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L’arte di passeggiare e fare le rivoluzioni (seconda edizione)

2024, Orbis Idearum Press

Come insegna Charles Baudelaire, camminare e passeggiare non sono esattamente la stessa cosa. Passeggiare è un’arte raffinata che richiede abilità e impegno. Un’arte che il flâneur parigino del XIX secolo praticava nel clima delle grandi rivoluzioni che hanno sconvolto la Francia e l’Europa intera. In questo libro, la flânerie e il suo ambiguo rapporto con insurrezioni e sommosse, barricate del popolo e cariche dei gendarmi, diventano oggetto di indagine della sociologia e della storia delle idee.

L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI Per una sociologia della flânerie Riccardo Campa L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI Per una sociologia della flânerie 4 L’arte di passeggiare e fare le rivoluzioni. Per una sociologia della flânerie © Riccardo Campa. All rights reserved. Cover picture: “Paris Street Rainy Day” by Gustave Caillebotte (1877) First edition: September 21st, 2020 Jagiellonian University Press, Krakow Second edition: September 1st, 2024 Orbis Idearum Press, Krakow Orbis Idearum Press is an imprint of the Michel Kowalewicz Institute for the History of Ideas. Its scope is to publish a peer review book series dedicated to the history of ideas, as a complement to Orbis Idearum: European Journal of the History of Ideas, which is edited by the History of Ideas Research Centre. Michel Kowalewicz Institute for the History of Ideas Ul. Hutników 2, 32-050 Skawina, Poland History of Ideas Research Centre Jagiellonian University Al. Mickiewicza 22, 30-059 Krakow, Poland. ISBN: 978-83-969725-2-1 This book has been peer reviewed by Ks. Dr hab. Paweł Prüfer, Prof. AJP and Dr hab. Małgorzata Bogunia-Borowska, Prof. UJ 5 Orbis Idearum Scientific Commitee Karl Acham, University of Graz (Austria); Tatiana Artemyeva, Herzen University in St. Petersburg (Russia); Warren Breckman, University of Pennsylvania (USA); Antimo Cesaro, University of Campania Luigi Vanvitelli in Caserta (Italy); Paweł Dybel, University of Warsaw/Polish Academy of Sciences (Poland); Maria Flis, Jagiellonian University in Krakow (Poland); Fabio Grigenti, University of Padua (Italy); Jarosław Górniak, Jagiellonian University in Krakow (Poland); Victor Kaploun, European University in St. Petersburg (Russia); Marcin Król, University of Warsaw (Poland); Jens Loenhoff, Essen-Duisburg University (Germany); Giuseppe Micheli, University of Padua (Italy); Mikhail Mikeshin, St. Petersburg Center for the History of Ideas (Russia); Eric Nelson, University of Massachussets (USA); Luciano Pellicani, LUISS University in Rome (Italy); Gregorio Piaia, University of Padua (Italy); Riccardo Pozzo, National Research Council of Italy - CNR (Italy); Martina Roesner, University of Vienna (Austria); Gunther Scholtz, Ruhr-Universität Bochum (Germany); Alexander Schwarz, University of Lausanne (Switzerland); Sergio Sorrentino, University of Salerno (Italy); Carole Talon-Hugon, University of Nice (France); Irina Tunkina, Russian Academy of Sciences in St. Petersburg (Russia); Han Vermeulen, MaxPlanck Institute of Anthropology (Germany); Mara Wade, University of Illinois (USA); Lech Witkowski, Pomeranian University in Słupsk (Poland); Wiesław Wydra, Adam Mickiewicz University in Poznań (Poland); Martine Yvernault, University of Limoges (France). Indice Introduzione .......................................................................9 1. Un ruolo anomalo. La figura del flâneur nella letteratura sociologica ................................................. 21 1.1. La teoria del ruolo ................................................................. 21 1.2. Walter Benjamin: il flâneur come attore della modernità........................................................................................... 26 1.3. Anthony Giddens: il flâneur come attore della metamodernità .......................................................................................... 33 1.4. Zygmunt Bauman: il flâneur come attore della postmodernità .......................................................................................... 36 1.5. Giampaolo Nuvolati: il flâneur come attore della tardo-modernità ............................................................................. 42 1.6. Conclusioni ............................................................................... 45 2. Perdersi nella metropoli. La flânerie come tecnica di ricerca della sociologia visuale ............................... 48 2.1. Sociologia e fotografia: un matrimonio difficile ....... 48 2.2. Phisiologie du flâneur ........................................................... 50 2.3. Georg Simmel: l’attenzione alla dimensione visiva della vita sociale.............................................................................. 59 2.4. Charles Peirce: il flâneur come metafora di una coscienza impossibile ................................................................... 62 2.5. Nascita del futurismo ........................................................... 66 2.6. Le trasformazioni della sociologia: dalla Scuola di Chicago al paradigma visuale .................................................... 68 2.7. Nassim Taleb: «Le flâneur c’est moi» ............................ 73 2.8. Il composto: flânerie, fotografia e sociologia urbana ................................................................................................................ 79 8 3. La figura del badaud nel romanzo storico dell’Ottocento .................................................................. 85 3.1. Cenni sulla teoria del romanzo storico e sul metodo di ricerca ............................................................................................. 85 3.2. Badaud, curioso, idle onlooker .......................................... 89 3.3. Il badaud nel romanzo storico di Walter Scott .......... 91 3.4. Il badaud nel romanzo storico di Victor Hugo ........... 97 3.5. Il badaud nel romanzo storico di Alessandro Manzoni ............................................................................................ 105 3.6. Conclusioni ............................................................................. 112 4. Il badaud e le rivoluzioni. Uno sguardo alla letteratura francese dell’Ottocento ...................... 117 4.1. Premessa ................................................................................. 117 4.2. Il badaud nella Physiologie du flaneur di Louis Huart .............................................................................................................. 119 4.3. Il badaud ne Les Misérables di Victor Hugo .............. 126 4.4. Il badaud nella Psychologie des foules di Gustave Le Bon ..................................................................................................... 138 4.5. Conclusioni ............................................................................. 145 Post scriptum all’edizione del 2020 ..................... 147 Bibliografia .................................................................... 151 Riferimenti delle edizioni originali dei saggi ................... 160 Informazioni biografiche sull’autore ................... 163 Note .................................................................................. 165 Introduzione L’uomo è nato per camminare. Non per correre, per volare, per nuotare, né tantomeno per restare seduto dall’alba al tramonto davanti allo schermo di un computer o di un telefono, come sempre più spesso ci capita. Non che si vogliano mettere limiti alle capacità umane. Sappiamo bene che molti esemplari della nostra specie si cimentano piuttosto bene nell’arte della corsa, del volo, del nuoto, reggendo la sfida di animali ben più dotati e naturalmente portati per queste attività. Tuttavia, per milioni di anni, i nostri antenati si sono procacciati cibo attraverso la caccia e la raccolta, attività che hanno come prerequisito fondamentale proprio il cammino. Su questo credo che i paleoantropologi non avrebbero difficoltà a convenire. Proprio in ragione della naturalità di questo comportamento umano, l’idea di dedicarvi un libro – per di più accademico – potrebbe far sollevare più di un sopracciglio. Sopracciglio destinato ad arcuarsi ulteriormente col posarsi dello sguardo sul sottotitolo. Immagino, infatti, che un lettore si aspetti, prima o poi, di trovare sugli scaffali di una libreria un manuale intitolato “L’arte di cospirare e fare le rivoluzioni”. Analoghe attese sarebbero legittime in relazione a un ipotetico volumetto intitolato “L’arte di passeggiare e farsi gli affari propri”. Il titolo impresso sul volume che avete in mano mette invece in relazione il passeggio e le rivoluzioni. Che ci azzecca la prima attività con la seconda? 