Autori Vari
Conoscere il Trust
Aspetti civilistici,
tributari e di diritto comparato
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del libro integrato dalla documentazione di fondamentale supporto al
commento sviluppato dall’Autore. Grazie alla selezione mirata della
legislazione, delle interpretazioni collegate, della prassi fiscale, delle formule
per la pratica applicazione degli adempimenti, si raggiunge una visione approfondita del tema indagato, perché elaborazione dell’Autore e selezione dei
materiali, aggiornati costantemente, consentono di controllare l’evoluzione
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ISBN 978−88−6279−089-5
Finito di stampare nel mese di marzo 2013 presso Global Print S.r.l. - Gorgonzola (MI)
Presentazione
Presentazione
L’opera che mi accingo a presentare – ideata e realizzata dall’apposito “Gruppo di lavoro
della Fondazione dei Dottori Commercialisti di Teramo” in materia di trust – si segnala
sotto diversi profili all’attenzione del lettore.
Essa risulta utile sia a quanti per la prima volta si avvicinano alla tematica del trust, che è
una delle più complicate sul piano civilistico, ma anche (e, forse, ancora di più) sotto il
profilo fiscale, sia a quanti nella propria attività professionale hanno avuto la ventura di imbattersi già in questo nuovo istituto. È utile ai primi, in quanto è scritta con linguaggio
semplice, ma mai banale, e le diverse parti si susseguono accompagnando il lettore verso
le questioni più tecniche e operative in modo progressivo. È utile ai secondi, perché
nell’opera sono evidenziate e affrontate le problematiche più spinose di carattere tributario,
con puntuale e aggiornata esposizione del pensiero dell’Agenzia delle Entrate; sono inoltre
presentati e svolti alcuni interessanti casi pratici – aventi per oggetto questioni, come la
protezione del patrimonio familiare o il passaggio generazionale, che prima o poi
s’incontrano nella vita professionale –, con dettagliata illustrazione sia dei criteri da seguire
per la strutturazione del trust e la formulazione delle relative clausole statutarie, sia del
trattamento fiscale applicabile.
Altro profilo d’interesse è l’articolazione dell’opera, che consente una consultazione
autonoma delle diverse parti, senza necessità dunque di una lettura integrale della stessa,
in relazione alle problematiche concrete che di volta in volta si presentano al cospetto
dell’operatore. E ciò perché, oltre ad essere coordinate fra loro, le varie parti dell’opera
sono autosufficienti. Ad esempio, in relazione gli interessi da tutelare, vi sono parti che
consentono di cogliere immediatamente le peculiarità e le differenze del trust rispetto ad
altri strumenti giuridici esistenti nel nostro ordinamento; in relazione ai diversi tipi di trust
(successorio, commerciale, caritatevole ecc.) e alle differenti modalità di articolazione
dello stesso, altre parti permettono di avere piena e rapida contezza delle pretese del
Fisco collegate alla sua attuazione, e ciò nei confronti del disponente, il trust e i beneficiari,
con riguardo sia ai trasferimenti iniziali e finali, sia ai redditi prodotti dai beni devoluti in trust.
E così via.
Muovendo da una diversa formazione, e mettendo a frutto le differenti esperienze, gli
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III
Presentazione
Autori hanno saputo realizzare un’opera che, in definitiva, rappresenta un sicuro e valido
ausilio per tutti coloro che sono interessati a una rapida comprensione dell’istituto del
trust e dei riflessi, civilistici e fiscali, del suo impiego in concreto.
Prof. Angelo Contrino
Professore associato di Diritto Tributario
presso l’Università di Modena e Reggio Emilia
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Indice
Indice
Presentazione
II
1. Il trust
1.1 Premessa
1.2 Che cos’è un trust?
1.3 Che cosa può essere oggetto di un trust?
1.4 I trust interni: ammissibilità in Italia
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2. Imposte dirette e trust
2.1 Premessa
2.2 Il trust come soggetto passivo di imposta
2.3 Ente commerciale o non commerciale
2.4 La residenza del trust
2.5 I beneficiari come soggetti passivi d’imposta
2.6 I beni in trust e le imposte dirette
2.7 Adempimenti fiscali del trust
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3. Imposte indirette e trust
3.1 Premessa
3.2 La tassazione indiretta del trust
3.2.1 Atto istitutivo
3.2.2 Atto dispositivo
3.3 Imposta di successione e donazione
3.3.1 Aliquote
3.3.2 Momento impositivo
3.3.3 Soggetti passivi
3.4 Imposta di registro
3.4.1 Conseguenze fiscali
3.4.2 Agevolazioni
3.5 Imposte ipotecarie e catastali
3.5.1 Atto dispositivo
3.6 Iva
3.6.1 Trasferimento del bene o diritto dal settlor al trustee
3.6.2 Fase operativa nella quale il trust svolge la sua attività commerciale
3.6.3 Trasferimento del bene o diritto dal trustee al beneficiario
3.6.4 Operazioni effettuate durante il trust
3.6.5 Trasferimento beni dal trustee al beneficiario
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4. Trust e aspetti comparatistici
4.1 Premessa
4.2 Divieto di patti successori
4.3 Patto di famiglia
4.4 Amministratore di sostegno
4.5 Interdizione e inabilitazione
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V
Indice
5. L’impiego dei trust nelle operazioni commerciali
5.1 Premessa
5.2 Trust, ipoteca e pegno
5.2.1 Il confronto con l’ipoteca
5.2.2 Trust e pegno
5.3 Trust, impresa e società
5.3.1 Trust ed operazioni commerciali
5.3.2 Trust e patti parasociali
5.3.3 Trust e passaggio generazionale
5.4 Trust e procedure concorsuali
5.4.1 Trust e concordato preventivo
5.4.2 Trust e fallimento
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6. Casi pratici
6.1 Trust per la famiglia
6.1.1 Il caso
6.1.2 La struttura del trust
6.1.3 Le clausole del trust
6.1.4 Tematiche tributarie
6.2 Trust per pianificare il passaggio generazionale
6.2.1 Il caso
6.2.2 La struttura del trust
6.2.3 Le clausole del trust
6.2.4 Tematiche tributarie
6.3 Trust istituito per consentire l’efficiente conclusione di una procedura fallimentare
6.3.1 Il caso
6.3.2 La struttura del trust
6.3.3 Le clausole del trust
6.3.4 Tematiche tributarie
6.4 Conclusioni
6.4.1 Trust successorio
6.4.2 Trust commerciale
6.4.3 Trust caritatevole o di scopo
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7. Atto istitutivo di Trust
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Appendice bibliografica
Appendice giurisprudenziale
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1. Il trust
Capitolo 1 – Il trust
1
1.1 Premessa2
Il trust nasce nell’Inghilterra medioevale quando, ai tempi delle crociate, i cavalieri in
partenza alla volta della Terra Santa erano soliti lasciare i propri beni in custodia ad
amici fidati che restavano in patria. Nel caso in cui il cavaliere non tornasse, tali beni
sarebbero stati trasferiti ai suoi successori (di solito il figlio maggiore), ovvero sarebbero
rimasti ancora in custodia a favore della sposa e dei figli, finché uno di questi ultimi non
raggiungesse la maggiore età.
Il termine inglese “trust”, letteralmente “fiducia”, ricorda proprio il sentimento alla base
di questa relazione. Le corti di equity inglesi deliberarono a favore dei beneficiari di
questi primi trust e posero le premesse perché l’istituto si consolidasse nei secoli. Il fatto che i beni di alcune famiglie inglesi si siano tramandati di generazione in generazione, dal Medioevo ai giorni nostri, senza uscire dall’ambito della stessa famiglia, è una
prova dell’efficacia e della flessibilità del trust.
Molte famiglie di industriali nel mondo anglosassone, a partire dalla fine del ‘700, si sono servite del trust per rimettere ad un professionista di fiducia le questioni relative alle
successioni di figli e nipoti alla guida dell’azienda, al mantenimento di un nucleo di
azionisti afferenti alla stessa famiglia e più in generale alla gestione ed alla destinazione
del patrimonio personale ed aziendale.
1.2 Che cos’è un trust?
Un trust si crea quando un soggetto – il settlor o disponente – trasferisce dei beni ad
un altro soggetto – il trustee – che li deve amministrare e gestire a favore di altri soggetti – i beneficiari – ai quali il trustee dovrà trasferire i suddetti beni dopo un dato periodo di tempo, ovvero nei confronti dei quali produrranno un’utilità per il raggiungimento di un determinato fine. Il trust è un rapporto giuridico diverso dall’intestazione fiduciaria, in quanto il trustee – a differenza di un fiduciario – diviene formalmente proprietario dei beni che gli sono affidati. Il suo esercizio del diritto di proprietà è comunque limitato da tutte le disposizioni dell’atto di trust, nonché dalla norma generale per cui il trustee deve agire esclusivamente a vantaggio dei beneficiari.
In alcuni tipi di trust i beneficiari non sono indicati, si tratta dei cd. trust di scopo, in cui
il trustee deve agire in vista di una funzione predeterminata, per raggiungere uno scopo
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A cura del Gruppo di lavoro della Fondazione dei Dottori commercialisti di Teramo.
A cura di Aurelio Tracanna.
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Capitolo 1 – Il trust
specifico, ad esempio per raggiungere una finalità benefica o per finalità di tipo commerciale, finanziaria o aziendale.
Inoltre, esistono i cd. trust discrezionali, in cui il trustee ha facoltà di scegliere i beneficiari entro una categoria definita di soggetti e di stabilire le proporzioni secondo cui gli
stessi potranno godere dei proventi e dei beni del trust. In entrambi i casi esistono
meccanismi di tutela degli interessi del settlor e dei beneficiari e di garanzia della condotta professionale del trustee.
1.3 Che cosa può essere oggetto di un trust?
I beni che fanno parte di un patrimonio familiare o aziendale o parti di essi possono entrare in un trust, come ad esempio: titoli di credito, conti bancari e somme di denaro,
azioni, quote di società immobiliari, preziosi ed opere d’arte, quote di fondi comuni
d’investimento, azioni quotate in Italia o all’estero, immobili ecc. Inoltre, in un trust può
entrare sia la piena proprietà, sia la nuda proprietà di un bene.
1.4 I trust interni: ammissibilità in Italia
Con il recepimento della convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, ratificata in Italia con
legge 16 ottobre 1989, n. 364, entrata in vigore dal 1° gennaio 1992, l’istituto del trust
è stato formalmente accettato nel nostro ordinamento.
L’Italia è stato il terzo paese firmatario a ratificare con legge interna la convenzione dopo il Regno Unito e l’Australia ed il primo paese di civil law ad ammettere a pieno titolo
l’utilizzo di un modello negoziale di common law sviluppatosi nelle corti di equity, proprio dell’esperienza anglosassone. Tra gli altri paesi firmatari ci sono: Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Australia, Paesi Bassi, Francia, Lussemburgo e Malta.
Tuttavia, l’Italia non ha ancora nel proprio ordinamento una legge regolatrice del trust,
nonostante le premesse auspicassero ben altro comportamento, mentre la Francia ha
subordinato la ratifica della convenzione alla regolamentazione interna della materia,
redigendo una legge sul contratto di fiducie, equivalente francese del trust.
L’evoluzione giurisprudenziale ed il dibattito dottrinario hanno portato dei punti fermi
sull’ammissibilità, in forza dell’art. 11 della convenzione, del trust nel nostro ordinamento, qualora conforme alla legge regolatrice straniera, dalla quale discendono la sua validità, la sua interpretazione ed i suoi effetti.
Quindi ne discende l’ormai pacifica trascrizione dei beni ricompresi nel trust al trustee
proprio per rendere concreto l’effetto segregativo, essenza del trust, che altrimenti risulterebbe inopponibile a terzi.
È possibile parlare allora di una nuova forma di proprietà: la proprietà “finalizzata” o
“qualificata” in aggiunta a quella conosciuta dal nostro Codice civile; l’effetto segregativo si verifica perché i beni conferiti in trust non entrano nel patrimonio del trustee se
non per la realizzazione dello scopo indicato dal disponente-settlor e con il fine specifi-
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Capitolo 1 – Il trust
co di restare separati dai propri averi, pertanto non può parlarsi di acquisizione al patrimonio del trustee di detti beni nemmeno come beni futuri. Conseguentemente occorre riconoscere la meritevolezza degli interessi tutelati con il trust e la magistratura ha
il potere di negare il riconoscimento solamente nel caso in cui, il trust, appaia contrario
all’ordinamento interno, disapplicando la scelta abusiva e/o fraudolenta del disponente.
In ossequio all’art. 5 della convenzione dell’Aja, in ultima analisi, è possibile istituire in
Italia un trust (anche detto in queste ipotesi “trust interno”), in cui tutti i soggetti coinvolti siano italiani – settlor, trustee, beneficiari, protector –, nonché i beni oggetto del trust,
a prescindere dal fatto che si trovino in Italia ovvero all’estero, e l’unico elemento estraneo è la legge applicabile che regola il trust.
La legge regolatrice può essere sia quella del modello inglese, sia quella del modello
internazionale, ossia emanata negli ultimi quindici anni da numerose ex colonie britanniche sedi di centri finanziari internazionali (Jersey, Guernesey, Isola di Man, Malta, Isole Cayman, Bermude, Bahamas), ovvero quella del modello dei paesi di civil law, come
ad esempio i paesi sudamericani, il Licthenstein (treuhand), il Principato di Monaco,
S. Marino e Israele.
Per effetto della convenzione, quindi, un cittadino italiano può istituire un trust – rapporti giuridici istituiti da una persona – con atto tra vivi o mortis causa per disporre dei
propri beni e porli sotto il controllo di un trustee nell’interesse di uno o più beneficiari o
per raggiungere un fine specifico.
Caratteristiche:
a) i beni del trust costituiscono un fondo separato e non fanno parte del patrimonio
del trustee (cd. “segregazione del patrimonio del trust”);
b) i beni del trust sono intestati al trustee;
c) il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo di gestire o disporre dei beni
secondo i termini del trust e le norme impostegli dalla legge.
In breve, con la creazione di un trust, il settlor o disponente si spoglia di alcuni suoi beni e li trasferisce al trustee, che ne diviene proprietario. Il trustee deve esercitare il diritto
di proprietà di cui è investito, secondo quanto stabilito nell’atto istitutivo e non a proprio vantaggio, bensì nell’esclusivo interesse del beneficiario o dei beneficiari indicati
nell’atto istitutivo del trust, ovvero per il raggiungimento di uno scopo. Gli elementi distintivi di un trust sono quindi il trasferimento della piena titolarità del diritto di proprietà
al trustee e la segregazione del patrimonio del trust.
Va detto che l’art. 15 della convenzione esclude l’utilizzo di trust in deroga a norme relative alla protezione dei minori ed incapaci, agli effetti personali e patrimoniali del matrimonio, alle regole di successione necessaria (diritti dei legittimari), alla protezione dei
creditori in caso di insolvenza ed alla protezione dei terzi che agiscono in buona fede
ed in generale quando l’applicazione del trust porta a conseguenze incompatibili con
l’ordine pubblico.
La ragione dell’introdurre nel nostro ordinamento un modello negoziale, tipico di common law, un modello alla cui base vi è una complessa manifestazione di autonomia
privata retta da un diritto straniero, risiede nel proteggere interessi leciti che non trova© Cesi Multimedia
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Capitolo 1 – Il trust
no tutela efficiente nelle norme del nostro ordinamento giuridico, e quindi di rispondere
a quelle esigenze che di volta in volta si presentano alla collettività, che non rientrano
negli schemi classici del rapporto fiduciario e del rapporto di mandato che la cultura
italiana ha fino ad oggi applicato.
I trust in definitiva, sono la risposta corretta a situazioni che troverebbero altrimenti un
assetto non trasparente, spesso realizzato indirettamente per mezzo di simulazioni o
fittizie interposizioni o in violazione di norme.
Emblematico quanto riportato nella presentazione della proposta di legge C-2733 del
10 maggio 2002 On. Cima “Norme in materia di trust a favore di soggetti portatori di
handicap”: «… Il rapido cambio di scena è il frutto non di una moda, ma della percezione
che il trust colmi lacune assai serie del nostro ordinamento giuridico. Laddove gli strumenti civilistici non riescono a giungere, spesso giunge il trust: esso consente sia di re-
golare assetti di interessi, sia di proteggere posizioni meritorie che altrimenti non troverebbero sbocco, se non in costruzioni artificiose, sovente condite con simulazioni, interposizioni, contratti di dubbia validità. Il senso del trust è tutto qui: la risposta ad interrogativi della vita commerciale, finanziaria, sociale, familiare rispetto ai quali il diritto italiano o
rimane muto o vaga alla ricerca di esiti che alla fine si rivelano insoddisfacenti ...».
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2. Imposte dirette e trust
Capitolo 2 – Imposte dirette e trust
1
2.1 Premessa
La legge finanziaria del 2007 (legge n. 296/2006, art. 1, comma 74) ha aggiunto ai
soggetti passivi Ires, individuati dall’art. 73 Tuir, i trust 2. A questo riguardo, occorre fin
da subito fare una precisazione. Infatti, il legislatore italiano non ha incluso i trust tra i
soggetti già indicati alle lettere b) e c) dell’art. 73, comma 1 Tuir, ma ha introdotto una
nuova figura soggettiva che si affianca a quella degli “enti pubblici e privati”3.
La soggettività passiva dei trust è prevista però solo nel caso in cui possano essere
considerati “opachi”, ovvero nel caso in cui non siano individuati i beneficiari dei beni
vincolati nel trust fund. Infatti, nel caso di trust “trasparenti”, ai sensi del comma 2
dell’art. 73 Tuir, i redditi conseguiti «sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri
documenti successivi ovvero in mancanza in parti uguali». Possiamo dire, pertanto,
che sono stati previsti due regimi nettamente differenziati, a seconda che il trust individui o meno i beneficiari.
La risoluzione n. 81/E del 7 marzo 2008, ha individuato anche una terza ipotesi, i cd
“trust misti”, qualora nell’atto istitutivo siano comprese sia le caratteristiche del trust
opaco che di quello trasparente; «ciò avviene, ad esempio, quando l'atto istitutivo prevede che parte del reddito del trust sia accantonato a capitale (rectius sia destinato ad
incremento del relativo fondo di dotazione) e parte, sia, invece, attribuito ai beneficiari.
In quest'ultima ipotesi, il reddito accantonato sarà tassato direttamente in capo al trust,
mentre il reddito attribuito ai beneficiari concorrerà alla formazione dell'imponibile di
questi ultimi».
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A cura di Ambra Fabri.
I trust consistono in un ordinario istituto di segregazione patrimoniale appartenente agli ordinamenti di
common law. Una definizione di trust viene offerta dall’art. 2 della convenzione dell’Aja.
3
Questa considerazione si fonda su diversi dati testuali. Innanzitutto il trust, viene inserito nel primo comma
dell’art. 73 Tuir, ossia nell’elencazione delle singole categorie soggettive e il legislatore utilizza, altresì, la formula “nonché i trust”, proprio al fine di sottolineare la sua autonomia. Al contrario, si sarebbe limitato ad includerli nell’elencazione esemplificativa del secondo comma dell’art. 73 Tuir. Inoltre, il legislatore ha modificato anche l’art. 13, d.P.R. 600/1973, introducendo i trust tra i soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili. Tale intervento non sarebbe stato necessario se i trust fossero considerati alla stregua degli “enti diversi dalle società”.
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Capitolo 2 – Imposte dirette e trust
2.2 Il trust come soggetto passivo di imposta
Il trust per essere un soggetto passivo di imposta deve essere “autonomo”, ovvero non
devono ricorrere elementi che possano far ritenere che si tratti di un mero soggetto interposto, perché in tal caso i redditi sarebbero attribuiti ai reali beneficiari. Dalle risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate4, è possibile desumere alcuni elementi utili per stabilire
l’autonomia del trust:
1) il trustee deve avere la piena amministrazione e gestione dei beni, nonché il potere
di decidere l’attribuzione del reddito. Infatti, se «il trustee ha il potere di decidere
l'attribuzione del reddito, vuol dire che egli ha un potere su quel reddito, potere che
gli deriva dal possesso del reddito stesso. Conseguentemente quel reddito è imputato al trust e non al beneficiario»5. La discrezionalità del trustee può essere limitata
dal settlor, ma non può essere completamente assente;
2) il disponente, infatti, non può essere anche trustee, in quanto non si verificherebbe
un reale spossessamento dei beni6. Pertanto, i cd. trust auto-dichiarati, nei quali la
figura del trustee coincide con quella del settlor, non possono essere considerati
autonomi ai fini delle imposte sui redditi.
Di recente è intervenuta anche la Circolare n. 61 del 27 dicembre 2010, la quale ha
precisato che quando il trustee non possiede l’effettivo potere di amministrare e disporre dei beni a lui effettivamente affidati, «il trust viene a configurarsi come struttura
meramente interposta rispetto al disponente, al quale devono continuare ad essere attribuiti i redditi solo formalmente prodotti dal trust». L’Agenzia vuole certamente evitare
un abuso del diritto realizzato attraverso l’istituto del trust, tanto da prevedere
l’inesistenza dello stesso, ai fini dell’imposizione diretta, qualora si verifichi una ipotesi
di interposizione fittizia.
L’inclusione dei trust tra i soggetti passivi Ires, comma 1 dell’art. 73 Tuir, genera però
problemi applicativi di notevole complessità, in quanto risulta difficile riferire ai trust le
regole che, nel sistema delle imposte sui redditi, attribuiscono ai soggetti passivi determinate qualificazioni indispensabili per la fissazione di criteri e modi di applicazione
dell’imposta. Due questioni devono pertanto essere affrontate, ossia in base a quali
criteri:
vanno ricompresi tra gli enti commerciali o tra quelli non commerciali e,
rispettivamente, possano essere definiti soggetti residenti o non residenti.
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Si vedano a riguardo le risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate n. 425/E del 5 novembre 2008 e n. 8/E del 17
gennaio 2003. La prima risponde ad una richiesta di chiarimento sulla tassazione per trasparenza, nel caso
in cui i beneficiari siano individuati, affermando che «se il trustee ha il potere di scegliere se, quando, in che
misura o a chi attribuire il reddito del trust, tale discrezionalità fa venir meno l'automatismo che è il presupposto della imputazione per trasparenza, indipendentemente dalla effettiva percezione, in capo al beneficiario».
La seconda risoluzione precisa invece che nel trust deve verificarsi uno spossessamento dei beni, da parte
del disponente, per riconoscersi una reale autonomia al trust.
5
Risoluzione n. 425/E del 2008.
6
Sul punto si veda la risoluzione n. 8/E del 2003, su cui si tornerà anche in seguito.
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Capitolo 2 – Imposte dirette e trust
Da un punto di vista di diritto positivo il trust è infatti stato inserito come possibile forma
giuridica sia degli enti commerciali, diversi dalle società, lettera b) art. 73, sia degli enti
non commerciali, lettera c) art. 73, sia degli enti non residenti, lettera d) art. 73. Il legislatore immagina dunque che il trust possa indifferentemente rivestire l’una o l’altra
qualificazione.
2.3 Ente commerciale o non commerciale
Nel nostro ordinamento, infatti, per la determinazione della base imponibile occorre
qualificare gli enti come “commerciali” o “non commerciali” e per stabilire la commercialità di un ente, in generale, vengono considerati l’oggetto e lo scopo perseguiti
dall’ente e desumibili dallo Statuto7.
Non è facile però applicare questi concetti al trust, in quanto non esiste uno statuto in
senso stretto e l’atto istitutivo può consistere in una pluralità di atti: gli atti con i quali il
settlor dispone il trasferimento dei beni a favore del trust precedentemente o contestualmente istituito e anche la cd. “letter of wishes”. Pur volendo sostenere un’analogia
tra questi atti e lo statuto, il problema resta comunque l’individuazione dell’oggetto e
dello scopo del trust.
V’è da dire che i trust, in linea generale, non perseguono uno scopo giuridicamente rilevante8, bensì si prefiggono la segregazione del patrimonio, oltre al raggiungimento di
un fine “privato”. Infatti l’essenza dell’istituto è rappresentata dalla destinazione del risultato ai beneficiari, secondo i modi e i termini dettati dal settlor. Inoltre, non è neanche possibile definire, in linea generale, l’oggetto principale perseguito dai trust, essendo molteplici le attività che di solito possono svolgere.
Queste considerazioni portano ad affermare che il trust deve essere equiparato ad un
ente non commerciale, a meno che l’attività commerciale non assuma carattere prevalente, come riconosciuto anche nella circolare n. 48/E del 2007.
La risoluzione n. 425/E del 2008 specifica, inoltre, che «il trust è equiparato ad un ente
commerciale qualora svolga in via esclusiva o prevalente attività di tipo commerciale. Al
riguardo, si ricorda che per esercizio di imprese commerciali, ai sensi dell'art. 55 del
Tuir, si intende "l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva" delle attività commerciali di cui all'art. 2195 del codice civile, anche se non organizzate in forma
d'impresa, nonché l'esercizio di attività, organizzate in forma di impresa, dirette alla
prestazione di servizi che non rientrano nell'art. 2195 del codice civile. Pertanto, nel
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La rilevanza dello Statuto per l’individuazione dell’oggetto e dello scopo è indubbia, in quanto risponde
all’esigenza di assicurare la certezza nei rapporti tra Fisco e contribuenti, nonché quella di qualificare l’ente
ex ante.
8
Nelle società, quando si parla di “scopo” si fa riferimento “alla modificazione perseguita degli assetti sociali
ed economici”. Questi concetti non appartengono ai trust, e neanche ai cd. trust di scopo, il cui nome potrebbe trarre in inganno. Per un’analisi dettagliata delle diverse tipologie di trust si rinvia alla circolare n. 48/E
del 6 agosto 2007.
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Capitolo 2 – Imposte dirette e trust
caso in cui l'ente svolga un'attività riconducibile tra quelle elencate nell'art. 2195 del
codice civile, il carattere commerciale dell'attività stessa si afferma a prescindere dall'esistenza di un'organizzazione di impresa.
Nell'ipotesi in cui l'ente effettui, invece, un'attività non riconducibile tra quelle dell'art.
2195 del codice civile, al fine di accertare il carattere commerciale dell'attività posta in
essere, è necessario verificare la sussistenza di un'organizzazione in forma d'impresa.
Ove l'ente operi attraverso un'apposita organizzazione di mezzi e risorse ovvero con
l'impiego e il coordinamento del capitale nell'ambito di una significativa attività economica, dovrà necessariamente riconoscersi la presenza di un'organizzazione sotto forma d'impresa, con la conseguenza che l'attività svolta è qualificabile come "commerciale"».
In quest’ultimo caso troveranno quindi applicazione gli artt. 81 e ss. Tuir per la determinazione del reddito complessivo, e quindi il trust dichiarerà solo reddito d’impresa, in
base al principio di attrazione (art. 81 Tuir), mentre nel caso in cui sia considerato ente
non commerciale la determinazione del reddito complessivo avverrà in base al disposto degli artt. 143 e ss. Tuir.
Il trust, pertanto, sarà equiparato, nella determinazione del reddito, ad una persona fisica, tassabile sulle singole categorie di reddito, con applicazione, però, dell’aliquota
Ires9. Vi sono alcune differenze rispetto ad un soggetto persona fisica, che è bene riepilogare brevemente:
1. il d.lgs. 344/2003, ha modificato il regime degli utili da partecipazione in società ed
enti, percepiti da soggetti Ires. I trust, sono ricompresi tra i soggetti passivi Ires, di
cui alle lettere a) e b) dell’art. 73 Tuir, pertanto anche ad essi sarà applicabile l’art.
89 Tuir. La tassazione di tali dividendi avviene, quindi, in capo al trust con riferimento al 5% del loro ammontare e senza distinzione tra partecipazioni qualificate e non
qualificate10;
2. per quanto attiene alle plusvalenze realizzate su partecipazioni qualificate sono imponibili, sia per le persone, sia per i trust, per il 49,72% del loro ammontare, ma si
deve tenere presente che per i trust l’aliquota di tassazione è proporzionale.
Infine, nell’ipotesi in cui il trust svolga contemporaneamente attività commerciale e non,
si dovranno considerare i parametri previsti dall’art. 149 Tuir a proposito della perdita
della qualifica di ente non commerciale.
La circolare n. 38 del 1° agosto 2011, inoltre, ha previsto per i trust la possibilità di
iscriversi nel registro delle Onlus. Tuttavia, tale possibilità è riconosciuta esclusivamente
------------------------------------------9
Al trust, essendo soggetto passivo Ires, si applicherà l’aliquota proporzionale del 27,5%, mentre alle persone fisiche sono applicate aliquote progressive, come stabilito dalla disciplina Irpef.
10
Il regime fiscale applicabile ai dividendi percepiti dalle persone fisiche (soggette ad Irpef) è differente, in
quanto dipende dal tipo di partecipazione: se è qualificata, concorre alla formazione del reddito complessivo
il 49,72% (dal 31 dicembre 2007) dei dividendi percepiti, mentre se è non qualificata subisce una ritenuta a
titolo d’imposta, con aliquota al 20% sul 100% dei dividendi percepiti (aliquota del 12,50% fino al 31 dicembre 2011).
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Capitolo 2 – Imposte dirette e trust
ai trust opachi, perché il regime fiscale agevolato previsto per le Onlus non può essere
applicato anche alle persone fisiche, fattispecie che si verificherebbe nell’ipotesi di trust
trasparente.
2.4 La residenza del trust
Altro concetto fondamentale ai fini delle imposte sui redditi, è sicuramente quello della
residenza. La disciplina tributaria considera un soggetto residente nel territorio dello
Stato qualora ricorra, nella gran parte del periodo di imposta, almeno una delle seguenti condizioni:
sede legale nel territorio dello Stato italiano;
sede dell’amministrazione nel territorio dello Stato;
oggetto principale dell’attività svolta nel territorio dello Stato.
Come per la qualificazione di ente commerciale, anche per la definizione di trust residente si pongono molte problematiche dovute alla mancanza di coincidenza tra le qualificazioni usate nel nostro ordinamento e i tratti peculiari del trust.
È la stessa circolare n. 48/E del 2007 a fornire una conferma di tale difficoltà, là dove
afferma «considerando le caratteristiche del trust, di norma i criteri di collegamento al
territorio dello Stato sono la sede dell’amministrazione e l’oggetto principale». Esclude
quindi, fin da subito, il criterio della sede legale, a causa delle caratteristiche proprie del
trust 11. Per gli altri criteri di collegamento territoriale, invece, la circolare tenta di adattarli, per quanto possibile, alla struttura del trust.
a) Primo criterio proposto è quello della sede dell’amministrazione, ossia il luogo da
cui provengono gli impulsi volitivi dell’ente. Questa regola trova però applicazione
solo nelle ipotesi in cui il trust presenti un’organizzazione (dipendenti, locali ecc.),
ovviamente si fa riferimento ai trust in sé e non ad un’eventuale struttura organizzativa del trustee. Tuttavia tale tipologia di trust sono davvero l’eccezione, essendo in
generale presente una struttura organizzativa solo in quelli di scopo.
b) La circolare stabilisce che «in mancanza (della struttura organizzativa), la sede
dell’amministrazione coinciderà con il domicilio fiscale del trustee». Tale soluzione,
adottata per ovviare al problema dell’organizzazione, solleva però molti dubbi. Infatti, la definizione di domicilio fiscale dettata dall’art. 58, d.P.R. 600/1973, è diretta ad
individuare il Comune di riferimento al fine di radicare la competenza degli uffici
dell’Agenzia delle Entrate, non ha quindi come obiettivo quello di individuare la residenza del soggetto, ma si pone in una fase successiva12.
-------------------------------------------
Nei trust il concetto di sede legale non trova alcuna applicazione, proprio per quei caratteri di disomogeneità che lo caratterizzano rispetto agli altri istituti dell’ordinamento. Inoltre, si è già accennato alla difficoltà di
equiparare gli atti istitutivi del trust allo Statuto, in cui la sede legale deve essere, invece, indicata ex lege.
12
Il criterio del domicilio fiscale pone molti dubbi interpretativi, in quanto non sembra un semplice correttivo
al criterio della sede dell’amministrazione, bensì un vero e proprio nuovo criterio che non trova però nel det11
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Capitolo 2 – Imposte dirette e trust
c) L’altro criterio utilizzato è l’oggetto principale, ma anche in questo caso l’Agenzia
delle Entrate sottolinea l’applicazione limitata di tale criterio, in quanto è strettamente legato alla tipologia del trust 13. La circolare, proprio per tentare di superare tali
problemi applicativi, suggerisce di determinare il luogo di svolgimento dell’attività
del trust, in base al luogo in cui si trovano gli immobili, se il trust fund è costituito da
soli immobili, mentre nel caso di patrimoni mobiliari o misti il luogo dovrà essere
identificato con l’effettiva e concreta attività esercitata. Chiarisce ancora, che se gli
immobili si trovano interamente in Italia non sussistono problemi per stabilire la residenza, mentre se sono dislocati in Stati diversi occorrerà fare riferimento al criterio
della prevalenza. Purtroppo, però, la circolare non offre alcun metodo specifico per i
trust, per determinare la prevalenza e di conseguenza si presenteranno le medesime problematiche applicative.
d) Un altro elemento offerto per stabilire la residenza di un trust consiste nel far riferimento alle convenzioni stipulate al fine di evitare le doppie imposizioni, qualora il
trust realizzi il presupposto impositivo in più Stati.
