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"Il feticcio nero" (racconto horror)

Affido questi miei pensieri vergati con mano disperata a queste carte. So che ormai è inevitabile soccombere e che non mi resta che sperare solo nell'umana pietà e compassione che si riserva a coloro che ormai sono prossimi alla pazzia. Chi troverà questo resoconto potrà scegliere se appellarmi come pazzo e demente, ormai privo del prezioso dono dell'intelletto che ci distingue dai bruti oppure visionare con i suoi propri occhi se quanto narrerò non sia la più orrida storia. Ma lasciate che cominci dall'inizio. Qualche mese fa, a seguito della morte di un mio parente, entrai in possesso di un'ingente somma di denaro, lasciatami come eredità. Chi è avvezzo ai piaceri del mondo saprà quanto eventi del genere peggiorino un'indole già compromessa di suo nella tendenza alla cupidigia e quanto molto frequentemente, maneggiando una grossa somma di denaro guadagnata senza sforzo alcuno, ci si ritrovi rovinati e impoveriti nel giro di qualche settimana, vittime della febbre degli acquisti compulsivi. E io non feci eccezione. Non erano neanche passate 24 ore da quando avevo parlato col notaio, che già avevo scialacquato i primi soldi nell'acquisto di una redingote alla moda, di un blu scuro, con gilet della medesima tinta, cravatta colorata, pantaloni a tubo e cappello a cilindro. Tutte cose superflue delle quali avrei potuto fare a meno, ma che servirono a fare colpo, attirando lo sguardo di vezzose signorine di strada (e non dei quartieri bassi) che subito mi adescarono, ondeggiando nella tournure in modo eccessivamente vistoso, per attirare il mio occhio su quelle parti muliebri che solo per decenza non nomino. Ero ricco, e tutto questo senza aver mosso un dito né faticato; ero ben vestito ed ero stato subito soddisfatto da meretrici di classe (e non quelle cenciose che si accompagnano a scapestrati e vagabondi!). Un 1

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