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La sitcom. Genere, evoluzione, prospettive

2020, La sitcom. Genere, evoluzione, prospettive

Da Lucy ed io a Friends, da Happy Days a The Big Bang Theory, da I Jefferson a The Good Place, da Casa Vianello a Boris: la situation comedy è un genere televisivo importante, che sembra semplice ma non lo è, ha un linguaggio stratificato e una storia piena di svolte. Fa ridere il pubblico con la sua sapiente miscela di innovazione e ripetizione, ha dato vita a un importante modello produttivo e industriale, riempie i palinsesti tra prime visioni e repliche. I suoi personaggi diventano popolari, i suoi racconti proseguono per tante stagioni e circolano pressoché dappertutto. Il volume traccia una definizione della sitcom e ne ricostruisce le principali evoluzioni, negli Stati Uniti come in Italia. Getta poi uno sguardo sul presente e sul futuro di un genere spesso trascurato ma ancora centrale, che nello scenario digitale non solo resiste ma si trasforma, insieme alla tv che cambia.

Seinfeld • Jerry Seinfeld • Jerry (per poco) Seinfeld • Genitori di Jerry Unbreakable Kimmy Schmidt Friends • Central Perk Friends • Monica The Big Bang Theory Sheldon e Leonard The Big Bang Theory Penny Arrested Development Lucille Frasier Frasier • Niles The Fresh Prince of Bel-Air Modern Family Phil e Claire Frasier • Martin Modern Family Mitchell e Cameron Seinfeld • Kramer Friends • Ross New Girl • Jess e i ragazzi Will & Grace How I Met Your Mother Ted La sitcom Genere, evoluzione, prospettive Luca Barra Carocci editore Quality Paperbacks Quality Paperbacks • 569 I lettori che desiderano informazioni sui volumi pubblicati dalla casa editrice possono rivolgersi direttamente a: Carocci editore Corso Vittorio Emanuele ii, 229 00186 Roma telefono 06 42 81 84 17 fax 06 42 74 79 31 Siamo su: www.carocci.it www.facebook.com/caroccieditore www.twitter.com/caroccieditore Luca Barra La sitcom Genere, evoluzione, prospettive Carocci editore Quality Paperbacks Indice 1. 2. Introduzione 11 Per una definizione di sitcom 17 La complessità di quello che sembra scontato 18 Com: la comicità 20 Sit: la situazione 24 Testi seriali, prodotti industriali 27 Tipologie di racconto 31 Letture (nazionali) della società 34 Una storia della sitcom americana 37 Un genere (quasi) nuovo per un nuovo medium 38 Primi classici: I Love Lucy e The Honeymooners 42 Ora tocca ai padri 46 Fughe dalla realtà 49 Rilevanza: All in the Family, The Mary Tyler Moore Show e dintorni 52 Sguardi opposti sul passato: m*a*s*h, Happy Days e oltre 58 Anni Settanta e varia modernità 60 Ritorno alla famiglia felice 63 8 3. 4. la sitcom Un cambio di passo 66 La sitcom che parla di nulla: Seinfeld 68 La stratificazione del mainstream 70 Il classico contemporaneo: Friends 72 Rompere gli schemi 73 Il corpaccione medio dei network 76 La lunga strada della comedy via cavo 78 Colpi di coda generalisti 81 To be continued… 84 Percorsi della sitcom americana in Italia 87 Il primo errore 89 Dentro la tv dei ragazzi 91 Una grande abbuffata (in ritardo) 93 La sitcom ridotta e italianizzata 96 Abbondanza di nicchia 98 La sitcom “all’italiana” 103 Primi esperimenti 105 Risate giovani 109 Il grande successo: Casa Vianello 112 Il canone commerciale 116 Un tentativo di rinnovamento: Via Zanardi, 33 120 Dal canone alla maniera 122 Arrivano i format 124 Guardarsi dentro: Boris 128 Comedy premium e rimbalzi generalisti 131 indice 5. 9 Traiettorie contemporanee 135 Comedy non lineare 138 Sperimentazioni via cavo 142 Il formato in questione 145 Un coinvolgimento differente 148 Costume e società 151 L’eterno ritorno della sitcom 152 Bibliografia 157 Introduzione Sitcom. Sono sei lettere, a volte con il trattino a metà e più spesso senza, che contraggono e tengono insieme le due parole costitutive, i due elementi almeno in apparenza più importanti: situation comedy. Ma che allo stesso tempo consentono di andare oltre: a occupare uno spazio più ampio nell’articolato e mobile sistema dei generi della televisione, presidiando saldamente l’intero ambito della narrazione dallo sfondo ironico e umoristico, della finzione che ha come suo obiettivo principale quello di far ridere