Quadrimestrale
n.
68
Dossier: Cento anni dalla guerra ispano-cubano-americana l
D. Argenzio, M. Barnet, J.C. Brenckenridge,
G. Carotenuto, E. Domfnguez, C. Garcfa, M. G6mez,
A. Maceo, J. Martf, A. Riccio, M. Rojas Mix, L. Rossi,
A. Scocozza, S. Torres, A. Trento
Culture indigene l S. Baldelli, R. Menchu
massarl
editore
DOSSIER l CENTO ANNI
Bi\LLA GUERRA
ISPANO-CUBANO-AMERICANA
a cura di Alessandra Riccio
Anno XIX, n. 68
settembre-dicembre 1998
C.P. 64091 - 00100 Roma
tel. 06/807.37.42- 807.21.97
E- mai l: latinoamerica@ ecn.org
Http://www.ecn.org/latinoamerica/
Comitato di direzione
Mauro Castagnaro, Aldo Garzia,
Bruna Gobbi, Nicoletta Manuzzato,
Antonio Melis, Mariella Moresco
Fomasier, Antonio Moscato, Manuel Plana, José Rhi Sausi, Alessandra Riccio, Enzo Santarelli,
Massimo Squillacciotti, Maria
Rosaria Stabili, Angelo Trentò.
Redazione
Bruna Gobbi , Enzo Santarelli,
Massimo Squillacciotti , Maria
Rosaria Stabili, Angelo Trento.
3
9
LA GUERRA
19
23
27
In copertina:
Il Castello di Chichén ltza
(Yucatan, Messico)
in una foto di Carlos Bianco
Sped. abb. post. gr. IV, 70%
Autorizz. del Trib. di Roma
n. 18142 del 6/611980
Stampa:
Ceccarelli - Grotte di Castro
Cruuso in tipografia
il 3 dicembre 1998
ISBN 88-457-0131-X
José Mart[/ Mdximo G6mez
Il Manifesto di Montecristi
Miguel Barnet
La guerra vista da Esteban Montejo
]osé Mart[
Lettera a Manuel Mercado
VIZI PRIVATI E PUBBLICHE VIRTÙ
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\
Massari editore seri
C.P. 144- 01023 Bolsena (VT)
E-mail : erre.emme@enjoy.it
Http://www.enjoy.it/erre-emme/
Versamenti: c.c.p. n. 24 95 70 03
Angelo Trento
Cuba: dalla conquista alla
Seconda guerra di Indipendenza
DOCUMENTI
Direttore responsabile
Alessandra Riccio
La rivista non assume la responsabilità delle opinioni espresse
negli articoli firmati.
Alessandra Riccio
Attualità di un centenario
43
51
63
J. C. Brenckenridge
Lettera al Generale Miles
Joint Resolution
Gu INSORTI E L'INTERVENTO NORDAMERICANO
Maximo G6mez, Antonio Maceo
Sull'intervento nordamericano Calixto Garda
Lettera al Generale Shafter
Maximo G6mez
La frustrazione
Miguel Barnet
La vittoria e l'intervento americano
visti da Esteban Montejo
Rubén Dario
D. Q.
Luigi Rossi
Jellow Journalism e la guerra
ispano-americana
Domenico Argenzio
I riflessi della guerra di Cuba in Italia
Alessandra Riccio
La guerra secondo il «Bollettino
Illustrato»
Gennaro Carotenuto
67
L'Eroe dei due mondi n eli ' America Latina post-coloniale
Eduardo Dominguez
77
Il «desastre» del 1898
M iguel Roj as Mix
85
La Generazione del '98 e l 'idea
di America
Antonio Scocozza
95
1898-1914, la quarta età. L'imperialismo e il secolo breve
l 05
Dalla carretta al bus aereo, o
Dove sta Portorico?
Sonia Torres
CULTURE INDIGENE
Simonetta Baldelli
115
Un Foro permanente per i popoli indigeni alle Nazioni Unite
Rigoberta Menchu
123
Popoli indigeni e lotta per la pace
RECENSIONI E SCHEDE
133
Squillacciotti, l cuna di Panama.
