numero 13
gennaio-giugno 2019
Comitato Scientifico
Riccardo Lattuada (direttore scientifico)
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Diego Suárez Quevedo † (2011-2017)
Gianni Carlo Sciolla † (2011-2017)
VALORI TATTILI
Rivista di Storia delle Arti
periodico semestrale
In copertina:
Andrea Della Robbia e bottega, Madonna col Bambino
e due cherubini. La Habana, Museo Nacional de Bellas Artes.
Direttore Responsabile
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© 2019 Pierluigi Carofano, Pisa
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Fascicolo
€ 40,00
Indice
“La chiesa di San Giovanni in Venere è grande, maestosa
con tre navi già in volta”. Un disegno inedito del fondo
della Congregazione dell’oratorio di San Filippo Neri di Roma
Maria Cristina Rossi
5
Robbiane a Cuba
Samo Štefanac
15
Los Della Robbia del Museo Nacional de Bellas Artes de Cuba
Niurka D. Fanego Alfonso
33
Maratta: nuovi ritratti
Francesco Petrucci
41
Tre ritratti inediti riferiti a Giovanni Battista Gaulli, il Baciccio
Gianni Bozzo
61
Approfondimenti per Giovanni Camillo Ciabilli, pittore nella bottega di
Simone Pignoni
Federico Berti
71
Il Salone da ballo di Palazzo Reale
L’ultimo capitolo della grande decorazione ufficiale a Venezia
Roberto De Feo
Abstracts
87
100
Recensioni
102
Luca Calenne, La Rivincita di Adone sull’Indice. Su un ciclo pittorico
dedicato al poema di Giovan Battista Marino nella Villa Sforza ai
Quattro Cantoni (a cura di Pietro di Loreto); Luigi Garzi 1638-1721.
Pittore romano, a cura di Francesco Grisolia e Guendalina Serafinelli,
Milano, Officina Libraria, 2018 (a cura di Simona Sperindei);
Johann Joachim Winckelmann (1717-1768) nel duplice anniversario,
a cura di Elisa Debenedetti, Roma, Edizioni Quasar, 2018 (Studi
sul Settecento Romano, 34) (a cura di Simona Sperindei); Michele
Cuppone, Caravaggio.
La Natività di Palermo. Nascita e scomparsa di un capolavoro
(a cura di Pietro di Loreto)
1. Andrea della Robbia e bottega, Madonna col Bambino e due cherubini, fine secolo XV. La Habana, Museo Nacional de Bellas Artes.
Robbiane a Cuba
Samo Štefanac
I
l merito del successo conseguito da ben tre generazioni di scultori appartenenti alla bottega dei
Della Robbia si deve principalmente all’invenzione e perfezionamento della tecnica della terracotta
invetriata, che ha reso possibile la produzione delle
più varie tipologie di sculture a costi assai più contenuti rispetto a materiali pregiati come il marmo
o il bronzo. Inoltre, le opere in terracotta invetriata
si sono dimostrate molto resistenti e quindi adatte
sia ad essere trasportate anche a grande distanza da
Firenze, sia ad essere collocate oltre che all’interno
(come nel caso di pale d’altare, tabernacoli o fonti
battesimali) anche all’esterno, come testimoniano le
numerose robbiane che tuttora si vedono a Firenze e altrove, in buon stato di conservazione, sulle
facciate degli edifici: lunette di portali, fregi, rilievi
araldici.
Nel corso del Quattrocento era però altrettanto significativa l’intensa produzione (e la conseguente
diffusione) di opere destinate alla devozione privata, soprattutto rilievi della Madonna col Bambino,
che con la loro superficie lucida, certamente più
piacevole di quella degli analoghi rilievi in materiali
poveri come stucco o cartapesta, potevano competere addirittura con i rilievi in marmo, soprattutto
in virtù del loro prezzo, molto più accessibile per i
committenti. Si potrebbe infatti dire che nella terracotta invetriata si unirono la lucida superficie e
la durevolezza del marmo con la possibilità di riprodurre la stessa composizione in numerose copie,
come è tipico dei materiali plastici1. Per queste ragioni l’œuvre della bottega dei Della Robbia è cresciuto sino a diventare uno dei più ampi dell’epoca
e nonostante siano stati compiuti parecchi tentativi
di compilare un censimento delle opere – i primi
risalgono al tardo Ottocento – probabilmente non
avremo mai un catalogo completo delle robbiane2:
oltre ai pezzi ben noti, conservati in situ o nei maggiori musei, molti altri, meno noti o del tutto inediti, continuano ad apparire in varie collezioni o sul
mercato antiquario.
Finora non ha attirato l’attenzione degli studiosi un
gruppo di terrecotte invetriate robbiane conservato presso il Museo Nacional de Bellas Artes all’Avana, quattro delle quali sono esposte nel palazzo
del ex-Centro Asturiano, ora sede della collezione
dell’“arte universale”. Queste opere non sono mai
state menzionate nelle maggiori guide del museo3,
però i pezzi esposti sono stati regolarmente inclusi negli elenchi della collezione d’arte europea del
1968, 1975 e del 20034. Si tratta di un tondo con la
Madonna col Bambino e due cherubini, una statua
di angelo reggicandelabro, un’Adorazione del Bambino con san Giovannino e un rilievo decorativo con
un cherubino.
Il tondo della Madonna col Gesù Bambino ha una
cornice di teste di cherubini, circondate da una ghirlanda di frutti [fig. 1]. Il rilievo è composto da cinque pezzi: il tondo centrale e quattro segmenti della
cornice. Lo stato di conservazione non è perfetto e
meriterebbe un intervento di restauro: a parte il fatto che i pezzi sono assemblati con poca accuratezza,
si vedono oltre ad alcuni danni minori nella superficie, più proccupanti fessure che interessano soprattutto le teste della Madonna e del Bambino, anche
se allo stato attuale, poiché il rilievo è murato, non
si può valutare quanto profonde siano tali spaccature. Nell’inventario del museo e nelle guide menzionate sopra, il tondo è schedato semplicemente
come opera della bottega dei Della Robbia5; in real-
15
2. Andrea della Robbia, Madonna col Bambino e due
cherubini (“Madonna Foulc”), fine secolo XV. Nîmes,
Musée des Beaux-Arts.
tà, in quest’opera, con la Madonna rappresentata a
mezza figura, il Bambino alzato in piedi e sostenuto
dalla madre e due teste di cherubini ai lati, si può
riconoscere una nota composizione di Andrea della
Robbia, conosciuta anche come “Madonna Foulc”
[fig. 2]. Tale composizione fu assegnata ad Andrea
già nei primi studi sulle robbiane e in seguito schedata come tale nei libri di Allan Marquand6, secondo il
quale sarebbe stata concepita intorno al 1480-1485
divenendo poi negli anni (e probabilmente decenni)
successivi una delle composizioni più replicate nella
bottega del maestro. Ne è nota in effetti una dozzina
di esemplari, tra cui quello della collezione di Edouard Foulc, ora al Musée des Beaux-Arts a Nîmes7,
da cui la composizione ha preso il nome; altri pezzi
ben conosciuti si trovano a Baltimora (Walters Art
Gallery)8, Firenze (Museo del Bargello)9, Londra
(Victoria & Albert Museum)10, già a Lucca, ora in
collezione privata11, a Messina (Museo Nazionale)12,
New York (Metropolitan Museum)13, Praga (Národnì Galerie)14, Washington (National Gallery)15. Tra
gli esemplari meno noti varrà la pena di menzionare quelli già nel palazzo Vieri-Canigiani a Firenze,
ricordato da Marquand, purtroppo senza riprodurlo, e poi non più rintracciato16, a Dicomano (Pieve
di S. Maria), al Seattle Art Museum, dove la figura
del Gesù Bambino, i cherubini e il volto della Ma-
16
donna sono privi dello smalto17, a Sèvres (sospettato
da Marquand di essere una riproduzione ottocentesca18) e infine uno, forse inedito, murato nel vestibolo del Palazzo Malenchini-Alberti in Via de’ Benci
a Firenze.
Proprio la “Madonna Foulc” e gli altri rilievi di questo gruppo sono stati negli ultimi anni ampiamente
studiati anche dal punto di vista tecnico e le ricerche hanno fornito dati che rendono possibile comprendere meglio le fasi di produzione delle opere
eseguite in serie19. La misurazione e l’analisi dettagliata delle Madonne accessibili hanno rivelato che
i rilievi erano modellati con lo stampo (probabilmente la bottega aveva a disposizione due stampi di
questa composizione), ma anche se le misure principali e i rapporti tra le figure sono identici, le opere
variano lievemente nei particolari, suggerendo che
la lavorazione dei dettagli ebbe luogo dopo la rimozione del rilievo dallo stampo e prima dell’applicazione dello smalto e della cottura. Questo spiega
non solo le differenze nei dettagli, ma anche le differenze nella qualità della lavorazione, su cui si basa
il giudizio degli studiosi circa l’autografia dei singoli
esemplari.
Il tondo dell’Avana si inserisce bene tra gli altri rilievi della serie per il diametro del disco centrale che
è di 54 cm e sebbene finora non sia stato possibile
svolgere indagini dettagliate, si può presumere che
anche le dimensioni delle figure corrispondano20.
