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Social Housing fra costo, qualità e sostenibilità

L’articolo riporta una serie di riflessioni dedicate all’accezione dei termini “costo” e “qualità” in relazione dell’edilizia dedicata al Social Housing dai programmi di ricostruzione postbellica al periodo attuale. Ciò avviene anche in riferimento all’esigenza di sostenibilità del costruito studiata durante il Workshop della laurea magistrale in costruzione tenutosi nel giugno 2010.

72 _ ilProgettoSostenibile 25 Social Housing fra costo, qualità e sostenibilità MariaAntonia Barucco Istituto Universitario di Architettura di Venezia “Casa a basso costo” è un’accezione che acquista un senso differente al passare del tempo in relazione al mutevole significato delle parole “casa” e “costo”: le chiavi di lettura per riconoscere una serie di innovazioni che segnano la storia recente dell’edilizia italiana e della tecnologia dell’architettura. L’idea di “casa” dal secondo dopoguerra ad oggi è molto cambiata, in Italia come in molti altri Paesi d’Europa. La devastazione del patrimonio edilizio generata dai bombardamenti aerei portò le persone a cercare “un tetto sotto il quale passare la notte, ubicato non importa dove, costruito con qualsiasi tecnica e attrezzato al suo interno con il minimo indispensabile in termini di superfici, ambienti, servizi e arredi” (Sinopoli, 2002). Il numero delle persone senza casa e l’urgenza di trovare una soluzione al problema abitaNel progetto del social housing è fondamentale tivo portano a definire il costo degli edifici solo in funzione alla somma ridurre il costo generalizzato progettando edifici dei costi dei materiali da costruzione, dei cantieri, dei progetti e delle adattabili e flessibili nel tempo. Ma è necessario aree: tutto doveva essere il meno oneroso possibile. tener conto anche del costo degli impatti La definizione del costo di un edificio è una questione fondamentale per ogni costruzione e tanto più lo è trattando il tema del Social ambientali dell’edificio in tutte le fasi di vita. Housing; per affrontare la questione in modo semplice ma analitico è possibile fare riferimento al fondatore delle teorie del valore in economia, William Petty (1662), il quale descriveva il costo di un bene come la somma del suo costo di produzione (“costo naturale”, cioè naturalmente connesso alla produzione) e del valore attribuitogli in virtù di una serie di cause contingenti (“costo corrente”, cioè quello che aumenta o diminuisce al variare delle esigenze o delle mode). Nell’epoca della ricostruzione postbellica, in cui le cause contingenti che spingevano alla realizzazione di edifici erano pressoché interamente identificabili con l’urgenza abitativa, l’abbattimento del costo naturale pareva dunque l’unica contingenza su cui riflettere. Gli interventi di prima ricostruzione furono realizzati con materiali tradizionali (travi in legno, muri in mattoni…) e sostanzialmente in conformità alle tecniche costruttive precedenti alla guerra ma, in un contesto sociale ed economico mutato, le tecnologie per la realizzazione degli edifici dovettero innovarsi ed adeguarsi alla domanda del mercato. Negli anni ‘60 ci si rese conto che la scarsità di maestranze qualificate (molte vittime della guerra) e i tempi di costruzione, che dovevano essere quanto più brevi possibile, richiedevano un’innovazione delle tecnologie costruttive. Vennero fatti i primi tentativi di prefabbricazione e si spostarono le lavorazioni dal cantiere alla fabbrica, in questo modo i tamponamenti e le coperture Figura 1. Le onde dell’innovazione nella recente storia dell’edilizia: al diminuirsi dell’ondata quantitativa si sviluppano domande qualitative e quando si assolve un’esigenza ne appaiono delle nuove da soddisfare. Lo schema è realizzato sul modello delle ondate lunghe dell’innovazione di Kondratieff e alimentato dalle lezioni dei professori Longhi e Manfron Università IUAV di Venezia) e dai testi del prof. Sinopoli (2002). 