3.5 statua loricata
di druso minore
Da Sant’Antioco/Sulcis (località Su Narboni),
via Eleonora d’Arborea, 8
Marmo bianco a grana fine
H. 2,00 m
Ottimo stato di conservazione, anche se
ricomposta da più frammenti.
Sono perdute le dita della mano destra e parte
della mano sinistra. Il naso è spezzato e alcuni
danni si notano sul sopracciglio sinistro
Cagliari, Museo Archeologico
Età tiberiano/claudia
Statua loricata di Druso Minore di dimensioni superiori al vero, rinvenuta a Sulcis, in località Su Narboni,
spezzata in due parti e in posizione di caduta. L’area,
da cui proviene anche il frammento di un’iscrizione
pubblica, ospitava probabilmente il Foro cittadino. La
statua è stante, con la gamba destra leggermente
scartata di lato, mentre entrambe le braccia scendono lungo il fianco; la tensione del braccio destro,
indicata dalle vene, fa pensare che stringesse nel
pugno un oggetto (una lancia?). Druso indossa aderenti calcei patrizi, la tunica con maniche corte e la
corazza anatomica con orlo rialzato agganciata mediante ampi spallacci decorati da fulmini a cinque
denti. Una fila di rigide pteryges (lambrecchini) frangiate molto corte protegge le spalle mentre due file
proteggono il bacino: il primo ordine, formato da
corte pteryges frangiate, è disposto in modo da seguire l’andamento curvilineo del bordo della corazza,
mentre il secondo è composto da pteryges più lunghe, distribuite con maggiore libertà e con qualche
sovrapposizione. Sullo spallaccio sinistro è appoggiato il mantello (Schulterbausch) che, aiutato da un
pesino, scende avvolgendosi all’avambraccio e posandosi infine sull’elmo posto di fianco al piede sinistro.
L’elmo, che funge da sostegno della statua, non è lavorato sul retro ed è un ibrido di quello beotico, usato
in età ellenistica dai cavalieri e attestato anche nel
mondo romano (cfr. l’elmo del Museo di Amburgo,
inv. 1917.173). Sulla corazza è allacciato il cingulum (cintura), che gira due volte intorno alla vita e ha le estremità “rimboccate” sotto la fascia superiore. L’unica
decorazione della corazza è costituita da una piccola
egida (la pelle della capra Amaltea usata da Atena
come scudo) con il bordo formato da serpenti annodati e al centro un raffinato Gorgoneion (testa di Gorgone), di tipo “bello” caratterizzato dalla massa di
capelli ondulati formati da ciocche a virgola.
Il ritratto, eseguito insieme al corpo, rappresenta
Druso Minore, il figlio di Tiberio, che ebbe l’imperium
proconsulare (comando sulle province) nel 16 d.C.,
l’ovatio ex Illyrico (ovazione per le campagne militari
in Illiria) nel 20 d.C., la tribunicia potestas (i poteri del
tribuno della plebe ) nel 22 d.C. e morì nel 23 d.C. Il
collo è massiccio, gli occhi sono grandi, la bocca è piccola e serrata mentre sul viso si notano i solchi nasolabiali. I capelli sono corti e hanno una frangia in cui
la parte centrale, seguendo un movimento sinuoso,
risulta quasi isolata rispetto alle ciocche laterali, in
particolare sulla tempia sinistra dove forma un motivo a forcella, come per effetto di una calvizie incipiente e precoce. Nell’insieme si nota la costruzione
di un volto abbastanza realistico e non lontano dalla
tradizione tardorepubblicana.