10 L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI Chiarisco subito che non si tratta di un espediente per attirare l’attenzione dei lettori, facendo leva sull'improbabilità dell’accostamento. Il libro parla davvero di passeggiate e rivoluzioni. Epperò, per spiegare com’è nata l’idea di questo libro, devo partire da lontano. Innanzitutto, deambulare su due piedi, mettendo una gamba davanti all’altra, è diventata un’attività sempre più rara e, come tale, degna di attenzione “sociologica”. In secondo luogo, camminare e passeggiare non sono esattamente la stessa cosa. Chi passeggia non ha altro scopo se non il passeggio stesso. Spesso non si dà nemmeno una meta precisa, un tragitto, un tempo di percorrenza. Passeggia per il puro piacere di passeggiare. Non tutti possono permettersi questo lusso. Gli impegni sempre più fitti, i ritmi frenetici di lavoro, le grandi distanze che separano i luoghi di residenza e d’impiego nelle metropoli moderne, impongono ai più una velocità di spostamento che solo il mezzo di trasporto urbano può garantire. Inoltre, il poco tempo libero che resta è spesso dedicato al riposo, o ad attività ricreative sedentarie. Ancora meno persone possono permettersi di fare del passeggio una professione. A rischio di attirare subito una certa antipatia nei confronti della categoria alla quale appartengo, ammetto che tra i pochi privilegiati ci sono i sociologi – in particolare quelli che io chiamo “sociologi impressionisti”. Vagolano per le vie di una città, osservano i comportamenti della gente, scattano fotografie, discorrono con i passanti, annotano le proprie impressioni – un tempo su un taccuino, oggi più spesso su un tablet – e poi, tornati a casa, scrivono libri e articoli sulla società e le sue trasformazioni. Per essere precisi, i sociologi contemporanei fanno anche affidamento a metodologie ben più raffinate, mettendo in campo questionari e rilevazioni UN RUOLO ANOMALO 11 statistiche. Pochi, dotati di talento letterario e sufficiente fama, possono contare di diventare tra i più citati sociologi di tutti i tempi, com’è accaduto in passato a Georg Simmel e oggi a Zygmunt Bauman, prescindendo o quasi dal “metodo scientifico”. Ma che si decida o no di affrontare la fase intermedia della ricerca, puntellando con qualche numero la tesi che s’intende sostenere, resta il fatto che la prima e l’ultima fase restano, rispettivamente, l’osservazione (partecipante o meno) e la scrittura. Poiché, oltre che sociologo della conoscenza, sono storico delle idee, o meglio le due cose insieme1, pormi domande sull’origine di questo modo di fare ricerca è stato per me uno scivolamento inevitabile. Sollecitato da un call for papers di colleghi filologi, ho cominciato un’opera di scavo, finendo per rovistare soprattutto nella letteratura francese dell’Ottocento. E, pensandoci bene, difficilmente il percorso poteva essere diverso. La figura del flâneur, del passeggiatore metropolitano, nasce infatti nella Parigi del XIX secolo. Nello stesso luogo e nello stesso tempo, non a caso, viene alla luce anche la sociologia. La disciplina, battezzata da Auguste Comte ed elevata a specialità accademica da Émile Durkheim, nasce proprio per studiare le società industriali e il tessuto urbano delle metropoli. Se l’Inghilterra è l’epicentro della rivoluzione industriale, la Francia assurge presto al ruolo di crogiuolo delle rivoluzioni politiche. Ed ecco chiarito perché c’entrano anche le rivoluzioni. In quell’epoca turbolenta, per un assiduo frequentatore delle vie di Parigi – che si trattasse di un flâneur, un badaud, un gamin, un musard, o un batteur de pavé – rimanere coinvolto, volente o nolente, in un’insurrezione o una sommossa era un evento tutt’altro che improbabile o infrequente. 12 L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI Per dare soltanto un indizio, Charles Baudelaire, il flâneur per antonomasia, partecipò attivamente ai moti rivoluzionari del 1848. Si dice che salì sulle barricate parigine e gridò: «Andiamo a fucilare il generale Aupick!»2. Se mi fermassi a questo cenno, però, rischierei di portare fuori strada il lettore. Come chiarirò nel libro, il flâneur è un ribelle sui generis. Baudelaire si unì all’insurrezione parigina per ragioni squisitamente estetiche, più che politiche. Amava gli aspetti artistici della rivoluzione, crogiuolo di violenza ma anche di sfrenate utopie, a volte ai limiti del ridicolo. D’altronde, che cos’altro ci si poteva aspettare da un dandy, un bohémien, un poeta che viveva grazie alla generosa eredità paterna e spendeva tutti i suoi soldi in alcol, droghe e prostitute? E poi, dietro il gesto del poeta, c’era anche un rapporto morboso con la madre, Caroline Archimbaut-Dufays, che lo aveva soffocato d'affetto alla morte del padre Joseph-François. Il generale oggetto del suo odio, Jacques Aupick, altri non era che il patrigno, l’uomo che gli aveva portato via la madre, l'uomo tutto d’un pezzo che rappresentava sul piano dei valori la sua perfetta antitesi. Tanto indisciplinato e iconoclasta era il poeta, quanto disciplinato e rispettoso dei valori borghesi l’ufficiale. Piuttosto, quest’aneddoto ci offre un indizio per comprendere meglio l’indole del flâneur. Il disimpegno sociale è la sua cifra, tanto che il celebrato autore de I fiori del male, quando commenterà nei suoi diari il coinvolgimento nei moti del ’48, scriverà: «Essere un uomo utile mi è sempre sembrato qualcosa di ripugnante»3. Ora tutto è cambiato, si dirà. Non è più tempo di barricate e prese della Bastiglia. Al peggio, oggi, un ozioso passeggiatore potrebbe trovarsi suo malgrado coinvolto in una manifestazione politica e prendersi qualche manga- UN RUOLO ANOMALO 13 nellata dalla polizia. È difficile pensare che una rivoluzione possa oggi scaturire da una spontanea manifestazione di piazza. Ormai i grandi cambiamenti sociali si pianificano a tavolino, nei palazzi del potere o negli uffici delle grandi corporazioni multinazionali. Non tutto, però, del mondo che andremo a esplorare è andato perduto. Per i non addetti ai lavori non significherà molto, ma alcuni sociologi si sono appropriati del “metodo” del flâneur parigino e lo hanno applicato con profitto allo studio della società contemporanea. Le differenze non mancano, naturalmente. Il campo d’azione del flâneur ottocentesco era circoscritto alla città di residenza, con una particolare predilezione per le vie dotate di portici. Quello del sociologo contemporaneo è invece esteso all’intero globo terracqueo. Rimbalzando da una parte e dall’altra del mondo, per partecipare a conferenze internazionali, il sociologo contemporaneo non vagabonda più soltanto nelle vie delle grandi città, magari durante la pausa caffè. Passeggia anche negli aeroporti, nelle stazioni ferroviarie, negli enormi centri commerciali, nei campus universitari, nelle intrecciate gallerie delle metropolitane. E, per leggere e scrivere testi, non deve più necessariamente rinchiudersi nelle biblioteche o nel proprio studio. Grazie agli smartphone, ai tablet, ai computer portatili, a Internet, ogni luogo diventa una biblioteca e uno scrittoio. Per il moderno flâneur, pub e ristoranti, caffè e sushi-bar, non sono più soltanto luoghi di ristoro e osservazione, ma anche luoghi di lavoro, dove la fase osservativa e produttiva si fondono inestricabilmente. La mia immersione nel passato ha prodotto quattro scritti che ora ho deciso di riunire in un unico volume. Il primo saggio, apparso originariamente nel numero 15/2015 della rivista Romanica Cracoviensia, è dedicato 14 L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI alla figura del flâneur nella letteratura sociologica. In particolare, un quesito ha stimolato la ricerca: in un sistema sociale basato sulla specializzazione e la divisione del lavoro, in un mondo in cui status e ruoli hanno una funzione fondamentale, qual è il “ruolo sociale” del flâneur? Domanda quanto mai intrigante, se si considera che il flâneur si gloria della sua inutilità. Dopo aver esposto brevemente la teoria dei ruoli, ho preso in esame alcune opere sociologiche che mi sono parse particolarmente proficue per abbozzare una risposta. La mia analisi si è concentrata soprattutto sui lavori di Walter Benjamin, Anthony Giddens, Zygmunt Bauman e Giampaolo Nuvolati, assunti come casi paradigmatici di quattro possibili prospettive. Il secondo saggio, pubblicato nel numero 14/2015 di Rivista di scienze sociali, riguarda invece la flânerie come tecnica di ricerca della sociologia visuale. L’aver lavorato per tre lustri con Piotr Sztompka, uno dei più noti cultori di questa subdisciplina sociologica, ha certamente giocato un ruolo essenziale nell’attivazione del mio interesse di ricerca. Muovendomi sempre nella prospettiva della storia delle idee, ho ricostruito e analizzato in sequenza cronologica i fattori che hanno permesso l’incontro tra sociologia, fotografia e flânerie. L’idea – solo apparentemente banale – di studiare il tessuto urbano di una metropoli, passeggiando, vagando senza una meta prestabilita, setacciando anche le aree periferiche, osservando e fotografando