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I Cuna di Panama - Recensione di Alberto Sobrero

Recensione di Alberto Sobrero al volume: M. Squillacciotti, “I Cuna di Panama. Identità di popolo tra storia e antropologia”, L'Harmattan Italia, Torino 1998, pp. 238, in “Latinoamerica”, n. 68, 1998, pp. 133-135.

Quadrimestrale n. 68 Dossier: Cento anni dalla guerra ispano-cubano-americana l D. Argenzio, M. Barnet, J.C. Brenckenridge, G. Carotenuto, E. Domfnguez, C. Garcfa, M. G6mez, A. Maceo, J. Martf, A. Riccio, M. Rojas Mix, L. Rossi, A. Scocozza, S. Torres, A. Trento Culture indigene l S. Baldelli, R. Menchu massarl editore DOSSIER l CENTO ANNI Bi\LLA GUERRA ISPANO-CUBANO-AMERICANA a cura di Alessandra Riccio Anno XIX, n. 68 settembre-dicembre 1998 C.P. 64091 - 00100 Roma tel. 06/807.37.42- 807.21.97 E- mai l: latinoamerica@ ecn.org Http://www.ecn.org/latinoamerica/ Comitato di direzione Mauro Castagnaro, Aldo Garzia, Bruna Gobbi, Nicoletta Manuzzato, Antonio Melis, Mariella Moresco Fomasier, Antonio Moscato, Manuel Plana, José Rhi Sausi, Alessandra Riccio, Enzo Santarelli, Massimo Squillacciotti, Maria Rosaria Stabili, Angelo Trentò. Redazione Bruna Gobbi , Enzo Santarelli, Massimo Squillacciotti , Maria Rosaria Stabili, Angelo Trento. 3 9 LA GUERRA 19 23 27 In copertina: Il Castello di Chichén ltza (Yucatan, Messico) in una foto di Carlos Bianco Sped. abb. post. gr. IV, 70% Autorizz. del Trib. di Roma n. 18142 del 6/611980 Stampa: Ceccarelli - Grotte di Castro Cruuso in tipografia il 3 dicembre 1998 ISBN 88-457-0131-X José Mart[/ Mdximo G6mez Il Manifesto di Montecristi Miguel Barnet La guerra vista da Esteban Montejo ]osé Mart[ Lettera a Manuel Mercado VIZI PRIVATI E PUBBLICHE VIRTÙ 29 31 33 34 36 37 40 \ Massari editore seri C.P. 144- 01023 Bolsena (VT) E-mail : erre.emme@enjoy.it Http://www.enjoy.it/erre-emme/ Versamenti: c.c.p. n. 24 95 70 03 Angelo Trento Cuba: dalla conquista alla Seconda guerra di Indipendenza DOCUMENTI Direttore responsabile Alessandra Riccio La rivista non assume la responsabilità delle opinioni espresse negli articoli firmati. Alessandra Riccio Attualità di un centenario 43 51 63 J. C. Brenckenridge Lettera al Generale Miles Joint Resolution Gu INSORTI E L'INTERVENTO NORDAMERICANO Maximo G6mez, Antonio Maceo Sull'intervento nordamericano Calixto Garda Lettera al Generale Shafter Maximo G6mez La frustrazione Miguel Barnet La vittoria e l'intervento americano visti da Esteban Montejo Rubén Dario D. Q. Luigi Rossi Jellow Journalism e la guerra ispano-americana Domenico Argenzio I riflessi della guerra di Cuba in Italia Alessandra Riccio La guerra secondo il «Bollettino Illustrato» Gennaro Carotenuto 67 L'Eroe dei due mondi n eli ' America Latina post-coloniale Eduardo Dominguez 77 Il «desastre» del 1898 M iguel Roj as Mix 85 La Generazione del '98 e l 'idea di America Antonio Scocozza 95 1898-1914, la quarta età. L'imperialismo e il secolo breve l 05 Dalla carretta al bus aereo, o Dove sta Portorico? Sonia Torres CULTURE INDIGENE Simonetta Baldelli 115 Un Foro permanente per i popoli indigeni alle Nazioni Unite Rigoberta Menchu 123 Popoli indigeni e lotta per la pace RECENSIONI E SCHEDE 133 Squillacciotti, l cuna di Panama. Identità di popolo tra storia e antropologia (A.M. Sobrero) Li ano, Il Mistero di San Andrés (R.M. Grillo) - Bejar, «Il primo giorno » (N. Man uzzato) - Feij6o, Misteri e leggende di Cuba (M. Moresco Fornasier) - Aa.Vv., Vedi Cuba e poi muori. Fine secolo all 'Avana, a cura di D. Manera (E. Patanè) - Del Liano, La clessidra di Nicanor (E. Patanè) - De Moraes, 55 poesie (E. Patanè) Le6n Le6n, Sepultura sag rada, tumba profana. Los espacios de la muerte en Santiago de Chile, 1883-1932 (M. R. Stabili) - Jelsma!Roncken, Democracias bajo fuego . Droga y poder en América latina (G. Carotenuto)- Benedetti , · Andamios (E. Patanè) - Badran Padaui, Lecciones de vértigo (E. Jossa) - Parra Sandoval, Tarzdn y el filosofo desnudo (E. Jossa) Vallejo, La virgen de los sicarios (E. Jossa). r ~ ~ A partire da questo numero, Latinoamerica entra a far parte del catalogo della Massari editore seri. Dopo quasi vent'anni di attività affidata alla passione e al volontariato di tutti coloro che si sono impegnati fin dai primi momenti per redigere una rivista che affrontasse con serietà e rispetto i temi dell'America latina, il nostro quadrimestrale trova adesso un editore entusiasta e competente. Da anni la sua casa editrice riserva un ampio spazio agli stessi temi e alle stesse inquietudini di Latinoamerica, e per anni essa è stata, insieme a noi, un costante punto di riferimento per coloro che, dopo gli entusiasmi degli anni '60, hanno continuato a interessarsi dei temi- politici, sociali, culturali- di quella sofferta parte del continente americano. Il Comitato di direzione e la Redazione, nonché gli intenti e le finalità della rivista resteranno, naturalmente, invariati. (a. r.) ~ Recensioni e schede Massimo Squillacciotti l Cuna di Panama. Identità di popolo tra storia e antropologia, L'Harmattan Italia, Torino 1998, pp. 238, L. 34.000. Quello su cui la gran parte degli antropologi conviene è che una monografia di tipo classico sia ormai improponibile. Quale tipo di testo sia destinato a succederle è questione, invece, assai più discutibile. Il lavoro di Massimo Squillacciotti sui Cuna di Panama mi sembra possa essere letto in primo luogo in questa direzione: come sperimentazione di una possibile scrittura antropologica. Squillacciotti ha riunito in questo volume alcuni saggi scritti in diverse occasioni negli ultimi dieci anni (La rappresentazione delle alterità nel canto del Pab 'i gala, I linguaggi della tradizione nel canto del Tad'Ibe, Il linguaggio dei segni nel canto del Muu igala, Il sistema di numerazione: categorie cognitive e forme sociali) e li ha introdotti con due saggi inediti sulla storia cuna. Ne risulta un libro sufficientemente 'incompiuto' per non cadere nelle trappole della monografia, ma reso compatto dai criteri teorici e dallo stile della ricerca. Già dire, tuttavia, che si tratta di un libro sui Cuna è alquanto impreciso. Sarebbe forse meglio dire che il libro è scritto con i Cuna o magari attraverso i Cuna, riportando non solo il corpus dei canti (Pab 'igala) che le guide religiose cuna, i saila, hanno trasmesso nei secoli, ma anche i lunghi commenti degli stessi saila e degli argar, cioè di coloro che hanno il compito di attualizzare il canto dei saila e di tradurlo nel linguaggio ordinario. Questi canti costituiscono un testo vivo, con il quale il discorso del- l'antropologia occidentale è costretto a fare i conti. Scrivo un 'testo vivo' per intendere come di tutto si tratti meno che di una testimonianza dei tempi passati, di una raccolta antiquaria, di una ricerca in merito alle origini. Un testo etnografico è vivo se è inteso nel suo contesto, nel suo continuo trasformarsi, nelle alterazioni e nelle interpretazioni che subisce, nel modo in cui coinvolge i suoi portatori e produce effetti oggi. E tutto ciò nel caso dei Cuna sembra essere un procedimento consapevole. I canti del Pab' igala sono esplicitamente riletti dai saila e dagli argar alla luce della storia recente e meno recente: le storie mitiche dell'età dell'oro, degli eroi fondatori, dei guerrieri della Madre Terra diventano l'antefatto della lotta contro gli Spagnoli, della distruzione della pace cuna, della resistenza culturale. Una attualizzazione