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GUIDA ALL’ARCHIVIO DEL MUSEO STORICO DELLA LIBERAZIONE

2014, GUIDA ALL’ARCHIVIO DEL MUSEO STORICO DELLA LIBERAZIONE

Questo volume vuole garantire il corretto avvicinamento ed una prima interpretazione della documentazione tedesca prodotta dalle forze di occupazione a Roma. L’operazione mira a trattare la storia di quel periodo attraverso le fonti documentarie evidenziando i rapporti dinamici e sinergici tra le carte conservate presso il Museo storico della Liberazione e fuori da esso. Lo stato lacunoso causato dalla sorte traumatica subita da una parte consistente della documentazione ha richiesto la produzione di un ausilio che non si limitasse ad essere una guida alle fonti, ma che avesse spunti critici. Tale esigenza è divenuta col tempo un metodo che si è deciso di estendere anche agli altri fondi archivistici descritti. “Guida” è la definizione offerta dall’archivista e storico Leopoldo Cassese che più si attaglia a questo strumento, è uno strumento primario «che si propone di avviare lo studioso alle ricerche facendogli conoscere i depositi antichi e moderni dei materiali, indicandogli dove si trovano o si possono trovare i materiali dispersi; cerca quindi di ricostruire sommariamente i fondi». La Guida all’archivio del Museo storico della Liberazione, una guida, in dottrina definibile come speciale, nasce anche grazie alle numerose richieste e ai confronti avuti con storici, studiosi, collaboratori, o semplici utenti del Museo, i cui interrogativi, dubbi, percorsi di indagine sono stati fondamentali ispiratori. Si propone di essere un ausilio concreto alle esigenze di approfondimento, uno strumento in grado di offrire uno sguardo descrittivo generale, come, nel contempo, tagli trasversali pensati per seguire diverse chiavi di ricerca e percorsi di analisi, attraverso gli elementi tecnici della descrizione archivistica. La ragione di questa scelta va ricercata nella necessità di porre in condizioni chi legge di attingere autonomamente ciò che attiene strettamente ai propri interessi, per poi poter ottenere, attraverso rimandi e relazioni ad altro materiale documentario, un quadro d’insieme completo sugli argomenti di interesse

Dal Codice al Libro 36 Collana diretta da Varo A. Vecchiarelli ALESSIA A. GLIELMI GUIDA ALL’ARCHIVIO DEL MUSEO STORICO DELLA LIBERAZIONE VECCHIARELLI EDITORE Opera realizzata con il contributo del Museo storico della Liberazione in Roma, grazie ai fondi della Regione Lazio, Assessorato alla Cultura e politiche giovanili, legge regionale 24 dicembre 2010, n, 29, art. 4/37, programma 2013 Vecchiarelli Editore S.r.l. – 2014 Piazza dell’Olmo, 27 00066 Manziana (Roma) Tel. 06.99674220 Fax 06.99674591 vecchiarellieditore@inwind.it www.vecchiarellieditore.com ISBN 978-88-8247-366-2 INDICE Prefazione di Antonio Parisella vii Ringraziamenti ix Introduzione 1 Museo storico della Liberazione La storia L’archivio Archivio Istituzionale I. Amministrazione II. Bacheche III. Dossier 5 12 IV. Carte tedesche V. Didattica 17 31 104 110 166 223 Archivio Arrigo Paladini 229 Archivio Giuseppe Dosi 237 Recenti acquisizioni Archivio Giuseppe Dosi (II versamento) Archivio Giannetto Barrera Archivio Amedeo Coccia Archivio Silverio Corvisieri 251 252 262 265 268 Appendici Appendice A Appendice B Appendice C Appendice D Appendice E 271 275 280 284 Inventario A-Z Ricostruzione Archivio Anpi Ricostruzione fondo Giulio Tarroni Programma corsi Organigramma dell’Außenkommando di via Tasso Ricostruzione virtuale della lista originale degli elenchi di vittime delle Fosse Ardeatine 286 Abbreviazioni e sigle archivistiche, Elenco delle sigle e utilizzate, Fonti d’archivio, Sitografia 289 Bibliografia 293 PREFAZIONE Nell’immagine comune, nella pubblica opinione, il nome archivio e il nome archivista, fino ad una ventina d’anni fa, richiamavano immagini di cose e di persone fuori del tempo, polvere, buio, scaffali e carte rosicchiate da topi o lordate da uccelli penetrati da vetri rotti. Oggi, invece, camici bianchi, computer, schermi al plasma, scaffalature metalliche compact, guanti alle mani, odori di spray antitarme, ecc. … Si tratta, comunque, di immagini che nascondono e falsano l’essenza di un lavoro di grande rigore intellettuale