CENTRO DI STUDI FILOLOGICI E LINGUISTICI SICILIANI
BOLLETTINO
SUPPLEMENTI
21
P ALER M O
201 8
CAPITOLI DI MORFOSINTASSI
DELLE VARIETÀ ROMANZE D’ITALIA:
TEORIA E DATI EMPIRICI
a cura di
Annamaria Chilà e Alessandro De Angelis
P ALERM O
2018
Volume pubblicato con il contributo dell’Assessorato Regionale dei
Beni Culturali e dell’Identità Siciliana
Capitoli di morfosintassi delle varietà romanze d’Italia : teoria e dati empirici / a cura di
Alessandro De Angelis, Annamaria Chilà. - Palermo : Centro di studi filologici e linguistici
siciliani, 2018.
(Bollettino / Centro studi filologici e linguistici siciliani. Supplementi ; 21)
ISBN 978-88-96312-90-2
1. Lingue neolatine – Sintassi – Italia.
I. De Angelis, Alessandro <1972>.
II. Chilà, Annamaria <1984->.
455 CCD-23
SBN Pal0311490
CIP - Biblioteca centrale della Regione siciliana “Alberto Bombace”
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
© 2018 CENTRO DI STUDI FILOLOGICI E LINGUISTICI SICILIANI - PALERMO
Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani
MORFOMI SOMMERSI IN PANTESCO
O DELL’ARTE DI ARRANGIARSI IN MORFOLOGIA*
1. Introduzione
L’«arte di arrangiarsi» di cui al titolo pertiene alla morfologia come
disciplina e alle sue procedure analitiche, non alla morfologia in quanto
componente di struttura come invece ad es. il ‘ciarpame’, «junk», nel
celebre titolo di Lass (1999). Ne faremo uso in relazione all’analisi della flessione verbale del dialetto di Pantelleria, che condurremo con il
metodo della morfologia autonoma, richiamato pro memoria con i tre
schemi di partizione morfomica in (1).
Un’ampia mole di studi, nel quadro della morfologia autonoma, a
partire da Maiden (1992), ha mostrato la pertinenza, per lo studio della
flessione verbale romanza, di «classi di partizione morfomica» (Maiden
* Il lavoro è parte del progetto di ricerca “Linguistic morphology in time and space (LiMiTS)” (Sinergia [SNF CRSII1_160739]) finanziato dal Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca Scientifica. Le inchieste sul campo (svolte a più riprese tra 2009 e 2017) sono state cofinanziate dal programma “Sprache und Raum (SpuR)” e dal Romanisches Seminar dell’Università di Zurigo. Grazie a Giovanni Ruffino per i primi contatti sull’isola, a Paola Fatini e Anna
Rosa D’Ancona per l’aiuto insostituibile nelle inchieste ed a tutti gli amici panteschi per il tempo dedicatoci e la pazienza con cui hanno risposto alle nostre domande. Grazie infine per gli
spunti di discussione ai presenti al 13° Cambridge Italian Dialect Syntax-Morphology Meeting
(Messina, luglio 2018) e a Marcello Barbato, Federica Breimaier, Alberto Giudici, Alice Idone
e Anna M. Thornton per le preziose osservazioni a una prima versione dello scritto. Una prima
tappa nel percorso che ha condotto a questo saggio è costituita dalla tesi di Kägi (2016), mentre
la responsabilità del presente lavoro è così suddivisa: a M.L. sono da ascriversi i §§ 2 e 4, a
N.K. i §§ 5 e 6, a F.G. i §§ 1 e 3. I dati raccolti sul campo sono presentati in trascrizione fonetica IPA, mentre quelli citati dal dizionario di Tropea (1988) sono riportati, con minimi adattamenti, nella grafia originaria.
274
Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani
(1) Distribuzioni dell’allomorfia radicale (Maiden [1995, 2003, 2004, 2005,
2011]):
1SG
2SG
3SG
1PL
2PL
30L
pres_ind
1SG
2SG
3SG
1PL
2PL
3PL
pres_cong
1SG
2SG
3SG
1PL
2PL
3PL
pres_ind
‘a U’
1SG
2SG
3SG
1PL
2PL
3PL
pres_cong
c. ‘a N’
1SG
2SG
3SG
1PL
2PL
3PL
pres_ind/cong
a.
‘a L’
b.
[1995, 2003, 2005, 2011]; la nozione di «morfoma» si deve ad Aronoff
[1994]) quali quelle schematizzate in (1). Esse articolano il paradigma
in collezioni di celle che, pur insorte in diacronia per mutamento fonologico (v. (2a-c), dove si riportano le cause fonologiche originarie di
(1a-c), rispettivamente), se ne sono discostate e sono dunque in sincronia irriducibili a regolarità fonologiche, così come d’altra parte non sono riconducibili a fattori morfosintattici:
(2) Origine in diacronia degli schemi L, U, N (Maiden [2003, 2005: 146-158, 2011:
223]):
a. ‘effetto yod’: p.es. it. ant. vegno < lat. venio, in relazione allomorfica con
vieni, venite etc.;
b. palatalizzazione/affricazione delle consonanti velari: p.es. it. pun[dʒ]e <
lat. pun[g]it, in relazione allomorfica con pun[g]o;
c. differenziazione qualitativa fra vocali toniche ed atone (> alternanze allomorfiche condizionate accentualmente): p.es. it. vieni ≠ venite.
Tali schemi morfomici, puramente morfologici, influiscono sul mutamento mostrando così di costituire principi organizzativi del paradigma flessivo, in particolare verbale1. Le partizioni morfomiche manifestate dalla distribuzione dell’allomorfia radicale sono in genere riconoscibili in base all’ispezione complessiva del paradigma verbale e richiedono quindi un sistema di tempi/modi sufficientemente articolato. Così,
1 Cfr. tuttavia Maiden (1997: 53-55) per la distribuzione morfomica dell’allomorfia radicale nel paradigma della classe flessiva carte/cărţi ‘libro/-i’ (NOM /ACC) cui appartengono molti
nomi femminili in rumeno, lingua la cui flessione bicasuale consente una tale diagnosi di morfomicità (cărţi è anche il GEN /DAT singolare e dunque l’allomorfo radicale cărţ- non può essere
associato ad un valore univoco, né di caso né di numero). Nelle altre lingue romanze odierne, al
contrario, eventuali allomorfie nel nome (ad es. amico/amici) sono forzatamente allineate al valore del numero risultando così morfosintatticamente motivate e pertanto non morfomiche.
Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia
275
l’accertamento della ricorrenza, in una determinata varietà, del cosiddetto ‘schema N’ («N-pattern», (1c)) richiede che il sistema annoveri
un presente indicativo (condizione dovunque adempiuta) ovvero un
presente congiuntivo (v. Maiden [2011: 255]) da confrontare con il resto dei tempi e modi. Si ha infatti un tale schema se tutte le celle del
singolare e la sola III plurale (del presente indicativo, del presente congiuntivo o, eventualmente, di ambedue come in italiano, v. (3)) ospitano un allomorfo radicale x, distinto da un altro allomorfo y, ricorrente
nei restanti tempi e modi:
(3) Schema N per suppletivismo nell’it. ANDARE (Maiden [2018b: 194])
1SG
2SG
3SG
1PL
2PL
3PL
… altri tempi e modi…
vado
vai
va
andiamo
andate
vanno
pres_ind
vada
vada
vada
andiamo
andiate
vadano
pres_cong
… altri tempi e modi…
Similmente, per la diagnosi degli schemi di partizione morfomica L
ed U si richiede l’ispezione contestuale dei paradigmi del presente indicativo e del presente congiuntivo: «The label ‘L-pattern’ stands for a
distribution such that a distinctive form is shared, uniquely, by the whole of the present subjunctive together with the first person singular present indicative» (Maiden [2018b: 84]).
Il nostro lavoro s’inquadra in un filone recente in cui questa metodologia viene applicata all’analisi in dettaglio di singoli sistemi dialettali italo-romanzi in base a dati di prima mano (v. Loporcaro [2012b,
2013]; Ricca [2017]). La questione di fondo che poniamo è se sia possibile diagnosticare l’esistenza entro un sistema dialettale dello schema L
o U anche in assenza del presente congiuntivo.
Al § 2, menzionati i cenni al siciliano nella bibliografia recente sulla
flessione verbale romanza, si attingeranno agli studi sul siciliano antico
esempi di schema L. Un breve inquadramento del pantesco (§ 3) introdurrà quindi la discussione della flessione verbale in tale dialetto (§ 4),
del tutto privo di attestazioni prenovecentesche. Al § 5, infine, saranno
tematizzate le lacune – vere o solo presunte, da sempre esistenti ovvero
dovute alla perdita di forme verbali in diacronia – entro tale sistema
verbale, per giungere alla ricostruzione dello schema di partizione morfomica L il quale, benché non osservabile attualmente, è – si mostrerà –
ricostruibile per una fase passata di questo dialetto.
276
Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani
2. Prodromo: il siciliano antico e moderno negli studi sulla flessione
verbale romanza
Com’è noto, la mancanza del presente congiuntivo caratterizza la
fase moderna della generalità dei dialetti del Mezzogiorno, per i quali,
volendo studiare la morfologia del presente congiuntivo, bisogna ricorrere alle attestazioni antiche. In effetti, se si sfoglia Maiden (2018b) –
la cui ricchissima rassegna verte in larga misura sulle varietà dialettali
moderne (v. Maiden [2018b: 36]) – alla ricerca di discussioni relative a
dialetti italo-romanzi odierni, si vede che il siciliano vi è citato a vario
proposito, ad es. per i perfetti forti del tipo kritti (p. 67), per le doppie
forme di participio (chiusu/chiurutu, cap. 7), o per lo schema N (al cap.
6; v. Maiden [2018b: 205]):
(4) a. replica dello schema N: suppletivismo di DARE nel dialetto di Acàte (prov.
di Ragusa; Leone [1980:142])
1SG
2SG
3SG
1PL
2PL
3PL
ˈruɲːu
ˈru(ːni)
ˈruːna
ˈramːu
ˈraːti
ˈruːnunu
pres_ind
b. replica dello schema N: suppletivismo di AFFLARE nel dialetto di Acàte
(Leone [1980: 39])
1SG
2SG
3SG
ˈtrwoːvu ˈtrwoːvi ˈtrɔːva
1PL
2PL
3PL
ˈʃaːmu
ˈʃaːti
ˈtrɔːvunu
pres_ind
Nessuna menzione di dialetti siciliani ricorre, invece, nel cap. 5 dedicato a «The L-pattern and the U-pattern»2. Nel siciliano medievale,
d’altra parte, lo schema L è bene attestato, come mostrano gli esempi in
(5), tratti dal classico saggio sulla morfologia verbale nel volgare antico
di Leone / Landa (1984: 47s., 78s.).
(5) Schema L nei verbi fari e potiri in siciliano antico:
1SG
2SG
3SG
1PL
2PL
faczu
fai
fa
fachimu
fachiti
facza
faczi
facza
faczamu
faczati
3PL
fanu
fàczanu
a.sic. fari
pres_ind
pres_cong
2 Per inciso, per il lettore non familiare con questi aspetti di teoria morfologica, sottolineiamo che i dati siciliani in (4) – così come quelli italiani in (3) – danno un’idea di cosa s’intenda per autonomia di questi principi di organizzazione del paradigma morfologico. Come visto
in (2c), l’origine dello schema N – così come quella degli altri schemi morfomici – è fonologica, risalendo tali allomorfie all’alternanza vocalica tra forme rizotoniche e rizoatone; il suo replicarsi in paradigmi suppletivi come (3) e (4), tuttavia, alla fonologia non è in alcun modo riconducibile.
Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia
277
1SG
poczu
2SG
poi
3SG
po(ti)
1PL
putimu
2PL
putiti
3PL
pòtinu
a.sic. putiri
pres_ind
pocza
poczi
pocza
puczamu
puzati
pòczanu
pres_cong
Ciò è stato tematizzato nello studio, omologo al nostro per strumentario analitico, sulla lingua del Rebellamentu primo-trecentesco ad opera di Barbato (2007: 168), donde è tratto lo schema (6).
(6) Schema L nei verbi con tema in velare (Barbato [2007: 168])
1SG
2SG
3SG
1PL
dichdic-
2PL
3PL
a.sic. diri
pres_ind
pres_cong
Tornando al citato cap. 5 di Maiden (2018b), l’unico dialetto meridionale ivi menzionato è il napoletano, proprio per l’ampia documentazione in antico del congiuntivo presente che permette a Maiden (2018b:
98s.) di affiancare al moderno ˈmɛkːə ‘metto’ l’ant. napol. mecca ‘metta’ sulla scorta di Ledgeway (2009: 377-380) il quale, come già Formentin (1998: 361s.), raduna forme di congiuntivo di verbi irregolari
che permettono di individuare per molti verbi una distribuzione a L dell’allomorfia radicale.
La soluzione del giallo, dunque, il lector in fabula la possiede già, e
la conclusione della nostra dimostrazione è, dal punto di vista dei dati
empirici, scontata, in quanto sarebbe fallace ogni ricostruzione che pervenisse a risultati incompatibili con quanto risulta dall’indagine delle
attestazioni antiche di una data lingua3. Rovinata così la suspense, lo
studio che proponiamo vale piuttosto come indicazione di metodo circa, appunto, l’arte di arrangiarsi dato un quadro di documentazione sfavorevole, strettamente limitato alla sincronia.
3. Il pantesco
Il nostro studio riguarda una varietà del tutto priva di documentazione antica, il pantesco, parlato a Pantelleria, isola di ca. 7.700 abitanti sita a 95 km dalla costa della Sicilia e 67 da quella tunisina. Dati su que3 Sulla gerarchia delle fonti di prova in linguistica diacronica e sulla primazia fra di esse
della prospezione documentaria v. Loporcaro (2015: 133-137).
278
Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani
sto dialetto sono disponibili soltanto a partire dal Novecento: fonte (edita) principale è il vocabolario con ampia introduzione grammaticale di
Tropea (1988) 4. Presenteremo qui la morfologia verbale pantesca in base ai dati registrati in Tropea (1988: LXXVII-XCIV) e Kägi (2016) (questi
ultimi frutto delle inchieste sul campo di cui alla nota introduttiva), per
poi concentrarci sulla questione dello schema L.
Il pantesco è un oggetto di ricerca affascinante, in particolare per la
linguistica del contatto. Pantelleria subì la conquista araba un secolo
abbondante prima della Sicilia mentre la riconquista normanna è solo
del 1221, ossia di un secolo e mezzo posteriore a quella della Sicilia.
Parlanti arabo, nell’interno dell’isola, si trovavano ancora durante il
Seicento (v. Bresc [1986, II: 623, nota 177]; Cremona [1994: 290, nota
7]; Brincat [2003: 98]). In conseguenza dunque di queste circostanze
storiche, l’impatto del contatto con l’arabo è forte in ogni ambito strutturale, dal lessico (gli arabismi – ben documentati da Tropea [1988] –
vi sono più numerosi che non i già molti del siciliano) alla fonologia,
dove ad es. gli arabismi possono mantenere la fricativa laringale, altrove sempre adattata in k o f: ad es. mahaˈluɟːʊ ‘cotone grezzo di scarto’
(Tropea [1988: 150]) < ar. mahlūǧ ‘pulito’ (Pellegrini [1972: 481]). Effetti visibili di tale contatto si riscontrano anche nella morfologia verbale, dove il piucchepperfetto (indicativo) è calcato notoriamente sull’arabo presentandosi – caso unico nella Romània – come perifrasi verbale
composta di due forme finite anziché di ausiliare e participio 5:
(7)
1SG
2SG
3M.SG
3F.SG
Piucchepperfetto
a. maltese
b. pantesco
ˈɛːra ˈskrisːɪ
kont ktibt
kont ktibt
ˈɛːra skriˈvistɪ
kien kíteb
ˈɛːra ˈskrisːɪ
kienet kítbet
ˈɛːra ˈskrɪsːɪ
Brincat (2003: 104)
‘avevo scritto’
‘avevi scritto’
‘aveva scritto’
4 Molti altri lavori hanno poi trattato del pantesco in base a quei dati, mentre ulteriori dati
di prima mano sono addotti in Loporcaro / D’Ancona / Fatini (2010), Loporcaro (2012a) e Kägi
(2016). Precedenti rispetto a Tropea (1988), gli unici altri studi di prima mano sul pantesco sono le tesi inedite di Valenza (1936-1937) (citata in Tropea [1988: X]), D’Ancona (1966-1967) e
Fatini (1998-1999) (le ultime due di taglio lessicografico-etnografico).
5 In realtà, sia alcuni dei nostri informatori (per il centro di Pantelleria) sia alcuni degli
esempi nella fraseologia del lessico di Tropea (1988) presentano ricorrenze del piucchepperfetto panromanzo: makári avía putútu kkattári tuttikósa! ‘magari avessi potuto comprare tutto!’
(Tropea [1988: 150], s.v. makári). Alcuni informatori da noi intervistati, specie delle frazioni
rurali, rigettano affatto queste forme, che potrebbero esser state riprese secondariamente dal siciliano comune.
Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia
279
La formazione araba del piucchepperfetto – esemplificata in (7a)
con il maltese 6 – consiste di due forme ambedue flesse per persona, numero e genere, la seconda del verbo lessicale (passato perfettivo), la
prima dell’ausiliare kaˉna ‘essere’ (passato imperfettivo). In pantesco la
differenza aspettuale è calcata con l’uso rispettivamente del perfetto del
verbo lessicale preceduto dall’imperfetto dell’ausiliare, quest’ultimo
però fissato in una forma originariamente di 3sg non più flessa per persona/numero.
4. La flessione verbale del pantesco
Con ciò siamo dunque passati a parlare della flessione verbale del
pantesco il quale, come vedremo, benché così esposto al contatto con
l’arabo, mantiene nell’ambito della distribuzione dell’allomorfia radicale nel verbo una fisionomia pienamente romanza7. In (8) si riporta il paradigma del presente indicativo della flessione verbale regolare dei verbi di I coniugazione (in questo schema e nei successivi si omette il
piucchepperfetto, formato sempre come ora visto in (7))8.
Degli irregolari in -aːrɪ si dirà commentando (11c). Messi da parte
questi, l’unica altra deviazione notevole dallo schema (8) si riscontra
alla 3pl del presente indicativo dei verbi formati col suffisso -iˈaːrɪ (risa6 Il maltese – il cui statuto sociolinguistico è di lingua a sé stante e che (fatto anch’esso
ben noto) è venuto a divergere profondamente dai restanti dialetti arabi per lessico (d’origine
romanza per oltre il 50%, mentre la componente semitica ereditaria vi è ridotta a un 32%: Brincat [2011: xxxv]) e grammatica – è citato qui, sulla scorta di Brincat (1977), come il rappresentante delle varietà arabe più vicino per vicenda storica al pantesco.
7 L’osservazione, data la pervasività del contatto, non è oziosa, come mostra – da altro ramo della Romània – l’inappuntabile confutazione ad opera di Maiden (2018a) delle presunte
motivazioni slave della distribuzione dell’allomorfia radicale nel verbo rumeno suggerite da Elson (1994, 1999, 2017).
8 Le trascrizioni, a partire dai dati in (7b), adottano per la notazione delle vocali alte un
criterio convenzionale: si trascrivono i u le vocali protoniche e toniche, ɪ ʊ le postoniche. Questo criterio “ritaglia” l’ampio spettro di variazione effettivamente osservato (per cui le toniche
oscillano fra i ɪ e u ʊ, le postoniche fra i ɪ e e u ʊ o), tenendo conto dell’asimmetria nei giudizi
di grammaticalità forniti da alcuni parlanti (nati dagli anni Ottanta in poi), per i quali l’atona
protonica è sempre alta ma la postonica è medioalta (ad es. muˈviste ‘muovesti’, mai *mo-). Si
noti che questa tendenza pare più una ricerca di assetto stabile – comunque subfonematico, in
quanto né in protonia né in postonia si ha (o si crea) opposizione – entro la variazione ereditata
(resa nelle trascrizioni di Tropea sempre con la soluzione “siciliana”: ad es. sintísti ‘sentisti’,
Tropea [1988: LXXXVII]) – che non il frutto di un adeguamento all’italiano, poiché se in alcuni
casi produce convergenza con lo standard, in altri (in presenza di -i desinenziali dello standard)
produce invece divergenza: v. ad es. il presente – per questi parlanti – ˈmɔːvo ‘muovo’, ˈmɔːve
‘muovi = muove’, o il perfetto ˈpɛrse ‘persi = perse’.
280
Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani
(8) Flessione regolare: I classe (kanˈtaːrɪ)
pres_ind
1SG
2SG
3SG
1PL
2PL
3PL
ˈkantʊ
ˈkantɪ
ˈkanta
kanˈtaːmʊ
kanˈtaːtɪ
ˈkantɪnʊ
kanˈtaːmʊ
kanˈtaːtɪ
kanˈtaːva
kanˈtamːʊ
kanˈtavːʊ
kanˈtaŭ
kanˈtamːʊ
kanˈtastɪvʊ kanˈtaːrʊ
kanˈtasːɪmʊ
kanˈtasːɪvʊ
ˈkanta
imper
impf_ind
kanˈtaːva
kanˈtaːvɪ
perf_semp
kanˈta((v)i) kanˈtastɪ
impf_cong
kanˈtasːɪ
ger
kanˈtanːʊ
inf
kanˈtaːrɪ
part_pass
kanˈtaːtʊ
kanˈtanːʊ
kanˈtasːɪrʊ
lente al lat. -IDIARE, a sua volta d’origine greca, affisso produttivamente
a basi di varia provenienza, come nel grecismo nakuliˈaːrɪ ‘dondolare’ o
nell’arabismo taliˈaːrɪ ‘guardare’), suffisso che diversamente che in altri
dialetti meridionali non diviene ampliamento flessivo nelle celle N del
paradigma e dunque non crea – come invece spesso accaduto nel Mezzogiorno – una sottoclasse flessiva entro la I coniugazione. Tuttavia, la
conformazione fonetica del suffisso, se nelle rimanenti persone genera
semplicemente uno iato, nella 3pl può variabilmente far sorgere geminazione di -n- per assorbimento di tale iato (v. per questa formazione
del presente Tropea [1988: LXXXII]; ulteriori terze plurali di questo tipo
sono elencate a p. XXVIII):
(9) Flessione del presente dei verbi di I classe in -iˈaːrɪ (es. vuʃɪˈaːrɪ ‘gridare’):
pres_ind
1SG
2SG
3SG
1PL
2PL
3PL
vuˈʃiʊ
vuˈʃiɪ
vuˈʃia
vuʃiˈaːmʊ
vuʃiˈaːtɪ
vuˈʃiinʊ/vuˈʃinːʊ
La stessa geminazione per riduzione di iato si ha nell’imperfetto indicativo di tutti i verbi. Come in quel caso, anche nel presente dei verbi
in -iˈaːrɪ si tratta di una particolarità riducibile alla fonologia e dunque
non tale da configurare allomorfia con conseguente irregolarità flessiva.