1 Studi e Ricerche _ 73 Figura 2 e 3. Il progetto realizzato dagli architetti Alessandro Recaldin e Daria Zatti (Università IUAV di Venezia), secondo classificato al concorso internazionale “SAIE selection 2009” per la categoria “wood”. L’obiettivo è il progetto di abitazioni di qualità con costi di realizzazione e utilizzo contenuti, che facciano dell’ecosostenibilità e della prefabbricazione dei punti di forza. L’unità abitativa si basa su un modulo di 3,50 m x 3,50 m e su una tipologia di base da 45 mq che può consentire l’ampliamento dell’alloggio sino a 110 mq. Sui tetti inclinati sono disposti dei pannelli fotovoltaici mentre le coperture piane sono adibite a terrazze e sono predisposte per garantire un agevole ampliamento dell’abitazione. I pacchetti tecnologici sono progettati ad hoc, realizzati industrialmente, montati a secco e realizzati con prodotti riciclati e riciclabili. 2 venivano prodotti industrialmente e assemblati in cantiere su strutture in calcestruzzo gettato in opera. Questa fase nella storia del social housing è rappresentata nella prima onda della figura 1. Risolta in buona parte l’emergenza e a distanza di solo un ventennio, l’idea di casa, la valutazione del costo degli edifici e le tecnologie costruttive mutarono: non è più il numero degli immobili a muovere la ricerca, le politiche e il lavoro degli architetti, non si presta attenzione solo alla quantità di immobili ma anche alla loro qualità. Si cominciò a pensare alla casa come ad una costruzione che doveva garantire la migliore delle risposte possibili alle esigenze degli utenti e all’architetto spettò così il compito di richiedere politiche più efficienti oltre che di costruire case rispondenti alle esigenze del tempo. Il costo di un edificio veniva ad essere superiore a quello definito in precedenza, veniva infatti dato un valore al disegno urbano, al comfort delle abitazioni (isolamenti…) e all’aspetto degli edifici. Superata l’emergenza abitativa si sommava al “costo naturale” (aumentato dall’utilizzo di materiali nuovi) il “costo corrente” dovuto alla realizzazione dei primi strumenti urbanistici attuativi, al raggiungimento dei primi standard utili a garantire la qualità del 3 costruito e all’attuazione delle politiche di recupero del patrimonio edilizio superstite (si trattava in gran parte di edifici nel cuore delle città). Le tecnologie per realizzare edifici di Social Housing in questo secondo periodo della recente storia edilizia furono principalmente i laterizi forati e il calcestruzzo che veniva gettato in casseforme spesso riutilizzabili per realizzare setti e solette: la lavorazione standardizzata esce dalla fabbrica e arriva in cantiere, a volte anche attraverso la realizzazione di alcune parti dell’edificio a piè d’opera per poi procedere al loro montaggio. Queste tecnologie hanno segnato la storia dell’edilizia in Europa (la seconda onda nella figura 1) e continuano anche oggi ad essere utilizzate in Paesi in via di sviluppo. Ciò è reso possibile dal commercio dei brevetti (ad esempio il tunnel) e soprattutto dalla noncuranza nei confronti dei problemi dovuti dall’incredibile impatto che queste tecnologie costruttive hanno sulla flessibilità e sulla manutenibilità degli edifici, aspetti caratterizzanti il successivo periodo dell’edilizia, periodo di cui siamo noi oggi i protagonisti (la terza onda in figura 1). I ragionamenti su quantità e su qualità del patrimonio edilizio realizzato dagli anni ‘40 agli anni ‘80 devono essere letti in rapporto alle attuali esigenze e ciò influenza anche la stima del valore economico degli immobili: sono necessari ingenti e continui investimenti per mantenere in funzione il patrimonio edilizio esistente nella sua vastità (quantità); inoltre, degli ulteriori e più alti costi sono da prevedere nel momento in cui si vogliono garantire prestazioni adeguate alle nuove esigenze (qualità), a volte molto differenti da quelle passate. Gli interventi necessari per la gestione, la manutenzione e l’adeguamento del patrimonio edilizio esistente rendono inevitabile ripensare il concetto di “basso costo” inteso