dati marginali e anomali in cerca dell’effetto serendipity, presuppone in realtà una profonda trasformazione concettuale e metodologica della stessa scienza sociale. Nel terzo e nel quarto saggio, entrambi inclusi nella collettanea Le badaud et le regardeur (Biblioteka Jagiel- UN RUOLO ANOMALO 15 lońska, Kraków 2017), la mia attenzione si sposta sulla figura del badaud, che altro non è se non l’alter ego del flâneur. Il passeggio nelle vie di Parigi accomuna le due figure, ma il badaud è di gran lunga meno raffinato e arguto del flâneur, tanto nei movimenti quanto nelle capacità osservative. Più in dettaglio, nel terzo saggio mi sono chiesto quale ruolo assuma questa figura nel romanzo storico dell’Ottocento. Mi è parso subito evidente, infatti, che il badaud rappresenta ben più di una figura letteraria. È metafora di un ceto popolare, di una massa urbana, di una folla indistinta che, in un frangente in cui si formano o si consolidano gli stati nazionali europei, non ha ancora acquisito piena coscienza del proprio ruolo storico. È metafora di un cittadino che si limita a guardare gli avvenimenti epocali che segnano il suo destino, o che reagisce ad essi istintivamente, senza comprenderli appieno sul piano morale e intellettuale. Per supportare questa tesi, ho analizzato alcune opere di Walter Scott, Victor Hugo e Alessandro Manzoni – in rappresentanza, rispettivamente, del romanzo storico inglese, francese e italiano. Per svolgere il compito, mi sono avvalso in particolare degli strumenti teorici offerti dalla sociologia della letteratura di György Lukács. Il quarto e ultimo saggio prende in esame il ruolo politico del badaud nella letteratura francese del XIX secolo. Il badaud, il “perdigiorno”, è stato variamente descritto come una persona che guarda gli eventi che lo circondano con stupore e meraviglia, un ozioso credulone e chiacchierone, un cittadino dedito all’oziosa osservazione di fatti insignificanti. Nonostante questa figura sociale non sia politicamente impegnata, mostro che essa è in qualche modo coinvolta nelle molte sommosse e insurrezioni che 16 L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI sconvolgono Parigi, tra la Rivoluzione Francese del 1789 e la Terza Repubblica del 1870. Per descrivere e analizzare le modalità di questo coinvolgimento, esamino e metto a confronto tre opere appartenenti a generi letterari assai diversi. Physiologie du flaneur di Louis Huart rappresenta un perfetto esempio di quegli studi anatomico-morali di categorie umane che i francesi chiamavano “physiologies”. Les misérables di Victor Hugo è invece, notoriamente, uno dei più grandi capolavori letterari del XIX secolo. Infine, Psychologie des foules di Gustave Le Bon è un classico della sociologia o, se si preferisce, della psicologia sociale. Alcune avvertenze si rendono necessarie. La prima, immancabile in ogni raccolta di saggi, è che scorrendo il volume il lettore potrebbe incappare in alcune ripetizioni. È l’esito del fatto che gli scritti qui raccolti sono stati concepiti come scritti indipendenti. Per fare solo un esempio, di Nassim Taleb come prototipo del moderno flâneur parlo sia nel primo che nel secondo capitolo. Nel primo, invero, si trova solo un accenno, mentre nel secondo prende corpo un’analisi più approfondita. Per rendere il discorso intelligibile ai lettori delle riviste e delle collettanee che hanno ospitato i saggi, ripetere certi concetti fondamentali – in particolare le definizioni di “flâneur” e “badaud” – era inevitabile. Non ho apportato modifiche profonde ai saggi, perché le ripetizioni sono poche e forse anche utili. La seconda avvertenza è che qui non sto proponendo una sociologia empirica della flânerie, obiettivo che richiederebbe il dispiegamento di ben altri strumenti metodologici. Qui sto semplicemente proponendo alcuni spunti di riflessione che potrebbero stimolare ricerche in quella direzione. Nel mio discorso, la sociologia rientra a va- UN RUOLO ANOMALO 17 rio titolo, per esempio come tema di riflessione (sociologia teoretica), come strumento d’analisi (sociologia della letteratura), come metodo d’indagine (sociologia visuale), o come oggetto di studio (storia della sociologia), ma il lettore non troverà in queste pagine studi empirici sull'attività umana chiamata “passeggio”. Chi volesse sapere quali categorie umane oggi praticano il passeggio, e più in dettaglio dove, come, quando e perché lo praticano, in questo testo non troverà risposte. Più che come fenomeno sociale, il “passeggiare” è stato qui indagato come fatto storico-letterario. La terza avvertenza riguarda la disciplina di riferimento del libro. È invero un’avvertenza che può interessare soltanto ai colleghi professori, o al più ai bibliotecari che devono scegliere lo scaffale su cui collocare il volume. Ho parlato finora di sociologia, ma utilizzare soltanto questa etichetta è alquanto limitativo. Quello che avete in mano è anche uno studio di filologia romanza e, forse, ancor più, un piccolo trattato di filosofia politica. Chi non lavora nelle università forse non sa che questa dichiarazione, agli occhi dei burocrati, equivale alla confessione di un crimine. Chi vuole avanzare senza intoppi nella carriera accademica deve immolarsi non solo a una disciplina, ma addirittura a una subdisciplina. E deve stare bene attento a non uscire mai dai confini tracciati dal ministero. Ebbene, je m’en fous. Confesso il crimine! Nel corso nella mia vita mi sono occupato di tutto ciò che ha attirato la mia curiosità, incurante dei confini artificiali tracciati dalla burocrazia accademica. A posteriori, posso dire che mi è andata bene, perché sono comunque riuscito a diventare ordinario di sociologia e, tra l’altro, insegnando filosofia politica! Epperò, per via di questa mia ‘perversione’, ho sempre camminato sul ciglio del precipizio. Lo 18 L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI dico a beneficio dei giovani lettori. Non seguite le mie orme. Si badi che quella dell’iperspecializzazione coatta è una tendenza recente che va acuendosi. Nei secoli passati, dedicarsi allo studio di diverse discipline era considerata una nota di merito. Quella che un tempo era una virtù e oggi è diventata una malattia si chiama ‟polimatìa”. Riferendosi alla mia persona, il grande sociologo Robert K. Merton usava dire «il mio giovane amico polìmata». Va detto che non lo diceva con tono di rimprovero, perché anche Merton peccava. Ha conquistato un posto speciale nella storia della sociologia, in virtù dei suoi tanti articoli sociologici e dei volumi che hanno raccolto questi studi, come Teoria e struttura sociale. Tuttavia, a ben vedere, gli unici libri nel senso genuino del termine che ha scritto – Scienza, tecnologia e società nell’Inghilterra XVII secolo, Sulle spalle dei giganti e Viaggi e avventure della Serendipity – sono trattati di storia delle idee. Avvertenza nell’avvertenza: il polìmata non afferma di capire e sapere tutto, che sarebbe folle, ma rivendica più modestamente il diritto di assecondare la propria curiosità, incurante delle barriere disciplinari erette dai burocrati. Il polìmata è il flâneur della vita accademica. La quarta avvertenza riguarda le citazioni in lingua straniera. I quattro saggi originali, pur scritti in italiano, contenevano molti frammenti in francese e inglese. E non mancavano in essi citazioni in altre lingue, per esempio in tedesco e portoghese. I saggi erano indirizzati agli studiosi che leggono abitualmente le riviste accademiche in cui sono apparsi. Erano per lo più offerti a filologi versati nelle lingue straniere che, se non conoscono una parola, sono pronti ad aiutarsi con un dizionario. Non ho tradotto le citazioni in italiano nemmeno nella prima edizione del libro, quella pubblicata dalla Jagellonian University UN RUOLO ANOMALO 19 Press nel 2020, giacché l’editore aveva pensato il volume soprattutto per la comunità degli esperti di filologia romanza in Polonia. Questa nuova edizione sarà invece disponibile in tutto il mondo e accessibile a chiunque conosca la lingua di Dante. Perciò, in questa seconda edizione riveduta e corretta, ho finalmente deciso di tradurre le tante citazioni presenti nel corpo del testo. Il lettore ritroverà, comunque, il frammento in lingua originale nelle note a fine libro. Non che m’illuda che basti questa operazione per trasformare il volume in un best seller. Esso resta indirizzato a un pubblico di nicchia, a lettori colti che, misteriosamente, al pari dell’autore, nutrono interessi disparati e poco o punto correlati, come sono quelli per la sociologia impressionistica, il passeggio, la fotografia, la letteratura e le rivoluzioni politiche. Se non altro, la traduzione renderà più facile la vita di questi coraggiosi lettori. Infine, mi pare opportuna una quinta e ultima avvertenza. La pura curiosità è stata, come vuole la migliore tradizione scientifica, la molla che ha mosso queste ricerche sulla flânerie. Tuttavia, è piuttosto evidente che