Enrico GarGiulo
Costruire il bravo
poliziotto
I manualI dI polIzIa tra Il secondo dopoguerra e la metà
deglI annI sessanta
I
manuali impiegati nella formazione del personale di polizia a partire dal
secondo dopoguerra sono un oggetto di studio piuttosto interessante dal
punto di vista storico e sociologico, in quanto forniscono informazioni
preziose su due questioni rilevanti. In primo luogo, questi testi contengono dettagliate prescrizioni morali e comportamentali rivolte ad allievi uiciali, sottuiciali e guardie di Ps, dando così conto, in maniera eicace,
delle modalità con cui le istituzioni poliziesche, nel corso del tempo, hanno
sviluppato al proprio interno una certa rappresentazione degli atteggiamenti e
delle condotte delle reclute e hanno prodotto un insieme di strategie orientate a plasmare il carattere dei propri membri, nel tentativo di renderlo conforme a un modello desiderato. Inoltre, i volumi inalizzati alla formazione del
personale di Ps racchiudono articolate classiicazioni degli individui e delle
diferenti soggettività sociali con cui gli operatori sono chiamati a interagire,
forniscono dettagliate indicazioni giuridiche e operative riguardo all’uso della
forza e degli strumenti di coazione isica e trattano il tema dell’ordine pubblico
in un’ottica teorica ma, soprattutto, tecnico-operativa. A prescindere dal fatto che rispecchino fedelmente o meno i contenuti efettivamente impartiti nei
corsi e gli insegnamenti appresi sul campo, i manuali permettono dunque di
avere accesso – seppur in maniera parziale – al sapere di polizia1 e al modo in cui
questo viene riprodotto e trasmesso, e di indagarne da una prospettiva sociostorica le trasformazioni nel corso degli anni.
I primi testi prodotti dal ministero dell’Interno tra la seconda metà degli anni
quaranta – ossia, subito dopo la militarizzazione della polizia2 e l’istituzione
formale del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza3 – e la metà degli anni sessanta sono piuttosto interessanti da vari punti di vista4, e presentano diferen1
Ossia, le conoscenze di tipo pratico sulla società necessarie per conseguire gli obiettivi assegnati alla
polizia (cfr. Salvatore Palidda, Polizia postmoderna. Etnograia del nuovo controllo sociale, Feltrinelli, 2000),
nonché la percezione che le istituzioni poliziesche hanno del proprio ruolo e della realtà esterna (cfr. Donatella Della Porta e Herbert Reiter, Polizia e protesta. L’ordine pubblico dalla Liberazione ai «no global», il Mulino,
2003).
2
Avvenuta il 31 luglio del 1943, per volontà del re, il quale voleva garantire la fedeltà della Ps alla monarchia (cfr. Romano Canosa, La polizia in Italia dal 1945 a oggi, il Mulino, 1976; Annibale Paloscia, Storia della
Polizia, Newton Compton, 1989).
3
Avvenuta il 2 novembre del 1944.