La legge finanziaria del 2007, inoltre, ha introdotto nel comma 3 dell’art. 73 Tuir, due
ipotesi attrattive della residenza, stabilendo che i trust e gli istituti aventi analogo contenuto14, istituiti in Paesi diversi da quelli indicati nel decreto del Ministro delle Finanze del
4 settembre 1996 (ossia Paesi non indicati nella cd. “white list”) e successive modificazioni, si considerano residenti quando:
almeno uno dei disponenti e almeno uno dei beneficiari sono fiscalmente residenti
nel territorio dello Stato;
sono istituiti in un Paese diverso da quelli indicati nella white list, e successivamente
alla loro costituzione un soggetto residente nel territorio dello Stato effettua, in loro
favore, una attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la
costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché
vincoli di destinazione sugli stessi.
La ratio normativa della seconda presunzione di residenza, è ovviamente quella di contrastare la creazione solo formale del trust, in quei paesi che non consentono lo scambio di informazioni. Anche in questa circostanza, però, si pone un problema interpretativo, circa il concetto di “istituzione” del trust. La circolare n. 48/E del 2007 fa riferimento al luogo in cui il trust ha eletto la propria residenza. Tale interpretazione non trova
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tato normativo alcun fondamento. Inoltre il domicilio fiscale del trustee non ha un necessario collegamento
con “il luogo da cui promano gli impulsi volitivi” del trust.
13
Come già detto precedentemente a proposito della classificazione del trust tra gli enti commerciali o non
commerciali, anche per la residenza, si pone il problema dell’oggetto principale, ossia il luogo dove viene
svolta l’attività prevalente. Secondo la definizione normativa, l’attività principale è quella svolta per il raggiungimento degli scopi dell’ente, pertanto per i trust, essendo nella maggior parte dei casi enti non commerciali,
l’attività da prendere in considerazione è quella istituzionale e non quella produttiva di reddito.
14
Tale previsione normativa ha il fine, come ricorda anche la circolare n. 48/E del 2007, di attrarre anche
quegli istituti a cui gli ordinamenti stranieri potrebbero assegnare un nomen iuris diverso, nonostante abbiano
le stesse caratteristiche del trust.
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Capitolo 2 – Imposte dirette e trust
alcun riscontro sul piano pratico, in quanto nella stragrande maggioranza dei casi
l’elezione di domicilio, negli atti istitutivi dei trust, non avviene e soprattutto non è richiesta da nessuna norma.
Inoltre, non sortirebbe gli effetti sperati, neanche nell’ipotesi in cui l’istituzione si consideri avvenuta nel luogo in cui si è perfezionato l’atto istitutivo, perché l’atto potrebbe
essere concluso in un Paese ricompreso nella white list e poi il trust operare in Stati in
cui non è previsto lo scambio di informazioni. Il legislatore ha comunque previsto la
possibilità di offrire prova contraria avverso le due ipotesi di presunzione, inserendo
nell’art. 73, comma 3 Tuir, l’inciso “salvo prova contraria”. Si può sostenere, in conclusione, che stabilire la residenza di un trust non è agevole, in quanto occorrerà tenere in
considerazione una serie di disposizioni, ma soprattutto occorrerà analizzare la fattispecie caso per caso, essendo davvero rilevante la tipologia scelta, di trust.
Per quanto attiene invece ai trust non residenti in Italia, saranno imponibili solo i redditi
prodotti nel territorio dello Stato, ai sensi dell’art. 23 Tuir.
2.5 I beneficiari come soggetti passivi d’imposta
La seconda ipotesi introdotta dalla legge finanziaria del 2007, riguarda i trust con beneficiari individuati (trust trasparente). Il legislatore, infatti, è intervenuto a modificare anche l’art. 44, comma 1, lett. g-sexies) Tuir, ricomprendendo nella categoria dei redditi
di capitale «i redditi imputati al beneficiario di trust ai sensi dell’art. 73, comma 2 Tuir,
anche se non residenti».
La prima questione da affrontare, per poi passare all’analisi del regime di tassazione,
attiene sicuramente all’individuazione del beneficiario. Come precisa anche la circolare
n. 48/E del 2007, «il beneficiario può essere beneficiario di reddito e godere delle utilità
dei beni in trust (ad esempio percepire periodicamente delle somme), oppure beneficiario finale dei beni che gli verranno devoluti al termine del trust». Inoltre, il beneficiario
può essere individuato sia nell’atto istitutivo, sia in un momento successivo. Dalle risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate è possibile, anche in questo caso, tentare di estrapolare una serie di criteri, utili per definire quando il beneficiario si possa considerare “individuato”:
1. va subito fatta una precisazione, in quanto la circolare n. 48/E del 2007 ha chiarito
che, essendo il presupposto di applicazione dell'imposta il possesso di redditi, per
“beneficiario individuato” è da intendersi il soggetto che esprime, rispetto a quel
reddito, una capacità contributiva attuale. È necessario quindi che il beneficiario non
solo sia puntualmente individuato, ma che risulti titolare del diritto di pretendere dal
trustee l'assegnazione di quella parte di reddito che gli viene imputata per trasparenza15. Infatti, nel caso in cui sia previsto un termine, prima del quale i beni non
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La sottolineatura operata dalla circolare, è molto importante, in quanto permette un’armonizzazione
dell’art. 73 Tuir con l’art. 53 Cost.. Infatti, il beneficiario del trust, potrebbe essere individuato fin dall’inizio,
15
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Capitolo 2 – Imposte dirette e trust
possono essere attribuiti al beneficiario, è irrilevante la sua individuazione, perché i
beni si considerano produttivi di reddito in capo al trust. Tuttavia, la circolare
n. 61/E del 27 dicembre 2010, ha precisato che «se nell’atto costitutivo è fatta e-
spressa menzione nominativa dei beneficiari dei trust, quest’ultimo assume ai fini
delle imposte sui redditi la qualifica di soggetto trasparente “per natura”». Tale previsione deve però essere letta tenendo in considerazione il richiamo effettuato
dall’Agenzia alla propria precedente circolare, ossia la n. 48/E del 2007. Sicché, i
beneficiari nominativamente individuati devono comunque possedere una capacità
contributiva attuale e il diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione di quella parte di reddito. Se così non fosse, il vincolo posto dall’Agenzia delle Entrate dovrebbe
certamente essere interpretato come una “stretta”, in quanto la semplice menzione
nominativa dei beneficiari del trust non è di per sé indicativa di un diritto attuale e
incondizionato degli stessi all’apprensione dei redditi del trust;
2. nel caso affrontato con la risoluzione n. 4/E del 4 gennaio 2008, l’Agenzia ha ritenuto che nonostante «nell'atto istitutivo del trust vengano indicati quali "beneficiari
immediati la massa dei creditori del Concordato”, tali soggetti non corrispondono ai
“beneficiari individuati” di cui all'art. 73, comma 2 del Tuir», in quanto non possono
pretendere dal trustee alcunché, fino a quando il concordato preventivo non sia
concluso;
3. la risoluzione n. 278/E del 4 ottobre 2007 ha analizzato un caso particolare in cui
erano presenti sia un beneficiario di reddito, sia dei beneficiari finali. Il trust per cui
veniva chiesto l’interpello aveva lo scopo di assicurare un’assistenza vita natural durante ad un ragazzo disabile, pertanto il richiedente individuava il disabile come beneficiario del trust. Nell’atto istitutivo, però, si prevedeva che alla morte del ragazzo i
beni tornassero al disponente se ancora in vita o distribuiti al di lui coniuge e ai suoi
parenti. L’Agenzia delle Entrate, pertanto, ha affermato che i reali beneficiari sono
questi ultimi e non risultano individuati per il principio espresso sopra (non sussiste
una capacità contributiva attuale), mentre il ragazzo disabile non è un beneficiario in
senso stretto, ma rappresenta “il fine” per cui il trust è stato creato. Sicché,
nell’ipotesi illustrata, si avrà un trust opaco. Occorre quindi fare attenzione
nell’individuare i beneficiari in quanto, soprattutto nel caso di trust di scopo, possono essere confusi con il “fine” perseguito dal trust;
4. un altro aspetto interessante ai fini dell’individuazione del beneficiario consiste nei
poteri che il disponente riconosce in capo al trustee e quale ruolo decide di mante-
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ma percepire in un’unica soluzione i redditi prodotti, sui quali, però, sarebbe chiamato a pagare le imposte
periodicamente. Si verificherebbe, quindi, una discrepanza tra imputazione del reddito e percezione delle
somme. In realtà, alcuni Autori hanno fatto notare che nel nostro ordinamento la possibilità di una tale divergenza si può già verificare, come nel caso delle società di capitali tassate per trasparenza, in cui gli utili imputati all’anno non è detto che vengano distribuiti ai soci. Nel caso, però, dei trust si creerebbe una situazione
al quanto paradossale, perché i beneficiari, possono non sapere di essere tali, non hanno azioni di tutela, e
soprattutto non scelgono di esserlo, a differenza dei soci di una società.
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Capitolo 2 – Imposte dirette e trust
nere per sé stesso all’interno del trust. Nella risoluzione n. 81/E del 2008 viene affrontato il caso in cui il disponente istituisce il trust per assistere economicamente
sé stesso e alla sua morte gli eredi, prevedendo comunque che il trust non possa
erogare più del 75% del reddito prodotto. Tale ultima previsione permette di riconoscere una certa autonomia in capo al trust che verrà tassato per la parte di reddito
non distribuita, mentre il restante sarà attribuito al beneficiario-disponente per trasparenza e alla sua morte agli eredi. Nella risoluzione n. 8/E del 2003, invece, proprio per l’assenza in capo al trustee di poteri di gestione e di amministrazione (non
poteva né accettare da terzi, né sostituire i beni in trust; non aveva il potere di modificare la gestione e il rischio ecc.) non fu riconosciuta, dall’Agenzia delle Entrate,
l’istituzione di un trust ai sensi dell’art. 2, convenzione dell’Aja, ma al negozio fu data rilevanza ai fini fiscali solo come un mero mandato di rappresentanza.
Al beneficiario individuato, vanno imputati per “trasparenza” i redditi prodotti dal trust,
ai sensi dell’art. 44, comma 1, lett. g-sexies) Tuir. Tuttavia, come precisato dalla circolare 48/E del 2007, gli stessi sono tassati per competenza e non per cassa, come previsto invece per i redditi di capitale. La norma, infatti, stabilisce che i redditi sono imputati al beneficiario individuato “in ogni caso”, di conseguenza a prescindere dall’effettiva
percezione, secondo un criterio di competenza.
Per questi motivi, occorrerà che il beneficiario possa pretendere dal trustee
l’assegnazione del reddito, per essere considerato “individuato”16.
Qualora i redditi siano soggetti a tassazione sostitutiva o a ritenuta alla fonte a titolo di
imposta, né il Trust, né i beneficiari scontano un’ulteriore tassazione, in ossequio al
principio del divieto della doppia imposizione. In forza di tale previsione, i redditi conseguiti e tassati in capo al trust opaco, prima della individuazione dei beneficiari, non
possono essere tassati nuovamente in capo agli stessi a seguito della distribuzione.
L’art. 44, comma 1, lett. g-sexies) Tuir, prevede espressamente che il trust imputa i
propri redditi ai beneficiari, anche se non residenti. In questa ipotesi, pertanto, il reddito
attribuito al beneficiario non residente dovrebbe essere tassato in Italia ai sensi dell’art.
23, comma 1, lettera b), Tuir, trattandosi di reddito di capitale corrisposto da soggetto
residente.
La problematica che si pone è di non poco conto, in quanto i redditi prodotti dal trust
sono una particolare forma di redditi di capitale e vengono tassati al momento della
produzione e non al momento della loro corresponsione. L’art. 23, invece, stabilisce
espressamente «si considerano prodotti nel territorio dello Stato: (…) b) i redditi di capi-
tale corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti, con esclusione degli interessi
e altri proventi derivanti da depositi e conti correnti bancari e postali». Sicché, la disposizione a rigore non dovrebbe trovare applicazione per i redditi prodotti dal trust e im-
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Sul punto si veda la problematica illustrata al punto 1. per l’individuazione dei beneficiari e le relative conseguenze delineate nella nota n. 10.
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Capitolo 2 – Imposte dirette e trust
putati per trasparenza ai beneficiari non residenti, non sussistendo necessariamente
una “corresponsione” del reddito.
2.6 I beni in trust e le imposte dirette
Le imposte dirette non interessano il trust, solo nell’ipotesi in cui produca reddito o distribuisca i redditi ai beneficiari, bensì anche in una fase antecedente, ossia quando il
disponente attribuisce i beni al trust17.
Il trasferimento dei beni dal disponente al trust, assume un trattamento differenziato, a
seconda della qualifica rivestita dal settlor, ovvero a seconda che si tratti di un soggetto
privato o di un’impresa. Nel caso di un privato, il trasferimento dei beni al trust non determina nessuna forma di reddito, in quanto il disponente trasferisce i beni senza alcun
corrispettivo in cambio. Nella seconda ipotesi, invece, se i beni trasferiti possono essere classificati come beni d’impresa (beni merce, beni strumentali, beni patrimoniali),
produrranno un componente positivo di reddito, da assoggettare a tassazione. I beni
trasferiti dall’imprenditore possono però avere varia natura e di conseguenza generare
fiscalmente tassazioni differenti:
se si tratta di beni dell’impresa, si potrà avere un ricavo, qualora si tratti dei beni
elencati nell’art. 85 Tuir, ovvero una plusvalenza. Nella prima ipotesi, i beni saranno
tassati come ricavi d’esercizio, ai sensi dell’art. 85, comma 2 Tuir, il quale ricomprende tra i ricavi «il valore normale dei beni di cui al comma 1 assegnati ai soci o
destinati a finalità estranee all’esercizio di impresa». Il valore normale verrà pertanto
determinato ai sensi dell’art. 9, comma 3 Tuir. Per i beni diversi dai precedenti si
avrà una plusvalenza, ai sensi degli artt. 58, 86 e 87 Tuir e anche in questa ipotesi, il
valore da prendere a riferimento per il calcolo, è il valore normale18;
se i beni trasferiti consistono in titoli partecipativi, il trustee acquisisce l’ultimo costo
fiscalmente riconosciuto della partecipazione. La circolare n. 48/E del 2007, precisa
che «tale regime di neutralità non può, tuttavia, essere garantito nel caso in cui i ti-
toli oggetto del trasferimento siano detenuti nell’ambito di un rapporto amministrato
di cui all’art. 6 d.lgs. n. 461/1997; nella specie, infatti, il trasferimento dei titoli dal
conto del settlor a quello del trust, poiché indirizzato verso un conto intestato a un
soggetto diverso da quello di provenienza, ricade nell’ipotesi dell’art. 6, comma 6,
d.lgs. 461/1997, che assimila tali trasferimenti a cessioni a titolo oneroso. In tal caso l’intermediario abilitato applica le relative imposte»;
se l’imprenditore cede l’intera azienda, fiscalmente non si avrà il realizzo di una plusvalenza, in quanto l’art. 58 Tuir prevede che «in caso di trasferimento di azienda
per causa di morte o per atto gratuito, il trasferimento non costituisce realizzo di
-------------------------------------------
Per chiarezza, si riportano in ordine le tre fasi in cui le imposte dirette, interessano il trust: quando il disponente attribuisce i beni al trust, quando il trust produce redditi; quando il trust eroga i redditi ai beneficiari.
18
A tal proposito, si veda anche la circolare n. 48/E del 2007.
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Capitolo 2 – Imposte dirette e trust
plusvalenze dell’azienda stessa; l’azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente
riconosciuti nei confronti del dante causa». Di talché, nel caso di trasferimento
dell’azienda in trust, si conserva la neutralità fiscale a condizione che il trustee assuma l’azienda agli stessi valori fiscalmente riconosciuti in capo al disponente;
se i beni trasferiti sono diversi da quelli relativi all’impresa, anche se il disponente è
imprenditore, non si avrà materia imponibile. Infatti, tali beni non possono essere ricompresi tra le sopravvenienze attive ex art. 88, comma 3, lett. b), Tuir, in quanto i
beni trasferiti in trust non si confondono con il patrimonio dell’imprenditore.
Qualora le cessioni dei beni in trust avvengano durante la vita del trust, non si presentano particolari problematiche, dal punto di vista delle imposte dirette, essendo applicabile la disciplina fiscale prevista per le diverse ipotesi19.
2.7 Adempimenti fiscali del trust
La legge finanziaria del 2007, nel riconoscere i trust quali soggetti passivi di imposta,
ha esteso ad essi tutti gli specifici obblighi previsti per i soggetti Ires. La circolare n.
48/E del 2007, ha tenuto a sottolineare che gli adempimenti tributari sono assolti dal
trustee il quale deve:
presentare annualmente la dichiarazione dei redditi, anche nel caso in cui il trust sia
trasparente. Per quanto attiene al periodo di imposta, nel caso in cui non coincida
con l’anno solare, per i trust trasparenti, il reddito da questi conseguito è imputato ai
beneficiari individuati, alla data di chiusura del periodo di gestione del trust stesso20;
dotare il trust di un codice fiscale e qualora eserciti un’attività commerciale, aprire
una partita Iva;
tenere le scritture contabili del trust, in quanto la legge finanziaria del 2007 ha modificato l’art. 13, d.P.R. 600/1973, includendo anche i trust tra i soggetti obbligati a
tenere le scritture contabili. Ovviamente, a seconda che siano considerati enti
commerciali o non, troveranno applicazione gli artt. 14 e 20, d.P.R. 600/1973.
-------------------------------------------
Per alcune precisazioni si rinvia alla circolare n. 48/E del 2007.
La circolare offre anche un esempio: «se in base a quanto stabilito nell’atto istitutivo, il periodo di imposta,
è compreso tra il 1° aprile e il 31 marzo, il trust presenta la propria dichiarazione entro il 31 ottobre (ultimo
giorno del settimo mese successivo a quello di chiusura del periodo di imposta ex art. 2, comma 2, d.P.R.
19
20
322/1998) e i beneficiari a loro volta dovranno inserire tale reddito nella dichiarazione relativa al periodo di
imposta, in cui è terminato il periodo di gestione del trust».
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Capitolo 2 – Imposte dirette e trust
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3. Imposte indirette e trust
Capitolo 3 – Imposte indirette e trust
1
3.1 Premessa
La convenzione dell’Aja nulla dispone sul trattamento fiscale del trust, il quale rientra
nelle competenze dei singoli stati. Il trust non è, fiscalmente parlando, oggetto di alcuna apposita disciplina interna. Diverse proposte di legge sono state avanzate ma senza
esito.
Ci si riferisce alle proposte n. 5194 (riforma delle società fiduciarie e disciplina del trust)
ed alla n. 5494 (norme in materia di trust a favore di soggetti portatori di handicap).
Il regime fiscale deve quindi essere ricostruito dall'interprete nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento interno, in quanto al trust è stata riconosciuta un’autonoma
soggettività tributaria.
Nel 2007, infatti, con la legge finanziaria – legge n. 296/2006 – il legislatore italiano all'art. 1, commi da 74 a 76, ha introdotto per la prima volta nell'ordinamento italiano disposizioni in materia di trust.
Ai fini delle imposte indirette puntuali disposizioni sono state introdotte dapprima con
l'art. 6 del d.lgs. Del 3 ottobre 2006, n. 262, che ha previsto l'applicazione dell'imposta
di registro sulla costituzione dei vincoli di destinazione sui beni e diritti, e poi con la legge di conversione 24 novembre 2006, n. 286, che senza convertire la disposizione dell'art. 6 del decreto, ha assoggettato la costituzione dei vincoli di destinazione all'imposta sulle successioni e donazioni. In ultimo, con la legge finanziaria 2007 sono state introdotte alcune franchigie ed esenzioni (si veda la circolare Agenzia delle Entrate del 22
gennaio 2008, n. 3).
3.2 La tassazione indiretta del trust
La struttura giuridica del trust pone in evidenza ai fini delle imposte indirette i seguenti
elementi o presupposti impositivi:
l'atto istitutivo;
l'atto dispositivo;
eventuali operazioni compiute durante il trust;
il trasferimento dei beni ai beneficiari.
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A cura di Angela Cipriani.
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Capitolo 3 – Imposte indirette e trust
3.2.1 Atto istitutivo
L'atto istitutivo può non prevedere che i beni conferiti in trust vengano automaticamente trasferiti dal settlor al trustee.
Infatti, il passaggio di proprietà vero e proprio può avvenire in un momento successivo
attraverso gli atti cosiddetti di dotazione o di attribuzione patrimoniale.
In questo caso l'atto istitutivo singolarmente individuato si considera un atto “puro” rispondente a finalità prettamente programmatiche.
L'atto istituivo rileva ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro – imposta fissa pari
ad euro 168 - ( trattazione che si svilupperà in avanti).
3.2.2 Atto dispositivo
Atto con il quale il settlor trasferisce a titolo gratuito al trustee i beni concessi in trust.
Tale atto, comunemente denominato “dispositivo” non si presenta né come trasferimento a titolo oneroso né come donazione, non essendoci né un corrispettivo a favore
del trustee e quindi un suo conseguente arricchimento, né l'animus donandi in capo al
settlor.
Anche la giurisprudenza tributaria ha disconosciuto la natura di atto donativo all'atto
dispositivo, non potendo ravvisare alcuna “causa donandi” (Comm. Trib. Prov. Lodi, 5
novembre 2001, Comm. Trib. Reg. Venezia, 23 gennaio 2003, Comm. Trib. Prov. Brescia, 11 dicembre 2006). Ciò che conta è solo la realizzazione dell'attribuzione ai beneficiari dei beni e diritti oggetto del trust.
Il trust, per le caratteristiche che lo contraddistinguono, è stato ricondotto alla categoria dei vincoli di destinazione, anche se tuttavia se ne differenzia a causa dell'effetto principale che il trust produce ovverosia l'effetto segregativo (circolare Agenzia
delle Entrate del 22 gennaio 2008, n. 3).
Il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento la figura del vincolo di destinazione
con l'art. 2645-ter c.c. il quale prevede la trascrivibilità degli atti redatti in forma pubblica aventi ad oggetto beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri, destinati alla
realizzazione di interessi meritevoli di tutela.
La caratteristica principale è il conferimento a suddetti beni proprio di un vincolo di destinazione. Il trust, dando vita ad un patrimonio vincolato al raggiungimento di un fine
specifico, può essere considerato un vincolo di destinazione .
3.3 Imposta di successione e donazione
Dalla precedente impostazione deriva che deve essere applicata al trust, come vincolo
di destinazione, l'imposta sulle successioni e donazioni.
Nel merito è doveroso sottolineare come solo nel 2006, con la legge n. 286, contestualmente al ripristino dell'imposta sulle successioni e donazioni, così come disciplinata dal T.U. 31 ottobre 1990, n. 346, è stata prevista l'applicabilità della stessa imposta
alla costituzione dei vincoli di destinazione e quindi anche al trust.
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Capitolo 3 – Imposte indirette e trust
Infatti l'art. 2, comma 47, della legge n. 286/2006 così recita: «È istituita l'imposta sulle
successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, donazione
o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione …».
3.3.1 Aliquote
Ai fini della determinazione delle aliquote da applicare e che si differenziano in dipendenza del rapporto di parentela e affinità, occorre guardare solo ed esclusivamente al
rapporto intercorrente tra settlor e beneficiario, il quale deve poter essere identificato al
momento della costituzione del vincolo (art 2, comma 49, legge n. 286/2006).
Esempio A
Trasferimento d'azienda tra parenti in linea retta. Per l'applicazione dell'aliquota del 4% prevista tra i
parenti in linea retta è necessario sapere che al momento della costituzione del vincolo il beneficiario
di un trust familiare sarà il primo nipote al compimento della maggiore età. Necessaria è al riguardo
l'individuazione del beneficiario. Se invece il beneficiario non viene indicato, l'imposta sarà dovuta
con l'aliquota più alta dell'8% prevista per i vincoli di destinazione a favore di “altri soggetti” (art 2,
comma 4, legge n. 286/2006). In tal senso si esprime l’Agenzia delle Entrate, ma la giurisprudenza di
merito, a proposito del trust discrezionale nel quale è tipica l’iniziale mancanza di beneficiari individuati o individuabili al momento della devoluzione dei beni in trust, ritiene applicabile in tale fase
l’imposta di registro in misura fissa, rendendosi dovuto il tributo successorio solo quando il beneficiario è individuato o riceve i beni trasferiti dal trust.
La finanziaria 2007 ha completato la disciplina relativa alle aliquote introducendo delle
franchigie in favore dei parenti in linea collaterale e dei portatori di handicap, nonché
esenzioni per il trasferimento a favore dei discendenti del settlor di aziende o rami di
aziende, di quote sociali o di azioni (art 1, commi da 77 a 79).
Il comma 4-ter dell'art 3 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 introdotto dal comma 78
dell'art 1 della finanziaria 2007 ha disposto che la costituzione del vincolo di destinazione in un trust disposto a favore dei discendenti del settlor non sconta l'imposta, se
ha ad oggetto aziende o rami di esse, quote sociali ed azioni.
La finalità perseguita dal legislatore è quella di favorire il passaggio generazionale delle
aziende di famiglia (posizione sostenuta dalla prassi amministrativa, vedi Agenzia delle
Entrate, direzione centrale normativa e contenzioso, risoluzione n. 110/E del 23 aprile
2009).
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Capitolo 3 – Imposte indirette e trust
Esempio B
Trasferimento d'azienda nell'ambito del nucleo familiare. L'esenzione si applica quando
i destinatari del trasferimento sono:
il coniuge ovvero i discendenti del settlor;
gli stessi sono tenuti a mantenere l'esercizio dell'attività d'impresa o il controllo societario per un periodo non inferiore a 5 anni dalla data del trasferimento;
l'impegno alla prosecuzione dell'attività o del mantenimento del controllo societario
deve essere reso espressamente dagli aventi causa nella dichiarazione di successione o all'atto di donazione;
la mancanza di uno di questi requisiti fa scattare l'imposizione nella misura ordinaria e
la sanzione amministrativa ex art 13, d.lgs. n. 471/1997 e degli interessi di mora.
Il trust, inoltre, non deve essere revocabile o discrezionale essendo necessario che i
beneficiari rimangano sempre i medesimi soggetti indicati all'atto della segregazione. Il
vincolo di destinazione generalmente considerato può inoltre:
esplicare effetti traslativi e comportare quindi il trasferimento dei beni e diritti segregati;
non esplicare effetti traslativi nel senso che i beni segregati rimangono nella titolarità
del disponente, sebbene siano stati vincolati e separati dal residuo patrimonio del
disponente stesso.
Le diverse modalità – traslativa e non – con le quali si realizza l'effetto segregativo rilevano ai fini della tassazione della imposta sulle successioni e donazioni.
Infatti la costituzione di un vincolo di destinazione rileva ai fini dell'applicazione dell'imposta sulle successioni e donazioni solo se il vincolo medesimo è produttivo di effetti
traslativi.
La costituzione dei beni in trust invece rileva sempre ai fini dell'applicazione dell'imposta sulle successioni e donazioni ed indipendentemente dal tipo di trust, poiché il conferimento dei beni in trust è sempre di natura patrimoniale e comporta sempre quel effetto segregativo sui beni, a prescindere dal trasferimento formale della proprietà degli
stessi (vedi Agenzia delle Entrate, direzione centrale normativa e contenzioso, circolare
n . 3/E del 22 gennaio 2008).
Quindi:
applicabilità al trust successorio;
applicabilità al trust commerciale;
applicabilità al trust caritatevole;
applicabilità al trust autodichiarato, ove non c'è un trasferimento di beni e diritti.
Posizione non chiara e non condivisibile dell'Agenzia. Si auspica all'uopo un intervento
modificatore della stessa Agenzia che allo stato attuale non è ancora stato registrato.
Applicabilità al trust di scopo, a fronte del quale un beneficiario non può essere individuato, né al momento della costituzione del vincolo, né in un momento successivo. La
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Capitolo 3 – Imposte indirette e trust
posizione dell’Agenzia è criticata, ma ha in questo caso delle ragioni, poiché nel trust di
scopo non vi sono mai beneficiari in senso giuridico, ma soltanto in senso economico:
il trust come tale è, in altre parole, il terminale ultimo dell’arricchimento, ancorché le
somme debbano essere successivamente utilizzate per il raggiungimento degli scopi
statutariamente previsti; è ragionevole, dunque, che il trust paghi il tributo successorio
al momento stesso della devoluzione dei beni in trust da parte del settlor.
3.3.2 Momento impositivo
L’imposta di successione e donazione si applica al momento della segregazione del
patrimonio a tutte le tipologie di trust. Su questa premessa, pur discutibile, è costruita
l’impostazione dell’Agenzia delle Entrate.
Le uniche differenze si incentrano sulla applicazione delle aliquote che poggiano sul
rapporto di affinità – parentela tra settlor e beneficiario. Laddove tale rapporto non sussista si applica l'aliquota prevista per i soggetti diversi dagli affini o parenti ossia quella
massima dell'8%. Impostazione questa non condivisibile.
L'atto dispositivo per essere tassato deve essere in grado di attribuire effettivamente e
concretamente i beni ai beneficiari. Per cui esso non è in realtà autonomamente sufficiente per poter far scattare l'applicazione dell'imposta con le relative aliquote.
Casi pratici nei quali l'applicazione dell'imposta è incerta
Primo caso - Nel caso di trust con beneficiari determinabili, ma non determinati con
certezza è possibile ravvisare in capo ai medesimi una mera aspettativa giuridica che
non permette loro di vedersi assegnare all'atto istitutivo del trust alcunché.
In tal caso troverebbe applicazione non l'imposta sulle successioni, ma il mero assoggettamento dell'atto all'imposta di registro in misura fissa ai sensi dell'art 58, comma 2,
d.lgs. 346/1990 che richiama l'art 27/1 testo unico imposta di registro (la giurisprudenza tributaria è conforme ad assimilare la posizione dei beneficiari determinabili, ma non
determinati ad un diritto sottoposto alla condizione sospensiva della effettiva e futura
attribuzione dei beni, vedi comm. trib. prov. Firenze, 12 febbraio 2009, n. 30). Solo a
seguito dell'individuazione dei beneficiari e della relativa attribuzione dei beni cessa la
condizione sospensiva e si realizza il presupposto impositivo rilevante ai fini dell'imposta sulle successione e donazioni.
Secondo caso - Medesima situazione di incertezza rappresentata dall'ipotesi nella
quale il disponente che ha istituito il trust (sia esso commerciale, sia esso caritatevole)
è anche uno dei soggetti beneficiari di capitale del trust stesso.
In tal caso non essendo possibile configurare una donazione fatta a favore di se stessi,
né essendo possibile applicare un'aliquota proporzionale dipendente dal grado di parentela e/o affinità, si dovrebbe propendere per la non applicabilità dell'imposta sulle
successioni per la parte di capitale riferentesi al disponente/beneficiario.
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Capitolo 3 – Imposte indirette e trust
Ma l'Agenzia delle Entrate vi applica la franchigia di un milione di euro e l'aliquota
dell'4%.
Anche in questo caso si prevede l'opportunità di un intervento modificatore da parte
dell'Agenzia.
Terzo caso - Nell'ipotesi di trust a favore di soggetti disabili il trattamento fiscale varia
a seconda se consideriamo il medesimo un trust con beneficiari individuati o un trust di
scopo.
In quest'ultimo caso, infatti, il carico fiscale si farebbe sentire maggiormente, poiché si
applicherebbe l'aliquota dell'8% e non sarebbe prevista alcuna esenzione o franchigia,
mentre nel caso di beneficiario parente in linea retta si applicherebbe l'aliquota del 4%
e la franchigia pari ad 1 milione di euro (per ogni beneficiario nel caso di più soggetti) –
vedi circolare Agenzia delle Entrate, n. 48/E del 2007 – posizione questa non condivisibile. Si auspica anche in questo caso un intervento modificatore che allo stato attuale
non è ancora stato registrato.
Comunque se il beneficiario è una persona disabile si applica, a prescindere dal grado
di parentela, la franchigia di euro 1.500,00 ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104,
ma l'importo della franchigia stessa potrebbe non essere sufficiente a coprire tutte le
spese necessarie per assistere il soggetto debole.
Si indica una pronuncia giurisprudenziale potenzialmente modificativa della tassazione
indiretta dei trust commerciali rispetto alle altre tipologie di trust: sentenza comm. trib.
prov. Lodi del 12 gennaio 2009.
Secondo i giudici tributari il trust commerciale e quindi non liberale non può essere oggetto di imposizione ai fini dell'imposta sulle successioni e donazioni non essendo in
grado di generare alcun vincolo rilevante ai fini fiscali rispondendo (nella fattispecie) il
patrimonio conferito in trust solo a finalità prettamente liquidatorie.