Come si è detto, il rilievo ha una cornice con teste
angeliche nella fascia interna e una ghirlanda nella
fascia esterna. Solo cinque altri esemplari della serie hanno la cornice in terracotta invetriata: quelli
di Nîmes, Messina, Seattle, Firenze e Praga. Le cornici dei primi tre sono concepite in maniera simile, e
vicina anche alla nostra; in quei casi, però, due degli
otto cherubini, quello in alto e quello in basso, sono
rappresentati frontalmente e ad ali spiegate, mentre
gli altri sono ad ali richiuse e lievemente girati verso la Madonna. Esistono però differenze anche tra
queste tre cornici, in quanto la ghirlanda di Nîmes
è ornata di soli fiori mentre le altre due da fogliame e frutta: si potrebbe dunque ipotizzare che le
cornici di Messina e Seattle siano state ottenute con
lo stesso stampo, se tuttavia le foglie e i frutti non
fossero sistemati in maniera lievemente differente21.
Quanto agli altri due esemplari con cornice, quella
della Madonna del Bargello è più semplice, senza
ghirlanda, mentre le teste degli angioletti sono rap-
presentate tutte frontalmente e disposte radialmente22: la stessa disposizione si vede anche nel rilievo
di Praga, ma come hanno osservato gli studiosi a
partire dal Marquand, la cornice non era in questo
caso originariamente prevista per il rilievo, perché
il suo diametro interno è sensibilmente maggiore di
quello del disco centrale, lasciando un bordo liscio
di 2,5 cm tra la superfice concava del rilievo mariano e la cornice stessa23. La doppia cornice del tondo
dell’Avana è concepita in modo simile a quella di
Praga, cioè con le teste in disposizione radiale, però
con diametro minore che è di 98,5 cm. Non si vedono discrepanze tra il disco centrale e la cornice
e si può assumere che essa sia originale24; lo stesso
tipo di doppia cornice appare frequentemente in altri tondi di Andrea della Robbia e la sua bottega,
sebbene nessuno degli esemplari noti sia identico a
quello dell’Avana né per la sistemazione dell’ornamento né per le dimensioni25.
Non è possibile dare un giudizio sulla qualità del
rilievo dell’Avana finché non sarà sottoposto a un
intervento di restauro; a prima vista sembra che i
dettagli siano modellati un po’ meno accuratamente rispetto ai migliori esemplari della serie, come
la stessa “Madonna Foulc”, e queste differenze si
devono probabilmente alla lavorazione di tali particolari dopo l’estrazione del rilievo dallo stampo
e forse a una certa trascuratezza nell’applicazione dello smalto. Non si vedono tuttavia variazioni
nel modellato tali da potersi attribuire alla volontà
dell’autore. Si può ipotizzare che più persone prendessero parte all’esecuzione delle robbiane in questa fase, perciò dichiarare la nostra Madonna opera
del maestro in persona o prodotto della sua bottega
rimane un problema troppo complesso per essere
risolto in questo luogo.
Il numero delle statue a tutto tondo provenienti della bottega dei Della Robbia è notevolmente minore
rispetto a quello dei rilievi e la figura dell’angelo
reggicandelabro nella collezione del Museo Nacional de Bellas Artes all’Avana merita un’attenzione
particolare [fig. 3]. La statua, alta 86 cm, è assegnata a Giovanni della Robbia26. Si tratta di angelo
eretto, volto verso sinistra e che con la mano sinistra
abbraccia il candelabro. Il viso, i lunghi capelli ondulati, le ali, le mani, i piedi e il candelabro stesso
sono bianchi, la tunica azzura, il manto avvolto attorno alla figura e incrociato sul petto è giallo con
fodera verde, le maniche della sottoveste sono viola
e la base rettangolare è marrone. Sulla superficie
sono visibili molti danni superficiali, ma oltre la
rottura delle dita della mano destra che sono state
riattaccate, non si vedono danni maggiori.
Considerando la postura dell’angelo e la sua iconografia, si può concludere con qualche sicurezza
che la statua apparteneva originariamente a un tabernacolo eucaristico, naturalmente in coppia con
un’altra, girata verso destra. Le coppie di angeli reggicandelabro, sia in rilievo sia a tutto tondo,
accompagnano spesso i tabernacoli fiorentini del
Quattrocento, molti dei quali prodotti nella bottega
dei Della Robbia, ma nella maggior parte dei casi
tali angeli sono inginnocchiati e reggono un candelabro di formato minore, che tengono poggiato
su un ginnocchio27. Più rari sono invece gli angeli
eretti e anche quelli si vedono di solito con il piccolo
candelabro in mano e non con quello di formato
più monumentale e appoggiato a terra della statua
all’Avana28. Una figura identica non si trova tra le
opere note dei Della Robbia e probabilmente non
si tratta in questo caso di copia ottenuta tramite lo
stampo, come nel caso dei rilievi delle Madonne.
D’altra parte, gli angeli con i candelabri di questa
foggia sono rarissimi più in generale nella scultura
fiorentina, rimanendo eccezionale il caso dei famosi
angeli di Desiderio da Settignano sul tabernacolo
di S. Lorenzo29; non c’è dubbio che il nostro angelo
apparteneva a un tabernacolo simile.
Nell’inventario del museo e nella guida l’angelo è
assegnato a Giovanni della Robbia e possiamo assumere che la statua sia giunta al museo già recando
tale attribuzione. Trattandosi di una figura che non
rientra fra le più note tipologie di angeli robbiani,
non abbiamo solidi punti di riferimento come nel
caso delle altre sculture qui considerate, tuttavia
l’attribuzione a Giovanni sembra plausibile. A parte il fatto che egli ha realizzato più statue a tutto
tondo di tutti gli altri membri della famiglia Della
Robbia30, l’angelo dell’Avana si può paragonare alle
sue opere anche per la policromia, caratterizzata
dall’uso di azzuro, giallo e viola come colori dominanti. Anche la postura e il sistema del drappeggio
ricorrono nel catalogo di Giovanni: i panni sono caratterizzati da pieghe morbide e scorrevoli che però
in basso, tra i piedi, si fanno più movimentate, e
lo stesso si vede dietro le spalle del giovane, dove
uno dei lembi incrociati sul petto sembra ondeggiare nel vento. È questo un elemento caratteristico di
17
3. Giovanni della Robbia o Benedetto Buglioni, Angelo reggicandelabro, inizio secolo XVI. La Habana, Museo Nacional de Bellas Artes.
18
altre opere di Giovanni, soprattutto nelle numerose
statuine di Dovizia e Giuditta, dove l’intero sistema del drappeggio sembra ispirato a modelli verrocchieschi, pollaioleschi o botticelliani31. La statua
appare dunque in linea con le opere di Giovanni
della Robbia, anche se in questa sede non è possibile confermare l’attribuzione al di là di ogni dubbio, soprattutto perché i lavori di Giovanni sono
talora molto vicini a quelli del suo Contemporaneo
Benedetto Buglioni, solo di pochi anni più anziano
di lui32. Per questo proporrei il nome del Buglioni
come attribuzione alternativa dell’angelo.
Benedetto Buglioni fu l’unico scultore che pur non
appartenendo alla famiglia Della Robbia riuscì comunque a produrre terrecotte invetriate: secondo
una tradizione riferita da Vasari, egli avrebbe rubato il segreto della tecnica tramite una donna di casa
Della Robbia, diventando l’unico vero concorrente
di quella famiglia33. A lui possiamo assegnare l’Adorazione del Bambino con san Giovannino nel museo
dell’Avana [fig. 4]. Si tratta di un rilievo di forma
centinata (racchiuso entro una cornice lignea di forme rinascimentali che non è chiaro se sia originale
o imitazione moderna) schedato nell’attuale guida
del museo come opera della bottega dei Della Robbia, ma precedentemente attribuito a Luca34. L’opera in discretto stato di conservazione rappresenta
la Madonna a mezza figura, spostata sulla sinistra,
mentre sulla destra troviamo il Bambino disteso e il
san Giovannino; alcuni gigli si levano sul fondo. Le
figure sono bianche, il fondo azzuro, i nimbi gialli e
gli steli dei gigli verdi. Si tratta di una composizione
già nota, attribuita appunto a Benedetto Buglioni,
che esiste in numerosi esemplari che si possono distinguere in due versioni: quella in esame e quella
adattata alla forma di un tondo, dove le due figure
principali rimangono identiche ma tre angeli cantanti appaiono accanto al Gesù Bambino, mentre il
san Giovannino – rappresentato a figura intera – è
spostato sul lato opposto, alle spalle della Madonna35. Tra gli esemplari con le sole tre figure principali, come quello dell’Avana, uno si trova al Victoria
& Albert Museum di Londra36, mentre altri tre sono
ora dispersi: uno faceva parte della collezione Gavet
a Parigi37, il secondo era conservato a Los Angeles
County Museum38, il terzo nella collezione Orsini a
Gallarate [fig. 5] e un altro è stato venduto all’asta Sotheby’s nel 200239. Nessuna delle opere menzionate sopra è schedata negli studi di Allan Mar-
quand, ma come ha giustamente notato Giancarlo
Gentilini, la forte impronta rosselliniana presente in
questi rilievi, sia nella composizione sia nel modellato delle figure, avvicina la composizione al gruppo
di rilievi che il Marquand aveva attribuito nel suo
libro sulle robbiane in America a un anonimo plasticatore da lui nominato “Maestro della Madonna
dei gigli”40. Gentilini ha identificato questo scultore
con il giovane Benedetto Buglioni, datando le opere
nell’ultimo decennio del Quattrocento41.