4
I manuali trattati in questo contributo costituiscono un oggetto in qui poco analizzato negli studi italiani sulla polizia. Riferimenti ad alcuni di questi testi sono tuttavia rinvenibili in D. Della Porta e H. Reiter,
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ScHEGGE
Manuale di istruzione tecnico-professionale ad uso delle Scuole di Polizia,
Istituto Poligraico e Zecca dello
Stato, 1988, p. 122
Ministero dell’Interno – Direzione generale della Ps – Divisione
scuole di polizia, Manuale di istruzione professionale: per allievi guardie e guardie di Ps, Fratelli Palombi, 1966, p. 360
Ministero dell’Interno – Direzione generale della Ps – Divisione scuole di polizia, Manuale
di istruzione professionale: per
allievi guardie e guardie di Ps, Fratelli Palombi, 1966, p. 355
ze signiicative rispetto ai volumi pubblicati successivamente. Questi manuali,
se con riferimento ad alcuni temi – ad esempio, l’individuazione di persone
“pericolose” o “sospette” e il controllo del territorio – contengono nozioni propriamente “poliziesche”, per ciò che riguarda invece altre questioni – si pensi
soprattutto alla gestione dell’ordine pubblico5 – presentano saperi di carattere
prettamente “militare”, non sempre focalizzati in maniera speciica sulle situazioni tipo che gli operatori di Ps si trovano ad afrontare e, dunque, più adatti
ai bisogni professionali di forze di sicurezza pensate per fronteggiare insurrezioni rivoluzionarie che non a quelli della polizia di uno stato compiutamente
democratico6. I testi prodotti in questo periodo, inoltre, sono profondamente
incentrati sull’educazione del poliziotto, rilettendo le esigenze formative della
Ps dell’epoca. Per come appare dai manuali, la polizia, in questa fase storiPolizia e protesta, cit.; Angelo D’Orsi, La polizia. Le forze dell’ordine italiano, Feltrinelli, 1972; Marco Grispigni,
Imprese di polizia. La gestione dell’ordine pubblico nella “stagione dei movimenti” in Italia e in Francia, «Zapruder»,
n. 20, 2009, pp. 22-39; A. Paloscia, Storia della Polizia, cit. Per un’analisi di manuali relativi a periodi storici
precedenti, e in particolare all’Italia liberale, cfr. Michele Di Giorgio, Una cultura professionale per la polizia
dell’Italia liberale. Antologia del «Manuale del funzionario di sicurezza pubblica e di polizia giudiziaria» (1863-1912),
Unicopli, 2015.
5
I saperi relativi alla gestione dell’ordine pubblico sono centrali per l’agire dei neonati Reparti celere,
introdotti da Giuseppe Romita nel 1946.
6
Saperi, peraltro, pienamente coerenti con la natura della celere alla ine degli anni quaranta, descritta da
Paloscia come «una forza compatta, disciplinata, armata come un esercito e con un addestramento più da
truppa che da polizia. […] trasformata in una forza da controguerriglia, fornita di autoblindo, mitragliatrici pesanti e perino mortai» (A. Paloscia, Storia della Polizia, cit., p. 147).
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ca, sembra interessata a trasformare in bravi cittadini soggetti percepiti come
“incivili” – nuove reclute “pasoliniane”, ossia di estrazione proletaria o sottoproletaria e di provenienza in buona parte meridionale – prima ancora che a
formare eicienti “tutori dell’ordine”.
In altre parole, negli anni del centrismo e dello “scelbismo”, il Corpo delle
guardie di pubblica sicurezza, mentre sul piano delle pratiche si distingue per
l’espulsione della maggior parte dei partigiani che si erano arruolati al suo
interno subito dopo la conclusione del secondo conlitto mondiale e si rende
protagonista di numerosi eccidi di braccianti e operai7, sul piano formativo
appare preoccupato di insegnare le “buone maniere” ai propri membri più che
di plasmare operatori capaci di distinguere tra le modalità operative con cui
agire nelle piazze e i comportamenti da tenersi in un teatro bellico.
Successivamente, le esigenze educative della Ps tendono ad attenuarsi – come
testimoniato dalla progressiva scomparsa delle parti di testo dedicate alle norme comportamentali e alla vita in caserma –, mentre fanno il loro ingresso
capitoli e/o interi volumi dedicati al mantenimento dell’ordine pubblico, alla
composizione delle masse in piazza e alla loro gestione. I saperi sulle folle e
sull’uso delle armi e degli altri mezzi di coazione isica nei servizi di Op, in
particolare, diventano centrali a partire dai primi anni sessanta, quando viene
prodotto un testo esplicitamente dedicato alle tecniche e alle tattiche di gestione delle piazze, corredato da dettagliate informazioni e istruzioni operative
– anche in forma graica – sulle modalità di controllo degli spazi in cui hanno
luogo eventi pubblici e manifestazioni8, e i manuali cominciano a contenere
sezioni relative alle masse e alle loro caratteristiche. Tali saperi acquistano poi
una rilevanza crescente negli anni novanta e duemila, come evidenziato dalla
produzione di alcuni volumi a uso interno9 e dalla pubblicazione di testi liberamente in commercio ma scritti da membri della polizia10 – esperti di ordine
pubblico e formazione –, chiaramente indirizzati agli operatori del settore e
contenenti gli stessi schemi operativi introdotti nei manuali dei decenni precedenti o versioni aggiornate degli stessi.