La sentenza sopracitata insiste sulla tendenza da anni avallata dalla dottrina in base alla
quale in materia di trust occorre valutare caso per caso, a seconda della natura del negozio e degli effetti che produce, l'applicabilità dell'imposta sulle successioni e donazioni.
Non si deve e non si può generalizzare.
In sintesi, il trust sia esso commerciale, successorio o caritatevole, si configura come
un rapporto giuridico complesso, con un'unica causa fiduciaria che caratterizza tutte le
vicende del trust (istituzione, disposizione, gestione, raggiungimento del fine).
Ciò induce a ritenere che :
1) la costituzione del vincolo di destinazione avviene sin dall'origine a favore del beneficiario (laddove sia individuato) ed è espressione di un unico disegno volto a consentire la realizzazione dell'attribuzione liberale (vedi Agenzia delle Entrate, direzione
centrale normativa e contenzioso, circolare n. 48/E del 6 luglio 2007).
L'unicità della causa fa sì allora che l'imposta sulle successioni e donazioni sia dovuta solo una volta e sia corrisposta in misura proporzionale al momento del verificarsi dell'effetto segregativo;
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Capitolo 3 – Imposte indirette e trust
2) si tassa solo il momento genetico del trust;
3) si tassa solo lo stock patrimoniale iniziale;
4) per l'aliquota da applicare deve guardarsi al rapporto di coniugio o parentela sussistente tra settlor e beneficiario;
5) la devoluzione ai beneficiari dei beni non realizza ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni un ulteriore fatto impositivo; i beni infatti hanno già scontato l'imposta
in questione sulla costituzione del vincolo al momento della segregazione;
6) l'attribuzione finale al beneficiario è sempre esentasse anche se il patrimonio segregato dovesse subire in itinere un incremento di valore;
7) ipotesi di trust sottoposto a condizione sospensiva. Anche in questo caso esso è
soggetto all'applicazione dell'imposta in misura fissa la quale va applicata al momento della sua istituzione (comm. trib. reg. Toscana,12 febbraio 2009, n. 30).
3.3.3 Soggetti passivi
L’art 5, comma 1, Tus stabilisce che «L’imposta è dovuta dagli eredi e dai legatari per le
successioni, dai donatari per le donazioni e dai beneficiari per le altre liberalità tra vivi».
Il beneficiario, secondo la lettera della norma, è il soggetto passivo d'imposta.
È possibile che nel corso della durata del trust o il beneficiario stesso muoia o si verifichi un impedimento tale da non rendere possibile l'attribuzione dei beni.
In questo caso al beneficiario originario ne subentrerà un secondo che acquista la medesima ed identica posizione fiscale del primo.
Potrà ereditare aliquote o franchigie che non gli spettano o potrà perdere aliquote o
franchigie che invece gli spettano.
L'Agenzia delle Entrate di converso afferma che è il trust il soggetto passivo d'imposta
essendo questo l'immediato destinatario dei beni oggetto della disposizione segregativa (Agenzia delle Entrate, direzione centrale normativa e contenzioso, circolare n . 3/E
del 22 gennaio 2008).
Posizione apparentemente discutibile.
3.4 Imposta di registro
L'imposta di registro in ordine cronologico rileva in primis ai fini della trascrizione dell'atto istitutivo di ogni tipologia di trust esistente.
Occorre precisare che l'atto istitutivo singolarmente considerato o puro:
se realizzato in Italia deve essere redatto per iscritto, ex art 3 convenzione dell'Aja,
e quivi registrato ai sensi dell'art 2, lett a), d.P.R. 131/1986;
se realizzato all'estero può sfuggire all'obbligo di registrazione in Italia (esso deve
essere registrato infatti solo in caso d'uso, ex art 6, d.P.R. 131/1986).
L'atto istitutivo “puro” da una parte della dottrina viene considerato paragonabile ad un
contratto preliminare e se realizzato in Italia si reputa essere assoggettato alla tassa-
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Capitolo 3 – Imposte indirette e trust
zione di registro in misura fissa (euro 168), ai sensi dell' art 10 della tariffa parte I,
d.P.R. 131/1986 (cfr sul punto commissione tributaria di Lodi, sentenza 4 aprile 2011).
Se il medesimo atto è redatto in atto pubblico o scrittura privata autenticata, è soggetto ugualmente alla registrazione in termine fisso, ma ai sensi dell'art. 11 della tariffa
parte I, non avendo esso stesso come contenuto (così come afferma la lettera della
norma) prestazioni di natura patrimoniale.
Se comunque manca un'obbligazione di disporre in favore del trustee, l'atto istitutivo
non avrà contenuto patrimoniale, ma sarà tassabile (in termine fisso od in caso d'uso)
in misura fissa (lo conferma l'Agenzia delle Entrate nella nota del 28 settembre 2004) .
Se invece l'istituzione del trust avviene contestualmente al trasferimento di proprietà,
l'imposta di registro in misura fissa va applicata una sola volta all'atto onnicomprensivo
della istituzione del trust e del relativo trasferimento dei beni dal settlor al trustee.
Quindi sono soggetti alla registrazione:
gli atti formati in Italia che devono essere redatti necessariamente per iscritto. Inoltre
se l'atto ha ad oggetto un immobile ivi ubicato è previsto l'obbligo di registrazione in
termine fisso e il pagamento del tributo in misura diversa in ragione del differente tipo di immobile trasferito – fabbricato, terreno agricolo - (art. 1, tariffa parte prima).
Se il bene è sito all'estero vige l'obbligo di registrazione in termine fisso e il pagamento del tributo nella misura fissa (art. 1, tariffa parte prima);
gli atti formati all'estero. Se l'immobile oggetto dell'atto è sito in Italia, si prevede
l'obbligo di registrazione in termine fisso ed il pagamento del tributo in misura diversa in ragione del differente tipo di immobile trasferito (art. 2, d.P.R. 131/1986 ed
art. 1, tariffa parte prima). Se l'immobile è situato all'estero, è previsto l'obbligo di
registrazione in caso d'uso ed il pagamento del tributo in misura fissa (art. 11, tariffa
parte seconda). Non sono soggetti alla registrazione i meri atti contenenti trasferimenti informali di ricchezza come un bonifico bancario effettuato dal settlor al
trustee. In riferimento al trust commerciale, nella prassi è ipotesi frequente conferire
attraverso il trust beni immobili situati in Italia ad una società estera con dotazione
delle quote al trust stesso.
3.4.1 Conseguenze fiscali
Il conferimento sconta l'imposta di registro in misura fissa se la società destinataria del
conferimento ha sede in uno Stato della comunità (vedi nota IV, art. 4 della tariffa parte I).
Il trasferimento delle quote di partecipazione o delle azioni sconta l'imposta in misura
fissa (art. 11, parte I della tariffa); se il trasferimento avviene per scrittura privata non
autenticata si applica l'imposta in misura fissa e solo in caso d'uso (art. 2 della tariffa
parte II).
Occorre che l'immobile non sia plusvalente o sia posseduto da più di 5 anni (se posseduto da privato), altrimenti il conferimento comporta il realizzo di una plusvalenza tassata come “reddito diverso” (art 67, comma 1, lett. b) Tuir).
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Capitolo 3 – Imposte indirette e trust
Se l'immobile è detenuto da privati, gli atti di dotazione patrimoniale non fanno emergere plusvalenze rilevanti tassabili come “redditi diversi” mancando nei redditi diversi
una clausola analoga a quella relativa alla destinazione dei beni a finalità estranee all'impresa.
Diverso il discorso per il conferimento di beni destinati all'esercizio di un’impresa. In
questo caso la dotazione al trust di suddetti beni può comportare una destinazione fiscalmente rilevante idonea a tassare le plusvalenze, a meno che il trust non abbia ad
oggetto la gestione di una fase dell'impresa (es. trust di garanzia). Se il trasferimento
avviene per atto pubblico o scrittura privata autenticata (obbligata per le quote srl), la
registrazione è in termine fisso con imposta in misura fissa (art. 11, parte I della tariffa).
Se il trasferimento avviene mediante girata sul titolo l'obbligatorietà della registrazione
non c'è (art. 8 tabella). L'imposta di registro rileva anche in queste altre ipotesi:
prima ipotesi: revoca/morte o sostituzione del trustee. Tali eventi comportano il trasferimento dei beni oggetto del trust dal vecchio trustee al nuovo trustee e laddove
ci si trova in presenza dei presupposti per la registrazione dell'atto, ovverosia quando il passaggio della titolarità avvenga attraverso un atto formale, si renderà applicabile come per l'atto istitutivo l'imposta di registro in misura fissa, ex art. 11 della
tariffa parte I. Non si verifica mai la successione ereditaria dei beni in trust (art. 11,
comma 2, lett. c), convenzione Aja);
seconda ipotesi: atti giuridici compiuti dal trustee. Tutti gli atti realizzati dal trustee
durante la vita del trust rilevano ai fini della tassazione di registro, la cui applicabilità
varia a seconda della natura dell'atto singolarmente considerato e realizzato ed a
seconda dei beni oggetto delle operazioni di vendita o di acquisto, salva naturalmente l'applicazione dell’Iva.
Qualora si tratti di beni di proprietà del trustee si prevede l'applicazione dell'imposta
di registro per i beni immobili ed i mobili registrati, altrimenti l'imposta sui contratti di
borsa, se oggetto degli atti dispositivi sono partecipazioni sociali. Se si tratta di beni
di proprietà dell'azienda del trustee si prevede l'applicazione dell'Iva;
terza ipotesi: trasferimento dei beni e diritti oggetto del trust dal trustee al beneficiario. Si applicherà l'imposta di registro in misura fissa se il trasferimento sconta l'imposta sul valore aggiunto, altrimenti si applicherà l'imposta di registro in misura
proporzionale, ex art. 9 del testo unico imposta di registro;
quarta ipotesi: cessioni di interessi nel trust da parte dei beneficiari. In merito è opportuno distinguere tra cessioni a titolo oneroso o gratuito.
Cessioni a titolo oneroso. Se il cedente è un soggetto passivo Iva sul corrispettivo della
cessione dovrà essere applicata tale imposta con l'esclusione dell'imposta proporzionale di registro (la quale si applicherebbe in misura fissa solo se l'atto di trasferimento
sia registrato).
Non sarebbero soggette ad Iva le cessioni aventi come oggetto somme di denaro o
crediti in denaro che sono escluse da questo tributo e che sconterebbero pertanto
l'imposta proporzionale di registro. Se il cedente non è soggetto passivo Iva gli atti di
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Capitolo 3 – Imposte indirette e trust
cessione formati per iscritto nel territorio italiano sono soggetti ad imposta proporzionale di registro come atti di cessione di crediti non come atti traslativi di beni poiché i
diritti dei beneficiari non hanno carattere reale.
Per cui l'aliquota da applicare è dello 0,50% sul valore degli interessi trasferiti indipendentemente dalla natura dei beni.
Cessioni a titolo gratuito. Sono soggette all'imposta sulle donazioni a condizione che il
beneficiario trasferente sia residente in Italia. L'imposta sulle donazioni si applica anche
se il beneficiario non è residente in Italia, ma lo è invece il trustee.
Se né l'uno né l'altro sono residenti, l'imposta non si applica per difetto del requisito
della territorialità.
L'imposta si applica se il trasferimento è operato da un donante non residente, ma solo sul valore dei beni siti in Italia.
3.4.2 Agevolazioni
Per quanto attiene all’imposta di registro e all’imposta di bollo, l’Agenzia delle Entrate
ha precisato che l’agevolazione di cui all’art. 8 della legge n. 266 del 1991 si applica
anche ai trust. Infatti, «le organizzazioni di volontariato possono fruire dell’esonero
dall’imposta di registro prima dell’iscrizione negli appositi registri ma dovranno comunicare tempestivamente, all’ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate che ha provveduto
alla registrazione dell’atto costitutivo, l’avvenuta iscrizione nel registro delle organizzazioni di volontariato» (circolare del 1° agosto 2011, n. 38). Si consideri, inoltre, che la
detta circolare ha previsto anche per i trust “opachi” la possibilità di iscriversi nel registro delle onlus.
3.5 Imposte ipotecarie e catastali
3.5.1 Atto dispositivo
Le modalità di applicazione delle imposte ipotecaria e catastale alla costituzione di vincoli di destinazione e quindi al trust, in mancanza di specifiche disposizioni, sono stabilite dal d.lgs. n. 347 del 31 ottobre 1990. Tali imposte sono dovute per le formalità di
trascrizione di atti aventi ad oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari e per la voltura catastale dei medesimi.
Le stesse imposte sono dovute in misura proporzionale relativamente alla trascrizione
di atti che conferiscono, con effetti traslativi, i menzionati beni e diritti.
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Capitolo 3 – Imposte indirette e trust
Esempio
Il trasferimento di un immobile oggetto del trust al trustee o ad una società avente sede in uno Stato
comunitario comporterà l'applicazione dell'imposta ipotecaria (1%) e catastale (2%), applicabili per
l'appunto agli atti di trasferimento immobiliari.
Pertanto sia l'attribuzione con effetti traslativi di beni immobili o diritti reali immobiliari al
momento della costituzione del vincolo, sia il successivo trasferimento dei beni medesimi allo scioglimento del vincolo, nonché i trasferimenti eventualmente effettuati durante il vincolo, sono soggetti all'applicazione delle imposte in questione.
In tema di imposta ipotecaria e catastale il trust non presenta delle peculiarità di trattamento rispetto agli altri vincoli di destinazione differentemente da quanto abbiamo
visto ed analizzato per l'imposta sulle successioni e donazioni.
Trust e vincoli di destinazione: applicabilità imposte ipotecarie e catastali in misura proporzionale con esclusivo riferimento agli atti con effetti traslativi.
3.6 Iva
Nell'ambito del trust ai fini della tassazione Iva sono tre i momenti rilevanti:
trasferimento del bene o diritto dal settlor al trustee;
la fase operativa nella quale il trust svolge la sua attività commerciale;
trasferimento del bene o diritto dal trustee al beneficiario.
3.6.1 Trasferimento del bene o diritto dal settlor al trustee
Tale trasferimento rileva solo se il settlor sia un imprenditore o un esercente arte o professione ed all'uopo occorre verificare se il settlor medesimo agisce per finalità estranee all'esercizio d'impresa, arte o professione o se agisce per finalità d'impresa.
Nel primo caso, ai sensi dell'art. 3, comma 2, n. 5, d.P.R. n. 633/1972, si dovrà versare l'imposta calcolata secondo il valore normale dei beni.
Se suddetti beni rientrano tra quelli la cui cessione o il cui trasferimento sono operazioni esenti, escluse o non imponibili, l'imposta non sarà versata.
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Capitolo 3 – Imposte indirette e trust
Esempio
Il trasferimento nell'ambito di un trust di azioni sarà esente ai fini Iva ex art 10, comma 1, n. 4 e
quello a favore di un soggetto non residente sarà non imponibile ex art 8.
Nel secondo caso, quando cioè il settlor agisce nell'esercizio d'impresa, il trasferimento sarà soggetto ad Iva secondo i criteri standard di imponibilità, esenzione o esclusione, eccezion fatta per le cessioni d'azienda o di rami d'azienda considerate sempre fuori campo Iva ex art 2, comma 3, lett. b.
3.6.2 Fase operativa nella quale il trust svolge la sua attività commerciale
Durante la fase prettamente operativa il trust può diventare soggetto passivo Iva quando svolge attività commerciale.
Tutte le operazioni compiute sono assoggettate al tributo se sono rilevanti ai fini Iva.
3.6.3 Trasferimento del bene o diritto dal trustee al beneficiario
Il trasferimento rientra nel campo d'applicazione Iva se il trust svolge attività commerciale.
3.6.4 Operazioni effettuate durante il trust
Il trustee può compiere operazioni di gestione del patrimonio vincolato e realizzare
quindi atti di acquisto o di vendita i quali però sono soggetti ad autonoma imposizione
secondo la natura degli stessi e gli effetti che producono.
3.6.5 Trasferimento beni dal trustee al beneficiario
Tale trasferimento non realizza un fatto fiscalmente rilevante ai fini dell'imposta sulle
successioni essendo stata già scontata ed assolta al momento della costituzione dell'effetto segregativo.
Rileva ai fini Iva se il trust svolge attività commerciale. Nel caso non svolga attività
commerciale si dovrà fare riferimento alla disciplina speciale prevista in merito. Rileva
anche ai fini della tassazione dell'imposta di registro; nello specifico si applicherà l'imposta in misura fissa se il trasferimento sconta l'imposta sul valore aggiunto, altrimenti
si applicherà l'imposta in misura proporzionale ex art. 9 testo unico imposta di registro.
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4. Trust e aspetti comparatistici
Capitolo 4 –Trust e aspetti comparatistici
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4.1 Premessa
L’analisi di un istituto come il trust non può non riguardare il rapporto (di completamento o sostituzione) con quelli che sono gli istituti “tipici” previsti dal nostro ordinamento
giuridico per la tutela delle c.d. “vicende successorie”, ossia quelle vicende necessarie
o necessitate, che possono interessare la vita di ogni persona e nelle quali oltre che
all’aspetto della trasmissione di patrimoni o rapporti giuridici si attribuisce importanza
(alcune volte prioritaria) a quello della tutela (o della semplice considerazione) di interessi aventi natura non patrimoniale.
Per comprendere a quali situazioni ci si intende riferire si pensi, ad esempio,
all’imprenditore che, volendo provvedere (in tempo) al passaggio generazionale
dell’azienda, si trovi nella necessità di dover individuare quello che, tra gli eredi, presenta le migliori attitudini alla conduzione aziendale; ovvero a quello del genitore che, in
presenza di eredi non interessati alla prosecuzione dell’attività d’impresa, intenda, comunque, preservarla (magari anche dopo la sua morte) garantendo loro, in tal modo,
una fonte di sostentamento. O, ancora, al caso di un genitore che intenda provvedere,
anche per il tempo successivo alla sua morte, al “benessere” di un figlio affetto da patologia invalidante.
In tutti questi casi, infatti, il trust può costituire un valido strumento di garanzia di raggiungimento degli interessi (patrimoniali e non) del disponente, di supporto, alternativo
o suppletivo rispetto alla garanzia offerta da alcuni istituti tipici del nostro ordinamento
giuridico.
In realtà, data proprio l’esistenza di strumenti (che potremmo definire “interni”) destinati
alla protezione di interessi meritevoli di tutela, come è stato osservato, il professionista
(o meglio, i professionisti, giacché siffatte situazioni, per essere gestite al meglio, necessitano dell’intervento di una pluralità di professionisti: commercialista, notaio, avvocato, esperto), una volta comprese le necessità del cliente dovrebbe preliminarmente
porsi questa domanda: “esistono nel nostro ordinamento giuridico degli istituti in grado
di assicurare il pieno raggiungimento dell’effetto voluto dal cliente?” Se la risposta è affermativa, il ricorso al trust potrebbe essere superfluo, in caso contrario rivelarsi una
necessità.
Occorre pertanto analizzare quelli che sono i più “comuni” istituti di diritto civile che si
occupano di vicende successorie, nell’accezione in questa sede trattata, anche se la
trattazione non potrà essere esaustiva.
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A cura di Germano Giovanardi.
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Capitolo 4 – Trust e aspetti comparatistici
4.2 Divieto di patti successori
«Art. 458 - Divieto di patti successori - Fatto salvo quanto disposto dagli articoli
768-bis e seguenti, è nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione. È del pari nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono
spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi».
Fatte salve le disposizioni di cui agli artt. 768-bis e seguenti sul “patto di famiglia”, più
avanti trattato, il nostro ordinamento è dunque fondato sul generale divieto (sanzionato
con la nullità dell’atto) di contrarre patti finalizzati a:
1) disporre anticipatamente del proprio patrimonio esistente al momento della morte
(c.d. patto istitutivo);
2) disporre anticipatamente dei diritti che possono spettare da una successione non
ancora aperta (c.d. “patto dispositivo”);
3) la rinuncia ai diritti eventualmente spettanti da una successione potendo, viceversa,
un soggetto disporre della propria successione unicamente mediante testamento;
in mancanza, è la legge a provvedere sulla successione.
Stante il summenzionato divieto, un accordo tra coeredi in virtù del quale si disponga
anticipatamente dei diritti che possono spettare da una successione non ancora aperta
sarà pertanto inevitabilmente nullo. Parimenti nullo sarà l’accordo che preveda una rinunzia a dei diritti rivenienti da un’eredità o il patto con cui taluno provveda a distribuire
ai figli la sua eredità.
Deve dunque concludersi che il nostro ordinamento non consenta la possibilità di disciplinare in alcun modo, in via anticipata, gli assetti patrimoniali di un individuo per il
tempo successivo alla sua morte? Ovvero per essere più aderenti al tema, un trust con
il quale taluno disponga (anticipatamente) dei propri beni prevedendo per la loro trasmissione per il momento successivo alla sua morte deve ritenersi ammissibile o no? O
è da ritenersi nullo per violazione del disposto dell’art. 458 c.c.?
Pur non potendosi escludere che un trust venga strutturato in modo tale da scadere in
un mero tentativo di aggirare la citata norma o, seppure in maniera inconsapevole, risulti tale da contravvenire al suindicato divieto, è sostenibile la tesi che riconosce la
possibilità di utilizzare il trust quale strumento per definire il destino del suo patrimonio
per il momento successivo alla morte del disponente in quanto non necessariamente in
violazione del succitato divieto, per le seguenti principali motivazioni:
il trust non è un contratto tra disponente e (l’erede) beneficiario o, meglio, tra il disponente e il beneficiario non vi è alcun accordo (patto);
il trust appartiene alla categoria dei negozi inter vivos e non a quelli mortis causa;
i beni segregati in trust fuoriescono immediatamente dal patrimonio del disponente
(e non entrano a far parte di quello del trustee) per cui, all’atto dell’apertura della
successione, non fanno più parte del patrimonio del de cuius.
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Capitolo 4 –Trust e aspetti comparatistici
Dunque, con le necessarie cautele, potrebbe ammettersi la costituzione di un trust finalizzato al sostentamento della famiglia ed alla successiva devoluzione del patrimonio
in favore degli eredi mediante il quale un genitore segrega parte del patrimonio personale, eventualmente nominando se stesso come primo trustee (c.d. trust autodichiarato) e disciplinando per la nomina/successione del trustee dopo la sua morte, prevedendo che i frutti di tale patrimonio vengano destinati al soddisfacimento dei bisogni
familiari e, al verificarsi di un determinato evento successivo (es. compimento della
maggiore età dell’ultimo nato), il patrimonio stesso venga devoluto ai suoi eredi, nel rispetto delle norme codicistiche disciplinanti la materia successoria.
Abbiamo visto anche che l’unica eccezione al divieto alla formazione di patti successori
è quella prevista in favore dei “patti di famiglia”.
4.3 Patto di famiglia
«Art. 768-bis - Nozione - È patto di famiglia il contratto con cui, compatibilmente con
le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l'imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l'azienda, e il titolare di partecipazioni
societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti».
Dunque il nostro ordinamento conosce almeno un istituto, il patto di famiglia appunto,
utilizzabile, «compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel
rispetto delle differenti tipologie societarie», ogniqualvolta l’imprenditore intenda trasferire «in tutto o in parte, l'azienda» ovvero il titolare di partecipazioni societarie intenda
trasferire «in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti».
Se, dunque, esiste uno strumento giuridico “interno” in grado di assicurare la trasmissibilità dell’impresa o di quote societarie in favore di alcuni e non tutti gli eredi, quale
potrebbe essere l’utilità di ricorrere ad uno strumento di “importazione”?
Le ragioni di tale scelta potrebbero essere molteplici, tutte ravvisabili negli stessi limiti
dell’istituto di “diritto nazionale”. Innanzitutto, per essere valido, al patto di famiglia «de-
vono partecipare anche il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel
momento si aprisse la successione nel patrimonio dell'imprenditore» (art. 768-quater
c.c.). Inoltre, con il patto di famiglia l’impresa o le quote sociali possono essere trasferite esclusivamente ad uno o più discendenti (non, ad esempio, al coniuge, che pure
deve prestare il proprio consenso al patto).
Il patto di famiglia è poi caratterizzato da una certa “definitività” giacché «può essere
sciolto o modificato dalle medesime persone che hanno concluso il patto di famiglia nei
modi seguenti:
mediante diverso contratto, con le medesime caratteristiche e i medesimi presupposti di cui al presente capo;
mediante recesso, se espressamente previsto nel contratto stesso e, necessariamente, attraverso dichiarazione agli altri contraenti certificata da un notaio» (art.
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Capitolo 4 – Trust e aspetti comparatistici
768-septies c.c.). Ed impone agli assegnatari dell'azienda o delle partecipazioni societarie di «liquidare gli altri partecipanti al contratto, ove questi non vi rinunzino in
tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli articoli 536 e seguenti» (art. 768-quater c.c.).
E che accade se uno dei legittimari non vuole partecipare al patto? O se gli assegnatari
dell’azienda o delle partecipazioni non dispongono delle risorse finanziarie per liquidare
gli altri? O, ancora, se la scelta del “capitano d’azienda” dovesse successivamente rivelarsi errata?
È allora evidente che, in tutte le ipotesi in cui le condizioni richieste dalla normativa in
esame non possono essere soddisfate o perché manca l’accordo tra le parti interessate o perché l’accordo risulta troppo oneroso per la parte che deve finanziariamente sostenerlo ovvero nell’ipotesi in cui quella del “prescelto” potrebbe rivelarsi una scelta azzardata in ragione del momento in cui il patto è concluso, il ricorso allo strumento del
trust può costituire una soluzione alternativa al problema della trasmissione generazionale dell’azienda.
Ben si potrebbe pertanto pensare a (e strutturare) un trust nel quale, ad esempio, vengano segregate le partecipazioni societarie (e con ciò rendendo immediatamente franche le loro vicende rispetto a quelle del patrimonio personale dell’imprenditore e dei
suoi successori) e del quale primo trustee sia l’imprenditore stesso che, così facendo,
avrà la possibilità di saggiare le capacità dei suoi eredi ed individuare quello tra essi
maggiormente adatto alla sua successione nell’azienda ed al quale devolverla nel rispetto delle norme che disciplinano gli ulteriori aspetti successori.
Vi sono poi delle vicende successorie nella vita di una persona in cui l’aspetto patrimoniale assume una importanza secondaria rispetto a quella rivestita dalla preoccupazione di offrire una adeguata protezione a soggetti che si trovano in una situazione di disagio o svantaggio sociale. Si pensi all’ipotesi di un genitore anziano o del genitore affetto da grave patologia progressivamente invalidante che intenda garantire, attraverso
l’amministrazione e la successiva devoluzione del proprio patrimonio agli eredi, le risorse necessarie al sostentamento della sua famiglia. O a quella del soggetto che intenda
provvedere al sostentamento ed alla cura di un parente inabile per tutto il tempo della
usa vita. Anche in questo caso il nostro Codice civile conosce degli strumenti che perseguono tale obiettivo.
Codice alla mano, infatti, possiamo citare (anche in questo caso certamente in maniera
non esaustiva) gli istituti sotto descritti.
4.4 Amministratore di sostegno
«Art. 404 - Amministrazione di sostegno - «La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche
parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un
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Capitolo 4 –Trust e aspetti comparatistici
amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la
residenza o il domicilio».
«Art. 409 - Effetti dell'amministrazione di sostegno - Il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno.
Il beneficiario dell'amministrazione di sostegno può in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana».
L’amministratore di sostegno può dunque intervenire (ovvero la richiesta della sua nomina può essere avanzata) ogni qualvolta che una persona, per effetto di una infermità
ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trovi nella impossibilità, anche parziale
o temporanea, di provvedere ai propri interessi.
Ora, al di là di considerazioni di carattere umano che portano a ben comprendere le
difficoltà che potrebbe incontrare la persona che, trovandosi nella situazione prevista
dalla norma, intenda adire spontaneamente l’autorità giudiziaria per la nomina di un
amministratore di sostegno, l’utilità di affiancare (a tal riguardo vale la pena di considerare l’aspetto della revocabilità del trust) o sostituire la figura dell’amministratore di sostegno con quella del trustee (e, quindi, di fare ricorso al trust come istituto complementare o sostitutivo dell’amministratore di sostegno) può essere individuata nella
maggior attitudine del trust a rispondere alle esigenze di tutela patrimoniale, cura, mantenimento e sostegno dei soggetti disabili.
4.5 Interdizione e inabilitazione
«Art. 414 - Persone che possono essere interdette - Il maggiore di età e il minore
emancipato, i quali si trovano in condizioni di abituale infermità di mente che li rende
incapaci di provvedere ai propri interessi, sono interdetti quando ciò è necessario per
assicurare la loro adeguata protezione».
«Art. 415 - Persone che possono essere inabilitate - Il maggiore di età infermo di
mente, lo stato del quale non è talmente grave da far luogo all'interdizione, può essere
inabilitato.
Possono anche essere inabilitati coloro che, per prodigalità o per abuso abituale di bevande alcoliche o di stupefacenti, espongono sé o la loro famiglia a gravi pregiudizi
economici.
Possono infine essere inabilitati il sordomuto e il cieco dalla nascita o dalla prima infanzia, se non hanno ricevuto un'educazione sufficiente, salva l'applicazione dell'articolo
414 quando risulta che essi sono del tutto incapaci di provvedere ai propri interessi».
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Capitolo 4 – Trust e aspetti comparatistici
Questo non vuol dire però che l’effetto voluto dalla norma (e che deve intendersi finalizzato alla cura dell’interdetto e, quindi, alla tutela di un interesse meritevole) non possa
essere altrimenti perseguito.
Ad esempio, attraverso l’istituzione, da parte del genitore, di un trust autodichiarato finalizzato alle cure della persona affetta da disabilità, in cui il fondo del trust venga amministrato, in un primo momento, dal genitore primo trustee e, successivamente, dai
suoi successori secondo le “istruzioni” impartite dal disponente nell’atto istitutivo del
trust e sotto la vigilanza del protector, che preveda alla morte della persona disabile la
devoluzione del fondo in favore di altri eredi (es. fratelli) o in favore di istituzioni aventi
quali finalità la cura delle persone affette da disabilità.
Infine il nostro ordinamento conosce gli “atti di destinazione” quali atti di segregazione
patrimoniale relativi a beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri destinati alla
realizzazione di interessi meritevoli di tutela e riferibili, tra l’altro, a persone con disabilità.
«Art. 2645-ter. Trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi
meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o
ad altri enti o persone fisiche.
Gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri
sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita
della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili
a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai
sensi dell'articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere
opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso.
I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di
destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall'articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo».
Anche in questo caso sono evidenti i limiti dell’istituto “interno” e l’indubbia utilità che
un trust può avere quale strumento (complementare o di sostituzione) dell’atto di destinazione: mentre il secondo non può che avere ad oggetto, per espressa previsione
normativa, che beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, con il trust può essere
segregato, per le medesime finalità, qualunque “bene” si trovi (o si troverà) nella disponibilità del disponente.
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5. L'impiego dei trust nelle operazioni
Capitolo 5 – L'impiego del trust nelle operazioni commerciali
commerciali
1
5.1 Premessa
Il sostantivo trust può essere tradotto, come proposto da autorevole dottrina (M. Lupoi), con “affidamento”. E ciò in quanto tale termine incorpora una duplice valenza: la
prima riferita al trasferimento del patrimonio al trustee, al quale per l’appunto i beni sono “affidati” e dunque posti sotto il suo controllo; la seconda rivolta ad inquadrare la
posizione dei beneficiari del trust, i quali hanno diritto di fare “affidamento” che il trustee
si comporti secondo le indicazioni dell’atto istitutivo e della legge (o diritto) regolatrice.
Analizzando l’istituto in tale ottica se ne percepiscono i lineamenti fondamentali. In primis si può così facilmente desumere che il trust non è dotato di autonoma personalità
giuridica, ma costituisce esclusivamente un rapporto di affidamento fiduciario dal quale
derivano un fascio di obbligazioni e diritti rispettivamente in capo al trustee ed ai beneficiari. In tal senso la precisata relazione di affidamento sviluppa i suoi effetti direttamente sulla qualità del patrimonio trasferito dal disponente al trustee e produce come necessaria conseguenza l’effetto segregativo tipico dell’istituto. Ed infatti il trustee, affinché possa realizzare il programma individuato nell’atto istitutivo ed oggetto
dell’affidamento, diviene titolare dei beni ad esso trasferiti i quali tuttavia restano insensibili alle relative vicende patrimoniali.
Un ulteriore connotato qualificante l’istituto in esame è rappresentato dalla relativa flessibilità della struttura delle obbligazioni e dei diritti nascenti, per volontà del disponente,
dall’atto istitutivo.
Sul punto occorre sgombrare il campo da equivoci e mistificazioni che purtroppo, ancora oggi, aleggiano attorno ai trust e che si incentrano sulla necessità, paventata da
alcuni, che: l’atto istitutivo sia redatto in lingua inglese, che il trustee sia una società
straniera, che sia necessario definire la figura del Guardiano o che il trust debba essere
necessariamente discrezionale. Nulla di tutto ciò.
