Sisba –Scuola Interateneo di Specializzazione in Beni Archeologici
Santuari Micenei
Specializzanda: Marta Narducci
Esame di Civiltà Egee
Prof.ssa Elisabetta Borgna
1
Indice
Introduzione
p. 3
Cap. 1 Architettura sacra micenea
p. 9
Cap. 2 I santuari delle cittadelle: Micene, Tirinto, Philakopi, Methana
Par. 2.1 Il Centro Cultuale di Micene: il Complesso Templare
Par. 2.2 La Cittadella Bassa o Unterburg di Tirinto: il complesso santuariale
Par. 2.3 Il santuario di Philakopi a Melos
Par. 2.4 Ayios Konstantinos, Methana: architettura religiosa micenea
p. 12
p. 14
p. 18
p. 20
p. 25
Cap. 3 Forme di culto, rituali e cerimonie
p. 29
Cap. 4 La religione, l'autorità ed il popolo
p. 35
Cap. 5 Dalle influenze minoiche alle connessioni levantine: quali origini?
p. 38
Conclusioni
p. 46
Bibliografia
p. 49
Tavole
p. 52
2
Introduzione
La storia della civiltà micenea si colloca all’interno della Tarda età del Bronzo, quando questa
popolazione della Grecia continentale si distingue per una serie di organizzazioni sociali e forme
di aggregazione molto complesse ed articolate. Le dinamiche culturali del Medio Elladico, riflesse
nei vistosi accumuli di ricchezza economica, nell'avvio di manifatture artigianali altamente
specializzate, nell'emersione di centri territoriali fortificati intorno ad edifici dominanti e
nell'apertura netta al dialogo con il mondo esterno, fanno da premessa 1 ai Micenei, che intorno
alla metà del II millennio, XVII-XVI secolo a.C. ca., raccolgono l’eredità minoica e diventano
protagonisti dello scenario politico, economico e culturale dell’area egea fino all’ XI secolo a.C. ca..
Le fasi più antiche sono ben conosciute grazie alle celebri tombe regali di Micene e le poderose
acropoli di Pilo, Tirinto e Micene. Nelle fasi più evolute del TB (TEIII, XV/XIV secolo a.C. ca.)
emergono gli insediamenti centrali della società micenea, i primi complessi propriamente
palaziali, sedi di elite politiche costituite da un’acropoli fortificata sovrastante la città bassa; per
quanto concerne la popolazione, dall’analisi della geografia politica è emerso che fosse
concentrata nei grandi agglomerati urbani e nelle piccole comunità rurali ma anche che, come
traspare dalle liste alimentari, quella che viveva nei palazzi doveva essere assai numerosa 2. La
geografia di età micenea (Tavola I) copre le regioni del Peloponneso nord-orientale, l’Argolide con
Micene e Tirinto, la Laconia e la Messenia, ed oltre il Peloponneso, la Beozia, la Tessaglia e l'Attica 3.
La cultura micenea ha mostrato un alto grado di elaborazione e raffinatezza, specchio di
aristocrazie con forti connotazioni militari e notevole vocazione all’espansione come dimostrato
dalla diffusione della ceramica: nelle Cicladi, sulla costa anatolica, nelle regioni costiere del
Mediterraneo centro-orientale fino alla Transgiordania ed al Mar Nero, nel bacino del
Guadalquivir e forse sulle coste libiche4, senza tralasciare la penisola italiana, la Sicilia e la
1
Borgna 2006, p. 241
2
Cultraro 2006, p. 78
3
Cultraro 2006, pp. 115-123
4
Borgna 2005-2006, p. 1
3
Sardegna oltre ai Balcani meridionali5. La civiltà micenea è stata letta come interprete delle
premesse preclassiche della civiltà greca, sebbene separata da quest'ultima sia dal crollo violento
dei palazzi della fine del XIII sec. a.C., sia dall'occupazione povera ed anonima dei Dark Ages
(XII/XI-X/IX a.C.). Prima di essere studiata per riempire il vuoto della memoria storica dei Greci, la
vita degli eroi dell’età del Bronzo era stata ricostruita sulla base dell’epica omerica fino a quando,
la scoperta delle prime testimonianze archeologiche e soprattutto della decifrazione della Lineare
B nel 1952 grazie a M. Ventris (architetto e specialista in crittografia), ha confermato l’esistenza di
un legame di continuità etnico-linguistica tra le popolazioni di lingua greca della Grecia del TB ed
i Greci di età classica6. La sequenza cronologica della Grecia preistorica, dopo il Neolitico (VII-IV
millennio), si basa sullo schema tripartito utilizzato da Sir Arthur Evans per la civiltà minoica.