Identità di popolo tra storia e
antropologia (A.M. Sobrero) Li ano, Il Mistero di San Andrés
(R.M. Grillo) - Bejar, «Il primo
giorno » (N. Man uzzato) - Feij6o,
Misteri e leggende di Cuba (M.
Moresco Fornasier) - Aa.Vv., Vedi
Cuba e poi muori. Fine secolo
all 'Avana, a cura di D. Manera (E.
Patanè) - Del Liano, La clessidra
di Nicanor (E. Patanè) - De
Moraes, 55 poesie (E. Patanè) Le6n Le6n, Sepultura sag rada,
tumba profana. Los espacios de la
muerte en Santiago de Chile,
1883-1932 (M. R. Stabili) - Jelsma!Roncken, Democracias bajo
fuego . Droga y poder en América
latina (G. Carotenuto)- Benedetti ,
· Andamios (E. Patanè) - Badran
Padaui, Lecciones de vértigo (E.
Jossa) - Parra Sandoval, Tarzdn y
el filosofo desnudo (E. Jossa) Vallejo, La virgen de los sicarios
(E. Jossa).
r
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~
A partire da questo numero, Latinoamerica entra a far parte del
catalogo della Massari editore seri. Dopo quasi vent'anni di attività
affidata alla passione e al volontariato di tutti coloro che si sono
impegnati fin dai primi momenti per redigere una rivista che affrontasse con serietà e rispetto i temi dell'America latina, il nostro quadrimestrale trova adesso un editore entusiasta e competente.
Da anni la sua casa editrice riserva un ampio spazio agli stessi
temi e alle stesse inquietudini di Latinoamerica, e per anni essa è
stata, insieme a noi, un costante punto di riferimento per coloro
che, dopo gli entusiasmi degli anni '60, hanno continuato a interessarsi dei temi- politici, sociali, culturali- di quella sofferta parte
del continente americano. Il Comitato di direzione e la Redazione,
nonché gli intenti e le finalità della rivista resteranno, naturalmente, invariati.
(a. r.)
~
Recensioni e schede
Massimo Squillacciotti
l Cuna di Panama. Identità di popolo tra
storia e antropologia, L'Harmattan Italia,
Torino 1998, pp. 238, L. 34.000.
Quello su cui la gran parte degli antropologi conviene è che una monografia di
tipo classico sia ormai improponibile.
Quale tipo di testo sia destinato a succederle è questione, invece, assai più discutibile. Il lavoro di Massimo Squillacciotti
sui Cuna di Panama mi sembra possa
essere letto in primo luogo in questa
direzione: come sperimentazione di una
possibile
scrittura
antropologica.
Squillacciotti ha riunito in questo volume alcuni saggi scritti in diverse occasioni negli ultimi dieci anni (La rappresentazione delle alterità nel canto del
Pab 'i gala, I linguaggi della tradizione
nel canto del Tad'Ibe, Il linguaggio dei
segni nel canto del Muu igala, Il sistema
di numerazione: categorie cognitive e
forme sociali) e li ha introdotti con due
saggi inediti sulla storia cuna. Ne risulta
un libro sufficientemente 'incompiuto'
per non cadere nelle trappole della
monografia, ma reso compatto dai criteri
teorici e dallo stile della ricerca.
Già dire, tuttavia, che si tratta di un
libro sui Cuna è alquanto impreciso.