le pagine di questo libro ambiscono anche a stimolare il recupero di quest’arte antica, nella speranza che essa possa rendere più piacevole la vita quotidiana di tutti noi. Per questa ragione, già dal titolo, ho voluto sottolineare che protagonista dello scritto non è tanto la scienza del passeggio, quanto l’arte di passeggiare. Immagino che quest’ultima nota accenda un’ulteriore curiosità nel lettore. E le rivoluzioni? Vogliamo forse stimolare anche l’arte di fare le rivoluzioni? Chi scrive è uomo di pensiero, più che uomo d’azione. Lascerei dunque nelle mani del lettore il cerino acceso, insieme allo scomodo dilemma se spegnerlo o appiccare fuoco da 20 L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI qualche parte. Tuttalpiù, io potrei dare seguito a questo lavoro, scrivendo “L’arte di cospirare e farsi gli affari propri”. Post scriptum all’edizione del 2020 Questo libro va in stampa mentre nel mondo infuria la pandemia del Coronavirus. Scrivo queste righe finali quando le persone affette da COVID-19 sono milioni, i pazienti deceduti a causa della malattia sono centinaia di migliaia, i cittadini che per ragioni precauzionali subiscono restrizioni della libertà personale sono miliardi. Le misure straordinarie attuate dai governi per contenere la diffusione del virus variano di paese in paese. Ci sono cittadini che non possono più uscire dalla propria abitazione, se non per acquistare beni di prima necessità nei negozi più vicini. In ogni caso, non si può vagare senza meta. Chi può muoversi, deve spostarsi da punto a punto, munito di autorizzazione o di un valido motivo. Pesanti sanzioni penali e amministrative sono inflitte a chi non rispetta il confinamento. Non solo le frontiere tra le nazioni sono state chiuse, ma anche quelle di cui si era persa memoria – tra regioni, province, città o addirittura quartieri – sono tornate a essere una realtà tangibile. Oltre ad ansie e paure, sofferenze e decessi, la pandemia ha generato barriere fisiche e mentali. Particolarmente rigorose sono le misure di confinamento applicate in Italia, uno dei paesi più colpiti dall’epidemia. È possibile – e anche auspicabile – che questo volume giunga nelle mani dei lettori a emergenza finita. Qualcuno potrebbe anche trovarsi a sfogliare le pagine del libro tra qualche anno, quando la pandemia sarà soltanto un 148 L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI brutto ricordo. Non ritengo che ciò toglierebbe validità alle osservazioni che sto per fare. Credo che la drammatica e forsanche surreale situazione in cui siamo immersi renda più comprensibile il significato del libro. Ça va sans dire che ne avremmo fatto volentieri a meno ma, reclusi nelle nostre abitazioni, comprendiamo meglio l’importanza di operazioni banali che davamo per scontate e alle quali non dedicavamo che un fugace pensiero. Se prima della pandemia erano la carriera o le vacanze a occupare assiduamente i nostri pensieri, oggi siamo portati a riflettere su quanto sia importante camminare, incontrare gli amici, stringersi la mano, darsi una pacca sulla spalla, abbracciarsi. Persino l’atto di respirare, quello che compiamo incessantemente e in modo quasi inconsapevole durante tutta la nostra vita, è ora al centro delle nostre riflessioni. Per i malati di COVID-19 ogni singolo respiro è diventato un tormento. Tuttavia, anche i sani – o presunti tali – si sentono privati di qualcosa di vitale. Mai come ora si avverte il bisogno di cose semplici, come appunto passeggiare liberamente e sentire i profumi della primavera. Già, perché anche laddove è consentito uscire, anche laddove ci si può concedere una passeggiata di svago, vige comunque l’obbligo di indossare una mascherina. Vediamo fiori sbocciare copiosi sugli alberi, ma possiamo coglierne la presenza solo visivamente. La storia delle idee è attraversata da riflessioni sull'etica, su ciò che è bene e male, giusto e ingiusto. Molte sono le scuole di pensiero, ma – se ci è concessa una semplificazione – qui vogliamo ridurle a due. Da un lato c’è chi concepisce l’etica come una lista di comportamenti ammessi e non ammessi, stabilita definitivamente, valida in ogni tempo e ogni luogo, forse persino calata dal cielo. Dall’altro c’è chi invece ritiene che i comportamen- POST SCRIPTUM 149 ti vadano valutati tenendo presenti le circostanze, le situazioni in cui occorrono, il fine di chi agisce, gli effetti dell’azione. Per richiamare solo l’esempio più classico, mentire non sarebbe un bene o un male in sé. Un uomo libero che mentisse al fine di raggirare il prossimo sarebbe certamente un fellone, mentre un prigioniero di guerra che mentisse al nemico, al rischio della vita, per proteggere i propri concittadini, sarebbe un eroe. Sul piano strettamente empirico, la pandemia sta portando molta acqua al mulino di chi sostiene la versione “situazionista” dell’etica. Comportamenti normali sono improvvisamente diventati immorali o addirittura illeciti. Frequentare templi e chiese è sempre stato considerato un comportamento pio. Col diffondersi del morbo, detto comportamento è diventato empio, o quantomeno sconsiderato. Per venire al tema del nostro libro, mentre il virus si diffondeva nelle fabbriche, negli ospedali, nelle case di riposo, nei supermercati, non pochi hanno iniziato a puntare il dito soprattutto contro passeggiatori e runner, improvvisamente divenuti la causa di ogni male, untori da fermare ad ogni costo. Reazione eccessiva dovuta alla frustrazione provocata dal confinamento o giusto richiamo al senso di responsabilità in un momento drammatico? Lasciamo decidere al lettore. Sul piano squisitamente sociologico, resta il fatto che passeggiare è improvvisamente diventato un crimine. Anche il tema annunciato dalla seconda riga del titolo, ossia la flânerie come ribellione alle regole, o addirittura come preludio alla rivoluzione, nel clima in cui ci troviamo, appare meno bizzarro. Aumenta, infatti, il numero di chi non sogna un semplice ritorno alla normalità, ma la nascita di una società diversa. In fondo, la “normalità” è un mondo insensatamente frenetico, in cui moltis- 150 L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI sime persone, ogni giorno, sono costrette a trascorrere due ore in automobile nel traffico cittadino e dieci ore in ufficio. In questi mesi, tanti hanno imparato a lavorare da casa. È vero che non tutti hanno avuto questo privilegio. Sappiamo di operai e impiegati che hanno semplicemente perso il lavoro, mentre la gran parte dei commercianti è stata costretta a chiudere il proprio negozio. Ci sono, però, buone ragioni per credere che la riduzione del traffico urbano e dell’inquinamento prodotta dal confinamento forzato non rimarrà un mero ricordo. L’inerzia non è solo un principio della meccanica. Anche le dinamiche sociali sono caratterizzate da un certo grado d’inerzia. Al termine dell’emergenza, gli enti pubblici e le aziende private che sono passate al telelavoro, se non avranno subito troppi scompensi a causa dell’assenza fisica degli impiegati, potrebbero insistere su questa strada. Non si deve scordare che dotare i dipendenti di uffici arredati, ambienti riscaldati, carta, computer, stampanti, parcheggi, mense e quant’altro serve a persone in carne e ossa, pesa sul bilancio nella voce “costi”. Ci saranno dunque lavoratori che continueranno a lavorare a distanza, ma non resteranno necessariamente a casa. Ogni mattina, metteranno i piedi sul marciapiede e si avvieranno in direzioni diverse, perdendosi nella metropoli. Armati di laptop, raggiungeranno a piedi un nuovo “luogo di lavoro”, che sarà un pub, un ristorante, un centro commerciale, un parco o un giardino. Detto altrimenti, la crisi potrebbe avere dato avvio a un cambiamento profondo. Insomma, sarà anche un’utopia, ma lasciateci sognare un mondo in cui una combinazione tra reddito universale di base e telelavoro consentirà a chiunque di diventare un flâneur o una flâneuse. Bibliografia BATESON Gregory, MEAD Margaret, 1942. Balinese Character. A Photographic Analysis. New York: New York Academy of Sciences. BAUDELAIRE Charles, 1863, Le Peintre de la Vie Moderne. Collections Litteratura.com. BAUDELAIRE Charles, 1964. The Painter of Modern Life and other essays. Translated by P. E. Charvet. London: Phaidon Press. BAUDELAIRE Charles, 1991. I fiori del male, BUR Rizzoli. BAUMAN Zygmunt, 1994. Desert Spectacular. In: Keith Tester (ed.), The Flâneur, pp. 138-158. London and New York: Routledge. BAUMAN Zygmunt, 1996. From Pilgrim to Tourist – or a Short History of Identity. In: Stuart Hall, Paul Du Gay (eds.), Questions of Cultural Identity, pp. 18-36. London: SAGE Publications. BAUMAN Zygmunt, 1999. Da pellegrino a turista. In: La società dell’incertezza, Cap 1. 