e una riflessione consapevole che nel 1972, dopo diverse vicende, hanno portato alla costituzione del Congreso Genera/ de la Cultura Kuna. «Non ci mancano motivi di lotta. Ora ci dicono che sono gli intellettuali, quelli che hanno studiato fuori o gli waga (stranieri) ad incitarci alla lotta. Una gran menzogna. . . Conoscono forse la lotta di Ibeler, di Iguasalibler, di Tuiren? Sono i nostri saila, i nostri argar quelli che ci ricordano quotidianamente questa storia di sangue». Quasi tutti i capitoli del libro hanno questo forte spessore etnografico e, anzi, la priorità riconosciuta all ' etnografia, intesa nel senso che ho appena detto, mi sembra uno dei caratteri più qualificanti del testo di Squillacciotti. Etnografia sono i canti del Pab 'igala, il ciclo della creazione e della fondazione e dell' ideo133 tità del popolo cuna, o il 'canto del sole', Tad 'lbe , lode che senza sfigurare potrebbe comparire nelle nostre antologie della lirica, ma è anche il 'canto del parto', il Muu igala , già utilizzato da C. LéviStrauss (torneremo in breve sulla questione), in un saggio su L 'effica cia simbolica, ed etnografia è anche l' atto di indipendenza redatto durante la rivoluzione del 1925 contro le autorità panamensi: «Dichiarazione di indipendenza e diritti umani del popolo di Tule di San Blas e Darién, indirizzata al presidente della Repubblica di Panama, al presidente degli Stati Uniti d' America e a tutti i governi nazionali e popoli del mondo». Né il libro è scritto, come vuole la tradizione classica della monografia, 'appena tornati dal campo' . La ricerca fra i Cuna è stata condotta a più riprese nella prima metà degli anni Ottanta e i risultati del lavoro sono apparsi dali ' 83 ad oggi come saggi in riviste, relazioni a convegni, contributi a libri collettanei, parti di libri dello stesso Squillacciotti. Di più. Il lavoro di Squillacciotti sui Cuna ha raccolto in questi quindici anni una piccola comunità di studiosi affermati e di giovani, e ormai meno giovani , laureati (Luciano Giannelli, un cui contributo sulla fonologia della lingua cuna appare in questo testo, Giorgio R. Cardona, Barbara Fiore, Duccio Canestrini, Paola Franciosi, Gretel Hohenegger, Silvia Stefanoni) e- evento non frequente - ha costituito occasione di specializzazione e di confronto per gli stessi Cuna (in particolare ad Aiban Wagua, laureatosi in antropologia in Italia, si deve in questo testo la raccolta del 'Canto del sole'). Diversi piani, una rete di competenze e di motivazioni , che il testo di Squillacciotti mette insieme e raccorda a una rete più ampia di conoscenze antropologiche. Del tradizionale modo di fare ricerca è rimasto poco o niente: qui si è trattato, piuttosto, di costruire negli anni un laboratorio antropologico, di pensare questo laboratorio come centro di produzione non solo di scritti, ma anche di materiali visivi, registrazioni, documenti di vario genere. 134 scrive Quel che bisogna evitare Squillacciotti nella presentazione - è una triplice riduzione. Riduzione etnografica: «collocare l' altro in una dimensione atemporale in cui sono assenti i processi storico culturali»; negazione dell'intersoggettività: pensare «la relazione comunicativa dell ' antropologo, sia nella fase di campo, che in quella di redazione, a senso unico ... »; e, infine, riduzione metodologica: «vedere la concezione del resoconto limitato alla forma del testo, quando i codici implicati nella relazione di campo sono indubbiamente più ampi ... » . Il popolo cuna è un piccolo popolo (poche decine di migliaia di individui), ma evidentemente anche il popolo cuna è uno di quei popoli che ci ' si moltiplicano fra le mani ', quando la ricerca è effettivamente esperienza