographic Analysis. New York: New
York Academy of Sciences.
BAUDELAIRE Charles, 1863, Le Peintre de la Vie Moderne. Collections Litteratura.com.
BAUDELAIRE Charles, 1964. The Painter of Modern Life
and other essays. Translated by P. E. Charvet. London: Phaidon Press.
BAUDELAIRE Charles, 1991. I fiori del male, BUR Rizzoli.
BAUMAN Zygmunt, 1994. Desert Spectacular. In: Keith
Tester (ed.), The Flâneur, pp. 138-158. London and
New York: Routledge.
BAUMAN Zygmunt, 1996. From Pilgrim to Tourist – or a
Short History of Identity. In: Stuart Hall, Paul Du Gay
(eds.), Questions of Cultural Identity, pp. 18-36. London: SAGE Publications.
BAUMAN Zygmunt, 1999. Da pellegrino a turista. In: La
società dell’incertezza, Cap 1. Traduzione di Roberto
Marchisio e Savina Neirotti. Bologna: Il Mulino.
BECKER Howard Saul, 1974. Photography and Sociology,
Studies in the Anthropology of Visual Communication,
1 (1), pp. 3-26.
BENJAMIN Walter, 1974. Charles Baudelaire. Ein Lyriker
im Zeitalter des Hochkapitalismus. Frankfurt am
Main: Suhrkamp.
152
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
BENJAMIN Walter, 2006. The Writer of Modern Life. Essays on Charles Baudelaire. Translated by Howard Eiland, Edmund Jephcott, Rodney Livingston, and Harry
Zohn. Cambridge (Mass.): The Belknap Press of Harvard University Press.
BURCH Robert, 2014. Charles Sanders Peirce. In: Edward
N. Zalta (ed.), The Stanford Encyclopedia of Philosophy, <plato.stanford.edu>, (accesso: 31/12/16).
CAMPA Riccardo, 2008. Making Science by Serendipity.
A Review of Robert K. Merton and Elinor Barber’s
The Travels and Adventures of Serendipity, Journal of
Evolution and Technology, Vol. 17, Issue 1, March, pp.
75-83.
CAMPA Riccardo, 2009. Il superuomo del futurismo. Tra
immaginario tecnologico e socialismo rivoluzionario.
In: Id. (a cura di), Divenire. Rassegna di studi interdisciplinari sulla tecnica e il postumano, vol. 3, pp. 71114. Bergamo: Sestante Edizioni.
CAMPA Riccardo, 2012. Trattato di filosofia futurista.
Roma: Avanguardia 21.
CAMPA Riccardo, 2013. Il futurismo come filosofia del
divenire, Orbis Idearum. European Journal of the History of Ideas, Vol. 1, Issue 1, pp. 47-71.
CAMPA Riccardo, 2014. Il problema della competenza disciplinare nella storia delle idee. In: Michel Kowalewicz (Hrsg.), Formen der Ideengeschichte, pp. 239260. Münster: mentis Verlag.
CAMPA Riccardo, 2015. Un ruolo anomalo. La figura del
flâneur nella letteratura sociologica, Romanica Cracoviensia, 15, pp. 157-172.
CANEVACCI Massimo, 2004. A cidade polifônica: ensaio
sobre a antropologia da comunicação urbana. São
Paulo: Studio Nobel.
BIBLIOGRAFIA
153
CANEVACCI Massimo, 1997. La città polifonica. Saggio
sull’antropologia della comunicazione urbana. Roma:
Seam.
CANEVACCI Massimo, 2014. Il Simultaneo e l’Ubiquo,
Rivista di scienze sociali, número 11, 29 dicembre, pp.
5-10.
CAPOVIN René, 2007. Giampaolo Nuvolati, Lo sguardo
vagabondo. Il flâneur e la città da Baudelaire ai postmoderni, Sociologica, 3, pp. 1-3.
CASES Cesare, 1970. Introduzione. In: György Lukács, Il
romanzo storico, pp. VII-XIV. Torino: Einaudi.
CASTRIGNANO Marco, 1997. Fonte dell’informazione. In:
Paolo Guidicini, Michele La Rosa, Giuseppe Scidà (a
cura di), Sociologia. Enciclopedia tematica aperta, pp.
283-284. Milano: Jaka Book.
CIPOLLA Costantino, FACCIOLI Patrizia (a cura di), 1993.
Introduzione alla sociologia visuale. Milano: Angeli.
COLLINS, 2016. French-English Dictionary, s. v. “badaud”,
<www.collinsdictionary.com>
(accesso:
31/12/16).
CRESPI Luciano, 2008. L’allestimento ai tempi del viandante. In: Francesca La Rocca, Renata Valente (a cura
di), Lo sguardo e l’identità: riflessioni sui sistemi dei
luoghi e degli oggetti, pp. 43-56. Firenze: Alinea Edizioni.
CRISCO, 2016. Dictionnaire Electronique des Synonymes,
<crisco.unicaen.fr> (accesso: 31/12/16).
DDS, 2016. Dictionnaire des Synonymes, <dictionnairesynonymes.com> (accesso: 31/12/16).
DE AGOSTINI, 2011. Dizionario Francese, s. v. “badaud”,
Novara.
DURKHEIM Émile, 1991 [1893]. De la division du travail
social. Paris: Quadrige / Presses Universitaire de Fran-
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
154
ce.
ENGELS Friedrich, 1848. Die Lage der arbeitenden Klasse in England. Leipzig: Otto Wigand.
FOUCAULD Édouard, 1844. Physiologie de l’industrie
franҫaise. Saint-Denis: Prévot et Drouard.
GARZANTI LINGUISTICA, 2016. Francese, s. v. “badaud”,
<www.garzantilinguistica.it> (accesso: 31/12/16).
GIDDENS Anthony, 1991. The Consequences of Modernity. London: Polity Press.
HARPER Douglas, 2012. Visual Sociology. London and
New York: Routledge.
HUART Louis, 1841. Physiologie du flaneur. Paris: Aubert
et Cie.
HUGO Victor, 1862. Les Misérables, 5 voll. Paris: Hachette.
HUGO Victor, 1865 [1831]. Notre-Dame de Paris. Paris:
J. Hetzel et A. Lacroix.
HUGO Victor, 1881. Les Misérables. Quatrième partie.
L’idylle rue Plumet et l’épopée rue Saint-Denis. Paris:
Hachette.
HUGO Victor, 1981. I miserabili, curatela e traduzione di
Renato Colantuoni. Milano: Garzanti.
HUGO Victor, 2004 I. Les Misérables. Tome I. Fantine,
<ebooksgratuits.com> (edizione elettronica tratta
dall’edizione Hachette, accesso: 31/12/16).
HUGO Victor, 2004 II. Les Misérables. Tome II. Cosette,
<ebooksgratuits.com> (edizione elettronica tratta
dall’edizione Hachette, accesso: 31/12/16).
HUGO Victor, 2004 III. Les Misérables. Tome III. Marius,
<ebooksgratuits.com> (edizione elettronica tratta
dall’edizione Hachette, accesso: 31/12/16).
HUGO Victor, 2004 IV. Les Misérables. Tome IV. L’idylle
rue Plumet et l’épopée rue Saint-Denis, <ebooksgra-
BIBLIOGRAFIA
155
tuits.com> (edizione elettronica tratta dall’edizione
Hachette, accesso: 31/12/16).