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Trasferitosi in Polonia nel 1996 con una borsa di studio del Ministero degli Esteri, ha conseguito il dottorato di ricerca in Epistemologia all’Università di Torun nel 1999 ed è stato poi assunto dall’Università Jagellonica di Cracovia, dove ha lavorato sotto la direzione del Presidente dell’International Sociological Association, Piotr Sztompka. Qui, ha anche svolto ricerche nel campo della sociologia della scienza grazie a una borsa di studio offerta congiuntamente da CNR e NATO. Interessato alla tematica delle nuove tecnologie e del loro impatto sull’evoluzione umana, nel 2004 ha fondato l’Associazione Italiana Transumanisti, di cui è attualmente presidente onorario, è stato eletto direttore della World Transhumanist Association per il biennio 20062008, ed è diventato Fellow dell’Institute for Ethics and Emerging Technologies. Nel 2009, ha ottenuto l’abilitazione in Sociologia all’Università di Cracovia e, nel 2010, ha iniziato una collaborazione con il Centro Militare Studi Strategici del Ministero della Difesa. Nel no- 164 L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI vembre 2020 è stato insignito dalla Commissione nazionale per l’Istruzione della Polonia della prestigiosa Medaglia Komisji Edukacji Narodowej (KEN), onorificenza istituita per premiare i più insigni docenti di scuola e università. Due anni più tardi, Giulio Tremonti l’ha invitato a far parte del network ‟Talenti italiani all’estero” dell’Aspen Institute. Il 24 luglio 2023, il Presidente della Repubblica di Polonia, Andrzej Duda, lo ha elevato all’ordinariato accademico. Oltre ad essere autore di numerosi libri, pubblica regolarmente le sue ricerche in riviste scientifiche internazionali ed è attualmente direttore editoriale della rivista Orbis Idearum: European Journal of the History of Ideas, indicizzata in Scopus, e coordinatore scientifico di Futuri: Rivista Italiana di Futures Studies, che fa capo all’Italian Institute for the Future. Note 1 Non mi stanco di ripetere che Karl Mannheim (1979: 65), fondatore della sociologia della conoscenza, ha definito la disciplina in statu nascendi «a sociological history of ideas» (una storia sociologica delle idee). 2 Baudelaire (1991: 9). 3 Baudelaire (1991: 27). 4 Trad. ns. Ed. or.: «L’ensemble des croyances et des sentiments communs à la moyenne des membres d’une même société forme un système déterminé qui a sa vie propre; on peut l’appeler la conscience collective ou commune» (Durkheim 1991: 46). 5 Parsons (1962: 314). Ed. or.: «The properties of collectivities involving a plurality of organisms are by no means all capable of derivation from those of analytically isolated individual organisms by a process of direct generalization» (Parsons 1968: 84). 6 Pellicani (2002: 54). 7 Mises 2009. Ed. or.: «There are no properties of society that cannot be discovered in the conduct of its members» (Mises 1957: 254). 8 Pellicani (2002: 54). 9 Piazzi (1997: 387). 10 Piazzi (1997: 388). 11 Cfr. Mead (1934), Parsons (1951) e Luhman (1995). 12 Trad. ns. Ed. or.: «Le véritable flâneur … a pris rang dans cette classe éminemment oisive il est vrai, mais fort respectable… il sait parfaitement perdre son temps au besoin dans les rues désertes … suivant lentement le boulevard, le cigare à la bouche» (Huart 1841: 17, 93-94). 13 Martinez (1984-1985). 14 Baudelaire (1964: 9). Ed. or.: Baudelaire (1863). 166 15 L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI Jennings (2006: 9). Benjamin (2006: 66). 17 Trad. ns. Ed. ing.: «To the uncertainty of its economic position corresponds the uncertainty of its political function. The latter is manifest most clearly in the professional conspirators, who all belong to the boheme. Their initial field of activity is the army; later it becomes the petty bourgeoisie, occasionally the proletariat. Nevertheless, this group views the true leaders of the proletariat as its adversary. The Communist Manifesto brings their political existence to an end» (Benjamin 2006: 40). 18 Trad. ns. Ed. or.: «On parle d’un tumulte aux portes de l’entrepôt de l’octroi; de fraudeurs maladroits qu’on vient de saisir, et qui veulent que les passants les délivrent, au nom de la revolution de juillet. «Vous n’y venez pas?» dit, en se portant de ce côté, un homme qui a reconnu notre flâneur. Celui-ci se redresse «Me prenez-vous pour un badaud?» lui répond-il» (Un Flâneur 1832: 104). 19 Un Flâneur (1832: 100). 20 Benjamin (2006: 98). 21 Trad. ns. Ed. ing.: «These writings were socially dubious, as well. The long series of eccentric or appealingly simple or severe figures which the physiologies presented to the public in character sketches had one thing in common: they were harmless and perfectly affable» (Benjamin 2006: 69). 22 Trad. ns. Ed. or.: «… le repos de la rente, pour le travailleur, est écrasant. Le ciel a beau être sans nuages, la maison qu’il habite verdoyante, embaumée par les fleurs et égayée par les chants des oiseaux, son esprit inactif reste insensible aux charmes de la solitude. Si, par hasard, son oreille surprend quelque bruit aigu parti d’une manufacture éloignée, ou même le clapotement mono-tone du moulin d’une usine, aussitôt son front s’éclaircit; il n’entend plus le chant mélodieux des oiseaux; il ne sent plus le parfum exquis des fleurs; la fumée épaisse qui s’échappe de la haute cheminée de l’usine, le bruit retentissant que l’enclume lui renvoie, le font tressaillir de joie, en lui rappe-lant les beaux jours d’un travail manuel, sollicité par l’inspiration du cerveau» (Foucauld 1844: 222-223). 23 Trad. ns. Ed. ing.: «These Londoners have been forced to sacrifice the best quali-ties of their human nature, in order to bring about all the mar-vels of civilization which crowd their city … The brutal in16 NOTE 167 dif-ference, the unfeeling isolation of each within his private concerns, becomes the more repellent and offensive the more the-se individuals are crowded together in a limited space» (Engels 1848: 36). 24 Znaniecki 1934: 37. 25 Trad. ns. Ed. or.: Giddens (1991: 142). 26 Trad. ns. Ed. or.: «A person walks the streets of a city and encounters perhaps thousands of people in the course of a day, people she or he has never met before – “strangers” in the modern sense of that term. Or perhaps that individual strolls along less crowded thoroughfares, idly scrutinising passersby and the diversity of products for sale in the shops – Baudelaire’s flâneur. Who could deny that these experiences are an integral element of modernity?» (Giddens 1991: 143). 27 Trad. ns. Ed. or.: «Like the world which is his home, the flâneur wanders without aim, his stroll punctuated every once in a while by looking around. Without aim? That aimless stroll is the aim; there could not be, there should not be other aims» (Bauman 1994: 139). 28 Trad. ns. Ed. or.: «Johan Huizinga, preferred the name homo ludens – he who plays – to other more popular but in his view less distinctive names given to Man in order to set him apart from the rest of the living creatures, like homo sapiens or homo faber. Play, wrote Huizinga, is older than culture; indeed, it is the very stuff of which culture, that human mode of being-in-the-world, has been and goes on being moulded. … Man does not play ‘in order to’; play has no other aim but itself. Play is, one may say, the ultimate autotelic phenomenon» (Bauman 1994: 142). 29 Trad. ns. Ed. or.: «Play does not serve survival nor any of the many tasks into which the society in which we live has short-changed the supreme purpose of self-preservation. … Play is free. It vanishes together with freedom. There is no such thing as obligatory play, play on command. The act is truly and fully free only when truly and fully gratuitous. … The flâneur is the travelling player. He carries his playing with him, wherever he goes. … Or one may say; the job of the flâneur is to rehearse the world as a theatre, life as a play» (Bauman 1994: 143-150). 30 Marx, Engels (2011: 359). Ed. or.: «… die Gesellschaft die allgemeine Produktion regelt und mir eben dadurch möglich macht, heute dies, morgen jenes zu tun, morgens zu jagen, nachmittags zu fischen, 168 L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI abends Viehzucht zu treiben, nach dem Essen zu kritisieren, wie ich gerade Lust habe, ohne je Jäger, Fischer, Hirt oder Kritiker zu werden». 31 La Ed. or. inglese di questo saggio è stata inclusa nella collettanea Questions of Cultural Identity, curata da Stuart Hall e Paul du Gay. La versione italiana, con titolo Da pellegrino a turista, prima è apparsa nella rivista Rassegna Italiana di Sociologia (fascicolo 1, volume 36, anno 1995, pp. 3-26), e poi è stata ripubblicata come capitolo del volume La società dell’incertezza (Bauman 1999). 32 Trad. ns. Ed. or.: «I propose that in the same way as the pilgrim was the most fitting metaphor for the modern life strategy preoccupied with the daunting task of identity-building, the stroller, the vagabond, the tourist and the player offer jointly the metaphor for the postmodern strategy moved by the horror of being bound and fixed» (Bauman 1996: 25-26). 33 Cfr. Bauman (1996: 26). 