Lo spettro delle alternative disponibili per il disponente è infatti pressoché illimitato (si
badi bene, sempre nella cornice tracciata dalle norme della legge o del diritto scelto
per regolare l’istituto) potendo creare qualsiasi assetto di interessi ed obbligazioni purché non siano illegali o contrarie all’ordine pubblico.
Tale polimorfismo, la conseguente duttilità dell’istituto nel poter essere plasmato sugli
interessi che di volta in volta si intende perseguire nonché il citato effetto segregativo
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A cura di Angelo De Dominicis.
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Capitolo 5 – L'impiego dei trust nelle operazioni commerciali
da esso derivante, rendono i trust particolarmente apprezzati in diverse operazioni
aventi carattere commerciale.
5.2 Trust, ipoteca e pegno
Una prima valutazione sull’impiego dei trust può essere compiuta avendo riguardo alla
loro utilizzazione come strumenti di garanzia, in luogo dei principali istituti presenti nel
nostro ordinamento costituiti dall’ipoteca e dal pegno.
Com’è noto, l’ipoteca ed il pegno costituiscono per il creditore una garanzia reale e
cioè una garanzia opponibile erga omnes che si esprime nella creazione, a favore del
creditore garantito, di una riserva ad rem; riserva che di fatti destina il ricavato derivante
dall’azione esecutiva al soddisfacimento del credito garantito in caso di inadempimento
del debitore. Tuttavia, la precisata destinazione (delle somme ricavabili dalla vendita dei
beni oggetto di garanzia) non incide sul titolo di proprietà del bene stesso che quindi
può risentire, in ogni caso, delle particolari vicende patrimoniali del debitore, con la necessaria conseguenza che il creditore ipotecario o pignoratizio può in ogni caso trovarsi a dover concorrere, se pur in via privilegiata, in un processo di esecuzione attivato
da altri2.
La differenza tra gli effetti derivanti dall’impiego dei sopra descritti strumenti di garanzia
rispetto all’uso dei trust è di tutta evidenza; i trust, come detto, consentono di creare
una segregazione patrimoniale perfetta sottraendo il patrimonio alle contingenze attinenti sia la vita del disponente, sia quella del trustee che dei beneficiari3.
5.2.1 Il confronto con l’ipoteca
Evidenziata tale preliminare e non trascurabile differenza tra i trust e gli ordinari istituti di
garanzia del diritto italiano, possiamo ora addentrarci in un’analisi più specifica effettuando, in primo luogo, un confronto con l’ipoteca, condotto mediante la valutazione di
due ipotesi alternative di garanzia.
Si consideri inizialmente il normalissimo caso di un soggetto che intende acquisire un
immobile con accensione di un mutuo bancario ed iscrizione di ipoteca sullo stesso
immobile, in favore dell’istituto di credito erogatore del prestito. Per quanto accennato
in precedenza, la banca (anche se con un grado privilegiato) entrerà a pieno titolo nella
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Si pensi ad esempio al caso del creditore ipotecario di un soggetto, socio di una s.n.c., che, nel corso della
durata del mutuo viene dichiarata fallita; ovvero al creditore ipotecario di un soggetto che incautamente accetta un’eredità senza beneficio di inventario e che successivamente scopre di aver ereditato una massa
passiva di gran lunga superiore all’attivo ereditario.
2
«Un professionista, un impiegato, può contrarre le obbligazioni più imprevedibili, anche quelle che non dipendono dalla sua volontà, quelle da fatto illecito, per esempio, può essere soggetto a vicende matrimoniali,
successorie, può morire e così via, il trustee, in quanto tale non è soggetto a vicende matrimoniali, non muore, può morire il trustee ma non muore il trust. Il trustee non può svolgere attività negoziale se non in quanto
sia funzionale allo scopo del trust» (M. Lupoi).
3
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Capitolo 5 – L'impiego del trust nelle operazioni commerciali
schiera, più o meno vasta, dei creditori personali del debitore, con la conseguenza che
le eventuali somme di cui disporrà quest’ultimo saranno destinate non solo al pagamento del mutuo, ma anche al soddisfacimento degli altri debiti, e ciò secondo l’ordine
di priorità che, di volta in volta, il debitore stesso riterrà più opportuno. Inoltre, in caso
di insolvenza, l’istituto di credito potrà certo attivare il procedimento di esecuzione immobiliare, tuttavia con incerti risultati in termini di profittabilità economica: vi saranno
costi legali da sostenere, dovrà attendere una tempistica più o meno lunga per la conclusione della procedura di esecuzione, otterrà un prezzo che sarà inevitabilmente influenzato dai pressoché costanti ribassi delle esecuzioni immobiliari.
Si assuma ora il caso in cui la banca eroghi il mutuo non direttamente al cliente, ma ad
un trustee il quale provvede all’acquisto dell’immobile. In questo caso il cliente ottiene la
disponibilità dell’immobile ed il trustee, che in tal caso è la controparte dell’istituto di credito, con il reddito prodotto dall’immobile provvede al pagamento delle rate del mutuo.
I vantaggi per il creditore sono numerosi e consistenti.
La banca sa che:
l’immobile non entrerà a far parte del patrimonio del cliente e ciò finché perdurerà il
mutuo;
il trustee non potrà avere debiti diversi da quello già contratto con la banca stessa e
pertanto tutti i flussi reddituali derivanti dal bene saranno destinati esclusivamente al
rimborso del mutuo;
in caso di mancato pagamento del numero di rate preventivamente stabilito tra
l’istituto di credito ed il cliente, l’immobile verrà venduto direttamente dal trustee, in
tempi rapidi, senza costi legali e con il procedimento concordato in sede di istituzione del trust tra le parti, trasportando quindi la procedura di esecuzione in una più
conveniente dimensione privatistica.
Alla luce di quanto sopra non vi è chi non veda come l’interesse del creditore al soddisfacimento del proprio diritto, tipicamente protetto nel nostro ordinamento dall’istituto
dell’ipoteca, trovi invece una più efficace ed efficiente copertura per mezzo dell’impiego
dei trust.
5.2.2 Trust e pegno
Passando al raffronto con l’altro strumento di garanzia reale presente nel nostro ordinamento, costituito dal pegno, occorre sottolineare fin dall’inizio che i trust si propongono come mezzi di tutela più vantaggiosi solo in alcuni casi.
Per comprendere quanto detto si deve necessariamente far riferimento alla generale
normativa attinente il pegno ed all’evoluzione della stessa per quanto attiene ai “contratti di garanzia finanziaria”. Com’è noto l’approccio seguito dal legislatore del 1942 in
tema di garanzie reali è connotato da un rigido formalismo che si manifesta appieno
nella disciplina del pegno che, per poter essere validamente opposto a terzi, richiede:
lo spossessamento del bene, dato in garanzia, che passa dal debitore al creditore;
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Capitolo 5 – L'impiego dei trust nelle operazioni commerciali
la costituzione della garanzia mediante forma scritta avente data certa e dalla quale
risultino sufficientemente descritti sia il credito sia l’oggetto in cui si estrinseca la
garanzia;
l’impossibilità per il creditore di disporre della cosa data in garanzia.
La rigidità della precisata normativa, focalizzata sulla res data in garanzia e sulla relativa
immobilizzazione e staticità, si è scontrata, nel tempo, con le esigenze del sistema economico ed in particolare di quello finanziario che, di contro, ha manifestato
l’esigenza, sia di poter sostituire i beni dati in garanzia nel caso di un prolungamento
dell’obbligazione garantita, sia di consentire una gestione dinamica dei beni medesimi.
A parziale attenuazione della sopra indicata impostazione è intervenuta la giurisprudenza4, che ha riconosciuto il c.d. “pegno rotativo”, vincolando tuttavia la validità dello
stesso alla indicazione nel pegno sia del meccanismo di rotatività del vincolo, sia delle
informazioni necessarie all’individuazione dei passaggi e delle trasformazioni relative
agli oggetti sui quali la garanzia si trasferirà nel tempo, con uguaglianza degli originari
valori economici dell’operazione.
Parallelamente al descritto quadro normativo ed interpretativo applicabile alla generalità
delle operazioni di pegno è stata introdotta una disciplina speciale attinente alle operazioni di garanzia aventi ad oggetto strumenti finanziari. La costruzione di tale regime
speciale, iniziata con l’art. 34 del d.lgs. 24 giugno 1998, n. 213 – Disposizioni per
l’introduzione dell’euro – e con l’art. 46 del regolamento Consob n. 11768/1998, è
culminata con il d.lgs. n. 170 del 21 maggio 2004 che ha recepito la direttiva comunitaria 2004/47/CE e che ha colmato molte delle inefficienze in precedenza descritte e
collegate all’impiego del pegno, consegnando al sistema finanziario nazionale modelli
di garanzia più evoluti ed efficaci.
In particolare la normativa di estrazione comunitaria ha stabilito che:
nei contratti di garanzia finanziaria (tra cui è ricompreso il pegno) aventi ad oggetto
attività finanziarie e sottoscritti tra operatori finanziari, ovvero tra questi e persone
non fisiche, la forma scritta è richiesta ad probationem e non già ad substantiam;
l’escussione della garanzia può avvenire se previsto nel contratto, non solo per inadempimento, ma anche in caso di peggioramento delle condizioni patrimoniali del
debitore, e mediante utilizzo, appropriazione o vendita da parte del creditore delle
attività finanziarie date in pegno;
non si applica ai contratti di garanzia finanziaria l’art. 2744 del codice civile (divieto
di patto commissorio);
il creditore, se previsto nel contratto, ha la disponibilità delle attività finanziarie date
in pegno potendole anche alienare, con l’unico obbligo di ricostituire una garanzia
-------------------------------------------
Cass. Civ. 28 maggio 1998, n.5264. In tal modo il pegno rotativo può essere definito «quella forma di garanzia che consenta la sostituibilità e mutuabilità nel tempo dell’oggetto senza comportare, ad ogni mutamento, la rinnovazione del compimento delle modalità richieste per la costituzione della garanzia o per il sorgere del diritto di prelazione, ovvero senza che dia luogo alle condizioni per la revocabilità dell’operazione
economica in tal modo posta in essere».
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Capitolo 5 – L'impiego del trust nelle operazioni commerciali
equivalente alla garanzia originaria entro la data di scadenza dell’obbligazione finanziaria;
l’escussione della garanzia è ammessa anche in caso di apertura di una procedura
concorsuale, la quale non provoca, se non diversamente stabilito, la risoluzione dei
contratti e delle garanzie prestate.
Il pegno nell’ambito di operazioni di garanzia finanziaria gode dunque di un particolare
regime che, di fatto, sposta l’attenzione dalla res data in pegno al valore in essa incorporato, permettendo dunque una gestione dinamica ed efficiente del bene dato in garanzia. Per tutte le operazioni non rientranti nell’ambito applicativo della d.lgs.
170/2004 (si pensi a contratti di garanzia aventi ad oggetto strumenti finanziari, ma stipulato tra un istituto di credito ed un privato, ovvero a contratti di garanzia in cui il pegno è costituito da c.d. “derivati”, che non rientrano nella nozione di strumenti finanziari) permane invece la “sacralità” dei divieti posti dalla normativa sul pegno regolare, con
conseguente inidoneità del precisato istituto a tutelare gli interessi del creditore.
In tale ambito, pertanto, viene ad evidenza l’indubbia valenza dell’articolazione della
garanzia per mezzo di un trust che consente di replicare in forma privatistica il contenuto del d.lgs. 170/2004, in quanto con tale istituto si riesce a:
a) segregare i beni oggetto di garanzia (che questi siano strumenti finanziari o meno
non rileva) nei confronti di eventuali sopravvenuti creditori del debitore;
b) consentire una gestione efficiente dei valori oggetto del trust attraverso il continuo
disinvestimento e reinvestimento del patrimonio senza vincoli formali;
c) realizzare in maniera rapida e semplice il patrimonio vincolato.
5.3 Trust, impresa e società
5.3.1 Trust ed operazioni commerciali
Un ulteriore piano in cui l’istituto dei trust trova ampia possibilità di utilizzazione è quello
connesso alle operazioni commerciali attinenti alla normale gestione delle imprese o delle professioni. In particolare, ciò si manifesta soprattutto quando, per la natura del contratto sottostante o dell’incarico professionale ricevuto, emerge la necessità di segregare delle somme di denaro in favore di un soggetto ovvero per una specifica finalità.
Si pensi ad esempio al caso dei contratti di appalto nei quali il committente trattiene, di
volta in volta, una percentuale su ogni pagamento effettuato all’appaltatore e ciò fino al
termine dei lavori allorché provvede a trasferire a quest’ultimo le ritenute in precedenza
effettuate. Nel caso citato il denaro trattenuto dal committente appartiene a
quest’ultimo e si confonde nel suo patrimonio benché di fatto sia destinato al pagamento dell’appaltatore che in realtà ha solo un credito per le ritenute subite e quindi
una posizione estremamente “fragile” in caso di dissesto del committente ovvero a seguito di pervicaci ed inconsistenti contestazioni di quest’ultimo circa l’esecuzione
dei lavori.
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Capitolo 5 – L'impiego dei trust nelle operazioni commerciali
La precisata situazione può trovare composizione nell’istituzione di un trust nel quale di
volta in volta saranno trasferite le ritenute e sulle quali quindi si costituirà una destinazione con effetti reali in favore dell’appaltatore che otterrà tali somme, al termine
dell’opera, dal trustee, il quale, essendo un soggetto indipendente ed esterno, si trova
in posizione equidistante dalle parti5.
Un’altra fattispecie in cui i trust trovano un impiego efficace è costituita dal deposito di
somme effettuate da un cliente presso un professionista, ad esempio avvocato, commercialista o agente immobiliare, per il compimento di un atto, il pagamento di somme
al fisco, ovvero per l’acquisto di un immobile. Minimo comune denominatore di tutte le
ipotesi effettuate è ancora una volta il problema di tenere separato dal patrimonio personale del depositario le somme ricevute, ed ancora una volta i trust consentono di realizzare tale effetto rendendo, tra l’altro, insensibile il denaro oggetto del trust, non solo
dalle azioni dei creditori del depositario (rectius trustee), ma anche da quelle di eventuali creditori successivi del disponente6.
------------------------------------------5
Ritengo utile riportare il caso di un contratto di appalto internazionale sottoscritto da un’impresa italiana e
citato dal Prof. M. Lupoi in Trust, Milano 2002. «Il contratto di costruzione di un oleodotto prevede una rite-
nuta a garanzia del 5%. Committente è un ente governativo iracheno, il quale, nel momento in cui esegue il
pagamento del 95% di uno stato di avanzamento, versa il restante 5% in un conto presso la Comit di Londra, intestato alla banca irachena Rafidain Bank. Altre somme sono versate, sempre per essere impiegate in
favore dell’appaltatore, da un altro soggetto. Le somme nel conto sono in trust per l’appaltatore; la Rafidain
Bank è il trustee del trust. Le clausole dell’atto istitutivo del trust dispongono che quanto è via via versato sul
conto del trust sia trasferito all’appaltatore al termine del lavoro, previa produzione, da parte sua, di alcune
certificazioni irachene. L’oleodotto viene costruito, ma subisce gravi danni nel corso della guerra fra Iraq e
Kuwait. Saipem inutilmente chiede il rilascio delle certificazioni. Conviene allora in giudizio sia il committente
sia il trustee (il contratto disponeva che ogni lite fosse sottoposta alla giurisdizione inglese). La Court of
Appeal ritiene che Saipem non possa prevalere con un’azione contrattuale, ma che invece sia fondata la sua
domanda quale beneficiaria del trust. Sotto questo profilo, il trustee potrebbe legittimamente rifiutare la consegna delle somme giacenti sul conto solo qualora vi ostino ragioni equitative; se, ragiona la Corte, i procedimenti previsti nell’atto istitutivo (produzione dei certificati) non possono funzionare, il giudice ha il potere di
sostituirne altri: il trust non può rimanere in “limbo”. Venendo al merito, la Corte rileva che la mancanza delle
prescritte certificazioni non tocca le ragioni della Saipem, perché non è stato sostenuto da alcuno che
l’appalto non sia stato completamente eseguito. Di conseguenza, ordina al trustee di versare alla Saipem le
somme che sono sul conto del trust».
6
Sul punto si osservi il seguente caso, c.d. Quistclose, tratto da M. Lupoi. La società Rolls Razor ha uno
scoperto con la Barclays Bank ed è in serie difficoltà finanziarie. L’azionista di controllo desidera comunque
distribuire agli azionisti il dividendo deliberato dall’assemblea. Una società da lui controllata (la Quistclose
Ltd.) mutua la somma necessaria alla Rolls Razor, convenendo che sia destinata esclusivamente per il pagamento del dividendo. La Rolls Razor informa la Barclays Bank dell’operazione e versa l’assegno emesso
dalla società mutuante dando istruzioni di aprire un apposito “conto dividendi” e precisando quale sarà la
destinazione della somma. Qualche giorno dopo la Rolls Razor delibera la cessazione dell’attività e lo scioglimento. La banca compensa il saldo del “conto dividendi” (non era stato ancora pagato alcun dividendo)
con il saldo del conto ordinario scoperto. Agisce il mutuante contro Rolls Razor e contro la banca, chiedendo
la restituzione della somma. La sentenza della House of Lords premette che l’essenza di operazioni di questo genere è che la somma mutuata non divenga di proprietà del mutuatario e che su di essa venga impresso un trust (nella specie: in favore degli azionisti per il pagamento del dividendo); ciò non esclude che si tratti
pur sempre di un mutuo e che, utilizzata la somma per lo scopo previsto, il mutuante abbia diritto alla restituzione. Tuttavia “la flessibile interazione fra diritto stretto e equity” consente che il rapporto fiduciario che è alla
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Capitolo 5 – L'impiego del trust nelle operazioni commerciali
5.3.2 Trust e patti parasociali
Il trasferimento della proprietà dei beni oggetto del trust dal disponente al trustee, con
conseguente perdita da parte del primo soggetto dell’esercizio dei diritti sulle cose vincolate in favore del secondo, consente di impiegare i trust anche nei rapporti societari
in sostituzione dei patti di sindacato, ovvero nella programmazione dei passaggi generazionali.
Passando all’analisi del primo impiego sopra delineato e per comprendere i vantaggi
derivanti dall’utilizzo dei trust rispetto ai patti parasociali (anche detti di sindacato) è necessario ricostruire preventivamente la portata e la valenza che questi ultimi hanno nel
nostro ordinamento. Com’è noto i patti parasociali hanno trovato formale riconoscimento normativo solo recente-mente, prima con gli artt. 122, 123 e 124 del d.lgs.
58/1998, attinenti esclusivamente alle società quotate, e poi, con l’attuale formulazione
degli artt. 2341-bis e 2341-ter del codice civile; ciò nondimeno l’istituto non è rimasto
sconosciuto al nostro ordinamento fino a tali date, essendo già stato inquadrato dalla
giurisprudenza di legittimità.
In particolare, dall’introduzione del codice civile del 1942 si è registrato un iniziale atteggiamento di generale prudenza da parte della Suprema Corte di Cassazione circa la
validità dei patti parasociali7; posizione che è poi mutata, nel senso dell’ammissibilità
dell’istituto in esame, con la sentenza 20 settembre 1995, n. 99758 e consolidatasi definitivamente per mezzo delle pronunce 21 novembre 2001, n. 14629 e 23 novembre
2001, n. 14865.
In tale ultima sentenza la Corte, oltre a ribadire la validità dei patti parasociali, ne descrive compiutamente la portata meramente obbligatoria sostenendo che «…Il vincolo
che discende da tali patti opera, pertanto, su di un terreno esterno a quello dell'organizzazione sociale (dal che, appunto, il loro carattere “parasociale” e, conseguentemente, l'esclusione della relativa invalidità “ipso facto”), sicché non è legittimamente
predicabile, al riguardo, né la circostanza che al socio stipulante sia impedito di determinarsi autonomamente all'esercizio del voto in assemblea, né quella che il patto stesso ponga in discussione il corretto funzionamento dell'organo assembleare (operando il
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base della consegna della somma al mutuatario si sviluppi in un resulting trust in favore del mutuante qualora
lo scopo non sia realizzabile o realizzato. La banca era a conoscenza della struttura e delle ragioni
dell’operazione, quindi che la somma era oggetto di un trust; da esso la banca è vincolata in base agli ordinari criteri di chi scientemente riceve un bene soggetto a un trust e non avrebbe quindi dovuto compensare il
conto dividendi con i conti ordinari scoperti. Conseguentemente, divenuto impossibile lo scopo del trust,
anche la banca è vincolata dal resulting trust in favore del mutuante, al quale deve restituire la somma.
7
Sul punto Cass. 31 luglio 1949, n. 2079.
8
Al di là dell’esito del processo, in cui il patto di sindacato è stato dichiarato nullo, non per illiceità, ma per
indeterminatezza del termine finale, si riscontra l’affermazione del supremo collegio secondo cui «il vincolo
nascente dal patto di sindacato opera su un terreno che è esterno a quello dell’organizzazione sociale e non
impedisce in alcun modo al socio di determinarsi all’esercizio del voto come egli creda, sicché il funzionamento dell’organo assembleare non è in questione…».
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Capitolo 5 – L'impiego dei trust nelle operazioni commerciali
vincolo obbligatorio così assunto non dissimilmente da qualsiasi altro possibile motivo
soggettivo che spinga un socio a determinarsi al voto assembleare in un certo modo),
poiché al socio non è in alcun modo impedito di optare per il non rispetto del patto di sindacato ogni qualvolta l'interesse ad un certo esito della votazione assembleare prevalga sul rischio di dover rispondere dell'inadempimento del patto…».
Appare in tutta evidenza, dunque, la facoltà per un pattista, in un sindacato di voto o di
blocco, di poter votare in maniera difforme rispetto al patto o di poter sempre cedere a
soggetti estranei alla patto stesso la propria partecipazione, fermo restando l’obbligo di
risarcire il danno agli altri pattisti i quali, a loro volta, non possono richiedere l’invalidità
della delibera o della cessione della partecipazione rimanendo tali atti totalmente efficaci ed inattaccabili.
In tale ottica i trust consentono di andare oltre il possibile assetto di interessi realizzabile per mezzo dei patti di sindacato, attribuendo efficacia reale alle obbligazioni assumibili da ciascun pattista. Ed infatti ponendo in capo al trustee le azioni “sindacate”, ciascun disponente perde la qualifica di socio in favore del trustee, il quale diviene dunque
l’unico soggetto titolato ad intervenire e votare in assemblea, con conseguente eliminazione di alcuna possibile difformità di voto rispetto all’orientamento, di volta in volta,
espresso dai pattisti. Vi è di più. Inserendo nell’atto istitutivo un’apposita clausola recante l’indisponibilità per il trustee delle azioni presenti nel fondo in trust, si può ottenere la garanzia che le azioni non potranno essere alienate a terzi estranei al patto, assicurando quindi, anche in tal caso, piena coercibilità al patto stesso.
5.3.3 Trust e passaggio generazionale
Venendo da ultimo a trattare l’impiego dei trust nella programmazione dei passaggi
generazionali si rileva come tali strumenti siano particolarmente efficaci nel perseguire
congiuntamente le seguenti esigenze solitamente manifestate in tale contesto dagli imprenditori (sia essi individuali, ovvero come partecipanti di organismi societari):
a) tutela dell'integrità del patrimonio aziendale, e quindi l'esigenza di preservare il patrimonio aziendale dal rischio di disgregazione (esigenza avvertita soprattutto in presenza di una molteplicità di eredi con differenze sul piano delle capacità imprenditoriali, della propensione al rischio e degli interessi);
b) tutela del patrimonio aziendale nei confronti di soggetti terzi o componenti indesiderati della famiglia (l'imprenditore teme che soggetti terzi si avvicinino alla famiglia per
appropriarsi di parte del patrimonio o che gli eredi cedano l'azienda ai concorrenti);
c) scelta di chi tra gli eredi sarà il vero continuatore dell'azienda di famiglia (è particolarmente avvertita l'esigenza di affidare l'azienda a quei successori che dimostrino
di avere alte capacità imprenditoriali);
d) eventuale mantenimento del controllo da parte dell'imprenditore fino alla sua morte.
Il vantaggio derivante dall’impiego dei trust può infatti ben essere colto se si procede a
comparare detto strumento con i principali istituti di diritto italiano tradizionalmente im-
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Capitolo 5 – L'impiego del trust nelle operazioni commerciali
piegati nell’approccio a tale problematica e costituiti: dai patti di sindacato, dalle
holding c.d. di famiglia o dai patti di famiglia.
Sviluppando l’analisi comparativa con riferimento, in primo luogo, ai patti parasociali si
rinvia a quanto già illustrato nel precedente paragrafo, ribadendo in questa sede la sostanziale inidoneità di detto istituto ad evitare il rischio di disgregazione della compagine sociale a causa dell’effetto meramente obbligatorio ad esso connesso. Di contro
i trust, consentendo di indirizzare su un unico soggetto la proprietà dell’intero capitale
sociale, permettono di evitare, con effetti reali, la polverizzazione della compagine sociale.
In riferimento all’impiego delle holding di famiglia è invece possibile notare come le
stesse vengano impiegate per creare di fatto un diaframma tra la società operativa, in
cui risiede il patrimonio aziendale, e la famiglia dell’imprenditore. Tale argine può tuttavia rivelarsi estremamente debole in quanto i problemi conseguenti ad eventuali liti familiari potrebbero ripercuotersi comunque all’interno della compagine sociale della
holding stessa finendo poi per intaccare negativamente anche l’attività della società
operativa sottostante. I membri della famiglia, quali soci della holding, potrebbero infatti
esercitare strumentalmente i diritti tipici delle minoranze stabiliti dal codice civile e quindi potrebbero, ad esempio: impugnare le delibere assembleari, esercitare azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori, denunciare al Tribunale gravi irregolarità
nella gestione, ovvero in caso di una holding strutturata sotto la veste di società a responsabilità limitata, esercitare i diritti di ispezione e controllo.
Con l’impiego dei trust è invece possibile isolare ermeticamente le vicende familiari rispetto all’attività d’impresa, ovvero alla vita della società, evitando che interessi personalistici possano drenare risorse dal patrimonio aziendale. Ed infatti, in un ipotetico
trust finalizzato al passaggio generazionale di una società, i membri della famiglia potrebbero ben avere un ruolo di indirizzo dell’attività del trustee (unico soggetto titolato
ad esercitare i diritti amministrativi connessi allo status di socio) il quale in ogni caso (e
quindi anche qualora si manifestassero dispute all’interno della famiglia) avrebbe il
compito di amministrare la partecipazione societaria avendo principalmente riguardo
alla salvaguardia del patrimonio aziendale.
Circa, da ultimo, l’impiego dei patti di famiglia nella programmazione dei passaggi generazionali, si vogliono preliminarmente rimarcare alcuni limiti endemici del precisato
istituto già evidenziati nella relazione del Dott. Giovanardi, ed in particolare:
la limitazione relativa ai soggetti in favore dei quali può essere effettuato il trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni, potendo essere questi solo i discendenti
dell’imprenditore;
la limitazione dell’oggetto del trasferimento, che non può essere costituito da partecipazioni di minoranza;
la necessità del consenso unanime dei legittimari;
la problematica dei legittimari sopravvenuti che, a determinate condizioni, possono
condurre all’annullamento del patto.
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Capitolo 5 – L'impiego dei trust nelle operazioni commerciali
Pur volendo sorvolare sui precisati limiti, che già da soli valgono a porre in secondo
piano il patto di famiglia rispetto ai trust, occorre porre in evidenza che l’utilizzo
dell’istituto disciplinato dal codice civile può portare ad un notevole impegno finanziario. È noto infatti che il soggetto ricevente l’azienda o la partecipazione di controllo ha
l’obbligo di liquidare, agli altri membri della famiglia, le rispettive quote di legittima,
mentre in un trust avente ad oggetto esclusivamente l’azienda, ovvero partecipazioni
azionarie non è richiesto alcun esborso finanziario se non nei limiti delle eventuali9 imposte indirette da assolvere sull’atto di donazione.
5.4 Trust e procedure concorsuali
Nell’individuare i possibili ambiti di applicazione dei trust ritengo che il terreno su cui tali
strumenti spieghino massimamente i loro effetti sia costituito dalle procedure concorsuali di cui al r.d. 267/1942, ed in particolare sia nelle procedure diverse dal fallimento
(piano attestato, concordato preventivo e ristrutturazione dei debiti), sia nel fallimento
stesso.
Lungi dal voler compiere, in questa sede, un’accurata disamina delle innovazioni introdotte nella materia concorsuale, è comunque necessario citare le principali linee guida
che hanno caratterizzato l’intervento del legislatore.
In particolare, per quanto attiene gli strumenti volti a prevenire l’instaurazione di una
procedura fallimentare, si rileva che:
il concordato preventivo ha smarrito la sua natura giurisdizionale-contenziosa divenendo di fatto un accordo tra debitore e creditori; accordo che può concretizzarsi
nelle forme più disparate eliminando i rigidi schemi esistenti prima della riforma
(concordato con cessione di beni o con garanzia);
sono stati introdotti strumenti come il c.d. piano attestato e la ristrutturazione dei
debiti che, se pur su piani diversi10, hanno reso evidente la volontà del legislatore di
ricondurre il più possibile la gestione della crisi dell’impresa sul piano dei rapporti
privati tra debitore e creditori.
Il precisato orientamento ha trovato manifestazione anche nelle modificazioni introdotte
nella procedura fallimentare in quanto:
il motore della procedura è divenuto il curatore e non più il giudice delegato;
è stato rafforzato il ruolo del comitato dei creditori, che è divenuto il principale interlocutore del curatore nelle scelte attinenti alla gestione della procedura;
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I trust aventi ad oggetto i passaggi generazionali di aziende o di partecipazioni sociali c.d. di controllo possono infatti godere, a determinate condizioni, dell’esenzione disposta dall’art. 3, comma 4-ter, d.lgs.
346/1990.
10
Com’è stato fatto notare in dottrina il c.d. piano attestato presuppone la continuazione dell’attività
d’impresa, cosa che non sempre accade negli accordi di ristrutturazione del debito (Rovelli).
9
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Capitolo 5 – L'impiego del trust nelle operazioni commerciali
è stato introdotto l’obbligo, per il curatore, della predisposizione del piano di liquidazione dell’attivo, che costituisce «l’atto di pianificazione e di indirizzo in ordine alle
modalità ed ai termini previsti per la realizzazione dell’attivo»;
è stato introdotto lo strumento della esdebitazione del fallito.
5.4.1 Trust e concordato preventivo
Incentrando ora l’attenzione sulle procedure diverse dal fallimento, l’analisi si focalizzerà sul concordato preventivo, nella consapevolezza che le riflessioni sviluppate in tale
ambito si possono ben sagomare anche sull’istituto della ristrutturazione dei debiti.
In tema di concordato preventivo, come si è detto, la norma lascia ampio spazio alle
modalità utilizzabili per la composizione della crisi; tuttavia, il profilo più delicato e difficile da valutare non è tanto la scelta dello specifico strumento tecnico con cui si intende
realizzare la procedura, quanto la possibilità che i creditori possano fare pienamente
affidamento sulla concreta realizzazione dell’offerta e sulla destinazione delle somme
da essa rinvenienti al soddisfacimento delle loro aspettative.
In tale ottica, dunque, si pone il problema di rendere l’apporto economico intangibile
rispetto alle iniziative individuali sia dei creditori del debitore concordatario, sia dei creditori particolari dei terzi che, in qualche modo, abbiano limitato la loro consistenza patrimoniale in favore della riuscita del concordato stesso.
Com’è noto, la normativa individua alcune disposizioni volte a rendere insensibile il patrimonio del debitore concordatario rispetto ad eventuali atti dei creditori che potrebbero essere compiuti successivamente alla presentazione della domanda e fino
all’omologa del concordato stesso (atto quest’ultimo che di fatto crea su quel patrimonio un vincolo di destinazione). Il problema si pone invece qualora una rilevante parte
delle risorse per l’esecuzione del concordato derivi dal patrimonio di un terzo soggetto.
Autorevole dottrina ha infatti evidenziato che «gli effetti preclusivi che l’ammissione al
concordato preventivo svolge nei confronti di tutti i creditori concorsuali, sino alla fase
dell’omologazione, non possono che riflettersi esclusivamente sul patrimonio del debitore, ma non si estendono anche ai beni del terzo. Cosicché le disponibilità patrimoniali
che un terzo ritiene di poter offrire per adempiere il concordato preventivo proposto dal
debitore, sulla base di una semplice dichiarazione di offerta di beni da parte di
quest’ultimo, non si sottraggono alla garanzia generica dei creditori del terzo».
Il contesto sopra delineato evidenzia, ancora una volta, la problematica inerente
l’opponibilità erga omnes della destinazione di un determinato patrimonio a finalità specifiche, palesando altresì come i trust trovino in tali fattispecie un terreno elettivo di applicazione proprio per l’effetto segregativo ad essi connaturato che rende possibile vincolare definitivamente i beni del terzo all’adempimento delle obbligazioni concordatarie11.
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Sull’impiego del trust nell’ambito del concordato preventivo già prima della riforma si veda tribunale di
Parma, sentenza 3 marzo 2005, in Trust ed Attività Fiduciarie, 2005; più recentemente invece tribunale di
Napoli, sez. VII, decr. 19 novembre 2008, in Il Fallimento, n. 3, 2009.