Siccome i cinque rilievi del tipo ‘Gallarate’ sono di
dimensioni praticamente identiche per quanto riguarda la larghezza, mentre l’altezza può variare
in maniera più consistente42, si può ipotizzare che
siano stati ottenuti con lo stesso stampo; comunque, nel trattamento dei particolari si vedono alcune differenze e come nel caso della ‘Madonna Foulc’
possiamo assumere che la fase successiva alla separazione dell’opera dallo stampo e prima dell’applicazione dello smalto, sia stata decisiva nella formazione dell’aspetto definitivo del modellato. Le
differenze interessano soprattutto alcune pieghe del
panneggio, le foglie in basso degli steli dei fiori (che
nel rilievo già a Gallarate sono visibili) e la decorazione della cornice, oltre alla colorazione di alcune
parti come la roccia in basso alla destra dove giace
il Gesù Bambino, che negli esemplari dell’Avana e
Londra è grigiastra, mentre in quello di Gallarate
è bianca e non si distingue dal drappeggio della
Madonna. Ma la differenza più significativa è nel
trattamento della figura di san Giovannino, la cui
spalla sinistra è troncata dalla cornice con gli ovuli
nell’esemplare già a Gallarate (e dal corrispondente bordo liscio a Londra), mentre sul rilievi dell’Avana e della collezione Gavet Giovannino copre col
suo corpo la parte bassa della cornice. Ovviamente
si tratta di due soluzioni diverse nelle opere uscite
dallo stesso stampo, ma se la versione di Gallarate sembra suggerire una maggiore profondità dello
spazio, quella dell’Avana è riuscita meglio dal punto di vista compositivo, in quanto la figura del Giovannino, non troncata, risulta insieme a quella del
Gesù Bambino in buon equilibrio con la Madonna,
che copre con il suo manto tutta la parte bassa della
cornice a sinistra.
Nella collezione del Museo Nacional de Bellas Artes
all’Avana si vede ancora un rilievo rettangolare con
un cherubino integrato entro un ornamento a girali composto da quattro rosette e due cornucopie su
19
4. Benedetto Buglioni, Adorazione del Bambino con san Giovannino, fine secolo XV. La Habana, Museo Nacional
de Bellas Artes.
20
5. Benedetto Buglioni, Adorazione del Bambino con san Giovannino, fine secolo XV. Già Gallarate, Collezione Orsini.
21
6. Benedetto Buglioni, Frammento di fregio, inizio secolo XVI. La Habana, Museo Nacional de Bellas Artes.
cui posano degli uccellini [fig 6]. Il rilievo è bianco
con fondo azzuro, attualmente incluso in una cornice lignea neorinascimentale, ed è schedato nella
guida come opera della bottega dei Della Robbia43.
Nella sua monografia su Giovanni della Robbia, Allan Marquand aveva schedato numerosi rilievi con
lo stesso motivo, presenti all’epoca in varie collezioni [fig. 7]44. Le opere schedate dal Marquand
sono frammenti di fregi, e lo stesso vale anche per
il nostro esemplare: nei fregi robbiani le teste di
cherubini di questo tipo sono solitamente divise da
palmette, che non si vedono sul rilievo dell’Avana.
Tuttavia, osservando bene le estremità laterali del
fondo azzuro si possono notare le tracce di ritocchi,
la cui sagoma corrisponde proprio alla forma delle
palmette che sono state quindi abrase in un secondo
momento, probabilmente in occasione dell’incorniciatura dell’opera. Se non c’è dubbio sul fatto che il
rilievo facesse parte di un fregio, più problematica
è invece l’attribuzione a Giovanni della Robbia, in
quanto questo tipo di fregio non si vede nelle sue
22
opere sicure. I fregi che fanno parte delle trabeazioni delle ancone e di altre strutture architettoniche
di Giovanni sono in genere meno complessi, solitamente composti da semplici teste di angioletti o
da teste accompagnate da festoni45. L’ornamento in
questione si vede invece regolarmente nelle opere
di Benedetto e Santi Buglioni, sempre come parte
della trabeazione: basti ricordare le ancone di Amsterdam (Rijksmuseum), Empoli (Museo della Collegiata), Bibbiena (S. Maria del Sasso), La Panca
(S. Maria) etc.46. Per questo proporrei di spostare
l’attribuzione dell’intera serie dei fregi da Giovanni
della Robbia alla bottega dei Buglioni47.
Naturalmente dobbiamo chiederci come e quando
queste sculture sono giunte nella capitale cubana.
La documentazione sulle robbiane nel museo non
è esauriente, però fornisce i dati fondamentali sulla
loro provenienza: l’intera serie è pervenuta al museo
nel 1953 come donazione di Oscar Cintas48. Oscar
Benjamín Cintas y Rodríguez (1887-1957), nativo
di Sagua la Grande al centro dell’isola (ora provin-
7. Benedetto Buglioni, Ancona d’altare, part., 1502. Amsterdam, Rijksmuseum.
cia Villa Clara), era al suo tempo uno dei personaggi più cospicui dell’America latina: grande imprenditore dell’industria di zucchero, oltre a gestire
la sua proprietà era pure direttore della compagnia
ferroviaria di Cuba e degli zuccherifici a Punta Alegre, Jatibonico e Jobabo, nonché membro della direzione della American Car and Foundry Company
e della American Locomotive Company ed era coinvolto in affari anche in Argentina, Brasile e nei paesi
europei, per nominare solo una parte delle sue attività49. Altrettanto significativo fu il suo ruolo in politica e soprattutto in diplomazia, essendo l’ambasciatore cubano negli Stati Uniti dal 1932 al 1934.
Ancor più importante per noi è però la sua passione
per il collezionismo di manoscritti, libri rari e opere
d’arte. Tra gli oggetti più pregiati nella sua collezione c’erano la prima edizione del Don Quijote di
Cervantes del 160550 e la cosiddetta ‘Copia Bliss’
del Discorso di Gettysburg (Gettysburg Address) di
Abraham Lincoln, che Cintas donò agli Stati Uniti
ed è ora esposta nel salone di Lincoln nella Casa
Bianca a Washington51.
La sua impressionante collezione di opere d’arte
che comprendeva tra l’altro dipinti di Giovanni Bellini, Bronzino, El Greco, Hals, Murillo, Rembrandt,
Rubens, Van Dyck e altri, era in parte tenuta negli
Stati Uniti e in parte nella sua residenza all’Avana.
Già negli anni quaranta, Cintas aveva avuto l’idea
di esporre la collezione permanentemente accanto
alla propria abitazione, nella Calle 15 del quartiere di Vedado, ma non riuscì a mettersi d’accordo
con i vicini circa l’acquisto del terreno necessario
per la costruzione della pinacoteca52; inoltre, alcuni anni dopo il presidente cubano Fulgencio Batista
non fu disposto a concedergli detrazioni fiscali per
la fondazione di tale museo e il progetto non ven-
ne mai realizzato53. Nonostante questo fallimento,
Cintas continuò a partecipare con gli altri collezionisti (soprattutto José Gómez Mena) ai tentativi di
riformare i musei cubani tramite la fondazione del
Patronato de Bellas Artes y Museos Nacionales54
e allo stesso tempo stabilì a Miami la Cuban Art
Foundation, destinata a dare appoggio agli artisti
cubani all’estero55.
Quando Oscar Cintas morì nel 1957, era vedovo e
senza figli. La parte della collezione che si trovava
nella sua residenza all’Avana passò dopo la rivoluzione cubana del 1959 al Museo Nacional de Bellas
Artes, mentre quella che si trovava negli Stati Uniti
venne venduta nel corso di varie aste56, la principale
tra le quali ebbe luogo presso le Parke-Bernett Galleries nel 196357. Secondo l’inventario, le robbiane
erano giunte all’Avana già negli anni ’50, ovviamente per la volontà del proprietario58. Purtroppo non
sappiamo dove e quando Cintas avesse acquistato
le opere in questione, ma siccome sappiamo che l’illustre collezionista cubano aveva stretti contatti con
antiquari e collezionisti in America e in Europa e
frequentava spesso le aste, possiamo assumere che
le robbiane siano venute a far parte della sua collezione per questa via.