In (10) si riporta il paradigma della flessione verbale regolare dei verbi
della II macroclasse 9:
9 Per il concetto di macroclasse flessiva e la sua applicazione al sistema verbale dell’italiano v. Dressler / Thornton (1991).
Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia
281
(10) Flessione regolare: II macroclasse (ˈbːatːɪrɪ ‘battere’ = ˈviːvɪrɪ ‘bere’, ˈpartɪrɪ
‘partire’ ≠ pjaˈʃiːri ‘piacere’)
pres_ind
1SG
2SG
3SG
1PL
2PL
3PL
ˈbːatːʊ
ˈbːatːɪ
ˈbːatːɪ
bːaˈtːɛːmʊ
bːaˈtːiːtɪ
ˈbːatːɪnʊ
bːaˈtːɛːmʊ
bːaˈtːiːtɪ
ˈbːatːɪ
imper
impf_ind
bːaˈtːiːa
bːaˈtːiːe
bːaˈtːiːa
bːaˈtːimːʊ
bːaˈtːivːʊ
bːaˈtːinːʊ
perf_semp
bːaˈtːi(e),
bːaˈtːe
bːaˈtːistɪ
bːaˈtːiːʊ
bːaˈtːimːʊ
bːaˈtːistɪvʊ
bːaˈtːeːrʊ
bːaˈtːisːɪmʊ
bːaˈtːisːɪvʊ
bːaˈtːisːɪrʊ
impf_cong
bːaˈtːisːɪ
ger
bːaˈtːɛnːʊ
inf
ˈbːatːɪrɪ
part_pass
bːaˈtːuːtʊ
Come in generale nel Meridione, la II macroclasse è qui ancor più
compatta che nel toscano. L’unica differenza residua fra i verbi regolari
risalenti alla II, III e Iv coniugazione latina sta nell’accento dell’uscita
dell’infinito -ˈiːrɪ /ˈ-ɪrɪ. Per il resto il tipo pjaˈʃiːrɪ e il tipo ˈviːvɪrɪ ‘vivere’ (ˈpartɪrɪ ‘partire’, ˈnɛʃːɪrɪ ‘uscire’, etc.) si flettono esattamente allo
stesso modo. Ciò è vero anche, fra i corrispettivi italiani, per piacere/battere, mentre fra questi e partire, pur fra le molte convergenze, restano un maggior numero di distinzioni flessive ( piacete ≠ partite, piacevo ≠ partivo, piacesse ≠ partisse, etc.).
La II macroclasse presenta inoltre, come in italiano, verbi con ampliamento tematico, risalente al suffisso -SCO, nelle celle N del solo
presente indicativo e imperativo (Kägi [2016: 51]):
(11) Flessione regolare con ampliamento tematico: II macroclasse ( fiˈniːri ‘finire’)
1SG
2SG
3SG
1PL
2PL
3PL
pres_ind
fiˈniʃːʊ
fiˈniʃːɪ
fiˈniʃːɪ
fiˈnɛːmʊ
fiˈniːtɪ
fiˈniʃːɪnʊ
imper
fiˈniʃːɪ
fiˈnɛːmʊ
fiˈniːtɪ
L’infinito di questi ultimi è sempre rimasto parossitono (contrariamente al resto dei verbi già in -īRE: v. ad es. ˈgraːpɪrɪ ‘aprire’), come nota, nella sua trattazione dell’oscillazione dell’accento nell’infinito nei
dialetti siciliani, Leone (1980: 29ss.) delimitando l’insieme dei verbi
(risalenti in parte alla II e in parte alla Iv coniugazione latina) che mantengono l’accentazione piana: «Costante appare l’accento sulla penultima (oltre che, ovviamente, sui bisillabi: jiri, riri ‘dire’) in verbi come
282
Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani
aviri, putiri, vuliri, sapiri, e in tutti quegli altri che (al pari di un gruppo
di verbi della terza coniugazione italiana) hanno al presente la forma incoativa» [ovvero, l’ampliamento tematico -iʃː-]10.
Rispetto a questa lista, in pantesco il manipolo dei verbi non di I coniugazione rimasti parossitoni si è ulteriormente eroso perdendo ˈpɔːtɪrɪ. Si noti che questa recessività del tipo -íri ha un legame indiretto con
le dinamiche di acquisizione della morfologia verbale pantesca descritte da Tropea (1988: XCIV), il quale registra all’opposto nel pantesco infantile «lo spostamento d’accento dell’infinito di verbi in -iri [mittíri
‘mettere’, pirdíri ‘perdere’, vivíri ‘bere’, kridíri ‘credere’ […] (contro
méttiri, pérdiri, víviri, krídiri […] del linguaggio degli adulti)]». Questa
dinamica conferma comunque la debolezza dell’opposizione fra le due
classi, distinte solo per l’accento di quest’unica forma flessa.
Leone (1980) considera inoltre -iri l’esponente di una classe unica,
non attribuendo dunque alla differenza tra forme rizoatone e rizotoniche, per i verbi regolari, rilevanza ai fini dell’allomorfia: quest’ultima è
invece la soluzione prescelta ad es. per l’italiano standard da Thortnon
(2007), che sulla scorta di Dressler / Thornton (1991) ammette due basi
distinte anche per il presente dei verbi regolari italiani.
Gli schemi di partizione morfomica in (1) s’inseriscono in un quadro più ampio, quello definito dalla distribuzione delle basi nello spazio
paradigmatico, retta – nelle lingue romanze – da regolarità del tipo sintetizzato per l’italiano nello schema in (12) (da Pirrelli / Battista [2000];
B sta per base e i diversi indici distinguono basi fra loro distinte in almeno un paradigma).
Per arrivare a questa sintesi, è utile distinguere in prima istanza fra i
verbi moderatamente e quelli altamente irregolari. In (13a) si riporta la
lista degli 8 verbi altamente irregolari dell’italiano (v. Pirrelli / Battista
[2000: 338]).
Nei dialetti italo-romanzi sin qui descritti con questa metodologia,
tale lista è più ristretta, come mostra il sardo logudorese in (13b), e più
sottili sono le differenze11. Dall’elenco in (13c) risulta che così è anche
in pantesco, dove sono altamente irregolari anzitutto i verbi aˈviːrɪ (14)
ed ˈɛsɪːrɪ (15).
10 Da Tos / Benincà (2010: 56) parlano al riguardo di un’oscillazione pressoché generalizzata: «gli infiniti della maggior parte dei verbi in -iri possono avere sia pronuncia parossitona
che proparossitona, senza che a ciò corrispondano differenze nella flessione».
11 Fa eccezione la trattazione del napoletano di Ledgeway (2009: 380-391), che include in
questa lista i verbi modali: AVÉ ‘avere’, ÉSSE ‘essere’, DÁ ‘dare’, FÁ ‘fare’, STÁ ‘stare’, PUTÉ
‘potere’, SAPÉ ‘sapere’, VULÉ ‘volere’, JÍ ‘andare’.
Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia
283
(12) Basi verbali in italiano (Pirrelli / Battista [2000: 337, 359]), con modifiche:
1SG
forme
finite
2SG
presente congiuntivo
B2
presente indicativo
B3
3SG
1PL
2PL
B4
3PL
B2
imperativo
imperfetto indicativo
imperfetto congiuntivo
perfetto semplice
B1
B5
B5
condizionale presente
B5
B6
futuro
forme
non
finite
gerundio
B1
participio passato
B7
infinito
B8
(13) a. italiano: «the 8 truly exceptional base verbs are: AVERE ‘have’, ESSERE
‘be’, ANDARE ‘go’, DARE ‘give’, fare ‘do, make’, STARE ‘stay, be’, DIRE
‘say, tell’, SAPERE ‘know’»;
b. sardo logudorese: ÁER ‘avere’, ÉSSER ‘essere’, DARE ‘dare’, NÁRRER ‘dire’ (Loporcaro [2012b: 13]).
c. pantesco: AVIRI ‘avere’, DARI ‘dare’, DIRI ‘dire’, ÉSSIRI ‘essere’, SAPÍRI
‘sapere’, VULÍRI ‘volere’; ma non FARI ‘fare’, JIRI ‘andare’, STARI ‘stare’.
(14) Coniugazione del verbo aˈviːrɪ ‘avere’
1SG
2SG
3SG
1PL
2PL
3PL
pres_ind
ˈajʊ
ˈa
ˈaːvɪ
aˈvɛːmʊ
aˈviːtɪ
ˈanːʊ
impf_ind
aˈviːa
aˈviːe
aˈviːa
aˈvimːʊ
aˈvivːʊ
aˈvinːʊ
perf_semp
ˈɛbːɪ, ˈapːɪ,
ˈɛpːɪ
aˈvistɪ
ˈɛbːɪ, ˈapːɪ,
ˈɛpːɪ
ˈɛbːɪmʊ,
ˈapːɪmʊ,
ˈɛpːɪmʊ, aˈvimːʊ
aˈvistɪvʊ
ˈɛbːɪrʊ,
ˈapːɪrʊ,
ˈɛpːɪrʊ
aˈvisːɪmʊ
aˈvisːɪvʊ
aˈvisːɪrʊ
impf_cong
aˈvisːɪ
ger
aˈvɛnːʊ
inf
aˈviːrɪ
part_pass
aˈvuːtʊ
Così è anche per saˈpiːrɪ, vuˈliːrɪ e ˈdaːrɪ, le cui irregolarità sono però concentrate nel solo presente indicativo (in particolare nelle differenze fra le basi ricorrenti alla 2sg e alla 3sg) nonché, per l’ultimo fra essi,
284
Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani
(15) Coniugazione del verbo ˈɛsːɪrɪ ‘essere’
pres_ind
impf_ind
perf_semp
1SG
ˈsu, ˈsuɲːʊ
ˈɛːra
ˈfue
2SG
ˈsi(e),ˈsɛ
ˈɛːrɪ
ˈfustɪ
3SG
ˈɛ, ˈɛstɪ
ˈɛːra
ˈfu
ˈfusːɪ12
impf_cong
1PL
ˈsɛːmʊ
ˈɛrmːʊ
ˈfumːʊ
2PL
ˈsiːtɪ
ˈɛrvʊ
ˈfustɪvʊ
ˈfusːɪmʊ
ˈfusːɪvʊ
3PL
ˈsu, ˈsunːʊ
ˈɛrnʊ
ˈfuːrʊ, ˈfuːrɪnʊ
ˈfusːɪrʊ,
ˈfusːɪnʊ
ɛˈsːɛnːʊ
ˈɛsːɪrɪ
ˈstaːtʊ
ger
inf
part_pass
all’imperativo, per il quale Tropea (1988: LXXXII) riporta la 2sg dúmmi
‘dammi’, dummíllu/dammíllu ‘dammelo’ di contro alla 2pl dátimi ‘datemi’, datiníllu ‘dàtecelo’:
(16)
1SG
2SG
3SG
pres_ind
ˈduɲːʊ/ˈdu
ˈduːnɪ/ˈda
ˈduːna
pres_ind
pres_ind
ˈsatːʃʊ
ˈvɔɟːʊ
ˈsa
ˈvɔ
ˈsaːpɪ
ˈvɔːlɪ
1PL
ˈdaːmʊ,
ˈdɛːmʊ
saˈpɛːmʊ
vuˈlɛːmʊ
2PL
3PL
ˈdaːtɪ
ˈdunːʊ
ˈdaːrɪ
saˈpiːtɪ
vuˈliːtɪ
ˈsanːʊ
ˈvɔnːʊ
saˈpiːrɪ ‘sapere’
vuˈliːrɪ ‘volere’
‘dare’
Una volta esclusi i verbi altamente irregolari è possibile formulare
uno schema generale che renda conto della differenziazione massimale
determinata dall’allomorfia radicale nei verbi moderatamente irregolari
(da Kägi [2016: 60] con modifiche):
(17)
forme
finite
forme
non
finite
Basi verbali in pantesco
*presente congiuntivo
presente indicativo
imperativo
imperfetto indicativo
imperfetto congiuntivo
perfetto semplice
gerundio
infinito
participio passato
1SG
2SG
B2
B3
B5
3SG
1PL
2PL
(B2 ?)
