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Robbiane a Cuba

2019, Valori Tattili, 13

Tutti i contributi pubblicati sono stati sottoposti alla revisione dei pari (Peer Review) Il Comitato di Redazione non è responsabile delle attribuzioni relative agli oggetti pubblicati nelle inserzioni pubblicitarie La rivista è stata classificata come Rivista scientifica ai fini dell'Abilitazione scientifica nazionale dall'A.

numero 13 gennaio-giugno 2019 Comitato Scientifico Riccardo Lattuada (direttore scientifico) Pierluigi Carofano (redattore responsabile) Enrico Lucchese (redattore responsabile) Gioacchino Barbera Raymond Ward Bissell Marco Ciampolini Rosanna Cioffi Alberto Cottino Pietro di Loreto David Ekserdjian Simone Ferrari Matej Klemenčič Francesco Federico Mancini Judith W. Mann Mario Marubbi Simona Moretti Benicio Navarrete Franco Paliaga Giuseppe Scavizzi Gudrun Swoboda Claudio Strinati Alessandro Tomei Hanno fatto parte del Comitato scientifico Mario Alberto Pavone † (2014-2019) Diego Suárez Quevedo † (2011-2017) Gianni Carlo Sciolla † (2011-2017) VALORI TATTILI Rivista di Storia delle Arti periodico semestrale In copertina: Andrea Della Robbia e bottega, Madonna col Bambino e due cherubini. La Habana, Museo Nacional de Bellas Artes. Direttore Responsabile Simona Sperindei Redazione, amministrazione Valori Tattili. Rivista di Storia delle Arti® via Fiorentina, n. 315, 56121 Riglione - Pisa, tel.+39 050 7917295, info@valoritattili.it Per acquisti ed abbonamenti rivolgersi a artlibri@tin.it, www.libroco.it, info@merigoartbooks.it Tutti i contributi pubblicati sono stati sottoposti alla revisione dei pari (Peer Review) Il Comitato di Redazione non è responsabile delle attribuzioni relative agli oggetti pubblicati nelle inserzioni pubblicitarie La rivista è stata classificata come Rivista scientifica ai fini dell’Abilitazione scientifica nazionale dall’A.N.V.U.R. - Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca Proprietà riservata · All rights reserved © 2019 Pierluigi Carofano, Pisa © 2019 Felici Edizioni Felici Edizioni è un marchio della Istos Edizioni S.r.l. ISSN 2280-479X ISBN 978-88-8341-816-7 Segreteria di redazione Francesco Caprioli Nicola Feo redazione@valoritattili.it A norma del codice civile italiano, è vietata la riproduzione, totale o parziale (compresi estratti, ecc.), di questa pubblicazione in qualsiasi forma e versione (comprese bozze, ecc.), originale o derivata, e con qualsiasi mezzo a stampa o internet (compresi siti web personali e istituzionali, academia.edu, ecc.), elettronico, digitale, meccanico, per mezzo di fotocopie, pdf, microfilm, film, scanner o altro, senza il permesso scritto della casa editrice. 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Fanego Alfonso 33 Maratta: nuovi ritratti Francesco Petrucci 41 Tre ritratti inediti riferiti a Giovanni Battista Gaulli, il Baciccio Gianni Bozzo 61 Approfondimenti per Giovanni Camillo Ciabilli, pittore nella bottega di Simone Pignoni Federico Berti 71 Il Salone da ballo di Palazzo Reale L’ultimo capitolo della grande decorazione ufficiale a Venezia Roberto De Feo Abstracts 87 100 Recensioni 102 Luca Calenne, La Rivincita di Adone sull’Indice. Su un ciclo pittorico dedicato al poema di Giovan Battista Marino nella Villa Sforza ai Quattro Cantoni (a cura di Pietro di Loreto); Luigi Garzi 1638-1721. Pittore romano, a cura di Francesco Grisolia e Guendalina Serafinelli, Milano, Officina Libraria, 2018 (a cura di Simona Sperindei); Johann Joachim Winckelmann (1717-1768) nel duplice anniversario, a cura di Elisa Debenedetti, Roma, Edizioni Quasar, 2018 (Studi sul Settecento Romano, 34) (a cura di Simona Sperindei); Michele Cuppone, Caravaggio. La Natività di Palermo. Nascita e scomparsa di un capolavoro (a cura di Pietro di Loreto) 1. Andrea della Robbia e bottega, Madonna col Bambino e due cherubini, fine secolo XV. La Habana, Museo Nacional de Bellas Artes. Robbiane a Cuba Samo Štefanac I l merito del successo conseguito da ben tre generazioni di scultori appartenenti alla bottega dei Della Robbia si deve principalmente all’invenzione e perfezionamento della tecnica della terracotta invetriata, che ha reso possibile la produzione delle più varie tipologie di sculture a costi assai più contenuti rispetto a materiali pregiati come il marmo o il bronzo. Inoltre, le opere in terracotta invetriata si sono dimostrate molto resistenti e quindi adatte sia ad essere trasportate anche a grande distanza da Firenze, sia ad essere collocate oltre che all’interno (come nel caso di pale d’altare, tabernacoli o fonti battesimali) anche all’esterno, come testimoniano le numerose robbiane che tuttora si vedono a Firenze e altrove, in buon stato di conservazione, sulle facciate degli edifici: lunette di portali, fregi, rilievi araldici. Nel corso del Quattrocento era però altrettanto significativa l’intensa produzione (e la conseguente diffusione) di opere destinate alla devozione privata, soprattutto rilievi della Madonna col Bambino, che con la loro superficie lucida, certamente più piacevole di quella degli analoghi rilievi in materiali poveri come stucco o cartapesta, potevano competere addirittura con i rilievi in marmo, soprattutto in virtù del loro prezzo, molto più accessibile per i committenti. Si potrebbe infatti dire che nella terracotta invetriata si unirono la lucida superficie e la durevolezza del marmo con la possibilità di riprodurre la stessa composizione in numerose copie, come è tipico dei materiali plastici1. Per queste ragioni l’œuvre della bottega dei Della Robbia è cresciuto sino a diventare uno dei più ampi dell’epoca e nonostante siano stati compiuti parecchi tentativi di compilare un censimento delle opere – i primi risalgono al tardo Ottocento – probabilmente non avremo mai un catalogo completo delle robbiane2: oltre ai pezzi ben noti, conservati in situ o nei maggiori musei, molti altri, meno noti o del tutto inediti, continuano ad apparire in varie collezioni o sul mercato antiquario. Finora non ha attirato l’attenzione degli studiosi un gruppo di terrecotte invetriate robbiane conservato presso il Museo Nacional de Bellas Artes all’Avana, quattro delle quali sono esposte nel palazzo del ex-Centro Asturiano, ora sede della collezione dell’“arte universale”. Queste opere non sono mai state menzionate nelle maggiori guide del museo3, però i pezzi esposti sono stati regolarmente inclusi negli elenchi della collezione d’arte europea del 1968, 1975 e del 20034. Si tratta di un tondo con la Madonna col Bambino e due cherubini, una statua di angelo reggicandelabro, un’Adorazione del Bambino con san Giovannino e un rilievo decorativo con un cherubino. Il tondo della Madonna col Gesù Bambino ha una cornice di teste di cherubini, circondate da una ghirlanda di frutti [fig. 1]. Il rilievo è composto da cinque pezzi: il tondo centrale e quattro segmenti della cornice. Lo stato di conservazione non è perfetto e meriterebbe un intervento di restauro: a parte il fatto che i pezzi sono assemblati con poca accuratezza, si vedono oltre ad alcuni danni minori nella superficie, più proccupanti fessure che interessano soprattutto le teste della Madonna e del Bambino, anche se allo stato attuale, poiché il rilievo è murato, non si può valutare quanto profonde siano tali spaccature. Nell’inventario del museo e nelle guide menzionate sopra, il tondo è schedato semplicemente come opera della bottega dei Della Robbia5; in real- 15 2. Andrea della Robbia, Madonna col Bambino e due cherubini (“Madonna Foulc”), fine secolo XV. Nîmes, Musée des Beaux-Arts. tà, in quest’opera, con la Madonna rappresentata a mezza figura, il Bambino alzato in piedi e sostenuto dalla madre e due teste di cherubini ai lati, si può riconoscere una nota composizione di Andrea della Robbia, conosciuta anche come “Madonna Foulc” [fig. 2]. Tale composizione fu assegnata ad Andrea già nei primi studi sulle robbiane e in seguito schedata come tale nei libri di Allan Marquand6, secondo il quale sarebbe stata concepita intorno al 1480-1485 divenendo poi negli anni (e probabilmente decenni) successivi una delle composizioni più replicate nella bottega del maestro. Ne è nota in effetti una dozzina di esemplari, tra cui quello della collezione di Edouard Foulc, ora al Musée des Beaux-Arts a Nîmes7, da cui la composizione ha preso il nome; altri pezzi ben conosciuti si trovano a Baltimora (Walters Art Gallery)8, Firenze (Museo del Bargello)9, Londra (Victoria & Albert Museum)10, già a Lucca, ora in collezione privata11, a Messina (Museo Nazionale)12, New York (Metropolitan Museum)13, Praga (Národnì Galerie)14, Washington (National Gallery)15. Tra gli esemplari meno noti varrà la pena di menzionare quelli già nel palazzo Vieri-Canigiani a Firenze, ricordato da Marquand, purtroppo senza riprodurlo, e poi non più rintracciato16, a Dicomano (Pieve di S. Maria), al Seattle Art Museum, dove