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Loporcaro, Kaegi & Gardani 2018 Morfomi sommersi

2018

MORFOMI SOMMERSI IN PANTESCO O DELL'ARTE DI ARRANGIARSI IN MORFOLOGIA* 1. Introduzione

CENTRO DI STUDI FILOLOGICI E LINGUISTICI SICILIANI BOLLETTINO SUPPLEMENTI 21 P ALER M O 201 8 CAPITOLI DI MORFOSINTASSI DELLE VARIETÀ ROMANZE D’ITALIA: TEORIA E DATI EMPIRICI a cura di Annamaria Chilà e Alessandro De Angelis P ALERM O 2018 Volume pubblicato con il contributo dell’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana Capitoli di morfosintassi delle varietà romanze d’Italia : teoria e dati empirici / a cura di Alessandro De Angelis, Annamaria Chilà. - Palermo : Centro di studi filologici e linguistici siciliani, 2018. (Bollettino / Centro studi filologici e linguistici siciliani. Supplementi ; 21) ISBN 978-88-96312-90-2 1. Lingue neolatine – Sintassi – Italia. I. De Angelis, Alessandro <1972>. II. Chilà, Annamaria <1984->. 455 CCD-23 SBN Pal0311490 CIP - Biblioteca centrale della Regione siciliana “Alberto Bombace” TUTTI I DIRITTI RISERVATI © 2018 CENTRO DI STUDI FILOLOGICI E LINGUISTICI SICILIANI - PALERMO Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani MORFOMI SOMMERSI IN PANTESCO O DELL’ARTE DI ARRANGIARSI IN MORFOLOGIA* 1. Introduzione L’«arte di arrangiarsi» di cui al titolo pertiene alla morfologia come disciplina e alle sue procedure analitiche, non alla morfologia in quanto componente di struttura come invece ad es. il ‘ciarpame’, «junk», nel celebre titolo di Lass (1999). Ne faremo uso in relazione all’analisi della flessione verbale del dialetto di Pantelleria, che condurremo con il metodo della morfologia autonoma, richiamato pro memoria con i tre schemi di partizione morfomica in (1). Un’ampia mole di studi, nel quadro della morfologia autonoma, a partire da Maiden (1992), ha mostrato la pertinenza, per lo studio della flessione verbale romanza, di «classi di partizione morfomica» (Maiden * Il lavoro è parte del progetto di ricerca “Linguistic morphology in time and space (LiMiTS)” (Sinergia [SNF CRSII1_160739]) finanziato dal Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca Scientifica. Le inchieste sul campo (svolte a più riprese tra 2009 e 2017) sono state cofinanziate dal programma “Sprache und Raum (SpuR)” e dal Romanisches Seminar dell’Università di Zurigo. Grazie a Giovanni Ruffino per i primi contatti sull’isola, a Paola Fatini e Anna Rosa D’Ancona per l’aiuto insostituibile nelle inchieste ed a tutti gli amici panteschi per il tempo dedicatoci e la pazienza con cui hanno risposto alle nostre domande. Grazie infine per gli spunti di discussione ai presenti al 13° Cambridge Italian Dialect Syntax-Morphology Meeting (Messina, luglio 2018) e a Marcello Barbato, Federica Breimaier, Alberto Giudici, Alice Idone e Anna M. Thornton per le preziose osservazioni a una prima versione dello scritto. Una prima tappa nel percorso che ha condotto a questo saggio è costituita dalla tesi di Kägi (2016), mentre la responsabilità del presente lavoro è così suddivisa: a M.L. sono da ascriversi i §§ 2 e 4, a N.K. i §§ 5 e 6, a F.G. i §§ 1 e 3. I dati raccolti sul campo sono presentati in trascrizione fonetica IPA, mentre quelli citati dal dizionario di Tropea (1988) sono riportati, con minimi adattamenti, nella grafia originaria. 274 Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani (1) Distribuzioni dell’allomorfia radicale (Maiden [1995, 2003, 2004, 2005, 2011]): 1SG 2SG 3SG 1PL 2PL 30L pres_ind 1SG 2SG 3SG 1PL 2PL 3PL pres_cong 1SG 2SG 3SG 1PL 2PL 3PL pres_ind ‘a U’ 1SG 2SG 3SG 1PL 2PL 3PL pres_cong c. ‘a N’ 1SG 2SG 3SG 1PL 2PL 3PL pres_ind/cong a. ‘a L’ b. [1995, 2003, 2005, 2011]; la nozione di «morfoma» si deve ad Aronoff [1994]) quali quelle schematizzate in (1). Esse articolano il paradigma in collezioni di celle che, pur insorte in diacronia per mutamento fonologico (v. (2a-c), dove si riportano le cause fonologiche originarie di (1a-c), rispettivamente), se ne sono discostate e sono dunque in sincronia irriducibili a regolarità fonologiche, così come d’altra parte non sono riconducibili a fattori morfosintattici: (2) Origine in diacronia degli schemi L, U, N (Maiden [2003, 2005: 146-158, 2011: 223]): a. ‘effetto yod’: p.es. it. ant. vegno < lat. venio, in relazione allomorfica con vieni, venite etc.; b. palatalizzazione/affricazione delle consonanti velari: p.es. it. pun[dʒ]e < lat. pun[g]it, in relazione allomorfica con pun[g]o; c. differenziazione qualitativa fra vocali toniche ed atone (> alternanze allomorfiche condizionate accentualmente): p.es. it. vieni ≠ venite. Tali schemi morfomici, puramente morfologici, influiscono sul mutamento mostrando così di costituire principi organizzativi del paradigma flessivo, in particolare verbale1. Le partizioni morfomiche manifestate dalla distribuzione dell’allomorfia radicale sono in genere riconoscibili in base all’ispezione complessiva del paradigma verbale e richiedono quindi un sistema di tempi/modi sufficientemente articolato. Così, 1 Cfr. tuttavia Maiden (1997: 53-55) per la distribuzione morfomica dell’allomorfia radicale nel paradigma della classe flessiva carte/cărţi ‘libro/-i’ (NOM /ACC) cui appartengono molti nomi femminili in rumeno, lingua la cui flessione bicasuale consente una tale diagnosi di morfomicità (cărţi è anche il GEN /DAT singolare e dunque l’allomorfo radicale cărţ- non può essere associato ad un valore univoco, né di caso né di numero). Nelle altre lingue romanze odierne, al contrario, eventuali allomorfie nel nome (ad es. amico/amici) sono forzatamente allineate al valore del numero risultando così morfosintatticamente motivate e pertanto non morfomiche. Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia 275 l’accertamento della ricorrenza, in una determinata varietà, del cosiddetto ‘schema N’ («N-pattern», (1c)) richiede che il sistema annoveri un presente indicativo (condizione dovunque adempiuta) ovvero un presente congiuntivo (v. Maiden [2011: 255]) da confrontare con il resto dei tempi e modi. Si ha infatti un tale schema se tutte le celle del singolare e la sola III plurale (del presente indicativo, del presente congiuntivo o, eventualmente, di ambedue come in italiano, v. (3)) ospitano un allomorfo radicale x, distinto da un altro allomorfo y, ricorrente nei restanti tempi e modi: (3) Schema N per suppletivismo nell’it. ANDARE (Maiden [2018b: 194]) 1SG 2SG 3SG 1PL 2PL 3PL … altri tempi e modi… vado vai va andiamo andate vanno pres_ind vada vada vada andiamo andiate vadano pres_cong … altri tempi e modi… Similmente, per la diagnosi degli schemi di partizione morfomica L ed U si richiede l’ispezione contestuale dei paradigmi del presente indicativo e del presente congiuntivo: «The label ‘L-pattern’ stands for a distribution such that a distinctive form is shared, uniquely, by the whole of the present subjunctive together with the first person singular present indicative» (Maiden [2018b: 84]). Il nostro lavoro s’inquadra in un filone recente in cui questa metodologia viene applicata all’analisi in dettaglio di singoli sistemi dialettali italo-romanzi in base a dati di prima mano (v. Loporcaro [2012b, 2013]; Ricca [2017]). La questione di fondo che poniamo è se sia possibile diagnosticare l’esistenza entro un sistema dialettale dello schema L o U anche in assenza del presente congiuntivo. Al § 2, menzionati i cenni al siciliano nella bibliografia recente sulla flessione verbale romanza, si attingeranno agli studi sul siciliano antico esempi di schema L. Un breve inquadramento del pantesco (§ 3) introdurrà quindi la discussione della flessione verbale in tale dialetto (§ 4), del tutto privo di attestazioni prenovecentesche. Al § 5, infine, saranno tematizzate le lacune – vere o solo presunte, da sempre esistenti ovvero dovute alla perdita di forme verbali in diacronia – entro tale sistema verbale, per giungere alla ricostruzione dello schema di partizione morfomica L il quale, benché non osservabile attualmente, è – si mostrerà – ricostruibile per una fase passata di questo dialetto. 