Con il passaggio dalla fase del centrismo e dello “scelbismo” agli anni del
centro-sinistra, dunque, l’addestramento rigido e paternalistico, improntato a
Su questi punti, cfr. A. Paloscia, Storia della Polizia, cit.
Cfr. ministero dell’Interno – Direzione generale della Ps – Scuola superiore di polizia, Tattica di polizia
e difesa dell’ordine pubblico, Roma, 1962. Ringrazio Michele di Giorgio per avermi segnalato l’esistenza di
questo volume e per avermene fornito una copia.
9
Ad esempio, cfr. ministero dell’Interno – Dipartimento della pubblica sicurezza – Direzione centrale per
gli istituti di istruzione per istruttori di tecniche operative, Le tecniche nei servizi di ordine pubblico, Roma,
1994; Aldo Gianni, L’ordine pubblico di polizia. Orientamento alla gestione dell’ordine pubblico ed ai relativi servizi
di polizia, Roma, 2000; ministero dell’Interno – Dipartimento della pubblica sicurezza – Direzione centrale
per gli afari generali della polizia di stato (a cura di Valerio Donnini), Concetti tecnico-tattici di impiego delle
Unità Organiche a vario livello nei servizi di Op, Roma, 2001.
10
Ad esempio, cfr. Flavio D’Ambrosi e Antonio Adornato, L’uso legittimo degli strumenti di coazione isica nei
servizi a tutela dell’ordine pubblico, Edizioni Italia Press, 2006; F. D’Ambrosi e Francesco Barresi, Folla, Follia,
Tumulti. Psicodinamica dell’individuo nella massa, Iris4, 2004; Andrea Girella e Filippo Girella, L’ordine pubblico
di polizia, Laurus Robufo, 2008.
7
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ScHEGGE
principi e metodi di stampo marziale e caratterizzato da una forte sovrapposizione tra sapere di polizia e sapere militare11, lascia spazio a una formazione
più professionale e a nozioni e cognizioni speciicamente “poliziesche”. Ciò
non signiica, tuttavia, che le pratiche e i comportamenti della Ps nelle piazze
si facciano necessariamente meno cruenti e più misurati: come dimostrato da
numerosi eventi collocabili tra la ine degli anni sessanta e oggi, le strategie
e le tecniche di repressione della protesta e del dissenso evidenziano ancora
tratti fortemente “militari” e, in questo senso, si conigurano come ben poco
professionali dalla prospettiva di una polizia “civile”. A riguardo, tra gli episodi dell’ultimo quindicennio, che vedono coinvolta una polizia ormai da lungo
tempo formalmente smilitarizzata12, basti ricordare il G8 di Genova e le proteste contro il Tav in Val di Susa.
Il cambiamento nel sapere poliziesco registrato attraverso i manuali, tuttavia,
è comunque un oggetto di grande interesse scientiico (e politico), in quanto
fornisce utili indicazioni sulle modalità con cui la Ps, nel tempo, ha istruito
i propri membri, trasmettendo loro speciici contenuti, ha gestito la propria
discrezionalità e ha legittimato il suo agire13.
Dopo aver tracciato questo quadro sintetico relativo ai contenuti dei manuali di
polizia tra il secondo dopoguerra e oggi, l’attenzione si concentrerà adesso sul
periodo storico compreso tra il 1947 e la metà degli anni sessanta. I testi prodotti in questo periodo, rispetto ai volumi pubblicati successivamente, esprimono
in maniera chiara una preoccupazione centrale: formare soggetti non soltanto
professionalmente eicienti ma anche, e soprattutto, adeguati al contesto sociale in cui devono operare, così da garantire il “buon nome” della Ps Pertanto,
un’enfasi particolare – come già anticipato – è attribuita alle norme comportamentali, sia interne all’ambiente lavorativo sia esterne a esso.