la figura del Gesù Bambino, i cherubini e il volto della Ma- 16 donna sono privi dello smalto17, a Sèvres (sospettato da Marquand di essere una riproduzione ottocentesca18) e infine uno, forse inedito, murato nel vestibolo del Palazzo Malenchini-Alberti in Via de’ Benci a Firenze. Proprio la “Madonna Foulc” e gli altri rilievi di questo gruppo sono stati negli ultimi anni ampiamente studiati anche dal punto di vista tecnico e le ricerche hanno fornito dati che rendono possibile comprendere meglio le fasi di produzione delle opere eseguite in serie19. La misurazione e l’analisi dettagliata delle Madonne accessibili hanno rivelato che i rilievi erano modellati con lo stampo (probabilmente la bottega aveva a disposizione due stampi di questa composizione), ma anche se le misure principali e i rapporti tra le figure sono identici, le opere variano lievemente nei particolari, suggerendo che la lavorazione dei dettagli ebbe luogo dopo la rimozione del rilievo dallo stampo e prima dell’applicazione dello smalto e della cottura. Questo spiega non solo le differenze nei dettagli, ma anche le differenze nella qualità della lavorazione, su cui si basa il giudizio degli studiosi circa l’autografia dei singoli esemplari. Il tondo dell’Avana si inserisce bene tra gli altri rilievi della serie per il diametro del disco centrale che è di 54 cm e sebbene finora non sia stato possibile svolgere indagini dettagliate, si può presumere che anche le dimensioni delle figure corrispondano20. Come si è detto, il rilievo ha una cornice con teste angeliche nella fascia interna e una ghirlanda nella fascia esterna. Solo cinque altri esemplari della serie hanno la cornice in terracotta invetriata: quelli di Nîmes, Messina, Seattle, Firenze e Praga. Le cornici dei primi tre sono concepite in maniera simile, e vicina anche alla nostra; in quei casi, però, due degli otto cherubini, quello in alto e quello in basso, sono rappresentati frontalmente e ad ali spiegate, mentre gli altri sono ad ali richiuse e lievemente girati verso la Madonna. Esistono però differenze anche tra queste tre cornici, in quanto la ghirlanda di Nîmes è ornata di soli fiori mentre le altre due da fogliame e frutta: si potrebbe dunque ipotizzare che le cornici di Messina e Seattle siano state ottenute con lo stesso stampo, se tuttavia le foglie e i frutti non fossero sistemati in maniera lievemente differente21. Quanto agli altri due esemplari con cornice, quella della Madonna del Bargello è più semplice, senza ghirlanda, mentre le teste degli angioletti sono rap- presentate tutte frontalmente e disposte radialmente22: la stessa disposizione si vede anche nel rilievo di Praga, ma come hanno osservato gli studiosi a partire dal Marquand, la cornice non era in questo caso originariamente prevista per il rilievo, perché il suo diametro interno è sensibilmente maggiore di quello del disco centrale, lasciando un bordo liscio di 2,5 cm tra la superfice concava del rilievo mariano e la cornice stessa23. La doppia cornice del tondo dell’Avana è concepita in modo simile a quella di Praga, cioè con le teste in disposizione radiale, però con diametro minore che è di 98,5 cm. Non si vedono discrepanze tra il disco centrale e la cornice e si può assumere che essa sia originale24; lo stesso tipo di doppia cornice appare frequentemente in altri tondi di Andrea della Robbia e la sua bottega, sebbene nessuno degli esemplari noti sia identico a quello dell’Avana né per la sistemazione dell’ornamento né per le dimensioni25. Non è possibile dare un giudizio sulla qualità del rilievo dell’Avana finché non sarà sottoposto a un intervento di restauro; a prima vista sembra che i dettagli siano modellati un po’ meno accuratamente rispetto ai migliori esemplari della serie, come la stessa “Madonna Foulc”, e queste differenze si devono probabilmente alla lavorazione di tali particolari dopo l’estrazione del rilievo dallo stampo e forse a una certa trascuratezza nell’applicazione dello smalto. Non si vedono tuttavia variazioni nel modellato tali da potersi attribuire alla volontà dell’autore. Si può ipotizzare che più persone prendessero parte all’esecuzione delle robbiane in questa fase, perciò dichiarare la nostra Madonna opera del maestro in persona o prodotto della sua bottega rimane un problema troppo complesso per essere risolto in questo luogo. Il numero delle statue a tutto tondo provenienti della bottega dei Della Robbia è notevolmente minore rispetto a quello dei rilievi e la figura dell’angelo reggicandelabro nella collezione del Museo Nacional de Bellas Artes all’Avana merita un’attenzione particolare [fig. 3]. La statua, alta 86 cm, è assegnata a Giovanni della Robbia26. Si tratta di angelo eretto, volto verso sinistra e che con la mano sinistra abbraccia il candelabro. Il viso, i lunghi capelli ondulati, le ali, le mani, i piedi e il candelabro stesso sono bianchi, la tunica azzura, il manto avvolto attorno alla figura e incrociato sul petto è giallo con fodera verde, le maniche della sottoveste sono viola e la base rettangolare è marrone. Sulla superficie sono visibili molti danni superficiali, ma oltre la rottura delle dita della mano destra che sono state riattaccate, non si vedono danni maggiori. Considerando la postura dell’angelo e la sua iconografia, si può concludere con qualche sicurezza che la statua apparteneva originariamente a un tabernacolo eucaristico, naturalmente in coppia con un’altra, girata verso destra. Le coppie di angeli reggicandelabro, sia in rilievo sia a tutto tondo, accompagnano spesso i tabernacoli fiorentini del Quattrocento, molti dei quali prodotti nella bottega dei Della Robbia, ma nella maggior parte dei casi tali angeli sono inginnocchiati e reggono un candelabro di formato minore, che tengono poggiato su un ginnocchio27. Più rari sono invece gli angeli eretti e anche quelli si vedono di solito con il piccolo candelabro in mano e non con quello di formato più monumentale e appoggiato a terra della statua all’Avana28. Una figura identica non si trova tra le opere note dei Della Robbia e probabilmente non si tratta in questo caso di copia ottenuta tramite lo stampo, come nel caso dei rilievi delle Madonne. D’altra parte, gli angeli con i candelabri di questa foggia sono rarissimi più in generale nella scultura fiorentina, rimanendo eccezionale il caso dei famosi angeli di Desiderio da Settignano sul tabernacolo di S. Lorenzo29; non c’è dubbio che il nostro angelo apparteneva a un tabernacolo simile. Nell’inventario del museo e nella guida l’angelo è assegnato a Giovanni della Robbia e possiamo assumere che la statua sia giunta al museo già recando tale attribuzione. Trattandosi di una figura che non rientra fra le più note tipologie di angeli robbiani, non abbiamo solidi punti di riferimento come nel caso delle altre sculture qui considerate, tuttavia l’attribuzione a Giovanni sembra plausibile. A parte il fatto che egli ha realizzato più statue a tutto tondo di tutti gli altri membri della famiglia Della Robbia30, l’angelo dell’Avana si può paragonare alle sue opere anche per la policromia, caratterizzata dall’uso di azzuro, giallo e viola come colori dominanti. Anche la postura e il sistema del drappeggio ricorrono nel catalogo di Giovanni: i panni sono caratterizzati da pieghe morbide e scorrevoli che però in basso, tra i piedi, si fanno più movimentate, e lo stesso si vede dietro le spalle del giovane, dove uno dei lembi incrociati sul petto sembra ondeggiare nel vento. È questo un elemento caratteristico di 17 3. Giovanni della Robbia o Benedetto Buglioni, Angelo reggicandelabro, inizio secolo XVI. La Habana, Museo Nacional de Bellas Artes. 