L'antica, media e tarda età del Bronzo corrispondono all'Antico Elladico (IV millennio-2100 a.C.),
Medio Elladico (2100-1650 a.C.), Tardo Elladico (1650-1050 a.C.). Il TE è stato a sua volta
suddiviso in TEI-II-III sulla base della classificazione della ceramica micenea di C.W. Blegen e
A.J.B. Wace (la sistemazione tipologica e stilistica fu approntata all'inizio degli anni '40 da A.
Furumark). Il periodo palaziale propriamente detto si colloca nel TEIIIA2-IIIB (XIV-XIII secolo
a.C.) con centri regionali a Micene e Tirinto in Argolide, Pilo in Messenia, Tebe e forse Orcomeno
in Beozia. Nel TEIIIA si assiste alla standardizzazione dell’assetto degli impianti dei centri
continentali, l’acropoli dominante sulla città bassa si organizza topograficamente su tre livelli: la
città bassa, la cittadella cinta da mura e l’acropoli superiore sede del palazzo. Il nucleo palaziale è
rappresentato dal complesso del megaron, ampio edificio rettangolare affacciato su un cortile,
comprensivo di portico con due colonne in antis, vestibolo e grande sala a due piani con focolare
centrale circolare, il trono ligneo era sistemato su un lato lungo in corrispondenza di incavi sul
terreno adibiti allo scolo dei liquidi utilizzati in riti di libagione. Funzionalmente, oltre a sedi di
gestione politica, i palazzi erano luoghi di immagazzinamento e concentrazione di risorse,
5
Cultraro 2006, pp. 221-241
6
Borgna 2006, p. 227
4
trasformazione artigianale delle materie prime pregiate, amministrazione territoriale, conduzione
di attività cerimoniali e riti religiosi. Le cittadelle intermedie delle acropoli palaziali, come a
Micene e Tirinto, furono provviste di articolati complessi santuariali costituiti da piccoli edifici
indipendenti che fungevano da tappe di percorsi processionali 7. Le molteplici ricerche sulla
religione micenea hanno come comune punto di partenza il lavoro di M.P. Nilsson “ The Minoan-
Mycenaean Religion and its Survival in Greek Religion ” del 1950. Il sistema cultuale miceneo è
stato approfonditamente analizzato da R. Hägg, che negli anni ’80 ha introdotto il concetto di
“culto ufficiale” o “statale” in contrapposizione a quello di “culto popolare” per distinguere i rituali
religiosi gestiti nell’ambito ristretto dei palazzi8 da quelli celebrati nei centri cultuali e nei santuari
territoriali. La bipolarità dei culti è stata codificata da un punto di vista strettamente archeologico
da K. Kilian9, con la distinzione dei culti palaziali controllati e gestiti dal palazzo ed integrati nella
vita delle acropoli, da quelli popolari privi per lo più di contesto architettonico e rappresentati da
povere e semplici deposizioni di materiali votivi. L’interpretazione bipolare tuttavia, è stata
ritenuta eccessiva sia da R. Hägg sulla base della semplicità sia dell’architettura che della cultura
materiale del centro cultuale di Micene, che da J.C. Wright 10, incline piuttosto a riconoscere un
variegato spettro di manifestazioni differenziate contestualmente ma nel complesso gestite dalle
elite palaziali. Infine, K. Wardle, ha proposto una classificazione dei contesti santuariali micenei in
cui in particolare, il centro cultuale di Micene, accessibile dalla zona extra muros, sarebbe stato
aperto ad una committenza ampia e non esclusiva 11. Sugli aspetti religiosi della civiltà micenea
siamo informati da documenti scritti quali tavolette e cretule (le tavolette in particolare
permettono di ricostruire il pantheon politeista), testimonianze iconografiche, raffigurazioni di
molti affreschi e sigilli (grandi anelli-sigillo con rappresentazioni in stile monumentale), oggetti e
7
Borgna 2006, pp. 246-247
8
Borgna 2009-2010, p. 169
9
K. Kilian, Patterns In Cult Activity in the Mycenaean Argolid: Haghia Triada (Klenies), the Profitis Elias Cave (Haghios Hadrianos) and the
Citadel of Tyrins, in Celebrations of death and divinity in the Bronze Age Argolid, Stoccolma 1990
10
Wright 1994
11
K. A. Wardle, The Cult Centre at Mycenae and other Sanctuaries in the Saronic Gulf and the NE Peloponnese: Location and Status , in
Αργοσαρωνιχόζ, Atene 2003
5
suppellettili con funzione cultuale, figure e figurine ed arredi vari scoperti ed analizzati nei loro