HUGO Victor, 2004 V. Les Misérables. Tome V. Jean Valjean, <ebooksgratuits.com> (edizione elettronica tratta
dall’edizione Hachette, accesso: 31/12/16).
HUGO Victor, 2013. I miserabili, traduzione di Renato
Colantuoni, <liberliber.it> (edizione elettronica tratta
dall’edizione Garzanti, accesso: 31/12/16).
JACOB P.L. (Paul Lacroix), 1832. Les bibliothèques publiques. In: Paris, ou Le livre des cent et un, vol. 1, pp.
191-208. Paris: Chez Ladvocat.
JENNINGS Michael, 2006. Introduction. In: Charles Baudelaire, The Painter of Modern Life and other essays,
pp. 1-25. Translated by P. E. Charvet. London: Phaidon Press.
LAROUSSE, 2016. Dictionnaire de franҫais, s. v. “badaud,
badaude”, <larousse.fr> (accesso: 31/12/16).
LE BON Gustave, 2001 [1912]. La Révolution française et
la Psychologie des Révolutions, <libarch.nmu.org.ua>
(édition électronique réalisée à partir de l’édition de
Ernest Flammarion Éditeur, accesso: 31/12/16).
LE BON Gustave, 2002 [1895]. Psychologie des foules,
<psychaanalyse.com> (édition électronique réalisée à
partir de l’édition de Les Presses universitaires de
France, accesso: 31/12/16).
LEE Richard, 2016. Defining the Genre, Historical Novel
Society,
<historicalnovelsociety.org>
(accesso:
31/12/16).
LUHMANN Niklas, 1995. Social Systems. Stanford: Stanford University Press.
LUKÁCS György, 1970. Il romanzo storico. Traduzione di
Eraldo Arnaud. Torino: Einaudi.
156
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
LUKÁCS György, 1955. Der historische Roman. Berlin:
Aufbau-Verlag.
LUKÁCS György, 1976. Scritti di sociologia della letteratura. Traduzione di Giovanni Piana. Milano: Mondadori.
MANDEVILLE Bernard de, 1740. La fable des abeilles ou
Les fripons devenus honnetes gens. Traduction de Jean
Bertain. Londres: Chez Jean Nourse.
MANDEVILLE Bernard de, 1714. The Fable of the Bees:
or, Private Vices, Publick Benefits. London: J. Roberts.
MANNHEIM Karl, 1979 [1936]. Ideology and Utopia. An
Introduction to the Sociology of Knowledge. London
and Henley: Routledge & Kegan Paul.
MANZONI Alessandro, 1832. Les fiancés: histoire milanaise du XVIIe siècle, Tome I, traduit de l’Italien par
Marquis de Montgrand. Marseille: Marius Olive
Éditeur.
MANZONI Alessandro, 1840. I promessi sposi. Storia milanese del secolo XVII scoperta e rifatta. Milano: Guglielmini e Radaelli.
MANZONI Alessandro, 1877. Les fiancés: histoire milanaise du XVIIe siècle, traduction nouvelle par Marquis
de Montgrand. Paris: Garnier Frères.
MANZONI Alessandro, 1897. Les fiancés: roman historique, Tome I, traduit de l’Italien par Giovanni Martinelli. Paris: Hachette.
MARINETTI Filippo Tommaso, 1909. Manifeste du Futurisme, Le Figaro, 20 février.
MARTINEZ Ann T., 1984-1985. Walter Benjamin. A Sociologist in the Path of Simmel, Humbold Journal of Social Relations, Vol. 12, No. 1, Fall/Winter, pp. 114131.
BIBLIOGRAFIA
157
MARTINS Dyêgo Marinho, 2012. Canevacci, Massimo. A
cidade polifônica: ensaio sobre a antropologia da comunicaçăo, Outros Tempos. Dossiê História e Cidade,
Volume 9, número 13, pp. 252-254.
MARX Karl, ENGELS Friedrich, 2011 [1846]. L’ideologia
tedesca [Die deutsche Ideologie]. Traduzione di Diego
Fusaro. Milano: Bompiani.
MASSON Nicole, 2007. La littérature française. Paris: Eyrolles.
MATTIOLI Francesco, 1991. Sociologia visuale. Torino:
Nuova ERI.
MATTIOLI Francesco, 1997. La sociologia visuale. Che
cosa è, come si fa. Acireale-Roma: Bonanno.
MAZZONI Guido, 2011. Teoria del Romanzo. Bologna: Il
Mulino.
MEAD George H., 1934. Mind, Self, and Society. From the
Standpoint of a Social Behaviorist. Chicago: The University of Chicago Press.
MERTON Robert King, BARBER Elinor, 2002. Viaggi e
avventure della Serendipity. Saggio di semantica sociologica e sociologia della scienza. Traduzione di L.
M. Bassi. Bologna: Mulino.
MILNER Max, PICHOIS Claude, 1996. Histoire de la Littérature Française de Chateaubriand à Baudelaire. Paris: Flammarion.
MISES Ludwig von, 1957. Theory and History. An Interpretation of Social and Economic Evolution. New Haven, Conn.: Yale University Press.
MISES Ludwig von, 2009. Teoria e storia. Traduzione di
Lorenzo Maggi. Soveria Mannelli: Rubbettino
MOULD Michael, 2011. The Routledge Dictionary of Cultural References in Modern French. London and New
York: Routledge.
158
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
NUVOLATI Giampaolo, 2006. Lo sguardo vagabondo. Bologna: Il Mulino.
NUVOLATI Giampaolo, 2013. L’interpretazione dei luoghi. Flânerie come esperienza di vita. Firenze: Firenze
University Press.
PARSONS Talcott, 1951. The Social System. London:
Routledge & Kegan.
PARSONS Talcott, 1968. La struttura dell’azione sociale.
Traduzione di M. A. Giannotta. Bologna: Il Mulino.
PARSONS Talcott, 1966. The Structure of Social Action: A
Study in Social Theory with Special Reference to a
Group of Recent European Writers. New York: The
Free Press.
PEIRCE Charles Sanders, 2002. Fallibilismo e spirito della
scienza. In: Corrado Sinigalia (a cura di), Filosofia
della scienza, pp. 75-84. Traduzione del curatore. Milano: Cortina Editore.
PELLICANI Luciano, 2002. Dalla società chiusa alla società aperta. Soveria Mannelli: Rubbettino.
PIAZZI Giuliano, 1997. Ruolo. In: Paolo Guidicini, Michele La Rosa, Giuseppe Scidà (a cura di), Sociologia.
Enciclopedia tematica aperta, pp. 387-389. Milano:
Jaka Book.
POMMIER Amédée, 1832. Les fêtes publiques. In: Paris,
ou Le livre des cent et un, vol. 4, pp. 95-127. Paris:
Chez Ladvocat.
QUARTI Matilde, 2016. “I miserabili” di Victor Hugo:
riassunto e commento, <oilproject.org> (accesso:
31/12/16).
RUSSO Cecilia, 2013. Grandi Riflessi: Victor Hugo – I
miserabili, Gli Amanti dei Libri, 14 luglio.