3PL
B4
B1
B5
B5/B1
B5
B3
B6
12 Tropea (1988: LXXVIII) riporta anche la forma alternativa fóra (sing.), plur. fórmu, fórvu, fórnu.
Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia
285
Riferendosi a questo schema è ora possibile commentare ulteriormente le scelte di inclusione o esclusione di verbi nella lista degli altamente irregolari in (13c). Prendiamo il verbo ˈdiːrɪ, per il quale è decisivo il rapporto tra la forma dell’infinito e il resto del paradigma, riportato in (18):
(18) Coniugazione del verbo ˈdiːrɪ ‘dire’
pres_ind
imper
impf_ind
perf_semp
impf_cong
ger
inf
part_pass
1SG
ˈdiːkʊ
diˈʃiːa
ˈdisːɪ
2SG
ˈdiːʃɪ
ˈdi
diˈʃiːe
diˈʃistɪ
diˈʃisːɪ
3SG
ˈdiːʃɪ
1PL
diˈʃɛːmʊ
diˈʃɛːmʊ
diˈʃiːa
diˈʃimːʊ
ˈdisːɪ
ˈdisːɪmʊ
diˈʃisːɪmʊ
diˈʃɛnːʊ
ˈdiːrɪ
ˈditːʊ
2PL
diˈʃiːtɪ
diˈʃiːtɪ
diˈʃivːʊ
diˈʃistɪvʊ
diˈʃisːɪvʊ
3PL
ˈdiːʃɪnʊ
diˈʃinːʊ
ˈdisːɪrʊ
diˈʃisːɪrʊ
Come si vede, la B1 diˈʃ- non ricorre all’infinito, dove si ha invece
la base breve monosillabica (o, secondo la segmentazione, asillabica)
che ricorre altrove nella 2sg dell’imperativo e non coincide con la B3
ˈdiʃ-. Stando così le cose, questo verbo sarebbe insieme con ˈɛsːɪrɪ l’unico a richiedere la postulazione di una base per l’infinito distinta sia da
B1 che da B3. Similmente, in nessun altro verbo moderatamente irregolare (né, ovviamente, nei regolari; v. (8)-(11), (19)) la base ricorrente
alla 2sg dell’imperativo si distingue da quella che si ha alla 2sg del presente indicativo: l’unico altro caso è il verbo, pure altamente irregolare,
ˈdaːrɪ (v. (16))13. Risulta dunque più economico includere ˈdiːrɪ nella lista dei verbi altamente irregolari. Lo stesso ragionamento induce ad
escludere invece da tale lista ˈfaːrɪ , solo moderatamente irregolare diversamente dal suo corrispondente toscano fare.
Infatti, l’infinito di ˈfaːrɪ si forma dalla stessa B3 ricorrente nelle forme rizotoniche del presente indicativo non ospitanti altre basi, ossia la
seconda e la terza singolare, e lo stesso vale per la 2sg dell’imperativo.
Il confronto fra gli schemi in (17) e in (12) mostra anche che rispetto all’italiano il pantesco presenta un sistema meno articolato in termini
13 Diverso infatti il caso di ˈtɛːnɪrɪ ‘tenere’ (Tropea [1988: LXXXVIII e nota 302]), la cui
forma breve della 2sg dell’imperativo, té, coesiste col regolare téni, omofono del presente indicativo, ed ha assunto il valore di ‘ecco’: tekká! ‘ecco qua’, óra tekká puru sta rruvína! ‘ed ora
èccoti pure questa rovina!’.
286
Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani
(19) Coniugazione del verbo ˈfaːrɪ ‘fare’
pres_ind
1SG
2SG
3SG
1PL
2PL
3PL
ˈfatːsʊ
ˈfa
ˈfa
faˈʃɛːmʊ
faˈʃiːtɪ
ˈfanːʊ
faˈʃɛːmʊ
faˈʃiːtɪ
ˈfa
imper
impf_ind
faˈʃiːa
faˈʃiːe
faˈʃiːa
faˈʃimːʊ
faˈʃivːʊ
faˈʃinːʊ
perf_semp
ˈfiːʃɪ
faˈʃistɪ
ˈfiːʃɪ
ˈfiːʃɪmʊ, faˈʃɪmːʊ
faˈʃistɪvʊ
ˈfiːʃɪrʊ
faˈʃisːɪmʊ
faˈʃisːɪvʊ
faˈʃisːɪrʊ
impf_cong
faˈʃisːɪ
ger
faˈʃɛnːʊ
inf
ˈfaːrɪ
part_pass
ˈfatːʊ
di tempi e modi verbali. Quanto alla distribuzione delle basi, va detto
anzitutto che lo schema in (17) permette di trattare anche alcuni aspetti
delle distribuzioni osservate nei verbi altamente irregolari, i quali però
– in particolare per le irregolarità al presente indicativo, all’imperativo
e all’infinito – a tale schema non si lasciano compiutamente ricondurre.
Inoltre, anche per i moderatamente irregolari, l’indicazione di una determinata base in una data cella indica la possibilità che essa ricorra, ma
in nessun modo una obbligatorietà di tale assetto dell’allomorfia in tutti
i verbi: così ad esempio all’infinito può ricorrere la B3 (rizotonica, la
stessa che compare alla 2-3sg del presente indicativo e alla 2sg dell’imperativo), distinta dalla B1 di default (rizoatona), come accade per i
verbi in ˈ-ɪrɪ, ma in ogni altra (sotto)classe flessiva si ha invece in tale
cella la B1 (per queste relazioni fra le basi v. oltre (22)).
La ricorrenza della B3 anche all’infinito costituisce una differenza
rispetto all’italiano, dove in tale modo si ha invece una base distinta
B8: la differenza si deve all’assenza in pantesco di verbi irregolari del
tipo di bere, porre, trarre, etc.14. Dato inoltre il mutamento fonetico che
ha innalzato le vocali medie in atonia, la vocale media radicale (u/o,
14
Per l’italiano in realtà la necessità di postulare una B8 insorge dalla coesistenza dei verbi del tipo porre, trarre, in cui l’infinito si forma dalla stessa base del futuro/condizionale e sarebbe dunque riducibile alla B6 caratteristica di tali tempi/modi, con bere, dove la differenza rispetto a berrò/berrei non consente tale soluzione (Pirrelli [2000: 73]). Va detto, tuttavia, che
applicando gli stessi criteri adottati dagli autori citati, trattandosi di un unico verbo anche bere
potrebbe essere annesso alla lista dei fortemente irregolari, col che si risparmierebbe la postulazione di B8 (si ricordi per inciso che non risulta rilevante, per questo argomento, la presenza di
verbi quali tenere, fut. terrò, volere, fut. vorrò, etc., visto che in essi, pur distinta dal futuro, la
base ricorrente all’infinito è la B1).
Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia
287
i/e) osservabile nella B3 sotto accento risulta non prevedibile a partire
dalla base di default. Così ad es. u protonica ricorre nella B1 tanto di
risˈpunːɪrɪ ‘rispondere’ (B1 rispuˈnːiːtɪ 2pl) quanto di ˈdɔrmɪrɪ ‘dormire’ (B1 durˈmiːtɪ 2pl) le cui B3 si distinguono invece per la tonica come
si vede all’infinito; parallela la differenza fra le B3 di ˈkriːdɪrɪ ‘credere’
e ˈvɛːnɪrɪ ‘venire’ a partire dalla B1 con identica vocale (2pl kriˈdiːtɪ =
viˈniːtɪ ; v. anche oltre, (23g-h)).
Quanto alla B1, essa si presenta largamente distribuita come in italiano, con l’eccezione della 1pl del perfetto semplice, dove si estende
anche a tale persona nei verbi irregolari la base rizotonica B5: si mantiene in altre parole in pantesco il tipo, normale in toscano antico ma
oramai solo residuale in italiano, ébbimo, fécimo, come si vede ad es. in
ˈfiːʃɪmʊ ‘facemmo’, ˈvɔːsɪmʊ ‘volemmo’, ˈkrɪtːɪmʊ ‘credemmo’, ˈsapːɪmʊ ‘sapemmo’, etc.
La B5 appare esposta nell’acquisizione del pantesco (almeno all’epoca dei rilievi di Tropea negli anni Sessanta del Novecento) a livellamento analogico a vantaggio della B1, come osserva Tropea (1988:
XCIV-XCV) notando il paradigma infantile faˈʃi(e) ‘feci’, faˈʃiʊ 3sg,
faˈʃimːʊ 1pl, faˈʃɛːrʊ 3pl (e così per tutti gli altri perfetti forti del linguaggio adulto). Si noti che in alcuni casi, alla 1pl la forma debole è registrata anche per il dialetto corrente: v. faˈʃimːʊ in (19), o sinˈtimːʊ accanto alla forma forte ˈntiːsɪmʊ ‘sentimmo’, puˈtimːʊ ‘potemmo’ accanto a ˈpɔtːɪmʊ (in Tropea [1988: LXXXVII, XCI]), etc. Per questo la cella
corrispondente è l’unica in (17) a riportare due basi e a presentare un
confine marcato dal tratteggio, a indicare variazione tra forme sovrabbondanti (da non confondere con la reindicizzazione, di cui si dirà in
(22))15.
La distribuzione della B2 differisce rispetto all’italiano non solo per
l’assenza dell’intero congiuntivo presente – su cui torneremo al § 5 –
bensì anche per la sua non ricorrenza alla 3pl del presente indicativo,
per la quale in pantesco va posta un’ulteriore base B4. Ciò è necessario
in virtù della non prevedibilità di quest’ultima base, che si forma in modo tale da non istituire un rapporto univoco con (e dunque da non consentire una sua riducibilità a) alcun’altra base come accade invece in
italiano. In italiano standard infatti alla 3pl del presente indicativo tutti i
verbi moderatamente irregolari ed anche alcuni degli altamente irregolari presentano sempre la stessa B2 ricorrente alla 1sg dello stesso tem15 La nozione di sovrabbondanza, tradizionale negli studi di grammatica italiana, è stata
recentemente rilanciata nel dibattito in morfologia teorica da Thornton (2011, 2012).