contesti d’uso che, come rimarcato da C. Renfrew12 nella pubblicazione del santuario di Phylakopi
a Melos, permettono di interpretare il culto e rilevare alcuni requisiti come la presenza e la
ripetitività degli elementi simbolici oltre alla ridondanza delle espressioni stilistiche elaborate,
fattori cruciali nell’indiziare l’attività religiosa ed evitare l’ambiguità degli oggetti singoli e delle
evidenze isolate. Non meno importanti sono le evidenze strutturali quali edifici di culto, santuari o
complessi rituali, ed infrastrutturali, quali banchine, canali di smaltimento dei liquidi, pozzi ed
altro che permettono di definire il quadro articolato delle manifestazioni di culto della società
micenea. Aspetto rilevante nello studio della religione micenea è il cosiddetto sincretismo
minoico-miceneo che avrebbe preparato il substrato al pensiero religioso greco di età storica (pur
non essendoci prove di suddetta continuità, i riti simboleggiati dal fuoco fanno da sottofondo sia
all'ideologia focolare-wanax miceneo che al ruolo di Hestia, dea della casa nel pensiero greco 13).
Quale è stato il tenore dell’influenza minoica? Difficile da dirsi, di certo, le ricche iconografie di
culto degli affreschi e dei sigilli della tradizione elladica, giunsero da Creta e si diffusero sul
continente, rendendo ardua la distinzione tra credenze, contenuti religiosi ed espressioni di culto
minoiche e micenee. Così, il rinvenimento a Philakopi di una pietra arrotondata interpretata come
betilo dallo scavatore, ha collegato questo luogo al culto del betilo nella Creta minoica ed ai culti
alle pietre sacre nella Grecia continentale. In base a talune ipotesi, i Micenei operarono una vera e
propria interpretatio della religione minoica, dando enfasi ad esempio agli aspetti guerrieri di
alcune divinità. In ogni caso parlare di uniformità della religione minoico-micenea è fuorviante,
viste le differenze sia regionali che temporali, di Creta e della Grecia continentale. L’analisi delle
evidenze architettoniche micenee ad esempio, dimostra che le due religioni si influenzarono l’una
con l’altra ma ad un livello superficiale14. E, se “l'interpretazione” micenea della religione minoica
ci fu, venne operata anche una continuità d’uso dei santuari e luoghi di culto tra l'età micenea e la
12
Renfrew 1985
13
Wright 1994, pp. 57-58
14
Whittaker 1997, p. 1
6
Grecia di età storica? Attualmente, tolti alcuni casi come Kalapodi in Focide, il santuario di Apollo
a Thermos in Etolia e di Poseidone a Calauria, le testimonianze sono ambigue e poco utili 15. Forme
e luoghi di culto in età micenea si caratterizzano sia per le loro caratteristiche topografiche, come
i ben noti santuari di Micene, Tirinto e Philakopi contraddistinti da un limitato numero di
elementi comuni e dalla sostanziale mancanza di adeguamento a modelli canonici, sia
cronologicamente, per la prevalente collocazione in età tardo-palaziale e post-palaziale, oltre per
le offerte votive come le grandi figure al tornio con le braccia alzate, segno probabilmente del
culto ufficiale e di una committenza palaziale16. All’interno del culto ufficiale erano anche le
cerimonie officiate dal wanax nel megaron del palazzo. Accanto ai culti ufficiali con banchetti di
corte, sacrifici, pasti rituali e riti simposiali, troviamo i culti popolari indiziati da semplici depositi
di figurine e figure fittili, come quello di Tirinto o dai santuari di ambito territoriale come Haghia
Triada e Aghios Adrianos. L’esclusività delle celebrazioni religiose dei santuari micenei, è indicata
come nel Cult Centre di Micene, dalle dimensioni limitate degli spazi, che non avrebbero potuto
accogliere ingenti masse di popolazione. Diversamente, cornice ambientale ed architettonica
adeguata alla cerimonia allargata, distinta fisicamente da quella palaziale ma riconoscibile come
contesto della religione ufficiale, è il South Enclosure della fortezza di Gla in Beozia 17, un grande
spazio aperto (Tavola II) circoscritto da un muro perimetrale all’interno dell’area delimitata da
mura ciclopiche costituita dallo sperone roccioso che emerge sulla piana bonificata della Copaide.