SANT’ELIA Antonio, 1994. L’architettura futurista. In:
Francesco Grisi (a cura di), I futuristi, pp. 72-78. Ro-
BIBLIOGRAFIA
159
ma: Newton Compton.
SCHULTE NORDHOLT Annelise, 2008. Georges Perec: topographie parisiennes du flâneur. Relief. Revue électronique de littérature française, 2 (1), pp. 66-86.
SCOTT Walter, 2005 [1819]. Ivanhoe. San Diego: Icon
Classics.
SCOTT Walter, 2006 [1814]. Waverley, Or ‘Tis Sixty
Years
Hence.
Project
Gutenberg
Ebook,
<www.gutenberg.net> (accesso: 31/12/16).
SEEBACHER Jacques, 1972. Le système du vide dans Notre-Dame de Paris, Littérature, Année 1972, Volume
5, Numéro 1, pp. 95-106.
SETTI Elisabetta, 2002. Plurale dei forestierismi non adattati, <accademiadellacrusca.it> (accesso: 31/12/16).
SICILIANO Enzo, 2005. Lo spirito segreto dei Promessi
Sposi, <repubblica.it>, 27 dicembre. (accesso:
31/12/16)
SIMMEL Georg, 1950. The Sociology of Georg Simmel.
Glencoe: The Free Press.
SIMMEL Georg, 2009. Sociology. Inquiries into the Construction of Social Forms. Leiden and Boston: Brill.
SYNONYMES, 2016. Dictionnaire des Synonymes et des
Antonymes Français, <http://www.synonymes.com>
(accesso: 31/12/16).
SZTOMPKA Piotr, 2005. Socjologia wizualna. Fotografia
jako metoda badawcza. Warszawa: Wydawnictwo
Naukowe PWN.
SZTOMPKA Piotr, BOGUNIA-BOROWSKA Małgorzata
(red.), 2012. Fotospołeczństwo. Antologia tekstów z
socjologii wizualnej. Kraków: Znak.
TALEB Nassim, 2007. The Black Swan. The Impact of the
Highly Improbable. New York: Random House.
TESTER Keith (ed.), 1994. The Flâneur. London and New
160
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
York: Routledge.
UN FLÂNEUR, 1832. Le Flâneur a Paris. In: Paris, ou Le
livre des cent et un, vol. 6, pp. 95-110. Paris: Chez
Ladvocat.
WEBSTER, 2016 [1913]. Connoisseur’s reference to American English - a dictionary for writers and wordsmiths, s. v. “badaud”, <websters1913.com> (accesso:
31/12/16).
WILES David, 2003. A Short History of Western Performance Space. Cambridge: Cambridge University
Press.
WINOCK Michel, 1988. Francia 1789. Cronaca della rivoluzione. Roma: Editrice L’Unità.
ZANICHELLI, 2016. Dizionario di Francese Compatto, s.
v.
“badaud”,
<dizionari.corriere.it>
(accesso:
31/12/16).
ZNANIECKI Florian, 1934. The Method of Sociology. New
York: Rinehart.
Riferimenti delle edizioni originali dei saggi
CAMPA Riccardo, 2015. Un ruolo anomalo. La figura del
flâneur nella letteratura sociologica, Romanica Cracoviensia, 15, pp. 157-172.
CAMPA Riccardo, 2015. Perdersi nella metropoli. La
flânerie come tecnica della sociologia visuale, Rivista
di scienze sociali, 14, pp. 5-21.
CAMPA Riccardo, 2017. La figura del badaud nel romanzo storico dell’Ottocento: Walter Scott, Victor Hugo,
Alessandro Manzoni. In: Jakub Kornhauser, Iwona
Piechnik (éds), Le badaud et le regardeur, pp. 28-48.
Kraków: Biblioteka Jagiellońska.
BIBLIOGRAFIA
161
CAMPA Riccardo, 2017. Il badaud e le rivoluzioni. Uno
sguardo alla letteratura francese dell’Ottocento. In:
Jakub Kornhauser, Iwona Piechnik (éds), Le badaud
et le regardeur, pp. 49-68. Kraków: Biblioteka Jagiellońska.
Informazioni biografiche sull’autore
Riccardo Campa (Mantova, 4 maggio 1967) è Professore
Ordinario di Sociologia e Direttore del Centro di Ricerche
sulla Storia delle Idee dell’Università Jagellonica di Cracovia. Ha conseguito due lauree all’Università di Bologna, in Scienze Politiche nel 1990 e in Filosofia nel 1994,
e il titolo di giornalista professionista presso l’Ordine dei
Giornalisti di Roma nel 1995. Prima di intraprendere la
carriera accademica, ha prestato servizio come ufficiale
della Guardia di finanza nel biennio 1991-1992 e come
redattore giudiziario de La Voce di Mantova nel quadriennio 1993-1996. Trasferitosi in Polonia nel 1996 con
una borsa di studio del Ministero degli Esteri, ha conseguito il dottorato di ricerca in Epistemologia
all’Università di Torun nel 1999 ed è stato poi assunto
dall’Università Jagellonica di Cracovia, dove ha lavorato
sotto la direzione del Presidente dell’International Sociological Association, Piotr Sztompka. Qui, ha anche svolto
ricerche nel campo della sociologia della scienza grazie a
una borsa di studio offerta congiuntamente da CNR e
NATO. Interessato alla tematica delle nuove tecnologie e
del loro impatto sull’evoluzione umana, nel 2004 ha fondato l’Associazione Italiana Transumanisti, di cui è attualmente presidente onorario, è stato eletto direttore della World Transhumanist Association per il biennio 20062008, ed è diventato Fellow dell’Institute for Ethics and
Emerging Technologies. Nel 2009, ha ottenuto
l’abilitazione in Sociologia all’Università di Cracovia e,
nel 2010, ha iniziato una collaborazione con il Centro Militare Studi Strategici del Ministero della Difesa. Nel no-
164
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
vembre 2020 è stato insignito dalla Commissione nazionale per l’Istruzione della Polonia della prestigiosa Medaglia Komisji Edukacji Narodowej (KEN), onorificenza
istituita per premiare i più insigni docenti di scuola e università. Due anni più tardi, Giulio Tremonti l’ha invitato a
far parte del network ‟Talenti italiani all’estero”
dell’Aspen Institute. Il 24 luglio 2023, il Presidente della
Repubblica di Polonia, Andrzej Duda, lo ha elevato
all’ordinariato accademico. Oltre ad essere autore di numerosi libri, pubblica regolarmente le sue ricerche in riviste scientifiche internazionali ed è attualmente direttore
editoriale della rivista Orbis Idearum: European Journal
of the History of Ideas, indicizzata in Scopus, e coordinatore scientifico di Futuri: Rivista Italiana di Futures Studies, che fa capo all’Italian Institute for the Future.
Note
1
Non mi stanco di ripetere che Karl Mannheim (1979: 65), fondatore
della sociologia della conoscenza, ha definito la disciplina in statu
nascendi «a sociological history of ideas» (una storia sociologica delle idee).
2
Baudelaire (1991: 9).
3
Baudelaire (1991: 27).
4
Trad. ns. Ed. or.: «L’ensemble des croyances et des sentiments
communs à la moyenne des membres d’une même société forme un
système déterminé qui a sa vie propre; on peut l’appeler la conscience collective ou commune» (Durkheim 1991: 46).