Vale la pena di aggiungere che nel deposito del museo si trovano altre robbiane decorative (frammenti
di un altro fregio e una cornice) che però per la difficoltà d’accesso a quegli ambienti, non possiamo
analizzare in questa sede. Oltre a questi due pezzi ci sono altri due tondi che però vale la pena di
menzionare, uno con la Madonna col Bambino e
sei angeli e l’altro rappresentante l’Adorazione del
Bambino con san Giovannino. Le due opere furono
per un tempo esposte, insieme a un gruppo di statue
ottocentesche, in uno dei chiostri dell’ex-convento
23
8. Da Andrea della Robbia, Madonna col Bambino e sei
angeli, secolo XIX/XX. La Habana, Museo Nacional de
Bellas Artes.
di S. Clara nel centro storico dell’Avana (Habana
Vieja), allora sede del Centro Nacional de Conservación, Restauración y Museología, ma all’inizio dei
lavori di restauro di quel complesso conventuale,
esse sono state restituite al museo, dove sono anche
schedate nell’inventario. Nella Madonna col Bambino e sei angeli [fig. 8] riconosciamo una nota composizione di Andrea della Robbia databile nell’ultimo decennio del Quattrocento, di cui l’esemplare
più noto si trova nella Pinacoteca Comunale a Città di Castello59. A prima vista si possono notare le
differenze tra il rilievo di Città di Castello e quello
dell’Avana: quest’ultimo è di dimensioni minori ed
è costituito da un unico pezzo insieme alla cornice
(mentre a Città di Castello la cornice è composta da
quattro segmenti)60; in più, il fondo azzurro è più
chiaro di quanto appaia solitamente nelle robbiane,
l’applicazione dello smalto non è tanto accurata, e
infine gli occhi e le sopracciglia sono lisci e non dipinti a mano, come si vede di solito nelle robbiane autentiche. Stanti queste caratteristiche, non c’è
dubbio che si tratta di una riproduzione moderna
della nota composizione robbiana, probabilmente
del tardo Ottocento o del Novecento: una datazione
più precisa è difficile, in quanto le riproduzioni della stessa composizione sono tuttora in produzione e
in vendita presso i rivenditori delle ceramiche61.
24
Più enigmatico è invece il tondo con raffigurazione
dell’Adorazione del Bambino con san Giovannino
[fig. 9]62. La Madonna è rappresentata a mezza figura con le mani stese in preghiera, il Gesù bambino giacente, e il san Giovannino a intera figura alla
destra. In fondo, al centro c’è un mazzo di gigli, alla
sinistra una palma, a destra un cespuglio e in alto
la colomba, rappresentata di profilo e circondata da
nuvole. La cornice che fa parte integrale del rilievo
è ornata da frutti, verdure, fiori e fogliame. Le figure
sono bianche con le pupille degli occhi e le sopracciglia dipinte a mano in nero, le piante verdi, il lettino
del Bambino è verde-grigiastro e il fondo azzuro.
L’opera è in buon stato di conservazione senza visibili danni o tracce dei ritocchi. L’aspetto generale
dell’opera e la tipologia delle figure avvicinano questo tondo ad Andrea della Robbia, ma d’altra parte la composizione si potrebbe interpretare anche
come un pastiche di elementi presenti su vari rilievi
robbiani. La figura del Gesù Bambino con la mano
sinistra appoggiata sulla pancia e la destra in atto
di benedizione si vede in alcune ‘Adorazioni’ di Andrea, come ad esempio quella a Fiesole (Museo Bandini), a Ecouen (Musée National de la Renaissance),
Philadelphia (Museum of Art), oppure nella Natività della Verna (S. Maria degli Angeli)63 e il lettino di
paglia è fatto nella stessa maniera. Anche il modellato della Madonna, rappresentata a mezza figura,
è coerente con lo stile di Andrea, ma sembra che si
tratti dell’adattamento di una figura inginocchiata,
tipica delle scene di ‘Adorazione’. Insolita è la raffigurazione della colomba in alto, rappresentata di
profilo. In alcune opere di Andrea si vede questa soluzione, soprattutto nei rilievi dell’Annunciazione,
dove la colomba punta verso la Vergine64, mentre
in altre scene il motivo è raro: l’uccello lievemente
girato è per esempio presente anche in alcuni rilievi dell’Adorazione del Bambino, dove la posizione
centrale della Madonna non permette la sua collocazione in alto al centro, ma questo non è caso nel
tondo dell’Avana65. Sembra plausibile che il rilievo
sia opera autentica della bottega dei Della Robbia,
comunque in base alla composizione un po’ forzata
con la Madonna schiacciata tra la palma e il lettino
del Gesù Bambino non escluderei la possibilità che
si tratti di opera del revival ottocentesco delle robbiane.
Sfogliando i repertori delle robbiane, risulta che la
composizione dell’Adorazione proveniente dal ex-
9. Andrea della Robbia (?), Adorazione del Bambino con san Giovannino, fine secolo XV (?). La Habana, Museo
Nacional de Bellas Artes.
convento di S. Clara all’Avana certamente non è
una di quelle spesso ripetute e tuttora presenti in
numerose copie. In effetti, a chi scrive è noto un
solo altro esemplare della composizione, già appartenuto alla collezione del conte Gregorio Stroganoff
(1829-1910), Console Generale di Russia, tenuta
nel suo palazzo in via Sistina a Roma [figg. 10-11].
Il rilievo è stato pubblicato dopo la scomparsa del
conte, nel 1912, da Antonio Muñoz nel catalogo delle opere scelte nella collezione e attribuito ad Andrea della Robbia66. Negli anni successivi le opere
nella collezione Stroganoff sono state sparse in vari
luoghi e il destino di gran parte della collezione rimane sconosciuto67, ma secondo la scheda nel libro
del Marquand, il nostro tondo si trovava nei primi
anni venti al Museum der Kunst und Gewerbe ad
Amburgo68; comunque, oggi l’opera non è nel detto
museo, né sono state finora rintracciate le testimonianze sulla sua permanenza nella collezione nel
passato69.
Paragonando il tondo dell’Avana con quello della
collezione Stroganoff, naturalmente solo in base alle
25
10. Andrea della Robbia (?), Adorazione del Bambino
con san Giovannino (“Tondo Stroganoff”), fine secolo
XV (?). Già Roma, collezione Stroganoff (illustrazione
nel catalogo di A. Muñoz).
11. Andrea della Robbia (?), Adorazione del Bambino
con San Giovannino (“Tondo Stroganoff”), fine secolo
XV (?). Già Roma, collezione Stroganoff (dalla Fototeca
della Fondazione Zeri, Bologna).
26
fotografie in bianco e nero dell’ultimo, si può notare
come le due opere sono quasi identiche in tutti i
particolari, sia per quanto riguarda le figure o la
cornice. Non c’è dubbio che i due rilievi sono usciti
dallo stesso stampo, ma al contrario delle Madonne
di tipo “Foulc” che variano assai tra di loro nei dettagli, le somiglianze riguardano anche la lavorazione dei particolari: basta osservare la cornice, dove le
foglie e i frutti sono modellati nella stessa maniera
anche nei minimi dettagli. L’unica differenza notabile sono i resti della colorazione (probabilmente
doratura) sui nimbi delle figure sul “Tondo Stroganoff” che sono lisci sul rilievo dell’Avana. Si potrebbe dunque concludere che i due tondi in questione
siano stati eseguiti quasi contemporaneamente e
“rinettati” proprio dalla stessa mano dopo la loro
estrazione dallo stampo e siccome non sono noti altri esemplari, sembra che questa composizione non
sia mai entrata in produzione in serie. In assenza
di qualsiasi informazione sulla fortuna del “Tondo
Stroganoff” dopo il 1922 e senza nemmeno poter
confermare questa data, possiamo però permetterci
una ipotesi alternativa: che in realtà non si tratti di
due opere distinte, bensí di una sola, o, in altre parole, che l’Adorazione dell’Avana non è niente altro
che il “Tondo Stroganoff”. Un elemento che parrebbe contraddire tale ipotesi sono le tracce di doratura
sul “Tondo Stroganoff”, ma non è da escludere che
esse siano state eliminate in occasione di qualche
intervento troppo radicale di pulitura della superficie70. Tuttavia, in assenza di ulteriori dati circa il
destino del “Tondo Stroganoff” e senza sapere niente circa l’ubicazione del rilievo dell’Avana prima di
giungere al museo, non possiamo approfondire oltre
questa tesi.
Senza esprimere dubbi sulla sua autenticità,
Muñoz attribuì l’opera ad Andrea della Robbia,
mentre Marquand collocava il ‘Tondo Stroganoff’ tra gli altri rilievi dell’Adorazione, assegnati
nel suo libro alla bottega di Andrea della Robbia,
datandolo tra il 1470 e il 1480. Siccome in questa sede è stato espresso qualche dubbio a questo
proposito, sarà utile cercare le testimonianze più
antiche sull’esistenza di questa composizione. Il
“Tondo Stroganoff” faceva parte della collezione
del conte russo all’inizio del Novecento, quando
fu schedato nel catalogo del Muñoz, ma abbiamo
un’indizio che suggerisce la sua presenza nella
collezione già almeno nel 1890, quando un fun-
zionario della Direzione generale delle Antichità
e Belle Arti aveva visto le robbiane nella casa di
Stroganoff71. Le testimonianze potrebbero però
risalire anche a monte del 1890, se ammettiamo
che il dato sull’ubicazione precedente all’Aquila
sia corretto, soprattutto se possiamo prestare fede
all’informazione che il rilievo stava nella sacrestia
della chiesa di S. Francesco. Se infatti lo spostamento delle prime presunte testimonianze sull’opera alla seconda metà dell’Ottocento di per sé
non prova niente, essendo quello il periodo in cui
il revival della produzione delle robbiane presso le
manifatture fiorentine era in piena fioritura72, la
sua collocazione ottocentesca in una chiesa (anzi,
in una sacrestia73) dell’Aquila, città che non era
né centro di produzione di terrecotte neorobbiane
né centro del mercato antiquario, va comunque a
favore all’opinione di Muñoz e Marquand che si
tratti di una composizione autentica della bottega
di Andrea della Robbia del tardo Quattrocento.