34 Bauman (1999: 19). Ed. or.: «Now most of the malls are shopping malls, tracts to stroll while you shop and to shop in while you stroll. The merchandisers sniffed out the attraction and seductive power of strollers’ habits and set about moulding them into life» (Bauman 1996: 27). 35 Cfr. Un Flâneur (1832: 98) 36 Capovin (2007). 37 Crespi (2008: 46). 38 Nuvolati (2006: 84). 39 Nuvolati (2006: 130). 40 Capovin (2007: 3). 41 Nuvolati (2006: 145). 42 Nuvolati (2013: 1). 43 Cfr. Nuvolati (2013: 4). 44 Nuvolati (2013: 8). 45 Cfr. Taleb (2007: 46). 46 Becker (1974). 47 Bateson (1942). 48 Cfr. Campa (2014). 49 Cfr. Baudelaire (1964: 9). 50 Benjamin (1974: 34). NOTE 51 169 Cfr. Schulte Nordholt (2008). Trad. ns. Ed. ing.: «Days of celebration and days of mourning, work and play, conjugal customs and bachelors’ practices, the family, the home; children, school, society, the theater, character types, professions» (Benjamin 2006: 68). 53 Trad. ns. Ed. or.: «Ma conviction est encore renforcée par l’aspect des autres bibliothèques publiques, trop éloignées du centre de la ville pour agréer à pareille tourbe de flâneurs désoeuvrés, ennuyés, dissipateurs de temps, picoreurs inévitables de tout spectacle gratuit» (Jacob 1832: 204). 54 Trad. ns. Ed. or.: «Qui ne connaît le carré Marigny? Lequel de nous autres, flâneurs de la grande ville, n’est allé plus d’une fois promener son désoeuvrement dans ce vaste emplacement, rendezvous immémorial des joueurs de paume, des joueurs de ballon, des joueurs de boule, et des joueurs de quilles?» (Pommier 1832: 114). 55 Cfr. Pommier (1832: 96). 56 Trad. ns. Ed. or.: «Ce monde est un vaste théâtre où mille acteurs différents d’humeur, de costume, de caractère, masqués, musqués, grimés, gourmés, tondus, frisés, bariolés en cent manières, se disputent les premiers rôles et se montrent à peine dignes des moins importants» (Un Flâneur 1832: 96). 57 Trad. ns. Ed. or.: «Il erre, sous la figure du serpent, dans le paradis terrestre; et je ne rappelle pas sans quelque orgueil, que le rôle a été joué d’abord par un confrère. … C’est Homère visitant les cités de la Grèce antique; recueillant leurs traditions, leurs dieux, leurs combats, leurs héros, et formant, de l’ensemble de ces récits fabuleux, l’oeuvre la plus élevée qu’ait enfantée l’imagination humaine. C’est Hérodote allant, sur les bords du Nil, visiter pieusement le berceau des sciences et des arts de sa patrie, pour transmettre à la postérité le fruit de ses curieuses recherches. C’est Pythagore portant jusqu’au Gange sa course vagabonde, et, comme l’abeille, composant le miel de sa philosophie, des tributs réunis, par son habile picorée, en mille lieux divers» (Un Flâneur 1832: 97). 58 Trad. ns. Ed. or.: «C’est un des effets de la division du travail dans nos sociétés qui se croient perfectionnées parce qu’elles sont vieillies. Elles offrent d’ailleurs un champ si vaste à l’observation, qu’il ne reste à ceux qui s’y livrent, ni force ni temps pour accomplir une autre tâche. Tenez-vous donc pour averti que mon flâneur à moi, le 52 170 L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI flâneur du dix-neuvième siècle, est flâneur, et rien de plus» (Un Flâneur 1832: 98). 59 Mandeville (1740). 60 Trad. ns. Ed. or.: «L’avocat qui manque l’heure de sa plaidoirie, en s’arrêtant devant les étalages du Pont-Neuf, le théâtre de Polichinelle, ou la boutique de Lerebours le médecin qui laisse passer l’heure de la consultation, en épuisant une question de politique avec un peintre qu’il a rencontré sur le pont des Arts: ce sont là des musards, mais des flâneurs, jamais…» (Un Flâneur 1832: 98). 61 Trad. ns. Ed. or.: «Tant qu’il n’a pas franchi le seuil de sa porte, le flâneur n’est qu’un homme comme un autre: un général en retraite, un professeur émérite, un ancien négociant, un diplomate en disponibilité, que sais-je! ce qu’on est ou ce qu’on sera. Quand il a touché le sol de la rue, humé la poussière du boulevart ou le brouillard de la Seine, il entre en action, et c’est là que nous nous en emparons» (Un Flâneur 1832: 100). 62 Trad. ns. Ed. or.: «…une feuille qui vole, un pied mignon, une taille bien prise…» (Un Flâneur 1832: 105). 63 Trad. ns. Ed. ing.: «Before the development of buses, trains, and streetcars in the nineteenth century, people were not at all in a position to be able or to have to view one other for minutes or hours at a time without speaking to one another. Modern traffic, which involves by far the overwhelming portion of all perceptible relations between person and person, leaves people to an ever greater extent with the mere perception of the face and must thereby leave universal sociological feelings to fully altered presuppositions» (Simmel 2009: 573). 64 Trad. ns. Ed. ing.: «On the one hand, it contains kindness, a desire of the individual to give the other joy; but on the other hand, there is the wish for this joy and these “favors” to flow back to him, in the form of recognition and esteem, so that they be attributed to his personality as values» (Simmel 1950: 338). 65 Trad. ns. Ed. ing.: «One adorns oneself for oneself, but can do so only by adornment for others. It is one of the strangest sociological combinations that an act, which exclusively serves the emphasis and increased significance of the actor, nevertheless attains this goal just as exclusively in the pleasure, in the visual delight it offers to others, and in their gratitude. For, even the envy of adornment only indicates the desire of the envious person to win like recognition and admira- NOTE 171 tion for himself; his envy proves how much he believes these values to be connected with the adornment» (Simmel 1950: 339). 66 Burch (2014). 67 Peirce (2002: 83). 68 «Citoyen premier Consul, je n’ai pas eu besoin de cette hypothèse». 69 Peirce (2002: 83). 70 Peirce (2002: 84). 71 Marinetti (1909). 72 Canevacci (2014). 73 Sant’Elia (1994: 75). 74 Sant’Elia (1994: 75). 75 Campa (2009, 2012, 2013). 76 Trad. ns. Ed. or.: «Sociologists today know little of the work of social documentary photographers and its relevance to what they do. They seldom use photographs as a way of gathering, recording, or presenting data and conclusions. I want to acquaint them with this tradition and show them how they can make use of the styles of work and techniques common in photography» (Becker 1974: 6) . 77 Cfr. Sztompka (2005). Vedi anche la collettanea curata da Sztompka e Bogunia-Borowska (2012). 78 Harper (2012: 4). 79 Cfr. Mattioli (1991, 1997). 80 Trad. ns. Ed. or.: «The philosopher maudit Charles Sanders Peirce, who, like an artist, got only posthumous respect, also came up with a version of this Black Swan solution when Popper was wearing diapers…» (Taleb 2007: 80). 81 Cfr. Merton, Barber (2002) e Campa (2008). 82 Trad. ns. Ed. or.: «I wanted to become a flâneur, a professional meditator, sit in cafés, lounge, unglued to desks and organization structures, sleep as long as I needed, read voraciously, and not owe any explanation to anybody. I wanted to be left alone in order to build, small steps at a time, an entire system of thought based on my Black Swan idea» (Taleb 2007: 46). 83 Cfr. Taleb (2007: 309). 84 Cfr. Taleb (2007: 269-270). 85 Cfr. Taleb (2007: 27). 172 86 L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI Trad. ns. Ed. or.: «Show a child a photograph of someone overweight, tell her that he is a member of a tribe, and ask her to describe the rest of the population: she will (most likely) not jump to the conclusion that all the members of the tribe are weight-challenged. But she would respond differently to generalizations involving skin color. If you show her people of dark complexion and ask her to describe their co-tribesmen, she will assume that they too have dark skin» (Taleb 2007: 83). 87 Cfr. Cipolla, Faccioli (1993) e Castrignano (1997). 88 Cfr. Nuvolati (2006). 89 Nuvolati (2013: 95). 90 Nuvolati (2013: 160). 91 Nuvolati (2013: 158). 92 Trad. ns. Ed. por.: Gostaríamos de repensar o Futurismo do ponto de vista de mutação antropoógica que favorece a percepção da citade, e particolarmente da sua correspondência imediata numa citade como São Paulo» (Canevacci 2004: 59). 93 Martins (2012: 253) 94 Trad. ns. Ed. or.: «Na segunda parte do livro, Canevacci apresenta uma seleção de imagens que retratam os modos de comunicação urbana na grande metrópole paulista. A partir da interpretação de vinte e um sítios urbanos significativos para a cidade de São Paulo, o autor tenta “mapear” visualmente a cidade, desvendando as redes de significados que se formam através da comunicação polifônica. O caráter empírico-aplicado da análise associase a uma escrita cujo estilo literário seduz o leitor e o estimula a conhecer as “vozes” que compõem o ethos da cidade. O complexo de tráfegos-miasmasengarrafamentos é o caminho a ser percorrido pelo flâneur para compreender o estilo particular da cidade, a multiplicidade dos circuitos metropolitanos e os movimentos que definem sua urbanidade» (Martins 2012: 254). 