e, soprattutto quando non si ha a che fare con archivi di grandi enti con procedure rigidamente formalizzate, oppure si tratta di archivi di persone e di famiglie, un lavoro che richiede creatività e inventiva. Di creatività e inventiva, oltre che di pazienza infinita e di applicazioni coerenti di logica, ha dato eccellente prova Alessia A. Glielmi nel trasformare in un archivio dotato di coerenza numerosi insiemi di carte diversi per natura e dimensioni. Come abbia proceduto lo narra ella stessa nell’introduzione e il suo affascinante racconto non è privo di sorprese e suggestioni, sia per le vicende cui le carte si riferiscono, sia per quelle riferite ai singoli insiemi di cui facevano parte. A me qui preme sottolineare come ella si sia servita di una doppia strumentazione, indispensabile per riuscire nell’impresa. Da un lato, per affrontare e risolvere i numerosi e a volte insoliti problemi che poneva un complesso archivistico non grande per mole, ma atipico per composizione e struttura, ha dovuto fare ricorso a tutte le risorse che le offriva la sua preparazione di alto profilo nella dottrina archivistica e nella tecnica organizzativa degli archivi. Pur avendo sedimentato una eccellente formazione universitaria nello specifico settore, ha voluto affrontare con passione l’impegno coinvolgente per conseguire un dottorato di ricerca al fine di elevare ulteriormente il livello qualitativo delle sue competenze. In tal modo, facendo oggetto della sua ricerca dottorale proprio la soluzione dei problemi che sono alla base di questo lavoro, ha sottoposto ad attenta verifica gli stessi presupposti teorici, dottrinali e metodologici, misurandone l’applicabilità e la rispondenza alle esigenze emerse e proponendone coerenti interpretazioni espansive. Ma Alessia A. Glielmi era ed è fermamente consapevole del fatto che l’intervento su un archivio storico – sia pure sui generis, puzzle di spezzoni archivistici, come quello del Museo storico della Liberazione – non è e non può essere un solo fatto tecnico ma costituisce un impegno essenziale per la storiografia, volto com’è alla predisposizione delle sue fonti, cioè la materia prima del suo lavoro. È l’indicazione autorevole di Paola Carucci, maestra della disciplina, che traiamo, espandendola alla natura intima di altre operazioni che riguardano un archivio, da un suo fondamentale saggio sullo scarto archivistico, cioè da una operazione apparentemente caratterizzata da prevalenza del dato materiale e tecnico-funzionale. Così, dovendo misurarsi tecnicamente con il valore storico di ogni singola carta per individuarne e valutarne la (ri)collocazione nel complesso dell’archivio, Alessia A. Glielmi ha dovuto attrezzarsi storiograficamente. Ciò significa che ha dovuto appropriarsi, con lo studio, della conoscenza di eventi, persone, luoghi e problemi – oltre che di istituzioni – relativi alle vicende che l’archivio dovrebbe rispecchiare e alle quali è chiamato a fornire elementi di conoscenza. Le proliferazioni editoriali degli ultimi venti anni sono state mosse, talora, dal giusto bisogno di fare fronte all’abbandono di problematiche che andavano aggiornate alla luce di nuove acquisizioni documentarie e di nuove proposte interpretative. Inoltre, da un altro canto, ci si è trovati di fronte ai vuoti lasciati dalla scomparsa di molti protagonisti per ragioni anagrafiche. Questo ha spinto a tirare fuori dai cassetti diari, carteggi, memorie, fotografie, oppure a sbobinare e trascrivere interviste e testimonianze, oppure a raccogliere vii antologie di brani di scritti autobiografici, articoli, interviste, pubblicati in altri tempi, oppure a collazionare documenti da diversi archivi senza troppi scrupoli selettivi. Si sarebbe trattato e si tratterebbe di un lavoro meritorio se sempre fossero state rispettate le regole del mestiere. Purtroppo, però, accade che, mentre nessuno si sognerebbe di scrivere neppure un rigo di argomento filatelico se non si intendesse di dentellature, filigrane, colle, primi giorni di emissione, ecc. …, più d’uno si autodefinisca storico, magari pubblicando un libro l’anno, senza possedere i più elementari criteri di critica delle fonti e senza compiere neppure la minima opera di collocazione di eventi e personaggi nel loro