27
Uno dei primi a lodare le qualità dell’“arte nuova, utile e bellissima” è stato Vasari nell’edizione delle Vite del 1568: G. Vasari,
Le vite de’ più eccelenti pittori scultori ed architettori, a cura di G. Milanesi, Firenze 1906, II, p. 185. Più ampiamente sul fenomeno del successo commerciale dei Della Robbia: B. Santi, Una bottega per il commercio. Repertori, vendite, esportazioni, in I
Della Robbia e l’“arte nuova” della scultura invetriata, a cura di G. Gentilini, Fiesole, Basilica di Sant’Alessandro, 29 maggio - 1
novembre 1998, Firenze 1998, pp. 87-96. Alcuni rilevanti aspetti sulle robbiane sono stati discussi anche nel recente catalogo
della mostra a Boston e Washington: M. Cambareri, Della Robbia: Sculpting With Color in Renaissance Florence, con contributi
di A. Hykin e C. Leigh Harris, Boston, Museum of Fine Arts, 09.08.2016-04.12.2016 - Washington, National Gallery of Art,
05.02.2017-04.06.2017, Boston 2016.
2
C. J. Cavallucci - E. Molinier, Les Della Robbia, leur vie et leur oeuvre d’aprés des documents inédits, Paris 1884; M.
Cruttwell, Luca & Andrea Della Robbia and their Successors, London-New York 1902. Ancor’oggi rimane fondamentale e
indispensabile per lo studio delle robbiane la serie delle monografie di Allan Marquand: A. Marquand, Della Robbias in America, Princeton 1912; Id., Luca della Robbia, Princeton 1914; Id., Robbia Heraldry, Princeton 1919; Id, Giovanni della Robbia,
Princeton 1920; Id., Benedetto and Santi Buglioni, Princeton 1921; Id., Andrea della Robbia and his Atelier, Princeton 1922;
Id, The Brothers of Giovanni della Robbia: Fra Mattia, Luca, Girolamo, Fra Ambrogio, Princeton 1928. La sintesi moderna più
completa che prende in considerazione tutte le tre generazioni della bottega è la monografia di Giancarlo Gentilini: G. Gentilini,
I Della Robbia. La scultura invetriata nel Rinascimento, Firenze 1992.
3
The National Museum of Cuba. Painting, The Fayum Portrait, Western European Painting, Cuban Painting, Havana-Leningrad
1978; Colecciones de Arte Universal. Museo Nacional de Bellas Artes de Cuba, La Habana 2001.
4
Salas europeas. Museo Nacional, La Habana 1968, s.p.; Salas europeas. Consejo Nacional de Cultura. Museo Nacional La
Habana, Cuba, La Habana 1975, s.p.; M. L. Nuñez Gutiérrez, Escuela italiana, in Museo Nacional de Bellas Artes. Guía. Arte
Europeo, a cura di M. Crespo Larrazábal, La Habana s.d., p. 61 (l’anno di pubblicazione di questa guida non è indicato, ma si
può dedurre dal testo che essa uscì nel 2003 in occasione del novantesimo anniversario della fondazione del museo, avvenuta
nel 1913).
5
Salas europeas 1975 cit.; Nuñez Gutiérrez, Escuela italiana cit., p. 61: il numero d’inventario è 01-20 e il diametro dell’insieme è 98,5 cm.
6
W. Bode, Denkmäler der Renaissance-Sculptur Toscanas in historischer Anordnung, München 1892-1905, tav. 269; Marquand,
Della Robbias in America cit., pp. 45-46; Marquand, Andrea della Robbia cit., I, pp. 71-74, II, pp. 52-56; Gentilini, I Della
Robbia cit. p. 221. Questo tipo della Madonna è stato incluso anche negli studi dedicati alle opere di devozione privata del
Quattrocento a Firenze: R. G. Kecks, Madonna und Kind. Das häusliche Andachtsbild im Florenz des 15. Jahrhunderts, Berlin
1988, pp. 37-41, 47; R. J. M. Olson, The Florentine Tondo, Oxford-New York 2000, p. 149.
7
Marquand, Andrea della Robbia cit., I, pp. 71-73; A. Chevalier, in Musée des Beaux-Arts de Nîmes: Guide des collections, Paris
2000, pp. 14-15.
8
Marquand, Andrea della Robbia cit., II, p. 54.
9
Marquand, Andrea della Robbia cit., II, pp. 55-56; G. Gentilini, Museo Nazionale del Bargello. Andrea della Robbia, I, Madonne, Firenze 1983, pp. 24-25; B. Paolozzi Strozzi-I. Ciseri, Museo Nazionale del Bargello: la raccolta delle robbiane, Firenze
2012, p. 82.
10
Marquand, Andrea della Robbia cit., I, p. 73; J. Pope-Hennessy-R. Lightbown, Catalogue of Italian Sculpture in the Victoria
and Albert Museum, London 1964, pp. 214-215 cat. 204.
11
L’opera proviene dalla collezione del marchese Mazzarosa a Lucca: Marquand, Andrea della Robbia cit., II, p. 56; F. de Luca,
in I Della Robbia e l’“arte nuova” cit., pp. 194-195.
12
Marquand, Andrea della Robbia cit., II, pp. 53-54.
13
Il tondo che fa ora parte della collezione di Metropolitan Museum, proviene dalla Bache Collection a New York: Marquand,
Della Robbias in America cit., pp. 45-46; Marquand, Andrea della Robbia cit., II, pp. 54-55; http://www.metmuseum.org/collection/the-collection-online/search/200557?=&imgno=0&tabname=online-resources (7.11.2019).
14
Marquand, Andrea della Robbia cit., II, pp. 52-53.
15
Il rilievo faceva parte dalla collezione di Gustave Dreyfus: P. Vitry, La Collection de M. Gustave Dreyfus, Paris 1907, pp. 11,
16; Marquand, Andrea della Robbia cit., II, p. 55. La scheda completa dell’opera con tutta la bibliografia si trova nel catalogo
del museo online: https://www.nga.gov/collection/art-object-page.129.html (7.11.2019).
16
Marquand, Andrea della Robbia cit., I, p. 74.
17
Il numero d’inventario dell’opera che fu acquistata presso la French & Co ltd. nel 1955 è 55.76; i dati principali sul rilievo
e sulla sua provenienza sono disponibili nel catalogo del museo online: http://art.seattleartmuseum.org/objects/12143/virginand-child-with-angels?ctx=12574b74-af1a-4791-bb87-7f6def3b690a&idx=0 (7.11.2019); nella fototeca dell’Istituto germanico a Firenze (Kunsthistorisches Institut in Florenz) si trovano due fotografie: nn. inv. 149629, 156599.
18
Marquand, Andrea della Robbia cit., II, p. 56.
19
M. G. Vaccari, Tecniche e metodi di lavorazione, in I Della Robbia e l’“arte nuova” cit., pp. 97-116; R. J. M. Olson-D. Barbour,
Toward a new method for studying glazed terracottas: Examining a group of tondi by Andrea dellla Robbia, in “Apollo”, CLIV,
475, 2001, pp 44-52; D. Barbour-R. J. M. Olson, New methods for studying serialization in the workshop of Andrea della Robbia: technical study and analysis, in Della Robbia, dieci anni di studi - dix ans d’études, a cura di A. Bouquillon, M. Bormard
e A. Zucchiati, Genova 2011, pp 56-61; M. G. Vaccari, Un decennio di ricerche sulle terrecotte dei Della Robbia nel Museo
Nazionale del Bargello. Risultati e qualche proposta per il futuro, in ivi, pp. 128-131.
1
28
Il diametro degli altri rilievi varia tra 51 e 56 cm, ma le differenze non riguardano le dimensioni delle figure, bensì solo il
margine del disco: sui rilievi di diametro minore è per esempio troncato il nimbo della Madonna.
21
Comunque, sarebbe da chiedersi se queste differenze si possano attribuire a qualche intervento dopo l’estrazione dei pezzi
della cornice dallo stampo in quanto i diametri delle cornici dei rilievi di Messina e Seattle sono quasi identici (101 e 101,6 cm),
mentre quello di Nîmes è di 108 cm.
22
Per l’assenza della ghirlanda il diametro di quest’opera è di soli 87 cm.
23
Marquand, Andrea della Robbia cit., II, pp. 52-53; terra[cotta]: Plastika a majolika italské renesance - Sculpture and Majolica of Italian Renaissance, a cura di P. Přibyl, Praga, Národní Galerie v Praze, 15.12.2006 - 15.4.2007, Praha 2006, pp. 15-17,
11-13 (la seconda indicazione si riferisce alla collocazione del testo inglese in questa pubblicazione bilingue con le paginazioni
separate per il testo in ceco e quello in inglese). Molto importante è l’osservazione del Marquand (ivi, p. 53), che questa Madonna
è stata più volte riprodotta nell’Ottocento dalla manifattura Cantagalli, come quella del Museo Stibbert a Firenze (Bernini, in I
Della Robbia e l’“arte nuova” cit., p. 393). Vale la pena di aggiungere che recentemente è apparsa sul mercato antiquario una
Madonna in marmo otto-novecentesca che ripete letteralmente quella di Praga, compresa la discrepanza tra le dimensioni della
cornice e del disco centrale. Ringrazio Francesco Caglioti per avermi segnalato quest’opera.