288
Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani
po nonché nel presente congiuntivo: ciò delinea lo schema U, introdotto
in (1b) e visibile in (12) con la sovrapposizione dello schema N per cui
B1 figura alla 1-2pl. In pantesco, al contrario, una tale automatica prevedibilità non si dà e si ha dunque un assetto paradigmatico diverso,
nonostante lo stesso meccanismo coinvolto nella genesi dell’irregolarità
sia attestato anche in italiano: si tratta infatti della ricorrenza di forme
con uscita /-ˈvnnv/, in cui la consonante desinenziale viene raddoppiata. Per l’italiano ciò non si ripercuote sullo schema generale (12) in
quanto tutti i verbi presentanti tale formazione della 3pl sono altamente
irregolari: ha(nno), da(nno), fa(nno), sa(nno), sta(nno), va(nno). Lo
stesso meccanismo ricorre in pantesco, come si mostra in (20a) coi verbi altamente irregolari ˈstaːrɪ ‘stare’ e ˈjiːrɪ ‘andare’; altamente irregolari sono anche ˈdaːrɪ ‘dare’ e saˈpiːrɪ ‘sapere’, che pure presentano -nːalla 3pl ((20b)) ma entro il cui paradigma non è riconoscibile lo stesso
rapporto formale fra 3sg e 3pl che in (20a), a causa del suppletivismo
per ˈdaːrɪ, per la ricorrenza di B3 alla 3sg in luogo della base monosillabica per saˈpiːrɪ :
(20) Formazione della 3pl (B4) in alcuni verbi altamente irregolari:
a. ˈsta : ˈstanːʊ, ˈva : ˈvanːʊ (B4, con geminazione di -n-);
b. ˈduːna : ˈdunːʊ, ˈsaːpɪ : ˈsanːʊ (B4, con geminazione di -n-).
Se questa formazione della 3pl fosse limitata a tali verbi la situazione sarebbe identica all’italiano, il che non è, tuttavia, per una serie di
ragioni. Anzitutto, alcuni altri verbi corrispondenti a quelli italiani a
presente forte monosillabico mostrano anch’essi lo stesso rapporto fra
3sg e 3pl ((21a)) pur non essendo in pantesco, come si è detto commentando (13c), altamente irregolari:
(21) Formazione della 3pl (B4) in alcuni verbi moderatamente irregolari:
a. ˈfa : ˈfanːʊ, ˈpɔ : ˈpɔnːʊ (B4 con geminazione di -n- accentualmente condizionata);
b. ˈteːnɪ : ˈtɛnːʊ, ˈveːnɪ : ˈvɛnːʊ (B4 con sincope);
c. ˈvɔːlɪ : ˈvɔnːʊ (B4 con sincope e assimilazione);
d. ˈdɔːlɪ : ˈdɔːlɪnʊ (B4 come B3).
Si dovrà dunque tener conto di questa modalità di formazione per lo
schema generale della distribuzione dell’allomorfia, a meno che non fosse possibile dimostrare che tale formazione sia riconducibile a una regola fonologica e pertanto non rilevante per l’allomorfia. In effetti si è detto che una geminazione di -nː- alla 3pl può insorgere in pantesco per
Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia
289
cause fonologiche, come avviene regolarmente nell’imperfetto indicativo (v. gli schemi della flessione regolare in (8) e (10)) e, seppure variabilmente, nel presente dei verbi in -iˈaːrɪ visto in (9)16. Il caso della 3pl
irregolare che stiamo discutendo è però diverso da questi in quanto da
un lato non tutti i verbi presentano tale particolarità e dall’altro non in
tutti quelli che la presentano il rapporto formale fra 3sg e 3pl è il medesimo (diversamente che in italiano). Ciò in parte dipende dal fatto che
sono coinvolti, diacronicamente, mutamenti diversi nei diversi sottogruppi. Per ˈfa : ˈfanːʊ, ˈsta : ˈstanːʊ si può invocare la stessa spiegazione
accentuale che per l’italiano, poiché è vero che in pantesco, come in generale nei dialetti meridionali, non si ha sistematicamente il raddoppiamento fonosintattico regolare condizionato accentualmente17, ma come
anche altrove nel Mezzogiorno le enclitiche fanno eccezione, mostrando
il raddoppiamento della consonante iniziale visto sopra discutendo le
forme di imperativo di ˈdaːrɪ (v. (16)). Come le enclitiche si comportano
dunque anche qui, non diversamente che in toscano, queste desinenze di
3pl. Tuttavia, la stessa geminazione si riscontra anche in ˈtɛnːʊ ‘tengono’, ˈvɛnːʊ ‘vengono’ ((21b)), ove la geminata è insorta per sincope, e in
ˈvɔnːʊ ‘vogliono’ ((21c)), in cui alla sincope si assomma l’assimilazione
della laterale. D’altro canto in ˈdɔːlɪ : ˈdɔːlɪnʊ ‘duole : dolgono’ ((21d)),
pur date le identiche condizioni di partenza che in (21c), l’irregolarità
non si è creata avendosi alla 3pl la stessa B3 che alla 2-3sg.
Insomma, il quadro in (20)-(21) giustifica l’identificazione di un’allomorfia alla 3pl di diversi verbi moderatamente o altamente irregolari e, conseguentemente, la postulazione di una B4 per tale cella del
paradigma.
16 Nell’imperfetto indicativo la geminazione si trova anche alla 1pl (uscente in -mːʊ), anche qui dovuta ad assorbimento di precedente iato, nonché alla 2pl (in -vːʊ), qui però per incontro della -v- caratteristica dell’imperfetto con v- del pronome originariamente affisso in enclisi.
17 Vi si ha però un effetto raddoppiante di alcuni monosillabi tonici ove la spiegazione per
assimilazione consonantica non è disponibile, come si può evincere dalla notazione del Tropea,
che unisce con trattino parole al cui confine si esplichi il raddoppiamento. Qui, accanto ai casi
attesi in presenza di consonante etimologica assimilatasi, come ki-ggana ‘che voglia’ (Tropea
[1988: 72]), a-kkatóma ‘in gran quantità’ (p. 108), a-tto nunna ‘a tua nonna’ (p. 111 s.v. ki),
nne-kkaudu nne ffriḍḍṛu ‘né caldo né freddo’ (p. 108), ppi-ttia ‘per te’ (p. 223), se ne trovano
anche di non spiegabili in tal modo, in particolare con seconde e terze persone di verbi a presente monosillabico in cui si è avuta apocope (ˈpɔ ‘puoi, può’, ˈfa ‘fai, fa’) o in cui la -S finale
vocalizzandosi non avrebbe dovuto provocare raddoppiamento (ˈsta ‘stai’): po-ffari ‘puoi fare’
(Tropea [1988: XC]), ki-ssi po-kkummáttiri ku …? ‘ma si può avere a che fare con …’ (p. 30),
um-po-mmančari ‘non può mangiare’ (p. 103), un-zi po-ddiri ‘non si può dire’ (p. 176), si-ffammurriti ‘se fai i capricci’ ([p. 313]; il sost. murriti ha iniziale fonologicamente scempia: cfr.
fari murriti ‘far capricci’ [p. 180]), mi fa-ffari ‘mi fa fare’ (p. 215), ki sta-ffašennu? ‘che stai facendo?’ (p. LXXXIV).
290
Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani
Come già osservato, lo schema in (17) indica il massimo di complessità cui la distribuzione dell’allomorfia radicale può giungere. Tale
massima complessità si osserva nel paradigma di ˈfaːrɪ sopra riportato
in (19), mentre all’estremo opposto si collocano i verbi regolari, nei
quali l’unica distinzione è quella accentuale (più, data vocale media radicale, l’alternanza vocalica che su di essa s’innesta)18. Dall’un estremo
all’altro si giunge per passi successivi, che possono esser modellizzati
come reindicizzazioni delle basi in questione (Pirrelli / Battista [2000:
361-362]), attraverso cui le alternanze allomorfiche si riducono gradualmente in un dato ordine così schematizzabile:
(22) Reindicizzazione delle basi nei verbi moderatamente irregolari:
a. B2
→
B3
←
B4
b. B6
→
B5
→
B1
Se un verbo irregolare non presenta ad esempio perfetto forte, quel
tema è neutralizzato con la B1 ovvero con la B5 e mai con altre basi,
come mostrano le frecce in (22b). La stessa convergenza in B1 si riscontra per i verbi irregolari con participio debole, in cui B6 → B1. Il
participio forte può anche avere, come nei verbi in (23c), la stessa base
del perfetto, distinta da B1, il che è schematizzato in (22b) con la reindicizzazione B6 → B5.
Fra le basi rizotoniche del presente indicativo la direzione di neutralizzazione è verso la B3, in cui convergono, secondo gli specifici paradigmi, B2 e/o B4. L’elenco seguente riepiloga con alcuni esempi le diverse distribuzioni dell’allomorfia radicale effettivamente osservate19:
(23) Distribuzione dell’allomorfia radicale nei verbi regolari e moderatamente irregolari:
a. due basi (B1 ≠ B3; verbi regolari di I e II macroclasse)
verbo:
B6 part B5 perf B1 default B2
pres_ind 1SG
B3
pres_ind 2SG
B4
pres_ind 3PL glossa:
kanˈtaːrɪ
kanˈtaːmʊ
ˈkantʊ
‘cantare’
ˈbːatːɪrɪ
bːaˈtːɛːmʊ
ˈbːatːʊ
‘battere’
18 Come detto sopra citando la discussione al riguardo di Thornton (2007), dipende dall’opzione analitica adottata il riconoscere o meno due basi distinte (pur connesse da un rapporto
fonologico regolarmente prevedibile, imperniato sulla differenza accentuale) per i verbi regolari.
19 Come esempio di B1 si riporta la 1pl del presente indicativo, come esempio di B3 la 2sg
laddove distinta dalla B2, mentre per i verbi in cui B2=B3(=B4) si riporta solo la 1sg.
Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia
291
b. tre basi (B1 = B5 ≠ B2-4 ≠ B6)
B6 part
verbo 20:
ˈgraːpɪrɪ
ˈkɔːʃɪrɪ
ˈmɔːvɪrɪ
ˈnaʃːɪrɪ
pirsuˈ(v)aːdɪrɪ
ˈrːɛɟːɪrɪ
ˈʃːɔɟːɪrɪ
ˈʂːintʃɪrɪ
ˈvintʃɪrɪ
aˈpɛrtʊ
ˈkɔtːʊ
ˈmɔsːʊ
ˈnaːtʊ
pirsuˈaːsʊ
ˈrːɛtːʊ
ˈʃːɔːtʊ
ˈʂːitːʊ
ˈvintʊ
B5 perf B1 default
B2
pres_ind 1SG
graˈpɛːmʊ
kuˈʃɛːmʊ
muˈvɛːmʊ
naˈʃːɛːmʊ
pirsuaˈdɛːmʊ
riˈɟːɛːmʊ
ʃːuˈɟːɛːmʊ
ʂːinˈtʃɛːmʊ
vinˈtʃɛːmʊ
B3
pres_ind 2SG
ˈgraːpʊ
ˈkɔːʃʊ
ˈmɔːvʊ
ˈnaʃːʊ
pirsuˈaːdʊ
ˈrːɛɟːʊ
ˈʃːɔɟːʊ
ˈʂːintʃʊ
ˈvintʃʊ
B4
pres_ind 3PL glossa:
‘aprire’
‘cuocere’
‘muovere’
‘nascere’
‘persuadere’
‘reggere’
‘sciogliere’
‘stringere’
‘vincere’
c. tre basi (B1 ≠ B2-4 ≠ B5-6)
B6 part
B5 perf
verbo 21:
kuɱˈfunːɪrɪ kuɱˈfuːsʊ kuɱˈfuːsɪ
ˈmitːɪrɪ
ˈmiːsʊ
ˈmiːsɪ
ˈpɛrdɪrɪ
ˈpɛrsʊ
ˈpɛrsɪ
B1 default
B2
B3
B4
pres_ind 1SG pres_ind 2SG pres_ind 3PL
kuɱfuˈnːɛːmʊ
kuɱˈfunːʊ
miˈtːɛːmʊ
ˈmitːʊ
pirˈdɛːmʊ
ˈpɛrdʊ
d. tre basi (B1 = B6 ≠ B2-4 ≠ B5)
B6 part B5 perf B1 default B2
verbo 22:
pres_ind 1SG
ˈsɛntɪrɪ sinˈtuːtʊ ˈntiːsɪ
sinˈtɛːmʊ
ˈviːvɪrɪ viˈvuːtʊ ˈvipːɪ
viˈvɛːmʊ
glossa:
‘confondere’
‘mettere’
‘perdere’
B3
B4
pres_ind 2SG pres_ind 3PL
ˈsɛntʊ
ˈviːvʊ
glossa:
‘sentire’
‘bere’
e. quattro basi (B1 ≠ B2-4 ≠ B5 ≠ B6)
B6 part B5 perf B1 default B2
B3
B4
verbo:
pres_ind 1SG pres_ind 2SG pres_ind 3PL glossa:
ˈmɔːrɪrɪ ˈmɔrtʊ ˈmɔrsɪ muˈrɛːmʊ
ˈmɔːrʊ
‘morire’
ˈskriːvɪrɪ ˈskritːʊ ˈskrisːɪ skriˈvɛːmʊ
ˈskriːvʊ
‘scrivere’
20 Molti dei verbi che spesso, nelle varietà romanze, presentano participio e/o perfetto forte – in genere per eredità latina – sono stati in tutto o in parte regolarizzati in pantesco: per questa ragione sono registrati in (23b) ˈnaʃːɪrɪ ‘nascere’, ˈʂːintʃɪrɪ ‘stringere’, ˈʃːɔɟːɪrɪ ‘sciogliere’
etc., il cui perfetto è debole in pantesco (naˈʃːie ‘nacqui’, ʂːinˈtʃie ‘strinsi’, ʃːuˈɟːie ‘sciolsi’). Ed
anche quelli qui elencati presentano spesso forme deboli alternative: così ad es. si ha anche
muˈvuːtʊ accanto a ˈmɔsːʊ ‘mosso’.
21 Mentre kuɱˈfunːɪrɪ si trova in questo gruppo, per i nostri informatori ˈfunːɪrɪ ‘fondere’ è
pienamente regolare: perfetto fuˈnːɛ, participio fuˈnːʊːtʊ. L’esigua consistenza di questo gruppo
è dovuta anch’essa alle molte regolarizzazioni di perfetti e participi originariamente forti di cui
alla nota 20.
22 Vale anche qui quanto detto alla nota 20 per la regolarizzazione di forme forti – stavolta
del participio passato – in pantesco, ben più diffusa che in italiano.
292
Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani
f. quattro basi (B1 = B5 = B6 ≠ B2 ≠ B3 ≠ B4)
B6 part
verbo:
ˈjiːrɪ
ˈjuːtʊ
B5 perf B1 default B2
B3
B4
pres_ind 1SG pres_ind 2SG pres_ind 3PL
ˈjɛ
ˈjɛːmʊ
ˈvaːjʊ
ˈva
ˈvanːʊ
glossa:
‘andare’
g. quattro basi (B1 = B6 ≠ B2 ≠ B3 = B4 ≠ B5)
B6 part
verbo:
ˈkriːdɪrɪ
ˈviːdɪrɪ
B5 perf B1 default B2
pres_ind 1SG
kriˈduːtʊ ˈkritːɪ
kriˈdɛːmʊ ˈkriːʊ
viˈduːtʊ ˈvitːɪ
viˈdɛːmʊ ˈviːʊ
B3
pres_ind 2SG
ˈkriːdɪ
ˈviːdɪ
h. cinque basi (B1 = B6 ≠ B2 ≠ B3 ≠ B4 ≠ B5)
B6 part B5 perf B1 default B2
B3
verbo:
pres_ind 1SG pres_ind 2SG
ˈpɔːtɪrɪ puˈtuːtʊ ˈpɔtːɪ
puˈtɛːmʊ ˈpɔtːsʊ
ˈpɔ
ˈstaːrɪ
ˈstaːtʊ 23 ˈstɛːsɪ
ˈstaːmʊ
ˈstaːjʊ
ˈsta
ˈtɛːnɪrɪ tiˈnuːtʊ ˈtinːɪ
tiˈnɛːmʊ
ˈtɛɲːʊ
ˈtɛːnɪ
ˈvɛːnɪrɪ viˈnuːtʊ ˈvinːɪ
viˈnɛːmʊ ˈvɛɲːʊ
ˈvɛːnɪ
B4
pres_ind 3PL glossa:
ˈkriːdɪnʊ
‘credere’
ˈviːdɪnʊ
‘vedere’
B4
pres_ind 3PL
ˈpɔnːʊ
ˈstanːʊ
ˈtɛnːʊ
ˈvɛnːʊ
glossa:
‘potere’
‘stare’
‘tenere’
‘venire’
i. cinque basi (B1 = B5 ≠ B2 ≠ B3 ≠ B4 ≠ B5)
B6 part B5 perf B1 default B2
B3
B4
verbo:
pres_ind 1SG pres_ind 2SG pres_ind 3PL glossa:
rːiˈduːʃɪrɪ rːiˈdutːʊ rːiduˈʃɛ rːiduˈʃɛːmʊ rːiˈduːkʊ
rːiˈduːʃɪ
rːiˈduːʃɪnʊ
‘ridurre’
j. sei basi distinte
B6 part B5 perf
verbo:
ˈfaːrɪ
ˈfatːʊ
ˈfiːʃɪ
B1 default
faˈʃɛːmʊ
B2
B3
B4
pres_ind 1SG pres_ind 2SG pres_ind 3PL glossa:
ˈfatːsʊ
ˈfa
ˈfanːʊ
‘fare’
Il fatto che il verbo ˈfaːrɪ sia l’unico per il quale abbiamo potuto individuare sei basi distinte non andrà confuso col tipo di isolamento paradigmatico che ha portato ad includere nella lista in (13c) i sei verbi
altamente irregolari del pantesco: infatti, se è vero che la distinzione di
tutte e sei le basi B1-B6 si riscontra solo in ˈfaːrɪ , ogni singola opposizione fra esse, come visto in (23e-i), ricorre in diversi altri verbi moderatamente irregolari.
23 La forma, di difficile elicitazione, si evince da mustu arristatu ‘mosto muto’ (cioè, spiega Tropea [1988: XXII in nota], ‘restato’) forma aggettivale del participio del verbo complesso,
analisi sottoscritta implicitamente dallo stesso Autore, che cita questa forma fra i dati ad illustrazione di una «mancanza di aferesi nei seguenti verbi». Diversamente dal suo corrispondente
italiano restare (e come invece l’it. ristare), il pantesco (a)rːɪsˈtaːrɪ ‘restare’ eredita completamente le irregolarità del simplex (v. perfetto rːɪsˈtɛːsɪ ‘restai’) ed ha dunque un paradigma in
tutto coincidente.
Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia
293
Venendo ora agli schemi di partizione morfomica in (1), la compresenza della base di default B1 e della B3 rizotonica (con eventualmente
le ulteriori allomorfie B2 e B4) determina lo schema N, ampiamente attestato come altrove in siciliano, sia laddove rimane evidente la sua originaria motivazione fonologica (per alternanza fra vocali toniche ed
atone, (24)), sia dove s’è instaurato suppletivismo ((25)):
(24) Schema N (origine fonologica): alternanza vocalica
pres_ind
pres_ind
pres_ind
pres_ind
1SG
ˈdɔrmʊ
ˈmɔːrʊ
ˈvɛɲːʊ
ˈvɔɟːʊ
2SG
ˈdɔrmɪ
ˈmɔːrɪ
ˈvɛːnɪ
vɔ
3SG
ˈdɔrmɪ
ˈmɔːrɪ
ˈvɛːnɪ
ˈvɔːlə
1PL
durˈmɛːmʊ
muˈrɛːmʊ
viˈnɛːmʊ
vuˈlɛːmʊ
2PL
durˈmiːtɪ
muˈriːtɪ
viˈniːtɪ
vuˈliːtɪ
3PL
ˈdɔrmɪnʊ
ˈmɔːrɪnʊ
ˈvɛnːʊ
ˈvɔnːʊ
ˈdɔrmɪrɪ
ˈmɔːrɪrɪ
ˈvɛːnɪrɪ
vuˈlɪːrɪ
2PL
ˈjiːtɪ
3PL
ˈvanːʊ
ˈjiːrɪ ‘andare’
‘dormire’
‘morire’
‘venire’
‘volere’
(25) Schema N per suppletivismo
pres_ind
1SG
ˈvaːjʊ
2SG
ˈva
3SG
ˈva
1PL
ˈjɛːmʊ
Data questa panoramica generale, ed escluso lo schema U dato che
la desinenza di terza plurale continuatasi nella II macroclasse è costantemente -ENT (che ha completamente scalzato -UNT), ci avviamo ora a
parlare dello schema L. Per farlo, tocchiamo prima delle lacune nel paradigma verbale rispetto alla situazione generale italo-romanza.
5. Lacune nel paradigma verbale del pantesco
Una delle lacune che si evince dalla bibliografia parrebbe peculiare
del pantesco. Così Tropea (1988: LXXVIII-XIV) non riporta mai nei paradigmi verbali il participio passato. È noto come i costrutti dipendenti
participiali siano, in generale, scarsamente diffusi nei dialetti e dagli informatori panteschi è effettivamente impossibile elicitarli. A ciò si aggiunge che il piucchepperfetto è – come visto in (7) – calco sull’arabo
che non include il participio (ma v. quanto detto alla nota 5). Resta il
perfetto composto, già d’uso ristretto in siciliano, al punto che uno stereotipo diffuso – sancito dalla carta dei dialetti italiani di Pellegrini
(1977) – lo vuole del tutto assente 24. E in effetti il pantesco appare piut24 «Limite settentrionale della mancanza del passato prossimo» è infatti la legenda dell’isoglossa numero 29 che in Pellegrini (1977) taglia la Calabria poco a nord di Catanzaro.
294
Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani
tosto in linea con tale stereotipo che non con la situazione descritta per
il siciliano comune da Skubic (1973-1975), Mocciaro (1978), in quanto
gli informatori panteschi tendono ad usare solo il perfetto semplice anche quando è indicata azione durativa e quando nella denotazione dell’evento è incluso il momento dell’enunciazione, ossia nell’unico contesto in cui in siciliano comune persiste il perfetto composto: ad es.
quantu amu rridutu! macari stanchi semu ‘quanto abbiamo riso! siamo
perfino stanchi’ di contro a quantu rridimmu dda vota! piccatu ca un
c’eri macari tu ‘quanto abbiamo riso quella volta! peccato che non c’eri
anche tu’ (Mocciaro [1978: 346]); in pantesco si ha invece rːiˈdi mːʊ in
ambo i contesti.