Dal punto di vista interno, la caserma si presenta come un luogo di vita e di
apprendimento assoluto e centralizzante, tanto da apparire come una sorta di
“istituzione totale” rigidamente disciplinante, che rende percepibili spazialmente, inasprendole, pesanti restrizioni nel campo della vita privata, ad esempio rispetto al matrimonio. Le sanzioni e le punizioni a cui sono continuamente sottoposti gli agenti mostrano tutto l’autoritarismo che caratterizza la
formazione nella polizia: l’obbedienza, più che alle regole, sembra essere riferita all’autorità. Un manuale del 1966, ad esempio, dopo aver deinito le nozioni
di Disciplina militare, Ordine, Subordinazione e Gerarchia Militare, chiarisce come
«l’Obbedienza al superiore in tutto ciò che si riferisce al servizio ed alla disciplina deve essere pronta, rispettosa leale. Salvi i limiti posti dalla legge penale,
Cfr. D. Della Porta e H. Reiter , Polizia e protesta, cit., pp. 135-136.
Per efetto della legge 121 del 1981.
13
Su questo punto, e per un’analisi di alcuni dei volumi indicati nelle note 9 e 10, cfr. Enrico Gargiulo,
Ordine pubblico, regole private: rappresentazioni della folla e prescrizioni comportamentali nei manuali per i Reparti
mobili, «Etnograia e ricerca qualitativa», n. 3, 2015, pp. 481-511.
11
12
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[…] il dovere dell’obbedienza è assoluto»14. Inoltre, l’autoritarismo cede il passo
al paternalismo nelle parti di testo in cui l’insegnamento militare è integrato
da istruzioni sull’igiene personale e sul contegno15. Su questo tema, i manuali
presentano paragrai dai titoli emblematici: Abbi cura della tua persona, contenente informazioni dettagliate sulle parti del corpo da lavare e sulla frequenza
dei lavaggi, e La pigrizia è la tua peggiore nemica, al cui interno è spiegato che
«Vincere la pigrizia signiica sapersi controllare. L’uomo, trascurato nel vestire
o che “si lascia andare”, ha una sola attenuante: non riesce a dominare la propria volontà. Tale attenuante non è ammissibile tra persone civili, in un Paese
dove si ha il dovere di essere all’altezza dei tempi ed alla pari con il progresso
spirituale e materiale dell’uomo moderno»16.
Dal punto di vista esterno, l’autoritarismo si trasforma ancora più esplicitamente in paternalismo quando a essere oggetto di trattazione da parte dei manuali
sono le Norme di buon comportamento. I testi per la formazione tendono a rivolgersi alle reclute in prima persona, cercando di tranquillizzarle e allo stesso
tempo di responsabilizzarle:
Caro allievo, tu che stai entrando a far parte della nostra grande Famiglia, nel Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, hai compiuto un passo decisivo, forse il più impegnativo della tua
vita. Tu sei entrato in una Scuola che ha la responsabilità di aiutarti a diventare un’ottima
Guardia di Ps ed un perfetto cittadino italiano. L’avvenire che ti si apre davanti dipende, in
gran parte, dai nostri insegnamenti, ma sei tu, con la tua volontà, con la tua onestà, con la tua
intelligenza che puoi integrare l’azione formativa della nostra Scuola17.
In un paragrafo intitolato Il pubblico ti osserva, si ricorda alle reclute che il cittadino «spesso da un tuo gesto, da una tua parola, dal tuo modo di fare, trae lo
spunto per formulare un giudizio positivo o negativo su te e su tutte le Forze
di Polizia che tu rappresenti. A volte basta una risata sguaiata, un complimento
ad una donna che passa, un’efusione inopportuna, per farti giudicare male e
per suscitare antipatia nei tuoi confronti»18. Paragrai successivi dello stesso
manuale illustrano poi le norme comportamentali relative ad ambiti speciici
della vita sociale: A tavola, In visita, Il ballo, Il fumo. Un’attenzione particolare è
dedicata alle interazioni con il sesso femminile:
La donna assume, nell’istituto della famiglia e nel vincolo matrimoniale, una importanza fondamentale perché dalla sua onestà, parsimonia e laboriosità dipendono in buona parte la saldezza e l’armonia del focolare. Di qui la necessità di non dimenticare mai i tuoi doveri verso di
lei ed il contributo che devi dare alla bontà e al raforzamento del rapporto coniugale nell’interesse di tutta la famiglia. Abbi sempre rispetto della donna: non usare maniere brusche con
Ministero dell’Interno – Direzione generale della Ps – Divisione scuole di polizia, Manuale di istruzione
professionale: per allievi guardie e guardie di Ps, Fratelli Palombi, 1966, pp. 86-88.