24
Possiamo lasciare da parte il fatto che alla sua collocazione attuale il rilievo non è assemblato correttamente: una delle teste
degli angeli (per il momento non è possibile determinare quale) dovrebbe essere collocata al centro sopra la Madonna. Disassemblare le terracotte composte da più pezzi era pratica comune all’occasione di trasporto, ma il riassemblaggio non è stato
sempre perfetto. Questo si vede anche sulle fotografie menzionate (cfr. nota 17) del rilievo di Seattle all’Istituto germanico: su
quella rappresentante lo stato dell’opera prima del restauro si può notare un assemblaggio assai inaccurato. Più sull’aspetto
tecnico dei trasporti delle robbiane in: Santi, Una bottega per il commercio cit.; G. Gentilini, A Parigi “in un carico di vino”:
furti di robbiane nel Valdarno, Figline Valdarno 2012.
25
Per esempio un’Adorazione del Bambino a Parigi, Musée de Cluny (Marquand, Andrea della Robbia cit., I, pp, 65-66; Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 221-222) e uno a Louvre con diametro 120 cm (Marquand, Andrea della Robbia cit., II, p. 35),
un’Adorazione a Fiesole, Museo Bandini, con diametro 120 cm e dieci teste degli angeli (Marquand, Andrea della Robbia cit.,
vol. II, pp. 31-32; M. Scudieri, in I Della Robbia e l’“arte nuova” cit., pp. 214-215) e la Madonna del 1503 a Sansepolcro,
Palazzo Comunale (Marquand, Andrea della Robbia cit., II, pp. 223-224; Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 232, 260). Tale tipo
di cornice si vede anche sul disegno della Madonna, tracciato su un contratto del 1524, di Marco della Robbia, all’Ashmolean
Museum di Oxford (Gentilini, I Della Robbia cit., p. 375, con ulteriori riferimenti bibliografici).
26
Salas europeas 1975 cit.; Nuñez Gutiérrez, Escuela italiana cit., p. 61: il numero d’inventario è 01-19.
27
Nei suoi libri e in particolare in quello su Giovanni della Robbia, Marquand ha schedato numerosi esemplari degli angeli, per
lo più inginocchiati; comunque, tra quelli in piedi, descritti ma non illustrati, nessuno si può identificare con il nostro: Marquand,
Giovanni della Robbia cit., pp. 57-62 et passim.
28
Un esempio caratteristico con gli angeli con candelabro piccolo è il tabernacolo di Andrea della Robbia al duomo di Barga
(Marquand, Andrea della Robbia cit., II, pp. 88-89; G. Gentilini, Le ‘terre robbiane’ di Barga, in Barga Medicea e le “enclaves”
fiorentine della Versilia e Lunigiana, a cura di Carla Sodini, Firenze 1983, pp. 224-225; Gentilini, I Della Robbia cit., p. 221)
o quello di Bolsena (S. Cristina) di Benedetto Buglioni (Marquand, Benedetto and Santi Buglioni cit., pp. 62-64; Gentilini, I
Della Robbia cit., pp. 395, 409).
29
T. Mozzati, in Desiderio da Settignano. La scoperta della grazia nella scultura del Rinascimento, a cura di M. Bormard-B.
Paolozzi Strozzi-N. Penny, Parigi, Louvre, 27.10.2006 - 22.1.2007, Firenze, Bargello, 22.2.2007 - 3.6.2007, Washington, National Gallery, 1.7.2007 - 8.10.2007, Parigi-Milano 2007, pp. 228-235.
30
Oltre alle numerose raffigurazioni degli angeli schedati dal Marquand (cfr. nota 28) sono note pure alcune commissioni al
maestro per gli angeli a tutto tondo, come ad esempio quella del tabernacolo di S. Basilio per la Compagnia dello Spirito Santo
a Firenze del 1519 dove sono menzionate due statue degli angeli. Si potrebbe addirittura pensare al nostro angelo, se in realtà
non si trattasse piuttosto di ancona d’altare che tabernacolo eucaristico. L. A. Waldman, An Unknown Commission of Giovanni
della Robbia: the San Basilio Tabernacle for the Florentine Compagnia dello Spirito Santo, in “Source. Notes in the History of
Art”, XXVI, 2, 2007, pp. 1-8.
31
Si tratta di una decina di figure in varie collezioni pubbliche e private che seguono gli stessi due prototipi: Marquand, Giovanni
della Robbia cit., pp. 209-212; Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 308-309, 325-326; F. Domestici, in I Della Robbia e l’“arte
nuova” cit., pp. 265-267.
32
Tale è per esempio il caso dell’angelo inginocchiato al Fitzwilliam Museum di Cambridge con un’attribuzione che nel corso
dei decenni oscillava tra Benedetto Buglioni e Giovanni della Robbia. La fortuna critica su quest’opera è riassunta nel catalogo
online: http://data.fitzmuseum.cam.ac.uk/id/object/48202.
33
Vasari fa menzione di Benedetto e Santi Buglioni al termine della vita del Verrocchio nella sua edizione del 1568, aggiungendo
che Santi, allora ancora in vita, sarebbe l’ultimo a praticare la tecnica di terracotta invetriata: Vasari, Le vite cit., III, pp. 375376.
34
Nel 1968 il rilievo era esposto – come l’unica opera della serie delle robbiane – con l’attribuzione a Luca della Robbia (Salas
europeas 1968 cit.), però già nel 1975 (Salas europeas 1975 cit.) questa attribuzione è stata sostituita da una più generica,
nominando la bottega dei Della Robbia, come anche nel catalogo attuale: Nuñez Gutiérrez, Escuela italiana cit., p. 61: il numero d’inventario è 01-21 e le misure dell’opera sono 63×46 cm. Il rilievo è in discretto stato di conservazione: sulla superfice
si vedono le tracce di ritocchi, ma non danni significativi.
20
29
Gli esemplari di questo tipo si vedono tra l’altro nella Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia, all’Accademia delle Arti e del
Disegno a Firenze, al Castel Sant’Angelo a Roma (Gentilini, I Della Robbia cit., p. 434), a Rocca San Casciano (Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 404, 434) e al Kunsthistorisches Museum a Vienna (L. Planiscig, Die Estensische Sammlung, Band I: Skulpturen und Plastiken des Mittelalters und der Renaissance, Wien 1919, pp. 73-75). Un’eccezione è l’esemplare al Széművészeti
Múzeum di Budapest con le sole tre figure principali e senza gigli in fondo, però di forma circolare (J. Balogh, Katalog der
ausländischen Bildwerke des Museum der bildenden Künste in Budapest, IV-XVII Jahrhundert, Budapest 1975, p. 68, cat. 61).
36
Pope-Hennessy-Lightbown, Catalogue of Italian Sculpture cit., pp. 253-254; Domestici, in I Della Robbia e l’“arte nuova”
cit., p. 341.
37
E. Molinier, Collection Émile Gavet. Catalogue raisonné, précédé d’une étude historique et archéologique sur les oeuvres d’art
qui composent cette collection, Paris 1889, p. 4 cat. 4.
38
R. W. Valentiner, Gothic and Renaissance Sculptures in the Collection of the Los Angeles County Museum, Los Angeles 1951,
cat. 27. L’opera fu venduta nel 1987 (cfr. Gentilini, I Della Robbia cit., p. 434). Questo è l’unico esemplare della serie di formato
rettangolare e non centinato.
39
Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 404, 434; F. Domestici, in I Della Robbia e l’“arte nuova” cit., p. 341. Il rilievo è stato
venduto all’asta di Sotheby il 8.7.2010 e secondo la scheda del catalogo dell’asta l’opera sarebbe stata, prima di giungere alla
collezione Orsini, nella collezione dei Contini Bonaccorsi a Firenze: https://www.sothebys.com/en/auctions/ecatalogue/lot.42.
html/2010/old-master-sculpture-and-works-of-art-l10231 (1.12.2019). Un altro rilievo venduto all’asta dello Sotheby’s nel
2002 è variato rispetto agli altri nella colorazione in basso, nonché nella presenza di ben quattro steli dei gigli in fondo, mentre
le dimensioni sono di 64×47,5 cm: http://www.sothebys.com/it/auctions/ecatalogue/lot.416.html/2006/important-old-masterpaintings-n08162 (1.12.2019).
40
Marquand, Della Robbias in America cit., pp. 154-159: si tratta delle Madonne, conservate ai tempi del Marquand nelle collezioni Taft a Cincinnati, E. J. Berwind a Newport, Philip M. Lydig a New York e Henry Walters a Baltimore.
41
Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 404, 434: la composizione del nostro rilievo deriva ovviamente dal ben noto tondo dell’Adorazione del Bambino di Antonio Rossellino al Bargello.
42
L’Avana 63×46 cm, Gallarate 63×46 cm, Londra 67×47 cm, Los Angeles 61×47 cm, Parigi 64×47 cm.
43
Salas europeas 1975, cit.; Nuñez Gutiérrez, Escuela italiana cit., p. 61: il numero d’inventario è 01-22 e le misure dell’opera
sono 52×70 cm con la cornice (senza cornice ca. 37×52 cm).
44
Marquand, Giovanni della Robbia cit., pp. 25-26: si tratta degli esemplari a Rifredi (Villa La Quiete), Londra (British Museum), Newport, Rhode Island (coll. Mrs. Ogden Goelet), New York (P. W. French and Co.) e tre a Parigi (Louvre, coll. Gavet e
coll. Sellière).