Sarebbe forse meglio dire che il libro è
scritto con i Cuna o magari attraverso i
Cuna, riportando non solo il corpus dei
canti (Pab 'igala) che le guide religiose
cuna, i saila, hanno trasmesso nei secoli,
ma anche i lunghi commenti degli stessi
saila e degli argar, cioè di coloro che
hanno il compito di attualizzare il canto
dei saila e di tradurlo nel linguaggio
ordinario. Questi canti costituiscono un
testo vivo, con il quale il discorso del-
l'antropologia occidentale è costretto a
fare i conti. Scrivo un 'testo vivo' per
intendere come di tutto si tratti meno che
di una testimonianza dei tempi passati, di
una raccolta antiquaria, di una ricerca in
merito alle origini. Un testo etnografico è
vivo se è inteso nel suo contesto, nel suo
continuo trasformarsi, nelle alterazioni e
nelle interpretazioni che subisce, nel
modo in cui coinvolge i suoi portatori e
produce effetti oggi. E tutto ciò nel caso
dei Cuna sembra essere un procedimento
consapevole. I canti del Pab' igala sono
esplicitamente riletti dai saila e dagli
argar alla luce della storia recente e
meno recente: le storie mitiche dell'età
dell'oro, degli eroi fondatori, dei guerrieri della Madre Terra diventano l'antefatto della lotta contro gli Spagnoli, della
distruzione della pace cuna, della resistenza culturale. Una attualizzazione e
una riflessione consapevole che nel
1972, dopo diverse vicende, hanno portato alla costituzione del Congreso
Genera/ de la Cultura Kuna. «Non ci
mancano motivi di lotta. Ora ci dicono
che sono gli intellettuali, quelli che
hanno studiato fuori o gli waga (stranieri) ad incitarci alla lotta. Una gran menzogna. . . Conoscono forse la lotta di
Ibeler, di Iguasalibler, di Tuiren? Sono i
nostri saila, i nostri argar quelli che ci
ricordano quotidianamente questa storia
di sangue».
Quasi tutti i capitoli del libro hanno
questo forte spessore etnografico e, anzi,
la priorità riconosciuta all ' etnografia,
intesa nel senso che ho appena detto, mi
sembra uno dei caratteri più qualificanti
del testo di Squillacciotti. Etnografia
sono i canti del Pab 'igala, il ciclo della
creazione e della fondazione e dell' ideo133
tità del popolo cuna, o il 'canto del sole',
Tad 'lbe , lode che senza sfigurare potrebbe comparire nelle nostre antologie della
lirica, ma è anche il 'canto del parto', il
Muu igala , già utilizzato da C. LéviStrauss (torneremo in breve sulla questione), in un saggio su L 'effica cia simbolica, ed etnografia è anche l' atto di
indipendenza redatto durante la rivoluzione del 1925 contro le autorità panamensi: «Dichiarazione di indipendenza e
diritti umani del popolo di Tule di San
Blas e Darién, indirizzata al presidente
della Repubblica di Panama, al presidente degli Stati Uniti d' America e a tutti
i governi nazionali e popoli del mondo».
Né il libro è scritto, come vuole la tradizione classica della monografia, 'appena tornati dal campo' . La ricerca fra i
Cuna è stata condotta a più riprese nella
prima metà degli anni Ottanta e i risultati del lavoro sono apparsi dali ' 83 ad oggi
come saggi in riviste, relazioni a convegni, contributi a libri collettanei, parti di
libri dello stesso Squillacciotti. Di più. Il
lavoro di Squillacciotti sui Cuna ha raccolto in questi quindici anni una piccola
comunità di studiosi affermati e di giovani, e ormai meno giovani , laureati
(Luciano Giannelli, un cui contributo
sulla fonologia della lingua cuna appare
in questo testo, Giorgio R. Cardona,
Barbara Fiore, Duccio Canestrini, Paola
Franciosi, Gretel Hohenegger, Silvia
Stefanoni) e- evento non frequente - ha
costituito occasione di specializzazione e
di confronto per gli stessi Cuna (in particolare ad Aiban Wagua, laureatosi in
antropologia in Italia, si deve in questo
testo la raccolta del 'Canto del sole').
Diversi piani, una rete di competenze e
di motivazioni , che il testo di
Squillacciotti mette insieme e raccorda a
una rete più ampia di conoscenze antropologiche. Del tradizionale modo di fare
ricerca è rimasto poco o niente: qui si è
trattato, piuttosto, di costruire negli anni
un laboratorio antropologico, di pensare
questo laboratorio come centro di produzione non solo di scritti, ma anche di
materiali visivi, registrazioni, documenti
di vario genere.
134
scrive
Quel che bisogna evitare
Squillacciotti nella presentazione - è una
triplice riduzione. Riduzione etnografica:
«collocare l' altro in una dimensione
atemporale in cui sono assenti i processi
storico culturali»; negazione dell'intersoggettività: pensare «la relazione comunicativa dell ' antropologo, sia nella fase
di campo, che in quella di redazione, a
senso unico ... »; e, infine, riduzione
metodologica: «vedere la concezione del
resoconto limitato alla forma del testo,
quando i codici implicati nella relazione
di campo sono indubbiamente più ampi
... » .