unicamente come costo di costruzione. Negli anni ‘90 le ricerche si concentrano non solo su questo valore ma anche e soprattutto sul “costo generalizzato”, pari alla sommatoria del costo di costruzione, al costo d’esercizio e alle altre spese necessarie per garantire la qualità degli edifici durante tutta la durata del loro ciclo di vita (Manfron, 2005). Nella valutazione del costo di un edificio, il costo di costruzione ha dunque un peso relativo rispetto al “valore economico corrente” determinato dalle cause contingenti che risultano non trascurabili nella gestione di un patrimonio edilizio desueto: il progettista lavora dunque considerando il ciclo di vita degli edifici in relazione al costo generalizzato per garantire la sostenibilità sociale ed economica del costruito che, nel 74 _ ilProgettoSostenibile 25 Figura 4. Progetto dell’architetto Alessandro Pizzolato (Università IUAV di Venezia), terzo classificato al concorso internazionale “SAIE selection 2009” per la categoria “concrete”. La collocazione nell’area veneta del progetto di Social Housing ha provocatoriamente portato a ideare abitazioni modulari all’interno di una griglia strutturale simile a quella dei capannoni, architettura molto diffusa sul territorio. Le strutture in cemento armato 4 caso dell’edilizia residenziale pubblica, si rivela essere un chiaro interesse della collettività. Nel progettare social housing diviene dunque fondamentale ridurre il costo generalizzato e per raggiungere l’obiettivo gli edifici devono essere progettati per essere adeguati nel tempo, vale a dire per rispondere all’esigenza di adattabilità e flessibilità degli spazi e degli impianti. I progettisti che riconoscono il valore di questo approccio, definito “prestazionale”, progettano pacchetti costruttivi complessi: le numerose prestazioni richieste all’involucro, ad esempio, non possono essere garantite da un unico strato di mattoni o di calcestruzzo e così sono le prestazioni stesse a divenire lo strumento per scegliere ad hoc la stratigrafia complessa di un apparato murario che, prodotto industrialmente e montato a secco, garantisca la qualità dell’ambiente interno, l’integrazione impiantistica, la flessibilità degli spazi e la smontabilità dell’edificio. Si è descritta la sostenibilità sociale ed economica del costruito, ma una nuova frontiera per la definizione di edifici di qualità può essere posta oltre: il termine “sostenibilità” oggi è utilizzato soprattutto per mettere a fuoco l’esigenza di un maggiore rispetto dell’ambiente naturale, è necessario “soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri” (WCED, 1987). Questo nuovo aspetto è riconosciuto dagli standard internazionali ed è esplicitato dalla norma ISO 15392 dedicata ai principi generali per la definizione della sostenibilità degli edifici. L’insieme di queste riflessioni deve portare il progettista a realizzare case che non devono costare troppo per la società, la quale ne deve precompresso prefabbricato con copertura di travi a sezione alare rende possibile la collocazione di diverse tipologie di alloggi (35, 50, 75 mq). Alle unità abitative è garantita un’efficiente ventilazione naturale e un notevole apporto di luce naturale anche negli ambienti più interni grazie agli affacci sulle corti e a un sistema di lucernai costituiti dagli shed e microshed di copertura. Un sistema di barriere vegetali mitiga l’impatto acustico tra il contesto e il quartiere. garantire la qualità nel tempo, ma anche case che rispondano alle esigenze di tutti, intendendo con “tutti” ogni persona che vive negli immobili, il luogo in cui essi insistono, la regione in cui sono state adottate determinate politiche abitative ed ogni persona che, pur essendo estranea all’esistenza di immobili, luoghi e politiche, vive in un sistema, in un mondo, modificato da quegli interventi edilizi. Si ha dunque il ribaltamento del ragionamento inizialmente fatto sul “costo naturale” e sul “costo corrente” degli edifici: parlando di ecocompatibilità, il costo della progettazione e della realizzazione