18 altre opere di Giovanni, soprattutto nelle numerose statuine di Dovizia e Giuditta, dove l’intero sistema del drappeggio sembra ispirato a modelli verrocchieschi, pollaioleschi o botticelliani31. La statua appare dunque in linea con le opere di Giovanni della Robbia, anche se in questa sede non è possibile confermare l’attribuzione al di là di ogni dubbio, soprattutto perché i lavori di Giovanni sono talora molto vicini a quelli del suo Contemporaneo Benedetto Buglioni, solo di pochi anni più anziano di lui32. Per questo proporrei il nome del Buglioni come attribuzione alternativa dell’angelo. Benedetto Buglioni fu l’unico scultore che pur non appartenendo alla famiglia Della Robbia riuscì comunque a produrre terrecotte invetriate: secondo una tradizione riferita da Vasari, egli avrebbe rubato il segreto della tecnica tramite una donna di casa Della Robbia, diventando l’unico vero concorrente di quella famiglia33. A lui possiamo assegnare l’Adorazione del Bambino con san Giovannino nel museo dell’Avana [fig. 4]. Si tratta di un rilievo di forma centinata (racchiuso entro una cornice lignea di forme rinascimentali che non è chiaro se sia originale o imitazione moderna) schedato nell’attuale guida del museo come opera della bottega dei Della Robbia, ma precedentemente attribuito a Luca34. L’opera in discretto stato di conservazione rappresenta la Madonna a mezza figura, spostata sulla sinistra, mentre sulla destra troviamo il Bambino disteso e il san Giovannino; alcuni gigli si levano sul fondo. Le figure sono bianche, il fondo azzuro, i nimbi gialli e gli steli dei gigli verdi. Si tratta di una composizione già nota, attribuita appunto a Benedetto Buglioni, che esiste in numerosi esemplari che si possono distinguere in due versioni: quella in esame e quella adattata alla forma di un tondo, dove le due figure principali rimangono identiche ma tre angeli cantanti appaiono accanto al Gesù Bambino, mentre il san Giovannino – rappresentato a figura intera – è spostato sul lato opposto, alle spalle della Madonna35. Tra gli esemplari con le sole tre figure principali, come quello dell’Avana, uno si trova al Victoria & Albert Museum di Londra36, mentre altri tre sono ora dispersi: uno faceva parte della collezione Gavet a Parigi37, il secondo era conservato a Los Angeles County Museum38, il terzo nella collezione Orsini a Gallarate [fig. 5] e un altro è stato venduto all’asta Sotheby’s nel 200239. Nessuna delle opere menzionate sopra è schedata negli studi di Allan Mar- quand, ma come ha giustamente notato Giancarlo Gentilini, la forte impronta rosselliniana presente in questi rilievi, sia nella composizione sia nel modellato delle figure, avvicina la composizione al gruppo di rilievi che il Marquand aveva attribuito nel suo libro sulle robbiane in America a un anonimo plasticatore da lui nominato “Maestro della Madonna dei gigli”40. Gentilini ha identificato questo scultore con il giovane Benedetto Buglioni, datando le opere nell’ultimo decennio del Quattrocento41. Siccome i cinque rilievi del tipo ‘Gallarate’ sono di dimensioni praticamente identiche per quanto riguarda la larghezza, mentre l’altezza può variare in maniera più consistente42, si può ipotizzare che siano stati ottenuti con lo stesso stampo; comunque, nel trattamento dei particolari si vedono alcune differenze e come nel caso della ‘Madonna Foulc’ possiamo assumere che la fase successiva alla separazione dell’opera dallo stampo e prima dell’applicazione dello smalto, sia stata decisiva nella formazione dell’aspetto definitivo del modellato. Le differenze interessano soprattutto alcune pieghe del panneggio, le foglie in basso degli steli dei fiori (che nel rilievo già a Gallarate sono visibili) e la decorazione della cornice, oltre alla colorazione di alcune parti come la roccia in basso alla destra dove giace il Gesù Bambino, che negli esemplari dell’Avana e Londra è grigiastra, mentre in quello di Gallarate è bianca e non si distingue dal drappeggio della Madonna. Ma la differenza più significativa è nel trattamento della figura di san Giovannino, la cui spalla sinistra è troncata dalla cornice con gli ovuli nell’esemplare già a Gallarate (e dal corrispondente bordo liscio a Londra), mentre sul rilievi dell’Avana e della collezione Gavet Giovannino copre col suo corpo la parte bassa della cornice. Ovviamente si tratta di due soluzioni diverse nelle opere uscite dallo stesso stampo, ma se la versione di Gallarate sembra suggerire una maggiore profondità dello spazio, quella dell’Avana è riuscita meglio dal punto di vista compositivo, in quanto la figura del Giovannino, non troncata, risulta insieme a quella del Gesù Bambino in buon equilibrio con la Madonna, che copre con il suo manto tutta la parte bassa della cornice a sinistra. Nella collezione del Museo Nacional de Bellas Artes all’Avana si vede ancora un rilievo rettangolare con un cherubino integrato entro un ornamento a girali composto da quattro rosette e due cornucopie su 19 4. Benedetto Buglioni, Adorazione del Bambino con san Giovannino, fine secolo XV. La Habana, Museo Nacional de Bellas Artes. 20 5. Benedetto Buglioni, Adorazione del Bambino con san Giovannino, fine secolo XV. Già Gallarate, Collezione Orsini. 21 6. Benedetto Buglioni, Frammento di fregio, inizio secolo XVI. La Habana, Museo Nacional de Bellas Artes. cui posano degli uccellini [fig 6]. Il rilievo è bianco con fondo azzuro, attualmente incluso in una cornice lignea neorinascimentale, ed è schedato nella guida come opera della bottega dei Della Robbia43. Nella sua monografia su Giovanni della Robbia, Allan Marquand aveva schedato numerosi rilievi con lo stesso motivo, presenti all’epoca in varie collezioni [fig. 7]44. Le opere schedate dal Marquand sono frammenti di fregi, e lo stesso vale anche per il nostro esemplare: nei fregi robbiani le teste di cherubini di questo tipo sono solitamente divise da palmette, che non si vedono sul rilievo dell’Avana. Tuttavia, osservando bene le estremità laterali del fondo azzuro si possono notare le tracce di ritocchi, la cui sagoma corrisponde proprio alla forma delle palmette che sono state quindi abrase in un secondo momento, probabilmente in occasione dell’incorniciatura dell’opera. Se non c’è dubbio sul fatto che il rilievo facesse parte di un fregio, più problematica è invece l’attribuzione a Giovanni della Robbia, in quanto questo tipo di fregio non si vede nelle sue 22 opere sicure. I fregi che fanno parte delle trabeazioni delle ancone e di altre strutture architettoniche di Giovanni sono in genere meno complessi, solitamente composti da semplici teste di angioletti o da teste accompagnate da festoni45. L’ornamento in questione si vede invece regolarmente nelle opere di Benedetto e Santi Buglioni, sempre come parte della trabeazione: basti ricordare le ancone di Amsterdam (Rijksmuseum), Empoli (Museo della Collegiata), Bibbiena (S. Maria del Sasso), La Panca (S. Maria) etc.46. Per questo proporrei di spostare l’attribuzione dell’intera serie dei fregi da Giovanni della Robbia alla bottega dei Buglioni47. Naturalmente dobbiamo chiederci come e quando queste sculture sono giunte nella capitale cubana. La documentazione sulle robbiane nel museo non è esauriente, però fornisce i dati fondamentali sulla loro provenienza: l’intera serie è pervenuta al museo nel 1953 come donazione di Oscar Cintas48. Oscar Benjamín Cintas y Rodríguez (1887-1957), nativo di Sagua la Grande al centro dell’isola (ora provin- 7. Benedetto Buglioni, Ancona d’altare, part., 1502. Amsterdam, Rijksmuseum. cia Villa Clara), era al suo tempo uno dei personaggi più cospicui dell’America latina: grande imprenditore dell’industria di zucchero, oltre a gestire la sua proprietà era pure direttore della compagnia ferroviaria di Cuba e degli zuccherifici a Punta Alegre, Jatibonico e Jobabo, nonché membro della direzione della American Car and Foundry Company e della American Locomotive Company ed era coinvolto in affari anche in Argentina, Brasile e nei paesi europei, per nominare solo una parte delle sue attività49. Altrettanto significativo fu il suo ruolo in politica e soprattutto in diplomazia, essendo l’ambasciatore cubano negli Stati Uniti dal 1932 al 1934. Ancor più importante per noi è però la sua passione per il collezionismo di manoscritti, libri rari e opere d’arte. Tra gli oggetti più pregiati nella sua collezione c’erano la prima edizione del Don Quijote di Cervantes del 160550 e la cosiddetta ‘Copia Bliss’ del Discorso di Gettysburg (Gettysburg Address) di Abraham Lincoln, che Cintas donò agli Stati Uniti ed è ora esposta nel salone di Lincoln nella Casa Bianca a Washington51. La sua impressionante collezione di opere d’arte che comprendeva tra l’altro dipinti di Giovanni Bellini, Bronzino, El Greco, Hals, Murillo, Rembrandt, Rubens, Van Dyck e altri, era in parte tenuta negli Stati Uniti e in parte nella sua residenza all’Avana. Già negli anni quaranta, Cintas aveva avuto l’idea di esporre la collezione permanentemente accanto alla propria abitazione, nella Calle 15 del quartiere di Vedado, ma non riuscì a mettersi d’accordo con i vicini circa l’acquisto del terreno necessario per la costruzione della pinacoteca52; inoltre, alcuni anni dopo il presidente cubano Fulgencio Batista non fu disposto a concedergli detrazioni fiscali per la fondazione di tale museo e il progetto non ven- ne mai realizzato53. Nonostante questo fallimento, Cintas continuò a partecipare con gli altri collezionisti (soprattutto José Gómez Mena) ai tentativi di riformare i musei cubani tramite la fondazione del Patronato de Bellas Artes y Museos Nacionales54 e allo stesso tempo stabilì a Miami la Cuban Art Foundation, destinata a dare appoggio agli artisti cubani all’estero55. Quando Oscar Cintas morì nel 1957, era vedovo e senza figli. La parte della collezione che si trovava nella sua residenza all’Avana passò dopo la rivoluzione cubana del 1959 al Museo Nacional de Bellas Artes, mentre quella che si trovava negli Stati Uniti venne venduta nel corso di varie aste56, la principale tra le quali ebbe luogo presso le Parke-Bernett Galleries nel 