Il momento di congiunzione di ufficialità e popolarità si ha, secondo R. Hägg, in occasione di
processioni o festività della theophoria, riconosciuta da S. Hiller nella te-o-po-ri-ja dei testi in
Lineare B18, dove officianti del culto, componenti elitarie e gente comune interagiscono, gli edifici
cultuali dislocati lungo i percorsi processionali avrebbero costituito tappe di cerimonie in cui le
figure del culto, i simboli religiosi e le insegne del potere sarebbero stati manifestati, riflettendo
15
Borgna 2005-2006, p. 68; Cultraro 2005
16
Borgna 2009-2010, pp. 170-171
17
Borgna 2009-2010, pp. 175-180
18
Cultraro 2005, p. 17
7
l’importanza dell’evento processionale nel mondo egeo, come mostrato dalle iconografie minoiche
e micenee in cui sono rappresentate sfilate e processioni di personaggi femminili 19. Il primo
periodo miceneo non mostra tracce evidenti di manifestazioni religiose, la spiritualità arcaica
poteva essere individuale e sciamanica e quindi di non semplice registrazione archeologica. I tipi
di siti religiosi che possiamo distinguere in 3 grandi categorie ( megaron, edifici sacri e siti all’aria
aperta) sono ascrivibili al periodo di formazione dei palazzi, il TEIIIA2 e proseguiranno all’interno
delle pratiche rituali della Dark Age. L’ampio spettro di espressioni religiose spazia dai culti
ufficiali ad esclusivo appannaggio delle elite come ad esempio i riti officiati dal wanax nel
megaron, ai culti popolari dei centri cultuali, ai santuari rurali-territoriali, alle semplici
deposizioni di figurine fittili, da ultimo ma non meno importante la cerimonia processionale, che
come a Micene, suggerisce una relazione tra il “ Cult Centre” ed il palazzo vero e proprio. La
religione non sembra essere strumento del potere governativo ma, come definito da C. Antonaccio
20
un ex post facto riconoscibile soprattutto nell’attività rituale periferica come consolidamento
della presenza dell’autorità. Secondo la teoria di A. Wallace 21, in base al livello di complessità
sociale le relative manifestazioni spirituali si suddividono in gradi di attività, dalla più semplice,
individuale, a quella sciamanica, a quella pubblica ed ecclesiastica, secondo un modello inclusivo,
dove gli ordini più bassi continuano ad esistere anche quando emergono quelli più alti.