5
Parsons (1962: 314). Ed. or.: «The properties of collectivities involving a plurality of organisms are by no means all capable of derivation from those of analytically isolated individual organisms by a
process of direct generalization» (Parsons 1968: 84).
6
Pellicani (2002: 54).
7
Mises 2009. Ed. or.: «There are no properties of society that cannot
be discovered in the conduct of its members» (Mises 1957: 254).
8
Pellicani (2002: 54).
9
Piazzi (1997: 387).
10
Piazzi (1997: 388).
11
Cfr. Mead (1934), Parsons (1951) e Luhman (1995).
12
Trad. ns. Ed. or.: «Le véritable flâneur … a pris rang dans cette
classe éminemment oisive il est vrai, mais fort respectable… il sait
parfaitement perdre son temps au besoin dans les rues désertes …
suivant lentement le boulevard, le cigare à la bouche» (Huart 1841:
17, 93-94).
13
Martinez (1984-1985).
14
Baudelaire (1964: 9). Ed. or.: Baudelaire (1863).
166
15
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
Jennings (2006: 9).
Benjamin (2006: 66).
17
Trad. ns. Ed. ing.: «To the uncertainty of its economic position corresponds the uncertainty of its political function. The latter is manifest most clearly in the professional conspirators, who all belong to
the boheme. Their initial field of activity is the army; later it becomes
the petty bourgeoisie, occasionally the proletariat. Nevertheless, this
group views the true leaders of the proletariat as its adversary. The
Communist Manifesto brings their political existence to an end» (Benjamin 2006: 40).
18
Trad. ns. Ed. or.: «On parle d’un tumulte aux portes de l’entrepôt
de l’octroi; de fraudeurs maladroits qu’on vient de saisir, et qui veulent que les passants les délivrent, au nom de la revolution de juillet.
«Vous n’y venez pas?» dit, en se portant de ce côté, un homme qui a
reconnu notre flâneur. Celui-ci se redresse «Me prenez-vous pour un
badaud?» lui répond-il» (Un Flâneur 1832: 104).
19
Un Flâneur (1832: 100).
20
Benjamin (2006: 98).
21
Trad. ns. Ed. ing.: «These writings were socially dubious, as well.
The long series of eccentric or appealingly simple or severe figures
which the physiologies presented to the public in character sketches
had one thing in common: they were harmless and perfectly affable»
(Benjamin 2006: 69).
22
Trad. ns. Ed. or.: «… le repos de la rente, pour le travailleur, est
écrasant. Le ciel a beau être sans nuages, la maison qu’il habite verdoyante, embaumée par les fleurs et égayée par les chants des oiseaux, son esprit inactif reste insensible aux charmes de la solitude.
Si, par hasard, son oreille surprend quelque bruit aigu parti d’une
manufacture éloignée, ou même le clapotement mono-tone du moulin
d’une usine, aussitôt son front s’éclaircit; il n’entend plus le chant
mélodieux des oiseaux; il ne sent plus le parfum exquis des fleurs; la
fumée épaisse qui s’échappe de la haute cheminée de l’usine, le bruit
retentissant que l’enclume lui renvoie, le font tressaillir de joie, en lui
rappe-lant les beaux jours d’un travail manuel, sollicité par
l’inspiration du cerveau» (Foucauld 1844: 222-223).
23
Trad. ns. Ed. ing.: «These Londoners have been forced to sacrifice
the best quali-ties of their human nature, in order to bring about all
the mar-vels of civilization which crowd their city … The brutal in16
NOTE
167
dif-ference, the unfeeling isolation of each within his private concerns, becomes the more repellent and offensive the more the-se individuals are crowded together in a limited space» (Engels 1848: 36).
24
Znaniecki 1934: 37.
25
Trad. ns. Ed. or.: Giddens (1991: 142).
26
Trad. ns. Ed. or.: «A person walks the streets of a city and encounters perhaps thousands of people in the course of a day, people she or
he has never met before – “strangers” in the modern sense of that
term. Or perhaps that individual strolls along less crowded thoroughfares, idly scrutinising passersby and the diversity of products for
sale in the shops – Baudelaire’s flâneur. Who could deny that these
experiences are an integral element of modernity?» (Giddens 1991:
143).
27
Trad. ns. Ed. or.: «Like the world which is his home, the flâneur
wanders without aim, his stroll punctuated every once in a while by
looking around. Without aim? That aimless stroll is the aim; there
could not be, there should not be other aims» (Bauman 1994: 139).
28
Trad. ns. Ed. or.: «Johan Huizinga, preferred the name homo ludens – he who plays – to other more popular but in his view less distinctive names given to Man in order to set him apart from the rest of
the living creatures, like homo sapiens or homo faber. Play, wrote
Huizinga, is older than culture; indeed, it is the very stuff of which
culture, that human mode of being-in-the-world, has been and goes
on being moulded. … Man does not play ‘in order to’; play has no
other aim but itself. Play is, one may say, the ultimate autotelic phenomenon» (Bauman 1994: 142).
29
Trad. ns. Ed. or.: «Play does not serve survival nor any of the many
tasks into which the society in which we live has short-changed the
supreme purpose of self-preservation. … Play is free. It vanishes together with freedom. There is no such thing as obligatory play, play
on command. The act is truly and fully free only when truly and fully
gratuitous. … The flâneur is the travelling player. He carries his playing with him, wherever he goes. … Or one may say; the job of the
flâneur is to rehearse the world as a theatre, life as a play» (Bauman
1994: 143-150).
30
Marx, Engels (2011: 359). Ed. or.: «… die Gesellschaft die allgemeine Produktion regelt und mir eben dadurch möglich macht, heute
dies, morgen jenes zu tun, morgens zu jagen, nachmittags zu fischen,
168
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
abends Viehzucht zu treiben, nach dem Essen zu kritisieren, wie ich
gerade Lust habe, ohne je Jäger, Fischer, Hirt oder Kritiker zu
werden».
31
La Ed. or. inglese di questo saggio è stata inclusa nella collettanea
Questions of Cultural Identity, curata da Stuart Hall e Paul du Gay.
La versione italiana, con titolo Da pellegrino a turista, prima è apparsa nella rivista Rassegna Italiana di Sociologia (fascicolo 1, volume 36, anno 1995, pp. 3-26), e poi è stata ripubblicata come capitolo del volume La società dell’incertezza (Bauman 1999).
32
Trad. ns. Ed. or.: «I propose that in the same way as the pilgrim
was the most fitting metaphor for the modern life strategy preoccupied with the daunting task of identity-building, the stroller, the vagabond, the tourist and the player offer jointly the metaphor for the
postmodern strategy moved by the horror of being bound and fixed»
(Bauman 1996: 25-26).
33
Cfr. Bauman (1996: 26).
34
Bauman (1999: 19). Ed. or.: «Now most of the malls are shopping
malls, tracts to stroll while you shop and to shop in while you stroll.
The merchandisers sniffed out the attraction and seductive power of
strollers’ habits and set about moulding them into life» (Bauman
1996: 27).
35
Cfr. Un Flâneur (1832: 98)
36
Capovin (2007).
37
Crespi (2008: 46).
38
Nuvolati (2006: 84).
39
Nuvolati (2006: 130).
40
Capovin (2007: 3).