196357. Secondo l’inventario, le robbiane erano giunte all’Avana già negli anni ’50, ovviamente per la volontà del proprietario58. Purtroppo non sappiamo dove e quando Cintas avesse acquistato le opere in questione, ma siccome sappiamo che l’illustre collezionista cubano aveva stretti contatti con antiquari e collezionisti in America e in Europa e frequentava spesso le aste, possiamo assumere che le robbiane siano venute a far parte della sua collezione per questa via. Vale la pena di aggiungere che nel deposito del museo si trovano altre robbiane decorative (frammenti di un altro fregio e una cornice) che però per la difficoltà d’accesso a quegli ambienti, non possiamo analizzare in questa sede. Oltre a questi due pezzi ci sono altri due tondi che però vale la pena di menzionare, uno con la Madonna col Bambino e sei angeli e l’altro rappresentante l’Adorazione del Bambino con san Giovannino. Le due opere furono per un tempo esposte, insieme a un gruppo di statue ottocentesche, in uno dei chiostri dell’ex-convento 23 8. Da Andrea della Robbia, Madonna col Bambino e sei angeli, secolo XIX/XX. La Habana, Museo Nacional de Bellas Artes. di S. Clara nel centro storico dell’Avana (Habana Vieja), allora sede del Centro Nacional de Conservación, Restauración y Museología, ma all’inizio dei lavori di restauro di quel complesso conventuale, esse sono state restituite al museo, dove sono anche schedate nell’inventario. Nella Madonna col Bambino e sei angeli [fig. 8] riconosciamo una nota composizione di Andrea della Robbia databile nell’ultimo decennio del Quattrocento, di cui l’esemplare più noto si trova nella Pinacoteca Comunale a Città di Castello59. A prima vista si possono notare le differenze tra il rilievo di Città di Castello e quello dell’Avana: quest’ultimo è di dimensioni minori ed è costituito da un unico pezzo insieme alla cornice (mentre a Città di Castello la cornice è composta da quattro segmenti)60; in più, il fondo azzurro è più chiaro di quanto appaia solitamente nelle robbiane, l’applicazione dello smalto non è tanto accurata, e infine gli occhi e le sopracciglia sono lisci e non dipinti a mano, come si vede di solito nelle robbiane autentiche. Stanti queste caratteristiche, non c’è dubbio che si tratta di una riproduzione moderna della nota composizione robbiana, probabilmente del tardo Ottocento o del Novecento: una datazione più precisa è difficile, in quanto le riproduzioni della stessa composizione sono tuttora in produzione e in vendita presso i rivenditori delle ceramiche61. 24 Più enigmatico è invece il tondo con raffigurazione dell’Adorazione del Bambino con san Giovannino [fig. 9]62. La Madonna è rappresentata a mezza figura con le mani stese in preghiera, il Gesù bambino giacente, e il san Giovannino a intera figura alla destra. In fondo, al centro c’è un mazzo di gigli, alla sinistra una palma, a destra un cespuglio e in alto la colomba, rappresentata di profilo e circondata da nuvole. La cornice che fa parte integrale del rilievo è ornata da frutti, verdure, fiori e fogliame. Le figure sono bianche con le pupille degli occhi e le sopracciglia dipinte a mano in nero, le piante verdi, il lettino del Bambino è verde-grigiastro e il fondo azzuro. L’opera è in buon stato di conservazione senza visibili danni o tracce dei ritocchi. L’aspetto generale dell’opera e la tipologia delle figure avvicinano questo tondo ad Andrea della Robbia, ma d’altra parte la composizione si potrebbe interpretare anche come un pastiche di elementi presenti su vari rilievi robbiani. La figura del Gesù Bambino con la mano sinistra appoggiata sulla pancia e la destra in atto di benedizione si vede in alcune ‘Adorazioni’ di Andrea, come ad esempio quella a Fiesole (Museo Bandini), a Ecouen (Musée National de la Renaissance), Philadelphia (Museum of Art), oppure nella Natività della Verna (S. Maria degli Angeli)63 e il lettino di paglia è fatto nella stessa maniera. Anche il modellato della Madonna, rappresentata a mezza figura, è coerente con lo stile di Andrea, ma sembra che si tratti dell’adattamento di una figura inginocchiata, tipica delle scene di ‘Adorazione’. Insolita è la raffigurazione della colomba in alto, rappresentata di profilo. In alcune opere di Andrea si vede questa soluzione, soprattutto nei rilievi dell’Annunciazione, dove la colomba punta verso la Vergine64, mentre in altre scene il motivo è raro: l’uccello lievemente girato è per esempio presente anche in alcuni rilievi dell’Adorazione del Bambino, dove la posizione centrale della Madonna non permette la sua collocazione in alto al centro, ma questo non è caso nel tondo dell’Avana65. Sembra plausibile che il rilievo sia opera autentica della bottega dei Della Robbia, comunque in base alla composizione un po’ forzata con la Madonna schiacciata tra la palma e il lettino del Gesù Bambino non escluderei la possibilità che si tratti di opera del revival ottocentesco delle robbiane. Sfogliando i repertori delle robbiane, risulta che la composizione dell’Adorazione proveniente dal ex- 9. Andrea della Robbia (?), Adorazione del Bambino con san Giovannino, fine secolo XV (?). La Habana, Museo Nacional de Bellas Artes. convento di S. Clara all’Avana certamente non è una di quelle spesso ripetute e tuttora presenti in numerose copie. In effetti, a chi scrive è noto un solo altro esemplare della composizione, già appartenuto alla collezione del conte Gregorio Stroganoff (1829-1910), Console Generale di Russia, tenuta nel suo palazzo in via Sistina a Roma [figg. 10-11]. Il rilievo è stato pubblicato dopo la scomparsa del conte, nel 1912, da Antonio Muñoz nel catalogo delle opere scelte nella collezione e attribuito ad Andrea della Robbia66. Negli anni successivi le opere nella collezione Stroganoff sono state sparse in vari luoghi e il destino di gran parte della collezione rimane sconosciuto67, ma secondo la scheda nel libro del Marquand, il nostro tondo si trovava nei primi anni venti al Museum der Kunst und Gewerbe ad Amburgo68; comunque, oggi l’opera non è nel detto museo, né sono state finora rintracciate le testimonianze sulla sua permanenza nella collezione nel passato69. Paragonando il tondo dell’Avana con quello della collezione Stroganoff, naturalmente solo in base alle 25 10. Andrea della Robbia (?), Adorazione del Bambino con san Giovannino (“Tondo Stroganoff”), fine secolo XV (?). Già Roma, collezione Stroganoff (illustrazione nel catalogo di A. Muñoz). 11. Andrea della Robbia (?), Adorazione del Bambino con San Giovannino (“Tondo Stroganoff”), fine secolo XV (?). Già Roma, collezione Stroganoff (dalla Fototeca della Fondazione Zeri, Bologna). 26 fotografie in bianco e nero dell’ultimo, si può notare come le due opere sono quasi identiche in tutti i particolari, sia per quanto riguarda le figure o la cornice. Non c’è dubbio che i due rilievi sono usciti dallo stesso stampo, ma al contrario delle Madonne di tipo “Foulc” che variano assai tra di loro nei dettagli, le somiglianze riguardano anche la lavorazione dei particolari: basta osservare la cornice, dove le foglie e i frutti sono modellati nella stessa maniera anche nei minimi dettagli. L’unica differenza notabile sono i resti della colorazione (probabilmente doratura) sui nimbi delle figure sul “Tondo Stroganoff” che sono lisci sul rilievo dell’Avana. Si potrebbe dunque concludere che i due tondi in questione siano stati eseguiti quasi contemporaneamente e “rinettati” proprio dalla stessa mano dopo la loro estrazione dallo stampo e siccome non sono noti altri esemplari, sembra che questa composizione non sia mai entrata in produzione in serie. In assenza di qualsiasi informazione sulla fortuna del “Tondo Stroganoff” dopo il 1922 e senza nemmeno poter confermare questa data, possiamo però permetterci una ipotesi alternativa: che in realtà non si tratti di due opere distinte, bensí di una sola, o, in altre parole, che l’Adorazione dell’Avana non è niente altro che il “Tondo Stroganoff”. Un elemento che parrebbe contraddire tale ipotesi sono le tracce di doratura sul “Tondo Stroganoff”, ma non è da escludere che esse siano state eliminate in occasione di qualche intervento troppo radicale di pulitura della superficie70. Tuttavia, in assenza di ulteriori dati circa il destino del “Tondo Stroganoff” e senza sapere niente circa l’ubicazione del rilievo dell’Avana prima di giungere al museo, non possiamo approfondire oltre questa tesi. Senza esprimere dubbi sulla sua autenticità, Muñoz attribuì l’opera ad Andrea della Robbia, mentre Marquand collocava il ‘Tondo Stroganoff’ tra gli altri rilievi dell’Adorazione, assegnati nel suo libro alla bottega di Andrea della Robbia, datandolo tra il 1470 e il 1480. Siccome in questa sede è stato espresso qualche dubbio a questo proposito, sarà utile cercare le testimonianze più antiche sull’esistenza di questa composizione. Il “Tondo Stroganoff” faceva parte della collezione del conte russo all’inizio del Novecento, quando fu schedato nel catalogo del Muñoz, ma abbiamo un’indizio che suggerisce la sua presenza nella collezione già almeno nel 1890, quando un fun- zionario della Direzione generale delle Antichità e Belle Arti aveva visto le robbiane nella casa di Stroganoff71. Le testimonianze potrebbero però risalire anche a monte del 1890, se ammettiamo che il dato sull’ubicazione precedente all’Aquila sia corretto, soprattutto se possiamo prestare fede all’informazione che il rilievo stava nella sacrestia della chiesa di S. Francesco. Se infatti lo spostamento delle prime presunte testimonianze sull’opera alla seconda metà dell’Ottocento di per sé non prova niente, essendo quello il periodo in cui il revival della produzione delle robbiane presso le manifatture fiorentine era in piena fioritura72, la sua collocazione ottocentesca in una chiesa (anzi, in una sacrestia73) dell’Aquila, città che non era né centro di produzione di terrecotte neorobbiane né centro del mercato antiquario, va comunque a favore all’opinione di Muñoz e Marquand che si tratti di una composizione autentica della bottega di Andrea della Robbia del tardo Quattrocento. 