45
Questo tipo di fregio non è stato messo in discussione nel recente saggio sull’ornamento architettonico nella bottega robbiana:
F. Quinterio, Natura e architettura nella bottega robbiana, in I Della Robbia e l’“arte nuova” cit., pp. 57-85.
46
Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 411, 413, 421, 438.
47
L’attribuzione del rilievo della Villa La Quiete è stata infatti recentemente spostata al Buglioni. Cfr. M. Visonà-R. Balleri,
Dagli altari della chiesa di San Jacopo di Ripoli al Conservatorio delle Montalve a La Quiete. Le terrecotte invetriate di Giovanni e Marco della Robbia e oltre, in Capolavori a Villa La Quiete, a cura di C. Giometti-D. Pegazzano, Villa la Quiete, 26.7.
- 30.10.2016, Firenze 2016, pp. 77-101.
48
Le schede dell’inventario di queste opere sono accompagnate da una carta che dichiara che nel 1953 un rilievo è stato spedito
dagli Stati Uniti all’Avana.
49
I dati principali sulla vita di Oscar B. Cintas si possono leggere nell’introduzione (Biographical Memoir) del catalogo dell’asta
della sua collezione presso Parke-Bernet Galleries: Old Master Paintings From the Collection of the Late Oscar B. Cintas. Public
Auction, Wednesday Evening May 1 at 8 o’clock, Following Public Exhibition From Friday, April 26, New York 1963. Recentemente è uscito un saggio biografico sul Cintas che è per il momento lo studio più dettagliato sulla sua vita; comunque nella
mancanza della documentazione, l’autore ricorre spesso alle informazioni giunte a lui dalle altre persone tramite conversazioni
per il telefono o e-mail, quindi le fonti non necessariamente attendibili: J. Weiner, Biography of a Bibliophile and Owner of a
1605 Quijote: Oscar Benjamín Cintas y Rodríguez (1887-1957), in “Cervantes: Bulletin of the Cervantes Society of America”,
30, 2, 2010, pp. 171-206. Altro contributo importante è il capitolo dedicato al suo ruolo nella formazione del fondo dei ritratti
spagnoli nel museo: M. E. Laguna Enrique, El Museo Nacional de Bellas Artes de La Habana y la colección de retratos de la pintura española del siglo XIX, Salamanca 2013, pp. 493-510. Per un breve sunto della biografia di Cintas vedi anche G. Jiménez
Soler, Los proprietarios de Cuba 1958, La Habana 2014, pp. 155-156.
50
Si tratta di una delle solo dodici copie sopravvissute di questa edizione, ora conservata presso la Newberry Library a Chicago.
Cfr. Weiner, Biography of a Bibliophile cit., pp. 172, 197.
51
Weiner, Biography of a Bibliophile cit., pp. 188-190.
52
Laguna Enrique, El Museo Nacional de Bellas Artes de La Habana cit., pp. 1172-1181. Vedi pure l’articolo Cuba poseerá
la mejor pinacoteca latinoamericana, in “Carteles”, 14, 3 aprile 1949, pp. 56-65, come testimonianza coeva delle circostanze
relative al tentatvivo di Oscar Cintas di costruire la sua pinacoteca.
53
Weiner, Biography of a Bibliophile cit., pp. 193-194.
54
Weiner, Biography of a Bibliophile cit., pp. 194-195.
55
Weiner, Biography of a Bibliophile cit., p. 192: nel 1962 il nome della fondazione che è tuttora attiva, cambiò in Cintas
Foundation in onore del fondatore: http://cintasfoundation.org/ (7.11.2019).
35
30
Weiner, Biography of a Bibliophile cit., p. 195; Laguna Enrique, El Museo Nacional de Bellas Artes de La Habana cit., pp.
502-504.
57
Old Master Paintings From the Collection of the Late Oscar B. Cintas cit. Come si può leggere nell’introduzione al catalogo, i
quadri sono stati messi in vendita per arricchire i fondi per le borse di studio della “Cintas Foundation”.
58
Secondo l’inventario le robbiane giunsero all’Avana nel 1953; il recente studio (Laguna Enrique, El Museo Nacional de Bellas
Artes de La Habana cit., p. 499) solo menziona la presenza di alcune robbiane nel museo nel 1959; per alcune precisazioni a
questo proposito vedi il contributo di Niurka D. Fanego Alfonso in questo volume.
59
Marquand, Andrea della Robbia cit., II, pp. 178-179; Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 221, 232; F. de Luca, in I Della Robbia e l’“arte nuova” cit., pp. 200-201: si tratta di versione in tondo circondato da ghirlanda del rilievo di Bocca di Rio vicino
a Castiglion dei Pepoli (di forma centinata e con quattro angeli). Altro esemplare in forma di tondo si trova nell’oratorio dei
Buonomini di San Martino a Firenze e uno era già nella collezione Contini Bonacossi a Firenze.
60
Il tondo dell’Avana (numero d’inventario 11.655) ha diametro di 67 cm (Città di Castello 75,5 cm).
61
Vedi per esempio: https://ceramichebellini.wordpress.com/page/4/ (7.11.2019; il diametro di queste Madonne è di 60 cm).
62
Il numero d’inventario di questo tondo con diametro di 66 cm è 11.535.
63
M. Scudieri, in I Della Robbia e l’“arte nuova” cit., pp. 214-215; Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 177, 238.
64
Per esempio l’Annunciazione della Verna (Chiesa Maggiore, cappella Niccolini) e sulla predella dell’altare dell’Osservanza a
Siena (Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 189, 192). Il motivo sopravvive anche nelle opere di Giovanni della Robbia e dei suoi
fratelli, per esempio le Annunciazioni del Bargello e dell’Ospedale del Ceppo (Pistoia) di Giovanni (Gentilini, I Della Robbia
cit., pp. 310, 316) e della Torre dei Marsili a Firenze di Luca ‘il giovane’ (Gentilini, I Della Robbia cit., p. 338) ecc.
65
Ad esempio l’Adorazione già a Scandicci (S. Martino alla Palma), oppure quella del Victoria & Albert Museum di Londra: cfr.
Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 175, 186.
66
A. Muñoz, Pièces de choix de la collection du Comte Grégoire Stroganoff à Rome, seconde partie: Moyen-Âge - Renaissance,
Époque moderne, Roma 1912, p. 123, tav. XCIV. Il diametro del tondo è di 68 cm, e nella scheda relativa all’opera c’è pure
l’indicazione della sua provenienza dall’Aquila, però senza citare più precisamente l’ubicazione originaria.
67
V. Kalpakcian, Il destino della collezione romana del conte Grigorij S. Stroganoff (1829-1910) dopo la scomparsa del collezionista, in “Rivista d’arte, periodico internazionale di storia dell’arte medievale e moderna”, s. V, 2, 2012, pp. 447-473.
68
Marquand, Andrea della Robbia cit., II, p. 29. Nella scheda relativa all’opera Marquand non cita il catalogo di Muñoz (Muñoz,
Pièces de choix cit.), ma comunque ci fornisce un dato preciso sulla sua provenienza, sebbene senza citare la fonte: la chiesa di
San Francesco all’Aquila. Vale la pena di aggiungere che nella fototeca online della Fondazione Federico Zeri a Bologna c’è una
fotografia dell’opera e nella scheda relativa c’è l’indicazione che il rilievo appartenne alla collezione Stroganoff, citando il catalogo di Muñoz, senza però menzionare la scheda del Marquand e nemmeno la successiva collocazione dell’opera ad Amburgo,
mentre come luogo di provenienza, pur senza citare la fonte, è indicata la sacrestia della chiesa di S. Francesco, però a Pesaro,
invece che all’Aquila. Si può ipotizzare che quest’ultimo sia solo un lapsus calami. Cfr. http://catalogo.fondazionezeri.unibo.it/
scheda.jsp?decorator=layout_S2&apply=true&tipo_scheda=OA&id=75617&titolo=Anonimo+%2c+Della+Robbia+Andrea++(%3f)+-+sec.+XV%2f+XVI+-+Madonna+in+adorazione+del+Bambino+e+san+Giovannino (7.11.2019).
69
Ringrazio la curatrice della collezione di scultura al Museum der Kunst und Gewerbe di Amburgo, dr. Christine Kitzlinger, che
mi ha formito via e-mail (del 19 gennaio 2016) l’informazione che il rilievo attualmente non si trova al museo e che nell’archivio
finora non si sono trovate indicazioni che l’opera facesse effettivamente parte della collezione negli anni venti del Novecento.
70
Il diametro del “Tondo Stroganoff” secondo Muñoz è di 68 cm, mentre quello dell’Avana misura secondo l’inventario del
museo solo 66 cm, ma siccome la cornice è composta da foglie e non è circondata da un bordo continuo, le dimensioni possono
variare lievemente a seconda del modo come sono prese le misure.
71
Kalpakcian, Il destino della collezione cit., pp. 452-453: la lettera del funzionario al direttore del detto ufficio parla delle
‘terrecotte invetriate dei Della Robbia’ in plurale e suggerisce la presenza di più di una robbiana nella collezione. Vale la pena
di sottolineare che il catalogo del Muñoz è piuttosto una selezione che l’inventario completo della collezione (Muñoz, Pièces de
choix cit.).