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Capitolo 5 – L'impiego dei trust nelle operazioni commerciali
5.4.2 Trust e fallimento
Se è vero, com’è vero, che la procedura fallimentare, per effetto della sentenza dichiarativa di fallimento, determina ex lege la costituzione di un vincolo di destinazione del
patrimonio del fallito finalizzato, da quel momento, al soddisfacimento dei creditori
concorsuali, è altrettanto vero che il precisato vincolo viene meno con la chiusura del
fallimento. Da quel momento tuttavia insorge la problematica inerente le sorti dei crediti
inescussi nel corso della procedura e principalmente costituiti da crediti fiscali per Iva
ovvero per le ritenute di acconto subite sugli interessi maturati sui depositi bancari;
crediti che vengono ad esistenza, ovvero per i quali si ha certezza dell’importo solo
dopo la presentazione della dichiarazione finale da parte del curatore.
Per cercare di agevolare la chiusura delle procedure fallimentari e la risoluzione di detti
problemi il legislatore della riforma ha:
introdotto l’art. 117 l.f., che tuttavia ad oggi risulta ancora inutilizzabile per mancanza di disposizioni tributarie di raccordo che consentano, all’assegnatario di detti
crediti fiscali, la loro utilizzazione in compensazione;
ha riformulato l’art. 106 l.f.12 che nel testo attuale prevede la possibilità per il curatore di cedere i crediti, anche di natura fiscale o futuri, ovvero di poter stipulare contratti di mandato per la loro riscossione.
È agevole dimostrare come entrambe le soluzioni riportate nel richiamato art. 106 l.f.
risultino meno convenienti rispetto all’istituzione di un trust a beneficio dei creditori della
massa fallimentare ed avente ad oggetto i crediti fiscali (anche futuri) della procedura.
Ed infatti mentre la cessione del credito presenta i seguenti inconvenienti:
1) l’economicità della cessione risulta spesso inesistente atteso lo sconto praticato dal
cessionario;
2) l’art. 1266 del codice civile impone al curatore, salvo patto contrario, di dare garanzia circa l’esistenza del credito ceduto, ferma la responsabilità del cedente per fatto
proprio;
con l’impiego di un trust, poiché il trasferimento dei crediti avverrebbe a titolo gratuito,
si avrebbero i seguenti risultati:
il margine di recupero del credito, non più venduto al terzo, si eleverebbe sensibilmente;
in conseguenza del trasferimento a titolo gratuito la garanzia sarebbe dovuta solo
nei casi previsti dalla legge a carico del donante per evizione.
L’impiego del sopra delineato trust risulta peraltro più efficiente anche rispetto
all’ipotesi di attribuzione ad un terzo del mandato all’incasso dei crediti fiscali. Il preci-
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La relazione accompagnatrice alla legge di riforma attesta le finalità per le quali è stato modificato l’art. 106
l.f., chiarendo che la riscrittura dell’articolo si è resa necessaria per «evitare ritardi nella chiusura della proce12
dura concorsuale che, secondo il sistema previgente, sono spesso dovuti proprio ai lunghi tempi connessi
alla definizione, con sentenza passata in giudicato, dei contenziosi fiscali ordinari…».
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Capitolo 5 – L'impiego del trust nelle operazioni commerciali
sato assunto trae forza dalla natura dell’istituto del mandato il quale non ha efficacia
reale tra le parti con la necessaria conseguenza che la titolarità del credito da incassare
rimane in capo al mandante, mentre il mandatario diviene legittimato a riscuoterlo in
nome e per conto del mandante stesso.
In tal senso la dottrina ha evidenziato come tale istituto abbia di fatto scarsa utilità pratica, svolgendo di fatto la funzione di mero sgravio dei compiti spettanti al curatore,
senza peraltro incidere sensibilmente sui tempi di definizione della procedura che deve
necessariamente perdurare fino all’incasso13.
Qualora invece, in luogo del mandato, venisse impiegato un trust:
1) il trasferimento dei crediti producendo effetti reali consentirebbe l’immediata chiusura della procedura;
2) i creditori della massa potrebbero ben far affidamento sull’istituzione, in loro favore,
di una nuova segregazione patrimoniale, in sostituzione dell’originario vincolo di destinazione creato dalla sentenza dichiarativa di fallimento.
La disamina appena conclusa indica con tutta evidenza il valore aggiunto che i trust
possono portare nella fase di chiusura della procedura fallimentare e ciò, si badi bene,
non soltanto nel caso in cui all’attivo fallimentare residuino crediti fiscali presenti o futuri, ma anche qualora vi siano residue attività difficilmente liquidabili e per le quali non
risulta conveniente il mantenimento in vita dell’apparato fallimentare, così come brillantemente evidenziato nel decreto emesso dal giudice delegato del tribunale di Saluzzo
del 9 novembre 2006.
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13
Ed infatti qualora intervenisse la chiusura della procedura in pendenza dell’esecuzione del mandato, si potrebbe verificare il trasferimento ex lege del credito sottostante dal mandante originario (il curatore) al fallito
tornato in bonis con grave nocumento per la massa fallimentare.
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Capitolo 5 – L'impiego dei trust nelle operazioni commerciali
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6. Casi pratici
Capitolo 6 – Casi pratici
6.1 Trust per la famiglia1
6.1.1 Il confronto con l’ipoteca
La Sig.ra Rossi madre di due ragazzi (Luca e Silvia rispettivamente di 14 e 12 anni) è
reduce da una spiacevole vicenda famigliare; sposatasi molto giovane, ben presto, ha
compreso che il marito era più interessato al patrimonio familiare (all’epoca ancora saldamente nelle mani dei genitori della Sig.ra Rossi) che alla sua persona.
Successivamente al repentino divorzio ed in conseguenza del decesso dei genitori, la
Sig.ra Rossi si è sentita inadeguata a gestire l’ingente eredità ed, in considerazione della sua condizione e di quella dei propri figli (presenti ed eventualmente derivanti da future relazioni), vorrebbe individuare uno strumento capace di:
consentirle di mantenere l’attuale tenore di vita;
evitare il ripetersi in futuro di quanto già accaduto con l’ex marito;
evitare che anche i figli possano incorrere in simili situazioni;
salvaguardare il patrimonio familiare così da renderlo disponibile per questi ultimi al
raggiungimento di un’età adeguata;
consentire in ogni caso ai figli, una volta raggiunta una certa età, di disporre di parte
del patrimonio.
6.1.2 La struttura del trust
Disponente
Disponente del trust la Sig.ra Rossi
Fondo in trust
Il Fondo in trust è inizialmente costituito da:
partecipazioni “qualificate” in società immobiliari;
immobili di proprietà;
obbligazioni emesse da istituti di credito;
investimenti finanziari detenuti in regime di risparmio amministrato.
Beneficiari – Beneficiari Attuali
Nel trust viene definita la categoria dei beneficiari come l’insieme dei discendenti della
Disponente nati entro il termine finale del trust.
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A cura di Angelo De Dominicis.
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Capitolo 6 – Casi pratici
Tuttavia all’interno della precisata categoria viene definita la sottoclasse dei Beneficiari
Attuali come i soggetti tra i quali verrebbe ripartito il Fondo in Trust se in un qualsiasi
momento intervenisse il termine finale della Durata del Trust.
Trustee
L’ufficio di trustee è attribuito ad una trust company individuata dalla Disponente ed
avente particolari requisiti che ne garantiscono la professionalità dell’operato.
Guardiano
L’ufficio di Guardiano è ricoperto:
dalla Disponente finché in vita;
in mancanza, e finché almeno un Beneficiario Attuale non abbia compiuto il ventunesimo anno di età, dal soggetto nominato per testamento o per atto autentico dalla Disponente, o in mancanza nominato dal Presidente del Tribunale scegliendo tra
persone vicine alla famiglia della Disponente.
Successivamente alla morte della Disponente ed al compimento del ventunesimo anno
di età l’ufficio del Guardiano cessa, ed è sostituito dal Comitato dei Beneficiari, composto dai Beneficiari Attuali aventi almeno 21 anni.
Reddito prodotto dal fondo in trust
L’impiego del Reddito del Fondo in trust è articolato per tener conto:
della conservazione e dell’accrescimento del Fondo;
del mantenimento del tenore di vita per la Disponente;
della possibilità per i Beneficiari Attuali, raggiunta una certa età, di godere di parte
dei redditi.
In tal senso la parte di Reddito eventualmente eccedente gli impieghi previsti viene destinata ad un Sottofondo e quindi ridistribuita in Conti Individuali riferiti ai Beneficiari Attuali in ragione delle rispettive spettanze sul Fondo in Trust. I Beneficiari Attuali che abbiano compiuto ventuno anni di età possono indicare al trustee come investire le disponibilità presenti nel relativo Conto Individuale ed i beni che devono essere acquistati
con tali disponibilità. Al termine del Trust i beni e le disponibilità presenti in ciascun
Conto Individuale sono attribuiti al rispettivo intestatario.
Durata
Il termine finale del trust è la data in cui si siano verificati entrambi i seguenti accadimenti:
la morte della Disponente;
ed il decorso di cinquanta anni dal termine iniziale.
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Capitolo 6 – Casi pratici
6.1.3 Le clausole del trust
Beneficiari
a) Il termine “Origine” indica ciascun figlio della Disponente.
b) Il termine “Beneficiari” indica le Origini ed i loro discendenti nati entro il termine finale
della Durata del Trust.
Beneficiari Attuali
Per “Beneficiari Attuali” si intendono in un qualsiasi momento coloro che avrebbero diritto ad una quota del Fondo in trust (la “Quota”) se il termine finale della Durata del
Trust sopravvenisse in quel momento.
Costi del trust
Nel corso della Durata del Trust, il Trustee impiega il Reddito e qualora insufficiente il
Fondo in trust:
1. per il pagamento del proprio compenso;
2. per sostenere i costi di gestione del Trust, fra i quali gli onorari dei professionisti incaricati;
3. per fare fronte a ogni obbligazione legittimamente assunta;
4. per rimborsare se stesso di ogni anticipazione fatta;
5. per manutenzione, riparazioni e migliorie di beni inclusi nel Fondo in trust;
6. per pagare imposte e altre spese che sarebbero altrimenti da soddisfare tramite il
Fondo in trust, purché contesti le pretese ragionevolmente contestabili.
Impiego del reddito del Fondo in trust
A) Nel corso della Durata del trust il Trustee:
1. accumula il 15% del residuo del reddito del Fondo in trust nel Fondo stesso incrementandolo
2. nel corso di ciascun anno solare versa:
alla Capostipite;
in mancanza ai Beneficiari Attuali secondo le rispettive Quote, la somma che
il Trustee stesso ritenga opportuna
sentito il parere del Guardiano o in sua mancanza del Comitato dei Beneficiari
e comunque non inferiore all’importo di € 120.000,00 (centoventimila/00).
B) Qualora il reddito del Fondo in trust, al netto dei Costi del trust:
1. non sia sufficiente per eseguire i versamenti indicati in questo articolo, il Trustee
impiega il Fondo per quanto necessario;
2. ovvero se eccede quanto richiesto per eseguire tali versamenti, il Trustee, al
termine di ciascun anno solare, trasferisce il residuo nel Sottofondo.
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Capitolo 6 – Casi pratici
Il Sottofondo
A) Ogni somma trasferita dal Trustee nel Sottofondo è ripartita tra i Conti Individuali
riferiti ai singoli Beneficiari Attuali allora esistenti secondo le rispettive Quote.
B) Nel corso della Durata del Trust, il Trustee
qualora l’intestatario di un Conto Individuale abbia un’età inferiore a 21 anni,
provvede ad investire le disponibilità del relativo Conto accumulando nel Conto
stesso i redditi prodotti;
qualora l’intestatario di un Conto Individuale abbia un’età superiore a 21 anni:
investe le disponibilità del Conto secondo le indicazioni dell’intestatario;
impiega il Conto Individuale per l’acquisto dei beni (“Beni Destinati”) che gli
richieda l’intestatario e per la loro amministrazione;
consente all’intestatario di un Conto Individuale di godere i relativi Beni Destinati ed i loro frutti per la durata della sua vita;
(omissis).
C) (omissis);
D) Sopraggiunto il termine finale della Durata del Trust il Sottofondo ed i Beni Destinati
si considerano essere esclusi dal Fondo in trust e dalle disposizioni circa la ripartizione di quest’ultimo e (omissis).
Beni di Godimento
A) Nel corso della Durata del Trust il Trustee mette a disposizione della Capostipite,
per la durata della sua vita ed a titolo di comodato gratuito, uno degli immobili presenti nel Fondo in trust (“Bene di Godimento”) da essa indicato.
B) …(omissis).
Appartenenza finale del Fondo in Trust
Sopraggiunto il termine finale della Durata del Trust il Fondo in trust è suddiviso in tante
quote uguali quante sono:
le Origini che siano viventi e Beneficiarie;
le Origini che, non essendo viventi o non essendo più Beneficiarie, abbiano almeno
un discendente vivente che sia Beneficiario e le quote sono attribuite come segue:
a) una quota è attribuita a ciascuna Origine che sia vivente e Beneficiaria;
b) ciascuna altra quota è ripartita tra i discendenti della relativa Origine in modo tale
che:
i membri di ciascuna generazione che siano Beneficiari ricevano in parti eguali quanto avrebbe ricevuto il loro genitore, se vivente e se Beneficiario;
e nessun discendente riceva alcunché qualora un suo ascendente sia vivente
e sia Beneficiario.
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Capitolo 6 – Casi pratici
6.1.4 Tematiche tributarie
Imposte indirette
La fattispecie appena proposta si presta ad essere sezionata ed esaminata sotto più
profili stante la notevole articolazione delle vicende patrimoniali in essa presenti ovvero
da essa derivanti. In particolar modo nel campo delle imposte indirette l’analisi verterà
concentrata in primis sul rapporto tra l’atto di dotazione del trust, l’atto finale di assegnazione del fondo e le imposte di successione e donazione e poi sull’applicazione
delle imposte ipo-catastali ai trasferimenti aventi ad oggetto beni immobili.
Imposta sulle successioni e donazioni
Le novità e le modifiche apportate alla reintrodotta imposta sulle successioni e donazioni hanno posto all’attenzione dell’Amministrazione Finanziaria, della dottrina e della
giurisprudenza tributaria, l’assoggettabilità dei trust al precisato tributo, benché non
esplicitamente citati nel dettato normativo.
I precisati soggetti, coinvolti nell’analisi del corretto inquadramento tributario
dell’istituto, hanno all’unanimità riconosciuto la necessità di ricondurre ad un unico
rapporto giuridico i trasferimenti di beni effettuati prima al trustee e poi, da questi, ai
beneficiari, in quanto necessari per consentire la realizzazione del programma indicato
nell’atto istitutivo.
Da tale comune punto di partenza sono tuttavia derivate interpretazioni estremamente
difformi. In particolare l’Agenzia delle Entrate, discostandosi dall’opinione della dottrina
e della giurisprudenza, sostiene la riconducibilità “in ogni caso” dei trust nello schema
applicativo previsto dall’imposta sulle donazioni essendo tali strumenti assimilabili ai
vincoli di destinazione. Partendo da tale presupposto ed in considerazione poi del precisato disegno unitario posto alla base dei trust, il Fisco ritiene applicabile la citata imposizione indiretta al momento della creazione del vincolo (e quindi all’atto di dotazione
del patrimonio al trustee), impiegando le franchigie e le aliquote previste dalla norma e
computate con riferimento all’eventuale rapporto di parentele esistente tra il disponente
ed i beneficiari finali del fondo. A corollario di tale interpretazione l’Amministrazione Finanziaria chiarisce che la successiva attribuzione del fondo al termine del trust non è
sottoposta ad alcuna imposta indiretta e ciò indipendentemente dagli incrementi patrimoniali sviluppatisi per effetto del trust.
Al precisato orientamento dell’Amministrazione Finanziaria si contrappongono le argomentazioni della dottrina e della giurisprudenza che, in considerazione del polimorfismo
dei trust, non ritengono possibile effettuare una lettura generalistica di tale istituto sostenendo invece la necessità di verificare, di volta in volta, la specifica fattispecie e il
rapporto sottostante all’istituzione dello specifico trust, ed in particolare se lo stesso
(trust) sia sorretto da un intento liberale o meno, non potendosi infatti prospettare
l’applicazione dell’imposta sulle donazioni nel caso in cui manchi tale fondamentale requisito. Le differenze con le argomentazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate coinvol-
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Capitolo 6 – Casi pratici
gono peraltro le stesse modalità di tassazione dei trust liberali. Ed infatti la prassi professionale e la giurisprudenza considerano rilevante, per l’applicazione dell’imposta disciplinata dal D. Lgs. 346/90, non già la semplice creazione del vincolo, ma il «trasferi-
mento effettivo di ricchezza quale fatto economico generatore di capacità economica/contributiva» (N. De Renzis Sonnino), potendosi quindi realizzare, in caso di posizioni beneficiarie non quesite ovvero sottoposte a condizione sospensiva, una tassazione
differita al termine del trust e computata sulla consistenza del fondo a tale data.
Ricostruito lo stato del dibattito attualmente vigente circa l’assoggettabilità e le modalità di applicazione ai trust dell’imposta sulle successioni e donazioni è ora possibile
procedere all’analisi del caso specifico sopra delineato.
In considerazione della vicenda personale della Sig.ra Rossi e dalla lettura delle clausole dell’atto istitutivo del trust oggetto di analisi, non può non rilevarsi l’intento liberale
che connota l’impiego del precisato strumento. Appare infatti evidente la volontà della
Disponente di consentire che i propri figli godano, per mezzo del trust, di un futuro sicuro arricchimento patrimoniale.
La partita non si gioca dunque sull’applicabilità, alla fattispecie in esame, della più volte
richiamata imposta indiretta, ma sulle modalità con cui deve avvenire il prelievo fiscale
risultando determinante a tal fine l’analisi e la valutazione delle posizioni beneficiarie
create dall’atto istitutivo.
In particolare occorre in primis rilevare la dinamicità della classe dei Beneficiari essendo
la stessa una categoria a formazione progressiva in quanto composta non solo dai figli
concepiti dalla Disponente (e quindi dai due attuali e da eventuali futuri nascituri), ma
da tutti i discendenti della Sig.ra Rossi che nasceranno entro il termine finale della Durata del Trust (nipoti, pronipoti ecc.). Individuata preliminarmente la platea dei soggetti
in favore dei quali è ipoteticamente indirizzato il trust, è necessario ora comprendere se
sia loro riconducibile, fin dall’istituzione del trust stesso, l’arricchimento patrimoniale
indice di capacità contributiva ed oggetto del prelievo fiscale.
In vero dalla lettura della disposizione intitolata “Appartenenza finale del Fondo in trust”
emerge con chiarezza che, al termine iniziale della durata del trust, nessuno dei Beneficiari ha un diritto (rectius interesse) definito sul fondo essendo le relative posizioni qualificabili come contingent, ovvero come non definitivamente acquisite in quanto condizionate al verificarsi di alcune circostanze future. Ed infatti un Beneficiario del trust potrà concorrere alla ripartizione del fondo, ottenendone una parte, solo se sarà in vita al
termine finale della durata del trust e se a tale data non vi sia alcun ascendente Beneficiario vivente.
Le disposizioni dell’atto istitutivo non lasciano alcun dubbio circa la qualificazione delle
posizioni beneficiarie dei figli della Sig.ra Rossi e degli altri discendenti. Ed infatti ciascuno di essi è titolare esclusivamente di una mera aspettativa sul patrimonio vincolato
in trust e ciò in quanto la cristallizzazione degli interessi patrimoniali potrà essere determinata esclusivamente al termine finale della durata con l’avverarsi delle condizioni
riportate nella sopra indicata clausola attributiva.
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Capitolo 6 – Casi pratici
Peraltro occorre rilevare, ai sensi della disposizione intitolata “Impiego del reddito del
Fondo in trust” lett. B n. 1, che anche nel corso della durata del trust il Trustee può, al
verificarsi di determinate condizioni, elargire parte del fondo in trust in favore della stessa Disponente, ovvero di alcuni Beneficiari. Potrebbe quindi ben accadere che la stessa Sig.ra Rossi reintegri parte del patrimonio vincolato in trust, ovvero che nel corso del
trust alcuni Beneficiari ricevano parte del fondo pur non concorrendo poi
sull’attribuzione finale (perché eventualmente premorti a tale data).
In considerazione dunque delle esposte osservazioni e dei dati fattuali evidenziati, potrebbe essere applicato, alla fattispecie in esame, il disposto dell’art. 58, comma 2 del
d.lgs. 346/1990 secondo cui «Per le donazioni sottoposte a condizione si applicano le
disposizioni relative all’imposta di registro. Le donazioni a favore di nascituri e quelle a
favore di enti di cui all’art. 31, comma 2, lettere g) e h), si considerano sottoposte a
condizione sospensiva».
In tal senso dunque:
l’atto di dotazione del trust verrebbe sottoposto all’applicazione dell’art. 11 della tariffa parte I allegata al D.P.R. 131/1986 e quindi dell’imposta di registro in misura
fissa (essendo un atto che non porta alcun arricchimento al trustee, ma semplicemente necessario alla realizzazione del programma indicato nell’atto istitutivo);
le attribuzioni del fondo in trust ai Beneficiari, effettuate nel corso della durata del
trust ed al termine dello stesso, sconterebbero l’imposta sulle donazioni determinata, in capo a ciascun percettore sulla base del patrimonio ad esso effettivamente
elargito, e con impiego della franchigia di euro 1.000.000,00 e dell’aliquota del 4%
(essendo i Beneficiari comunque discendenti della Disponente).
Per completezza occorre porre in evidenza che il ragionamento e le argomentazioni fino ad ora sostenute in punta di diritto ed accolte in casi similari dalla giurisprudenza
tributaria, si pongono in antitesi con l’ottica dell’Amministrazione Finanziaria.
Ed infatti per quanto detto in precedenza l’Agenzia delle Entrate tende ad assoggettare
l’atto di dotazione all’imposta sulle donazioni applicando le franchigie e le aliquote ai
Beneficiari viventi al momento dell’istituzione del trust, senza considerare il possibile
ampliamento della categoria e l’identificazione dei soggetti che effettivamente riceveranno il patrimonio.
Nell’ottica dell’Amministrazione Finanziaria dunque il patrimonio trasferito dalla Sig.ra
Rossi al trustee dovrebbe scontare l’imposta sulle donazioni con applicazione
dell’aliquota del 4% e delle franchigie (complessivamente di euro 2.000.000,00) spettanti ai soli due figli della Disponente oggi viventi.
Benché nel caso specifico, in considerazione della consistenza dei beni vincolati inizialmente in trust, l’approccio del Fisco possa apparire penalizzante e privo di fondamento giuridico appare necessario effettuare un’ultima considerazione circa la profittabilità di una simile tassazione anticipata. Ed infatti si possono realizzare significativi risparmi d’imposta nel caso in cui si stimi un incremento del valore e della consistenza
del patrimonio per effetto della gestione del trustee, ovvero per le qualità intrinseche dei
beni posti inizialmente in trust, e ciò in considerazione del fatto che l’Agenzia delle En© Cesi Multimedia
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Capitolo 6 – Casi pratici
trate, nelle citate circolari 48/E e 3/E, ha ribadito che «la devoluzione ai beneficiari dei
beni vincolati in trust non realizza, ai fini dell’imposta sulle donazioni, un presupposto
impositivo ulteriore; i beni, infatti, hanno già scontato l’imposta sulla costituzione del
vincolo di destinazione al momento della segregazione in trust. Inoltre, poiché la tassazione, che ha come presupposto il trasferimento di ricchezza ai beneficiari finali, avviene
al momento della costituzione del vincolo, l’eventuale incremento del patrimonio del trust
non sconterà l’imposta sulle successioni e donazioni al momento della devoluzione».
Imposte ipotecarie e catastali
L’applicazione delle imposte ipotecarie e catastali agli atti di dotazione e di successiva
attribuzione del fondo al termine del trust non può prescindere dalla ricostruzione unitaria dell’istituto per cui (citando l’Amministrazione Finanziaria) «Il trust si sostanzia in un
rapporto giuridico complesso che ha un’unica causa fiduciaria. Tutte le vicende del
trust (istituzione, dotazione patrimoniale, gestione, realizzazione dell’interesse del beneficiario, il raggiungimento dello scopo) sono collegate dalla medesima causa».
Pur partendo da tale presupposto l’Agenzia delle Entrate sostiene (nella circolare 48/E
del 2007) l’applicabilità delle imposte ipotecarie e catastali sia al momento della dotazione patrimoniale in capo al trustee, sia alla successiva devoluzione del fondo al termine del trust, qualora tali trasferimenti abbiano ad oggetto beni immobili.
Diversamente la dottrina e la giurisprudenza, coerentemente con l’approccio interpretativo elaborato per l’applicabilità dell’imposta sulle successioni e donazioni, ritengono
assoggettabili alle imposte ipotecarie e catastali esclusivamente le attribuzioni di beni
immobili effettuati dal trustee ai Beneficiari nel corso ovvero al termine finale del trust,
con applicazione delle imposte in misura fissa all’atto di dotazione.
Nel caso in esame, ed in considerazione delle osservazioni già svolte nel precedente
paragrafo, sembra di poter condividere tale ultima modalità di tassazione anche in
considerazione della sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 8142 del 1996
secondo cui «l’atto complesso va assoggettato ad un’unica tassazione come se l’atto
contenesse la sola disposizione che dà luogo all’imposizione più onerosa, in quanto le
varie disposizioni sono rette da un’unica causa e, quindi, derivano necessariamente,
per loro intrinseca natura, le une dalle altre». Pertanto il trasferimento degli immobili da
parte della Sig.ra Rossi al trustee dovrebbe scontare l’imposta in misura fissa, mentre
l’eventuale trasferimento dei beni immobili presenti nel fondo ai Beneficiari dovrebbe
poi scontare le imposte ipotecarie e catastali in misura proporzionale. Resta inteso che
gli eventuali atti di compravendita, compiuti dal trustee nel corso del trust ed aventi oggetto beni immobili, sconteranno le precisate imposte in misura proporzionale, così
come accade usualmente.
A corollario delle riflessioni appena effettuate occorre rilevare peraltro una recente circolare dell’Agenzia delle Entrate, la n. 10/E del 2010, che sembra collocarsi nel solco
interpretativo appena tracciato contraddicendo le precedenti indicazioni della stessa
Amministrazione (contenute nella citata circolare 48/E). Ed infatti il Fisco, pur trattando
fattispecie diverse da quella in esame, ha sostenuto che «analogamente a quanto af56
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Capitolo 6 – Casi pratici
fermato per l’imposta di registro, tenuto altresì conto del presupposto impositivo delle
imposte ipotecaria e catastale, si ritiene – in presenza di un unico negozio complesso
tra le medesime parti contraenti.... che anche dette imposte trovino applicazione ciascuna una sola volta».
Imposte dirette
Anche ai fini delle imposte dirette la fattispecie oggetto di analisi presenta profili peculiari che impongono di analizzare in primis la generale imposizione diretta connessa
all’imputazione del reddito prodotto dal fondo in trust per poi passare ad una valutazione del particolare regime del Sottofondo.
Il reddito prodotto dal fondo in trust
Sulla scorta delle nuove formulazioni degli artt. 44 e 73 del Tuir (modificati dalla finanziaria 2007) ed in base alle interpretazioni fornite dall’Amministrazione Finanziaria nelle
menzionate circolari 48/E del 2007 e 3/E del 2008 è possibile definire il trust oggetto di
analisi come un trust misto e cioè un trust al contempo opaco e trasparente.
Ed infatti dall’analisi delle disposizioni intitolate “costi del trust” ed “Impiego del reddito
del fondo in trust” appare manifesta la ripartizione del reddito prodotto dal fondo tra più
soggetti (fiscali).
In particolare si evince che, preliminarmente, il reddito del trust deve essere impiegato
per il sostenimento delle spese riconducibili alla gestione del trust.
Successivamente il reddito residuo è:
nella misura del 15% accumulato e quindi patrimonializzato nel fondo;
nella misura minima di € 120.000,00 versato alla Disponente finché in vita e successivamente ai Beneficiari Attuali;
per l’eccedenza, risultante dopo l’accumulo ed i versamenti, trasferito in un Sottofondo.
Tralasciando per ora il caso del trasferimento al Sottofondo, in quanto specificamente
trattato successivamente, e concentrandosi esclusivamente sugli altri impieghi del reddito si evince non solo l’assoggettamento a tassazione in capo al trust stesso (entificato dalla normativa tributaria) sia dei redditi accumulati al fondo, sia di quelli impiegati
per il pagamento dei costi del trust, ma anche l’esistenza di beneficiari identificati (inizialmente la Disponente e successivamente alla sua morte i Beneficiari Attuali) limitatamente alle somme che annualmente il trustee è tenuto a versare loro impiegando il
reddito del trust; importi questi ultimi che quindi saranno sottoposti a tassazione in capo agli effettivi percettori (Disponente ovvero Beneficiari Attuali).
Il generale schema impositivo sopra proposto merita tuttavia un chiarimento in relazione alle somme (minimo € 120.000,00 annui) di spettanza della Disponente finché in vita
ovvero dei Beneficiari Attuali. Ed infatti l’atto istitutivo prevede specificatamente il caso
in cui il reddito del fondo in trust dovesse risultare insufficiente per effettuare il versamento del precisato importo minimo annuale stabilendo, in tale evenienza, l’obbligo per
il trustee di attingere direttamente dal Fondo stesso per il compimento di detto paga© Cesi Multimedia
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Capitolo 6 – Casi pratici
mento. In tale particolare circostanza dunque le somme incassate dalla Disponente ovvero dai Beneficiari Attuali non avrebbero, in tutto ovvero in parte, rilevanza reddituale,
ma costituirebbero solo l’assegnazione di una parte del patrimonio del trust con conseguente irrilevanza ai fini delle imposte sui redditi.
Un ulteriore approfondimento relativo ai risvolti fiscali della disposizione dell’atto istitutivo intitolata “Beni di Godimento” si rende poi necessario prima di passare alla trattazione del regime impositivo del Sottofondo.
Secondo la precisata clausola la Disponente ha il diritto di godere, in forza di un comodato ad uso gratuito, di un immobile di sua scelta presente nel Fondo in trust.
Il fatto che il precisato immobile sia destinato esclusivamente al soddisfacimento delle
esigenze della Disponente, la quale dunque ha la disponibilità dello stesso se pur indirettamente per il tramite del trust, permettono di considerare imponibile in capo a
quest’ultima il reddito fiscale derivante dal citato bene e che risulterà dalla dichiarazione
dei redditi del trust (e ciò anche se l’immobile non risulti produttivo di alcun frutto civilistico essendo concesso in comodato d’uso gratuito). In altre parole «La situazione che
si genera è analoga a quella che verrebbe a determinarsi nel caso il beneficiario individuato sia direttamente titolare del bene produttivo di un reddito figurativo»2.
I seguenti esempi gioveranno per meglio comprendere quanto detto finora.
Esempio A
Si ipotizzi che al momento della predisposizione della dichiarazione dei redditi dell’anno x-1:
il Fondo in trust abbia una consistenza di € 15.600.000,00 di cui € 400.000,00 costituite da
depositi di conto corrente;
che i Costi del trust per l’anno x-1 siano stati € 200.000,00;
che il Reddito prodotto dal Fondo in Trust nell’anno x-1 sia stato di € 500.000,00 di cui
€ 20.000,00 derivanti dall’immobile in comodato d’uso alla Disponete;
che alla determinazione del Reddito prodotto dal Fondo non abbiano concorso redditi soggetti a
ritenuta a titolo d’imposta ovvero ad imposta sostitutiva.
Nel quadro sopra delineato il complessivo reddito di € 500.000,00 verrebbe imputato:
quanto ad € 245.000,00 (200.000,00 + 45.000,00 pari al 15% del reddito residuo) al trust, che
sconterebbe su tali redditi l’imposta con aliquota del 27,5%;
quanto ad € 140.000,00 (120.000,00 + 20.000,00 quale reddito figurativo dell’immobile) alla
Disponente, che tasserebbe il precisato importo secondo la propria aliquota marginale;
quanto ad € 115.000,00 al Sottofondo (trattato successivamente).
-------------------------------------------
In tal senso la Commissione “Il Trust” del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, nello studio “Il beneficiario individuato nei trust ai fini delle imposte sui redditi:nozione ed effetti”.
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Capitolo 6 – Casi pratici
Esempio B
Riprendiamo i dati di cui all’esempio A. variando esclusivamente la consistenza del Reddito prodotto
dal Fondo in Trust nell’anno x-1 in modo che risulti essere di € 200.000,00 (di cui sempre
€ 20.000,00 derivanti dall’immobile in comodato d’uso alla Disponente).
In tal caso l’importo di € 180.000,00 verrebbe ad essere attratto a tassazione in capo al trust secondo l’aliquota del 27,5%, mentre € 20.000,00 sarebbero imputati per trasparenza alla Disponente
e tassati secondo la relativa aliquota marginale.