27 Uno dei primi a lodare le qualità dell’“arte nuova, utile e bellissima” è stato Vasari nell’edizione delle Vite del 1568: G. Vasari, Le vite de’ più eccelenti pittori scultori ed architettori, a cura di G. Milanesi, Firenze 1906, II, p. 185. Più ampiamente sul fenomeno del successo commerciale dei Della Robbia: B. Santi, Una bottega per il commercio. Repertori, vendite, esportazioni, in I Della Robbia e l’“arte nuova” della scultura invetriata, a cura di G. Gentilini, Fiesole, Basilica di Sant’Alessandro, 29 maggio - 1 novembre 1998, Firenze 1998, pp. 87-96. Alcuni rilevanti aspetti sulle robbiane sono stati discussi anche nel recente catalogo della mostra a Boston e Washington: M. Cambareri, Della Robbia: Sculpting With Color in Renaissance Florence, con contributi di A. Hykin e C. Leigh Harris, Boston, Museum of Fine Arts, 09.08.2016-04.12.2016 - Washington, National Gallery of Art, 05.02.2017-04.06.2017, Boston 2016. 2 C. J. Cavallucci - E. Molinier, Les Della Robbia, leur vie et leur oeuvre d’aprés des documents inédits, Paris 1884; M. Cruttwell, Luca & Andrea Della Robbia and their Successors, London-New York 1902. Ancor’oggi rimane fondamentale e indispensabile per lo studio delle robbiane la serie delle monografie di Allan Marquand: A. Marquand, Della Robbias in America, Princeton 1912; Id., Luca della Robbia, Princeton 1914; Id., Robbia Heraldry, Princeton 1919; Id, Giovanni della Robbia, Princeton 1920; Id., Benedetto and Santi Buglioni, Princeton 1921; Id., Andrea della Robbia and his Atelier, Princeton 1922; Id, The Brothers of Giovanni della Robbia: Fra Mattia, Luca, Girolamo, Fra Ambrogio, Princeton 1928. La sintesi moderna più completa che prende in considerazione tutte le tre generazioni della bottega è la monografia di Giancarlo Gentilini: G. Gentilini, I Della Robbia. La scultura invetriata nel Rinascimento, Firenze 1992. 3 The National Museum of Cuba. Painting, The Fayum Portrait, Western European Painting, Cuban Painting, Havana-Leningrad 1978; Colecciones de Arte Universal. Museo Nacional de Bellas Artes de Cuba, La Habana 2001. 4 Salas europeas. Museo Nacional, La Habana 1968, s.p.; Salas europeas. Consejo Nacional de Cultura. Museo Nacional La Habana, Cuba, La Habana 1975, s.p.; M. L. Nuñez Gutiérrez, Escuela italiana, in Museo Nacional de Bellas Artes. Guía. Arte Europeo, a cura di M. Crespo Larrazábal, La Habana s.d., p. 61 (l’anno di pubblicazione di questa guida non è indicato, ma si può dedurre dal testo che essa uscì nel 2003 in occasione del novantesimo anniversario della fondazione del museo, avvenuta nel 1913). 5 Salas europeas 1975 cit.; Nuñez Gutiérrez, Escuela italiana cit., p. 61: il numero d’inventario è 01-20 e il diametro dell’insieme è 98,5 cm. 6 W. Bode, Denkmäler der Renaissance-Sculptur Toscanas in historischer Anordnung, München 1892-1905, tav. 269; Marquand, Della Robbias in America cit., pp. 45-46; Marquand, Andrea della Robbia cit., I, pp. 71-74, II, pp. 52-56; Gentilini, I Della Robbia cit. p. 221. Questo tipo della Madonna è stato incluso anche negli studi dedicati alle opere di devozione privata del Quattrocento a Firenze: R. G. Kecks, Madonna und Kind. Das häusliche Andachtsbild im Florenz des 15. Jahrhunderts, Berlin 1988, pp. 37-41, 47; R. J. M. Olson, The Florentine Tondo, Oxford-New York 2000, p. 149. 7 Marquand, Andrea della Robbia cit., I, pp. 71-73; A. Chevalier, in Musée des Beaux-Arts de Nîmes: Guide des collections, Paris 2000, pp. 14-15. 8 Marquand, Andrea della Robbia cit., II, p. 54. 9 Marquand, Andrea della Robbia cit., II, pp. 55-56; G. Gentilini, Museo Nazionale del Bargello. Andrea della Robbia, I, Madonne, Firenze 1983, pp. 24-25; B. Paolozzi Strozzi-I. Ciseri, Museo Nazionale del Bargello: la raccolta delle robbiane, Firenze 2012, p. 82. 10 Marquand, Andrea della Robbia cit., I, p. 73; J. Pope-Hennessy-R. Lightbown, Catalogue of Italian Sculpture in the Victoria and Albert Museum, London 1964, pp. 214-215 cat. 204. 11 L’opera proviene dalla collezione del marchese Mazzarosa a Lucca: Marquand, Andrea della Robbia cit., II, p. 56; F. de Luca, in I Della Robbia e l’“arte nuova” cit., pp. 194-195. 12 Marquand, Andrea della Robbia cit., II, pp. 53-54. 13 Il tondo che fa ora parte della collezione di Metropolitan Museum, proviene dalla Bache Collection a New York: Marquand, Della Robbias in America cit., pp. 45-46; Marquand, Andrea della Robbia cit., II, pp. 54-55; http://www.metmuseum.org/collection/the-collection-online/search/200557?=&imgno=0&tabname=online-resources (7.11.2019). 14 Marquand, Andrea della Robbia cit., II, pp. 52-53. 15 Il rilievo faceva parte dalla collezione di Gustave Dreyfus: P. Vitry, La Collection de M. Gustave Dreyfus, Paris 1907, pp. 11, 16; Marquand, Andrea della Robbia cit., II, p. 55. La scheda completa dell’opera con tutta la bibliografia si trova nel catalogo del museo online: https://www.nga.gov/collection/art-object-page.129.html (7.11.2019). 16 Marquand, Andrea della Robbia cit., I, p. 74. 17 Il numero d’inventario dell’opera che fu acquistata presso la French & Co ltd. nel 1955 è 55.76; i dati principali sul rilievo e sulla sua provenienza sono disponibili nel catalogo del museo online: http://art.seattleartmuseum.org/objects/12143/virginand-child-with-angels?ctx=12574b74-af1a-4791-bb87-7f6def3b690a&idx=0 (7.11.2019); nella fototeca dell’Istituto germanico a Firenze (Kunsthistorisches Institut in Florenz) si trovano due fotografie: nn. inv. 149629, 156599. 18 Marquand, Andrea della Robbia cit., II, p. 56. 19 M. G. Vaccari, Tecniche e metodi di lavorazione, in I Della Robbia e l’“arte nuova” cit., pp. 97-116; R. J. M. Olson-D. Barbour, Toward a new method for studying glazed terracottas: Examining a group of tondi by Andrea dellla Robbia, in “Apollo”, CLIV, 475, 2001, pp 44-52; D. Barbour-R. J. M. Olson, New methods for studying serialization in the workshop of Andrea della Robbia: technical study and analysis, in Della Robbia, dieci anni di studi - dix ans d’études, a cura di A. Bouquillon, M. Bormard e A. Zucchiati, Genova 2011, pp 56-61; M. G. Vaccari, Un decennio di ricerche sulle terrecotte dei Della Robbia nel Museo Nazionale del Bargello. Risultati e qualche proposta per il futuro, in ivi, pp. 128-131. 1 28 Il diametro degli altri rilievi varia tra 51 e 56 cm, ma le differenze non riguardano le dimensioni delle figure, bensì solo il margine del disco: sui rilievi di diametro minore è per esempio troncato il nimbo della Madonna. 21 Comunque, sarebbe da chiedersi se queste differenze si possano attribuire a qualche intervento dopo l’estrazione dei pezzi della cornice dallo stampo in quanto i diametri delle cornici dei rilievi di Messina e Seattle sono quasi identici (101 e 101,6 cm), mentre quello di Nîmes è di 108 cm. 22 Per l’assenza della ghirlanda il diametro di quest’opera è di soli 87 cm. 23 Marquand, Andrea della Robbia cit., II, pp. 52-53; terra[cotta]: Plastika a majolika italské renesance - Sculpture and Majolica of Italian Renaissance, a cura di P. Přibyl, Praga, Národní Galerie v Praze, 15.12.2006 - 15.4.2007, Praha 2006, pp. 15-17, 11-13 (la seconda indicazione si riferisce alla collocazione del testo inglese in questa pubblicazione bilingue con le paginazioni separate per il testo in ceco e quello in inglese). Molto importante è l’osservazione del Marquand (ivi, p. 53), che questa Madonna è stata più volte riprodotta nell’Ottocento dalla manifattura Cantagalli, come quella del Museo Stibbert a Firenze (Bernini, in I Della Robbia e l’“arte nuova” cit., p. 393). Vale la pena di aggiungere che recentemente è apparsa sul mercato antiquario una Madonna in marmo otto-novecentesca che ripete letteralmente quella di Praga, compresa la discrepanza tra le dimensioni della cornice e del disco centrale. Ringrazio Francesco Caglioti per avermi segnalato quest’opera. 