15
Cfr. D. Della Porta e H. Reiter, Polizia e protesta, cit., p. 134.
16
Manuale di istruzione professionale: per allievi guardie e guardie di Ps, cit., p. 129.
17
Ivi, p. 127.
18
Ivi, pp. 132-133.
14
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lei; non esercitare nei suoi confronti la forza e la violenza, come se si trattasse di un essere da
tenere soggiogato. Non dare ascolto a ciò che afermano i cosiddetti esperti, che, cioè, per riuscire in qualche intento con le donne, bisogna essere rudi e violenti. Ricorda, ad ogni modo,
che ove fosse necessario, si può essere fermi e decisi senza trascendere. La donna ha bisogno di
comprensione, di amorevolezza, di bontà, di gentilezza; sono questi i sentimenti che la donna
apprezza di più nell’uomo. Se quindi la donna è da considerarsi in tutto e per tutto alla pari
dell’uomo, impara a rispettarne i giudizi, le opinioni e i gusti e apprezzane l’intelligenza e le
opere: compatisci i suoi momenti di debolezza, giustiica la sua maggiore emotività e ricordati,
soprattutto, che essa potrà essere la compagna della tua vita e la madre dei tuoi igli e che, nel
quadro, dell’unità familiare, essa è importante perlomeno quanto te19.
ScHEGGE
La polizia, qui, sembra fare propria una visione della società chiaramente
maschilista e gerarchica e, al contempo, manifesta una forte preoccupazione
per il modo in cui i suoi membri trattano le donne. Muovendo chiaramente
da un quadro cognitivo caratterizzato da principi statici e conservativi circa
le relazioni sociali e i rapporti di genere, la Ps sembra orientata ad assicurarsi
che le reclute contengano i propri impulsi – immaginati come potenzialmente
violenti –, evitando così di screditare l’istituzione di cui fanno parte, a costo di
ingerire pesantemente nella vita privata dei propri membri: «prima di parlare
di matrimonio o semplicemente di idanzamento, riletti bene, consigliati con i
tuoi genitori, con i tuoi superiori, decidi con serenità e con serietà, su posizioni nette, precise, inequivocabili. Subito dopo, comportati da onesto e corretto
idanzato e rispetta i limiti imposti da questo vincolo, nell’interesse della tua
futura sposa e tuo»20.
La rigidità delle norme comportamentali e il paternalismo con cui queste vengono trasmesse sembrano costituire una reazione al modo in cui le istituzioni
poliziesche percepiscono il livello culturale degli allievi: ai loro occhi, i nuovi arrivati appaiono come “altri”. Dalla prospettiva della Ps, dunque, costruire il buon poliziotto signiica prima di tutto plasmare un “cittadino civile”
alla Marshall21, ossia un soggetto che rappresenti un modello per il resto della
comunità in quanto ben educato e dotato di buone maniere a prescindere dalla
propria collocazione lungo la scala sociale. Tale obiettivo formativo è chiaramente visibile in un manuale dell’immediato dopoguerra: «le norme di buon
contegno, che gli agenti di Ps debbono osservare, sono quelle regole, le quali costituiscono la base dell’educazione civile e che nel Corpo acquistano una
importanza speciale, dovendo l’agente essere modello di cittadino. Non sono
né la nobiltà della nascita, né le ricchezze che rendono l’uomo distinto fra gli
altri, ma l’istruzione e l’educazione»22. Ma si ritrova anche in un testo dei primi
anni sessanta: «la Guardia di Ps è un cittadino come gli altri, che ha però il
privilegio di esercitare una beneica inluenza sulla formazione del cittadino e
sulla sua coscienza democratica. Essa infatti non interviene soltanto per repri19
Ivi, p. 145.
Ivi, p. 146.
21
Cfr. Thomas H. Marshall, Cittadinanza e classe sociale, Laterza, 2002 (I. ed. Cambridge, 1950).