95 Lukács (1970, 1976). 96 Cases (1970: ix). 97 Lukács (1970: 9). 98 Lukács (1970: 8). 99 Per convenzione, in lingua italiana, i termini stranieri si riportano in corsivo e si utilizzano al singolare anche quando la frase richiederebbe una forma plurale. D’altro canto, è d’uso riportare tra virgolette NOTE 173 le parole quando è oggetto di discussione il significante (il termine “x”, la parola “y”). Infine, non è ritenuto opportuno mettere tra virgolette un termine in corsivo. Quest’ultima norma contrasta con le due precedenti, se i significanti sono termini stranieri. Per tale ragione, siamo costretti a introdurre eccezioni. Innanzitutto, ci risolviamo di mantenere in tondo i termini “badaud” e “badauds”, quando appaiono tra virgolette. Inoltre, per chiarezza dell’analisi, utilizzeremo sia badaud al singolare sia badauds al plurale, marcando entrambi i termini in corsivo, quando il riferimento è al significato. È una scelta in linea con i pronunciamenti dell’Accademia della Crusca, la quale ha precisato che l’eccezione è ammessa per i termini forestieri non d’uso comune (Setti 2002). 100 Larousse (2016). 101 De Agostini (2011: 36). 102 Collins (2016). 103 Campa (2015: 161). 104 «La genialità storica, mai più raggiunta, di Walter Scott si rivela nel fatto che egli immagina le caratteristiche individuali delle sue personalità storicamente dominanti in maniera tale che queste riassumano davvero in sé gli aspetti salienti, positivi e negativi del movimento corrispondente. Questo rapporto storico-sociale fra capi e gregari è differenziato da Walter Scott con straordinaria finezza» (Lukács 1970: 39). 105 Lukàcs (1970: 27). 106 Lukács (1970: 29). 107 «Here, then, was a military spectacle of no ordinary interest or usual occurrence. The two armies, so different in aspect and discipline, yet each admirably trained in its own peculiar mode of war, upon whose conflict the temporary fate at least of Scotland appeared to depend, now faced each other like two gladiators in the arena, each meditating upon the mode of attacking their enemy» (Scott 2006: 216). 108 «From the neighbouring hamlets the peasantry cautiously showed themselves, as if watching the issue of the expected engagement; and at no great distance in the bay were two square-rigged vessels, bearing the English flag, whose tops and yards were crowded with less timid spectators» (Scott 2006: 217). 174 109 L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI Trad. ns. Ed. or.: «yeomen and burghers, and such of the lesser gentry, as, from modesty, poverty, or dubious title» (Scott 2005: 97). 110 Trad. ns. Ed. or.: «“Palestine!” repeated the Saxon; “Palestine! how many ears are turned to the tales which dissolute crusaders, or hypocritical pilgrims, bring from that fatal land! I too might ask – I too might enquire – I too might listen with a beating heart to fables which the wily strollers devise to cheat us into hospitality – but no – The son who has disobeyed me is no longer mine…”» (Scott 2005: 56). 111 Cit. da: Lukács (1970: 26). 112 Lukàcs (1970: 91-92). 113 «Il faut dire, à l’éloge de l’antique bon sens des badauds de Paris, que la plus grande partie de cette foule se dirigeait vers le feu de joie, lequel était tout à fait de saison, ou vers le mystère, qui devait être représenté dans la grand-salle du Palais bien couverte et bien close, et que les curieux s’accordaient à laisser le pauvre mai mal fleuri grelotter tout seul sous le ciel de janvier dans le cimetière de la chapelle de Braque» (Hugo 1865: 6). 114 Cfr. Seebacher (1972) e Wiles (2003: 125). 115 «Belle cohue d’ânes et de butors que ces Parisiens! grommelait-il entre ses dents; ils viennent pour entendre un mystère, et n’en écoutent rien! Ils se sont occupés de tout le monde, de Clopin Trouillefou, du cardinal, de Coppenole, de Quasimodo, du diable! mais de madame la Vierge Marie, point. Si j’avais su, je vous en aurais donné, des Vierges Marie, badauds! Et moi! venir pour voir des visages, et ne voir que des dos! être poète, et avoir le succès d’un apothicaire! Il est vrai qu’Homerus a mendié par les bourgades grecques, et que Nason mourut en exil chez les Moscovites. Mais je veux que le diable m’écorche si je comprends ce qu’ils veulent dire avec leur Esmeralda! Qu’est-ce que c’est que ce mot-là d’abord? c’est de l’égyptiaque!» (Hugo 1865: 31). 116 «Damnés Parisiens! se dit-il à lui-même, car Gringoire en vrai poète dramatique était sujet aux monologues, les voilà qui m’obstruent le feu! Pourtant j’ai bon besoin d’un coin de cheminée. Mes souliers boivent, et tous ces maudits moulins qui ont pleuré sur moi! Diable d’évêque de Paris avec ses moulins! Je voudrais bien savoir ce qu’un évêque peut faire d’un moulin! est-ce qu’il s'attend à devenir d’évêque meunier? S’il ne lui faut que ma malédiction pour NOTE 175 cela, je la lui donne, et à sa cathédrale, et à ses moulins! Voyez un peu s’ils se dérangeront, ces badauds! Je vous demande ce qu’ils font là! Ils se chauffent; beau plaisir! Ils regardent brûler un cent de bourrées; beau spectacle!» (Hugo 1865: 35). 117 «Le régal eût été mesquin pour des amateurs d’architecture gothique. Il est vrai que rien n’était moins curieux de monuments que les braves badauds du moyen âge, et qu’ils se souciaient médiocrement de la beauté d’un pilori» (Hugo 1865: 119). 118 «Mais peu à peu cette patience, qui s’était roidie sous le fouet du tourmenteur, fléchit et lâcha pied à toutes ces piqûres d’insectes. Le boeuf des Asturies, qui s’est peu ému des attaques du picador, s’irrite des chiens et des banderilles. Il promena d’abord lentement un regard de menace sur la foule. Mais garrotté comme il l’était, son regard fut impuissant à chasser ces mouches qui mordaient sa plaie» (Hugo 1865: 122). 119 Quando Quasimodo chiede alla folla un sorso d’acqua, Hugo (1865: 123) nota che «cette exclamation de détresse, loin d’émouvoir les compassions, fut un surcroît d’amusement au bon populaire parisien qui entourait l’échelle, et qui, il faut le dire, pris en masse et comme multitude, n’était alors guère moins cruel et moins abruti que cette horrible tribu des truands chez laquelle nous avons déjà mené le lecteur, et qui était tout simplement la couche la plus inférieure du people». 120 Trad. ns. Ed. or.: «Le peuple, au moyen âge surtout, est dans la société ce qu’est l’enfant dans la famille. Tant qu’il reste dans cet état d’ignorance première, de minorité morale et intellectuelle, on peut dire de lui comme de l’enfant: Cet âge est sans pitié» (Hugo 1865). 121 Lukàcs (1970: 31). 122 (Lukàcs 1970: 81). 123 Lukàcs (1970: 82). 124 Fa eccezione il primo traduttore dell’opera, Antoine François Marius Rey-Dussueil, che ha curato la prima edizione francese, in cinque volumi, per i tipi dell’editore parigino Charles Gosselin, nel 1828. Si tratta di una versione della ventisettana, nella quale Manzoni non ha ancora sostituito i termini lombardi con quelli fiorentini che appariranno nella definitiva edizione quarantana. 125 Manzoni (1840: 56). 176 126 L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI Questa la traduzione di Montgrand: «Pendant que le docteur débitait cette enfilade de phrases, Renzo le regardait avec une attention extatique, comme un badaud sur la place publique regarde un joueur de gobelets qui, après avoir mis dans sa bouche de l’étoupe, de l’étoupe et encore de l’étoupe, en retire du ruban, du ruban et encore du ruban, à n’en pas finir» (Manzoni 1877: 39). Questa soluzione era già stata adottata da Montgrand nella traduzione della ventisettana, per i tipi del marsigliese Marius Olive (Manzoni 1832: 95). 127 Questa la traduzione di Martinelli: «Pendant que le docteur débitait cette longue tirade, Renzo était là, debout, immobile, le regardant avec une attention qui tenait presque de l’extase, comme ferait un badaud s’arrêtant tout ébahi sur la place publique à contempler un bateleur qui, après s’être fourré dans la bouche de l’étoupe, encore de l’étoupe, et toujours de l’étoupe, en tire ensuite du ruban, encore du ruban et toujours du ruban, à n’en pas voir la fin» (Manzoni 1897: 47). 128 Manzoni (1840: 217). 129 «Il lui donna l’ordre d’en expédier deux autres à la masure abandonnée, avec mission de rôder alentour, afin d’en tenir à distance tout badaud qui viendrait a se diriger de ce côté et de soustraire la litière à tous les regards jusqu’à la nuit suivante où on l’enverrait prendre …» (Manzoni 1897: 201). 130 Manzoni (1840: 220). 131 «Vont-ils en faire, des commérages, là-dessus, ces tas do badauds, dans tout le canton» (Manzoni 1897: 203). 132 Manzoni (1840: 248). 133 «Ces badauds qui font maintenant tant de tapage, demain ou après se tiendront cois chez eux et tout tremblants de peur» (Manzoni 1897: 232). 134 Manzoni (1840: 271). 135 «Sur ces entrefaites, le soleil s’était couché, les objets peu à peu devenaient tous d’une même teinte, et bon nombre de ces badauds, fatigués de la journée et ennuyés de jaser dans l’obscurité, reprenaient le chemin du logis» (Manzoni 1897: 257). 