24 Possiamo lasciare da parte il fatto che alla sua collocazione attuale il rilievo non è assemblato correttamente: una delle teste degli angeli (per il momento non è possibile determinare quale) dovrebbe essere collocata al centro sopra la Madonna. Disassemblare le terracotte composte da più pezzi era pratica comune all’occasione di trasporto, ma il riassemblaggio non è stato sempre perfetto. Questo si vede anche sulle fotografie menzionate (cfr. nota 17) del rilievo di Seattle all’Istituto germanico: su quella rappresentante lo stato dell’opera prima del restauro si può notare un assemblaggio assai inaccurato. Più sull’aspetto tecnico dei trasporti delle robbiane in: Santi, Una bottega per il commercio cit.; G. Gentilini, A Parigi “in un carico di vino”: furti di robbiane nel Valdarno, Figline Valdarno 2012. 25 Per esempio un’Adorazione del Bambino a Parigi, Musée de Cluny (Marquand, Andrea della Robbia cit., I, pp, 65-66; Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 221-222) e uno a Louvre con diametro 120 cm (Marquand, Andrea della Robbia cit., II, p. 35), un’Adorazione a Fiesole, Museo Bandini, con diametro 120 cm e dieci teste degli angeli (Marquand, Andrea della Robbia cit., vol. II, pp. 31-32; M. Scudieri, in I Della Robbia e l’“arte nuova” cit., pp. 214-215) e la Madonna del 1503 a Sansepolcro, Palazzo Comunale (Marquand, Andrea della Robbia cit., II, pp. 223-224; Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 232, 260). Tale tipo di cornice si vede anche sul disegno della Madonna, tracciato su un contratto del 1524, di Marco della Robbia, all’Ashmolean Museum di Oxford (Gentilini, I Della Robbia cit., p. 375, con ulteriori riferimenti bibliografici). 26 Salas europeas 1975 cit.; Nuñez Gutiérrez, Escuela italiana cit., p. 61: il numero d’inventario è 01-19. 27 Nei suoi libri e in particolare in quello su Giovanni della Robbia, Marquand ha schedato numerosi esemplari degli angeli, per lo più inginocchiati; comunque, tra quelli in piedi, descritti ma non illustrati, nessuno si può identificare con il nostro: Marquand, Giovanni della Robbia cit., pp. 57-62 et passim. 28 Un esempio caratteristico con gli angeli con candelabro piccolo è il tabernacolo di Andrea della Robbia al duomo di Barga (Marquand, Andrea della Robbia cit., II, pp. 88-89; G. Gentilini, Le ‘terre robbiane’ di Barga, in Barga Medicea e le “enclaves” fiorentine della Versilia e Lunigiana, a cura di Carla Sodini, Firenze 1983, pp. 224-225; Gentilini, I Della Robbia cit., p. 221) o quello di Bolsena (S. Cristina) di Benedetto Buglioni (Marquand, Benedetto and Santi Buglioni cit., pp. 62-64; Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 395, 409). 29 T. Mozzati, in Desiderio da Settignano. La scoperta della grazia nella scultura del Rinascimento, a cura di M. Bormard-B. Paolozzi Strozzi-N. Penny, Parigi, Louvre, 27.10.2006 - 22.1.2007, Firenze, Bargello, 22.2.2007 - 3.6.2007, Washington, National Gallery, 1.7.2007 - 8.10.2007, Parigi-Milano 2007, pp. 228-235. 30 Oltre alle numerose raffigurazioni degli angeli schedati dal Marquand (cfr. nota 28) sono note pure alcune commissioni al maestro per gli angeli a tutto tondo, come ad esempio quella del tabernacolo di S. Basilio per la Compagnia dello Spirito Santo a Firenze del 1519 dove sono menzionate due statue degli angeli. Si potrebbe addirittura pensare al nostro angelo, se in realtà non si trattasse piuttosto di ancona d’altare che tabernacolo eucaristico. L. A. Waldman, An Unknown Commission of Giovanni della Robbia: the San Basilio Tabernacle for the Florentine Compagnia dello Spirito Santo, in “Source. Notes in the History of Art”, XXVI, 2, 2007, pp. 1-8. 31 Si tratta di una decina di figure in varie collezioni pubbliche e private che seguono gli stessi due prototipi: Marquand, Giovanni della Robbia cit., pp. 209-212; Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 308-309, 325-326; F. Domestici, in I Della Robbia e l’“arte nuova” cit., pp. 265-267. 32 Tale è per esempio il caso dell’angelo inginocchiato al Fitzwilliam Museum di Cambridge con un’attribuzione che nel corso dei decenni oscillava tra Benedetto Buglioni e Giovanni della Robbia. La fortuna critica su quest’opera è riassunta nel catalogo online: http://data.fitzmuseum.cam.ac.uk/id/object/48202. 33 Vasari fa menzione di Benedetto e Santi Buglioni al termine della vita del Verrocchio nella sua edizione del 1568, aggiungendo che Santi, allora ancora in vita, sarebbe l’ultimo a praticare la tecnica di terracotta invetriata: Vasari, Le vite cit., III, pp. 375376. 34 Nel 1968 il rilievo era esposto – come l’unica opera della serie delle robbiane – con l’attribuzione a Luca della Robbia (Salas europeas 1968 cit.), però già nel 1975 (Salas europeas 1975 cit.) questa attribuzione è stata sostituita da una più generica, nominando la bottega dei Della Robbia, come anche nel catalogo attuale: Nuñez Gutiérrez, Escuela italiana cit., p. 61: il numero d’inventario è 01-21 e le misure dell’opera sono 63×46 cm. Il rilievo è in discretto stato di conservazione: sulla superfice si vedono le tracce di ritocchi, ma non danni significativi. 20 29 Gli esemplari di questo tipo si vedono tra l’altro nella Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia, all’Accademia delle Arti e del Disegno a Firenze, al Castel Sant’Angelo a Roma (Gentilini, I Della Robbia cit., p. 434), a Rocca San Casciano (Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 404, 434) e al Kunsthistorisches Museum a Vienna (L. Planiscig, Die Estensische Sammlung, Band I: Skulpturen und Plastiken des Mittelalters und der Renaissance, Wien 1919, pp. 73-75). Un’eccezione è l’esemplare al Széművészeti Múzeum di Budapest con le sole tre figure principali e senza gigli in fondo, però di forma circolare (J. Balogh, Katalog der ausländischen Bildwerke des Museum der bildenden Künste in Budapest, IV-XVII Jahrhundert, Budapest 1975, p. 68, cat. 61). 36 Pope-Hennessy-Lightbown, Catalogue of Italian Sculpture cit., pp. 253-254; Domestici, in I Della Robbia e l’“arte nuova” cit., p. 341. 37 E. Molinier, Collection Émile Gavet. Catalogue raisonné, précédé d’une étude historique et archéologique sur les oeuvres d’art qui composent cette collection, Paris 1889, p. 4 cat. 4. 38 R. W. Valentiner, Gothic and Renaissance Sculptures in the Collection of the Los Angeles County Museum, Los Angeles 1951, cat. 27. L’opera fu venduta nel 1987 (cfr. Gentilini, I Della Robbia cit., p. 434). Questo è l’unico esemplare della serie di formato rettangolare e non centinato. 39 Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 404, 434; F. Domestici, in I Della Robbia e l’“arte nuova” cit., p. 341. Il rilievo è stato venduto all’asta di Sotheby il 8.7.2010 e secondo la scheda del catalogo dell’asta l’opera sarebbe stata, prima di giungere alla collezione Orsini, nella collezione dei Contini Bonaccorsi a Firenze: https://www.sothebys.com/en/auctions/ecatalogue/lot.42. html/2010/old-master-sculpture-and-works-of-art-l10231 (1.12.2019). Un altro rilievo venduto all’asta dello Sotheby’s nel 2002 è variato rispetto agli altri nella colorazione in basso, nonché nella presenza di ben quattro steli dei gigli in fondo, mentre le dimensioni sono di 64×47,5 cm: http://www.sothebys.com/it/auctions/ecatalogue/lot.416.html/2006/important-old-masterpaintings-n08162 (1.12.2019). 40 Marquand, Della Robbias in America cit., pp. 154-159: si tratta delle Madonne, conservate ai tempi del Marquand nelle collezioni Taft a Cincinnati, E. J. Berwind a Newport, Philip M. Lydig a New York e Henry Walters a Baltimore. 41 Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 404, 434: la composizione del nostro rilievo deriva ovviamente dal ben noto tondo dell’Adorazione del Bambino di Antonio Rossellino al Bargello. 42 L’Avana 63×46 cm, Gallarate 63×46 cm, Londra 67×47 cm, Los Angeles 61×47 cm, Parigi 64×47 cm. 43 Salas europeas 1975, cit.; Nuñez Gutiérrez, Escuela italiana cit., p. 61: il numero d’inventario è 01-22 e le misure dell’opera sono 52×70 cm con la cornice (senza cornice ca. 37×52 cm). 44 Marquand, Giovanni della Robbia cit., pp. 25-26: si tratta degli esemplari a Rifredi (Villa La Quiete), Londra (British Museum), Newport, Rhode Island (coll. Mrs. Ogden Goelet), New York (P. W. French and Co.) e tre a Parigi (Louvre, coll. Gavet e coll. Sellière). 45 Questo tipo di fregio non è stato messo in discussione nel recente saggio sull’ornamento architettonico nella bottega robbiana: F. Quinterio, Natura e architettura nella bottega robbiana, in I Della Robbia e l’“arte nuova” cit., pp. 57-85. 46 Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 411, 413, 421, 438. 