276 Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani 2. Prodromo: il siciliano antico e moderno negli studi sulla flessione verbale romanza Com’è noto, la mancanza del presente congiuntivo caratterizza la fase moderna della generalità dei dialetti del Mezzogiorno, per i quali, volendo studiare la morfologia del presente congiuntivo, bisogna ricorrere alle attestazioni antiche. In effetti, se si sfoglia Maiden (2018b) – la cui ricchissima rassegna verte in larga misura sulle varietà dialettali moderne (v. Maiden [2018b: 36]) – alla ricerca di discussioni relative a dialetti italo-romanzi odierni, si vede che il siciliano vi è citato a vario proposito, ad es. per i perfetti forti del tipo kritti (p. 67), per le doppie forme di participio (chiusu/chiurutu, cap. 7), o per lo schema N (al cap. 6; v. Maiden [2018b: 205]): (4) a. replica dello schema N: suppletivismo di DARE nel dialetto di Acàte (prov. di Ragusa; Leone [1980:142]) 1SG 2SG 3SG 1PL 2PL 3PL ˈruɲːu ˈru(ːni) ˈruːna ˈramːu ˈraːti ˈruːnunu pres_ind b. replica dello schema N: suppletivismo di AFFLARE nel dialetto di Acàte (Leone [1980: 39]) 1SG 2SG 3SG ˈtrwoːvu ˈtrwoːvi ˈtrɔːva 1PL 2PL 3PL ˈʃaːmu ˈʃaːti ˈtrɔːvunu pres_ind Nessuna menzione di dialetti siciliani ricorre, invece, nel cap. 5 dedicato a «The L-pattern and the U-pattern»2. Nel siciliano medievale, d’altra parte, lo schema L è bene attestato, come mostrano gli esempi in (5), tratti dal classico saggio sulla morfologia verbale nel volgare antico di Leone / Landa (1984: 47s., 78s.). (5) Schema L nei verbi fari e potiri in siciliano antico: 1SG 2SG 3SG 1PL 2PL faczu fai fa fachimu fachiti facza faczi facza faczamu faczati 3PL fanu fàczanu a.sic. fari pres_ind pres_cong 2 Per inciso, per il lettore non familiare con questi aspetti di teoria morfologica, sottolineiamo che i dati siciliani in (4) – così come quelli italiani in (3) – danno un’idea di cosa s’intenda per autonomia di questi principi di organizzazione del paradigma morfologico. Come visto in (2c), l’origine dello schema N – così come quella degli altri schemi morfomici – è fonologica, risalendo tali allomorfie all’alternanza vocalica tra forme rizotoniche e rizoatone; il suo replicarsi in paradigmi suppletivi come (3) e (4), tuttavia, alla fonologia non è in alcun modo riconducibile. Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia 277 1SG poczu 2SG poi 3SG po(ti) 1PL putimu 2PL putiti 3PL pòtinu a.sic. putiri pres_ind pocza poczi pocza puczamu puzati pòczanu pres_cong Ciò è stato tematizzato nello studio, omologo al nostro per strumentario analitico, sulla lingua del Rebellamentu primo-trecentesco ad opera di Barbato (2007: 168), donde è tratto lo schema (6). (6) Schema L nei verbi con tema in velare (Barbato [2007: 168]) 1SG 2SG 3SG 1PL dichdic- 2PL 3PL a.sic. diri pres_ind pres_cong Tornando al citato cap. 5 di Maiden (2018b), l’unico dialetto meridionale ivi menzionato è il napoletano, proprio per l’ampia documentazione in antico del congiuntivo presente che permette a Maiden (2018b: 98s.) di affiancare al moderno ˈmɛkːə ‘metto’ l’ant. napol. mecca ‘metta’ sulla scorta di Ledgeway (2009: 377-380) il quale, come già Formentin (1998: 361s.), raduna forme di congiuntivo di verbi irregolari che permettono di individuare per molti verbi una distribuzione a L dell’allomorfia radicale. La soluzione del giallo, dunque, il lector in fabula la possiede già, e la conclusione della nostra dimostrazione è, dal punto di vista dei dati empirici, scontata, in quanto sarebbe fallace ogni ricostruzione che pervenisse a risultati incompatibili con quanto risulta dall’indagine delle attestazioni antiche di una data lingua3. Rovinata così la suspense, lo studio che proponiamo vale piuttosto come indicazione di metodo circa, appunto, l’arte di arrangiarsi dato un quadro di documentazione sfavorevole, strettamente limitato alla sincronia. 3. Il pantesco Il nostro studio riguarda una varietà del tutto priva di documentazione antica, il pantesco, parlato a Pantelleria, isola di ca. 7.700 abitanti sita a 95 km dalla costa della Sicilia e 67 da quella tunisina. Dati su que3 Sulla gerarchia delle fonti di prova in linguistica diacronica e sulla primazia fra di esse della prospezione documentaria v. Loporcaro (2015: 133-137). 278 Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani sto dialetto sono disponibili soltanto a partire dal Novecento: fonte (edita) principale è il vocabolario con ampia introduzione grammaticale di Tropea (1988) 4. Presenteremo qui la morfologia verbale pantesca in base ai dati registrati in Tropea (1988: LXXVII-XCIV) e Kägi (2016) (questi ultimi frutto delle inchieste sul campo di cui alla nota introduttiva), per poi concentrarci sulla questione dello schema L. Il pantesco è un oggetto di ricerca affascinante, in particolare per la linguistica del contatto. Pantelleria subì la conquista araba un secolo abbondante prima della Sicilia mentre la riconquista normanna è solo del 1221, ossia di un secolo e mezzo posteriore a quella della Sicilia. Parlanti arabo, nell’interno dell’isola, si trovavano ancora durante il Seicento (v. Bresc [1986, II: 623, nota 177]; Cremona [1994: 290, nota 7]; Brincat [2003: 98]). In conseguenza dunque di queste circostanze storiche, l’impatto del contatto con l’arabo è forte in ogni ambito strutturale, dal lessico (gli arabismi – ben documentati da Tropea [1988] – vi sono più numerosi che non i già molti del siciliano) alla fonologia, dove ad es. gli arabismi possono mantenere la fricativa laringale, altrove sempre adattata in k o f: ad es. mahaˈluɟːʊ ‘cotone grezzo di scarto’ (Tropea [1988: 150]) < ar. mahlūǧ ‘pulito’ (Pellegrini [1972: 481]). Effetti visibili di tale contatto si riscontrano anche nella morfologia verbale, dove il piucchepperfetto (indicativo) è calcato notoriamente sull’arabo presentandosi – caso unico nella Romània – come perifrasi verbale composta di due forme finite anziché di ausiliare e participio 5: (7) 1SG 2SG 3M.SG 3F.SG Piucchepperfetto a. maltese b. pantesco ˈɛːra ˈskrisːɪ kont ktibt kont ktibt ˈɛːra skriˈvistɪ kien kíteb ˈɛːra ˈskrisːɪ kienet kítbet ˈɛːra ˈskrɪsːɪ Brincat (2003: 104) ‘avevo scritto’ ‘avevi scritto’ ‘aveva scritto’ 4 Molti altri lavori hanno poi trattato del pantesco in base a quei dati, mentre ulteriori dati di prima mano sono addotti in Loporcaro / D’Ancona / Fatini (2010), Loporcaro (2012a) e Kägi (2016). Precedenti rispetto a Tropea (1988), gli unici altri studi di prima mano sul pantesco sono le tesi inedite di Valenza (1936-1937) (citata in Tropea [1988: X]), D’Ancona (1966-1967) e Fatini (1998-1999) (le ultime due di taglio lessicografico-etnografico). 5 In realtà, sia alcuni dei nostri informatori (per il centro di Pantelleria) sia alcuni degli esempi nella fraseologia del lessico di Tropea (1988) presentano ricorrenze del piucchepperfetto panromanzo: makári avía putútu kkattári tuttikósa! ‘magari avessi potuto comprare tutto!’ (Tropea [1988: 150], s.v. makári). Alcuni informatori da noi intervistati, specie delle frazioni rurali, rigettano affatto queste forme, che potrebbero esser state riprese secondariamente dal siciliano comune. Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia 279 La formazione araba del piucchepperfetto – esemplificata in (7a) con il maltese 6 – consiste di due forme ambedue flesse per persona, numero e genere, la seconda del verbo lessicale (passato perfettivo), la prima dell’ausiliare kaˉna ‘essere’ (passato imperfettivo). In pantesco la differenza aspettuale è calcata con l’uso rispettivamente del perfetto del verbo lessicale preceduto dall’imperfetto dell’ausiliare, quest’ultimo però fissato in una forma originariamente di 3sg non più flessa per persona/numero. 4. La flessione verbale del pantesco Con ciò siamo dunque passati a parlare della flessione verbale del pantesco il quale, come vedremo, benché così esposto al contatto con l’arabo, mantiene nell’ambito della distribuzione dell’allomorfia radicale nel verbo una fisionomia pienamente romanza7. In (8) si riporta il paradigma del presente indicativo della flessione verbale regolare dei verbi di I coniugazione (in questo schema e nei successivi si omette il piucchepperfetto, formato sempre come ora visto in (7))8. Degli irregolari in -aːrɪ si dirà commentando (11c). Messi da parte questi, l’unica altra deviazione notevole dallo schema (8) si riscontra alla 3pl del presente indicativo dei verbi formati col suffisso -iˈaːrɪ (risa6 Il maltese – il cui statuto sociolinguistico è di lingua a sé stante e che (fatto anch’esso ben noto) è venuto a divergere profondamente dai restanti dialetti arabi per lessico (d’origine romanza per oltre il 50%, mentre la componente semitica ereditaria vi è ridotta a un 32%: Brincat [2011: xxxv]) e grammatica – è citato qui, sulla scorta di Brincat (1977), come il rappresentante delle varietà arabe più vicino per vicenda storica al pantesco. 7 L’osservazione, data la pervasività del contatto, non è oziosa, come mostra – da altro ramo della Romània – l’inappuntabile confutazione ad opera di Maiden (2018a) delle presunte motivazioni slave della distribuzione dell’allomorfia radicale nel verbo rumeno suggerite da Elson (1994, 1999, 2017). 