Non di meno la Disponente verrebbe ad ottenere la somma di € 120.000,00 che risulterebbe esente
da tasse in quanto pagata dal trustee attingendo direttamente dal (patrimonio) Fondo in trust e non
del relativo Reddito.
Venendo ora a trattare del Sottofondo occorre effettuare due premesse al fine di poter inquadrare
correttamente il profilo fiscale della fattispecie. In particolare è necessario porre in evidenza che lo
stesso Sottofondo:
si compone di Conti Individuali intestati ai Beneficiari Attuali benché gli stessi non abbiano alcun
potere di pretendere le somme ivi vincolate, né tanto meno la possibilità di goderne se non dopo
il raggiungimento del ventunesimo anno di età;
si alimenta mediante:
trasferimento del reddito prodotto dal Fondo in trust;
redditi generati dai Conti Individuali.
Ciò posto, al fine di identificare il soggetto a cui ricondurre la tassazione sia dei redditi prodotti dal
Fondo in trust e veicolati nel Sottofondo sia dei redditi generati dai Conti Individuali, non vi è chi non
veda la necessità di verificare l’età anagrafica dei Beneficiari Attuali intestatari dei Conti Individuali.
Ed infatti il compimento del ventunesimo anno di età genera in capo a ciascun Beneficiario Attuale il
diritto sia di poter indirizzare l’attività del trustee nell’investimento delle consistenze presenti nel relativo Conto Intestato, sia di poterne dirigere l’impiego nell’acquisto di “Beni Destinati” al godimento
(diretto ovvero dei relativi frutti) da parte dello stesso Beneficiario Attuale, palesando così il possesso
(se pur mediato) di tali redditi.
Fino al verificarsi della condizione riportata nella citata clausola dell’atto istitutivo la posizione di un
Beneficiario Attuale sul rispettivo Conto Intestato è assimilabile ad una mera aspettativa non avendo
nessun diritto azionabile nei confronti del trustee per ciò che concerne l’amministrazione e l’utilizzo
delle risorse in esso contenute3. Concretamente dunque, fino al ventunesimo anno di età, il Beneficiario Attuale non ha in alcun modo la disponibilità di quanto ricompreso nel Conto a lui Intestato,
essendo demandata al trustee la gestione dello stesso con l’obbligo di accantonarvi sia i redditi da
esso derivanti, sia quelli rinvenienti dall’imputazione dell’eccedenza del Reddito prodotto dal Fondo
in trust.
Alla luce delle sopra esposte considerazioni i redditi in qualunque modo imputabili ad un Conto Intestato (sia derivanti dal trasferimento dell’eccedenza del Reddito del Fondo in trust, sia generati dalla
-------------------------------------------
3
Resta inteso che il Beneficiario Attuale potrà in ogni caso agire contro il trustee qualora dovesse essere
riscontrata una breach of trust, e quindi una violazione delle generali obbligazioni fiduciarie nascenti dall’atto
istitutivo e dall’assunzione dell’ufficio di trustee.
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Capitolo 6 – Casi pratici
gestione dello stesso Conto Intestato) possono essere sottoposti a tassazione in capo al trust (e quindi con aliquota fissa al 27,5%) finché il relativo Beneficiario Attuale non abbia raggiunto l’età di 21
anni e successivamente in capo a quest’ultimo.
Esempio C
Volendo per completezza ed a mero titolo esemplificativo sviluppare anche l’ipotesi di tassazione del
Sottofondo è possibile integrare i dati proposti nel precedente Esempio A. supponendo che:
nell’anno x-1 i Beneficiari Attuali siano 2 (i figli della Disponente);
che nell’anno x-1 le rispettive età siano state 22 e 20 anni;
In tal caso il reddito complessivo di € 500.000,00 verrebbe imputato:
quanto ad € 245.000,00 (200.000,00 + 45.000,00 pari al 15% del reddito residuo) al trust, che
sconterebbe su tali redditi l’imposta con aliquota del 27,5%;
quanto ad € 140.000,00 (120.000,00 + 20.000,00 quale reddito figurativo dell’immobile) alla
Disponente;
quanto ad € 115.000,00 al Sottofondo e sarebbe tassato a sua volta:
quanto ad € 57.500,00 in capo al Beneficiario Attuale di 22 anni d’età;
quanto ad € 57.500,00 in capo al trust con aliquota del 27,5%.
Pertanto nel caso di specie la complessiva base imponibile di € 500.000,00 verrebbe ripartita tra tre
soggetti passivi d’imposta ed in particolare:
il trust per € 302.500,00;
la Disponente per € 140.000,00;
il Beneficiario Attuale di 22 anni di età per € 57.500,00.
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Capitolo 6 – Casi pratici
6.2 Trust per pianificare il passaggio generazionale4
6.2.1 Il caso
La società X S.p.A. è stata fondata dai coniugi Sigg. Rossi, ciascuno dei quali detiene,
allo stato attuale, una partecipazione costituita da 6.000 azioni, rappresentanti il 45%
del Capitale Sociale.
La composizione della famiglia Rossi è la seguente:
Sig.ra Rossi
(anni 70)
Sig. Rossi
(anni 75)
Rossi B
R Rossi A.
Rossi D.
Rossi E.
Rossi C.
Rossi F.
Rossi G.
Rossi H.
I Sigg. Rossi hanno sempre condiviso tutte le scelte strategiche e gestionali attinenti
alla vita della società ed hanno sviluppato una cultura imprenditoriale articola principalmente su tre elementi essenziali:
l’unitarietà di azione della famiglia nella società; sia all’interno dell’assemblea dei soci, sia all’interno dell’organo amministrativo;
la netta distinzione delle logiche aziendali da quelle familiari. La società è sempre
stata distinta dalla famiglia per evitare che ottiche e interessi personalistici potessero incidere sulle scelte inerenti l’attività della società;
la visione della famiglia come entità da cui attingere di volta in volta le competenze e
le conoscenze utili per l’azienda; in tal senso, nella seconda metà degli anni ’90, i
Sigg. Rossi hanno selezionato tra i propri figli, quelli con le caratteristiche ideali per
------------------------------------------4
A cura di Angelo De Dominicis.
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Capitolo 6 – Casi pratici
poter lavorare all’interno della società ed a cui trasferire successivamente
l’amministrazione (allo stato attuale in società sono presenti solo il Sig. Rossi A ed il
Sig. Rossi B, mentre Rossi C. ha intrapreso un’attività diversa).
Nel precisato quadro di riferimento, si colloca la programmazione del passaggio generazionale all’interno della società.
Nel definire le finalità da perseguire nella riorganizzazione dell’assetto societario è
emerso quanto segue:
in primo luogo, i clienti desideravano concentrare in capo ad un unico soggetto tutte le partecipazioni costituenti la compagine sociale per evitare, dopo la loro morte,
la dispersione dei diritti di voto, ma anche le possibili “seduzioni” che ciascun membro della famiglia avrebbe potuto subire per effetto di offerte di acquisto delle partecipazioni azionarie, da parte di soggetti terzi, estranei alla famiglia;
si volevano istituzionalizzare i valori aziendali in precedenza indicati, sia definendo il
rapporto tra famiglia e società in modo da attenuare l’esistente legame di proprietà
diretta, sia cristallizzando i meccanismi inerenti l’assunzione dei discendenti
all’interno dell’azienda ed il ruolo da attribuire a questi all’interno del soggetto economico e di quello familiare;
ciascun membro della famiglia dopo il riassetto doveva mantenere le aspettative
patrimoniali e reddituali di cui era in precedenza portatore.
Per perseguire congiuntamente tutte le precisate finalità, i Sigg. Rossi decidono di impiegare un trust.
6.2.2 La struttura del trust
Disponente
Disponenti del trust sono il Sig. Rossi e la Sig.ra Rossi.
Fondo in trust
Il Fondo in trust è inizialmente costituito dalle partecipazioni dei Disponenti complessivamente rappresentanti il 90% del Capitale Sociale della Società di Riferimento.
Il Fondo in Trust è idealmente diviso in tante quote quante sono le azioni della Società
vincolate inizialmente.
Periodo di indisponibilità
È il periodo il cui termine iniziale è la data in cui vengono trasferite le azioni nel trust ed il
cui termine finale è il decorso di cinque anni dal termine iniziale.
Beneficiari – Beneficiari Attuali
Nel trust viene definita la categoria dei beneficiari come l’insieme dei discendenti dei
Disponenti nati entro il termine finale del trust.
Tuttavia all’interno della precisata categoria viene definita la sottoclasse dei Beneficiari
Attuali come i soggetti aventi un’aspettativa su un numero di quote in cui è suddiviso il
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Capitolo 6 – Casi pratici
fondo e tra i quali verrebbe ripartito il fondo stesso se in un qualsiasi momento sopraggiungesse il termine finale del trust. Nell’atto istitutivo sono identificati i Beneficiari Attuali nelle persone dei figli dei Disponenti i quali hanno aspettative su un numero paritetico di quote. La posizione beneficiaria di un Beneficiario Attuale, alla morte di
quest’ultimo, è ripartita pariteticamente tra i relativi discendenti. I Beneficiari Attuali
possono alienare, successivamente al decorso del Periodo di Indisponibilità, le loro
Posizioni Beneficiarie solo a soggetti rientranti nella categoria dei Beneficiari.
Trustee
L’ufficio di trustee è attribuito ad una trust company individuata dai Disponenti.
Il trustee nel corso del Periodo di Indisponibilità non può compiere atti dispositivi sulla
partecipazione, e successivamente a tale periodo deve necessariamente ottenere il
preventivo consenso del Comitato dei Beneficiari.
Il trustee garantisce inoltre l’assunzione in società dei discendenti, in possesso di determinati requisiti oggettivi, indicati da ciascun Beneficiario Attuale. In particolare ciascun Beneficiario Attuale può indicare al trustee al massimo un proprio discendente
idoneo per l’assunzione all’interno della Società.
Il comitato dei beneficiari
Tale organo svolge un’attività di controllo e di indirizzo dell’operato del trustee.
In particolare il Comitato dei Beneficiari ha il potere:
di revocare e nominare nuovi trustee;
di esprimere pareri vincolanti su alcune operazioni attinenti la gestione della partecipazioni;
di consentire ad un Beneficiario Attuale di segnalare più di un discendente idoneo
per l’assunzione in Società;
di dichiarare il termine finale del trust.
Il Comitato dei Beneficiari è composto dai Beneficiari Attuali ed è strutturato in modo
tale da attribuire maggior peso ai soggetti operanti all’interno della Società.
Reddito prodotto dal fondo in trust
La distribuzione dei redditi derivanti dal fondo in trust, è determinata dal Comitato dei
Beneficiari. In particolare il trustee può deliberare la distribuzione di dividendi che tuttavia possono essere accantonati ovvero accumulati al fondo piuttosto che distribuiti.
In caso di distribuzione, i redditi prodotti dalla fondo in trust sono attribuiti ai Beneficiari
Attuali in proporzione alle rispettive Posizioni Beneficiarie.
Durata
Il trust è istituito a tempo indeterminato. Il termine finale del trust può essere dichiarato
dal Comitato dei Beneficiari dopo il decorso del Periodo di Indisponibilità.
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Capitolo 6 – Casi pratici
6.2.3 Le clausole del trust
Beneficiari
A) Il termine “Beneficiari” indica l’insieme dei discendenti dei Disponenti, nati entro il
termine finale della Durata del Trust.
Beneficiari Attuali
A) …(omissis)
B) Le disposizioni di questo Strumento riconoscono ad alcuni Beneficiarî una aspettativa su una o più Quote di Beneficio, che attribuirebbero loro un corrispondente diritto di proprietà sul Fondo in trust via via nel corso della Durata del Trust, ove il
termine finale sopravvenisse in quel momento.
C) I Beneficiarî così designati sono detti “Beneficiari Attuali”.
D) Il numero delle Quote di Beneficio oggetto della aspettativa di ciascuno è detto
“Numero Presuntivo di Quote di Beneficio” (in breve: “NPQ”).
E) (omissis);
F) (omissis).
Morte di un Beneficiario Attuale
Qualora un Beneficiario Attuale muoia nel corso della Durata del Trust, il NPQ inerente
la sua Posizione Beneficiaria è suddiviso in tante parti quanti sono:
A) i suoi figli viventi e ciascuna parte è attribuita alla Posizione Beneficiaria di ciascuno
di essi;
B) i suoi figli defunti, che abbiano almeno un discendente vivente, e ciascuna parte è
suddivisa fra la discendenza del relativo figlio in modo che:
alla Posizione Beneficiaria dei membri di ciascun grado sia attribuito in parti
eguali quanto sarebbe stato attribuito alla Posizione Beneficiaria del loro genitore, se vivente, e
la Posizione Beneficiaria di un discendente non sia incrementata di alcunché
qualora un suo ascendente che sia Beneficiario sia vivente.
C) In mancanza di alcun soggetto individuato come sopra il NPQ del Beneficiario Attuale in questione incrementa, in parti eguali, le Posizioni Beneficiarie:
dei Beneficiari Attuali che siano fratelli o sorelle del Beneficiario Attuale defunto;
in mancanza, degli altri Beneficiari Attuali.
Anticipazione della Posizione Beneficiaria
A) Un Beneficiario Attuale può, nel corso della Durata del Trust, purché successivamente al Periodo di Indisponibilità, chiedere al Trustee che gli venga anticipato il valore del NPQ inerente la propria Posizione Beneficiaria, o di parte di esso (“NPQ Anticipando”).
B) Il Trustee
(omissis);
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Capitolo 6 – Casi pratici
(omissis);
qualora la Valutazione non ecceda la somma delle riserve contabili disponibili
presenti nel patrimonio netto della Società, comunica al Beneficiario che la richiesta di anticipazione del NPQ Anticipando è accolta e si obbliga a corrispondergli l’importo corrispondente alla Valutazione in una o più rate entro cinque
anni. Quale conseguenza di questa comunicazione:
1) il Trustee può:
deliberare, nelle assemblee della Società e delle Controllate:
la distribuzione di dividendi per un importo, al netto delle imposte, non
eccedente la Valutazione, impiegandoli per il pagamento della Valutazione; ovvero
(omissis);
ovvero corrispondere il prezzo attingendo al Fondo in trust.
2) il NPQ Anticipando è annullato.
C) Il Trustee non è altrimenti titolare del potere di anticipazione, anche se conferitogli
dalla legge.
Costi del trust
A) Nel corso della Durata del Trust, il Trustee impiega il Reddito:
per il pagamento del proprio compenso;
per sostenere i costi di gestione del Trust, fra i quali gli onorari dei professionisti
incaricati;
per fare fronte a ogni obbligazione legittimamente assunta;
per rimborsare se stesso di ogni anticipazione fatta;
per manutenzione, riparazioni e migliorie di beni inclusi nel Fondo in trust;
per pagare imposte e altre spese che sarebbero altrimenti da soddisfare tramite
il Fondo in trust, purché contesti le pretese ragionevolmente contestabili.
Impiego del reddito del Fondo in trust
A) Nel corso della Durata del trust, il Comitato dei Beneficiari periodicamente indica al
Trustee:
quale importo essa ritiene che vada distribuito alle Posizioni Beneficiarie esistenti
alla data della deliberazione,
quanto sia opportuno accantonare.
B) Il Trustee,
dopo avere eventualmente variato tale importo in relazione:
ai costi di gestione,
ai pagamenti che si sia obbligato a eseguire in relazione a Anticipazioni di
Posizioni Beneficiarie,
alla concreta possibilità di deliberazione e distribuzione di dividendi,
assicura che venga deliberata la distribuzione di dividendi da parte della Società
e delle Controllate;
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65
Capitolo 6 – Casi pratici
(omissis);
(omissis).
Appartenenza finale del Fondo in Trust
A. Sopraggiunto il termine finale della Durata del Trust,
1) il Fondo appartiene di diritto ai Beneficiari Attuali allora esistenti in proporzione
alle rispettive Posizioni Beneficiarie;
2) il Trustee
A) tiene il Fondo a loro disposizione
B) assicura qualunque adempimento necessario per rendere tale appartenenza
giuridicamente opponibile ai terzi e,
C) ove richiestone dal Comitato dei Beneficiari:
aliena il Fondo onde renderlo integralmente liquido,
ovvero esegue la divisione del Fondo fra gli aventi diritto.
6.2.4 Tematiche tributarie
Imposte indirette
In tema di imposte indirette il principale aspetto da verificare è l’assoggettabilità
dell’atto di dotazione del precisato trust all’imposta sulle successioni e donazioni.
Sul punto occorre ricordare che una delle maggiori novità conseguenti dalla “riabilitazione” del tributo successorio avvenuto per mezzo della legge 286/2006 è costituito
dall’introduzione del comma IV-ter dell’art. 3 del d.lgs. 346/1990 recante il regime di
esenzione dalla citata imposta per i passaggi generazionali di aziende e partecipazioni
societarie.
L’applicabilità della citata norma ai trust è stata confermata dall’Amministrazione Finanziaria, prima nella circolare 48/E del 2007 e successivamente ulteriormente ribadita nella risoluzione 110/E in cui sono state fornite, tra l’altro, alcune linee guida
nell’impostazione di trust finalizzati al passaggio generazionale, affinché gli stessi possano rispondere ai requisiti richiesti dalla legge per fruire dell’esenzione. In particolare
l’Agenzia delle Entrate, nella citata risoluzione, ha individuato le seguenti quattro condizioni:
1) i beneficiarî finali del trust devono essere i discendenti e/o il coniuge del disponente;
2) il trust non può essere discrezionale o revocabile, e cioè non possono essere modificati dal disponente o dal trustee i beneficiari finali dell’azienda o delle partecipazioni trasferite in trust;
3) il trustee deve proseguire l’esercizio dell’attività d’impresa o detenere il controllo per
un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento e, a tal fine, deve
rendere, contestualmente al trasferimento, apposita dichiarazione;
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Capitolo 6 – Casi pratici
4) il trust deve avere una durata non inferiore a cinque anni a decorrere dalla stipula
dell’atto che comporta la segregazione in trust della partecipazione di controllo o
dell’azienda.
Confrontando la struttura e le clausole dell’atto istitutivo di trust sopra proposte con le
indicazioni fornite dall’Amministrazione Finanziaria è possibile sostenere che l’atto di
dotazione del precisato trust, avente ad oggetto le partecipazioni societarie dei Sigg.
Rossi, risulta esente dall’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni ai sensi dell’art. 3, comma IV-ter, d.lgs. 346/1990 e ciò in quanto:
benché non sia oggettivamente possibile determinare a priori i nominativi ed il numero dei beneficiari finali del trust, è tuttavia facilmente riscontrabile l’esistenza, tra
questi ed i Disponenti, del legame di parentela richiesto dalla norma esentativa (e
cioè del legame di discendenza);
né il trustee, né i Disponenti hanno alcuna possibilità di revocare o modificare le Posizioni Beneficiarie assegnate inizialmente ai Beneficiari Attuali loro figli. Tali posizioni
potranno essere trasferite mortis causa ovvero per atto tra vivi, ma solo all’interno
della categoria dei Beneficiari e quindi dei discendenti dei Disponenti;
il trustee non ha la disponibilità della partecipazione societaria nel corso del Periodo
di Indisponibilità e quindi, al di là della dichiarazione che comunque dovrà essere
resa da quest’ultimo in sede di stipula dell’atto di dotazione, dovrà necessariamente
detenere il controllo della società per il periodo richiesto per usufruire
dell’esenzione; la durata del trust è prevista a tempo indeterminato tuttavia il termine finale del trust potrà intervenire solo dopo il decorso del Periodo di Indisponibilità
e quindi dopo il quinquennio dall’atto di dotazione.
Imposte dirette
L’analisi dei profili di fiscalità diretta riconducibili al trust in esame si concentrerà principalmente sull’imputazione e la tassazione del reddito prodotto dal Fondo in trust, con
brevi accenni anche alle ipotesi di tassazioni conseguenti alla cessione delle Posizioni
Beneficiarie ed all’anticipazione delle stesse.
Imposte dirette: il reddito del trust
Com’è noto con la modifica degli artt. 73 e 44 del Tuir ad opera della Finanzaria 2007,
il legislatore ha provveduto:
1) ad entificare, ai fini delle imposte dirette, i trust c.d. interni equiparandoli agli altri enti, commerciali o meno, diversi dalle società (a seconda dell’oggetto dell’attività i
trust potranno classificarsi nella lettera b) o c) del comma 1, dell’art. 73);
2) ad imporre la tassazione per trasparenza del reddito prodotto dai trust in capo ai
beneficiari qualora gli stessi siano individuati nell’atto istitutivo (comma 2, dell’art. 73);
3) a riqualificare il reddito, così imputato ai beneficiari, quale reddito di capitale (lettera
g-sexies, comma 1, dell’art. 44).
Al fine di poter determinare il soggetto passivo delle imposte sul reddito prodotto dai
trust assume dunque fondamentale importanza la definizione di “beneficiario individua© Cesi Multimedia
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Capitolo 6 – Casi pratici
to”; nozione questa che può essere desunta facendo riferimento ai chiarimenti forniti
dall’Amministrazione Finanziaria. In particolare avendo riguardo a quanto sostenuto
dall’Agenzia delle Entrate nella circolare 48/E del 2007 e nella risoluzione 425/E del
2008 è possibile ricondurre a tassazione in capo ad un beneficiario il reddito o porzione
del reddito prodotto dal fondo in trust qualora, ai sensi dell’atto istitutivo, lo stesso «ri-
sulti titolare del diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione di quella parte di reddito
che gli viene imputata per trasparenza», dovendosi invece considerare il trust soggetto
passivo d’imposta qualora il trustee abbia «il potere di decidere l’attribuzione del reddito» in quanto in tal caso «…egli (trustee) ha un potere su quel reddito, potere che gli
deriva dal possesso del reddito stesso».
Nel trust oggetto di valutazione, com’è dato rilevare dalla delineata struttura e dalla
specifica clausola inerente l’impiego del reddito, il diritto ad ottenere il reddito prodotto
dal Fondo è attribuito ai Beneficiari Attuali, ma sotto condizione. Ed infatti i titolari delle
Posizioni Beneficiarie sul reddito potranno pretendere dal trustee l’attribuzione del reddito, o di una parte di esso, solo dopo che il Comitato dei Beneficiari ne abbia deliberato la distribuzione in loro favore con indicazione del relativo importo.
Volendo meglio chiarire il meccanismo inerente la formazione del reddito del trust e la
relativa imputazione si segnala che è il Comitato dei Beneficiari l’organo che comunica
al trustee: l’importo dei dividendi la cui distribuzione dovrà essere deliberata
nell’assemblea della S.p.A. di riferimento, e quanta parte del reddito così acquisito dal
trust dovrà essere attribuita ai titolari di Posizioni Beneficiarie e quanta parte invece dovrà essere accantonata ovvero accumulata al fondo.
Occorre inoltre rilevare che nel silenzio del Comitato dei Beneficiari, il trustee ha il diritto
di deliberare, nell’assemblea della società, i dividendi necessari per sostenere le obbligazioni del trust; somme sulle quali non nasce alcun diritto dei titolari delle Posizioni
Beneficiarie.
Alla luce delle sopra indicate interpretazioni dell’Agenzia e della descritta operatività del
trust e volendo inquadrare la fattispecie in una delle categorie costruite
dall’Amministrazione Finanziaria, è possibile qualificare il presente trust come “trust misto” poiché, di volta in volta, la tassazione del reddito prodotto dal Fondo potrà essere
ricondotta esclusivamente in capo al trustee (per i dividendi incamerati dal trust per
pagare le relative obbligazioni in mancanza di deliberazione del Comitato dei Beneficiari), ovvero ripartita tra quest’ultimo ed i titolari di posizioni beneficiarie sul reddito secondo le disposizioni fornite dal Comitato dei Beneficiari.
Imposte dirette: la cessione delle Posizioni Beneficiarie
Passando ad esaminare i profili di fiscalità diretta connessi alla cessione delle Posizioni
Beneficiarie si rileva che ad oggi non vi sono riferimento normativi né interpretativi
dell’Amministrazione Finanziaria che possono fungere da appiglio per valutare la validità di una tesi impositiva.
Fatta questa breve premessa si osserva che nel trust in esame i Beneficiari Attuali possono alienare le relative posizioni esclusivamente ad altri membri della famiglia e solo
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Capitolo 6 – Casi pratici
dopo il decorso del Periodo di Indisponibilità; sorge pertanto il problema di valutare se
le somme incamerabili da tale cessione producano materia imponibile ai fini delle imposte sui redditi ed eventualmente in che misura.
Sul tema della valenza fiscale dei trasferimenti delle posizioni beneficiarie a titolo oneroso è possibile rintracciare in dottrina un unico valido e coraggioso contributo fornito dal
Dott. Marco Montefameglio5 per cui, si potrebbe configurare l’emersione di una plusvalenza tassabile ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. c-quinques, solo nel caso in cui la
posizione beneficiaria avesse ad oggetto un’attribuzione di reddito, non rilevando, invece, fiscalmente le cessioni di posizioni beneficiarie con oggetto un’attribuzione di
capitale.
La prospettata lettura interpretativa, che in linea di massima merita di essere condivisa,
presenta tuttavia profili di criticità se accostata al presente caso concreto. Ed infatti, nel
trust in esame, ciascuna Posizione Beneficiaria incorpora in sé, un’attribuzione sia di
capitale che di reddito, difficilmente scindibili. Peraltro ulteriori problematiche emergono
nella quantificazione della plusvalenza tassabile ai sensi della citata disposizione
dell’art. 67 del Tuir in quanto per la relativa determinazione, ai sensi del successivo art.
68, comma 9, il corrispettivo percepito in conseguenza della cessione deve essere raffrontato con “i corrispettivi pagati ovvero le somme corrisposte” per la costituzione del
rapporto produttivo di reddito di capitale. Nella fattispecie in esame i Beneficiari Attuali
non hanno effettuato alcun pagamento al trustee per le loro Posizioni Beneficiarie e
pertanto l’applicazione della norma rischia di condurre ad un’inaccettabile dilatazione
della base imponibile che potrebbe assorbire a tassazione l’intero importo percepito
per effetto del trasferimento, e ciò a meno che non si voglia considerare il trasferimento
delle azioni al trustee come costo sostenuto per l’acquisto delle Posizioni Beneficiarie
con conseguente traslazione su queste del valore fiscale attribuito originariamente alle
partecipazioni azionarie dei Disponenti.
Per cercare di superare le precisate incertezze applicative è forse utile proporre, per lo
specifico caso in esame, una lettura alternativa della tassazione conseguente alla vendita delle Posizioni Beneficiarie.
Ed infatti se il trust è stato entificato e ricompreso nei soggetti di cui all’art. 73, e se le
Quote di Beneficio nel caso in esame rappresentano una quota parte del patrimonio
(rectius Fondo) del trust, allora si può pensare di attrarre a tassazione le plusvalenze
derivanti dalla cessione delle Posizioni Beneficiarie facendo riferimento all’art. 67,
comma 1, lettera c-bis. Inoltre, poiché l’acquisizione della Posizione Beneficiaria avverrebbe in conseguenza dell’atto di dotazione del trust, il costo di acquisto della precisata posizione potrebbe essere determinato avendo riguardo al disposto del comma 6,
art. 68 T.U.I.R. e quindi assumendo legittimamente come valore di carico delle Posi-
------------------------------------------5
Si veda Marco Montefameglio, Il Trasferimento delle posizioni beneficiarie, in G. Fransoni – N. De Renzis
Sonnino, Teoria e pratica della fiscalità dei trust – Dottrina, casi e soluzioni operative, Trust, Quaderni, n. 9,
Milano, 2008.
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Capitolo 6 – Casi pratici
zione Beneficiarie il costo fiscalmente riconosciuto che le partecipazioni azionarie avevano in capo ai donanti (rectius Disponente).
Imposte dirette: l’anticipazione delle Posizioni Beneficiarie
A conclusione del presente intervento si vuole effettuare un’ultima riflessione sul regime
fiscale connesso all'anticipazione delle Posizioni Beneficiarie poiché nel trust in esame è
consentito ai Beneficiari Attuali, se pur successivamente al Periodo di Indisponibilità ed
al ricorrere di determinate condizioni, di richiedere ed ottenere la citata anticipazione.
Il primo nodo da sciogliere concerne la qualificazione delle somme percepite in conseguenza dell’anticipazione, ed in particolare se le stesse costituiscano reddito ovvero
capitale per il beneficiario. Avendo riguardo al diritto dei trust ed alla specifica clausola
dell’atto istitutivo (sotto riportata), si può facilmente verificare che il quantum ottenuto
dal Beneficiario non costituisce reddito, ma esclusivamente l'attribuzione allo stesso,
prima del termine finale del trust, della porzione di Fondo incorporata nella posizione
beneficiaria.
In tale ottica le somme o i beni attribuiti ad un soggetto in conseguenza
dell’anticipazione costituiscono il passaggio finale «di un rapporto giuridico complesso
che ha un’unica causa fiduciaria» (il trust), in cui generalmente i trasferimenti iniziali e
finali, per espressa indicazione dell’Amministrazione Finanziaria, non producono materia imponibile ai fini delle imposte dirette6.
Peraltro osservando l’anticipazione con la visuale dell’Agenzia delle Entrate anche sotto
il profilo dell’imposizione indiretta, si ha che la stessa, al pari dell’attribuzione finale del
fondo in trust, «non realizza, ai fini dell’imposta sulle donazioni, un presupposto impositivo ulteriore” con la conseguenza che anche “l’eventuale incremento del patrimonio
del trust non sconterà l’imposta sulle successioni e donazioni al momento della devoluzione finale».
Seguendo fino in fondo il solco interpretativo sopra tracciato e collocandovi la specifica
clausola inerente le modalità che il trustee deve seguire per procurarsi le liquidità necessarie per l’anticipazione si giunge alla logica conseguenza che i dividendi erogati
dalla S.p.A. e acquisiti dal trust costituiscono reddito tassabile in capo al trust; reddito
che viene patrimonializzato con l’accumulazione al Fondo e quindi poi impiegato nell'anticipazione della posizione beneficiaria.
------------------------------------------6
Sul punto si veda la circolare 48/E del 2007.
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Capitolo 6 – Casi pratici
6.3 Trust istituito per consentire l’efficiente conclusione di una procedura
fallimentare7
6.3.1 Il caso
La curatela di un fallimento, dopo aver compiuto tutte le operazioni di liquidazione
dell’attivo fallimentare ed avendo provveduto all’effettuazione di un primo piano di riparto parziale, si appresta alla predisposizione del riparto finale ed alla conseguente
chiusura della procedura. In tale contesto, dalla contabilità del fallimento, emerge
l’esistenza di un credito verso l’erario per le ritenute subite sui depositi bancari, nonché
la presenza di un consistente credito Iva. La curatela, nel vagliare i possibili strumenti
impiegabili per destinare alla massa fallimentare le somme rinvenibili dai rimborsi dei
precisati crediti, propone al Giudice Delegato ed al Comitato dei Creditori di istituire,
successivamente al riparto finale, un trust , posto che:
a) si prevede di soddisfare, tramite il riparto finale del fallimento, tutti i creditori privilegiati, e per una percentuale minima anche i chirografi;
b) il credito per ritenute subite può essere chiesto a rimborso solo a seguito della presentazione della dichiarazione dei redditi finale, da effettuarsi successivamente alla
chiusura della procedura. La cessazione del fallimento renderebbe tuttavia il fallito
(tornato in bonis) il soggetto titolare del citato credito, con grave pregiudizio per
i creditori concorsuali;
c) una volta terminate le operazioni rilevanti ai fini Iva e richiesto il rimborso è pur sempre necessario, anche dopo l'introduzione della procedura semplificata del conto fiscale (legge 30 dicembre 1991, n. 413), attendere il tempo necessario per le verifiche che gli uffici finanziari devono compiere alla luce dell'attuale prassi ministeriale.
Tale situazione implica la necessità di mantenere comunque aperta la procedura
per un periodo più o meno lungo in attesa unicamente del rimborso del credito Iva;
d) l’eventuale cessione del credito IVA e del futuro credito per imposte dirette non risulta conveniente per la massa poiché, nella prassi, si riscontrano percentuali di incasso oscillanti tra il 30% ed il 40% del valore nominale dei crediti. Peraltro le cessioni possono esporre la curatela, se non diversamente disciplinato dal contratto,
a responsabilità ai sensi dell’art. 1266 codice civile;
e) l’attribuzione del credito Iva direttamente ai creditori del fallimento, ai sensi dell’art.
117 l.f., non risulta una strada ancora percorribile, in mancanza della correlata normativa fiscale disciplinante l’impiego di tale credito da parte del soggetto assegnatario.
------------------------------------------7
A cura di Angelo De Dominicis.
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Capitolo 6 – Casi pratici
6.3.2 La struttura del trust
La Finalità del Trust è la liquidazione dei beni in trust e la distribuzione delle somme derivanti tra i Beneficiari, nel rispetto della par condicio creditorum, come se essi fossero
ancora creditori del Fallimento.
Disponente
Disponente del trust è il curatore del fallimento il quale è autorizzato dal Giudice Delegato alla istituzione del trust ed al trasferimento al trustee dei crediti fiscali del fallimento
presenti e futuri.