gli spettatori, e intanto mettendo in evidenza pezzetti minimi ma significativi dell’individuo e del mondo. La sitcom è molte cose: un oggetto seriale dalle chiare e obbligate finalità comiche, un testo che segue precise regole estetiche e narrative e insieme le mette in discussione, un formato che si è precisato nel corso di una lunga storia, un prodotto dai costi ridotti e dall’elevata standardizzazione, un appuntamento e un “basso continuo” sempre presente da qualche parte sul piccolo schermo. Circola ampiamente, dura per anni tra episodi nuovi e repliche, si innesta in profondità nelle abitudini del pubblico. Cambia nel tempo, tra momenti espansivi e fasi di declino. Innesta elementi nuovi in una struttura prevedibile e sempre uguale, segue percorsi inattesi e strade originali, crea valore simbolico ed economico. Se si guarda agli Stati Uniti – il contesto televisivo e mediale dove il genere è nato, ha affinato modelli e obiettivi, si è sviluppato in molteplici direzioni e ha attraversato grandi successi e fallimenti –, la sitcom è soprattutto un contenuto popolare, nelle due accezioni del termine. Da un lato, si rivolge a tutti, senza distinzioni o barriere all’ingresso, ha regole tutto sommato semplici, promette a chi la guarda un piacere immediato: ci sono battute e situazioni buffe, dialoghi brillanti e riferimenti sarcastici, e quindi si ride, e si ride insieme, come sottolineano le risate di sottofondo che costellano ogni puntata. Dall’altro, questa popolarità non è solo nelle premesse e nelle ambizioni ma pure negli effetti: ogni setti- 12 la sitcom mana e ogni anno alcune sitcom si trovano in cima alle classifiche degli ascolti, gli episodi finali delle serie più importanti raccolgono incredibili quantità di pubblico, i successi più grandi sono replicati continuamente anche a decenni di distanza e disponibili sulle piattaforme non lineari. I titoli sono molti e vari, l’audience è ampia e trasversale, l’attenzione discorsiva e promozionale porta battute e personaggi dentro alle chiacchiere di tutti i giorni e ai riferimenti culturali condivisi da quella comunità immaginata raccolta di fronte allo schermo. E anche lo sguardo critico e accademico si esercita ampiamente su simili oggetti, ritenuti parte integrante, se non persino prevalente, della televisione americana (qualche esempio: Marc, Thompson, 1992; Staiger, 2000; Thompson, Mittell, 2013; Sepinwall, Zoller Seitz, 2016). Da qualunque prospettiva si osservi il fenomeno, la sitcom è stata a lungo, ed è tuttora, un contenuto cruciale. In Italia, la situazione è invece molto diversa: le importazioni di questo genere dagli Stati Uniti, molto abbondanti, occupano spazi di palinsesto relativamente marginali; il tentativo di produrre una sitcom “all’italiana” si è esaurito presto, con successi limitati; nel trasferimento in un altro sistema televisivo e mediale e nell’incontro con un pubblico diverso, la popolarità diventa nicchia, culto o eccezione. Ci sono ragioni legate allo scarto culturale, certo, e a differenti tradizioni comiche e spettacolari. Ma conta il fatto che la situation comedy è spesso vista come un genere minore, laterale, di limitata importanza: il suo rivolgersi a tutti diventa facilità eccessiva, la necessità di far ridere lo confina nei ranghi più bassi, la ripetitività porta a sguardi distratti e a una considerazione quotidiana e banale. Ciò che altrove è un perno attorno a cui si compone il resto dell’offerta tv diventa un contenuto di poco conto, dal valore narrativo e produttivo limitato, dall’impatto artistico o sociale pressoché nullo: puro intrattenimento o semplice fuga dalla realtà, meno importante e seria di altre forme espressive che appaiono sul già basso, triviale e “deficiente” mezzo televisivo. Non è insomma necessario prestare troppa attenzione alla sitcom, che però nel frattempo si insinua nei consumi mediali di più generazioni e diventa fattore di distinzione. Di più: dall’Italia la sitcom è vittima di un errore prospettico. Siccome in larga parte arriva da fuori, in forma di ready-made adattato e doppiato, il genere è finito nel calderone del cosiddetto “telefilm”, nella grande abbuffata di contenuti seriali che prima le reti