41
Nuvolati (2006: 145).
42
Nuvolati (2013: 1).
43
Cfr. Nuvolati (2013: 4).
44
Nuvolati (2013: 8).
45
Cfr. Taleb (2007: 46).
46
Becker (1974).
47
Bateson (1942).
48
Cfr. Campa (2014).
49
Cfr. Baudelaire (1964: 9).
50
Benjamin (1974: 34).
NOTE
51
169
Cfr. Schulte Nordholt (2008).
Trad. ns. Ed. ing.: «Days of celebration and days of mourning,
work and play, conjugal customs and bachelors’ practices, the family,
the home; children, school, society, the theater, character types, professions» (Benjamin 2006: 68).
53
Trad. ns. Ed. or.: «Ma conviction est encore renforcée par l’aspect
des autres bibliothèques publiques, trop éloignées du centre de la
ville pour agréer à pareille tourbe de flâneurs désoeuvrés, ennuyés,
dissipateurs de temps, picoreurs inévitables de tout spectacle gratuit»
(Jacob 1832: 204).
54
Trad. ns. Ed. or.: «Qui ne connaît le carré Marigny? Lequel de
nous autres, flâneurs de la grande ville, n’est allé plus d’une fois
promener son désoeuvrement dans ce vaste emplacement, rendezvous immémorial des joueurs de paume, des joueurs de ballon, des
joueurs de boule, et des joueurs de quilles?» (Pommier 1832: 114).
55
Cfr. Pommier (1832: 96).
56
Trad. ns. Ed. or.: «Ce monde est un vaste théâtre où mille acteurs
différents d’humeur, de costume, de caractère, masqués, musqués,
grimés, gourmés, tondus, frisés, bariolés en cent manières, se disputent les premiers rôles et se montrent à peine dignes des moins importants» (Un Flâneur 1832: 96).
57
Trad. ns. Ed. or.: «Il erre, sous la figure du serpent, dans le paradis
terrestre; et je ne rappelle pas sans quelque orgueil, que le rôle a été
joué d’abord par un confrère. … C’est Homère visitant les cités de la
Grèce antique; recueillant leurs traditions, leurs dieux, leurs combats,
leurs héros, et formant, de l’ensemble de ces récits fabuleux, l’oeuvre
la plus élevée qu’ait enfantée l’imagination humaine. C’est Hérodote
allant, sur les bords du Nil, visiter pieusement le berceau des sciences
et des arts de sa patrie, pour transmettre à la postérité le fruit de ses
curieuses recherches. C’est Pythagore portant jusqu’au Gange sa
course vagabonde, et, comme l’abeille, composant le miel de sa philosophie, des tributs réunis, par son habile picorée, en mille lieux divers» (Un Flâneur 1832: 97).
58
Trad. ns. Ed. or.: «C’est un des effets de la division du travail dans
nos sociétés qui se croient perfectionnées parce qu’elles sont vieillies.
Elles offrent d’ailleurs un champ si vaste à l’observation, qu’il ne
reste à ceux qui s’y livrent, ni force ni temps pour accomplir une
autre tâche. Tenez-vous donc pour averti que mon flâneur à moi, le
52
170
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
flâneur du dix-neuvième siècle, est flâneur, et rien de plus» (Un
Flâneur 1832: 98).
59
Mandeville (1740).
60
Trad. ns. Ed. or.: «L’avocat qui manque l’heure de sa plaidoirie, en
s’arrêtant devant les étalages du Pont-Neuf, le théâtre de Polichinelle,
ou la boutique de Lerebours le médecin qui laisse passer l’heure de la
consultation, en épuisant une question de politique avec un peintre
qu’il a rencontré sur le pont des Arts: ce sont là des musards, mais
des flâneurs, jamais…» (Un Flâneur 1832: 98).
61
Trad. ns. Ed. or.: «Tant qu’il n’a pas franchi le seuil de sa porte, le
flâneur n’est qu’un homme comme un autre: un général en retraite,
un professeur émérite, un ancien négociant, un diplomate en disponibilité, que sais-je! ce qu’on est ou ce qu’on sera. Quand il a touché le
sol de la rue, humé la poussière du boulevart ou le brouillard de la
Seine, il entre en action, et c’est là que nous nous en emparons» (Un
Flâneur 1832: 100).
62
Trad. ns. Ed. or.: «…une feuille qui vole, un pied mignon, une taille bien prise…» (Un Flâneur 1832: 105).
63
Trad. ns. Ed. ing.: «Before the development of buses, trains, and
streetcars in the nineteenth century, people were not at all in a position to be able or to have to view one other for minutes or hours at a
time without speaking to one another. Modern traffic, which involves
by far the overwhelming portion of all perceptible relations between
person and person, leaves people to an ever greater extent with the
mere perception of the face and must thereby leave universal sociological feelings to fully altered presuppositions» (Simmel 2009: 573).
64
Trad. ns. Ed. ing.: «On the one hand, it contains kindness, a desire
of the individual to give the other joy; but on the other hand, there is
the wish for this joy and these “favors” to flow back to him, in the
form of recognition and esteem, so that they be attributed to his personality as values» (Simmel 1950: 338).
65
Trad. ns. Ed. ing.: «One adorns oneself for oneself, but can do so
only by adornment for others. It is one of the strangest sociological
combinations that an act, which exclusively serves the emphasis and
increased significance of the actor, nevertheless attains this goal just
as exclusively in the pleasure, in the visual delight it offers to others,
and in their gratitude. For, even the envy of adornment only indicates
the desire of the envious person to win like recognition and admira-
NOTE
171
tion for himself; his envy proves how much he believes these values
to be connected with the adornment» (Simmel 1950: 339).
66
Burch (2014).
67
Peirce (2002: 83).
68
«Citoyen premier Consul, je n’ai pas eu besoin de cette hypothèse».
69
Peirce (2002: 83).
70
Peirce (2002: 84).
71
Marinetti (1909).
72
Canevacci (2014).
73
Sant’Elia (1994: 75).
74
Sant’Elia (1994: 75).
75
Campa (2009, 2012, 2013).
76
Trad. ns. Ed. or.: «Sociologists today know little of the work of social documentary photographers and its relevance to what they do.
They seldom use photographs as a way of gathering, recording, or
presenting data and conclusions. I want to acquaint them with this
tradition and show them how they can make use of the styles of work
and techniques common in photography» (Becker 1974: 6) .
77
Cfr. Sztompka (2005). Vedi anche la collettanea curata da
Sztompka e Bogunia-Borowska (2012).
78
Harper (2012: 4).
79
Cfr. Mattioli (1991, 1997).
80
Trad. ns. Ed. or.: «The philosopher maudit Charles Sanders Peirce,
who, like an artist, got only posthumous respect, also came up with a
version of this Black Swan solution when Popper was wearing diapers…» (Taleb 2007: 80).
81
Cfr. Merton, Barber (2002) e Campa (2008).
82
Trad. ns. Ed. or.: «I wanted to become a flâneur, a professional
meditator, sit in cafés, lounge, unglued to desks and organization
structures, sleep as long as I needed, read voraciously, and not owe
any explanation to anybody. I wanted to be left alone in order to
build, small steps at a time, an entire system of thought based on my
Black Swan idea» (Taleb 2007: 46).