22
Ministero dell’Interno – Direzione generale della polizia, Corso di lezioni per le scuole di polizia, Editrice
“Universale”, 1947, p. 11.
20
109
mere o per prevenire il veriicarsi di un male, evitando un danno al singolo ed
alla collettività: la sua opera è di esempio e di sprone per il raggiungimento di
una maggiore educazione e responsabilità civica»23.
Da una simile prospettiva, le prescrizioni paternalistiche sull’igiene e sul contegno e gli inviti, diretti e indiretti, a interiorizzare i principi dell’autorità, della
gerarchia e della subordinazione sono parte di un percorso che ricorda da vicino il “processo di civilizzazione” descritto da Norbert Elias24. Questo processo,
infatti, prevede da un lato il progressivo controllo degli impulsi corporei, ossia
la sottrazione alla sfera pubblica – e, parallelamente, la riduzione alla dimensione privata – di comportamenti e manifestazioni isiche che, di conseguenza,
si fanno sempre più intime e meno visibili, e dall’altro il contenimento della
violenza, a poco a poco regolata e ricondotta a schemi prevedibili in quanto
collettivamente deiniti e formalizzati.
L’attenzione dimostrata dalle autorità di Ps nei confronti dei corpi delle reclute
– visti come “oggetti” di cui prendersi cura e da esibire in pubblico seguendo
speciiche disposizioni – si inserisce all’interno di una più ampia visione della polizia. All’interno dei manuali, questa istituzione appare come un corpo
unitario ma internamente articolato: le parti che lo compongono sono diverse
tra loro, essendo gerarchicamente subordinate e titolari, ognuna, di speciici
compiti.
L’educazione allo “spirito di corpo” è esplicitamente enunciata in un manuale
del 1947:
L’avere in comune uno scopo nobilissimo, qual è quello per cui è stato istituito il Corpo delle
Guardie di Ps, la necessità dell’accordo individuale per conseguirlo agevolmente, le fatiche e i
pericoli, insieme vissuti e soferti, stabiliscono fra i membri del Corpo saldissimi vincoli di solidarietà ed ingenerano in loro un forte sentimento di accordo e di unione. Sorge così lo spirito di
Corpo. Esso è un sentimento che è più forte in chi più è generoso, per il quale l’appartenente al
Corpo si spoglia dell’amor proprio e dell’interesse individuale, ed animato da nobile emulazione e zelo, si prodiga per accrescerne la reputazione e l’onore non soltanto con le proprie fatiche
e se occorre anche con il sacriizio della propria vita. Con tali nobili intendimenti si compie e si
cementa l’unione e la fusione degli animi e della volontà di tutti i membri del Corpo, in un solo
animo e in un solo volere25.
Tale visione della polizia è parte poi di una più ampia concezione della società
di stampo marcatamente organicistico: l’ambiente sociale in cui la Ps si colloca
appare a sua volta come un corpo, omogeneo sul piano culturale e minacciato
dalle sue componenti più deboli e disfunzionali. Di conseguenza, alle reclute
sono richieste piena fedeltà e totale abnegazione al corpo della nazione: «la
nostra Patria è l’Italia. Il paese dove siamo nati, dove i nostri morti sono sepol23
Ministero dell’Interno - Direzione generale della Ps - Divisione scuole di polizia, Manuale di istruzione
militare e professionale: ad uso dei corsi per allievi guardie e guardie di Ps, Fratelli Palombi, 1963, p. 63.
24
Cfr. Norbert Elias, Il processo di civilizzazione. Vol. 1. La civiltà delle buone maniere, il Mulino, 1982 (I ed.
Frankfurt, 1969).
25
Corso di lezioni per le scuole di polizia, cit., p. 7.
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ti, dove vivono gli afetti e i ricordi più cari della nostra esistenza. Noi che
apparteniamo alla medesima stirpe, che parliamo la stessa lingua, che siamo
governati dalle stesse leggi, dobbiamo sentirci afratellati da un solo desiderio
comune: il bene della Patria! Con le nostre opere e con azioni degne dobbiamo
onorarla e renderla rispettata da tutti gli altri paesi stranieri. Dobbiamo saperla
difendere da ogni sopruso con tutte le nostre forze, e se necessario col sacriicio
della nostra vita»26.