Il popolo cuna è un piccolo popolo
(poche decine di migliaia di individui),
ma evidentemente anche il popolo cuna è
uno di quei popoli che ci ' si moltiplicano
fra le mani ', quando la ricerca è effettivamente esperienza di ricerca. Lo sguardo da più punti di osservazione porta a
scoprire differenze, a smontare facili
uniformità, a percepire la stessa identità
come qualcosa che si costruisce storicamente e che si stratifica in pieghe e confini interni di diverso tipo. È' una questione largamente assodata a livello teorico, ma spesso più difficile da ritrovare
sul campo e da rendere in un testo. La
stessa costruzione del testo di
Squillacciotti, il primato dell'etnografia
di cui si diceva, e in particolare l'impalcatura etnografica costruita intorno al
Pab 'igala, facilita in qualche modo la
resa nel testo della complessità del
mondo cuna. Nella Onmakket nega, nella
casa dell ' assemblea del villaggio, i canti
del Pab 'igala sono occasione per ordinare la società cuna, un dispositivo per
distribuire conoscenza e potere: al centro
d eli' assemblea vi sono i sa ila, coloro che
sanno «e che dettano l' orientamento con
il canto», intorno ai saila gli argar, coloro che interpretano il canto, e così via,
fino al popolo minuto che ascolta e capisce a suo modo, come a loro modo nelle
nostre chiese di campagna i contadini
ascoltavano il Dona no bis hodie... e
capivano la storia di tal Donna Bisodia.
Senza volere entrare nel merito dei
singoli saggi, ad una questione vale forse
la pena accennare: all'interpretazione
che in un famoso saggio (L'efficacia simbolica, in Antropologia strutturale l) C.
Lévi-Strass propone del Muu igala, un
canto di 535 versetti che, come dicevo,
viene eseguito dal medico tradizionale, il
nele, durante il parto. L'interpretazione
di Lévi-Strauss è presto detta: il Muu
igala avrebbe il compito di verbalizzare i
momenti e i dolori del parto, «la cura
consisterebbe nel rendere accettabile alla
mente dolori che il corpo si rifiuta di tollerare ... l'ammalata avendo capito, non
si limita a rassegnarsi, guarisce». Il Muu
suo esito
igala avrebbe, dunque, com~
addirittura quello di modificare le funzioni organiche della partoriente. Certo
in assoluto non sono da escludere passaggi dalle funzioni psichiche a quelle
fisiche, ma forse, come scrive
Squillacciotti, bisognerebbe andare più
cauti nell'applicare un modello tanto
generico a un caso così specifico. Basta
lavorare più da vicino sull'etnografia
cuna, stare sul campo nel modo che si
diceva, per «verificare l'impraticabilità
dell'analisi di Lévi-Strauss ... proprio nel
confronto con il complesso realmente
operante».
Il contesto del parto è più articolato di
quanto si possa trarre dal Muu igala e
quindi di quanto Lévi-Strauss, che su
questo testo fonda tutta la sua analisi,
possa immaginare. Il nele è sullo sfondo,
ma se si mette meglio a fuoco la scena
appaiono in primo piano, accanto alla
partoriente, quattro donne di una certa
età (il numero quattro è un numero
' molto particolare' nel mondo cuna) e
alcune giovani apprendiste. A queste
donne è affidato in modo ben concreto il
compito di assistere la partoriente e il
nascituro; anche la loro opera è un misto
di pratica e di magismo, ma in questo
miscuglio c'è comunque acqua calda,
pezze di stoffa, polveri emostatiche. Al
nele è affidato un altro compito: difficile
dire se più o meno importante. Il nele si
pone al confine fra la vita e la morte, la
sua figura assume connotazioni religio-
se, o meglio, come scrive Squillacciotti,
socio-religiose. La presenza del nele e i
suoi versi dicono che il parto, al di là di
un aspetto fisiologico (che pure i cuna
conoscono e prendono in seria considerazione), mantiene, comunque, un aspetto sacro e misterico. Confondere l'uno
aspetto con l'altro sarebbe un po' come
dare per buona ad un antropologo di
Marte l'idea che i cristiani sulla terra si
curano con le Avemarie e l'olio santo.
Alberto M. Sobrero
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