Beneficiari
Beneficiari del trust sono i creditori del Fallimento ammessi al passivo e rimasti insoddisfatti rispetto al piano di riparto finale. Ad essi spettano le somme liquide, di volta in
volta, presenti nel Fondo in trust.
Da un punto di vista pratico viene allegato all’atto istitutivo un elenco dei nominativi dei
creditori del fallimento le cui posizioni non sono state integralmente saldate con il piano
di riparto finale, riportando per ciascuno di essi l’importo del credito residuo.
Trustee
L’ufficio di trustee è attribuito ad un professionista indicato dal Giudice Delegato.
Fondo in trust
Il Fondo in trust è inizialmente costituito dal credito Iva e dal credito per ritenute subite
a titolo di acconto.
Guardiano e comitato dei beneficiari
L’atto istitutivo prevede le seguenti figure, collaterali al trustee:
il Guardiano, il cui ufficio è assunto dal curatore del fallimento, avente principalmente
il compito di supervisionare ed acconsentire ai riparti delle somme liquide previsti dal
trustee. L’attività del Guardiano si estrinseca altresì nel rilascio di pareri preventivi.
il Comitato dei Beneficiari è composto da tutti i soggetti appartenenti alla categoria
dei Beneficiari ai quali è attribuito un peso in relazione alla relativa posizione beneficiaria. I poteri del Comitato incidono direttamente sulla figura del trustee (nomina e
revoca dello stesso) e sulla gestione del Fondo (solo il Comitato può concedere al
trustee la remissione di un debito).
Durata
Il termine finale del trust è collegato all’estinzione del Fondo in trust, ovvero a specifiche
dichiarazioni attinenti alla conclusione del Trust effettuate dal Trustee o del Comitato
dei Beneficiari.
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Capitolo 6 – Casi pratici
6.3.3 Le clausole del trust
Beneficiari – Posizione Beneficiaria – Beneficiario del Residuo
Il termine “Beneficiari” indica i creditori del Fallimento i cui nominativi sono riportati
nell’Allegato A.
Ciascun Beneficiario concorre con gli altri alla ripartizione del Fondo in Trust nel limite
dell’importo ad esso attribuito nell’Allegato A. (d’ora innanzi “Ragione Creditoria”).
Il diritto di ciascun Beneficiario ad ottenere il pagamento della propria Ragione Creditoria mediante le somme derivanti dalla liquidazione del Fondo in Trust e secondo le disposizioni di questo Strumento, è detto “Posizione Beneficiaria”.
Le Posizioni Beneficiarie cessano di esistere una volta sopraggiunto il termine finale
della Durata del Trust.
Il termine Beneficiario del Residuo indica il Fallito.
Quota Distribuibile
Il termine “Quota Distribuibile” indica, per ciascuna ripartizione del Fondo in Trust ai
Beneficiari, la percentuale di ciascuna Ragione Creditoria pagabile dal Trustee.
La Quota Distribuibile è determinata come il rapporto tra le somme di volta in volta distribuibili ai Beneficiari e la somma delle Ragioni Creditorie.
Reddito del Fondo in Trust
Nel corso della Durata del Trust, il Trustee accumula il reddito incrementando il Fondo
in Trust.
Impiego del Fondo in Trust
Nel corso della Durata del Trust, il Trustee provvede a monetizzare il Fondo in Trust e
le disponibilità liquide di volta in volta in esso presenti, sono impiegate per sostenere i
Costi del Trust e per l’eccedenza sono ripartite tra i Beneficiari secondo la Quota Distribuibile.
Sopraggiunto il termine finale della Durata del Trust, qualora il Fondo non sia esaurito
e, qualora il termine finale sia intervenuto per dichiarazione del Trustee o del Comitato
dei Beneficiari, ovvero qualora non vi siano più Posizioni Beneficiarie da soddisfare, il
Trustee attribuisce il Fondo in Trust al Beneficiario del Residuo.
6.3.4 Tematiche tributarie
Imposte indirette
Sul piano dell’imposizione indiretta, il principale quesito da porsi è se un trust caratterizzato dalle clausole e dalla struttura sopra indicata rientri, o meno, nel campo di applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni.
Il problema si pone infatti in considerazione di un sibillino inciso contenuto nella circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 3/E del 2008 in cui è dato rilevare che «la costituzione di
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73
Capitolo 6 – Casi pratici
beni in trust rileva, in ogni caso, ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle successioni e
donazioni, indipendentemente dal tipo di trust».
Ad una prima lettura sembrerebbe dunque che l’imposta di cui al d.lgs. 346/1990
debba essere applicata ad ogni trust indipendentemente dalle finalità per cui tale strumento è impiegato. Occorre tuttavia rilevare che l’interpretazione fornita
dall’Amministrazione Finanziaria non può essere dilatata oltre i confini posti dall’art. 2
comma 47 del d.l. 262/2006 così come convertito dalla legge 286/2006 secondo cui
«È istituita l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per
causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di
cui al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346…». In particolare seguendo la formulazione del
precisato articolo di legge, affinché possa considerarsi applicabile il tributo successorio, è assolutamente necessario che l’atto di trasferimento sia caratterizzato, quanto
meno8, dal requisito della gratuità e cioè non preveda «a carico del beneficiario alcuna
controprestazione»9.
Ponendo il trust in precedenza descritto sotto i riflettori della sopra esposta considerazione appare del tutto evidente l’impossibilità di attrarre a tassazione l’atto di dotazione
del trust secondo il modulo impositivo previsto dall’imposta sulle successioni e donazioni e ciò in conseguenza delle seguenti osservazioni:
il trust in oggetto è istituito a beneficio dei creditori del fallimento i quali, dai pagamenti effettuati dal trustee, non ottengono alcun arricchimento gratuito, ma esclusivamente il saldo, loro dovuto, per le prestazioni commerciali, o di altro tipo, rese in passato al soggetto poi dichiarato fallito. In tal senso il trust e l’atto dispositivo ad esso collegato manifestano a pieno una finalità solutoria inconciliabile
con l’applicazione dell’imposta in esame così come peraltro indicato in una recente
sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Bologna10 la quale, trattando
di un trust istituito a scopo di garanzia ha dichiarato nullo l’Avviso di liquidazione
emesso dall’Agenzia delle Entrate affermando che «Il presupposto dell’attuale im-
posta sulle donazioni può ritenersi integrato solamente quando sussistano entrambi
gli elementi che connotano il relativo concetto di liberalità; ma questa condizione non
si è verificata nel trasferimento di beni effettuato dal Settlor a favore del trustee»;
------------------------------------------8
In dottrina si discute se il tributo successorio si applichi al sole liberalità tra vivi ovvero a qualsiasi atto a titolo gratuito posto che l’art. 1 del d.lgs. 346/1990, secondo cui «l’imposta sulle successioni e donazioni si ap-
plica ai trasferimenti di beni e diritti per successione a causa di morte ed ai trasferimenti di beni e diritti per
donazione o altra liberalità tra vivi», non è stato in alcun modo modificato dal citato d.lgs. 346/1990.
9
In tal senso sempre la circ. 3/E del 22 gennaio 2008 la quale peraltro conferma la necessità che l’atto sia
geneticamente classificabile come atto a titolo gratuito per potersi applicare l’imposta alla costituzione dei
vincoli di destinazione. Ed infatti questi ultimi secondo l’Agenzia delle Entrate, si sostanziano «in un atto di-
spositivo a titolo gratuito che, privo dello spirito di liberalità proprio delle donazioni, è preordinato non
all’arricchimento del destinatario dei beni, ma essenzialmente alla costituzione di un vincolo di destinazione
sui beni oggetto di trasferimento».
10
C.T.P. di Bologna, sentenza n. 120-02-09.
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Capitolo 6 – Casi pratici
analizzato sotto un ulteriore profilo, il trust in esame rappresenta il mezzo per realizzare e completare la procedura fallimentare che ab origine, per effetto della sentenza dichiarativa di fallimento, ha già creato un vincolo di destinazione sui beni e
diritti del fallito (anche quelli che pervengono nel corso della procedura come i
crediti fiscali) in favore dei creditori di quest’ultimo11. Il trust sopra rappresentato
dunque non crea ex novo alcun vincolo di destinazione sui crediti fiscali oggetto
dell’atto di dotazione estendendo invece la segregazione di detti crediti oltre il vincolo già creato ex lege dalla dichiarazione di fallimento e ciò esclusivamente per
consentire una più efficace liquidazione ed attribuzione degli stessi ai creditori del
fallito.
Per quanto finora detto l’atto istitutivo del trust ed il connesso atto di dotazione, sfuggendo all’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, sarebbero soggette
esclusivamente ad imposta di registro applicata in misura fissa ai sensi dell’art. 11 della
tariffa.
Imposte dirette
Il trust sopra delineato non presenta particolari criticità sotto il profilo delle imposte dirette.
Ed infatti i redditi conseguibili dal trust possono essere esclusivamente collegati agli interessi:
maturati su eventuali depositi di denaro ovvero su conti correnti attivi per i quali il trust
sconterà la ritenuta alla fonte a titolo d’imposta operata dall’istituto di credito senza
ulteriori obblighi dichiarativi né in capo al trust stesso né in capo ai beneficiari12;
compensativi, conseguenti a ritardi nel pagamento dei crediti da parte
dell’Amministrazione finanziaria, non imponibili (c.m. 22 dicembre 1980, n.
40/08/403).
6.4 Conclusioni
6.4.1 Trust successorio
Si presenta come un ottimo strumento alternativo al testamento attraverso il quale il
disponente attua la trasmissione ereditaria del suo patrimonio servendosi della linea
gestionale del trustee. Il trust successorio è utilizzato al fine di garantire ad esempio il
passaggio generazionale di un complesso aziendale in vista di una successione mortis
causa o per effettuare preventivamente il passaggio del timone agli eredi più meritevoli,
-------------------------------------------
11
«Il fallimento determina la destinazione dei beni del fallito alla soddisfazione dei creditori ed al contempo la
insensibilità del suo patrimonio a qualunque genere di obbligazioni egli possa assumere dopo la dichiarazione di fallimento» (G. Shiano Di Pepe).
12
Sul punto si veda la circolare n. 48/E del 6 agosto 2007.
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Capitolo 6 – Casi pratici
in modo tale da evitare lo smembramento o il dissolvimento dei beni ereditari per incapacità degli eredi medesimi.
Il vantaggio derivante dalla costituzione di un trust di questo genere è la creazione di
un patrimonio separato non aggredibile né dai creditori ereditari, né dai creditori personali del trustee e del disponente.
6.4.2 Trust commerciale
Costituisce una valida risposta alle istanze provenienti dal mondo imprenditoriale. Infatti
attraverso la costituzione di un trust l'imprenditore può evitare che un proprio ed eventuale fallimento comporti il depauperamento del patrimonio personale e della sua famiglia, in virtù della regola generale ex art. 2740 cod. civ., in base alla quale il debitore
risponde dell'adempimento delle sue obbligazioni con tutti i suoi beni.
Viene infatti ad essere predisposto un patrimonio distinto rispetto a quello dell'impresa
non aggredibile dai creditori del imprenditore (disponente), dai creditori del trustee e dei
beneficiari. sono beni a tutti gli effetti “blindati”.
Inoltre l'impiego del trust in ambito societario può rendere più agevole per l'imprenditore l'ottenimento di finanziamenti attraverso l'istituzione di un trust di garanzia in favore
di una banca o di un ente creditizio. Il trust in ambito societario inoltre può rispondere
efficacemente alle problematiche che una società deve affrontare per stare sul mercato
in maniera concorrenziale. attraverso il trust le società possono operare piani di stock
option o assistere operazioni sul capitale sociale.
6.4.3 Trust caritatevole o di scopo
Tale trust è funzionale al perseguimento di un fine specifico a tutela di soggetti deboli
quali disabili, minori ed incapaci, al fine di assicurare loro il giusto finanziamento per cure e prestazioni mediche e/o assistenziali.
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7. Atto istitutivo di Trust
Capitolo 7 – Atto istitutivo di trust
COPIA AUTENTICA
Repertorio n. 94300
Raccolta n. 21797
ATTO ISTITUTIVO DI TRUST
REPUBBLICA ITALIANA
L'anno duemilaundici, il giorno diciotto del mese di febbraio in Roseto degli Abruzzi nel
mio studio alla via Genzano n.1/A.
18 Febbraio 2011
Avanti a me Dott. L. D. G., Notaio in Roseto degli Abruzzi, iscritto presso il Collegio Notarile dei Distretti Riuniti di Teramo e Pescara, non assistito dai testimoni,
SONO PRESENTI I SIGNORI:
dott. V. D. S. nato a XXX il XXX, domiciliato in XXX, codice fiscale: XXX, il quale interviene al presente atto non in proprio ma nella sua qualità di Curatore fallimentare della
Società "XXX", con sede in XXX, codice fiscale n. XXX, procedura pendente innanzi
al Tribunale di Teramo al reg. fall. n. 2251/96, (d’ora in avanti, in questo atto, definito
anche solo “Fallimento”), a quanto infra autorizzato giusta provvedimento del 18 gennaio 2001 reso dal Giudice delegato ai fallimenti presso il Tribunale di Teramo che, in
copia conforme rilasciata in data 9 febbraio 2011 al presente atto si allega sotto la lettera "A" (Allegato A).
Dott. G. G. nato a XXX il XXX, residente in XXX, codice fiscale: XXX.
Comparenti della cui identita' personale, poteri e qualifica, io Notaio sono certo i quali
Premesso:
1. che il Fallimento vanta un credito nei confronti dell’Erario di ammontare non determinato, rinveniente dalle ritenute d’acconto subite, in vigenza di procedura fallimentare, sugli interessi bancari maturati sulle somme depositate presso gli istituti di
credito;
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Capitolo 7 – Atto istitutivo di trust
2. che il Fallimento vanta un ulteriore credito nei confronti dell’Erario per I.V.A.,
anch’esso di ammontare non determinato, maturato in vigenza di procedura fallimentare;
3. che, infine, il Fallimento è in attesa di liquidare un credito commerciale insinuato nel
fallimento “XXX”, tuttora pendente presso il Tribunale di Teramo al n. 1843/1990;
4. che all’esito della liquidazione delle suddette partite creditorie, la procedura fallimentare potrà avviarsi verso il piano di riparto finale e la chiusura;
5. che non è possibile, allo stato, indicare i tempi di liquidazione di tali crediti;
6. che, con lo scopo di anticipare i tempi di chiusura della procedura, la curatela intende istituire un Trust, in favore del quale conferire gli indicati crediti, nominandovi
beneficiari i creditori ammessi allo stato passivo del Fallimento;
7. che, con la legge 16 ottobre 1989 n. 364, lo Stato italiano ha dato integrale ratifica
ed esecuzione alla Convenzione sulla legge applicabile ai Trusts ed al loro riconoscimento, adottata a L’Aja il 1° luglio 1985 (entrata in vigore il 1° gennaio 1992);
tutto ciò premesso, da fare parte integrante e sostanziale del presente atto il comparente dott. V. D. S., nella spiegata qualità, dichiara e attesta di voler costituire, come in
effetti con il presente atto istituisce, il seguente Trust, il quale verrà regolato come segue.
***
PARTE I:
Trust, Disponente, Trustee, Beneficiari, Durata, Fondo e beni in Trust, Guardiano.
Art. 1 “Trust”. Denominazione, irrevocabilità
A) Il Trust è identificato per mezzo della denominazione “Trust per la Liquidazione dei
crediti del Fallimento della XXX con sede in Roseto degli Abruzzi”.
B) Il Trust è irrevocabile.
Art. 2 La “Finalità” del Trust
La Finalità del Trust è di rendere possibile la chiusura della procedura di fallimento della
società XXX, pendente innanzi al Tribunale di Teramo al n. 2251/96 Reg. Fall., per le
ragioni di cui alle Premesse assicurando, nel contempo, mediante il vincolo di destinazione che, per effetto del Trust viene ad imprimersi sui Beni in Trust, siano esercitate
dal Trustee le azioni necessarie o semplicemente utili alla riscossione dei crediti vantabili dalla Procedura e, in tal modo, una volta riscossi, ne sia garantita la attribuzione ai
Beneficiari che, secondo i Termini del Trust, ne avranno diritto.
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Capitolo 7 – Atto istitutivo di trust
Art. 3 Disponente
Disponente è il dott. V. D. S. nella sua qualità di curatore del fallimento della società
XXX pendente innanzi al Tribunale di Teramo al n. 2251/96 Reg. Fall..
Art. 4
Il “Trustee”, Durata e Successione
A) “Trustee” del Trust è, a titolo personale, il Dott. G. G. nato a XXX il XXX, residente
in XXX, codice fiscale: XXX.
B) Il Trustee rimane in carica per tutta la “Durata” del Trust a meno che non sopraggiunga:
la sua morte;
la sua revoca;
le sue dimissioni.
C) Il Trustee:
comunica le sue dimissioni a mezzo raccomandata a/r al Guardiano che, nelle
stesse forme, ne da' comunicazione al Comitato dei Beneficiari;
può essere revocato solo dal Guardiano che ne da' comunicazione anche al
Comitato dei Beneficiari.
D) Alla nomina del successore del Trustee provvede il Guardiano.
E) In tutti i casi in cui occorra prevedere alla nomina di un nuovo Trustee, alla nomina
del successore si procederà con scrittura privata autenticata.
F) In caso di sostituzione, l’Ufficio di Trustee può essere ricoperto solo da una persona
fisica avente i requisiti per assumere la carica di Curatore, secondo la normativa vigente al momento della sostituzione.
Art. 5 I “Beneficiari”
A) Sono “Beneficiari” del Trust i soggetti individuati nella Parte II di questo Atto.
B) Nessun altra persona può divenire beneficiario del Trust.
Art. 6 “Durata” del Trust
Per “Durata del Trust” si intende il periodo:
1) il cui “Termine Iniziale” coincide con la data di istituzione del Trust;
2) il cui “Termine Finale” è il giorno in cui il Trustee, dopo aver riscosso e/o rinunciato
alla riscossione dei crediti e dato regolare corso, anche mediante una o più successive dazioni, ai trasferimenti delle somme costituenti il fondo in Trust, dichiari la cessazione del Trust con atto avente la stessa forma del presente.
Art. 7 Il “Fondo in Trust”. I “Beni in Trust”
A) Per “Fondo in Trust” si intendono:
1) la somma di €*12.000,00* (*dodicimila\00*) consegnata dal Disponente al Trustee, nella sua qualità di Trustee di questo Trust, per le finalità di cui al successivo articolo 13, lettera “B” del presente strumento;
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Capitolo 7 – Atto istitutivo di trust
2) tutti i Crediti della società XXX, trasferiti dal Disponente al Trustee, nella sua qualità di Trustee di questo Trust, e, in particolare:
i crediti vantati nei confronti dell’Erario maturati nel corso del Fallimento, siano essi presenti e/o futuri, in ogni momento ed a qualunque titolo spettanti al
Fallimento per effetto delle dichiarazioni fiscali predisposte e/o presentate e/o
che sarebbero dovute essere predisposte e/o presentate dal legale rappresentante pro tempore della XXX e/o dal Curatore e che il Curatore vincola in
Trust contestualmente alla sottoscrizione del presente Atto;
i Crediti fiscali del Trust;
il credito vantato dal Fallimento della XXX verso la procedura fallimentare della ditta XXX, per come individuato al punto n. 3 della premessa;
3) ogni altro bene o diritto trasferito dal Disponente al Trustee nella sua qualità di
Trustee di questo Trust;
4) ogni reddito del Fondo in Trust che il Trustee vi accumuli;
5) ogni trasformazione, permutazione, sostituzione, incremento, surrogazione di
quanto sopra.
B) Per “Beni in Trust” si intendono:
ogni bene e diritto incluso nel Fondo in Trust;
i frutti e le utilità da essi derivate.
C) I Beni in Trust sono separati dal patrimonio personale del Trustee, non sono aggredibili dai suoi creditori personali, non fanno parte della massa attiva in caso di procedura concorsuale o messa in liquidazione del Trustee e, se il Trustee è persona
fisica, non fanno inoltre parte del suo regime patrimoniale, di sue convenzioni matrimoniali, né tantomeno della sua successione.
D) Il Trustee può accettare incrementi del Fondo in Trust derivanti da dotazioni effettuate da soggetti diversi dal Disponente solo previo consenso del Guardiano.
Art. 8 Il “Guardiano” e sua successione
A) Guardiano del Trust è il dott. V. D. S. nato a XXX il XXX e domiciliato in XXX, codice
fiscale: XXX, il quale assume la carica a titolo personale e non in quanto curatore
del Fallimento.
B) Il Guardiano rimane in carica per tutta la “Durata” del Trust a meno che non sopraggiunga:
la sua morte;
la sua revoca;
le sue dimissioni.
C) Il Guardiano:
comunica le sue dimissioni a mezzo raccomandata al Trustee ed al Comitato dei
Beneficiari;
può essere revocato solo dall’Autorità Giudiziaria su ricorso del Comitato dei
Beneficiari.
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Capitolo 7 – Atto istitutivo di trust
D) Alla nomina del successore del Guardiano provvede sempre il Giudice Delegato alle
Procedure fallimentari del Tribunale di Teramo, su istanza del Guardiano dimissionario o, in caso di revoca o morte, su istanza di qualunque interessato.
E) L’Ufficio di Guardiano può essere ricoperto solo da una persona fisica avente i requisiti per assumere la carica di Curatore secondo la normativa vigente al momento
della sostituzione.
PARTE II.
I Beneficiari
Art. 9 Individuazione dei Beneficiari, loro Posizioni Beneficiarie
A) Beneficiari del Trust sono tutti i creditori del Fallimento, indicati dal Curatore nel Piano di riparto finale dichiarato esecutivo, rimasti insoddisfatti dalle dazioni effettuate
direttamente in loro favore dalla curatela del Fallimento in parola. I Beneficiari, nel
corso della Durata del Trust hanno una Posizione Beneficiaria di mera aspettativa
(c.d. “contingent beneficiary”).
B) Nell’ipotesi in cui siano stati incassati tutti i crediti costituenti il Fondo in Trust e/o
non risulti incassabile alcun ulteriore credito e/o il Trustee abbia comunque rinunciato all’incasso, il Trustee, sentiti il Guardiano ed il Comitato dei Beneficiari, individua
tra i “contingent beneficiaries”, in ragione delle somme costituenti il Fondo in Trust e
secondo l’ordine di preferenza e di soddisfacimento accordato ai singoli beneficiari
nel piano di riparto finale dichiarato esecutivo, quelli la cui posizione beneficiaria di
mera aspettativa si sia trasformata in diritto soggettivo sul Fondo in Trust (c.d. “vested beneficiary”) in quanto possono essere soddisfatti, anche in modo parziale,
dalla attribuzione del Fondo in Trust.
C) Quando i crediti incassati abbiano comunque raggiunto la somma minima di euro
quindicimila/00 (€*15.000,00*) (somma d’ora in avanti, in questo Strumento, definita
anche solo “Consistenza minima”) è facoltà del Trustee, sentiti il Guardiano ed il
Comitato dei Beneficiari, individuare tra i “contingent beneficiaries”, in ragione delle
somme costituenti il fondo in Trust in tale momento e secondo l’ordine di preferenza e di soddisfacimento accordato ai singoli beneficiari nel piano di riparto finale dichiarato esecutivo, quelli la cui posizione beneficiaria di mera aspettativa si sia trasformata in diritto soggettivo sul Fondo in Trust (c.d. “vested beneficiary”) in quanto
possono essere soddisfatti, anche in modo parziale, dalla attribuzione della Consistenza minima.
D) I beneficiari non hanno diritto di richiedere il trasferimento anticipato del Fondo in
Trust (c.d. “right of advancement”).
E) Nel corso della Durata del Trust, ricorrendo il loro integrale soddisfacimento secondo quanto previsto dal Piano di riparto finale dichiarato esecutivo del Fallimento, il
Trustee, con il consenso del Guardiano, può dichiarare che uno o più soggetti non
sono più inclusi fra i Beneficiari.
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Capitolo 7 – Atto istitutivo di trust
Nel corso della durata del Trust, la cancellazione di una società beneficiaria dal Registro delle Imprese o, comunque, la sua estinzione, ne determina la sua automatica esclusione dai Beneficiari. In tal caso, il Beneficiario escluso perderà tutti diritti,
attuali o potenziali, a lui spettanti in virtù del presente strumento e/o in ragione della
sua ammissione al passivo del Fallimento.
F) I beneficiari non possono alienare alcun proprio diritto nel corso della durata del
Trust né in alcun modo disporne.
Art. 10 Comitato dei beneficiari
A) I Beneficiari sono rappresentati all’interno del Trust da tre (3) rappresentanti scelti
esclusivamente tra tutti i Beneficiari.
A tal fine, entro sessanta (60) giorni dalla data di esecutività dello stato passivo
finale, i beneficiari procederanno ad individuare i soggetti che compongono il
Comitato e questi ultimi comunicheranno al Trustee ed al Guardiano le loro generalità complete ed il loro domicilio, mediante lettera raccomandata a/r.
Decorso il termine sopra indicato senza che si sia proceduto alla nomina dei
componenti del Comitato, il Comitato risulterà automaticamente composto dai
tre creditori che attualmente rivestono, nel fallimento della XXX, la carica di
membri del Comitato dei Creditori, ovvero da altri creditori scelti a insindacabile
giudizio dal Giudice delegato alle Procedure fallimentari del Tribunale di Teramo.
B) Ciascun componente del Comitato rimane in carica per tutta la “Durata” del Trust a
meno che non sopraggiunga:
la sua morte;
la sua revoca;
le sue dimissioni;
il suo fallimento;
l’estinzione del soggetto.
C) Ciascun componente del Comitato:
comunica le sue dimissioni, a mezzo raccomandata a/r, agli altri componenti il
Comitato, al Trustee ed al Guardiano;
può essere revocato solo dall’Autorità Giudiziaria su ricorso degli altri componenti il Comitato dei Beneficiari;
nelle ipotesi previste dal precedente lettera B, punti d) ed e), decade automaticamente dal suo ufficio.
D) Alla scelta ed alla nomina del sostituto del componente deceduto, revocato, dimesso o decaduto provvedono gli altri beneficiari e, in caso di loro inerzia, provvede il
Giudice Delegato alle Procedure fallimentari del Tribunale di Teramo, su istanza del
Guardiano.
E) Il Comitato si raduna senza formalità e le adunanze sono validamente costituite ove
siano presenti i 2/3 dei suoi componenti.
F) Il componente anagraficamente più anziano del Comitato presiede le adunanze e
tiene e custodisce il relativo libro dei verbali.
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Capitolo 7 – Atto istitutivo di trust
G) Il Comitato delibera con il voto favorevole dei 2/3 dei suoi componenti.
H) Quando questo strumento prescrive che le comunicazioni siano inviate al Comitato
dei beneficiari esse vanno inviate a ciascuno dei suoi componenti.
Art. 11 Assegnazione dei Beni in Trust
A) Al verificarsi delle condizioni che legittimano l’attribuzione dei Beni in Trust, il Trustee, sentito il Comitato dei Beneficiari ed con il consenso del Guardiano, individua
le quote di Fondo in Trust da trasferire ai singoli “vested beneficiary” e le tiene a loro
disposizione, dandone loro notizia mediante lettera raccomandata a/r. Tutte le spese e tutti gli oneri occorrenti per la comunicazione e la gestione delle quote tenute a
disposizione sono a carico del singolo beneficiario in favore del quale debbono essere trasferite.
B) Le quote dei “vested beneficiary” non ritirate sono tenute a loro disposizione su di
un libretto di risparmio per un periodo di 5 (cinque) anni, decorrenti dalla data di ricevimento o da quella di giacenza presso il relativo ufficio postale o istituto di credito della lettera raccomandata a/r indicata al comma precedente. Decorso detto
termine, qualora le quote non vengano richieste, il “vested beneficiary” sarà dichiarato escluso dai Beneficiari ai sensi e nel rispetto delle formalità indicate nell’articolo
9 lettera “D” di questo Strumento e la quota tenuta a sua disposizione andrà ad accrescere automaticamente il Fondo in Trust.
C) Dopo aver dato regolare corso a tutti i trasferimenti indicati nella precedente lettera
A ed eventualmente atteso il decorso dell’ultimo dei termini indicati alla precedente
lettera B il Trustee dichiara la cessazione del Trust.
PARTE III.
La gestione del Fondo in Trust
Art. 12 Poteri gestionali del Trustee (“Administrative Powers”)
A) I Beni in Trust sono in piena ed esclusiva proprietà del Trustee affinché egli se ne
avvalga secondo quanto previsto in questo Strumento. Nell’esercizio di qualunque
sua funzione il Trustee gode di tutti i poteri e facoltà del pieno proprietario, fermi i
limiti enunciati in questo Atto.
B) Il Trustee:
1) ha capacità processuale attiva e passiva;
2) può comparire nella sua qualità di Trustee dinanzi a Notai e pubbliche autorità
senza che mai possa essergli eccepita la carenza di poteri;
3) può rivolgersi prima al Guardiano e poi all’Autorità giudiziaria per ottenere prescrizioni o direttive;
4) esercita ogni diritto conseguente la titolarità dei Beni.
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Capitolo 7 – Atto istitutivo di trust
Art. 13 Doveri del Trustee, Limiti all’Operato del Trustee
A) Il Trustee deve amministrare il Fondo in Trust secondo criteri di prudenza e di oculatezza, sempre garantendo l’integrità minima del capitale.
B) Il Trustee deve impiegare l’importo di €. 12.000,00 vincolato in Trust dal Curatore al
momento dell’istituzione, per:
far fronte ad ogni spesa del Trust comprese eventuali imposte o tasse di legge;
corrispondere spese legali relative a cause nelle quali sia stato chiamato, convenuto o delle quali sia stato attore;
adempiere a qualsiasi istruzione abbia lasciato il Curatore.
Qualora detto fondo risulti insufficiente, il Trustee, su conforme parere del Guardiano, può utilizzare, nei limiti del necessario, le altre somme costituenti il Fondo in
Trust. Nel caso in cui il Guardiano non abbia manifestato il proprio parere entro 15
gg. dalla comunicazione o nel caso in cui il Guardiano abbia espresso parere contrario e, in ogni caso, quando lo ritenga utile, il Trustee può rimettere la decisione
definitiva all’Autorità Giudiziaria.
C) Qualora il Trustee lo ritenga rispondente alla Finalità del Trust, anche se non coincidente con l’interesse di un singolo Beneficiario, può:
costituirsi in qualsiasi giudizio, o dar inizio a qualsiasi giudizio, anche di natura
tributaria;
concludere transazioni o contratti;
rinunciare alla riscossione di crediti.
D) Il Trustee non può in ogni caso, senza l’autorizzazione del Guardiano:
costituire garanzie reali o rilasciare garanzie personali sui Beni in Trust;
acquistare Beni Immobili;
contrarre mutui.
E) L’avvenuta regolare cessione dei Crediti al Trust consente al Trustee di poter esercitare ogni diritto, anche processuale, necessario al loro recupero.
F) Il Trustee deve rispettare i veti che il Guardiano abbia opposto a sue azioni, rimettendo però la decisione definitiva all’Autorità Giudiziaria nel caso in cui il Guardiano
non l’abbia fatto entro 15 gg. dalla comunicazione del veto.
Art. 14 “Potere di Anticipazione” (“Power of Advancement”)
A) Il Trustee non ha il Potere di Anticipazione.
Art. 15 Segregazione, custodia, mandati
A) Il Trustee custodisce i Beni in Trust e ne tutela la consistenza fisica, il titolo di appartenenza e, se del caso, il possesso.
B) Il Trustee tiene i Beni in Trust separati dai propri e da qualunque altro bene del quale sia Trustee, beneficiario o che detenga ad altro titolo giudico e distintamente identificabili. Inoltre cura ogni adempimento necessario per rendere opponibile a
chiunque il suo titolo di proprietà, nella sua qualità di Trustee del Trust, sui beni facenti parte del Fondo in Trust.
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Capitolo 7 – Atto istitutivo di trust
C) Il Trustee può:
depositare beni, documenti e danaro presso banche e depositari professionali
che si obblighino alla loro custodia diligente;
delegare soggetti di sua fiducia, quali mandatari, all’esercizio di uno specifico
compito o potere gestionale per un periodo determinato e per un compito specifico alle condizioni che ritenga opportune ma comunque sempre:
verificata la professionalità del mandatario in relazione allo specifico compito
assegnatogli;
verificato che il compito assegnato non dia luogo in alcun modo a conflitto di
interessi;
vietando sub-deleghe nell’esercizio del compito o della funzione.
PARTE IV.
Disposizioni sul Trustee
Art. 16 Riservatezza
A) Tutti i documenti e le informazioni relative al Trust sono riservati.
B) Il Trustee non comunica ad alcuno, documenti o informazioni riguardante il Trust a
meno che:
1) lo consenta una disposizione di questo Atto;
2) oppure vi sia un ordine di giustizia o vi sia tenuto per legge o altra imposizione
imperativa;
3) oppure il Trustee lo consideri necessario affinché Egli possa:
esercitare poteri;
adempiere obbligazioni;
difendersi in un procedimento giudiziario, arbitrale o di tentata conciliazione;
ottenere un parere professionale;
4) ritenga sia nell’interesse dei Beneficiari e della Finalità del Trust.