La difesa del corpo sociale è descritta e trasmessa alle reclute come un’operazione necessaria e improntata a criteri di equità e meritevolezza:
ScHEGGE
Per legge di natura, poiché gli individui nascono dissimili per qualità intellettuali, morali e
isiche, la Società sarà composta di ottimi, di buoni, di mediocri, di molesti e nocivi, di volenterosi e svogliati, di forti e deboli, di uomini che producono molto e di altri che producono poco
o nulla. Una società bene organizzata deve tendere, con le sue istituzioni, a far sì che a questa
diversità di attitudini e di occupazioni corrisponda una giusta ed equa diversità di compensi e
di benessere; e sia provveduto, altresì, in modo conveniente ad assistere gli inabili e a neutralizzare i nocivi27.
A questa operazione di mantenimento in salute del corpo sociale è attribuita
una forte valenza etica: «i poteri, conferiti dalle leggi alla Polizia, derivano
dalla necessità di preservare la comunità sociale dalle azioni illecite di individui pericolosi e quindi antisociali. La vita del popolo e la esistenza dello Stato dipendono dall’armonico funzionamento della collettività stessa nell’orbita
dell’ordine giuridico e di quello morale»28.
Dai manuali, dunque, traspare un’idea di ordine pubblico ideale e non meramente materiale: gli appartenenti alla Ps non sono chiamati semplicemente a
proteggere la sicurezza e l’incolumità delle persone e delle loro proprietà, ma
devono anche garantire la tenuta di valori morali e politici. Una simile idea di
ordine – che si conigura chiaramente come sociale, e non come semplicemente
pubblico – è certamente compatibile con una visione gerarchica e stratiicata
della società e con una concezione della polizia “del sovrano” più che “dei cittadini”. La pubblica sicurezza, in altre parole, ha il compito di difendere i vertici
della comunità politica e i suoi principi fondanti prima ancora che i suoi singoli
membri.
La valenza etica del lavoro della polizia è ulteriormente raforzata dal fatto che,
come visto in precedenza, la formazione sembra avere come obiettivo principale la costruzione di soggetti capaci di distinguersi, per caratteristiche psicologiche e tratti comportamentali, dal resto della popolazione. Tanto che, nei
confronti di quest’ultima, l’atteggiamento prescritto dai manuali è cortese e
distaccato ma anche – e soprattutto – improntato a una evidente diidenza, in
26
Ministero dell’Interno – Direzione generale della polizia, Corso di lezioni per le scuole di polizia, Editrice
“Universale”, Vol. 1, 1959, p. 443.
27
Ivi, p. 444.
28
Ivi, p. 445.
111
particolare nei momenti delicati dei servizi. Ad esempio, qualora ci si trovi a
esercitare il controllo di assembramenti di persone, l’atteggiamento da tenersi è
descritto come «ispirato a calma, obiettività, comprensione e cortese fermezza»;
tuttavia, tanto agli allievi guardie quanto agli allievi sottuiciali è prescritto di
evitare «di scambiare frasi con i dimostranti» e «di farsi suggestionare delettendo dalle consegne ricevute o dall’adempimento del proprio dovere», nella
consapevolezza «che non bisogna farsi trarre in inganno da atteggiamenti […]
diretti a fraternizzare: con essi, quasi sempre si tende a disarmare moralmente
i militari del Corpo ed a neutralizzarne l’iniziativa»29.
La necessità di rimarcare una così netta distinzione tra Ps e cittadinanza evidenzia senza dubbio la paura, da parte delle istituzioni, che i propri membri
sfuggano al loro controllo – facendosi “contaminare” da ideali sovversivi – e,
complessivamente, sembra tradursi in un senso di superiorità morale: all’interno dei manuali, la relazione tra polizia e “civili” si conigura come una contrapposizione, asimmetrica, tra noi e loro.
112
29
Ministero dell’Interno – Direzione generale della Ps – Divisione scuole di polizia, Manuale di istruzione
professionale: per allievi sottuiciali del corpo delle guardie di Ps, Fratelli Palombi, parte seconda, 1964, pp. 427428.
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ScHEGGE