8 Le trascrizioni, a partire dai dati in (7b), adottano per la notazione delle vocali alte un criterio convenzionale: si trascrivono i u le vocali protoniche e toniche, ɪ ʊ le postoniche. Questo criterio “ritaglia” l’ampio spettro di variazione effettivamente osservato (per cui le toniche oscillano fra i ɪ e u ʊ, le postoniche fra i ɪ e e u ʊ o), tenendo conto dell’asimmetria nei giudizi di grammaticalità forniti da alcuni parlanti (nati dagli anni Ottanta in poi), per i quali l’atona protonica è sempre alta ma la postonica è medioalta (ad es. muˈviste ‘muovesti’, mai *mo-). Si noti che questa tendenza pare più una ricerca di assetto stabile – comunque subfonematico, in quanto né in protonia né in postonia si ha (o si crea) opposizione – entro la variazione ereditata (resa nelle trascrizioni di Tropea sempre con la soluzione “siciliana”: ad es. sintísti ‘sentisti’, Tropea [1988: LXXXVII]) – che non il frutto di un adeguamento all’italiano, poiché se in alcuni casi produce convergenza con lo standard, in altri (in presenza di -i desinenziali dello standard) produce invece divergenza: v. ad es. il presente – per questi parlanti – ˈmɔːvo ‘muovo’, ˈmɔːve ‘muovi = muove’, o il perfetto ˈpɛrse ‘persi = perse’. 280 Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani (8) Flessione regolare: I classe (kanˈtaːrɪ) pres_ind 1SG 2SG 3SG 1PL 2PL 3PL ˈkantʊ ˈkantɪ ˈkanta kanˈtaːmʊ kanˈtaːtɪ ˈkantɪnʊ kanˈtaːmʊ kanˈtaːtɪ kanˈtaːva kanˈtamːʊ kanˈtavːʊ kanˈtaŭ kanˈtamːʊ kanˈtastɪvʊ kanˈtaːrʊ kanˈtasːɪmʊ kanˈtasːɪvʊ ˈkanta imper impf_ind kanˈtaːva kanˈtaːvɪ perf_semp kanˈta((v)i) kanˈtastɪ impf_cong kanˈtasːɪ ger kanˈtanːʊ inf kanˈtaːrɪ part_pass kanˈtaːtʊ kanˈtanːʊ kanˈtasːɪrʊ lente al lat. -IDIARE, a sua volta d’origine greca, affisso produttivamente a basi di varia provenienza, come nel grecismo nakuliˈaːrɪ ‘dondolare’ o nell’arabismo taliˈaːrɪ ‘guardare’), suffisso che diversamente che in altri dialetti meridionali non diviene ampliamento flessivo nelle celle N del paradigma e dunque non crea – come invece spesso accaduto nel Mezzogiorno – una sottoclasse flessiva entro la I coniugazione. Tuttavia, la conformazione fonetica del suffisso, se nelle rimanenti persone genera semplicemente uno iato, nella 3pl può variabilmente far sorgere geminazione di -n- per assorbimento di tale iato (v. per questa formazione del presente Tropea [1988: LXXXII]; ulteriori terze plurali di questo tipo sono elencate a p. XXVIII): (9) Flessione del presente dei verbi di I classe in -iˈaːrɪ (es. vuʃɪˈaːrɪ ‘gridare’): pres_ind 1SG 2SG 3SG 1PL 2PL 3PL vuˈʃiʊ vuˈʃiɪ vuˈʃia vuʃiˈaːmʊ vuʃiˈaːtɪ vuˈʃiinʊ/vuˈʃinːʊ La stessa geminazione per riduzione di iato si ha nell’imperfetto indicativo di tutti i verbi. Come in quel caso, anche nel presente dei verbi in -iˈaːrɪ si tratta di una particolarità riducibile alla fonologia e dunque non tale da configurare allomorfia con conseguente irregolarità flessiva. In (10) si riporta il paradigma della flessione verbale regolare dei verbi della II macroclasse 9: 9 Per il concetto di macroclasse flessiva e la sua applicazione al sistema verbale dell’italiano v. Dressler / Thornton (1991). Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia 281 (10) Flessione regolare: II macroclasse (ˈbːatːɪrɪ ‘battere’ = ˈviːvɪrɪ ‘bere’, ˈpartɪrɪ ‘partire’ ≠ pjaˈʃiːri ‘piacere’) pres_ind 1SG 2SG 3SG 1PL 2PL 3PL ˈbːatːʊ ˈbːatːɪ ˈbːatːɪ bːaˈtːɛːmʊ bːaˈtːiːtɪ ˈbːatːɪnʊ bːaˈtːɛːmʊ bːaˈtːiːtɪ ˈbːatːɪ imper impf_ind bːaˈtːiːa bːaˈtːiːe bːaˈtːiːa bːaˈtːimːʊ bːaˈtːivːʊ bːaˈtːinːʊ perf_semp bːaˈtːi(e), bːaˈtːe bːaˈtːistɪ bːaˈtːiːʊ bːaˈtːimːʊ bːaˈtːistɪvʊ bːaˈtːeːrʊ bːaˈtːisːɪmʊ bːaˈtːisːɪvʊ bːaˈtːisːɪrʊ impf_cong bːaˈtːisːɪ ger bːaˈtːɛnːʊ inf ˈbːatːɪrɪ part_pass bːaˈtːuːtʊ Come in generale nel Meridione, la II macroclasse è qui ancor più compatta che nel toscano. L’unica differenza residua fra i verbi regolari risalenti alla II, III e Iv coniugazione latina sta nell’accento dell’uscita dell’infinito -ˈiːrɪ /ˈ-ɪrɪ. Per il resto il tipo pjaˈʃiːrɪ e il tipo ˈviːvɪrɪ ‘vivere’ (ˈpartɪrɪ ‘partire’, ˈnɛʃːɪrɪ ‘uscire’, etc.) si flettono esattamente allo stesso modo. Ciò è vero anche, fra i corrispettivi italiani, per piacere/battere, mentre fra questi e partire, pur fra le molte convergenze, restano un maggior numero di distinzioni flessive ( piacete ≠ partite, piacevo ≠ partivo, piacesse ≠ partisse, etc.). La II macroclasse presenta inoltre, come in italiano, verbi con ampliamento tematico, risalente al suffisso -SCO, nelle celle N del solo presente indicativo e imperativo (Kägi [2016: 51]): (11) Flessione regolare con ampliamento tematico: II macroclasse ( fiˈniːri ‘finire’) 1SG 2SG 3SG 1PL 2PL 3PL pres_ind fiˈniʃːʊ fiˈniʃːɪ fiˈniʃːɪ fiˈnɛːmʊ fiˈniːtɪ fiˈniʃːɪnʊ imper fiˈniʃːɪ fiˈnɛːmʊ fiˈniːtɪ L’infinito di questi ultimi è sempre rimasto parossitono (contrariamente al resto dei verbi già in -īRE: v. ad es. ˈgraːpɪrɪ ‘aprire’), come nota, nella sua trattazione dell’oscillazione dell’accento nell’infinito nei dialetti siciliani, Leone (1980: 29ss.) delimitando l’insieme dei verbi (risalenti in parte alla II e in parte alla Iv coniugazione latina) che mantengono l’accentazione piana: «Costante appare l’accento sulla penultima (oltre che, ovviamente, sui bisillabi: jiri, riri ‘dire’) in verbi come 282 Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani aviri, putiri, vuliri, sapiri, e in tutti quegli altri che (al pari di un gruppo di verbi della terza coniugazione italiana) hanno al presente la forma incoativa» [ovvero, l’ampliamento tematico -iʃː-]10. Rispetto a questa lista, in pantesco il manipolo dei verbi non di I coniugazione rimasti parossitoni si è ulteriormente eroso perdendo ˈpɔːtɪrɪ. Si noti che questa recessività del tipo -íri ha un legame indiretto con le dinamiche di acquisizione della morfologia verbale pantesca descritte da Tropea (1988: XCIV), il quale registra all’opposto nel pantesco infantile «lo spostamento d’accento dell’infinito di verbi in -iri [mittíri ‘mettere’, pirdíri ‘perdere’, vivíri ‘bere’, kridíri ‘credere’ […] (contro méttiri, pérdiri, víviri, krídiri […] del linguaggio degli adulti)]». Questa dinamica conferma comunque la debolezza dell’opposizione fra le due classi, distinte solo per l’accento di quest’unica forma flessa. Leone (1980) considera inoltre -iri l’esponente di una classe unica, non attribuendo dunque alla differenza tra forme rizoatone e rizotoniche, per i verbi regolari, rilevanza ai fini dell’allomorfia: quest’ultima è invece la soluzione prescelta ad es. per l’italiano standard da Thortnon (2007), che sulla scorta di Dressler / Thornton (1991) ammette due basi distinte anche per il presente dei verbi regolari italiani. Gli schemi di partizione morfomica in (1) s’inseriscono in un quadro più ampio, quello definito dalla distribuzione delle basi nello spazio paradigmatico, retta – nelle lingue romanze – da regolarità del tipo sintetizzato per l’italiano nello schema in (12) (da Pirrelli / Battista [2000]; B sta per base e i diversi indici distinguono basi fra loro distinte in almeno un paradigma). Per arrivare a questa sintesi, è utile distinguere in prima istanza fra i verbi moderatamente e quelli altamente irregolari. In (13a) si riporta la lista degli 8 verbi altamente irregolari dell’italiano (v. Pirrelli / Battista [2000: 338]). Nei dialetti italo-romanzi sin qui descritti con questa metodologia, tale lista è più ristretta, come mostra il sardo logudorese in (13b), e più sottili sono le differenze11. Dall’elenco in (13c) risulta che così è anche in pantesco, dove sono altamente irregolari anzitutto i verbi aˈviːrɪ (14) ed ˈɛsɪːrɪ (15). 10 Da Tos / Benincà (2010: 56) parlano al riguardo di un’oscillazione pressoché generalizzata: «gli infiniti della maggior parte dei verbi in -iri possono avere sia pronuncia parossitona che proparossitona, senza che a ciò corrispondano differenze nella flessione». 11 Fa eccezione la trattazione del napoletano di Ledgeway (2009: 380-391), che include in questa lista i verbi modali: AVÉ ‘avere’, ÉSSE ‘essere’, DÁ ‘dare’, FÁ ‘fare’, STÁ ‘stare’, PUTÉ ‘potere’, SAPÉ ‘sapere’, VULÉ ‘volere’, JÍ ‘andare’. Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia 283 (12) Basi verbali in italiano (Pirrelli / Battista [2000: 337, 359]), con modifiche: 1SG forme finite 2SG presente congiuntivo B2 presente indicativo B3 3SG 1PL 2PL B4 3PL B2 imperativo imperfetto indicativo imperfetto congiuntivo perfetto semplice B1 B5 B5 condizionale presente B5 B6 futuro forme non finite gerundio B1 participio passato B7 infinito B8 (13) a. italiano: «the 8 truly exceptional base verbs are: AVERE ‘have’, ESSERE ‘be’, ANDARE ‘go’, DARE ‘give’, fare ‘do, make’, STARE ‘stay, be’, DIRE ‘say, tell’, SAPERE ‘know’»; b. sardo logudorese: ÁER ‘avere’, ÉSSER ‘essere’, DARE ‘dare’, NÁRRER ‘dire’ (Loporcaro [2012b: 13]). c. pantesco: AVIRI ‘avere’, DARI ‘dare’, DIRI ‘dire’, ÉSSIRI ‘essere’, SAPÍRI ‘sapere’, VULÍRI ‘volere’; ma non FARI ‘fare’, JIRI ‘andare’, STARI ‘stare’. (14) Coniugazione del verbo aˈviːrɪ ‘avere’ 1SG 2SG 3SG 1PL 2PL 3PL pres_ind ˈajʊ ˈa ˈaːvɪ aˈvɛːmʊ aˈviːtɪ ˈanːʊ impf_ind aˈviːa aˈviːe aˈviːa aˈvimːʊ aˈvivːʊ aˈvinːʊ perf_semp ˈɛbːɪ, ˈapːɪ, ˈɛpːɪ aˈvistɪ ˈɛbːɪ, ˈapːɪ, ˈɛpːɪ ˈɛbːɪmʊ, ˈapːɪmʊ, ˈɛpːɪmʊ, aˈvimːʊ aˈvistɪvʊ ˈɛbːɪrʊ, ˈapːɪrʊ, ˈɛpːɪrʊ aˈvisːɪmʊ aˈvisːɪvʊ aˈvisːɪrʊ impf_cong aˈvisːɪ ger aˈvɛnːʊ inf aˈviːrɪ part_pass aˈvuːtʊ Così è anche per saˈpiːrɪ, vuˈliːrɪ e ˈdaːrɪ, le cui irregolarità sono però concentrate nel solo presente indicativo (in particolare nelle differenze fra le basi ricorrenti alla 2sg e alla 3sg) nonché, per l’ultimo fra essi, 284 Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani (15) Coniugazione del verbo ˈɛsːɪrɪ ‘essere’ pres_ind impf_ind perf_semp 1SG ˈsu, ˈsuɲːʊ ˈɛːra ˈfue 2SG ˈsi(e),ˈsɛ ˈɛːrɪ ˈfustɪ 3SG ˈɛ, ˈɛstɪ ˈɛːra ˈfu ˈfusːɪ12 impf_cong 1PL ˈsɛːmʊ ˈɛrmːʊ ˈfumːʊ 2PL ˈsiːtɪ ˈɛrvʊ ˈfustɪvʊ ˈfusːɪmʊ ˈfusːɪvʊ 3PL ˈsu, ˈsunːʊ ˈɛrnʊ ˈfuːrʊ, ˈfuːrɪnʊ ˈfusːɪrʊ, ˈfusːɪnʊ ɛˈsːɛnːʊ ˈɛsːɪrɪ ˈstaːtʊ ger inf part_pass all’imperativo, per il quale Tropea (1988: LXXXII) riporta la 2sg dúmmi ‘dammi’, dummíllu/dammíllu ‘dammelo’ di contro alla 2pl dátimi ‘datemi’, datiníllu ‘dàtecelo’: (16) 1SG 2SG 3SG pres_ind ˈduɲːʊ/ˈdu ˈduːnɪ/ˈda ˈduːna pres_ind pres_ind ˈsatːʃʊ ˈvɔɟːʊ ˈsa ˈvɔ ˈsaːpɪ ˈvɔːlɪ 1PL ˈdaːmʊ, ˈdɛːmʊ saˈpɛːmʊ vuˈlɛːmʊ 2PL 3PL ˈdaːtɪ ˈdunːʊ ˈdaːrɪ saˈpiːtɪ vuˈliːtɪ ˈsanːʊ ˈvɔnːʊ saˈpiːrɪ ‘sapere’ vuˈliːrɪ ‘volere’ ‘dare’ Una volta esclusi i verbi altamente irregolari è possibile formulare uno schema generale che renda conto della differenziazione massimale determinata dall’allomorfia radicale nei verbi moderatamente irregolari (da Kägi [2016: 60] con modifiche): (17) forme finite forme non finite Basi verbali in pantesco *presente congiuntivo presente indicativo imperativo imperfetto indicativo imperfetto congiuntivo perfetto semplice gerundio infinito participio passato 1SG 2SG B2 B3 B5 3SG 1PL 2PL (B2 ?) 3PL B4 B1 B5 B5/B1 B5 B3 B6 12 Tropea (1988: LXXVIII) riporta anche la forma alternativa fóra (sing.), plur. fórmu, fórvu, fórnu. Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia 285 Riferendosi a questo schema è ora possibile commentare ulteriormente le scelte di inclusione o esclusione di verbi nella lista degli altamente irregolari in (13c). Prendiamo il verbo ˈdiːrɪ, per il quale è decisivo il rapporto tra la forma dell’infinito e il resto del paradigma, riportato in (18): (18) Coniugazione del verbo ˈdiːrɪ ‘dire’ pres_ind imper impf_ind perf_semp impf_cong ger inf part_pass 1SG ˈdiːkʊ diˈʃiːa ˈdisːɪ 2SG ˈdiːʃɪ ˈdi diˈʃiːe diˈʃistɪ diˈʃisːɪ 3SG ˈdiːʃɪ 1PL diˈʃɛːmʊ diˈʃɛːmʊ diˈʃiːa diˈʃimːʊ ˈdisːɪ ˈdisːɪmʊ diˈʃisːɪmʊ diˈʃɛnːʊ ˈdiːrɪ ˈditːʊ 2PL diˈʃiːtɪ diˈʃiːtɪ diˈʃivːʊ diˈʃistɪvʊ diˈʃisːɪvʊ 3PL ˈdiːʃɪnʊ diˈʃinːʊ ˈdisːɪrʊ diˈʃisːɪrʊ Come si vede, la B1 diˈʃ- non ricorre all’infinito, dove si ha invece la base breve monosillabica (o, secondo la segmentazione, asillabica) che ricorre altrove nella 2sg dell’imperativo e non coincide con la B3 ˈdiʃ-. Stando così le cose, questo verbo sarebbe insieme con ˈɛsːɪrɪ l’unico a richiedere la postulazione di una base per l’infinito distinta sia da B1 che da B3. Similmente, in nessun altro verbo moderatamente irregolare (né, ovviamente, nei regolari; v. (8)-(11), (19)) la base ricorrente alla 2sg dell’imperativo si distingue da quella che si ha alla 2sg del presente indicativo: l’unico altro caso è il verbo, pure altamente irregolare, ˈdaːrɪ (v. (16))13. Risulta dunque più economico includere ˈdiːrɪ nella lista dei verbi altamente irregolari. Lo stesso ragionamento induce ad escludere invece da tale lista ˈfaːrɪ , solo moderatamente irregolare diversamente dal suo corrispondente toscano fare. Infatti, l’infinito di ˈfaːrɪ si forma dalla stessa B3 ricorrente nelle forme rizotoniche del presente indicativo non ospitanti altre basi, ossia la seconda e la terza singolare, e lo stesso vale per la 2sg dell’imperativo. Il confronto fra gli schemi in (17) e in (12) mostra anche che rispetto all’italiano il pantesco presenta un sistema meno articolato in termini 13 Diverso infatti il caso di ˈtɛːnɪrɪ ‘tenere’ (Tropea [1988: LXXXVIII e nota 302]), la cui forma breve della 2sg dell’imperativo, té, coesiste col regolare téni, omofono del presente indicativo, ed ha assunto il valore di ‘ecco’: tekká! ‘ecco qua’, óra tekká puru sta rruvína! ‘ed ora èccoti pure questa rovina!’. 286 Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani (19) Coniugazione del verbo ˈfaːrɪ ‘fare’ pres_ind 1SG 2SG 3SG 1PL 2PL 3PL ˈfatːsʊ ˈfa ˈfa faˈʃɛːmʊ faˈʃiːtɪ ˈfanːʊ faˈʃɛːmʊ faˈʃiːtɪ ˈfa imper impf_ind faˈʃiːa faˈʃiːe faˈʃiːa faˈʃimːʊ faˈʃivːʊ faˈʃinːʊ perf_semp ˈfiːʃɪ faˈʃistɪ ˈfiːʃɪ ˈfiːʃɪmʊ, faˈʃɪmːʊ faˈʃistɪvʊ ˈfiːʃɪrʊ faˈʃisːɪmʊ faˈʃisːɪvʊ faˈʃisːɪrʊ impf_cong faˈʃisːɪ ger faˈʃɛnːʊ inf ˈfaːrɪ part_pass ˈfatːʊ di tempi e modi verbali. Quanto alla distribuzione delle basi, va detto anzitutto che lo schema in (17) permette di trattare anche alcuni aspetti delle distribuzioni osservate nei verbi altamente irregolari, i quali però – in particolare per le irregolarità al presente indicativo, all’imperativo e all’infinito – a tale schema non si lasciano compiutamente ricondurre. Inoltre, anche per i moderatamente irregolari, l’indicazione di una determinata base in una data cella indica la possibilità che essa ricorra, ma in nessun modo una obbligatorietà di tale assetto dell’allomorfia in tutti i verbi: così ad esempio all’infinito può ricorrere la B3 (rizotonica, la stessa che compare alla 2-3sg del presente indicativo e alla 2sg dell’imperativo), distinta dalla B1 di default (rizoatona), come accade per i verbi in ˈ-ɪrɪ, ma in ogni altra (sotto)classe flessiva si ha invece in tale cella la B1 (per queste relazioni fra le basi v. oltre (22)). La ricorrenza della B3 anche all’infinito costituisce una differenza rispetto all’italiano, dove in tale modo si ha invece una base distinta B8: la differenza si deve all’assenza in pantesco di verbi irregolari del tipo di bere, porre, trarre, etc.14. Dato inoltre il mutamento fonetico che ha innalzato le vocali medie in atonia, la vocale media radicale (u/o, 14 Per l’italiano in realtà la necessità di postulare una B8 insorge dalla coesistenza dei verbi del tipo porre, trarre, in cui l’infinito si forma dalla stessa base del futuro/condizionale e sarebbe dunque riducibile alla B6 caratteristica di tali tempi/modi, con bere, dove la differenza rispetto a berrò/berrei non consente tale soluzione (Pirrelli [2000: 73]). Va detto, tuttavia, che applicando gli stessi criteri adottati dagli autori citati, trattandosi di un unico verbo anche bere potrebbe essere annesso alla lista dei fortemente irregolari, col che si risparmierebbe la postulazione di B8 (si ricordi per inciso che non risulta rilevante, per questo argomento, la presenza di verbi quali tenere, fut. terrò, volere, fut. vorrò, etc., visto che in essi, pur distinta dal futuro, la base ricorrente all’infinito è la B1). Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia 287 i/e) osservabile nella B3 sotto accento risulta non prevedibile a partire dalla base di default. Così ad es. u protonica ricorre nella B1 tanto di risˈpunːɪrɪ ‘rispondere’ (B1 rispuˈnːiːtɪ 2pl) quanto di ˈdɔrmɪrɪ ‘dormire’ (B1 durˈmiːtɪ 2pl) le cui B3 si distinguono invece per la tonica come si vede all’infinito; parallela la differenza fra le B3 di ˈkriːdɪrɪ ‘credere’ e ˈvɛːnɪrɪ ‘venire’ a partire dalla B1 con identica vocale (2pl kriˈdiːtɪ = viˈniːtɪ ; v. anche oltre, (23g-h)). Quanto alla B1, essa si presenta largamente distribuita come in italiano, con l’eccezione della 1pl del perfetto semplice, dove si estende anche a tale persona nei verbi irregolari la base rizotonica B5: si mantiene in altre parole in pantesco il tipo, normale in toscano antico ma oramai solo residuale in italiano, ébbimo, fécimo, come si vede ad es. in ˈfiːʃɪmʊ ‘facemmo’, ˈvɔːsɪmʊ ‘volemmo’, ˈkrɪtːɪmʊ ‘credemmo’, ˈsapːɪmʊ ‘sapemmo’, etc. La B5 appare esposta nell’acquisizione del pantesco (almeno all’epoca dei rilievi di Tropea negli anni Sessanta del Novecento) a livellamento analogico a vantaggio della B1, come osserva Tropea (1988: XCIV-XCV) notando il paradigma infantile faˈʃi(e) ‘feci’, faˈʃiʊ 3sg, faˈʃimːʊ 1pl, faˈʃɛːrʊ 3pl (e così per tutti gli altri perfetti forti del linguaggio adulto). Si noti che in alcuni casi, alla 1pl la forma debole è registrata anche per il dialetto corrente: v. faˈʃimːʊ in (19), o sinˈtimːʊ accanto alla forma forte ˈntiːsɪmʊ ‘sentimmo’, puˈtimːʊ ‘potemmo’ accanto a ˈpɔtːɪmʊ (in Tropea [1988: LXXXVII, XCI]), etc. Per questo la cella corrispondente è l’unica in (17) a riportare due basi e a presentare un confine marcato dal tratteggio, a indicare variazione tra forme sovrabbondanti (da non confondere con la reindicizzazione, di cui si dirà in (22))15. La distribuzione della B2 differisce rispetto all’italiano non solo per l’assenza dell’intero congiuntivo presente – su cui torneremo al § 5 – bensì anche per la sua non ricorrenza alla 3pl del presente indicativo, per la quale in pantesco va posta un’ulteriore base B4. Ciò è necessario in virtù della non prevedibilità di quest’ultima base, che si forma in modo tale da non istituire un rapporto univoco con (e dunque da non consentire una sua riducibilità a) alcun’altra base come accade invece in italiano. In italiano standard infatti alla 3pl del presente indicativo tutti i verbi moderatamente irregolari ed anche alcuni degli altamente irregolari presentano sempre la stessa B2 ricorrente alla 1sg dello stesso tem15 La nozione di sovrabbondanza, tradizionale negli studi di grammatica italiana, è stata recentemente rilanciata nel dibattito in morfologia teorica da Thornton (2011, 2012). 