47 L’attribuzione del rilievo della Villa La Quiete è stata infatti recentemente spostata al Buglioni. Cfr. M. Visonà-R. Balleri, Dagli altari della chiesa di San Jacopo di Ripoli al Conservatorio delle Montalve a La Quiete. Le terrecotte invetriate di Giovanni e Marco della Robbia e oltre, in Capolavori a Villa La Quiete, a cura di C. Giometti-D. Pegazzano, Villa la Quiete, 26.7. - 30.10.2016, Firenze 2016, pp. 77-101. 48 Le schede dell’inventario di queste opere sono accompagnate da una carta che dichiara che nel 1953 un rilievo è stato spedito dagli Stati Uniti all’Avana. 49 I dati principali sulla vita di Oscar B. Cintas si possono leggere nell’introduzione (Biographical Memoir) del catalogo dell’asta della sua collezione presso Parke-Bernet Galleries: Old Master Paintings From the Collection of the Late Oscar B. Cintas. Public Auction, Wednesday Evening May 1 at 8 o’clock, Following Public Exhibition From Friday, April 26, New York 1963. Recentemente è uscito un saggio biografico sul Cintas che è per il momento lo studio più dettagliato sulla sua vita; comunque nella mancanza della documentazione, l’autore ricorre spesso alle informazioni giunte a lui dalle altre persone tramite conversazioni per il telefono o e-mail, quindi le fonti non necessariamente attendibili: J. Weiner, Biography of a Bibliophile and Owner of a 1605 Quijote: Oscar Benjamín Cintas y Rodríguez (1887-1957), in “Cervantes: Bulletin of the Cervantes Society of America”, 30, 2, 2010, pp. 171-206. Altro contributo importante è il capitolo dedicato al suo ruolo nella formazione del fondo dei ritratti spagnoli nel museo: M. E. Laguna Enrique, El Museo Nacional de Bellas Artes de La Habana y la colección de retratos de la pintura española del siglo XIX, Salamanca 2013, pp. 493-510. Per un breve sunto della biografia di Cintas vedi anche G. Jiménez Soler, Los proprietarios de Cuba 1958, La Habana 2014, pp. 155-156. 50 Si tratta di una delle solo dodici copie sopravvissute di questa edizione, ora conservata presso la Newberry Library a Chicago. Cfr. Weiner, Biography of a Bibliophile cit., pp. 172, 197. 51 Weiner, Biography of a Bibliophile cit., pp. 188-190. 52 Laguna Enrique, El Museo Nacional de Bellas Artes de La Habana cit., pp. 1172-1181. Vedi pure l’articolo Cuba poseerá la mejor pinacoteca latinoamericana, in “Carteles”, 14, 3 aprile 1949, pp. 56-65, come testimonianza coeva delle circostanze relative al tentatvivo di Oscar Cintas di costruire la sua pinacoteca. 53 Weiner, Biography of a Bibliophile cit., pp. 193-194. 54 Weiner, Biography of a Bibliophile cit., pp. 194-195. 55 Weiner, Biography of a Bibliophile cit., p. 192: nel 1962 il nome della fondazione che è tuttora attiva, cambiò in Cintas Foundation in onore del fondatore: http://cintasfoundation.org/ (7.11.2019). 35 30 Weiner, Biography of a Bibliophile cit., p. 195; Laguna Enrique, El Museo Nacional de Bellas Artes de La Habana cit., pp. 502-504. 57 Old Master Paintings From the Collection of the Late Oscar B. Cintas cit. Come si può leggere nell’introduzione al catalogo, i quadri sono stati messi in vendita per arricchire i fondi per le borse di studio della “Cintas Foundation”. 58 Secondo l’inventario le robbiane giunsero all’Avana nel 1953; il recente studio (Laguna Enrique, El Museo Nacional de Bellas Artes de La Habana cit., p. 499) solo menziona la presenza di alcune robbiane nel museo nel 1959; per alcune precisazioni a questo proposito vedi il contributo di Niurka D. Fanego Alfonso in questo volume. 59 Marquand, Andrea della Robbia cit., II, pp. 178-179; Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 221, 232; F. de Luca, in I Della Robbia e l’“arte nuova” cit., pp. 200-201: si tratta di versione in tondo circondato da ghirlanda del rilievo di Bocca di Rio vicino a Castiglion dei Pepoli (di forma centinata e con quattro angeli). Altro esemplare in forma di tondo si trova nell’oratorio dei Buonomini di San Martino a Firenze e uno era già nella collezione Contini Bonacossi a Firenze. 60 Il tondo dell’Avana (numero d’inventario 11.655) ha diametro di 67 cm (Città di Castello 75,5 cm). 61 Vedi per esempio: https://ceramichebellini.wordpress.com/page/4/ (7.11.2019; il diametro di queste Madonne è di 60 cm). 62 Il numero d’inventario di questo tondo con diametro di 66 cm è 11.535. 63 M. Scudieri, in I Della Robbia e l’“arte nuova” cit., pp. 214-215; Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 177, 238. 64 Per esempio l’Annunciazione della Verna (Chiesa Maggiore, cappella Niccolini) e sulla predella dell’altare dell’Osservanza a Siena (Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 189, 192). Il motivo sopravvive anche nelle opere di Giovanni della Robbia e dei suoi fratelli, per esempio le Annunciazioni del Bargello e dell’Ospedale del Ceppo (Pistoia) di Giovanni (Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 310, 316) e della Torre dei Marsili a Firenze di Luca ‘il giovane’ (Gentilini, I Della Robbia cit., p. 338) ecc. 65 Ad esempio l’Adorazione già a Scandicci (S. Martino alla Palma), oppure quella del Victoria & Albert Museum di Londra: cfr. Gentilini, I Della Robbia cit., pp. 175, 186. 66 A. Muñoz, Pièces de choix de la collection du Comte Grégoire Stroganoff à Rome, seconde partie: Moyen-Âge - Renaissance, Époque moderne, Roma 1912, p. 123, tav. XCIV. Il diametro del tondo è di 68 cm, e nella scheda relativa all’opera c’è pure l’indicazione della sua provenienza dall’Aquila, però senza citare più precisamente l’ubicazione originaria. 67 V. Kalpakcian, Il destino della collezione romana del conte Grigorij S. Stroganoff (1829-1910) dopo la scomparsa del collezionista, in “Rivista d’arte, periodico internazionale di storia dell’arte medievale e moderna”, s. V, 2, 2012, pp. 447-473. 68 Marquand, Andrea della Robbia cit., II, p. 29. Nella scheda relativa all’opera Marquand non cita il catalogo di Muñoz (Muñoz, Pièces de choix cit.), ma comunque ci fornisce un dato preciso sulla sua provenienza, sebbene senza citare la fonte: la chiesa di San Francesco all’Aquila. Vale la pena di aggiungere che nella fototeca online della Fondazione Federico Zeri a Bologna c’è una fotografia dell’opera e nella scheda relativa c’è l’indicazione che il rilievo appartenne alla collezione Stroganoff, citando il catalogo di Muñoz, senza però menzionare la scheda del Marquand e nemmeno la successiva collocazione dell’opera ad Amburgo, mentre come luogo di provenienza, pur senza citare la fonte, è indicata la sacrestia della chiesa di S. Francesco, però a Pesaro, invece che all’Aquila. Si può ipotizzare che quest’ultimo sia solo un lapsus calami. Cfr. http://catalogo.fondazionezeri.unibo.it/ scheda.jsp?decorator=layout_S2&apply=true&tipo_scheda=OA&id=75617&titolo=Anonimo+%2c+Della+Robbia+Andrea++(%3f)+-+sec.+XV%2f+XVI+-+Madonna+in+adorazione+del+Bambino+e+san+Giovannino (7.11.2019). 69 Ringrazio la curatrice della collezione di scultura al Museum der Kunst und Gewerbe di Amburgo, dr. Christine Kitzlinger, che mi ha formito via e-mail (del 19 gennaio 2016) l’informazione che il rilievo attualmente non si trova al museo e che nell’archivio finora non si sono trovate indicazioni che l’opera facesse effettivamente parte della collezione negli anni venti del Novecento. 70 Il diametro del “Tondo Stroganoff” secondo Muñoz è di 68 cm, mentre quello dell’Avana misura secondo l’inventario del museo solo 66 cm, ma siccome la cornice è composta da foglie e non è circondata da un bordo continuo, le dimensioni possono variare lievemente a seconda del modo come sono prese le misure. 71 Kalpakcian, Il destino della collezione cit., pp. 452-453: la lettera del funzionario al direttore del detto ufficio parla delle ‘terrecotte invetriate dei Della Robbia’ in plurale e suggerisce la presenza di più di una robbiana nella collezione. Vale la pena di sottolineare che il catalogo del Muñoz è piuttosto una selezione che l’inventario completo della collezione (Muñoz, Pièces de choix cit.). 72 L. Bernini, Il revival robbiano, in I Della Robbia e l’“arte nuova” cit., pp. 380-396. 73 Probabilmente si tratta della chiesa di S. Francesco che fu demolita nella seconda metà dell’Ottocento, come appare nella notizia in un giornale locale (La demolizione della chiesa di San Francesco, in “L’Aquila degli Abruzzi”, IV, 1878). Cronologicamente, questo coinciderebbe bene con la prima presunta testimonianza sulla presenza dell’opera nella collezione di Stroganoff (1890), ipotizzando che all’occasione della demolizione della chiesa gli arredi siano stati messi in vendita. 