19
Borgna 2005-2006, p. 70
20
C. Antonaccio, Terraces, Tombs and the early Argive Heraion, in Hesperia 61, 1992, pp. 103-105
21
A. Wallace, Religion: An Antropological View, New York 1966
8
Cap. 1 Architettura sacra micenea
“I santuari micenei sono caratterizzati da sale rettangolari con camere retrostanti, piccole
banchine e/o piattaforme per l’esposizione delle offerte votive, una piccola camera posteriore
viene utilizzata come sancta sanctorum o area di deposito per paraphernalia rituali”. In questo
modo, L.A. Hitchcock22, definisce le strutture che H. Whittaker 23 preferisce chiamare edifici di
culto piuttosto che veri e propri templi, perché mancanti di monumentalità e di connotazione
pubblica. Molte delle costruzioni con caratteristiche comuni rinvenute e scavate nell’Egeo ed
ascrivibili al periodo TEIII, sono state definite religiose sulla base delle figurine in argilla rinvenute
al loro interno più che sulle caratteristiche architettoniche o delle installazioni fisse. In ogni caso,
come specificato dal Renfrew24, condividono tratti comuni che li fanno appartenere ad uno stesso
gruppo, derivare da una medesima origine ed avere sviluppo simile in conseguenza a stesse
tendenze religiose. Gli edifici di culto costituenti questo gruppo sono: il santuario ovest ed est a
Philakopi, il tempio e la stanza con complesso di affreschi nel centro cultuale di Micene, i vani 7 e
123 oltre alle stanze 117, 110 e 110a nella Unterburg a Tirinto e il santuario scoperto di recente a
Methana (Ayos Konstantinos). In generale, le evidenze archeologiche di aree di culto nel mondo
miceneo sono frammentarie e dunque una loro differenziazione tipologica può essere approcciata
solo in via sperimentale. In molti casi infatti, spazi identificati come luoghi di culto sono esempi
isolati mancanti di evidenze architettoniche vere e proprie, come possono essere i santuari all’aria
aperta ed i megara (le cerimonie che vi si svolgevano dovevano avere natura anche religiosa) nei
palazzi di Pilo, Tirinto e Micene 25. A livello architettonico gli edifici di culto micenei differiscono
in minima parte nelle dimensioni, nella posizione dell’entrata e nelle proporzioni della camera
centrale. La presenza o meno di camere sussidiarie è variabile, alcune diversificazioni sono anche
nei dettagli delle installazioni fisse, come ad esempio le piattaforme addossate ai muri, in alcuni
22
Hitchcock 2009, p. 207
23
Whittaker 1997, p. 6
24
Renfrew 1985, pp. 407-410
25
Whittaker 1997, p. 8
9
casi si rinviene una sorta di palco o piattaforma centrale nella stanza principale. Una caratteristica
precipua degli edifici di culto è la presenza nel punto più lontano dall’entrata della stanza
principale, di una piattaforma o di una serie di piattaforme contro il muro, installazioni che
troviamo sia a Micene che a Tirinto che a Philakopi che a Methana. La posizione nel punto più
lontano dall’ingresso, come in progressione lungo l’asse principale della stanza, le rende il punto
focale dell’attenzione del devoto. In alcuni edifici di culto micenei la piattaforma era collocata al
centro della stanza, caratterizzata da una forma rettangolare con gli angoli arrotondati e la
superficie leggermente concava, la sua funzione non è stata ancora ben definita, secondo alcune
ipotesi potrebbe essere paragonata ai focolari, ma le scarse tracce di fumo e l’assenza di tracce di
combustione rendono l’ipotesi indimostrabile. Le piattaforme dovettero essere sicuramente usate
per il collocamento degli oggetti di culto, in particolare figurine in ceramica e deposizioni votive 26.
Alcune piattaforme sono configurate a ferro di cavallo, realizzate in argilla e ricoperte con un
intonaco a base di calce27. A Micene ed a Philakopi sono stati rinvenuti dei pali che devono avere
avuto una connotazione simbolica e decorativa più che un uso strutturale e di supporto viste le
limitate dimensioni degli edifici e della campata dei tetti. L’utilizzo delle camere sussidiarie è
incerto, pur avendo ipotizzato un impiego come magazzini di materiale cultuale, in alcuni casi
sembrano essere state oggetto di attività importanti e centrali, fatto suggerito anche dalle nicchie
comunicanti con la stanza principale 28. L’entrata agli edifici cultuali non è sempre sull’asse
principale o allineata con il sancta sanctorum, né tanto meno sembra avere un orientamento