288 Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani po nonché nel presente congiuntivo: ciò delinea lo schema U, introdotto in (1b) e visibile in (12) con la sovrapposizione dello schema N per cui B1 figura alla 1-2pl. In pantesco, al contrario, una tale automatica prevedibilità non si dà e si ha dunque un assetto paradigmatico diverso, nonostante lo stesso meccanismo coinvolto nella genesi dell’irregolarità sia attestato anche in italiano: si tratta infatti della ricorrenza di forme con uscita /-ˈvnnv/, in cui la consonante desinenziale viene raddoppiata. Per l’italiano ciò non si ripercuote sullo schema generale (12) in quanto tutti i verbi presentanti tale formazione della 3pl sono altamente irregolari: ha(nno), da(nno), fa(nno), sa(nno), sta(nno), va(nno). Lo stesso meccanismo ricorre in pantesco, come si mostra in (20a) coi verbi altamente irregolari ˈstaːrɪ ‘stare’ e ˈjiːrɪ ‘andare’; altamente irregolari sono anche ˈdaːrɪ ‘dare’ e saˈpiːrɪ ‘sapere’, che pure presentano -nːalla 3pl ((20b)) ma entro il cui paradigma non è riconoscibile lo stesso rapporto formale fra 3sg e 3pl che in (20a), a causa del suppletivismo per ˈdaːrɪ, per la ricorrenza di B3 alla 3sg in luogo della base monosillabica per saˈpiːrɪ : (20) Formazione della 3pl (B4) in alcuni verbi altamente irregolari: a. ˈsta : ˈstanːʊ, ˈva : ˈvanːʊ (B4, con geminazione di -n-); b. ˈduːna : ˈdunːʊ, ˈsaːpɪ : ˈsanːʊ (B4, con geminazione di -n-). Se questa formazione della 3pl fosse limitata a tali verbi la situazione sarebbe identica all’italiano, il che non è, tuttavia, per una serie di ragioni. Anzitutto, alcuni altri verbi corrispondenti a quelli italiani a presente forte monosillabico mostrano anch’essi lo stesso rapporto fra 3sg e 3pl ((21a)) pur non essendo in pantesco, come si è detto commentando (13c), altamente irregolari: (21) Formazione della 3pl (B4) in alcuni verbi moderatamente irregolari: a. ˈfa : ˈfanːʊ, ˈpɔ : ˈpɔnːʊ (B4 con geminazione di -n- accentualmente condizionata); b. ˈteːnɪ : ˈtɛnːʊ, ˈveːnɪ : ˈvɛnːʊ (B4 con sincope); c. ˈvɔːlɪ : ˈvɔnːʊ (B4 con sincope e assimilazione); d. ˈdɔːlɪ : ˈdɔːlɪnʊ (B4 come B3). Si dovrà dunque tener conto di questa modalità di formazione per lo schema generale della distribuzione dell’allomorfia, a meno che non fosse possibile dimostrare che tale formazione sia riconducibile a una regola fonologica e pertanto non rilevante per l’allomorfia. In effetti si è detto che una geminazione di -nː- alla 3pl può insorgere in pantesco per Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia 289 cause fonologiche, come avviene regolarmente nell’imperfetto indicativo (v. gli schemi della flessione regolare in (8) e (10)) e, seppure variabilmente, nel presente dei verbi in -iˈaːrɪ visto in (9)16. Il caso della 3pl irregolare che stiamo discutendo è però diverso da questi in quanto da un lato non tutti i verbi presentano tale particolarità e dall’altro non in tutti quelli che la presentano il rapporto formale fra 3sg e 3pl è il medesimo (diversamente che in italiano). Ciò in parte dipende dal fatto che sono coinvolti, diacronicamente, mutamenti diversi nei diversi sottogruppi. Per ˈfa : ˈfanːʊ, ˈsta : ˈstanːʊ si può invocare la stessa spiegazione accentuale che per l’italiano, poiché è vero che in pantesco, come in generale nei dialetti meridionali, non si ha sistematicamente il raddoppiamento fonosintattico regolare condizionato accentualmente17, ma come anche altrove nel Mezzogiorno le enclitiche fanno eccezione, mostrando il raddoppiamento della consonante iniziale visto sopra discutendo le forme di imperativo di ˈdaːrɪ (v. (16)). Come le enclitiche si comportano dunque anche qui, non diversamente che in toscano, queste desinenze di 3pl. Tuttavia, la stessa geminazione si riscontra anche in ˈtɛnːʊ ‘tengono’, ˈvɛnːʊ ‘vengono’ ((21b)), ove la geminata è insorta per sincope, e in ˈvɔnːʊ ‘vogliono’ ((21c)), in cui alla sincope si assomma l’assimilazione della laterale. D’altro canto in ˈdɔːlɪ : ˈdɔːlɪnʊ ‘duole : dolgono’ ((21d)), pur date le identiche condizioni di partenza che in (21c), l’irregolarità non si è creata avendosi alla 3pl la stessa B3 che alla 2-3sg. Insomma, il quadro in (20)-(21) giustifica l’identificazione di un’allomorfia alla 3pl di diversi verbi moderatamente o altamente irregolari e, conseguentemente, la postulazione di una B4 per tale cella del paradigma. 16 Nell’imperfetto indicativo la geminazione si trova anche alla 1pl (uscente in -mːʊ), anche qui dovuta ad assorbimento di precedente iato, nonché alla 2pl (in -vːʊ), qui però per incontro della -v- caratteristica dell’imperfetto con v- del pronome originariamente affisso in enclisi. 17 Vi si ha però un effetto raddoppiante di alcuni monosillabi tonici ove la spiegazione per assimilazione consonantica non è disponibile, come si può evincere dalla notazione del Tropea, che unisce con trattino parole al cui confine si esplichi il raddoppiamento. Qui, accanto ai casi attesi in presenza di consonante etimologica assimilatasi, come ki-ggana ‘che voglia’ (Tropea [1988: 72]), a-kkatóma ‘in gran quantità’ (p. 108), a-tto nunna ‘a tua nonna’ (p. 111 s.v. ki), nne-kkaudu nne ffriḍḍṛu ‘né caldo né freddo’ (p. 108), ppi-ttia ‘per te’ (p. 223), se ne trovano anche di non spiegabili in tal modo, in particolare con seconde e terze persone di verbi a presente monosillabico in cui si è avuta apocope (ˈpɔ ‘puoi, può’, ˈfa ‘fai, fa’) o in cui la -S finale vocalizzandosi non avrebbe dovuto provocare raddoppiamento (ˈsta ‘stai’): po-ffari ‘puoi fare’ (Tropea [1988: XC]), ki-ssi po-kkummáttiri ku …? ‘ma si può avere a che fare con …’ (p. 30), um-po-mmančari ‘non può mangiare’ (p. 103), un-zi po-ddiri ‘non si può dire’ (p. 176), si-ffammurriti ‘se fai i capricci’ ([p. 313]; il sost. murriti ha iniziale fonologicamente scempia: cfr. fari murriti ‘far capricci’ [p. 180]), mi fa-ffari ‘mi fa fare’ (p. 215), ki sta-ffašennu? ‘che stai facendo?’ (p. LXXXIV). 290 Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani Come già osservato, lo schema in (17) indica il massimo di complessità cui la distribuzione dell’allomorfia radicale può giungere. Tale massima complessità si osserva nel paradigma di ˈfaːrɪ sopra riportato in (19), mentre all’estremo opposto si collocano i verbi regolari, nei quali l’unica distinzione è quella accentuale (più, data vocale media radicale, l’alternanza vocalica che su di essa s’innesta)18. Dall’un estremo all’altro si giunge per passi successivi, che possono esser modellizzati come reindicizzazioni delle basi in questione (Pirrelli / Battista [2000: 361-362]), attraverso cui le alternanze allomorfiche si riducono gradualmente in un dato ordine così schematizzabile: (22) Reindicizzazione delle basi nei verbi moderatamente irregolari: a. B2 → B3 ← B4 b. B6 → B5 → B1 Se un verbo irregolare non presenta ad esempio perfetto forte, quel tema è neutralizzato con la B1 ovvero con la B5 e mai con altre basi, come mostrano le frecce in (22b). La stessa convergenza in B1 si riscontra per i verbi irregolari con participio debole, in cui B6 → B1. Il participio forte può anche avere, come nei verbi in (23c), la stessa base del perfetto, distinta da B1, il che è schematizzato in (22b) con la reindicizzazione B6 → B5. Fra le basi rizotoniche del presente indicativo la direzione di neutralizzazione è verso la B3, in cui convergono, secondo gli specifici paradigmi, B2 e/o B4. L’elenco seguente riepiloga con alcuni esempi le diverse distribuzioni dell’allomorfia radicale effettivamente osservate19: (23) Distribuzione dell’allomorfia radicale nei verbi regolari e moderatamente irregolari: a. due basi (B1 ≠ B3; verbi regolari di I e II macroclasse) verbo: B6 part B5 perf B1 default B2 pres_ind 1SG B3 pres_ind 2SG B4 pres_ind 3PL glossa: kanˈtaːrɪ kanˈtaːmʊ ˈkantʊ ‘cantare’ ˈbːatːɪrɪ bːaˈtːɛːmʊ ˈbːatːʊ ‘battere’ 18 Come detto sopra citando la discussione al riguardo di Thornton (2007), dipende dall’opzione analitica adottata il riconoscere o meno due basi distinte (pur connesse da un rapporto fonologico regolarmente prevedibile, imperniato sulla differenza accentuale) per i verbi regolari. 19 Come esempio di B1 si riporta la 1pl del presente indicativo, come esempio di B3 la 2sg laddove distinta dalla B2, mentre per i verbi in cui B2=B3(=B4) si riporta solo la 1sg. Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia 291 b. tre basi (B1 = B5 ≠ B2-4 ≠ B6) B6 part verbo 20: ˈgraːpɪrɪ ˈkɔːʃɪrɪ ˈmɔːvɪrɪ ˈnaʃːɪrɪ pirsuˈ(v)aːdɪrɪ ˈrːɛɟːɪrɪ ˈʃːɔɟːɪrɪ ˈʂːintʃɪrɪ ˈvintʃɪrɪ aˈpɛrtʊ ˈkɔtːʊ ˈmɔsːʊ ˈnaːtʊ pirsuˈaːsʊ ˈrːɛtːʊ ˈʃːɔːtʊ ˈʂːitːʊ ˈvintʊ B5 perf B1 default B2 pres_ind 1SG graˈpɛːmʊ kuˈʃɛːmʊ muˈvɛːmʊ naˈʃːɛːmʊ pirsuaˈdɛːmʊ riˈɟːɛːmʊ ʃːuˈɟːɛːmʊ ʂːinˈtʃɛːmʊ vinˈtʃɛːmʊ B3 pres_ind 2SG ˈgraːpʊ ˈkɔːʃʊ ˈmɔːvʊ ˈnaʃːʊ pirsuˈaːdʊ ˈrːɛɟːʊ ˈʃːɔɟːʊ ˈʂːintʃʊ ˈvintʃʊ B4 pres_ind 3PL glossa: ‘aprire’ ‘cuocere’ ‘muovere’ ‘nascere’ ‘persuadere’ ‘reggere’ ‘sciogliere’ ‘stringere’ ‘vincere’ c. tre basi (B1 ≠ B2-4 ≠ B5-6) B6 part B5 perf verbo 21: kuɱˈfunːɪrɪ kuɱˈfuːsʊ kuɱˈfuːsɪ ˈmitːɪrɪ ˈmiːsʊ ˈmiːsɪ ˈpɛrdɪrɪ ˈpɛrsʊ ˈpɛrsɪ B1 default B2 B3 B4 pres_ind 1SG pres_ind 2SG pres_ind 3PL kuɱfuˈnːɛːmʊ kuɱˈfunːʊ miˈtːɛːmʊ ˈmitːʊ pirˈdɛːmʊ ˈpɛrdʊ d. tre basi (B1 = B6 ≠ B2-4 ≠ B5) B6 part B5 perf B1 default B2 verbo 22: pres_ind 1SG ˈsɛntɪrɪ sinˈtuːtʊ ˈntiːsɪ sinˈtɛːmʊ ˈviːvɪrɪ viˈvuːtʊ ˈvipːɪ viˈvɛːmʊ glossa: ‘confondere’ ‘mettere’ ‘perdere’ B3 B4 pres_ind 2SG pres_ind 3PL ˈsɛntʊ ˈviːvʊ glossa: ‘sentire’ ‘bere’ e. quattro basi (B1 ≠ B2-4 ≠ B5 ≠ B6) B6 part B5 perf B1 default B2 B3 B4 verbo: pres_ind 1SG pres_ind 2SG pres_ind 3PL glossa: ˈmɔːrɪrɪ ˈmɔrtʊ ˈmɔrsɪ muˈrɛːmʊ ˈmɔːrʊ ‘morire’ ˈskriːvɪrɪ ˈskritːʊ ˈskrisːɪ skriˈvɛːmʊ ˈskriːvʊ ‘scrivere’ 20 Molti dei verbi che spesso, nelle varietà romanze, presentano participio e/o perfetto forte – in genere per eredità latina – sono stati in tutto o in parte regolarizzati in pantesco: per questa ragione sono registrati in (23b) ˈnaʃːɪrɪ ‘nascere’, ˈʂːintʃɪrɪ ‘stringere’, ˈʃːɔɟːɪrɪ ‘sciogliere’ etc., il cui perfetto è debole in pantesco (naˈʃːie ‘nacqui’, ʂːinˈtʃie ‘strinsi’, ʃːuˈɟːie ‘sciolsi’). Ed anche quelli qui elencati presentano spesso forme deboli alternative: così ad es. si ha anche muˈvuːtʊ accanto a ˈmɔsːʊ ‘mosso’. 21 Mentre kuɱˈfunːɪrɪ si trova in questo gruppo, per i nostri informatori ˈfunːɪrɪ ‘fondere’ è pienamente regolare: perfetto fuˈnːɛ, participio fuˈnːʊːtʊ. L’esigua consistenza di questo gruppo è dovuta anch’essa alle molte regolarizzazioni di perfetti e participi originariamente forti di cui alla nota 20. 22 Vale anche qui quanto detto alla nota 20 per la regolarizzazione di forme forti – stavolta del participio passato – in pantesco, ben più diffusa che in italiano. 292 Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani f. quattro basi (B1 = B5 = B6 ≠ B2 ≠ B3 ≠ B4) B6 part verbo: ˈjiːrɪ ˈjuːtʊ B5 perf B1 default B2 B3 B4 pres_ind 1SG pres_ind 2SG pres_ind 3PL ˈjɛ ˈjɛːmʊ ˈvaːjʊ ˈva ˈvanːʊ glossa: ‘andare’ g. quattro basi (B1 = B6 ≠ B2 ≠ B3 = B4 ≠ B5) B6 part verbo: ˈkriːdɪrɪ ˈviːdɪrɪ B5 perf B1 default B2 pres_ind 1SG kriˈduːtʊ ˈkritːɪ kriˈdɛːmʊ ˈkriːʊ viˈduːtʊ ˈvitːɪ viˈdɛːmʊ ˈviːʊ B3 pres_ind 2SG ˈkriːdɪ ˈviːdɪ h. cinque basi (B1 = B6 ≠ B2 ≠ B3 ≠ B4 ≠ B5) B6 part B5 perf B1 default B2 B3 verbo: pres_ind 1SG pres_ind 2SG ˈpɔːtɪrɪ puˈtuːtʊ ˈpɔtːɪ puˈtɛːmʊ ˈpɔtːsʊ ˈpɔ ˈstaːrɪ ˈstaːtʊ 23 ˈstɛːsɪ ˈstaːmʊ ˈstaːjʊ ˈsta ˈtɛːnɪrɪ tiˈnuːtʊ ˈtinːɪ tiˈnɛːmʊ ˈtɛɲːʊ ˈtɛːnɪ ˈvɛːnɪrɪ viˈnuːtʊ ˈvinːɪ viˈnɛːmʊ ˈvɛɲːʊ ˈvɛːnɪ B4 pres_ind 3PL glossa: ˈkriːdɪnʊ ‘credere’ ˈviːdɪnʊ ‘vedere’ B4 pres_ind 3PL ˈpɔnːʊ ˈstanːʊ ˈtɛnːʊ ˈvɛnːʊ glossa: ‘potere’ ‘stare’ ‘tenere’ ‘venire’ i. cinque basi (B1 = B5 ≠ B2 ≠ B3 ≠ B4 ≠ B5) B6 part B5 perf B1 default B2 B3 B4 verbo: pres_ind 1SG pres_ind 2SG pres_ind 3PL glossa: rːiˈduːʃɪrɪ rːiˈdutːʊ rːiduˈʃɛ rːiduˈʃɛːmʊ rːiˈduːkʊ rːiˈduːʃɪ rːiˈduːʃɪnʊ ‘ridurre’ j. sei basi distinte B6 part B5 perf verbo: ˈfaːrɪ ˈfatːʊ ˈfiːʃɪ B1 default faˈʃɛːmʊ B2 B3 B4 pres_ind 1SG pres_ind 2SG pres_ind 3PL glossa: ˈfatːsʊ ˈfa ˈfanːʊ ‘fare’ Il fatto che il verbo ˈfaːrɪ sia l’unico per il quale abbiamo potuto individuare sei basi distinte non andrà confuso col tipo di isolamento paradigmatico che ha portato ad includere nella lista in (13c) i sei verbi altamente irregolari del pantesco: infatti, se è vero che la distinzione di tutte e sei le basi B1-B6 si riscontra solo in ˈfaːrɪ , ogni singola opposizione fra esse, come visto in (23e-i), ricorre in diversi altri verbi moderatamente irregolari. 23 La forma, di difficile elicitazione, si evince da mustu arristatu ‘mosto muto’ (cioè, spiega Tropea [1988: XXII in nota], ‘restato’) forma aggettivale del participio del verbo complesso, analisi sottoscritta implicitamente dallo stesso Autore, che cita questa forma fra i dati ad illustrazione di una «mancanza di aferesi nei seguenti verbi». Diversamente dal suo corrispondente italiano restare (e come invece l’it. ristare), il pantesco (a)rːɪsˈtaːrɪ ‘restare’ eredita completamente le irregolarità del simplex (v. perfetto rːɪsˈtɛːsɪ ‘restai’) ed ha dunque un paradigma in tutto coincidente. Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia 293 Venendo ora agli schemi di partizione morfomica in (1), la compresenza della base di default B1 e della B3 rizotonica (con eventualmente le ulteriori allomorfie B2 e B4) determina lo schema N, ampiamente attestato come altrove in siciliano, sia laddove rimane evidente la sua originaria motivazione fonologica (per alternanza fra vocali toniche ed atone, (24)), sia dove s’è instaurato suppletivismo ((25)): (24) Schema N (origine fonologica): alternanza vocalica pres_ind pres_ind pres_ind pres_ind 1SG ˈdɔrmʊ ˈmɔːrʊ ˈvɛɲːʊ ˈvɔɟːʊ 2SG ˈdɔrmɪ ˈmɔːrɪ ˈvɛːnɪ vɔ 3SG ˈdɔrmɪ ˈmɔːrɪ ˈvɛːnɪ ˈvɔːlə 1PL durˈmɛːmʊ muˈrɛːmʊ viˈnɛːmʊ vuˈlɛːmʊ 2PL durˈmiːtɪ muˈriːtɪ viˈniːtɪ vuˈliːtɪ 3PL ˈdɔrmɪnʊ ˈmɔːrɪnʊ ˈvɛnːʊ ˈvɔnːʊ ˈdɔrmɪrɪ ˈmɔːrɪrɪ ˈvɛːnɪrɪ vuˈlɪːrɪ 2PL ˈjiːtɪ 3PL ˈvanːʊ ˈjiːrɪ ‘andare’ ‘dormire’ ‘morire’ ‘venire’ ‘volere’ (25) Schema N per suppletivismo pres_ind 1SG ˈvaːjʊ 2SG ˈva 3SG ˈva 1PL ˈjɛːmʊ Data questa panoramica generale, ed escluso lo schema U dato che la desinenza di terza plurale continuatasi nella II macroclasse è costantemente -ENT (che ha completamente scalzato -UNT), ci avviamo ora a parlare dello schema L. Per farlo, tocchiamo prima delle lacune nel paradigma verbale rispetto alla situazione generale italo-romanza. 5. Lacune nel paradigma verbale del pantesco Una delle lacune che si evince dalla bibliografia parrebbe peculiare del pantesco. Così Tropea (1988: LXXVIII-XIV) non riporta mai nei paradigmi verbali il participio passato. È noto come i costrutti dipendenti participiali siano, in generale, scarsamente diffusi nei dialetti e dagli informatori panteschi è effettivamente impossibile elicitarli. A ciò si aggiunge che il piucchepperfetto è – come visto in (7) – calco sull’arabo che non include il participio (ma v. quanto detto alla nota 5). Resta il perfetto composto, già d’uso ristretto in siciliano, al punto che uno stereotipo diffuso – sancito dalla carta dei dialetti italiani di Pellegrini (1977) – lo vuole del tutto assente 24. E in effetti il pantesco appare piut24 «Limite settentrionale della mancanza del passato prossimo» è infatti la legenda dell’isoglossa numero 29 che in Pellegrini (1977) taglia la Calabria poco a nord di Catanzaro. 294 Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani tosto in linea con tale stereotipo che non con la situazione descritta per il siciliano comune da Skubic (1973-1975), Mocciaro (1978), in quanto gli informatori panteschi tendono ad usare solo il perfetto semplice anche quando è indicata azione durativa e quando nella denotazione dell’evento è incluso il momento dell’enunciazione, ossia nell’unico contesto in cui in siciliano comune persiste il perfetto composto: ad es. quantu amu rridutu! macari stanchi semu ‘quanto abbiamo riso! siamo perfino stanchi’ di contro a quantu rridimmu dda vota! piccatu ca un c’eri macari tu ‘quanto abbiamo riso quella volta! peccato che non c’eri anche tu’ (Mocciaro [1978: 346]); in pantesco si ha invece rːiˈdi mːʊ in ambo i contesti. E tuttavia il participio passato ricorre entro le perifrasi volitive e deontiche formate con vuˈliːrɪ ‘volere’: ad es. ˈvɔɟːʊ kanˈtaːta sta kanˈtsuːni ‘voglio che mi si canti questa canzone’; sta ˈpinːa ˈvɔːli jiˈtːata aa muˈnːitːsa ‘questa penna va buttata nella spazzatura’25. Esso va dunque integrato nei paradigmi verbali come si è fatto in (23) 26. Se ne hanno inoltre residui lessicalizzati, messi a lemma in Tropea (1988), come ad esempio «binidićútu! escl. di compiacimento: benedetto!; bbinidićúti ḍḍṛi sórdi! così quando si parla di soldi bene spesi; fíg̋g̋u bb.! espressione di riconoscenza per i meriti o le benemerenze di un figliolo. Cfr. bbinidíćiri» (Tropea [1988: 23-24]). Simili residui lessicalizzati sono, nel caso ora discusso, una risorsa aggiuntiva, mentre altrove possono costituire l’unica traccia in sincronia utile per la ricostruzione diacronica. Se anche non sapessimo nulla circa la ricorrenza in antico del futuro sintetico panromanzo in tutti i volgari del Meridione, siciliano incluso, per il pantesco, che pure – come il resto dei dialetti siciliani – usa il futuro perifrastico identico alla perifrasi modale deontica (ˈjɛ ˈaj a ˈfːaːri, ˈtu ˈa a ˈfːaːri ‘farò/devo fare, farai/devi fare’, etc.) potremmo ricostruirlo per una fase predocumentaria 25 Quelli citati sono contesti nei quali non v’è dubbio circa il valore verbale della forma. Ad essi se ne aggiungono altri la cui analisi, in particolare quanto allo statuto (se verbale o aggettivale) della forma participiale ricorrentevi, è discussa: v. ad es. unn u lassari apértu ‘non lo lasciare aperto’ (Tropea [1988: 264, s.v. sbentári]), o sokku si lássa è-ppérsu ‘ogni lasciata è persa’ (Tropea [1988: 139, s.v. lassári]). V. al proposito il ricco e dettagliato studio, relativo all’italiano, di Telve (2016) e, sul siciliano, il recente Bentley (2018), cui si rimanda per la bibliografia precedente sullo statuto categoriale dei participi in quelle varietà dialettali. 