136 Manzoni (1840: 269-270). 137 Trad. ns. Ed. or.: «L’égalité devant la loi, la liberté de la conscience, la liberté de la parole, la liberté de la presse, l’accessibilité de toutes les aptitudes à toutes les fonctions» (Hugo 1881: 5). NOTE 138 177 Siciliano (2005). «Badaud, badaude. Promeneur curieux de tous les spectacles de la rue et qui s’attarde à les regarder (rare au féminin): Un attroupement de badauds. Synonyme: flâneur» (Larousse 2016). 140 Cfr. Crisco (2016), DDS (2016) e Synonymes (2016). 141 Trad. ns. Ed. or.: «In the flâneur, the joy of watching is triumphant. It can concentrate on observation; the result is the amateur detective. Or it can stagnate in the gaper; then the flâneur has turned into the badaud» (Benjamin 2006: 62). 142 Il termine “flâneur” compare nel titolo e nel testo senza l’accento circonflesso sulla a. 143 Trad. ns. Ed. or.: «Le flaneur compose tout un roman, rien que sur la simple rencontre en omnibus d’une petite dame au voile baissé,— puis l’instant d’après il se livre aux plus hautes considerations philosophiques, sociales et humanitaires, en admirant tous les prodiges que l’éducation peut obtenir de simples hannetons qui se battent en duel comme de véritables Saint-Georges» (Huart 1841: 55-56). 144 Trad. ns. Ed. or.: «Si, par hasard, le musard assiste au drame palpitant d’un serin que l’on cherche à faire rentrer dans sa cage, il en a pour toute son après-midi; — bien différent en cela d’un flâneur intelligent qui n’accorderait au serin qu’un petit quart d’heure, et qui encore consacrerait au moins quatorze minutes de ce temps à lorgner toutes les jolies femmes attirées à la fenêtre par cet événement important. Le musard ne rentre dans son logement qu’après que le serin lui en a donné l’exemple» (Huart 1841: 35). 145 Trad. ns. Ed. or.: «Une grande ignorance en historie naturelle est cause que quelquefois encore on accorde la qualification de flaneur à des mortels, très-vertueux du reste, mais qui ne sont que de simples badauds, nés natifs de Carpentras, de Londres, de Quimper-Corentin, de Saint-Pétersbourg» (Huart 1841: 39). 146 Trad. ns. Ed. or.: «Si l’homme affairé, cette mouche qui bourdonne dans tous les coins de Paris pour le malheur des citoyens honnêtes, est regardé comme bien peu de chose par le flaneur, il a peut-être encore moins d’estime pour le badaud avec le quel on l’a si impoliment confondu. C’est dans les passages surtout qu’on peut juger l’abîme qui les sépare. Le badaud est là, qui regarde stupidement toutes choses, qui s’arrête sans choix devant le premier morceau de plàtre, décoré du nom de statuette ou de charge, qui dévore du regard les bil139 178 L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI lets de banque et les piles de pièces de cinq francs du changeur avec une avidité indigne de l’âme généreuse du flaneur. Que celui-ci est différent!» (Huart 1841: 95-96). 147 «Les Forts sont aussi un sujet perpétuel de soupirs et de coups de brosse pour les badauds parisiens, — nous ne parlons pas politique, — nous parlons seulement des forts de la halle au blé et de la halle au charbon» (Huart 1841: 88). 148 Cfr. Huart (1841: 68). 149 Trad. ns. Ed. or.: «Descendez-vous de cheval, il s’offre pour tenir la bride en votre absence. — Votre voiture s’arrête-t-elle, il accourt, met le pan de sa veste sur la roue boueuse et vous aide à franchir le marchepied; — il porte le pot de fleur que vous venez d’acheter pour elle; — il guide l’étranger qui cherche la poste aux lettres, son hôtel, la Bourse, ou tout autre établissement public; — êtes-vous retenu par un orage sous la porte cochère, il court chercher pour vous une voiture; enfin, il fera tout pour obtenir de ses concitoyens les cinquante centimes nécessaires à son bonheur» (Huart 1841: 71-73). 150 Cfr. Huart (1841: 74). 151 Lukács (1970). 152 Poiché esiste una traduzione italiana de Les Misérables, curata da Renato Colantuoni per gli editori Mursia e Garzanti, riporteremo nel testo i frammenti in lingua italiana. Ci faremo premura di rendere accessibili nelle note a piè di pagina i corrispondenti frammenti in lingua francese, ogni qual volta contengano i termini “badaud” e “flâneur”, per facilitare il riscontro. 153 Cecilia Russo (2013) scrive che «Les Misérables può essere classificato come un romanzo storico, sociale, epico, filosofico, didattico e sentimentale». Matilde Quarti (2016) nota che «per dichiarazione dello stesso Hugo, che dopo il colpo di stato di Luigi Napoleone Bonaparte del 1851 è esule politico per scelta volontaria, I miserabili sono un romanzo storico e sociale al tempo stesso». 154 Richard Lee (2016), nel sito della Historical Novel Society, fissa convenzionalmente a mezzo secolo la distanza che deve separare la stesura del romanzo dagli eventi narrati: «Per essere considerato storico (nel nostro senso), un romanzo deve essere stato scritto almeno cinquant'anni dopo gli eventi descritti, oppure deve essere stato scritto da qualcuno che non era in vita all’epoca di quegli eventi (e che, quindi, vi si avvicina solo attraverso la ricerca)» (Trad. ns.). NOTE 155 179 Guido Mazzoni (2011: 293) parla de I miserabili come di un romanzo «realista» e insieme «melodrammatico» che, tuttavia, vede la luce in ritardo, rispetto alle mode letterarie, ossia quando ormai si afferma la tendenza a separare accuratamente i due generi. Nicole Masson (2007: 294) lo cataloga come un «roman social, roman épique». Max Milner e Claude Pichois (1996: 248) notano, infine, che «malgré la conception souvent mélodramatique de l’intrigue, Hugo est en marche vers le roman épique dont il a rêvé à propos de Walter Scott et qu’il réalisera dans Les Misérables». 156 Hugo (2013: 1293). 157 Hugo (2013: 601). 158 Hugo (2013: 604). Ed. or.: «Tous les jours donc, du matin au soir, les quais, les musoirs et les jetées du port de Toulon étaient couverts d’une quantité d’oisifs et de badauds, comme on dit à Paris, ayant pour affaire de regarder l’Orion» (Hugo 2004, II: 99). 159 Hugo (2013: 918). 160 Hugo (2013: 922-923). Ed. or.: «Paris commence au badaud et finit au gamin, deux êtres dont aucune autre ville n’est capable; l’acceptation passive qui se satisfait de regarder, et l’initiative inépuisable; Prudhomme et Fouillou. Paris seul a cela dans son histoire naturelle. Toute la monarchie est dans le badaud. Toute l’anarchie est dans le gamin» (Hugo 2004, III: 9). 161 Hugo (2013: 1648-1649). 162 Hugo (2013: 1653). 163 Hugo (2013: 1655). 164 Hugo (2013: 1660). 165 Hugo (2013: 1041). 166 Hugo (2013: 1042). 167 Hugo (2013: 1042). 168 Hugo (2013: 1716). 169 Hugo (2013: 1718). Ed. or.: «Ah ! par tous les saints de l’Olympe et par tous les dieux du paradis, je n’étais pas fait pour être Parisien, c’est-à-dire pour ricocher à jamais, comme un volant entre deux raquettes, du groupe des flâneurs au groupe des tapageurs!» (Hugo 2004, IV: 394). 170 Hugo (2013: 1041). 171 Hugo (2013: 1734). Ed. or.: «L’énorme barricade le sentait sur sa croupe. Il gênait les flâneurs, il excitait les paresseux, il ranimait les 180 L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI fatigués, il impatientait les pensifs, mettait les uns en gaîté, les autres en haleine, les autres en colère, tous en mouvement, piquait un étudiant, mordait un ouvrier …» (Hugo 2004, IV: 408). 172 Mould (2011: 112). 173 Hugo (2013: 1964). 174 Lukács (1970: 237). 175 Trad. ns. Ed. fr.: «La foule psychologique est un être provisoire, composé d’éléments hétérogènes pour un instant soudés, absolument comme les cellules d’un corps vivant forment par leur réunion un être nouveau manifestant des caractères fort différents de ceux que chacune de ces cellules possède» (Le Bon 2002: 18). 176 Trad. ns. Ed. fr.: «la foule est aussi aisément héroïque que criminelle» (Le Bon 2002: 3). 177 Trad. ns. Ed. fr.: «Il n’est plus lui-même, mais un automate que sa volonté est devenue impuissante à guider» (Le Bon 2002: 20). 178 Winock (1988). 179 Trad. ns. Ed. fr.: «Celui-ci, cuisinier sans place, demi-badaud qui est allé à la Bastille pour voir ce qui s’y passait, juge que, puisque tel est l’avis général, l'action est patriotique, et croit même mériter une médaille en détruisant un monstre. Avec un sabre qu’on lui prête, il frappe sur le col nu; mais le sabre mal affilé ne coupant pas, il tire de sa poche un petit couteau à manche noir et (comme, en sa qualité de cuisinier, il sait travailler les viandes) il achève heureusement l’opération» (Le Bon 2002: 86). 180 Winock (1988: 159). 181 Winock (1988: 159). 182 Winock (1988: 159). 183 Trad. ns. Ed. fr.: «La multitude est donc l’aboutissant d’une révolution, mais n’en constitue pas le point de départ. La foule représente un être amorphe, qui ne peut rien et ne veut rien sans une tête pour la conduire. Elle dépasse bien vite ensuite l’impulsion reçue, mais ne la crée jamais» (Le Bon 2001: 23). NOTE 181 182 L’ARTE DI PASSEGGIARE E FARE LE RIVOLUZIONI Digital Edition Orbis Idearum Press September 1st, 2024