commerciali, poi i canali satellitari e infine i servizi non lineari hanno importato e importano dagli Stati Uniti e da altri paesi, perdendo la sua specificità e forza, introduzione 13 mescolandosi con le varie sfumature del drama, confondendosi fino a sparire. Occupando in questo modo un ruolo minore rispetto agli altri prodotti seriali, inseriti nella lunga tradizione letteraria e cinematografica, dal valore estetico e produttivo più immediato, dalla più semplice adattabilità a un’altra cultura. Nei molti lavori, importanti e rigorosi, che ricostruiscono la storia della serialità americana e la presentano a un pubblico italiano, specialista o generalista, sempre più interessato (come, fra i tanti, Del Pozzo, 2002; Grasso, 2007; Innocenti, Pescatore, 2008; di Chio, 2011; Grasso, Penati, 2016; Rossini, 2016; Cardini, 2017; Cleto, Pasquali, 2018; Grignaffini, Bernardelli, 2018; Pescatore, 2018), la situation comedy finisce per occupare solo qualche breve inciso o nota a margine, è una curiosità e un’eccezione, con il richiamo a una manciata di titoli che punteggia le approfondite evoluzioni del drama o consente qualche divagazione in coda a un capitolo. L’importazione del genere ne snatura gli effetti di realtà e le connessioni al contemporaneo, l’evoluzione della televisione (nazionale) lo inserisce nel mucchio indistinto del telefilm e della serialità, lo sguardo dall’Italia sulle fiction americane gli assegna un ruolo solo ancillare. Ma è una parziale incomprensione. La sitcom è altro. Non è un sottogenere della serialità, ma segue una traiettoria originale e distinta: fin dalle origini è qualcosa di diverso, separato, e, nonostante un’evoluzione fatta di avvicinamenti e nuove separazioni, confluenze e distanze, ha uno sviluppo sostanzialmente parallelo al drama. La produzione è differente, con un modello basato su riprese multicamera, recitazione in diretta e pubblico in studio, sulla laugh track (le risate di sottofondo), sulla realizzazione a breve distanza dalla messa in onda, sugli effetti di immediatezza, verità e realtà. Il percorso distributivo è diverso, con un formato lungo mezz’ora, le tante pause pubblicitarie e l’ampio ricorso a repliche che acquistano valore invece di perderne. Le narrazioni sono distinte, in un forte legame non tanto con il cinema ma soprattutto con il varietà, il teatro leggero e la stand-up comedy – lo ricordano bene gli storici (Barnouw, 1990; Marc, 1996, 1997; Tueth, 2005). La promessa fatta al pubblico è un’altra, sospesa a metà tra il finzionale e il ludico ( Jost, 2002), in una fiction contaminata se non rovesciata dall’entertainment e dallo spettacolo. E, ancora, è diverso l’obiettivo principale: portare alla risata più che esporre una storia, o meglio far ridere proprio mentre si racconta. Quello con il drama è un rapporto lungo e travagliato. Certo, la distinzione è talvolta meno perentoria di quanto appaia qui, con oscillazioni e ibridazioni, ma le differenze – nel contesto statunitense come negli altri mercati nazio- 14 la sitcom nali – prevalgono sulle somiglianze e trovano puntuale riscontro nelle etichette usate, nella considerazione data ai due generi, nei discorsi, nella ricezione critica, nei consumi. Messa insieme a tutta la serialità, la sitcom si annulla, si appiattisce. Separarla colloca invece in piena luce le sue regole, i suoi diversi meccanismi di funzionamento, e consente di sottolinearne finalmente il reale valore. Questo libro mette allora la sitcom al centro: ne ricostruisce le caratteristiche, ne ripercorre l’evoluzione storica e le prospettive di sviluppo, ne racconta i mutevoli confini, ne indaga grandi successi e fallimenti dimenticati, sempre in rapporto con la più ampia storia della televisione e dei media, ma al tempo stesso tracciandone la strada autonoma, indipendente, originale. Nel capitolo 1, Per una definizione di sitcom, vengono messi in fila gli elementi che caratterizzano il genere – la popolarità, l’apparente trasparenza, la comicità, i modelli di racconto, il formato, la dimensione industriale, le ambientazioni possibili, le interpretazioni date – cercando di spiegare così il duraturo successo americano e insieme gli inciampi su scala globale. Nel