83
Cfr. Taleb (2007: 309).
84
Cfr. Taleb (2007: 269-270).
85
Cfr. Taleb (2007: 27).
172
86
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
Trad. ns. Ed. or.: «Show a child a photograph of someone overweight, tell her that he is a member of a tribe, and ask her to describe
the rest of the population: she will (most likely) not jump to the conclusion that all the members of the tribe are weight-challenged. But
she would respond differently to generalizations involving skin color.
If you show her people of dark complexion and ask her to describe
their co-tribesmen, she will assume that they too have dark skin» (Taleb 2007: 83).
87
Cfr. Cipolla, Faccioli (1993) e Castrignano (1997).
88
Cfr. Nuvolati (2006).
89
Nuvolati (2013: 95).
90
Nuvolati (2013: 160).
91
Nuvolati (2013: 158).
92
Trad. ns. Ed. por.: Gostaríamos de repensar o Futurismo do ponto
de vista de mutação antropoógica que favorece a percepção da citade,
e particolarmente da sua correspondência imediata numa citade como
São Paulo» (Canevacci 2004: 59).
93
Martins (2012: 253)
94
Trad. ns. Ed. or.: «Na segunda parte do livro, Canevacci apresenta
uma seleção de imagens que retratam os modos de comunicação urbana na grande metrópole paulista. A partir da interpretação de vinte
e um sítios urbanos significativos para a cidade de São Paulo, o autor
tenta “mapear” visualmente a cidade, desvendando as redes de significados que se formam através da comunicação polifônica. O caráter
empírico-aplicado da análise associase a uma escrita cujo estilo literário seduz o leitor e o estimula a conhecer as “vozes” que
compõem o ethos da cidade. O complexo de tráfegos-miasmasengarrafamentos é o caminho a ser percorrido pelo flâneur para compreender o estilo particular da cidade, a multiplicidade dos circuitos
metropolitanos e os movimentos que definem sua urbanidade» (Martins 2012: 254).
95
Lukács (1970, 1976).
96
Cases (1970: ix).
97
Lukács (1970: 9).
98
Lukács (1970: 8).
99
Per convenzione, in lingua italiana, i termini stranieri si riportano
in corsivo e si utilizzano al singolare anche quando la frase richiederebbe una forma plurale. D’altro canto, è d’uso riportare tra virgolette
NOTE
173
le parole quando è oggetto di discussione il significante (il termine
“x”, la parola “y”). Infine, non è ritenuto opportuno mettere tra virgolette un termine in corsivo. Quest’ultima norma contrasta con le due
precedenti, se i significanti sono termini stranieri. Per tale ragione,
siamo costretti a introdurre eccezioni. Innanzitutto, ci risolviamo di
mantenere in tondo i termini “badaud” e “badauds”, quando appaiono
tra virgolette. Inoltre, per chiarezza dell’analisi, utilizzeremo sia badaud al singolare sia badauds al plurale, marcando entrambi i termini
in corsivo, quando il riferimento è al significato. È una scelta in linea
con i pronunciamenti dell’Accademia della Crusca, la quale ha precisato che l’eccezione è ammessa per i termini forestieri non d’uso comune (Setti 2002).
100
Larousse (2016).
101
De Agostini (2011: 36).
102
Collins (2016).
103
Campa (2015: 161).
104
«La genialità storica, mai più raggiunta, di Walter Scott si rivela
nel fatto che egli immagina le caratteristiche individuali delle sue
personalità storicamente dominanti in maniera tale che queste riassumano davvero in sé gli aspetti salienti, positivi e negativi del movimento corrispondente. Questo rapporto storico-sociale fra capi e
gregari è differenziato da Walter Scott con straordinaria finezza»
(Lukács 1970: 39).
105
Lukàcs (1970: 27).
106
Lukács (1970: 29).
107
«Here, then, was a military spectacle of no ordinary interest or
usual occurrence. The two armies, so different in aspect and discipline, yet each admirably trained in its own peculiar mode of war,
upon whose conflict the temporary fate at least of Scotland appeared
to depend, now faced each other like two gladiators in the arena, each
meditating upon the mode of attacking their enemy» (Scott 2006:
216).
108
«From the neighbouring hamlets the peasantry cautiously showed
themselves, as if watching the issue of the expected engagement; and
at no great distance in the bay were two square-rigged vessels, bearing the English flag, whose tops and yards were crowded with less
timid spectators» (Scott 2006: 217).
174
109
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
Trad. ns. Ed. or.: «yeomen and burghers, and such of the lesser
gentry, as, from modesty, poverty, or dubious title» (Scott 2005: 97).
110
Trad. ns. Ed. or.: «“Palestine!” repeated the Saxon; “Palestine!
how many ears are turned to the tales which dissolute crusaders, or
hypocritical pilgrims, bring from that fatal land! I too might ask – I
too might enquire – I too might listen with a beating heart to fables
which the wily strollers devise to cheat us into hospitality – but no –
The son who has disobeyed me is no longer mine…”» (Scott 2005:
56).
111
Cit. da: Lukács (1970: 26).
112
Lukàcs (1970: 91-92).
113
«Il faut dire, à l’éloge de l’antique bon sens des badauds de Paris,
que la plus grande partie de cette foule se dirigeait vers le feu de joie,
lequel était tout à fait de saison, ou vers le mystère, qui devait être
représenté dans la grand-salle du Palais bien couverte et bien close, et
que les curieux s’accordaient à laisser le pauvre mai mal fleuri grelotter tout seul sous le ciel de janvier dans le cimetière de la chapelle de
Braque» (Hugo 1865: 6).
114
Cfr. Seebacher (1972) e Wiles (2003: 125).
115
«Belle cohue d’ânes et de butors que ces Parisiens! grommelait-il
entre ses dents; ils viennent pour entendre un mystère, et n’en écoutent rien! Ils se sont occupés de tout le monde, de Clopin Trouillefou,
du cardinal, de Coppenole, de Quasimodo, du diable! mais de madame la Vierge Marie, point. Si j’avais su, je vous en aurais donné,
des Vierges Marie, badauds! Et moi! venir pour voir des visages, et
ne voir que des dos! être poète, et avoir le succès d’un apothicaire! Il
est vrai qu’Homerus a mendié par les bourgades grecques, et que Nason mourut en exil chez les Moscovites. Mais je veux que le diable
m’écorche si je comprends ce qu’ils veulent dire avec leur Esmeralda! Qu’est-ce que c’est que ce mot-là d’abord? c’est de
l’égyptiaque!» (Hugo 1865: 31).
116
«Damnés Parisiens! se dit-il à lui-même, car Gringoire en vrai
poète dramatique était sujet aux monologues, les voilà qui
m’obstruent le feu! Pourtant j’ai bon besoin d’un coin de cheminée.
Mes souliers boivent, et tous ces maudits moulins qui ont pleuré sur
moi! Diable d’évêque de Paris avec ses moulins! Je voudrais bien savoir ce qu’un évêque peut faire d’un moulin! est-ce qu’il s'attend à
devenir d’évêque meunier? S’il ne lui faut que ma malédiction pour
NOTE
175
cela, je la lui donne, et à sa cathédrale, et à ses moulins! Voyez un
peu s’ils se dérangeront, ces badauds! Je vous demande ce qu’ils font
là! Ils se chauffent; beau plaisir! Ils regardent brûler un cent de bourrées; beau spectacle!» (Hugo 1865: 35).