Art. 17 Indicazioni al Trustee
A) I Beneficiari, per mezzo del Comitato, possono sempre comunicare con il Trustee
per segnalare avvenimenti, circostanze o necessità delle quali il Trustee tiene conto
nell’esercizio della propria discrezionalità.
B) Il Guardiano può sempre esprimere Pareri dei quali il Trustee tiene conto e li attua
se compatibili con la Finalità.
Art. 18 Responsabilità del Trustee verso i terzi
A) Quando in una qualunque operazione il Trustee informa l’altra parte interessata
all’operazione che egli sta agendo quale Trustee, qualsiasi pretesa di tale altra parte
può essere soddisfatta esclusivamente per mezzo del Fondo in Trust.
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Capitolo 7 – Atto istitutivo di trust
Art. 19 Conflitto di interessi
A) Il Trustee non può, direttamente, indirettamente o per interposta persona, rendersi
acquirente dei Beni in Trust né ritrarre alcun vantaggio dal suo ufficio se non previsto in questo atto.
B) In caso di conflitto di interessi, come inteso dalla Legge Regolatrice, il Trustee può
procedere all’operazione in conflitto solo se il Guardiano l’abbia previamente Autorizzato.
Art. 20 Diligenza del Trustee
A) Il Trustee nello svolgimento della sua funzione e di qualsiasi compito deve:
osservare la massima cura e diligenza;
rispettare le forme degli atti richieste da questo Strumento;
tenere sempre debito conto dei Pareri del Guardiano.
Art. 21 Responsabilità del Trustee
A) Trustee non è responsabile per le azioni che abbia intrapreso in conformità al parere
scritto firmato da un legale con almeno cinque anni di iscrizione all’albo.
B) Il Trustee non è responsabile delle azioni dei soggetti che abbia legittimamente delegato se ha conferito la delega e ne ha consentito la prosecuzione in buona fede.
C) Il Trustee ritenuto responsabile di violazione di questo Trust risponde nei limiti del
valore del Fondo in Trust.
Art. 22 “Rendiconto”
A) Il Trustee ha un obbligo di “Rendiconto” e quindi mantiene una contabilità accurata
e la documentazione di supporto necessaria a qualsiasi operazione.
B) Entro il 30 aprile di ciascuna annualità, il Trustee invia al Guardiano e al Comitato
dei Beneficiari, il Rendiconto dell’anno solare precedente costituito da:
la relazione sull’andamento del Trust;
l’inventario del Fondo in Trust.
C) Entro i 30 giorni successivi alla data di presentazione o deposito del Rendiconto, il
Guardiano e/o il Comitato dei Beneficiari possono far conoscere al Trustee ogni
contestazione. In difetto, decorso tale termine, il Rendiconto si intende approvato
dal Guardiano e da tutti i Beneficiari. Il Rendiconto approvato manleva il Trustee in
via definitiva anche verso il suo successore, salve ipotesi di grave negligenza o imprudenza o imperizia del Trustee nella redazione del Rendiconto, scoperte successivamente al decorso di tale termine.
D) Il Trustee uscente ha l’obbligo di redigere il Rendiconto di chiusura del suo ufficio
che è soggetto alle medesime decadenze ed effetti di cui alla lett. C che precede.
E) Il Trustee deve inviare al Guardiano un rendiconto, anche su una singola operazione, in qualsiasi momento gli venisse dallo stesso richiesta.
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Capitolo 7 – Atto istitutivo di trust
Art. 23 Libro degli Eventi
A) Il Trustee mantiene e aggiorna il “Libro degli Eventi” vidimato da un notaio.
B) Il Trustee annota in questo Libro:
C) ogni avvenimento o comunicazione inerente il Trust ivi prevista;
ogni altro avvenimento o comunicazione di cui ritiene opportuno conservare
prova o memoria;
gli estratti e il contenuto degli atti per i quali il Trust prescrive la forma autentica o
che comunque il Trustee ritiene opportuno registrare; di essi il Trustee mantiene
raccolta completa.
D) Chiunque contragga con il Trustee è legittimato a far pieno affidamento sulle risultanze del Libro degli Eventi.
Art. 24 Compenso del Trustee e costi del Trust
A) Il Trustee ha diritto a ricevere un “Compenso” per il proprio ufficio.
B) Il Compenso è determinato in misura pari al 10 (dieci) % del valore nominale complessivo dei Beni in Trust, così come individuati all’articolo 7 lettera B del presente
atto. Il compenso, da erogarsi su base annua in funzione dei beni e diritti entrati a
far parte dei Beni in Trust in ciascun anno solare di riferimento, è prelevato dal Trustee, dal Fondo in Trust, non appena nello stesso vi siano provvidenze sufficienti al
suo pagamento, previa autorizzazione del Guardiano e comunicazione al comitato
dei Beneficiari.
Art. 25 Trasferimento dei Beni in Trust in caso di mutamento dell’ufficio di Trustee
A) Il Trustee che cessa dall’ufficio perde ogni diritto sui Beni in Trust e deve:
porre in essere senza indugio ogni comportamento necessario per consentire al
suo successore di esercitare i diritti al Trustee sui Beni in Trust;
consegnare al suo successore i Beni in Trust, il “Libro degli Eventi” e ogni documento riguardante il Trust;
fornire al suo successore ogni informazione, ragguaglio e in genere lo mette in
grado, per quanto in suo potere di prendere possesso senza indugio dei Beni in
Trust e di assolvere ogni obbligazione inerente l’ufficio;
redigere il Rendiconto finale della sua gestione.
B) I suddetti diritti e obbligazioni sono a carico del Guardiano, ove il Trustee non provveda.
C) Il Trustee che cessa dall’ufficio può fare copia di quegli atti e documenti che gli servano unicamente nel caso di azione proposta direttamente contro di lui.
Art. 26 Sede dell’amministrazione
A) Il Trustee, contestualmente all’accettazione dell’ufficio, elegge la “Sede”
dell’amministrazione del Trust e il domicilio presso il quale ogni comunicazione a lui
diretta deve essere inviata. In caso di mancata elezione della “Sede”
dell’amministrazione, questa coinciderà con il domicilio del “Trustee”.
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Capitolo 7 – Atto istitutivo di trust
B) Il dott. Germano Giovanardi accetta l'incarico conferitogli di "Trustee" ed elegge
quale “Sede” dell’amministrazione del Trust e domicilio presso il quale ogni comunicazione a lui diretta deve essere inviata il seguente indirizzo: XXX.
C) Le comunicazioni a lui inviate si intenderanno validamente effettuate se indirizzate al
seguente recapito di posta elettronica: giovanardigermano@legalmail.it, solo se
procedenti da indirizzo di posta elettronica certificata e fedelmente confermate mediante lettera raccomandata a/r inviata entro il primo giorno feriale successivo quello
di invio della posta elettronica.
D) La contabilità e ogni atto e documento del Trust sono custoditi presso la Sede.
E) Il Trustee può modificare la Sede dandone comunicazione al Guardiano ed al Comitato dei Beneficiari.
F) Ogni comunicazione che pervenga ad un recapito diverso dalla Sede è priva di alcun valore.
PARTE V.
Disposizioni sul Guardiano
Art. 27 Poteri del Guardiano
A) I poteri del Guardiano sono fiduciari e non personali.
B) Il Guardiano agisce secondo le norme di correttezza, buona fede ed imparzialità.
C) Il Guardiano, oltre a quanto già stabilito può:
1) richiedere al Comitato dei Beneficiari e/o ai singoli Beneficiari qualsiasi opinione
attinente al Trust o alle scelte del Trustee;
2) opporre, a mezzo di raccomandata o di posta elettronica certificata, veti
all’operato o alle decisioni del Trustee che ritenga contrarie alla Finalità e in tal
caso deve rimettere la decisione all’Autorità Giudiziaria entro 15 giorni dall’invio
della raccomandata;
Art. 28 Compenso del Guardiano
A) L’ufficio di Guardiano non è oneroso.
B) Le spese sostenute dal Guardiano per l’ufficio sono rimborsate dal Trustee periodicamente verso esibizione dei documenti giustificativi.
Art. 29 Sede del Guardiano
A) Il Guardiano, contestualmente all’accettazione dell’ufficio, elegge la Sede ove ogni
comunicazione gli deve essere diretta. Alcuna comunicazione venisse inviata in sedi
diverse da quella eletta deve ritenersi priva di valore alcuno.
B) Il dott. V. D. S. elegge domicilio presso e nei i seguenti indirizzi: XXX.
C) Le comunicazioni a lui inviate si intenderanno validamente effettuate se indirizzate al
seguente recapito di posta elettronica: XXX, solo se procedenti da indirizzo di posta
elettronica certificata e fedelmente confermate mediante lettera raccomandata a/r
inviata entro il primo giorno feriale successivo quello di invio della posta elettronica.
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Capitolo 7 – Atto istitutivo di trust
D) Il Guardiano può modificare la Sede dandone comunicazione al Trustee ed al Comitato dei Beneficiari.
E) Ogni comunicazione che pervenga ad un recapito diverso dalla Sede è priva di alcun valore.
PARTE VI.
Disposizioni generali e finali
Art. 30 Legge regolatrice
A) Trust è regolato dalla Legge di Jersey, Isole del Canale.
B) Le obbligazioni e la responsabilità del Trustee sono disciplinate cumulativamente
dalla legge italiana e dalla Legge regolatrice.
C) Qualsiasi provvedimento di natura cautelare, sommaria e speciale non cognitoria,
dovesse essere intentato contro il Trustee deve essere regolato dalla legge italiana.
D) Per l’applicazione della legge italiana, il Trustee è considerato quale gestore di beni
che sono in sua piena ed esclusiva proprietà dal punto di vista della titolarità del relativo diritto dominicale, sebbene l’esercizio di tale diritto sia destinato ad esclusivamente soddisfare la Finalità.
E) Il Trustee e il Guardiano possono, in qualsiasi momento sostituire la Legge regolatrice con altra legge rispetto alla quale siano validi sia il Trust sia le sue principali disposizioni ed in tale circostanza i soggetti predetti hanno il potere di modificare le
disposizioni di questo Trust che siano incompatibili o eccessivamente onerose rispetto alla nuova legge regolatrice.
Art. 31 Giurisdizione
A) Ogni controversia relativa all’istituzione, alla validità o agli effetti del Trust e alla sua
amministrazione o ai diritti o obbligazioni di qualsiasi soggetto nominato in questo
Atto, è obbligatoriamente ed esclusivamente sottoposta alla magistratura italiana,
foro esclusivo di Teramo.
B) Ogni procedimento finalizzato a far pronunciare al giudice la nomina del Guardiano
o ad impartire direttive e prescrizioni è proposto esclusivamente dinanzi la magistratura italiana, foro esclusivo di Teramo.
Art. 32 Modifiche del Trust
A) Il Trust, e i poteri di gestione del Trustee, possono essere modificati, nel rispetto
della Finalità del Trust, dall’Autorità Giudiziaria su istanza di chiunque vi abbia interesse.
B) Il Trustee può modificare in qualsiasi momento, comunicandolo al Guardiano, le disposizioni di questo atto che si rendano necessarie per garantire, e rendere opponibile ai terzi, il trasferimento dei Beni in Trust al termine del Trust.
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89
Capitolo 7 – Atto istitutivo di trust
Art. 33 Comunicazioni ai Beneficiari
Tutte le comunicazioni previste in favore dei Beneficiari sono validamente adempiute
dal Trustee, dal Guardiano e/o dal Comitato dei Beneficiari quando effettuate al domicilio dei Beneficiari quale esso risulta dalle istanze di insinuazione al passivo formulate
ai sensi dell’art. 93 L.F., vecchio rito, o al diverso domicilio che, in caso di variazione, il
singolo Beneficiario avrà comunicato, nel rispetto delle regole fallimentari che presiedono l’elezione del domicilio, mediante lettera raccomandata a/r, al domicilio del Trustee,
del Guardiano e dei singoli componenti del Comitato dei Beneficiari, così come questi
resta individuati secondo le regole di cui infra. In caso di mancata elezione del domicilio
trova il domicilio si intenderà stabilito presso la Cancelleria fallimentare del Tribunale di
Teramo.
Per effetto di quanto sopra ciascun Beneficiario è obbligato a comunicare al Trustee, al
Guardiano ed ai singoli componenti del Comitato dei Beneficiari, nei modi innanzi indicati, le variazioni del proprio domicilio entro e non oltre quindici giorni dal verificarsi delle stesse.
Disattendendo di comunicare le variazioni del proprio domicilio nei modi e nei termini
innanzi indicati, tutte le comunicazioni nei confronti dei Beneficiari si intenderanno validamente effettuate all’ultimo domicilio noto, intendendosi per tale quello risultante dalla
istanza di insinuazione al passivo del fallimento o, se diverso, quello comunicato nei
modi e termini sopra indicati.
Art. 34 Interpretazione, Contraddittorietà
A) Ogni disposizione del Trust che si palesi contraddittoria o che si presti a diversa interpretazione, deve essere intesa dal Trustee, e conseguentemente attuata, nel
senso che ritenga conforme alla Finalità.
B) In caso di dissenso circa l’interpretazione resa secondo i termini che precedono,
l’interpretazione deve essere rimessa all’Autorità Giudiziaria.
Per effetto del su riportato atto istitutivo, il Trustee viene oggi immesso nella piena
titolarità e nel pieno esercizio di tutti i poteri e diritti relativamente a tutte le ragioni
creditorie indicate nell'art.7 dell'atto istitutivo e, per effetto della presente dotazione,
e' quindi autorizzato e delegato ad esercitarli dinanzi a qualsiasi Ente, Istituzione,
Agenzie e/o Autorità sia essa pubblica che privata.
I comparenti ai fini della registrazione del presente atto richiedono l'applicazione
dell'imposta fissa di registro e la non applicazione dell'imposta di donazione così
come anche confermato dalle commissioni tributarie provinciali di Lodi n. 12 del
12/1/2009 e di Pesaro n. 287 del 9/8/2010.
I comparenti dispensano me Notaio dalla lettura dell'allegato per averne piena ed
esatta conoscenza ed a mia richiesta mi confermano che i numeri di codice fiscale
sopra riportati corrispondono a quelli ad essi attribuiti dalla Amministrazione Finanziaria.
90
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Capitolo 7 – Atto istitutivo di trust
Di quanto sopra richiesto ricevo il presente atto che pubblico mediante lettura da
me Notaio fatta ai comparenti i quali da me interpellati lo hanno dichiarato pienamente conforme alla loro volontà.
E' scritto per mezzo di macchina elettronica con stampa indelebile a norma di legge, da persona di mia fiducia ma per mia cura e completato a mano da me Notaio
in pagine ventisette e quanto della presente ventottesima dei sette fogli di cui si
compone e viene sottoscritto alle ore undici e minuti venti (ore 11,20).
F.to: D. S .V. - G. G.
L. D. G. NOTAIO.
(14 e 20, d.P.R. 600/1973).
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91
Capitolo 7 – Atto istitutivo di trust
92
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Appendice bibliografica
Appendice bibliografica
Imposte dirette
Prima della “Finanziaria 2007”
Gallo, Trust, interposizione ed elusione fiscale, in Rass. trib., 1996, pag. 1043 ss.;
Fedele, Visione d’insieme della problematica interna, in AA.VV., I trust in Italia oggi, Milano, 1996, pag. 269 ss.; Salvini, Il trasferimento degli interessi beneficiari, A.VV., I trust
in Italia oggi, op.cit.,p. 341: Lupi, La tassazione dei redditi del trust, in AA.VV., I trust in
Italia oggi, op. cit., pag. 327 ss. Ficari, Il trust nelle imposte dirette (Irpeg ed Irap): un
articolato modulo contrattuale oppure un autonomo soggetto passivo?, in Boll.trib.,
2000, pag. 1529 ss.; Miccinesi, Il reddito del trust nelle varie tipologie, in Trust, 2000,
pag. 309 ss. Giovannini, Problematiche fiscali del trust, in Boll. trib., 2001, pag. 1125
ss.; Contrino, Il “trust liberale” nel diritto tributario italiano, comparato e convenzionale
(ed. prov.), Milano, 2003; G. Zizzo, Note minime in tema di trust e soggettività tributaria, in Fisco, 2003, pag. 4658 ss.; Salvati, Profili fiscali del trust, Milano, 2004; Stevanato e Lupi, Regime di trasparenza per i trust interni “non discrezionali”, in Dial. di dir.
trib., 2004, pag. 1391 ss.; Contrino e Lupi, Riforma IRES e trust: la maggiore realtà e la
patrimonializzazione come ulteriori argomenti per la soggettività "definitiva" del trust, in
Dialoghi di dir. trib., 2004, pag. 579 ss.; Fantozzi, Trust e fisco in Italia: la soggettività
del trust, in AA.VV., Trust: opinioni a confronto, Milano, 2006, pag. 159 ss..
Dopo l’introduzione della disciplina con la “Finanziaria 2007”
Fransoni, La disciplina del trust nelle imposte dirette, in Riv. dir. trib., 2007, I, 227 ss.;
Cantillo, Il regime fiscale del trust dopo la Finanziaria 2007, in Rass. trib., 2007, 1047
ss.; Della Valle, Luci e ombre della Circolare sui trust: le imposte sui redditi, in Riv. dir.
trib., 2007, II, 724 ss; Castaldi, Il trust tra soggettività e trasparenza, in Dial. di dir. trib.,
2007, 349 ss.; Sepio - Covino, La regolamentazione del trust ai fini delle imposte sui
redditi: luci e ombre, in Dial. di dir. trib., 2007, 77 ss; N. de Renzis Sonnino, Il trust ed i
redditi dei beneficiari, in Trust, 2007, pag. 361 ss.; Stevanato, Redditi del trust e soggetti titolari della relativa capacità economica, in Dial. trib. 2008, 95 ss.; Contrino Spunti in tema di beneficiari “individuati”, possesso dei redditi e imputazione
dell’obbligazione tributaria nel trust (con postilla di R. Lupi), in Dial. trib., 2008, 106 ss.;
Zizzo, La ricchezza erogata dal trust, tra reddito e capitale, in Rass. trib., 2008, 1275
ss.; Coppola, La disciplina fiscale del Trust in materia di imposte dirette: le difficoltà di
conciliare le attuali soluzioni normative alle molteplici applicazioni dell’istituto, in Rass.
trib., 2009, 647 ss.; Contrino, Recenti indirizzi interpretativi sul regime fiscale di trust
interposti, trasparenti e transnazionali: osservazioni critiche, in Rivista di diritto tributa© Cesi Multimedia
93
Appendice bibliografica
rio, 2011, n. 6; Genta, L’attribuzione per trasparenza del reddito ai beneficiari di trust,
in Rass. trib., 2011, 924 ss..
Imposte indirette
Prima del d.l. n. 262/2006 che ha reintrodotto il tributo successorio
Gaffuri – Albertini, Costituzione del trust e trasferimento dei beni, in AA.VV., I Trust in
Italia oggi (a cura di I. Beneventi), Giuffré, Milano, 1996, pp. 301 ss.; Fedele, Visione
d’insieme della problematica interna, in AA.VV., I Trust in Italia oggi, op. cit., pp 269
ss.; Delibera Comitato Coordinamento Secit n. 37/98, La circolazione dei trust esteri in
Italia, che si può leggere in Il fisco, 1998, pp. 11148 ss.; Giovannini, Trust e imposte
sui trasferimenti, in Rass. trib., 2000, pp. 1111 ss.; da D. Stevanato, Donazioni e liberalità indirette nel tributo successorio, Padova, 2000, 166; F. Pistolesi, La rilevanza impositiva delle attribuzioni liberali realizzate nel contesto dei trust, Riv.dir.fin., 2001,
I, 156-158; A. Giovannini, Problematiche fiscali del trust, in Boll.trib., 2001, 1126. R.
Dominici, Brevi note sull’incidenza della soppressione dell’imposta sulle successioni e
donazioni con riguardo alle imposte indirette gravanti sui conferimenti in trust, in Fiducia e Trust, 2002, 26; F. Montanari, Trust interni disposti inter vivos e imposte indirette:
considerazioni civilistiche e fiscali a margine di un rilevante dibattito dottrinale, in Dir.
prat. trib., 2002, I, 384; C. Monaco, Trust: fattispecie ed effetti fiscalmente rilevanti, in
Riv.dir.fin., 2002, I, 697; A. Contrino, Trust liberali e imposizione indiretta sui trasferimenti dopo le modifiche (L.n. 383/2001) al tributo sulle donazioni, in Rass. trib., 2004,
434; A. Contrino e R. Lupi, Il trust liberale e l’imposta sulle donazioni in Dialoghi di dir.
trib., 2004, 457 ss. (a commento dello “Studio del Cons. Naz. del Notariato
n. 80/2003/T”)
Dopo reintroduzione del tributo successorio
D. Stevanato, La reintroduzione dell’imposta sulle successioni e donazioni: prime riflessioni critiche, in Corr.trib., 2007, 247, e Id. Alla ricerca della capacità economica nella
“nuova” imposta sulle successioni e donazioni, in Dialoghi di dir.trib., 2006, 1657;
G. Gaffuri, Note riguardanti la novellata imposta sulle successioni e donazioni, in Rass.
trib., 2007, 460; A. Contrino, Riforma del tributo successorio, atti di destinazione e
trust familiari, in Riv.dir.trib., 2007, 529; F. Montanari, I trust liberali alla luce della nuova
<<imposta sulla gratuità>>, in Trust, 2007, 547; A. Busani, Imposta di donazione su
vincoli di destinazione e trust, in Corr.trib., 2007, 359; G. Gaffuri, La nuova manifestazione di pensiero dell’Agenzia delle Entrate sulla tassazione indiretta dei trust, in
G. Fransoni e N. de Renzis Sonnino (a cura di), Teoria e pratica della fiscalità dei trust,
Milano, 2008, 21; A. Fedele, Il trasferimento dei beni al trustee nelle imposte indirette,
in G. Fransoni e N. de Renzis Sonnino (a cura di), op.cit., 14; A. Contrino, Il trasferimento di immobili in un trust liberale è soggetto a imposizione proporzionale di registro:
94
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Appendice bibliografica
note critiche su un recente arresto giurisprudenziale veneto (e sull’ondivaga posizione
del fisco), in Rivista di diritto tributario, 2009, n. 6; N. de Renzis Sonnino, L’imposizione
indiretta del trust: gli ultimi orientamenti di giurisprudenza e prassi, in Corr. trib., 2009,
n. 25; A. Contrino, Imposizione sui vincoli di destinazione (trust commerciali e liberali)
tra rilevanza sostanziale della capacità economica e legittimazione processuale del notaio, in Rivista del notariato, 2010, n. 2; S. Cannizzaro – T. Tassani, La tassazione degli
atti di destinazione e dei trust nelle imposte indirette, in Studi e Materiali, 2011 fasc. 2,
pp. 541; D. Stevanato, “Stretta” dell’Agenzia delle Entrate sulla fiscalità dei trust: a rischio un sereno sviluppo dell’istituto?, in Corr. trib., 2011, n. 7.
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95
Appendice bibliografica
96
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Appendice giurisprudenziale
Appendice giurisprudenziale
1
Sentenze in materia di trust e imposte sui trasferimenti
Ente
Data
Nr.
Tipologia
Pretesa
giudicante
deposito
sentenza
di trust
dell'ufficio
trust di famiglia
Comm.
06/08/2008
37/22/08
Esito
Motivazioni
3% - art. 9 tariffa, parte
rigetto tesi ufficio -
non c'è certezza
Trib. Prov.
prima, d.P.R. 131/1986
imposta di registro in
nell'ammontare e
Torino
"negozio costitutivo di
misura fissa
nella periodicità della
rendita"
Comm.
12/01/2009
12/1/2009
trust liquidatorio 8% imposta
Trib. Prov.
di donazione
Lodi
prestazione
rigetto tesi ufficio -
Il trust ha finalità
imposta di registro in
liquidatorie non c'è
misura fissa
alcun vincolo di
destinazione: no
imposta sulle
donazioni
Comm.
12/02/2009
30
trust di famiglia
Trib. Prov.
6% imposta
rigetto tesi ufficio -
donazione sottoposta
di donazione
imposta di registro in
a condizione
misura fissa
sospensiva
franchigie non
rigetto tesi ufficio -
beneficiari indicati in
riconosciute
riconoscimento
maniera specifica
franchigie
tramite atto
Firenze
Comm.
11/03/2009
40/04/09
trust di famiglia
Trib. Prov.
Savona
successivo
Comm.
30/04/2009
47/1/09
trust di garanzia
Trib. Prov.
imposta di donazione in
rigetto tesi ufficio -
donazione sottoposta
misura proporzionale
imposta di registro in
a condizione
Treviso
Comm.
30/04/2009
48/1/09
trust di garanzia
Trib. Prov.
misura fissa
sospensiva
imposta di donazione in
rigetto tesi ufficio -
donazione sottoposta
misura proporzionale
imposta di registro in
a condizione
Treviso
Comm.
11/06/2009
481/15/09
misura fissa
sospensiva
patrimonio
8% imposta di donazio-
rigetto tesi ufficio -
donazione sottoposta
Trib. Prov.
destinato a uno
ne
imposta di registro in
a condizione
Caserta
specifico affare
misura fissa
sospensiva
------------------------------------------1
La presente tabella, predisposta e curata dall’Avv. Vincenzo Safiotti, è pubblicata sul sito dell’Associazione
Il Trust in Italia, www.il-trust-in-italia.it, nell’area Giurisprudenza Tributaria ove sono altresì presenti e consultabili i testi integrali delle sentenze.
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97
Appendice giurisprudenziale
Comm.
patrimonio
8% imposta
rigetto tesi ufficio -
donazione sottoposta
Trib. Prov.
destinato a uno
di donazione
imposta di registro in
a condizione
Caserta
specifico affare
misura fissa
sospensiva
Comm.
11/06/2009
patrimonio
8% imposta
rigetto tesi ufficio -
donazione sottoposta
Trib. Prov.
destinato a uno
di donazione
imposta di registro in
a condizione
Caserta
specifico affare
misura fissa
sospensiva
Comm.
11/06/2009
482/15/09
patrimonio
8% imposta di
rigetto tesi ufficio -
donazione sottoposta
Trib. Prov.
destinato a uno
donazione
imposta di registro in
a condizione
Caserta
specifico affare
misura fissa
sospensiva
Comm.
11/06/2009
483/15/09
14/10/2009
484/15/09
95/1/09
non si evince
Trib. Prov.
ipo-catastali in misura
rigetto tesi ufficio -
il trust è assimilabile
proporzionale
imposte in misura fissa
non ad una
Treviso
donazione ma ad un
fondo patrimoniale
imposta di donazione in
accoglie l'appello e
disconosce il trust:
Trib. Reg.
misura proporzionale -
applica il 3% ex art. 9,
mancano tutti gli
Roma-
in primo grado era stata
tariffa parte prima,
elementi per
Latina
riconosciuta l'imposta
d.P.R. 131/1986
l'individuazione di un
Comm.
20/10/2009
649/39/09
non si evince
fissa
negozio fiduciario e
del trust
Comm.
30/10/2009
120/02/09
trust di garanzia
Trib. Prov.
8% imposta
rigetto tesi ufficio -
manca lo spirito di
di donazione
imposta di registro in
liberalità e
misura fissa
l'arricchimento
3% - art. 9 tariffa, parte
rigetto tesi ufficio -
no donazione, ma
prima, d.P.R. 131/1986
imposta di registro in
atto non avente ad
misura fissa
oggetto prestazioni
Bologna
Comm.
22/12/2009
732/40/09
non si evince
Trib. Reg.
RomaLatina
a contenuto
patrimoniale
Comm.
13/01/2010
4
trust di famiglia
Trib. Prov.
revoca di 4 delle
rigetto tesi ufficio -
i destinatari del tra-
5 franchigie
riconoscimento delle
sferimento in trust
franchigie
sono i beneficiarii e
Bergamo
non il trustee
trust autodi-
8% imposta
accoglie la tesi
disponente anche
Trib. Prov.
chiarato tipo
di donazione
dell'ufficio
trustee e beneficiario
Milano
fondo
insieme ad altri
patrimoniale
ciò comporta
Comm.
31/05/2010
79/7/2010
l'applicazione
dell'aliquota residuale
Comm.
Trib. Prov.
Pesaro
09/08/2010
287/01/10
trust liquidatorio 8% imposta
di donazione
rigetto tesi ufficio -
manca l'animus
imposta di registro in
donandi e l'arricchi-
misura fissa
mento del trustee e
dei beneficiarii
98
© Cesi Multimedia
Appendice giurisprudenziale
Comm.
21/09/2010
75/2010
trust liquidatorio ipo-catastali in misura
proporzionale
Trib. Reg.
rigetto tesi ufficio -
trasferimento al
imposte in misura fissa
trustee “atto
Venezia-
particolare" che non
Mestre (v.
rientra tra quelli da
sentenza
assoggettare ad
appellata
imposta proporzionale, ma in misura fissa
sopra n. 5)
Comm.
21/09/2010
76/2010
non si evince
ipo-catastali in misura
rigetto tesi ufficio -
trasferimento al
Trib. Reg.
(impresa che
proporzionale
imposte in misura fissa
trustee "atto
Venezia-
trasferisce
particolare" che non
Mestre (v.
l'azienda in
rientra tra quelli da
sentenza
trust)
assoggettare ad
appellata
imposta proporziona-
sopra n. 6)
Comm.
le, ma in misura fissa
07/10/2010
280
trust di famiglia
4% in quanto i
rigetto tesi ufficio -
trasferimento al
Trib. Prov.
beneficiarii sono i figli
imposte in misura fissa
trustee: atto
Genova
nascituri del disponente
sottoposto a
condizione
sospensiva
Comm.
08/10/2010
465
non si evince
Trib. Prov.
ipo-catastali in misura
rigetto tesi ufficio -
non si è in presenza
proporzionale
imposte in misura fissa
di una effettiva
Salerno
ed attuale
configurazione
traslativa
Comm.
25/10/2010
108/9/10
trust di famiglia
Trib. Prov.
6% imposta
rigetto tesi ufficio -
donazione sottoposta
di donazione
imposta di registro in
a condizione sospen-
misura fissa
siva
rigetto tesi ufficio -
no vincolo di
imposta di registro in
destinazione, manca
Treviso
Comm.
26/10/2010
88/04/10
trust liquidatorio 8% imposta
Trib. Reg.
di donazione
Milano (v.
misura fissa
l'animus donandi e
sentenza
l'arricchimento del
appellata
trustee e dei
sopra n. 2)
Comm.
beneficiarii
26/10/2010
96/4/10
trust liquidatorio 8% imposta di donazio-
Trib. Reg.
ne
Milano
rigetto tesi ufficio -
no vincolo di destina-
imposta di registro in
zione, manca l'ani-
misura fissa
mus donandi e l'arricchimento del tru-
stee e dei beneficiarii
Comm.
06/12/2010
Trib. Prov.
Forlì
196
trust di garanzia
8% imposta
dichiara estinzione del
difetto di
di donazione
giudizio per cessata
legittimazione
materia del contendere
passiva in quanto
l'avviso di
liquidazione era stato
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99
Appendice giurisprudenziale
notificato al
disponente anziché
al Trust
Comm.
26/01/2011
35/01/11
non si evince
Trib. Prov.
ipo-catastali in misura
rigetto tesi - imposte in
aspettativa giuridica
proporzionale
misura fissa
del beneficiario -
Perugia
condizione
sospensiva
Comm.
04/02/2011
16
trust di garanzia
Trib. Reg.
8% imposta
rigetto tesi - imposte in
manca l'animus
di donazione
misura fissa
donandi e il
trasferimento di
Bologna
ricchezza
Comm.
25/02/2011
14/01/2011
Trib. Prov.
trust di famiglia
imposta registro e ipo-
rigetto tesi - imposte in
non si verifica alcun
autodichiarato
catastali in misura pro-
misura fissa
trasferimento / in-
Treviso
porzionale
cremento di ricchezza, ma mera prenotazione di evento finale
sospensivo e condizionante
Comm.
04/04/2011
60/2/11
trust liquidatorio ipo-catastali in misura
Trib. Prov.
proporzionale
rigetto tesi - imposte in
il trust ha finalità
misura fissa
liquidatorie, il
Lodi
beneficiario ha solo
una aspettativa
giuridica e quindi un
diritto sottoposto
a condizione
sospensiva
Comm.
09/06/2011
70/13/11
trust di famiglia
Trib. Prov.
registro e ipo-catastali
rigetto tesi - registro e
assenza di intento
in misura proporzionale
ipocatastali in misura
liberale nei confronti
Torino
fissa
del trustee, piuttosto
il trust è assimilabile
al fondo patrimoniale
imposta registro 3% ex
rigetto tesi - imposta in
assenza di
Trib. Reg.
art. 9 tariffa d.P.R.
misura fissa
accrescimento
Roma-
131/1986
Comm.
Latina
29/09/2011
709/39/11
non si evince
patrimoniale del
trustee e
del beneficiario
100
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ãçåçÖê~Ñá~======
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