56 31 Abstracts Maria Cristina Rossi “La chiesa di San Giovanni in Venere è grande, maestosa con tre navi già in volta”. Un disegno inedito del fondo della Congregazione dell’oratorio di San Filippo Neri di Roma (keywords: Abbey, Abruzzo, archive, restoration, vault) The San Giovanni in Venere church was built in the XI century by the will of the earl Trasmondo II of Chieti, who entrusted it to the Montecassino abbey during the first quarter of the century. Since then, the church appeared as a competence of the abbey. The current building dates back to the commission of Abbot Oderisio II (1165-1204), who built the church ex Novo on the remaining of the precedent one, of which no traces remain. The church morphology is made of different stratification that follows each other also in the XIII century, under the Abbot Rainaldo II (1220-1225). It is likely that the vault covering the naves (currently closed with wooden partitions) of which only the ogival marks are still visible today, was built in the very same period. Catalogued documents preserved at the “Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri di Roma” archive allows speculating about the possibility of having a vault coverage in the church of the San Giovanni in Venere. In the XVIII century, after the earthquake in 1703, the church underwent renovations, mainly in the roof area. Such renovation works are documented by drawings dated 1703 by the architect Antonio Maria Porrani Samo Štefanac Robbiane a Cuba (keywords: Havana, Museo Nacional de Bellas Artes, Andrea della Robbia, Giovanni della Robbia, Benedetto Buglioni, Oscar B. Cintas) In the Museo Nacional de Bellas Artes in Havana there’s a collection of italian sculpture which also contains a number of terracottas from the circle of Della Robbia family. Among the four works that are on display, there is a tondo with Virgin and Child with two Cherubins which belongs to Andrea della Robbia’s composition of the so called “Madonna Foulc” (named after the piece in Nîmes, Musée des Beaux-Arts). The piece that deserves special attention is the free standing statue of an Angel with a candlestick, apparently originally belonging to a tabernacle. In terms of attribution the statue could either be work of Giovanni della Robbia (to whom it’s attributed in the museum inventory) or Benedetto Buglioni. The relief of Adoration of the Child with St John can also be assigned to Benedetto Buglioni, beeing a version of his well-known composition (examples in V&A Museum of London, one formerly 100 in Gallarate etc.). There is also a fragment of a frieze with the head of a Cherubin, also attributed to Buglioni family. Among the works in storage, there are two badly damaged fragments (a frieze and a frame) which are not discussed in the present article and two tondi that were formerly displayed in the ex-monastery of Santa Clara in Havana. While one is a modern reproduction of Andrea della Robbia’s Virgin with Child and Six Angels (the best known example is preserved in Città di Castello), the other, representing Adoration of the Child with St John, is more enigmatic. It’s close to the style of Andrea della Robbia, though one could suspect it’s a product of the 19th century revival of the “robbiane”. The only other known piece with the same composition was formerly in the collection of the Count Gregorio Stroganoff in Rome and it can’t be ruled out that it is actually the same piece. The whole group of the sculptures comes from the collection of Oscar Benjamín Cintas y Rodríguez (1887-1957), one of the most prominent cuban collectionists in the 20th century. Niurka D. Fanego Alfonso Los Della Robbia del Museo Nacional de Bellas Artes de Cuba (keywords: Havana, Museo Nacional de Bellas Artes, Della Robbia, Oscar B. Cintas) The article describes the beginnings and the development of the collection of sculpture in the National Museum of Fine Arts of Cuba (Museo Nacional de Bellas Artes de Cuba) in Havana (inaugurated in 1913). Special attention is devoted to the collection of italian sculpture which consists of 29 pieces and among them there are eight glazed terracottas from the circle of Della Robbia family (four are curretnly on display and four in storage). As part of the collection of the prominent cuban collectionist Oscar Benjamín Cintas y Rodríguez (1887-1957), most of these sculptures was brought to Cuba in 1953 and were introduced into the inventory of the museum by 1959. From 1968 the relief of Adoration of the Child with St John (Inv. 01-21), at the time attributed to Luca della Robbia, was on display in the collection of european art as the only piece of the group, while other three were added in the years to follow. Actual arrangement dates form 2001 when the whole collection of Universal Art was moved to ex- Centro Asturiano. Two tondi that are currently in storage (a moden copy and a possibly authentic Andrea della Robbia piece) were exposed for several years at the ex- Convent of Santa Clara until the restoration works of the complex took place. Francesco Petrucci Maratta: nuovi ritratti (keywords: Carlo Maratta, baroque portraits, Massimo collection) Il saggio presenta alcuni importanti ritratti inediti di Carlo Maratti, personalità di primo piano del Barocco romano, che manifestò il suo talento non solo nell’ambito della grande pittura di storia, nell’esecuzione di monumentali pala d’altare e nell’illustrazione, ma anche nella ritrattistica, contendendo il primato a Giovan Battista Gaulli detto Baciccio. Tra questi un ritratto del cardinale Camillo Massimo, famoso collezionista, consulente artistico, bibliofilo e numismatico, replica di quello a tre quarti di figura ancora nella collezione della casata romana, che manifesta affinità con i modi del rivale. Discute poi del ritratto di Gaspare Marcaccioni, messo in rapporto con quello perduto ricordato da Giovan Pietro Bellori. Viene riferito all’artista anche il presunto ritratto di Molière o Michel Baron della Dulwich Picture Gallery, forse identificabile con l’antiquario Michelange de La Chausse, il cosiddetto ritratto di Madame de Longueville nei depositi del Louvre e il ritratto di Giovanni Ludovico Almerici conservato ad Hartford, Wadsworth Atheneum. Gianni Bozzo Tre ritratti inediti riferiti a Giovanni Gaulli, il Baciccio (keywords: baroque portraiture, Clemente IX Rospigliosi, naturalness and introspection) Another portrait of Clement IX Rospigliosi is made known, in addition to the ones by Ariccia and Palazzo Barberini, referring to G.B. Gaulli. The painting belongs to the type of the non-blessing pontiff and creates an admirable balance between psychological penetration and realistic rendering of the features of an ironic and smiling old pope. The two small portraits of prelates, unpublished and here attributed to Gaulli, represent perhaps scions of important Ligurian families. Even in these small works Gaulli’s ability to evoke the interiority of the characters shines in a fluent pictorial conduction. Federico Berti Approfondimenti per Giovanni Camillo Ciabilli, pittore nella bottega di Simone Pignoni (keywords: Giovanni Camillo Ciabilli, Simone Pignoni, Francesco Botti) The article deals with the work of Giovanni Camillo Ciabilli, born near Florence, one of the artists who grew up in Simone Pignoni’s workshop. Often confused with his best-known colleague Francesco Botti, Ciabilli also shows traits in common with the youthful works of his nephew Francesco Conti. After the first late Baroque phase in smoky and contrasting shades close to his master Pignoni, testified in particular by the Annunciation and Annunciation Angel of Santa Maria Novella, dated 1693, the artist evolves with increasingly personal traits, as shown in the decoration of the chapel of Sant’ Anastasio in the church of San Frediano in Cestello, from 1706. In the mature works of Ciabilli there are consonances with the anticlassical approach of Alessandro Rosi and with the synthetic ways of Sagrestani and followers, to arrive, as documented by the Virgin in glory among angels dated 1731, to approach the ‘barocchetto’ of Giuseppe Moriani and Antonio Nicola Pillori. Roberto De Feo Il Salone da ballo di Palazzo Reale. L’ultimo capitolo della grande decorazione ufficiale a Venezia (keywords: Venice, Royal Palace, Noclassicism) The writing concerns the Ballroom which was built inside theVenetian Royal Palace between 1834 and 1835. The architectural complex was commissioned by the Napoleonic government (1807-1814) but above all its decorative program continued in different phases even during the subsequent Austrian. The main artists who carried out the decoration of the vast hall were the mature Giuseppe Borsato (17701849) for the parts of Ornato and the younger Odorico Politi (1785-1846) that painted the big allegory in the center of the ceiling, both teachers at Academy of Fine Arts of Venice. A series of documents traced at the local State Archives, together with preparatory drawings and prints, allow us to reconstruct the genesis, the payments and subsequent success of the largest and most sumptuous room in the palace, now incorporated within the Correr Museum. Furthermore, one of these documents made it possible to dentify the meaning of all the allegorical figures painted by Politi who were to allude to the good governance of Emperor Francis I of Austria. 101