particolare, così come l’orientamento generale degli edifici di culto micenei che si basava
probabilmente sulle esigenze topografiche particolari del sito. I santuari mostrano alcune
analogie, come l'associazione ad aree aperte e corti e la loro localizzazione nei pressi di mura di
fortificazione. L'evidenza di una diretta associazione tra luoghi di culto e probabili aree di
26
Whittaker 1997, pp. 17-19
27
Per l'origine delle strutture configurate a ferro di cavallo vedi : Hielte Stavropoulou 2001; nel presente lavoro Cap. 3
28
Whittaker 1997, p. 21
10
lavorazione artigianale, contraddistinte da nuclei litici e metallici, ha indotto J. Chadwick 29 ad
ipotizzare che i santuari micenei fossero il centro di alcune attività economiche 30, così, anche
secondo B. Montecchi31, pur se l’individuazione di attività espressamente cultuali rimane condicio
sine qua non per poter parlare di santuari, nell’Egeo della Tarda età del Bronzo, si conoscono
diversi casi di associazione tra culto religioso e produzione artigianale, in particolare
metallurgica, come i casi analizzati dalla studiosa di Micene, Tirinto, Pilo e Dimini. Quest'ultimo è
caratterizzato da due strutture dette Megaron A e Megaron B, di cui la prima addetta a laboratori
e magazzini e la seconda a funzioni cultuali 32 (Tavola III). L’idea che anche i santuari micenei, o
almeno alcuni di essi, funzionassero sia come centri religiosi che come centri economici si è
rapidamente diffusa sia tra gli archeologi che tra i filologi. La suggestione per cui intorno al
tempio girasse una vita anche economica dipende invece, secondo C. Antonelli, da una tacita
analogia con il mondo orientale, sumerico in particolare, che risente di una massiccia presenza
del tempio nella vita dello stato, ma soprattutto grazie allo studio di un gruppo di testi in Lineare B
provenienti da Pilo, Cnosso e Tebe contraddistinto dalla presenza dell’aggettivo po-ti-ni-ja-we-jo
derivante dal teonimo po-ti-ni-ja ed equivalente, sulla scorta delle varie proposte, a “appartenente
alla tenuta della Potnia”, “sacerdote della Potnia”, “appartenente alla Potnia”, vale a dire, realtà
legate alla divinità femminile33. Pur trovando riscontro del legame fra proprietà terriera ed ambito
sacro a Pilo ed in numerosi altri testi, la connessione fra ateliers e sfera religiosa è documentata a
livello archeologico con strutture vere e proprie solo per l’ambito minoico, per il mondo miceneo,
è solo il Cult Centre di Micene che ha restituito arnesi da lavoro e materie prime solo
parzialmente lavorate, fondamentalmente allotrie, in tre aree distinte: all'ingresso del megaron,
nell'area scoperta a nord della stanza con complesso di affreschi e nel santuario. Il megaron ed il
santuario tuttavia, non erano forniti di luce sufficiente per permettere il lavoro all'interno e
29
J. Chadwick, "What do we know about Mycenaean Religion?', Linear B: a 1984 Survey , 1985
30
Whittaker 1997, p. 23
31
Montecchi 2006, p. 162
32
Montecchi 2006, pp. 176-178
33
Antonelli 1995, pp. 415-416
11
dunque, potrebbero essere stati adibiti a depositi della materia prima lavorata in altri punti del
complesso34 di cui però non abbiamo traccia. Per quanto concerne invece il “magazzinaggio della
Potnia”, secondo E. Kyriakidis35, il deposito di materiali è associato a istituzioni religiose, sia nella
civiltà minoica che in quella micenea, in quanto il potenziale di deposito è indicatore di benessere,
di forza politica e materiale. Sotto il profilo prettamente religioso indica il rapporto con il
sovrannaturale, un dare per avere36. Da ultimo, tornando alla parte architettonica santuariale ed
al sincretismo minoico-miceneo, il fatto che alcune pitture micenee mostrino una tipologia di
santuario dalla facciata tripartita che a tutt'oggi sulla base delle evidenze archeologiche, non è
stata rinvenuta, potrebbe indicare un semplice elemento iconografico mutuato da Creta come
rappresentazione convenzionale piuttosto che come immagine reale 37. Tra le strutture
architettoniche dedicate al sacro possiamo sicuramente ascrivere il megaron, organizzato
assialmente al focolare centrale e circondato da colonne, cuore dei palazzi nel TEIIIA1,
parallelamente, il focolare sarà localizzato, nella Grecia classica, al centro del cosmo e concepito
come riferimento dello spazio umano, con evocazione della nozione di fuoco sacro grazie alla
fiamma dipinta sul bordo stuccato38.