contesto storico. Sono pessimista e penso che nessuno (o quasi) degli appartenenti a questo genere pubblicistico – che mostrano di ignorare la massima di Jorge Luis Borges (bibliotecario, oltre che scrittore tra i massimi), secondo il quale la misura della cultura di una persona sta nei libri che ha letto più che in quelli che ha scritto – si avvicinerà alla lettura di queste pagine pur avendone bisogno. Tuttavia ho imparato dall’esperienza ad avere pazienza ed anche a sperare in qualche mutamento del costume e, più in generale, dei comportamenti collettivi. Da questo volume e dalla sua complessità chiunque è invitato ad imparare con maggiore evidenza che in altri più complessi non solo lo stretto legame tra ricerca archivistica e ricerca storica (nei due sensi, la storia per l’archivistica e l’archivistica per la storia), ma l’atteggiamento intelligente e rigoroso di umiltà che deve essere tenuto nei confronti delle carte: esse, infatti, chiedono di essere comprese – come ci ricordava Henri-IrenéeMarrou – tanto nella loro essenza sia materiale sia di contenuto, sia la più profonda realtà umana della quale ci serbano la memoria. E tale comprensione è alla base della vera e propria passione che genera la ricerca sulle fonti documentarie. È nel rapporto di dialogo e scambio con i documenti che si realizza – infatti - quella penetrazione e comprensione dell’alterità nel tempo che altrimenti non riusciremmo a conoscere e che è alla base stessa della possibilità di fare storiografia. Per questa ragione, interpretando un pensiero rafforzato, e un desiderio di Alessia A. Glielmi che da questo lavoro esce rafforzato, ho con lei voluto fermamente che questa Guida fosse pubblicata in volume e non solo per via telematica. Infatti, con lei siamo convinti che il suo posto debba essere anche materialmente sul tavolo di lavoro del ricercatore e dello studioso. Riteniamo che avere direttamente sotto gli occhi le pagine di inventari di fondi archivistici realizzati con studio e applicazione sia in grado di fornire un valore aggiunto alla ricerca, nel senso di stimolarla a nuovi percorsi e aprirla a nuovi problemi. Ancora, gli studiosi e le studiose che scorreranno le pagine degli inventari si renderanno conto che – sia nelle carte originarie dell’archivio di Via Tasso, sia in fondi di successiva acquisizione (come pure in fondi complementari, come quello dei manifesti di guerra e quello dei volantini), non è conservata soltanto documentazione direttamente attinente alla Resistenza a Roma e al comando e carcere nazisti. È stata ed è, infatti, politica delle acquisizioni della documentazione da parte del Museo quella di non smembrare fondi archivistici e collezioni accogliendo fondi archivistici nella loro integralità. Ciò – indubbiamente – per ragione di salvaguardia dell’unità del patrimonio documentario, ma anche per testimoniare l’interrelazione che nell’attività di persone spesso sussiste fra aspetti diversi per natura e tipologia (militanti, professionali, letterari, artistici, scientifici, militari, ecc…). E questo anche per significare ulteriormente il carattere del Museo non come luogo espositivo di una particolare forma di collezionismo, ma come istituto culturale e luogo di memoria polifunzionale che – pur mantenendo rigorosamente portante l’asse tematico della sua missione istituzionale – si apre a documentare e rendere visibili significativamente le molteplici implicazioni della storia di persone ed eventi. Antonio Parisella Presidente del Museo storico della Liberazione viii RINGRAZIAMENTI La realizzazione di questo percorso ha richiesto un sostanzioso assolo inattuabile senza un complesso ed appassionato lavoro di equipe reso possibile dalle azioni e contributi di molti. Tra i più attivi - come non menzionare per primi - i collaboratori, spesso volontari, del Museo storico della Liberazione che con discrezione, competenza e grande passione si occupano della gestione ordinaria e straordinaria dell’istituto. Il loro lavoro mi ha reso e mi rende parte di una squadra. Debbo riconoscenza in assoluto al professor Antonio Parisella, per me paterna guida, mi ha affiancato e sostenuto sin da subito in questa ed altre imprese, mettendo sempre a disposizione suggerimenti, avvertimenti e tantissime pacche