26 Per l’ausiliare aˈviːrɪ ‘avere’ e la copula ˈɛsːɪrɪ ‘essere’ non si può ricorrere alle perifrasi deontiche di cui sopra. Di aˈviːrɪ è però possibile elicitare il participio nel piucchepperfetto congiuntivo: s aˈvisːɪ aˈvuːtʊ ccʊ ˈssɔrdɪ … ‘se avessi/-e avuto più soldi …’. Anche il participio di ˈɛsːɪrɪ, ˈstaːtʊ, ricorre nel piucchepperfetto congiuntivo ed è inoltre garantito dall’omofonia panitaloromanza dei participi di ‘essere’ e ‘stare’ (v. per quest’ultimo (23h) e nota 23). Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia 295 in base all’avverbio sarra ‘forse, probabilmente’: «sarra avv. forse, probabilmente: s. véni, s. vínni, s. ćóvi, s. ću dissi ḍḍṛa fímmina forse glielo ha detto quella donna, ecc.» (Tropea [1988: 262]). Si tratta di un resto lessicalizzato di sarrà ‘sarà’, attestato (con le varianti serrà/sirrà etc.) in siciliano antico (Leone / Landa [1984: 71] / Barbato [2007: 180183]) e altrove nel Meridione (cfr. ad es. il napoletano antico e moderno sarrà ‘sarà’; Subak [1897: 12-13] / Formentin [1998: § 94.V e § 96]) 27. Come il futuro – del quale anzi si è arrivati a torto a dubitare che avesse mai preso piede come forma di uso popolare nei dialetti meridionali (v. la nota 27) – anche il congiuntivo presente, oggi generalmente scomparso nel Mezzogiorno, era attestato in antico. L’ampia bibliografia al riguardo ha delineato lo scenario della graduale scomparsa del congiuntivo presente, così sintetizzato a proposito del siciliano antico nel citato lavoro sul Rebellamentu di Barbato (2007: 183) 28: «Il siciliano antico presenta già in stato di sfaldamento il sistema “diagonale” ereditario, con -i- caratteristica della I classe e -a- della II classe […]. Infatti, come avviene in altri volgari meridionali, la I classe tende a pareggiarsi alla II in un processo che sembra essere favorito dai casi di coordinazione (o comunque di contiguità) tra le forme delle due classi, cfr. nap.a. onne omo mangia et veva (Formentin [1998: 440ss.]) […]. Questo processo, che rende identici salvo alla 1a persona il presente congiuntivo e indicativo di I classe, favorisce il declino dell’uso del congiuntivo nel Meridione, che deve essersi svolto secondo le tappe seguenti […]: a. il congiuntivo presente viene supplito dall’indicativo nella I classe, venendo così a costituire un paradigma difettivo; b. il congiuntivo presente viene supplito dall’indicativo anche in quei verbi di II classe che non posseggono (come ‘potere’ e ‘essere’) un tema specifico; c. il congiuntivo presente scompare come paradigma morfologico, rimanendo solo come fossile in locuzioni cristallizzate; le sue funzioni vengono assorbite dall’indicativo presente e dal congiuntivo imperfetto». 27 È noto come si sia a lungo dubitato della popolarità di queste forme nel Meridione: «A mezzogiorno della linea Viterbo-Perugia-Ancona il futuro è praticamente inesistente […]. Là dove le forme del futuro compaiono in testi antichi, si tratterà d’influssi letterari; e altrettanto può dirsi per i dialetti attuali» (Rohlfs [1966-1969: § 589]). Di quest’opinione tradizionale si presenta un’argomentata confutazione in Loporcaro (1999), ove si annette l’italo-romanzo meridionale all’area in cui insorse il futuro sintetico CANTARE + HABEO. 28 Anche qui, come per il futuro, si è teso a volte a proiettare la situazione odierna sulla antica: «È noto che il presente congiuntivo nel siciliano […] è stato scarsamente popolare ed è andato generalmente perduto» (Leone / Landa [1984: 72]). È vero che il congiuntivo presente è andato perduto, ma la situazione antica, mentre indica riduzione del paradigma e sincretismo col presente indicativo a partire dalla I classe, non può esser legittimamente letta in termini di “scarsa popolarità” se non teleologicamente, leggendo i dati antichi alla luce della successiva scomparsa. 296 Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani Proprio nei residui lessicalizzati (di verbi irregolari) entro locuzioni fissate sta la chiave per la ricostruzione del morfoma sommerso, di cui andranno cercate le tracce in verbi che non abbiano subito livellamento dell’allomorfia nel presente indicativo. Non potremo dunque valerci di verbi come kaˈnuʃːɪrɪ ‘conoscere’ (kaˈnuʃːʊ 1sg = kaˈnuʃːɪ 2sg), ˈkriʃːɪrɪ ‘crescere’ (ˈkriʃːʊ 1sg = ˈkriʃːɪ 2sg) o ˈnaʃːɪrɪ ‘nascere’ (ˈnaʃːʊ 1sg = ˈnaʃːɪ 2sg) e dovremo ricorrere invece a verbi che serbino alternanza – tipi (23f-j) – quali ˈkriːdɪrɪ ‘credere’ (ˈkriːʊ 1sg ≠ ˈkriːdɪ 2sg), ˈtɛːnɪrɪ ‘tenere’ (ˈtɛɲːʊ 1sg ≠ ˈtɛːnɪ 2sg) o ˈviːdɪrɪ ‘vedere’ (ˈviːʊ 1sg ≠ ˈviːdɪ 2sg). La descrizione di Tropea (1988: LXXVII, nota 292) segnala puntualmente di tali resti di congiuntivo presente, fissati entro congiunzioni o esclamazioni, per verbi che nel presente indicativo mantengono una distinzione formale B2 ≠ B3: «Forme fossili del congiuntivo, come fázza, pózza, nzamá [propr. ‘non sia mai’], bomméńńu, mannái̯ a e malinnái̯ a, véńńa/veńńavá, veńńakká, vińńamukká, per le quali si veda il lessico, sono adoperate col valore di congiunzioni o di esclamazioni». Queste le voci del dizionario corrispondenti, la cui fraseologia offre indicazioni sull’impiego in contesto confermando la marca grammaticale (da Tropea [1988: 24, 57, 205, 233, 331, 324]) 29: (26) a. «bbinidíka! escl. di meraviglia e di augurio: si adopera dopo aver espresso il proprio compiacimento per il benessere e la prosperità di q., e ha valore di formula per scongiurare il malocchio: fíg̋g̋u kuant-esti bbéḍṛṛu, bb.!» [verbo bbinidíri, bbinidíćiri]. b. «fazza cong. non vorrei che (con valore scongiuratorio o di minaccia): f. ti pari ki non vorrei che ti sembrasse che (ad es. io ti voglia defraudare); dun-akkúra!, f. aviss-a-kkadiri! sta attento, potresti sfortunatamente cadere!, f. tokki ḍḍṛa kósa! Non permetterti mai di toccare quella cosa!» etc. c. «nzamá cong. col valore di ‘guai se’ o di ‘non vorrei che’: a) n. néšši! guai a te se esci!, n. va ḍḍṛá! guai a te se vai lì!, n. si rrikóg̋g̋i tárdu! guai a lui se rientra tardi! », etc. d. «pozza ki cong. con cui si augura un accidente a q.: p. ki i̯ etta saṅṅu!, p. ki-tti veńńa un korpu di saṅṅu!, p. ki-tti kala tóssiku!; ecc.». e. «veńńa escl. avanti!, su!, dai!: v., un-čánčiri čču!, su, smetti di piangere!; anche veńńavá! 2. dammi, passami, portami qua; anche veńńakká! 3. escl. di impazienza: v., vá, ti kapí! sì, tagliamo corto, abbiamo capito!». f. «vińńammukká escl. porta qua! (detto con tono perentorio). Cfr. veńńakká!». 29 Benché riportato fra tali fossili nell’elenco di Tropea sopra citato, «bomméńńu! escl. benvenuto!» (p. 25) presenta una morfologia non in linea con le forme in (26) dal punto di vista desinenziale, in quanto la -u non appare riducibile alla flessione del congiuntivo presente. Oltre all’uscita flessiva, anche la glossa farebbe pensare piuttosto ad un participio breve, formato sulla B2. Al momento non ci è possibile addurre per quest’ipotesi conferme indipendenti. Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia 297 Che si tratti di forme oramai transcategorizzate risulta da considerazioni sia di morfologia che di sintassi. Sul secondo fronte, esse sono modificabili in modi che non corrispondono alla sintassi del verbo da cui hanno avuto origine, come si vede in (27a) dove l’aggiunta di ˈdːiu ‘Dio’ non sarebbe stata compatibile con la struttura argomentale di ˈɛsːɪrɪ ‘essere’: (27) a. ntsaˈma ˈdːiu si ˈrːumpɪ | ˈmɛtːɪla ˈɖːʐa b. ˈpɔtːsa ti ˈvɛːnɪ na ʃːutariˈaːta c. ˈpɔtːsa jiˈtːaːrɪ ˈsaŋɡʊ ‘guai se si rompe! mettila là!’ ‘che ti venɡa un attacco di diarrea!’ ‘che tu possa sanguinare!’ Sintatticamente, ˈpɔtːsa può essere usato con o senza l’aggiunta di ki (v. (26d)) e nel secondo caso può esser seguito da verbo all’infinito: esemplificano le due possibilità gli improperi in (27b-c), ambedue rivolti ad allocutario di seconda persona singolare. Come si vede, anche col verbo all’infinito ((27c)) ˈpɔtːsa rimane invariabile, mentre del tutto agrammaticale è la forma *ˈpɔtːsɪ . Quest’ultima era invece, come già visto in (5), la forma della seconda persona singolare in siciliano antico, ove pocza ricorreva invece solo alla prima e terza singolare 30. La congiunzione pantesca ˈpɔtːsa trae origine dunque dalla transcategorizzazione di una forma flessa di terza singolare, divenuta invariabile com’è normale per una congiunzione in una varietà romanza. 