di ricerca. Lo sguardo da più punti di osservazione porta a scoprire differenze, a smontare facili uniformità, a percepire la stessa identità come qualcosa che si costruisce storicamente e che si stratifica in pieghe e confini interni di diverso tipo. È' una questione largamente assodata a livello teorico, ma spesso più difficile da ritrovare sul campo e da rendere in un testo. La stessa costruzione del testo di Squillacciotti, il primato dell'etnografia di cui si diceva, e in particolare l'impalcatura etnografica costruita intorno al Pab 'igala, facilita in qualche modo la resa nel testo della complessità del mondo cuna. Nella Onmakket nega, nella casa dell ' assemblea del villaggio, i canti del Pab 'igala sono occasione per ordinare la società cuna, un dispositivo per distribuire conoscenza e potere: al centro d eli' assemblea vi sono i sa ila, coloro che sanno «e che dettano l' orientamento con il canto», intorno ai saila gli argar, coloro che interpretano il canto, e così via, fino al popolo minuto che ascolta e capisce a suo modo, come a loro modo nelle nostre chiese di campagna i contadini ascoltavano il Dona no bis hodie... e capivano la storia di tal Donna Bisodia. Senza volere entrare nel merito dei singoli saggi, ad una questione vale forse la pena accennare: all'interpretazione che in un famoso saggio (L'efficacia simbolica, in Antropologia strutturale l) C. Lévi-Strass propone del Muu igala, un canto di 535 versetti che, come dicevo, viene eseguito dal medico tradizionale, il nele, durante il parto. L'interpretazione di Lévi-Strauss è presto detta: il Muu igala avrebbe il compito di verbalizzare i momenti e i dolori del parto, «la cura consisterebbe nel rendere accettabile alla mente dolori che il corpo si rifiuta di tollerare ... l'ammalata avendo capito, non si limita a rassegnarsi, guarisce». Il Muu suo esito igala avrebbe, dunque, com~ addirittura quello di modificare le funzioni organiche della partoriente. Certo in assoluto non sono da escludere passaggi dalle funzioni psichiche a quelle fisiche, ma forse, come scrive Squillacciotti, bisognerebbe andare più cauti nell'applicare un modello tanto generico a un caso così specifico. Basta lavorare più da vicino sull'etnografia cuna, stare sul campo nel modo che si diceva, per «verificare l'impraticabilità dell'analisi di Lévi-Strauss ... proprio nel confronto con il complesso realmente operante». Il contesto del parto è più articolato di quanto si possa trarre dal Muu igala e quindi di quanto Lévi-Strauss, che su questo testo fonda tutta la sua analisi, possa immaginare. Il nele è sullo sfondo, ma se si mette meglio a fuoco la scena appaiono in primo piano, accanto alla partoriente, quattro donne di una certa età (il numero quattro è un numero ' molto particolare' nel mondo cuna) e alcune giovani apprendiste. A queste donne è affidato in modo ben concreto il compito di assistere la partoriente e il nascituro; anche la loro opera è un misto di pratica e di magismo, ma in questo miscuglio c'è comunque acqua calda, pezze di stoffa, polveri emostatiche. Al nele è affidato un altro compito: difficile dire se più o meno importante. Il nele si pone al confine fra la vita e la morte, la sua figura assume connotazioni religio- se, o meglio, come scrive Squillacciotti, socio-religiose. La presenza del nele e i suoi versi dicono che il parto, al di là di un aspetto fisiologico (che pure i cuna conoscono e prendono in seria considerazione), mantiene, comunque, un aspetto sacro e misterico. Confondere l'uno aspetto con l'altro sarebbe un po' come dare per buona ad un antropologo di Marte l'idea che i cristiani sulla terra si curano con le Avemarie e l'olio santo. Alberto M. Sobrero 135