sulle spalle per incoraggiarmi. Un grazie lo debbo alla mia carissima amica Giovanna Montani con cui ho condiviso le notti insonni quasi dieci anni fa all’inizio di questo viaggio. Sono grata al prof. Roberto Guarasci per aver seguito ed indirizzato con rigore scientifico il progetto iniziale da cui ha preso le mosse questo lavoro, al prof. Piero Innocenti le cui parole, spesso i silenzi, nascondono profonda conoscenza e straordinaria sensibilità, per aver cercato, voluto e promosso questo lavoro prima e dopo la sua realizzazione, al prof. Attilio Mauro Caproni per averlo difeso sin nella sua fase progettuale e alle prof.sse Marielisa Rossi e Gianna Del Bono per aver riconosciuto segnali di credibilità scientifica (un grazie è riservato al loro sostegno che ancora mi accompagna), al prof. Varo Augusto Vecchierelli per la pazienza messa a dura prova nelle fasi finali e a tutti i docenti del Collegio del dottorato di ricerca in Scienze bibliografiche, archivistiche e documentarie e per la conservazione e restauro dei beni librarie archivistici dell’Università degli Studi di Udine per aver contribuito, attraverso le tante occasioni istituzionali di confronto, al perfezionamento della mia preparazione, permettendomi di avvalermi di basi solide. Un ringraziamento speciale, che vale come un investimento per il futuro, lo vorrei dedicare ai miei allievi i cui dubbi e domande sono stati per me fondamentali ispiratori. Auguro a tutti loro di poter trovare continuamente stimoli e di operare con onestà, competenza e passione. Speciali e concreti ringraziamenti vorrei indirizzarli a quegli uomini e quelle donne incontrate in questo lungo percorso di studi che, attraverso i confronti professionali, che quasi sempre sono diventati umani, mi hanno aperto la strada per raggiungere risultati ix impensabili mettendo a disposizione le loro competenze, il loro lavoro, l’esperienza e la curiosità che in una professione come la nostra non deve mai mancare. Tutti sono citati all’interno del volume in maniera contestualizzata. Sinceri e affettuosi ringraziamenti merita Maria Letizia Dosi, figlia di Giuseppe Dosi, la cui forza morale e vividezza mi hanno aiutato a trovare, raccogliere ed interpretare le preziose carte raccolte da suo padre nel 1944. Senza il suo contributo, aspetti e personaggi fondamentali per la storia dell’occupazione nazista d’Italia sarebbero stati condannati all’oblio. Non posso e non voglio dimenticare coloro che per motivi affettivi o vincoli familiari direttamente o indirettamente sono legati alle troppe vittime del nazifascismo ed in alcuni casi alle stesse vittime che ho ancora la fortuna di incontrare personalmente. Dal dolore, dalla conoscenza, divenuta consapevolezza, è nata la gratitudine per questo contributo. In ultimo, ma non all’ultimo, colloco i ringraziamenti alla mia Famiglia, alla mia Mamma che con la sua energia ed esempio mi sostiene e mi anima sempre, a mio Fratello, Mario, rifugio affettuoso e aiuto logistico fondamentale, insieme con la sua compagna di vita, Lucia, a mio Padre per averci sempre creduto anche se adesso da troppo lontano. A Riccardo, compagno di cammino e marito, fonte di gratitudine e, nel contempo, di ispirazione e supporto, per l’amore e per la dedizione che non mi fa mai mancare. E alla mia Prima Donna che sta già cambiando tutto. Alessia A. Glielmi x INTRODUZIONE Il periodo che va dall'8 settembre 1943 al 4 giugno 1944 è ricordato come uno dei periodi più bui e controversi della storia di Roma e d’Italia. Se ad una prima lettura gli episodi significativi e i brevi limiti temporali, consentono, di quei nove mesi, una comoda ricostruzione cronologica, non altrettanto immediate, invece, appaiono, a più di settanta anni di distanza, le dinamiche che dietro quegli eventi si celano. Solitamente i periodi storici che segnano eventi e passaggi politici ed istituzionali traumatici, divengono accessibili attraverso i punti di contatto che le istituzioni vecchie e quelle nuove offrono, ad esempio, attraverso il dialogo, come nel caso in specie, tra quelle italiane e quelle tedesche: l’“occupante” e l’“occupato” 1. Tra le sfumature delle competenze delle diverse istituzioni prima alleate, poi contrapposte, non sempre perfettamente delineate e, ad oggi, non