117
«Le régal eût été mesquin pour des amateurs d’architecture gothique. Il est vrai que rien n’était moins curieux de monuments que
les braves badauds du moyen âge, et qu’ils se souciaient médiocrement de la beauté d’un pilori» (Hugo 1865: 119).
118
«Mais peu à peu cette patience, qui s’était roidie sous le fouet du
tourmenteur, fléchit et lâcha pied à toutes ces piqûres d’insectes. Le
boeuf des Asturies, qui s’est peu ému des attaques du picador, s’irrite
des chiens et des banderilles. Il promena d’abord lentement un regard
de menace sur la foule. Mais garrotté comme il l’était, son regard fut
impuissant à chasser ces mouches qui mordaient sa plaie» (Hugo
1865: 122).
119
Quando Quasimodo chiede alla folla un sorso d’acqua, Hugo
(1865: 123) nota che «cette exclamation de détresse, loin d’émouvoir
les compassions, fut un surcroît d’amusement au bon populaire parisien qui entourait l’échelle, et qui, il faut le dire, pris en masse et
comme multitude, n’était alors guère moins cruel et moins abruti que
cette horrible tribu des truands chez laquelle nous avons déjà mené le
lecteur, et qui était tout simplement la couche la plus inférieure du
people».
120
Trad. ns. Ed. or.: «Le peuple, au moyen âge surtout, est dans la
société ce qu’est l’enfant dans la famille. Tant qu’il reste dans cet état
d’ignorance première, de minorité morale et intellectuelle, on peut
dire de lui comme de l’enfant: Cet âge est sans pitié» (Hugo 1865).
121
Lukàcs (1970: 31).
122
(Lukàcs 1970: 81).
123
Lukàcs (1970: 82).
124
Fa eccezione il primo traduttore dell’opera, Antoine François Marius Rey-Dussueil, che ha curato la prima edizione francese, in cinque volumi, per i tipi dell’editore parigino Charles Gosselin, nel
1828. Si tratta di una versione della ventisettana, nella quale Manzoni
non ha ancora sostituito i termini lombardi con quelli fiorentini che
appariranno nella definitiva edizione quarantana.
125
Manzoni (1840: 56).
176
126
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
Questa la traduzione di Montgrand: «Pendant que le docteur débitait cette enfilade de phrases, Renzo le regardait avec une attention
extatique, comme un badaud sur la place publique regarde un joueur
de gobelets qui, après avoir mis dans sa bouche de l’étoupe, de
l’étoupe et encore de l’étoupe, en retire du ruban, du ruban et encore
du ruban, à n’en pas finir» (Manzoni 1877: 39). Questa soluzione era
già stata adottata da Montgrand nella traduzione della ventisettana,
per i tipi del marsigliese Marius Olive (Manzoni 1832: 95).
127
Questa la traduzione di Martinelli: «Pendant que le docteur débitait cette longue tirade, Renzo était là, debout, immobile, le regardant
avec une attention qui tenait presque de l’extase, comme ferait
un badaud s’arrêtant tout ébahi sur la place publique à contempler un
bateleur qui, après s’être fourré dans la bouche de l’étoupe, encore de
l’étoupe, et toujours de l’étoupe, en tire ensuite du ruban, encore du
ruban et toujours du ruban, à n’en pas voir la fin» (Manzoni 1897:
47).
128
Manzoni (1840: 217).
129
«Il lui donna l’ordre d’en expédier deux autres à la masure abandonnée, avec mission de rôder alentour, afin d’en tenir à distance
tout badaud qui viendrait a se diriger de ce côté et de soustraire la litière à tous les regards jusqu’à la nuit suivante où on l’enverrait prendre …» (Manzoni 1897: 201).
130
Manzoni (1840: 220).
131
«Vont-ils en faire, des commérages, là-dessus, ces tas do badauds,
dans tout le canton» (Manzoni 1897: 203).
132
Manzoni (1840: 248).
133
«Ces badauds qui font maintenant tant de tapage, demain ou après
se tiendront cois chez eux et tout tremblants de peur» (Manzoni
1897: 232).
134
Manzoni (1840: 271).
135
«Sur ces entrefaites, le soleil s’était couché, les objets peu à peu
devenaient tous d’une même teinte, et bon nombre de ces badauds,
fatigués de la journée et ennuyés de jaser dans l’obscurité, reprenaient le chemin du logis» (Manzoni 1897: 257).
136
Manzoni (1840: 269-270).
137
Trad. ns. Ed. or.: «L’égalité devant la loi, la liberté de la conscience, la liberté de la parole, la liberté de la presse, l’accessibilité de toutes les aptitudes à toutes les fonctions» (Hugo 1881: 5).
NOTE
138
177
Siciliano (2005).
«Badaud, badaude. Promeneur curieux de tous les spectacles de la
rue et qui s’attarde à les regarder (rare au féminin): Un attroupement
de badauds. Synonyme: flâneur» (Larousse 2016).
140
Cfr. Crisco (2016), DDS (2016) e Synonymes (2016).
141
Trad. ns. Ed. or.: «In the flâneur, the joy of watching is triumphant. It can concentrate on observation; the result is the amateur detective. Or it can stagnate in the gaper; then the flâneur has turned
into the badaud» (Benjamin 2006: 62).
142
Il termine “flâneur” compare nel titolo e nel testo senza l’accento
circonflesso sulla a.
143
Trad. ns. Ed. or.: «Le flaneur compose tout un roman, rien que sur
la simple rencontre en omnibus d’une petite dame au voile baissé,—
puis l’instant d’après il se livre aux plus hautes considerations philosophiques, sociales et humanitaires, en admirant tous les prodiges
que l’éducation peut obtenir de simples hannetons qui se battent en
duel comme de véritables Saint-Georges» (Huart 1841: 55-56).
144
Trad. ns. Ed. or.: «Si, par hasard, le musard assiste au drame palpitant d’un serin que l’on cherche à faire rentrer dans sa cage, il en a
pour toute son après-midi; — bien différent en cela d’un flâneur intelligent qui n’accorderait au serin qu’un petit quart d’heure, et qui
encore consacrerait au moins quatorze minutes de ce temps à lorgner
toutes les jolies femmes attirées à la fenêtre par cet événement important. Le musard ne rentre dans son logement qu’après que le serin lui
en a donné l’exemple» (Huart 1841: 35).
145
Trad. ns. Ed. or.: «Une grande ignorance en historie naturelle est
cause que quelquefois encore on accorde la qualification de flaneur à
des mortels, très-vertueux du reste, mais qui ne sont que de simples
badauds, nés natifs de Carpentras, de Londres, de Quimper-Corentin,
de Saint-Pétersbourg» (Huart 1841: 39).
146
Trad. ns. Ed. or.: «Si l’homme affairé, cette mouche qui bourdonne dans tous les coins de Paris pour le malheur des citoyens honnêtes,
est regardé comme bien peu de chose par le flaneur, il a peut-être encore moins d’estime pour le badaud avec le quel on l’a si impoliment
confondu. C’est dans les passages surtout qu’on peut juger l’abîme
qui les sépare. Le badaud est là, qui regarde stupidement toutes choses, qui s’arrête sans choix devant le premier morceau de plàtre, décoré du nom de statuette ou de charge, qui dévore du regard les bil139
178
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
lets de banque et les piles de pièces de cinq francs du changeur avec
une avidité indigne de l’âme généreuse du flaneur. Que celui-ci est
différent!» (Huart 1841: 95-96).