capitolo 2, Una storia della sitcom americana, sul contesto tv statunitense, si ripercorrono passo dopo passo le origini della forma espressiva e lo stabilirsi del modello, gli aggiustamenti e le fasi che ha attraversato, i titoli capaci di radicarsi a fondo nell’immaginario americano, il rapido alternarsi di momenti di innovazione e ritorni all’ordine, partendo prima di I Love Lucy e arrivando fino a The Good Place. Il capitolo 3, Percorsi della sitcom americana in Italia, è dedicato all’approdo nazionale dei testi e di un genere straniero, ricostruendone storicamente gli errori e le fortune, analizzando come il sistema tv e il contesto italiano hanno spesso agito da specchio deformante, con fraintendimenti e modifiche anche profonde che tracciano le fasi di una vicenda differente e ne influenzano inevitabilmente la ricezione. Nel capitolo 4, La sitcom “all’italiana”, sono ricostruiti i molti tentativi, dagli anni Ottanta a oggi, di adattare il modello produttivo americano a storie, performer e comicità nazionali, seguendo le sperimentazioni e i tentativi andati a vuoto, il lento stabilirsi di un canone dalle caratteristiche differenti ma precise e il suo successivo dilapidarsi, la ricerca di strade alternative e le troppo facili parodie. Infine, nel capitolo 5, Traiettorie contemporanee, lo sguardo si sposta sugli ultimi anni, raccontando le produzioni delle reti via cavo e delle piattaforme digitali, l’auspicata transizione dalla sitcom alla comedy e la persistente centralità dei network e dei modelli classici, seppur aggiornati, e proponendo qualche interpretazione sulle variazioni nella distribuzione e nel forma- introduzione 15 to, nei modi di coinvolgimento del pubblico, nel legame con la società. Il libro è l’esito di una ricerca sul genere durata più di dieci anni, nel tentativo di adottare un approccio sistemico a tenere insieme i testi e i contesti, lo sguardo industriale sui processi produttivi e distributivi e l’attenzione alle dinamiche di consumo, l’evoluzione storica e lo stato dell’arte contemporaneo. Alle fonti dirette e alla letteratura si sono affiancati e incrociati materiali indiretti sui contesti di produzione e sui percorsi distributivi, basi di dati e risultati di ascolto, testi promozionali e analisi critiche. Rispetto a lavori precedenti (Barra, 2012), focalizzati soprattutto sull’adattamento, il doppiaggio e i vari fattori di mediazione nazionale, con alcune sitcom americane impiegate solo come caso di studio, questo volume mette a frutto un’investigazione parallela, poi sempre più ampia, sulle forme del comico televisivo, che all’Università di Torino, all’Università Cattolica di Milano e ora all’Università di Bologna si è esplicitata in lezioni, interventi a convegni, saggi scientifici e scritti d’occasione, e che qui trova una sistemazione organica e il più possibile completa – a tutti i maestri, amici e colleghi va il mio sentito ringraziamento per i consigli e le fruttuose discussioni, i suggerimenti e le occasioni di riflessione, il sostegno costante. Le pagine che seguono vogliono ristabilire un ordine, mettere in fila elementi, discorsi e analisi spesso corrette e utili ma sempre frammentarie, oblique, affrontando la sitcom con sguardo centrato. Vogliono dare il giusto rilievo a un genere che ha svolto e continua tuttora a svolgere un ruolo fondamentale nella televisione statunitense e, di riflesso, nelle tv del resto del mondo, Italia compresa. Vogliono percorrere i cambiamenti di un modello saldo e insieme mutevole, sicuro e insieme imprevedibile, chiaro e insieme sfuggente, per arrivare alle spinte innovatrici di oggi, alla comedy pervasa da contraddizioni ma punto di vista privilegiato sugli scossoni che attraversano l’intero sistema mediale. E vogliono prendere la sitcom sul serio, consapevoli dell’avvertimento di E. B. White, saggista e narratore per l’infanzia, assestato in più forme diverse e diventato luogo comune, per cui analizzare lo humour è come sezionare una rana: poche persone sono interessate e alla fine la rana muore. Il rischio di rendere molto poco divertente, e in fondo ozioso, un oggetto che in teoria dovrebbe far ridere senz’altro c’è, ma cercheremo di evitarlo.