sono solo una componente del costo ambientale di un edificio. Al contempo è giusto riconoscere il valore del buon progetto, dei materiali e delle tecnologie che garantiscono di non danneggiare l’ambiente naturale. La ricerca accademica e industriale sono oggi volte ad identificare metodologie progettuali e tecnologie che corrispondono al principio di sostenibilità ambientale degli edifici. La strada per fare ciò è stata definita a livello internazionale da linee guida (ISO, CIB…) che ampliano il ragionamento in merito al costo generalizzato arricchendolo delle stime degli impatti ambientali causati dall’edificio a partire dal momento dell’estrazione delle materie prime sino ad arrivare alla sua demolizione e riciclo. Inoltre, sono già stati disposti alcuni standard internazionali per agevolare la diffusione dell’innovazione ed appoggiare le attività di ricerca; tali standard consentono la codificazione e la divulgazione delle caratteristiche di sostenibilità del costruito attraverso le certificazioni. Le politiche di housing che terranno conto di questi aspetti saranno tese a garantire la qualità degli immobili nel tempo al più basso costo possibile durante l’interno del ciclo di vita programmato. Tali immobili non perderanno valore al passare del tempo perché, se il progetto tiene conto della flessibilità di spazi e impianti, Studi e Ricerche _ 75 Figura 5. Progetto dell’architetto Mauro Berti (Università IUAV di Venezia), primo classificato al concorso internazionale “SAIE selection 2009” per la categoria “concrete”. L’idea progettuale alla scala tecnologica ricerca l’industrializzazione e alla scala compositiva pone l’accento sul disegno degli spazi esterni al fine di contribuire all’interazione tra gli utenti. Le unità abitative sono costituite da elementi a “C” in cemento riciclato, accostati tra loro tramite un aggancio maschiofemmina, irrigiditi da cavi post-tesi e controventati da una trave reticolare. La produzione in fabbrica e il montaggio a secco abbattono i tempi di costruzione e l’impatto ambientale del cantiere. La costruzione a secco consente di ampliare le unità abitative accostando nuovi elementi modulari, e flessibilità degli ambienti. A fine vita, l’edificio può essere smontato, recuperato e rimontato altrove o riciclato. sarà possibile mantenere e trasformare il costruito con il minimo della spesa. Il loro valore crescerà anche al confronto con un sempre più vasto patrimonio edilizio inefficiente ed inadeguato alle nuove esigenze, ad esempio si può considerare che il costo dell’energia e delle risorse in generale diverrà sempre più alto e gli edifici energeticamente inefficienti inevitabilmente usciranno dal mercato se non saranno ristrutturati in modo adeguato. Su questi temi sono stati incentrati i progetti degli studenti di alcuni laboratori della laurea specialistica all’Università IUAV di Venezia. Ciò è stato possibile anche grazie al diretto confronto con l’Ater di Venezia e alla sovrapposizione di due filoni di ricerca attivi da tempo dedicati all’ecocompatibilità del costruito (anche attraverso lo studio dei regolamenti edilizi sostenibili e delle certificazioni di sostenibilità) e all’edilizia residenziale sovvenzionata, tema cardine della storia IUAV e oggi rafforzato da nuove collaborazioni, nuove ricerche e nuove prospettive di sviluppo. Bibliografia CIB (Conseil International du Bâtiment), Agenda 21 on sustainable construction, CIB report Publication n. 237, 1999. Longhi G., Agenda di Sviluppo sostenibile di Casier, 2007 (on line 2010). Manfron V., Qualità e affidabilità in edilizia, Angeli, Milano, 1995 (rist. 2003). Sinopoli N., Tatano V., Sulle tracce dell'innovazione. Tra tecniche e architettura, Angeli Milano, 2002 (rist. 2009). WCED, Report of the World Commission on Environment and Development: Our Common Future, 1987 (on line 2010). William P., Treatise of taxes and contribution, Robert Harford at the Angel in Cornhill, London, 1679 (on line 2010). ISO 15392:2008 - Sustainability in building construction General principles. 5