interamente conosciute, si osserva, in questo caso, però, una situazione di estrema frammentazione, che, spesso, si evolve in una sovrapposizione percepibile chiaramente nelle carte e di conseguenza negli archivi. Si parte, dunque, dagli archivi per decifrare altri archivi. Questa affermazione apparentemente criptica, tenta di sintetizzare con poche parole il principio che ha portato alla realizzazione di questo volume. I vuoti, le lacune e la frammentarietà delle fonti, la scarsa analiticità o l’assenza totale di strumenti sono lamentati dai più autorevoli studiosi che nell’ultimo quarantennio si sono occupati di diversi aspetti del periodo in questione. I diversi percorsi di ricerca italiani e tedeschi a cui Enzo Collotti 2 ha contribuito in maniera significativa, pur lamentando, già negli anni Sessanta, lacune e ritardi hanno sempre evidenziato lo squilibrio tra le tracce che mettevano al centro gli studi sui movimenti di Resistenza e la scarsezza di studi mirati ad approfondimenti sul complesso di elementi che hanno determinato l’occupazione tedesca. Molto più tardi, negli anni Novanta, sarà per primo Lutz Klinkhammer 3, che pur lamentando le stesse lacune, affronterà il problema con uno studio dal respiro storico-istituzionale sulla composizione dell’amministrazione tedesca nell’Italia occupata, cui seguirà un altro tedesco Gerhard Schreiber 4, che attraverso un’analisi dedicata agli internati militari, offrirà numerosi spunti per comprendere le motivazioni dell’occupazione politica e militare dell’Italia. Ad intramezzare questi momenti si inserisce la diffusamente frequentata categoria storiografica consacrata allo stragismo nazista che propone ricostruzioni di singoli episodi e fatti dal respiro nazionale che coinvolgono la storia locale soprattutto a partire dagli anni Novanta 5. Alcuni dei principali fattori 1 L. Klinkhammer offre una ricostruzione storica del periodo in cui l’Italia, tra il 1943 ed il 1945 venne a trovarsi nella paradossale condizione dell’ ”alleato occupato”. Si veda, a tal proposito, L. Klinkhammer, L’occupazione tedesca in Italia 1943-1945, Torino, Bollati Boringhieri, 2007. 2 E. Collotti, L’amministrazione tedesca dell’Italia occupata 1943-1945. Studio e documenti, Milano, Lerici, 1963 e Enzo Collotti, Documenti sull’attività del Sichereitdienst nell’Italia occupata, in «Il movimento di Liberazione in Italia», 83, aprile-giugno 1966, pp. 38 -77. 3 L. Klinkhammer, L’occupazione… cit. si rammentano poi i lavori: Liliana Picciotto Fargion, Polizia tedesca ed ebrei nell’Italia occupata, in «Rivista di Storia Contemporanea», 3, 1984 e Carlo Gentile, I servizi segreti tedeschi in Italia, 1943-1945, in Conoscere il nemico. Apparati di intelligence e modelli culturali nella storia contemporanea, (a cura di), Paolo Ferrari, Alessandro Massignani, Milano, Franco Angeli, 2010. 4 G. Schreiber, Die italienischen Militärinternierten im deutschen Machtbereich. 1943–1945, Munchen, 1990 si veda anche G. Schreiber, La vendetta tedesca. 1943-1945: le rappresaglie naziste in Italia, Milano, Mondadori, 2000. 5 A tal proposito si segnalano i principali saggi: R. Lazzero, Il sacco d’Italia. Razzie e stragi tedesche nella repubblica di Salò, Milano, Mondadori, 1994, L. Klinkhammer, Stragi naziste in Italia, Roma, Donzelli, 1997, E. Collotti e T. Matta, Rappresaglie, stragi, eccidi, in Dizionario della Resistenza, vol. I. Storia e geografia della Liberazione, a cura di E. Collotti, R. Sandri, F. Sessi, Torino, 2000, 1 ALESSIA A. GLIELMI causa di questo difetto o meglio sbilanciamento di analisi non perfettamente esaustive, sono stati elencati anche in un articolo di Pier Paolo Battistelli 6. Essi sono riferibili alle difficoltà linguistiche e grafiche che tali documenti presentano, alle difficoltà a reperire la documentazione e a comprendere l’effettiva storia archivistica delle carte conservate in Germania ed in generale in tutta Europa e, non in ultimo, alla scarsa produzione di strumenti archivistici esaustivi riferiti ai fondi composti o nei quali convergono documenti di tal genere. La constatazione, dunque, di una situazione documentaria tutt’altro che lineare e di una limitata produzione di strumenti analitici è servita da incentivo per cominciare a ragionare su questo