72
L. Bernini, Il revival robbiano, in I Della Robbia e l’“arte nuova” cit., pp. 380-396.
73
Probabilmente si tratta della chiesa di S. Francesco che fu demolita nella seconda metà dell’Ottocento, come appare nella
notizia in un giornale locale (La demolizione della chiesa di San Francesco, in “L’Aquila degli Abruzzi”, IV, 1878). Cronologicamente, questo coinciderebbe bene con la prima presunta testimonianza sulla presenza dell’opera nella collezione di Stroganoff
(1890), ipotizzando che all’occasione della demolizione della chiesa gli arredi siano stati messi in vendita.
56
31
Abstracts
Maria Cristina Rossi “La chiesa di San Giovanni
in Venere è grande, maestosa con tre navi già in
volta”. Un disegno inedito del fondo della Congregazione dell’oratorio di San Filippo Neri di Roma
(keywords: Abbey, Abruzzo, archive, restoration, vault)
The San Giovanni in Venere church was built in the XI
century by the will of the earl Trasmondo II of Chieti,
who entrusted it to the Montecassino abbey during the
first quarter of the century. Since then, the church appeared as a competence of the abbey. The current building dates back to the commission of Abbot Oderisio
II (1165-1204), who built the church ex Novo on the
remaining of the precedent one, of which no traces remain. The church morphology is made of different stratification that follows each other also in the XIII century,
under the Abbot Rainaldo II (1220-1225). It is likely
that the vault covering the naves (currently closed with
wooden partitions) of which only the ogival marks are
still visible today, was built in the very same period.
Catalogued documents preserved at the “Congregazione
dell’Oratorio di San Filippo Neri di Roma” archive allows speculating about the possibility of having a vault
coverage in the church of the San Giovanni in Venere.
In the XVIII century, after the earthquake in 1703, the
church underwent renovations, mainly in the roof area.
Such renovation works are documented by drawings
dated 1703 by the architect Antonio Maria Porrani
Samo Štefanac Robbiane a Cuba
(keywords: Havana, Museo Nacional de Bellas Artes,
Andrea della Robbia, Giovanni della Robbia, Benedetto
Buglioni, Oscar B. Cintas)
In the Museo Nacional de Bellas Artes in Havana there’s
a collection of italian sculpture which also contains a
number of terracottas from the circle of Della Robbia
family. Among the four works that are on display, there
is a tondo with Virgin and Child with two Cherubins
which belongs to Andrea della Robbia’s composition
of the so called “Madonna Foulc” (named after the
piece in Nîmes, Musée des Beaux-Arts). The piece that
deserves special attention is the free standing statue
of an Angel with a candlestick, apparently originally
belonging to a tabernacle. In terms of attribution the
statue could either be work of Giovanni della Robbia
(to whom it’s attributed in the museum inventory) or
Benedetto Buglioni. The relief of Adoration of the Child
with St John can also be assigned to Benedetto Buglioni, beeing a version of his well-known composition
(examples in V&A Museum of London, one formerly
100
in Gallarate etc.). There is also a fragment of a frieze
with the head of a Cherubin, also attributed to Buglioni
family. Among the works in storage, there are two badly damaged fragments (a frieze and a frame) which are
not discussed in the present article and two tondi that
were formerly displayed in the ex-monastery of Santa
Clara in Havana. While one is a modern reproduction
of Andrea della Robbia’s Virgin with Child and Six Angels (the best known example is preserved in Città di
Castello), the other, representing Adoration of the Child
with St John, is more enigmatic. It’s close to the style
of Andrea della Robbia, though one could suspect it’s
a product of the 19th century revival of the “robbiane”.
The only other known piece with the same composition
was formerly in the collection of the Count Gregorio
Stroganoff in Rome and it can’t be ruled out that it is
actually the same piece. The whole group of the sculptures comes from the collection of Oscar Benjamín Cintas y Rodríguez (1887-1957), one of the most prominent cuban collectionists in the 20th century.
Niurka D. Fanego Alfonso Los Della Robbia del
Museo Nacional de Bellas Artes de Cuba
(keywords: Havana, Museo Nacional de Bellas Artes,
Della Robbia, Oscar B. Cintas)
The article describes the beginnings and the development of the collection of sculpture in the National
Museum of Fine Arts of Cuba (Museo Nacional de Bellas Artes de Cuba) in Havana (inaugurated in 1913).
Special attention is devoted to the collection of italian sculpture which consists of 29 pieces and among
them there are eight glazed terracottas from the circle
of Della Robbia family (four are curretnly on display
and four in storage). As part of the collection of the
prominent cuban collectionist Oscar Benjamín Cintas y
Rodríguez (1887-1957), most of these sculptures was
brought to Cuba in 1953 and were introduced into the
inventory of the museum by 1959. From 1968 the relief of Adoration of the Child with St John (Inv. 01-21),
at the time attributed to Luca della Robbia, was on
display in the collection of european art as the only
piece of the group, while other three were added in the
years to follow. Actual arrangement dates form 2001
when the whole collection of Universal Art was moved
to ex- Centro Asturiano. Two tondi that are currently in
storage (a moden copy and a possibly authentic Andrea
della Robbia piece) were exposed for several years at
the ex- Convent of Santa Clara until the restoration
works of the complex took place.
Francesco Petrucci Maratta: nuovi ritratti
(keywords: Carlo Maratta, baroque portraits, Massimo
collection)
Il saggio presenta alcuni importanti ritratti inediti di
Carlo Maratti, personalità di primo piano del Barocco
romano, che manifestò il suo talento non solo nell’ambito della grande pittura di storia, nell’esecuzione di
monumentali pala d’altare e nell’illustrazione, ma anche nella ritrattistica, contendendo il primato a Giovan
Battista Gaulli detto Baciccio.
Tra questi un ritratto del cardinale Camillo Massimo,
famoso collezionista, consulente artistico, bibliofilo e
numismatico, replica di quello a tre quarti di figura ancora nella collezione della casata romana, che manifesta
affinità con i modi del rivale. Discute poi del ritratto di
Gaspare Marcaccioni, messo in rapporto con quello perduto ricordato da Giovan Pietro Bellori.
Viene riferito all’artista anche il presunto ritratto di
Molière o Michel Baron della Dulwich Picture Gallery,
forse identificabile con l’antiquario Michelange de La
Chausse, il cosiddetto ritratto di Madame de Longueville nei depositi del Louvre e il ritratto di Giovanni
Ludovico Almerici conservato ad Hartford, Wadsworth
Atheneum.
Gianni Bozzo Tre ritratti inediti riferiti a Giovanni
Gaulli, il Baciccio
(keywords: baroque portraiture, Clemente IX Rospigliosi, naturalness and introspection)
Another portrait of Clement IX Rospigliosi is made
known, in addition to the ones by Ariccia and Palazzo Barberini, referring to G.B. Gaulli. The painting belongs to the type of the non-blessing pontiff and creates
an admirable balance between psychological penetration and realistic rendering of the features of an ironic
and smiling old pope. The two small portraits of prelates, unpublished and here attributed to Gaulli, represent perhaps scions of important Ligurian families.
Even in these small works Gaulli’s ability to evoke the
interiority of the characters shines in a fluent pictorial
conduction.
Federico Berti Approfondimenti per Giovanni
Camillo Ciabilli, pittore nella bottega di Simone
Pignoni
(keywords: Giovanni Camillo Ciabilli, Simone Pignoni,
Francesco Botti)
The article deals with the work of Giovanni Camillo
Ciabilli, born near Florence, one of the artists who grew
up in Simone Pignoni’s workshop. Often confused with
his best-known colleague Francesco Botti, Ciabilli also
shows traits in common with the youthful works of his
nephew Francesco Conti. After the first late Baroque
phase in smoky and contrasting shades close to his
master Pignoni, testified in particular by the Annunciation and Annunciation Angel of Santa Maria Novella,
dated 1693, the artist evolves with increasingly personal traits, as shown in the decoration of the chapel
of Sant’ Anastasio in the church of San Frediano in
Cestello, from 1706. In the mature works of Ciabilli
there are consonances with the anticlassical approach
of Alessandro Rosi and with the synthetic ways of Sagrestani and followers, to arrive, as documented by the
Virgin in glory among angels dated 1731, to approach
the ‘barocchetto’ of Giuseppe Moriani and Antonio
Nicola Pillori.
Roberto De Feo Il Salone da ballo di Palazzo Reale. L’ultimo capitolo della grande decorazione ufficiale a Venezia
(keywords: Venice, Royal Palace, Noclassicism)
The writing concerns the Ballroom which was built inside theVenetian Royal Palace between 1834 and 1835.
The architectural complex was commissioned by the
Napoleonic government (1807-1814) but above all its
decorative program continued in different phases even
during the subsequent Austrian.
The main artists who carried out the decoration of the
vast hall were the mature Giuseppe Borsato (17701849) for the parts of Ornato and the younger Odorico
Politi (1785-1846) that painted the big allegory in the
center of the ceiling, both teachers at Academy of Fine
Arts of Venice.
A series of documents traced at the local State Archives,
together with preparatory drawings and prints, allow us
to reconstruct the genesis, the payments and subsequent
success of the largest and most sumptuous room in the
palace, now incorporated within the Correr Museum.
Furthermore, one of these documents made it possible to
dentify the meaning of all the allegorical figures painted
by Politi who were to allude to the good governance of
Emperor Francis I of Austria.
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