La statua di Druso si inserisce in una serie di loricati
prodotti a partire dalla fine dell’età ellenistica e l’età
giulio-claudia e caratterizzati da una circolazione trasversale tra l’Italia, la Grecia e l’Oriente (tempio F di
Corinto, Cesarea Marittima, Kalindoia, Samaria, Tuscolo, Brindisi, Passaron, Nola, Bergamo, Chieti? e la
stele di un ufficiale al museo di Patrasso). Essi indossano la corazza anatomica con due file di pteryges
frangiate, spesso “nuda” (Kalindoia e Samaria) o con
il solo cingulum “doppio” annodato sullo stomaco
(Corinto e Cesarea) o con l’egida sul petto (Brindisi). Il
loricato di Sulcis fornisce un’interpretazione rigida
delle pteryges e mostra un limitato uso del trapano
nel Gorgoneion, due elementi che fanno pensare a
una datazione posteriore alle statue augustee del
gruppo (cfr. l’Augusto di Kalindoia) e comunque anteriore all’età neroniana. L’integrazione della panoplia
(armatura) con l’elmo-sostegno è anch’essa tipica dei
loricati di tipo ellenistico e lo stesso tipo di elmo è attestato nel mondo greco (Amphipolis) e micrasiatico
(Letoon di Xanthos, Afrodisia, Efeso), il che farebbe
pensare all’intervento di uno scultore greco, forse impiegato in un atelier Urbano, come suggerisce anche
la qualità altissima della statua, visibile in dettagli
come i calcei, le frange delle pteryges e le maniche
della tunica.
L’inquadramento in età tiberiano/claudia ha fatto
pensare che la statua appartenesse a un ciclo dinastico di età claudia, insieme ai ritratti di Tiberio e di
Claudio e ad altre due statue acefale, una in toga e
una in Hüftmantel (con mantello intorno ai fianchi),
un’ipotesi rafforzata anche dall’esistenza di proprietà
di Claudio in zona e dalla possibile (ma non certa) datazione della costituzione del municipium Sulcitanorum nei primi anni di regno dell’imperatore. Tuttavia
i ritratti di Claudio e Tiberio non hanno una provenienza sicura all’interno di Sulcis e differiscono da
quello di Druso per stile e tecnica (le due teste erano
lavorate separatamente dal corpo), ragion per cui la
ricostruzione di una dedica simultanea del gruppo in
età claudia resta incerta. È più probabile che negli
edifici dell’area forense di Sulcis nel corso della prima
metà del I sec. d.C. siano stati eretti in momenti diversi più ritratti imperiali, aggiornando così la presentazione della domus Augusta (il culto imperiale a
Sulcis è attestato epigraficamente dalla presenza dei
flamines Augustales - collegio sacerdotale dedicato
appunto al culto imperiale).
Il ritratto appartiene al tipo “Leptis Magna” (o tipo IV
Jucker): la data del prototipo ha diviso gli studiosi tra
chi pensa che fosse postumo (D. Boschung) e chi ne
sostiene una datazione subito dopo la morte di Germanico nel 19 d.C. (A. Mlasowski) oppure in connessione al conferimento della tribunicia potestas (J.Ch.
Balty, E. Rosso). Il ritratto di Sulcis, in cui i segni della
maturità di Druso Minore sono più evidenti rispetto
per esempio al ritratto postumo di Leptis Magna, potrebbe rafforzare l’opinione di chi ritiene il prototipo
anteriore al 23 d.C. Nella prima età imperiale la scelta
dell’immagine loricata era spesso connessa all’imperium proconsulare dell’erede designato e alla celebrazione delle doti militari, che per Druso è confermata
anche dall’iscrizione ateniese in cui era definito neos
theos Ares (novello Ares: IG II2 3253). Il loricato ritraeva
quindi il principe come un condottiero sul campo, vestito con la corazza decorata dalla terrorizzante
egida/Gorgoneion e pronto a indossare l’elmo da cavaliere adatto al suo ruolo di comandante.
Bibliografia
Taramelli 1908, pp. 192-194; Hekler 1919, pp. 212-213;
Vermeule 1959, pp. 35-36, n. 22; Angiolillo 1975-1977,
pp. 165-168; Fittschen 1977, p. 46, n. 2; Angiolillo 1987,
p. 140; Saletti 1989, pp. 78 e 85; Boschung 1993 a, p. 63;
Balty 1998, pp. 10-12; Boschung 2002 a, p. 141, n. 73.3;
Cadario 2004, p. 211; Laube 2006, pp. 106-107 e p. 235,
n. 62. In generale sul ritratto di Druso Minore: Fittschen 1977; Jucker 1977, pp. 233-236; Jucker 1981, pp.
281-284; Boschung 1993 a; Schröder 1993; pp. 134-137,
nn. 30-31; Mlasowski 1996, pp. 339-353; Balty 1998;
Rosso 1998. Sulla storia di Sulcis: Cenerini 2003; Zucca
2003, pp. 217-225. Sul presunto “ciclo statuario”: Angiolillo 1975-1977.
Matteo Cadario