studio. Partendo da tali riflessioni, è emersa l’esigenza di uno strumento per gli archivi analitico e trasversale in grado di far chiarezza su fonti tedesche poco note, le uniche che raccontano senza intermediari l’occupazione di Roma. Il lavoro ha come obiettivo quello di segnalare possibili percorsi di ricerca attraverso riferimenti e rimandi che non si focalizzano solo su ciò che è conservato presso il Museo storico della Liberazione, ma che da esso partono e ad esso arrivano. La visione è quella di un progetto che partendo dai fondamentali della dottrina archivistica, attraverso il potenziamento della funzione critica dello strumento approdi a nuove proposte per la ricerca. Mutuando nel campo archivistico il concetto giuridico di fonte complementare, come di fonte non scritta, utilizzata per riempire le lacune del diritto primario, così i riferimenti ed i rinvii che caratterizzano questo lavoro, servono, partendo dalla fonte primaria reale, a chiarire e promuovere tracce e percorsi interni ed esterni alle carte. La nascita di questo volume vuole garantire il corretto avvicinamento ed una prima interpretazione della documentazione tedesca prodotta dalle forze di occupazione a Roma. L’operazione mira a trattare la storia di quel periodo attraverso le fonti documentarie evidenziando i rapporti dinamici e sinergici tra le carte conservate presso il Museo e fuori da esso. Lo stato lacunoso causato dalla sorte traumatica subita da una parte consistente della documentazione ha richiesto la produzione di un ausilio che non si limitasse ad essere una guida alle fonti, ma che avesse spunti critici. Tale esigenza è divenuta col tempo un metodo che si è deciso di estendere anche agli altri fondi archivistici descritti. “Guida” è la definizione offerta dall’archivista e storico Leopoldo Cassese che più si attaglia a questo strumento, è uno strumento primario «che si propone di avviare lo studioso alle ricerche facendogli conoscere i depositi antichi e moderni dei materiali, indicandogli dove si trovano o si possono trovare i materiali dispersi; cerca quindi di ricostruire sommariamente i fondi 7». La ricerca che ha portato alla redazione di questo strumento ha mosso indirettamente i primi passi nel 2006 quando, dal Museo storico della Liberazione, fu commissionato uno studio mirato all’identificazione dei nominativi e alla ricostruzione dei profili biografici di coloro che, tra settembre 1943 e giugno 1944, furono detenuti nel carcere di via Tasso. Nacque così l’esigenza di procedere allo spoglio sistematico di fonti bibliografiche e archivistiche conservate nell’istituto che trattavano tale tematica. Pochissimi erano gli elementi noti: i nomi di ex-detenuti 8 conosciuti erano all’incirca duecento, del tutto ignoti, invece, erano elementi come la data in cui l’edificio fu trasformato in carcere, attività e funzioni della caserma/carcere, il rapporto di propedeuticità rispetto al reparto tedesco di Regina Coeli ed, in generale, rispetto alla totalità dei luoghi dove avevano sede le forze di occupazione tedesche. Ciò che risultò essere particolarmente difficoltoso riguardava sempre il punto di partenza ossia la totale mancanza di punti di riferimento e di strumenti per inter6 I diversi fattori funzionali alle ricerche sono elencati nel saggio di Pier Paolo Battistelli, I comandi militari tedeschi in Italia. Appunti per uno studio della guerra in Italia sui documenti tedeschi, in «Bollettino dell’archivio dell’ufficio storico», n. 9, a. V, gennaio-giugno 2005, p. 342. 7 A. Romiti, Archivistica tecnica. Primi elementi, Lucca, Civitale Editoriale, 2008, p. 35-36 8 Alla fine della ricerca furono 1132 i profili biografici rintracciati. Msl, Elenco dei reclusi nel carcere di via Tasso. Ottobre 1943-Giugno 1944-Banca dati, a cura di A. A. Glielmi, G. Montani. 