E tuttavia il participio passato ricorre entro le perifrasi volitive e deontiche formate con vuˈliːrɪ ‘volere’: ad es. ˈvɔɟːʊ kanˈtaːta sta kanˈtsuːni
‘voglio che mi si canti questa canzone’; sta ˈpinːa ˈvɔːli jiˈtːata aa
muˈnːitːsa ‘questa penna va buttata nella spazzatura’25. Esso va dunque
integrato nei paradigmi verbali come si è fatto in (23) 26. Se ne hanno
inoltre residui lessicalizzati, messi a lemma in Tropea (1988), come ad
esempio «binidićútu! escl. di compiacimento: benedetto!; bbinidićúti
ḍḍṛi sórdi! così quando si parla di soldi bene spesi; fíg̋g̋u bb.! espressione di riconoscenza per i meriti o le benemerenze di un figliolo. Cfr.
bbinidíćiri» (Tropea [1988: 23-24]).
Simili residui lessicalizzati sono, nel caso ora discusso, una risorsa
aggiuntiva, mentre altrove possono costituire l’unica traccia in sincronia
utile per la ricostruzione diacronica. Se anche non sapessimo nulla circa
la ricorrenza in antico del futuro sintetico panromanzo in tutti i volgari del Meridione, siciliano incluso, per il pantesco, che pure – come il
resto dei dialetti siciliani – usa il futuro perifrastico identico alla perifrasi modale deontica (ˈjɛ ˈaj a ˈfːaːri, ˈtu ˈa a ˈfːaːri ‘farò/devo fare, farai/devi fare’, etc.) potremmo ricostruirlo per una fase predocumentaria
25 Quelli citati sono contesti nei quali non v’è dubbio circa il valore verbale della forma.
Ad essi se ne aggiungono altri la cui analisi, in particolare quanto allo statuto (se verbale o aggettivale) della forma participiale ricorrentevi, è discussa: v. ad es. unn u lassari apértu ‘non lo
lasciare aperto’ (Tropea [1988: 264, s.v. sbentári]), o sokku si lássa è-ppérsu ‘ogni lasciata è
persa’ (Tropea [1988: 139, s.v. lassári]). V. al proposito il ricco e dettagliato studio, relativo
all’italiano, di Telve (2016) e, sul siciliano, il recente Bentley (2018), cui si rimanda per la bibliografia precedente sullo statuto categoriale dei participi in quelle varietà dialettali.
26 Per l’ausiliare aˈviːrɪ ‘avere’ e la copula ˈɛsːɪrɪ ‘essere’ non si può ricorrere alle perifrasi
deontiche di cui sopra. Di aˈviːrɪ è però possibile elicitare il participio nel piucchepperfetto congiuntivo: s aˈvisːɪ aˈvuːtʊ ccʊ ˈssɔrdɪ … ‘se avessi/-e avuto più soldi …’. Anche il participio di
ˈɛsːɪrɪ, ˈstaːtʊ, ricorre nel piucchepperfetto congiuntivo ed è inoltre garantito dall’omofonia panitaloromanza dei participi di ‘essere’ e ‘stare’ (v. per quest’ultimo (23h) e nota 23).
Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia
295
in base all’avverbio sarra ‘forse, probabilmente’: «sarra avv. forse,
probabilmente: s. véni, s. vínni, s. ćóvi, s. ću dissi ḍḍṛa fímmina forse
glielo ha detto quella donna, ecc.» (Tropea [1988: 262]). Si tratta di un
resto lessicalizzato di sarrà ‘sarà’, attestato (con le varianti serrà/sirrà
etc.) in siciliano antico (Leone / Landa [1984: 71] / Barbato [2007: 180183]) e altrove nel Meridione (cfr. ad es. il napoletano antico e moderno
sarrà ‘sarà’; Subak [1897: 12-13] / Formentin [1998: § 94.V e § 96]) 27.
Come il futuro – del quale anzi si è arrivati a torto a dubitare che
avesse mai preso piede come forma di uso popolare nei dialetti meridionali (v. la nota 27) – anche il congiuntivo presente, oggi generalmente scomparso nel Mezzogiorno, era attestato in antico. L’ampia bibliografia al riguardo ha delineato lo scenario della graduale scomparsa
del congiuntivo presente, così sintetizzato a proposito del siciliano antico nel citato lavoro sul Rebellamentu di Barbato (2007: 183) 28:
«Il siciliano antico presenta già in stato di sfaldamento il sistema “diagonale”
ereditario, con -i- caratteristica della I classe e -a- della II classe […]. Infatti,
come avviene in altri volgari meridionali, la I classe tende a pareggiarsi alla II
in un processo che sembra essere favorito dai casi di coordinazione (o comunque di contiguità) tra le forme delle due classi, cfr. nap.a. onne omo mangia et
veva (Formentin [1998: 440ss.]) […]. Questo processo, che rende identici salvo alla 1a persona il presente congiuntivo e indicativo di I classe, favorisce il
declino dell’uso del congiuntivo nel Meridione, che deve essersi svolto secondo le tappe seguenti […]:
a. il congiuntivo presente viene supplito dall’indicativo nella I classe, venendo così a costituire un paradigma difettivo;
b. il congiuntivo presente viene supplito dall’indicativo anche in quei verbi di
II classe che non posseggono (come ‘potere’ e ‘essere’) un tema specifico;
c. il congiuntivo presente scompare come paradigma morfologico, rimanendo
solo come fossile in locuzioni cristallizzate; le sue funzioni vengono assorbite dall’indicativo presente e dal congiuntivo imperfetto».
27 È noto come si sia a lungo dubitato della popolarità di queste forme nel Meridione: «A
mezzogiorno della linea Viterbo-Perugia-Ancona il futuro è praticamente inesistente […]. Là
dove le forme del futuro compaiono in testi antichi, si tratterà d’influssi letterari; e altrettanto
può dirsi per i dialetti attuali» (Rohlfs [1966-1969: § 589]). Di quest’opinione tradizionale si
presenta un’argomentata confutazione in Loporcaro (1999), ove si annette l’italo-romanzo meridionale all’area in cui insorse il futuro sintetico CANTARE + HABEO.
28 Anche qui, come per il futuro, si è teso a volte a proiettare la situazione odierna sulla
antica: «È noto che il presente congiuntivo nel siciliano […] è stato scarsamente popolare ed è
andato generalmente perduto» (Leone / Landa [1984: 72]). È vero che il congiuntivo presente è
andato perduto, ma la situazione antica, mentre indica riduzione del paradigma e sincretismo
col presente indicativo a partire dalla I classe, non può esser legittimamente letta in termini di
“scarsa popolarità” se non teleologicamente, leggendo i dati antichi alla luce della successiva
scomparsa.
296
Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani
Proprio nei residui lessicalizzati (di verbi irregolari) entro locuzioni
fissate sta la chiave per la ricostruzione del morfoma sommerso, di cui
andranno cercate le tracce in verbi che non abbiano subito livellamento
dell’allomorfia nel presente indicativo. Non potremo dunque valerci di
verbi come kaˈnuʃːɪrɪ ‘conoscere’ (kaˈnuʃːʊ 1sg = kaˈnuʃːɪ 2sg), ˈkriʃːɪrɪ
‘crescere’ (ˈkriʃːʊ 1sg = ˈkriʃːɪ 2sg) o ˈnaʃːɪrɪ ‘nascere’ (ˈnaʃːʊ 1sg = ˈnaʃːɪ
2sg) e dovremo ricorrere invece a verbi che serbino alternanza – tipi
(23f-j) – quali ˈkriːdɪrɪ ‘credere’ (ˈkriːʊ 1sg ≠ ˈkriːdɪ 2sg), ˈtɛːnɪrɪ ‘tenere’
(ˈtɛɲːʊ 1sg ≠ ˈtɛːnɪ 2sg) o ˈviːdɪrɪ ‘vedere’ (ˈviːʊ 1sg ≠ ˈviːdɪ 2sg).
La descrizione di Tropea (1988: LXXVII, nota 292) segnala puntualmente di tali resti di congiuntivo presente, fissati entro congiunzioni o
esclamazioni, per verbi che nel presente indicativo mantengono una distinzione formale B2 ≠ B3: «Forme fossili del congiuntivo, come fázza,
pózza, nzamá [propr. ‘non sia mai’], bomméńńu, mannái̯ a e malinnái̯ a,
véńńa/veńńavá, veńńakká, vińńamukká, per le quali si veda il lessico,
sono adoperate col valore di congiunzioni o di esclamazioni».
Queste le voci del dizionario corrispondenti, la cui fraseologia offre
indicazioni sull’impiego in contesto confermando la marca grammaticale (da Tropea [1988: 24, 57, 205, 233, 331, 324]) 29:
(26) a. «bbinidíka! escl. di meraviglia e di augurio: si adopera dopo aver espresso il proprio compiacimento per il benessere e la prosperità di q., e ha valore di formula per scongiurare il malocchio: fíg̋g̋u kuant-esti bbéḍṛṛu,
bb.!» [verbo bbinidíri, bbinidíćiri].
b. «fazza cong. non vorrei che (con valore scongiuratorio o di minaccia): f.
ti pari ki non vorrei che ti sembrasse che (ad es. io ti voglia defraudare);
dun-akkúra!, f. aviss-a-kkadiri! sta attento, potresti sfortunatamente cadere!, f. tokki ḍḍṛa kósa! Non permetterti mai di toccare quella cosa!» etc.
c. «nzamá cong. col valore di ‘guai se’ o di ‘non vorrei che’: a) n. néšši!
guai a te se esci!, n. va ḍḍṛá! guai a te se vai lì!, n. si rrikóg̋g̋i tárdu! guai
a lui se rientra tardi! », etc.
d. «pozza ki cong. con cui si augura un accidente a q.: p. ki i̯ etta saṅṅu!, p.
ki-tti veńńa un korpu di saṅṅu!, p. ki-tti kala tóssiku!; ecc.».
e. «veńńa escl. avanti!, su!, dai!: v., un-čánčiri čču!, su, smetti di piangere!; anche veńńavá! 2. dammi, passami, portami qua; anche veńńakká! 3.
escl. di impazienza: v., vá, ti kapí! sì, tagliamo corto, abbiamo capito!».
f. «vińńammukká escl. porta qua! (detto con tono perentorio). Cfr. veńńakká!».
29 Benché riportato fra tali fossili nell’elenco di Tropea sopra citato, «bomméńńu! escl.
benvenuto!» (p. 25) presenta una morfologia non in linea con le forme in (26) dal punto di vista
desinenziale, in quanto la -u non appare riducibile alla flessione del congiuntivo presente. Oltre
all’uscita flessiva, anche la glossa farebbe pensare piuttosto ad un participio breve, formato sulla B2. Al momento non ci è possibile addurre per quest’ipotesi conferme indipendenti.
Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia
297
Che si tratti di forme oramai transcategorizzate risulta da considerazioni sia di morfologia che di sintassi. Sul secondo fronte, esse sono
modificabili in modi che non corrispondono alla sintassi del verbo da
cui hanno avuto origine, come si vede in (27a) dove l’aggiunta di ˈdːiu
‘Dio’ non sarebbe stata compatibile con la struttura argomentale di
ˈɛsːɪrɪ ‘essere’:
(27) a. ntsaˈma ˈdːiu si ˈrːumpɪ | ˈmɛtːɪla ˈɖːʐa
b. ˈpɔtːsa ti ˈvɛːnɪ na ʃːutariˈaːta
c. ˈpɔtːsa jiˈtːaːrɪ ˈsaŋɡʊ
‘guai se si rompe! mettila là!’
‘che ti venɡa un attacco di diarrea!’
‘che tu possa sanguinare!’