6. Conclusione La conclusione del nostro esercizio ricostruttivo è dunque costituita dagli schemi di partizione morfomica in (28), che rimandano a una fase predocumentaria del pantesco: (28) Residui dello schema L in pantesco (Kägi [2016: 68-69]) a. 1SG ˈdiːkʊ – 2SG ˈdiːʃɪ – 3SG ˈdiːʃɪ (ˈdiːka) 1PL diˈʃɛːmʊ – 2PL diˈʃiːtɪ – 3PL ˈdiːʃɪnʊ – ˈdiːrɪ ‘dire’ pres_ind pres_cong b. 1SG ˈfatːsʊ – 2SG ˈfa – 3SG ˈfa (ˈfatːsa) 1PL faˈʃɛːmʊ – 2PL faˈʃiːtɪ – 3PL ˈfanːʊ – ˈfaːrɪ ‘fare’ pres_ind pres_cong 30 Si vedano i seguenti esempi, dal volgarizzamento trecentesco dei Dialogi di San Gregorio: duvi non se pocza truvari ‘dove non si possa trovare’, a czo chi tu poczi intendiri et audiri maiuri cosi ancora ‘acciocché tu possa sentire cose ancor più grandi’ (Panvini [1989: 88-98]). 298 Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani c. 1SG ˈpɔtːsu – 2SG ˈpɔ – 3SG ˈpɔ (ˈpɔtːsa) d. 1SG ˈvɛɲːʊ – 2SG ˈvɛːnɪ – 3SG ˈvɛːnɪ (ˈveɲːa) 2PL puˈtiːtɪ – 3PL ˈpɔnːʊ – ˈpɔːtiri ‘potere’ pres_ind pres_cong 1PL 2PL viˈnɛːmʊ viˈniːtɪ (viˈɲːaːmʊ) – 3PL ˈvɛnːu – ˈvɛːnɪrɪ ‘venire’ pres_ind pres_cong 1PL puˈtɛːmʊ – Tale fase pregressa permette di riconoscere lo schema L e di eliminare il punto interrogativo che segue B2 nel congiuntivo presente nello schema in (17), che possiamo quindi così modificare: (29) forme finite forme non finite Basi verbali in pantesco *presente congiuntivo presente indicativo imperativo imperfetto indicativo imperfetto congiuntivo perfetto semplice gerundio infinito participio passato 1SG 2SG B2 B3 B5 3SG 1PL (B2) 2PL 3PL B4 B1 B5 B5/B1 B5 B3 B6 Tirando le somme, quel che abbiamo fatto è mettere a reagire due filoni di ricerca: da un lato, per i dialettologi italiani la ricorrenza di resti lessicalizzati del congiuntivo presente è una banalità, menzionata in ogni grammatica di varietà meridionali appena dettagliata; dall’altro, questa risorsa non era stata in precedenza sfruttata a fini ricostruttivi negli studi di morfologia diacronica nella tradizione di cui al § 1, per restituire le fasi passate di una distribuzione morfomica scomparsa (in quanto scomparso è il congiuntivo presente) in una varietà priva di documentazione antica. Che simili resti lessicalizzati siano reperibili alla terza persona singolare è perfettamente compatibile con generalizzazioni saldamente acquisite, sia di natura tipologica (basti ricordare, quanto al carattere non marcato delle terze persone, la loro maggior frequenza testuale e maggior disponibilità ad ospitare distinzioni morfosintattiche non distribuite equamente nel paradigma, classici quali Benveniste [1946] / Greenberg [1975: 41-43]), sia di natura storico-comparativa entro la famiglia ro- Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia 299 manza. In rumeno l’unico verbo a mantenere forme di congiuntivo presente interamente distinte dall’indicativo è l’ausiliare a fi ‘essere’ ((30a)), anche qui come altrove nella Romània altamente irregolare: (30) a. Presente congiuntivo interamente distinto dall’indicativo in rumeno: 1SG sunt fiu 2SG eşti fii 3SG e fie 1PL suntem fim 2PL sunteți fiți 3PL sunt fie rum. a fi ‘essere’ pres_ind pres_cong (să _ ) b. Forme distinte alle sole terze persone del congiuntivo rumeno: 1SG am – 2SG ai – 3SG are aibă 1PL avem – 2PL aveți – 3PL au aibă rum. a avea ‘avere’ pres_ind pres_cong (să _ ) c. Distinzione alle terze persone fra congiuntivo e indicativo e schema U in rumeno: 1SG zic = 2SG zici = 3SG zice zică 1PL zicem = 2PL ziceți = 3PL zic zică rum. a zice ‘dire’ pres_ind pres_cong (să _ ) Tutti gli altri verbi, ivi incluso l’altro ausiliare a avea ‘avere’ ((30b)) hanno forme del congiuntivo presente mutuate dall’indicativo alle prime e seconde persone, ovvero formalmente derivate in sincronia attraverso una regola di rimando 31. La distinzione permane così unicamente alle terze persone, singolare e plurale, il che per inciso, come mostra la flessione di zice in (30c), è sufficiente per diagnosticare lo schema U, che il rumeno presenta al pari dell’italiano standard (Maiden [2018b: 89]) 32. Similmente, tornando per concludere ai dialetti del Mezzogiorno d’Italia, il salentino centro-meridionale conserva forme distinte del congiuntivo ovunque tranne nella I coniugazione, dove si ha invece identità fra ˈɔːju ku ˈkːanta ‘voglio che canti’ (cong.) e ˈiɖːʐu sta ˈkːanta ‘lui canta’ (ind.) (forme del dialetto di vèrnole, prov. di Lecce, attinte da Graziuso [1976]). Come in rumeno, solo la terza singolare e la terza plurale restano distinte dall’indicativo, ma qui – diversamente che in rumeno (v. cong. să mănânce ‘che mangi(no)’ ≠ ind. mănâncă ‘mangia(no)’ ← a 31 Per il concetto v. zwicky (1985: 377), Stump (1993) e la sintesi manualistica di Thornton (2005: 132-133). 32 Come in italiano, anche in rumeno <ce>, <ci> valgono [tʃe], [tʃi], ricorrenti in (30c) nell’allomorfo radicale nelle persone diverse da 1sg e 3pl. 300 Michele Loporcaro - Nadja Kägi - Francesco Gardani mânca ‘mangiare’) – solo nei verbi di II macroclasse, anche regolari: si hanno dunque ˈprima ku ˈssenta(ne) ‘prima che senta(no)’ distinto dall’ind. ˈiɖːʐu sta ˈssɛnte /ˈiɖːʐi sta ˈssɛntune ‘lui sente/loro sentono’, cong. ˈskria(ne) ‘scriva(no)’ ≠ ind. ˈskrie ‘scrive’, ˈskriune ‘scrivono’. Nei verbi moderatamente irregolari, esemplificati in (31) per il dialetto di Sandonaci (prov. di Brindisi, v. Cavallo Conversano [2012: 80]) con il verbo ˈkriːtire ‘credere’, alla distinzione nella flessione affissale si assomma l’allomorfia radicale, tale da delineare lo schema L33: (31) Il congiuntivo presente nei verbi moderatamente irregolari nel dialetto di Sandonaci, prov. di Brindisi (Cavallo Conversano [2012: 80]): 1SG ˈkriːʃu/ ˈkriːu = 2SG 3SG 1PL ˈkriːti ˈkriːte kriˈtiːmu = (ku k)ˈkriːʃa = 2PL 3PL kriˈtiːti = ˈkriː(t)une (ku k)ˈkriːʃane ˈkriːtire ‘credere’ pres_ind pres_cong Anche in salentino centro-meridionale i verbi ausiliari – e stavolta, diversamente dal rumeno, anche ‘avere’ – conservano un maggior numero di distinzioni (anche alla 2sg per ˈ(bː)iːre ‘avere’ ed inoltre anche alla 1sg per ˈ(bː)ɛsːere ‘essere’): (32) Il congiuntivo presente dei verbi ausiliari nel dialetto di vernole, prov. di Lecce (Graziuso 1976): a. 1SG ˈsuntu ˈ(bː)ɛsːu b. 1SG ˈ(bː)adːʒu = 2SG ˈsinti ˈ(bː)jesːi 2SG ˈaːi ˈadːʒi 3SG ˈɛːte ˈ(bː)ɛsːa 3SG ˈaːe ˈadːʒa 1PL ˈsiːmu = 2PL ˈsiːti = 3PL ˈsuntu ˈ(bː)ɛsːane ˈ(bː)ɛsːere ‘essere’ pres_ind pres_cong 1PL ˈ(bː)iːmu = 2PL ˈ(bː)iːti = 3PL ˈ(bː)aune ˈadːʒane ˈ(bː)iːre ‘avere’ pres_ind pres_cong 33 Ciò è vero se si considera la 1sg ˈkriːʃu , da un *CRēDEO analogico su vĭDEO, mentre la coerenza dello schema L appare incrinata se si considera la variante ˈkriːu , in quanto il mutamento fonetico regolare ha oscurato l’originaria regolarità distribuzionale nell’irregolarità. Infatti, ambo gli allotropi muovono da una B2 *kridj- identica a quella del congiuntivo presente: dei due allotropi, coesistenti in molti dialetti salentini (v. la discussione in Fanciullo [1976: 21], con dati dalla varietà di Cellino San Marco, in provincia di Brindisi), ˈkriːu ha visto -j- (< -dj-) assorbito regolarmente dalla vocale alta precedente (spiegazione proposta originariamente da Salvioni [1907: 1047 e nota 3]) prima della desonorizzazione in - ʃ - caratteristica di Salento e Puglia centrale. va detto che tale spiegazione puramente fonetica lascia però inspiegato il perché la variante ˈkriː - non ricorra nel congiuntivo, dove invece si ha regolarmente ˈkriːʃ - (così come, in parallelo, ˈdeːʃa ‘dia’, ˈkaːʃa ‘cada’, ˈvaːʃa ‘vada’, ˈviːʃa ‘veda’, etc.; v. Graziuso [1976: 260]; Mancarella [1998: 184]). Morfomi sommersi in pantesco o dell’arte di arrangiarsi in morfologia 301 Il permanere in pantesco di forme lessicalizzate di congiuntivo presente quasi esclusivamente di terza persona singolare appare dunque in linea con una tendenza osservabile là dove, nel Meridione, il congiuntivo presente, pur in via di riduzione attraverso sincretismo, si conserva ancora come tempo verbale autonomo. BIBLIOGRAFIA Aronoff, Mark 1994 Morphology by Itself: Systems and Inflectional Classes, Cambridge, MA, MIT Press. Barbato, Marcello 2007 «La lingua del ‘Rebellamentu’. Spoglio del codice Spinelli (prima parte)», in Bollettino del Centro di Studi filologici e linguistici siciliani, 21, pp. 107-191. Bentley, Delia 2018 «Monotonicity in Word Formation: the Case of Italo-Romance Result State Adjectives», in Transactions of the Philological Society, 116, pp. 285319 <https://doi.org/10.1111/1467-968X.12120>. 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