2 INTRODUZIONE pretare, ma anche semplicemente, per leggere correttamente le fonti a disposizione. Se, analizzando fonti a stampa, guide tematiche 9, manuali e memorialistica, si riuscì, in un primo tempo, ad inquadrare gli eventi più significativi ed individuare i nominativi delle vittime delle stragi avvenute durante i nove mesi di occupazione 10, poco chiare rimanevano vicende ed episodi relativi alla gran parte dei detenuti 11. Restavano, altresì, oscuri elementi fondamentali come le attività all’interno del carcere, il ruolo e i nomi di chi era addetto alla vigilanza, le funzioni delle SS e dei membri della polizia politica tedesca che gestivano il carcere e che alloggiavano nell’edificio attiguo 12. A seguito di ulteriori approfondimenti, si constatò, poi, il perdurare di un vuoto storiografico in larga parte riconducibile alla dispersione degli archivi avvenuta nel periodo post-bellico. Nel 1966 Enzo Collotti definì per primo il ruolo della polizia politica di occupazione, a causa della mancanza di fonti, «tra gli aspetti ancora meno esplorati nel campo delle ricerche sulla storia dell'occupazione tedesca» 13, Lutz Klinkhammer, a trent’anni di distanza, si diceva, registrò lo stesso vuoto osservando lacune rispetto ad «un'esposizione complessiva dell'attività delle SS e della polizia tedesca in Italia» 14. Enzo Piscitelli, storico della Resistenza romana, lamentò, nel suo campo di indagine, la stessa «mancanza o comunque l’insufficienza della documentazione sull’attività patriottica o partigiana» 15. Fu anche per rispondere a tali interrogativi che furono utilizzate, per la prima volta in uno studio organico, le fonti conservate al Museo che, nonostante la rilevanza storico-archivistica, non risultavano mai consultate sistematicamente, mai censite o descritte 16. La rilevanza storica è dovuta al fatto che il Museo ha lo strategico ruolo di conservatore di due tipologie di fonti: ciò che rimane degli archivi prodotti dalle forze di occupazione tedesche e, al tempo stesso, della documentazione prodotta dalle forze anti-fasciste e anti-naziste durante quello stesso periodo. Le prime fonti, rispetto alle seconde, ritenute, genericamente disperse e lacunose a seguito della fuga dei tedeschi da Roma. Le indagini effettuate per trovare elementi certi sulle modalità con cui la documentazione era stata dispersa, trovarono riscontri nell’unica fonte che riportava, circostanziandole con dovizia di particolari, diverse notizie in merito alla questione. Si trattava di un opuscolo 17, pubblicato probabilmente nel 1946 da Giuseppe Dosi 18, che confermò la notizia e allo stesso tempo contribuì in modo significativo a far luce sulle vicende archivistiche relative allo smembramento. L’analisi con- M. L. D’Autilia, M. De Nicolò, M. Galloro, Roma e Lazio 1930- 1950. Guida per le ricerche. Fascismo, antifascismo, guerra, resistenza, dopoguerra, a cura di A. Parisella, Roma, Franco Angeli, 1994. 10 Ci si riferisce alle vittime del nazi-fascismo che, in parte o nella totalità, furono prelevate, prima dell’uccisione, dal carcere di via Tasso. In particolare ai caduti delle Fosse Ardeatine, ai caduti di Forte Bravetta e ai caduti de La Storta. 11 È possibile ascrivere in questo vasto gruppo chi fu trattenuto pochi giorni, chi fu solo interrogato, chi fu costretto a prestare lavoro coatto all’interno del carcere. 12 L’edificio, corrispondente al civico 155, prima dell’Armistizio accoglieva gli uffici culturali dell’ambasciata germanica. A. Majanlahti, A. Osti Guerrazzi, Roma occupata 1943-1944. Itinerari, storia, immagini, Il Saggiatore, 2010 p. 87. 13 E. Collotti, Documenti sull’attività del Sichereitdienst nell’Italia occupata, in «Il movimento di Liberazione in Italia», 83, aprile-giugno 1966, pp. 38 -77, p. 38. 14 L. Klinkhammer, L’occupazione tedesca in Italia 1943-1945, Torino, Bollati Boringhieri, 2007, p. 481. L’osservazione è riportata alla nota 84. 15 E. Piscitelli, Storia della Resistenza romana, Bari, Laterza, 1965, p. 2. 16 La banca dati è stata presentata ufficialmente nel 2007, da chi scrive, e da Giovanna Montani in occasione del seminario internazionale “Il campo di Fossoli di Carpi nell’ambito della deportazione all’Italia “ svoltosi a Fossoli di Carpi. 17 G. Dosi, Via Tasso: I misteri delle SS Documenti originali raccolti e commentati da Giuseppe Dosi. Roma, R. Carboni, [1946]. 18 L’Archivio di Giuseppe Dosi è stato in seguito acquisito integralmente dal Museo ed è entrato a fare parte nel periodo che va dal 2009 al 2012 del suo patrimonio archivistico. 