147
«Les Forts sont aussi un sujet perpétuel de soupirs et de coups de
brosse pour les badauds parisiens, — nous ne parlons pas politique,
— nous parlons seulement des forts de la halle au blé et de la halle au
charbon» (Huart 1841: 88).
148
Cfr. Huart (1841: 68).
149
Trad. ns. Ed. or.: «Descendez-vous de cheval, il s’offre pour tenir
la bride en votre absence. — Votre voiture s’arrête-t-elle, il accourt,
met le pan de sa veste sur la roue boueuse et vous aide à franchir le
marchepied; — il porte le pot de fleur que vous venez d’acheter pour
elle; — il guide l’étranger qui cherche la poste aux lettres, son hôtel,
la Bourse, ou tout autre établissement public; — êtes-vous retenu par
un orage sous la porte cochère, il court chercher pour vous une voiture; enfin, il fera tout pour obtenir de ses concitoyens les cinquante
centimes nécessaires à son bonheur» (Huart 1841: 71-73).
150
Cfr. Huart (1841: 74).
151
Lukács (1970).
152
Poiché esiste una traduzione italiana de Les Misérables, curata da
Renato Colantuoni per gli editori Mursia e Garzanti, riporteremo nel
testo i frammenti in lingua italiana. Ci faremo premura di rendere accessibili nelle note a piè di pagina i corrispondenti frammenti in lingua francese, ogni qual volta contengano i termini “badaud” e
“flâneur”, per facilitare il riscontro.
153
Cecilia Russo (2013) scrive che «Les Misérables può essere classificato come un romanzo storico, sociale, epico, filosofico, didattico
e sentimentale». Matilde Quarti (2016) nota che «per dichiarazione
dello stesso Hugo, che dopo il colpo di stato di Luigi Napoleone Bonaparte del 1851 è esule politico per scelta volontaria, I miserabili
sono un romanzo storico e sociale al tempo stesso».
154
Richard Lee (2016), nel sito della Historical Novel Society, fissa
convenzionalmente a mezzo secolo la distanza che deve separare la
stesura del romanzo dagli eventi narrati: «Per essere considerato
storico (nel nostro senso), un romanzo deve essere stato scritto almeno cinquant'anni dopo gli eventi descritti, oppure deve essere stato
scritto da qualcuno che non era in vita all’epoca di quegli eventi (e
che, quindi, vi si avvicina solo attraverso la ricerca)» (Trad. ns.).
NOTE
155
179
Guido Mazzoni (2011: 293) parla de I miserabili come di un romanzo «realista» e insieme «melodrammatico» che, tuttavia, vede la
luce in ritardo, rispetto alle mode letterarie, ossia quando ormai si afferma la tendenza a separare accuratamente i due generi. Nicole Masson (2007: 294) lo cataloga come un «roman social, roman épique».
Max Milner e Claude Pichois (1996: 248) notano, infine, che «malgré
la conception souvent mélodramatique de l’intrigue, Hugo est en
marche vers le roman épique dont il a rêvé à propos de Walter Scott
et qu’il réalisera dans Les Misérables».
156
Hugo (2013: 1293).
157
Hugo (2013: 601).
158
Hugo (2013: 604). Ed. or.: «Tous les jours donc, du matin au soir,
les quais, les musoirs et les jetées du port de Toulon étaient couverts
d’une quantité d’oisifs et de badauds, comme on dit à Paris, ayant
pour affaire de regarder l’Orion» (Hugo 2004, II: 99).
159
Hugo (2013: 918).
160
Hugo (2013: 922-923). Ed. or.: «Paris commence au badaud et
finit au gamin, deux êtres dont aucune autre ville n’est capable;
l’acceptation passive qui se satisfait de regarder, et l’initiative inépuisable; Prudhomme et Fouillou. Paris seul a cela dans son histoire naturelle. Toute la monarchie est dans le badaud. Toute l’anarchie est
dans le gamin» (Hugo 2004, III: 9).
161
Hugo (2013: 1648-1649).
162
Hugo (2013: 1653).
163
Hugo (2013: 1655).
164
Hugo (2013: 1660).
165
Hugo (2013: 1041).
166
Hugo (2013: 1042).
167
Hugo (2013: 1042).
168
Hugo (2013: 1716).
169
Hugo (2013: 1718). Ed. or.: «Ah ! par tous les saints de l’Olympe
et par tous les dieux du paradis, je n’étais pas fait pour être Parisien,
c’est-à-dire pour ricocher à jamais, comme un volant entre deux raquettes, du groupe des flâneurs au groupe des tapageurs!» (Hugo
2004, IV: 394).
170
Hugo (2013: 1041).
171
Hugo (2013: 1734). Ed. or.: «L’énorme barricade le sentait sur sa
croupe. Il gênait les flâneurs, il excitait les paresseux, il ranimait les
180
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
fatigués, il impatientait les pensifs, mettait les uns en gaîté, les autres
en haleine, les autres en colère, tous en mouvement, piquait un étudiant, mordait un ouvrier …» (Hugo 2004, IV: 408).
172
Mould (2011: 112).
173
Hugo (2013: 1964).
174
Lukács (1970: 237).
175
Trad. ns. Ed. fr.: «La foule psychologique est un être provisoire,
composé d’éléments hétérogènes pour un instant soudés, absolument
comme les cellules d’un corps vivant forment par leur réunion un être
nouveau manifestant des caractères fort différents de ceux que
chacune de ces cellules possède» (Le Bon 2002: 18).
176
Trad. ns. Ed. fr.: «la foule est aussi aisément héroïque que criminelle» (Le Bon 2002: 3).
177
Trad. ns. Ed. fr.: «Il n’est plus lui-même, mais un automate que sa
volonté est devenue impuissante à guider» (Le Bon 2002: 20).
178
Winock (1988).
179
Trad. ns. Ed. fr.: «Celui-ci, cuisinier sans place, demi-badaud qui
est allé à la Bastille pour voir ce qui s’y passait, juge que, puisque tel
est l’avis général, l'action est patriotique, et croit même mériter une
médaille en détruisant un monstre. Avec un sabre qu’on lui prête, il
frappe sur le col nu; mais le sabre mal affilé ne coupant pas, il tire de
sa poche un petit couteau à manche noir et (comme, en sa qualité de
cuisinier, il sait travailler les viandes) il achève heureusement
l’opération» (Le Bon 2002: 86).
180
Winock (1988: 159).
181
Winock (1988: 159).
182
Winock (1988: 159).
183
Trad. ns. Ed. fr.: «La multitude est donc l’aboutissant d’une révolution, mais n’en constitue pas le point de départ. La foule représente
un être amorphe, qui ne peut rien et ne veut rien sans une tête pour la
conduire. Elle dépasse bien vite ensuite l’impulsion reçue, mais ne la
crée jamais» (Le Bon 2001: 23).
NOTE
181
182
L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI
Digital Edition
Orbis Idearum Press
September 1st, 2024