Sintatticamente, ˈpɔtːsa può essere usato con o senza l’aggiunta di ki
(v. (26d)) e nel secondo caso può esser seguito da verbo all’infinito:
esemplificano le due possibilità gli improperi in (27b-c), ambedue rivolti ad allocutario di seconda persona singolare. Come si vede, anche
col verbo all’infinito ((27c)) ˈpɔtːsa rimane invariabile, mentre del tutto
agrammaticale è la forma *ˈpɔtːsɪ . Quest’ultima era invece, come già
visto in (5), la forma della seconda persona singolare in siciliano antico,
ove pocza ricorreva invece solo alla prima e terza singolare 30. La congiunzione pantesca ˈpɔtːsa trae origine dunque dalla transcategorizzazione di una forma flessa di terza singolare, divenuta invariabile com’è
normale per una congiunzione in una varietà romanza.
6. Conclusione
La conclusione del nostro esercizio ricostruttivo è dunque costituita
dagli schemi di partizione morfomica in (28), che rimandano a una fase
predocumentaria del pantesco:
(28) Residui dello schema L in pantesco (Kägi [2016: 68-69])
a.
1SG
ˈdiːkʊ
–
2SG
ˈdiːʃɪ
–
3SG
ˈdiːʃɪ
(ˈdiːka)
1PL
diˈʃɛːmʊ
–
2PL
diˈʃiːtɪ
–
3PL
ˈdiːʃɪnʊ
–
ˈdiːrɪ ‘dire’
pres_ind
pres_cong
b.
1SG
ˈfatːsʊ
–
2SG
ˈfa
–
3SG
ˈfa
(ˈfatːsa)
1PL
faˈʃɛːmʊ
–
2PL
faˈʃiːtɪ
–
3PL
ˈfanːʊ
–
ˈfaːrɪ ‘fare’
pres_ind
pres_cong
30 Si vedano i seguenti esempi, dal volgarizzamento trecentesco dei Dialogi di San Gregorio: duvi non se pocza truvari ‘dove non si possa trovare’, a czo chi tu poczi intendiri et audiri
maiuri cosi ancora ‘acciocché tu possa sentire cose ancor più grandi’ (Panvini [1989: 88-98]).
298
Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani
c.
1SG
ˈpɔtːsu
–
2SG
ˈpɔ
–
3SG
ˈpɔ
(ˈpɔtːsa)
d.
1SG
ˈvɛɲːʊ
–
2SG
ˈvɛːnɪ
–
3SG
ˈvɛːnɪ
(ˈveɲːa)
2PL
puˈtiːtɪ
–
3PL
ˈpɔnːʊ
–
ˈpɔːtiri ‘potere’
pres_ind
pres_cong
1PL
2PL
viˈnɛːmʊ viˈniːtɪ
(viˈɲːaːmʊ)
–
3PL
ˈvɛnːu
–
ˈvɛːnɪrɪ ‘venire’
pres_ind
pres_cong
1PL
puˈtɛːmʊ
–
Tale fase pregressa permette di riconoscere lo schema L e di eliminare il punto interrogativo che segue B2 nel congiuntivo presente nello
schema in (17), che possiamo quindi così modificare:
(29)
forme
finite
forme
non
finite
Basi verbali in pantesco
*presente congiuntivo
presente indicativo
imperativo
imperfetto indicativo
imperfetto congiuntivo
perfetto semplice
gerundio
infinito
participio passato
1SG
2SG
B2
B3
B5
3SG
1PL
(B2)
2PL
3PL
B4
B1
B5
B5/B1
B5
B3
B6
Tirando le somme, quel che abbiamo fatto è mettere a reagire due
filoni di ricerca: da un lato, per i dialettologi italiani la ricorrenza di resti lessicalizzati del congiuntivo presente è una banalità, menzionata in
ogni grammatica di varietà meridionali appena dettagliata; dall’altro,
questa risorsa non era stata in precedenza sfruttata a fini ricostruttivi
negli studi di morfologia diacronica nella tradizione di cui al § 1, per
restituire le fasi passate di una distribuzione morfomica scomparsa (in
quanto scomparso è il congiuntivo presente) in una varietà priva di documentazione antica.
Che simili resti lessicalizzati siano reperibili alla terza persona singolare è perfettamente compatibile con generalizzazioni saldamente acquisite, sia di natura tipologica (basti ricordare, quanto al carattere non
marcato delle terze persone, la loro maggior frequenza testuale e maggior disponibilità ad ospitare distinzioni morfosintattiche non distribuite
equamente nel paradigma, classici quali Benveniste [1946] / Greenberg
[1975: 41-43]), sia di natura storico-comparativa entro la famiglia ro-
Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia
299
manza. In rumeno l’unico verbo a mantenere forme di congiuntivo presente interamente distinte dall’indicativo è l’ausiliare a fi ‘essere’
((30a)), anche qui come altrove nella Romània altamente irregolare:
(30) a. Presente congiuntivo interamente distinto dall’indicativo in rumeno:
1SG
sunt
fiu
2SG
eşti
fii
3SG
e
fie
1PL
suntem
fim
2PL
sunteți
fiți
3PL
sunt
fie
rum. a fi ‘essere’
pres_ind
pres_cong (să _ )
b. Forme distinte alle sole terze persone del congiuntivo rumeno:
1SG
am
–
2SG
ai
–
3SG
are
aibă
1PL
avem
–
2PL
aveți
–
3PL
au
aibă
rum. a avea ‘avere’
pres_ind
pres_cong (să _ )
c. Distinzione alle terze persone fra congiuntivo e indicativo e schema U in
rumeno:
1SG
zic
=
2SG
zici
=
3SG
zice
zică
1PL
zicem
=
2PL
ziceți
=
3PL
zic
zică
rum. a zice ‘dire’
pres_ind
pres_cong (să _ )
Tutti gli altri verbi, ivi incluso l’altro ausiliare a avea ‘avere’ ((30b))
hanno forme del congiuntivo presente mutuate dall’indicativo alle prime
e seconde persone, ovvero formalmente derivate in sincronia attraverso
una regola di rimando 31. La distinzione permane così unicamente alle
terze persone, singolare e plurale, il che per inciso, come mostra la flessione di zice in (30c), è sufficiente per diagnosticare lo schema U, che il
rumeno presenta al pari dell’italiano standard (Maiden [2018b: 89]) 32.
Similmente, tornando per concludere ai dialetti del Mezzogiorno
d’Italia, il salentino centro-meridionale conserva forme distinte del congiuntivo ovunque tranne nella I coniugazione, dove si ha invece identità
fra ˈɔːju ku ˈkːanta ‘voglio che canti’ (cong.) e ˈiɖːʐu sta ˈkːanta ‘lui canta’ (ind.) (forme del dialetto di vèrnole, prov. di Lecce, attinte da Graziuso [1976]). Come in rumeno, solo la terza singolare e la terza plurale
restano distinte dall’indicativo, ma qui – diversamente che in rumeno (v.
cong. să mănânce ‘che mangi(no)’ ≠ ind. mănâncă ‘mangia(no)’ ← a
31 Per il concetto v. zwicky (1985: 377), Stump (1993) e la sintesi manualistica di Thornton (2005: 132-133).
32 Come in italiano, anche in rumeno <ce>, <ci> valgono [tʃe], [tʃi], ricorrenti in (30c)
nell’allomorfo radicale nelle persone diverse da 1sg e 3pl.
300
Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani
mânca ‘mangiare’) – solo nei verbi di II macroclasse, anche regolari: si
hanno dunque ˈprima ku ˈssenta(ne) ‘prima che senta(no)’ distinto dall’ind. ˈiɖːʐu sta ˈssɛnte /ˈiɖːʐi sta ˈssɛntune ‘lui sente/loro sentono’, cong.
ˈskria(ne) ‘scriva(no)’ ≠ ind. ˈskrie ‘scrive’, ˈskriune ‘scrivono’. Nei
verbi moderatamente irregolari, esemplificati in (31) per il dialetto di
Sandonaci (prov. di Brindisi, v. Cavallo Conversano [2012: 80]) con il
verbo ˈkriːtire ‘credere’, alla distinzione nella flessione affissale si assomma l’allomorfia radicale, tale da delineare lo schema L33:
(31) Il congiuntivo presente nei verbi moderatamente irregolari nel dialetto di
Sandonaci, prov. di Brindisi (Cavallo Conversano [2012: 80]):
1SG
ˈkriːʃu/ ˈkriːu
=
2SG
3SG
1PL
ˈkriːti
ˈkriːte
kriˈtiːmu
= (ku k)ˈkriːʃa
=
2PL
3PL
kriˈtiːti
=
ˈkriː(t)une
(ku k)ˈkriːʃane
ˈkriːtire
‘credere’
pres_ind
pres_cong
Anche in salentino centro-meridionale i verbi ausiliari – e stavolta,
diversamente dal rumeno, anche ‘avere’ – conservano un maggior numero di distinzioni (anche alla 2sg per ˈ(bː)iːre ‘avere’ ed inoltre anche
alla 1sg per ˈ(bː)ɛsːere ‘essere’):
(32) Il congiuntivo presente dei verbi ausiliari nel dialetto di vernole, prov. di
Lecce (Graziuso 1976):
a.
1SG
ˈsuntu
ˈ(bː)ɛsːu
b.
1SG
ˈ(bː)adːʒu
=
2SG
ˈsinti
ˈ(bː)jesːi
2SG
ˈaːi
ˈadːʒi
3SG
ˈɛːte
ˈ(bː)ɛsːa
3SG
ˈaːe
ˈadːʒa
1PL
ˈsiːmu
=
2PL
ˈsiːti
=
3PL
ˈsuntu
ˈ(bː)ɛsːane
ˈ(bː)ɛsːere ‘essere’
pres_ind
pres_cong
1PL
ˈ(bː)iːmu
=
2PL
ˈ(bː)iːti
=
3PL
ˈ(bː)aune
ˈadːʒane
ˈ(bː)iːre ‘avere’
pres_ind
pres_cong
33 Ciò è vero se si considera la 1sg ˈkriːʃu , da un *CRēDEO analogico su vĭDEO, mentre la
coerenza dello schema L appare incrinata se si considera la variante ˈkriːu , in quanto il mutamento fonetico regolare ha oscurato l’originaria regolarità distribuzionale nell’irregolarità. Infatti, ambo gli allotropi muovono da una B2 *kridj- identica a quella del congiuntivo presente:
dei due allotropi, coesistenti in molti dialetti salentini (v. la discussione in Fanciullo [1976: 21],
con dati dalla varietà di Cellino San Marco, in provincia di Brindisi), ˈkriːu ha visto -j- (< -dj-)
assorbito regolarmente dalla vocale alta precedente (spiegazione proposta originariamente da
Salvioni [1907: 1047 e nota 3]) prima della desonorizzazione in - ʃ - caratteristica di Salento e
Puglia centrale. va detto che tale spiegazione puramente fonetica lascia però inspiegato il perché la variante ˈkriː - non ricorra nel congiuntivo, dove invece si ha regolarmente ˈkriːʃ - (così
come, in parallelo, ˈdeːʃa ‘dia’, ˈkaːʃa ‘cada’, ˈvaːʃa ‘vada’, ˈviːʃa ‘veda’, etc.; v. Graziuso [1976:
260]; Mancarella [1998: 184]).
Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia
301
Il permanere in pantesco di forme lessicalizzate di congiuntivo presente quasi esclusivamente di terza persona singolare appare dunque in
linea con una tendenza osservabile là dove, nel Meridione, il congiuntivo presente, pur in via di riduzione attraverso sincretismo, si conserva
ancora come tempo verbale autonomo.
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Finito di stampare nel dicembre 2018 dalla Tipografia Luxograph srl - Palermo
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