9 3 ALESSIA A. GLIELMI testuale della corrispondenza del museo 19 e delle fonti conservate nell’Archivio Centrale dello Stato hanno permesso di far chiarezza sulle modalità che portarono alla dispersione di un nucleo consistente di documentazione tedesca riuscendo ad individuare il punto esatto e le dinamiche che portarono al recupero della documentazione prodotta in via Tasso e nel reparto tedesco del carcere di Regina Coeli e a dedurre, in quella circostanza, che non tutto il materiale documentario fu distrutto o disperso. Uno dei risultati di quella ricerca, ampliata ad altri istituti 20, fu l’individuazione ed il recupero, nel 2009, di un primo nucleo di carte - oggi conservate presso il Museo - confluite nell'Archivio Giuseppe Dosi.. Il vaglio delle stesse ha permesso di comprendere le vicende che furono all’origine della produzione e stratificazione di quasi tutti i nuclei archivistici presenti del museo. Un simile patrimonio, che si vorrebbe, da questo momento, in poi di più facile comprensione, si è voluto analizzare con dettaglio per venire incontro alle diverse esigenze di studio e di approfondimento che provengono da studiosi, studenti, familiari di vittime o semplici visitatori che si avvicinano all’istituto consapevoli della sua duplice funzione: ex-sede di quello che fu il simbolo dell’occupazione nazista di Roma e custode di ciò che rimane della memoria scritta di quel periodo, dall’altra conservatore della documentazione che testimonia le diverse articolazioni della lotta al regime nazi-fascista. La Guida all’archivio del Museo storico della Liberazione, una guida, in dottrina definibile come speciale 21, nasce anche grazie alle numerose richieste e ai confronti avuti con storici, studiosi, collaboratori, o semplici utenti del Museo, i cui interrogativi, dubbi, percorsi di indagine sono stati fondamentali ispiratori. Si propone di essere un ausilio concreto alle esigenze di approfondimento, uno strumento in grado di offrire uno sguardo descrittivo generale, come, nel contempo, tagli trasversali pensati per seguire diverse chiavi di ricerca e percorsi di analisi, attraverso gli elementi tecnici della descrizione archivistica. La ragione di questa scelta va ricercata nella necessità di porre in condizioni chi legge di attingere autonomamente ciò che attiene strettamente ai propri interessi, per poi poter ottenere, attraverso rimandi e relazioni ad altro materiale documentario, un quadro d’insieme completo sugli argomenti di interesse. Per tale ragione si è scelto di dare risalto al contesto storico-istituzionale entro cui i diversi complessi archivistici si sono formati, offrendo, in qualche caso, anche la ricostruzione virtuale di nuclei archivistici oggi smembrati. L’eterogeneità delle fonti archivistiche, le problematiche dovute ai diversi processi di formazione, lo stato di ordinamento dei fondi, ha imposto numerosi interventi archivistici sulla documentazione. Tali interventi, come si diceva, preliminari alla redazione della Guida, concretizzati in censimento, descrizione e schedatura del materiale sono stati finalizzati all’acquisizione di tutte le notizie utili per supportare le scelta delle tecniche di intervento migliori nel rispetto del metodo storico. L’applicazione in sede di riordinamento del metodo storico è stato interpretato nel rispetto del processo di formazione dei singoli fondi, sia come espressione, nel caso dell’Archivio Istituzionale del Museo, di attività istituzionali, oppure, nel caso degli archivi aggregati, della storia del soggetto produttore che si è rivelato sempre l’unico elemento 22 in grado di offrire la solidità di riferimenti esatti per il riordinamento. Ciò che, prima degli interventi di riordinamento, di cui si dirà, era denominata Corrispondenza era, in realtà, l’intero archivio del Museo. 20 In particolare: Archivio Centrale dello Stato, Archivio di Stato di Roma, archivio del Tribunale militare di Roma, l’Archivio storico della Comunità ebraica di Roma, Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano, Museo ebraico di Roma. 21 A. Romiti, Archivistica generale. Primi elementi, Lucca, Civita Editoriale, 2008, p. 45-46. 22 Per tutti e due i fondi aggregati descritti - Archivio Arrigo Paladini e Archivio Giuseppe Dosi - non è stato possibile usufruire di biografie pre-esistenti. Esse sono state implementate e ricostruite di pari passo con l’analisi e la corretta interpretazione delle carte. 19 4