Cap. 2 I santuari delle cittadelle: Micene, Tirinto, Philakopi,
Methana
Gli edifici di culto, nella loro particolare forma architettonica ed all’interno del contesto religioso
culturale, hanno delle precise funzioni. Metafisicamente appartengono ad una zona liminale che
separa il mondo umano da quello divino e che contestualmente li pone in contatto. In base alla
loro funzione possono essere classificati in due categorie, una ne prende in considerazione il ruolo
di dimora della divinità e l’altra quello di sala assembleare per l’adorazione del dio. Le due
34
Antonelli 1995, pp. 418-420
35
Kyriakidis 2001, p. 123
36
Kyriakidis 2001, pp. 128-129
37
Whittaker 1997, p. 24
38
Wright 1994, pp. 56-57
12
categorie non sono necessariamente esclusive ma spesso complementari. H. Whittaker ritiene che
la funzione degli edifici di culto micenei in base alla somiglianza con l’architettura domestica, sia
quella di “casa della divinità”39. Meno chiaro, a causa delle ristrette dimensioni, se fossero usati
anche per organizzare attività rituali pubbliche, così come, data la limitata estensione delle corti
esterne, si suppone che le celebrazioni fossero ad appannaggio di una ristretta popolazione o
classe sociale. Alcuni ritrovamenti all’interno dei santuari come lucerne, bracieri, rhyta e kylikes,
inducono ad ipotizzare che alcune cerimonie come ad esempio libagioni e banchetti, dovettero far
parte dell’attività cultuale40. In generale, i centri cultuali, furono utilizzati in modo abbastanza
complesso, come luoghi di deposizione delle offerte votive, attività rituali e aree di emanazione di
cerimonie perpetue. In considerazione della posizione nei pressi di cinte murarie, l’adorazione
della divinità doveva assicurare la protezione della città 41. La relazione dei centri cultuali delle
cittadelle con i palazzi non è stata ancora adeguatamente analizzata, la loro posizione all’interno
della cittadella fa sicuramente parte di un processo di accentramento e forma una parte
importante nelle evidenze della religione micenea. I tratti salienti degli edifici di culto sono la
tarda cronologia di fondazione, la costruzione con tecniche e progetti locali, la localizzazione
all’interno della cittadella ad una certa distanza dal palazzo ed a ridosso del circuito murario,
l’uso di grandi figure in terracotta come statuaria di culto e di banchine come focus dell’attività
rituale. A livello ideologico denotano gradi di complessità variabile, come Micene e Philakopi ad
esempio, che emergono rispetto agli altri per l'unicità dell'organizzazione dello spazio rituale. La
non ufficialità dei culti praticati al loro interno potrebbe essere dimostrata dalla differente cura
architettonica rispetto agli ambienti palatini dove spicca la maestosità del megaron, dal bordo
stuccato e dipinto e circondato da colonne. Anche la loro localizzazione al fondo delle cittadelle
suggerirebbe una funzione secondaria ed ancora una volta è solo Micene che lascia supporre il
collegamento al palazzo attraverso una “via sacra”, che da una porta monumentalizzata ed una
39
Whittaker 1997, pp. 120-138
40
Whittaker 1997, pp. 143-145
41
Whittaker 1997, pp. 154-155
13
rampa ascende alla cittadella e raggiunge la Grande Scala al di sotto del megaron. Al di fuori dei
palazzi i santuari territoriali come Berbati sembrano abbracciare i diversi “sentire” religiosi dei
vari territori gestiti dal palazzo, la cui legittimazione emana dal centro ufficialmente riconosciuto
all’interno della cittadella42.
Par. 2.1 Il Centro Cultuale di Micene: il complesso templare.
Il Centro Cultuale di Micene (Tavola IV) si configura come un luogo di culto autonomo, articolato
in cinque ambienti disposti su diversi livelli, sulle terrazze sud-occidentali della cittadella in
prossimità delle mura ciclopiche. Alcune delle strutture sono state costruite nel TEIIIA2 ed altre
nel TEIIIB1. Danneggiato intorno alla metà del TEIIIB da un terremoto fu restaurato nel TEIIIB2,
dopo una violenta distruzione nel TEIIIC nuove mura e pavimenti vennero ricostruiti. Dopo essere
entrati dalla Porta dei Leoni si procede sulla Grande Rampa incontrando una serie di aree aperte
antistanti alcune costruzioni, la più alta delle quali è il cosiddetto “ Shrine Gamma”, edificio
rettangolare a due vani con altare centrale a ferro di cavallo. Dalla via processionale si accede al
megaron, dai cui annessi e magazzini provengono resti di lavorazione artigianale, a sud del
megaron e divisa da questo da un cortile con altare in pietra e piattaforma intonacata, è la “casa
Tsountas”, forse residenza sacerdotale. Ad un livello inferiore troviamo la corte centrale con altare
circolare in argilla, resti di un pozzo e di uno spazio porticato su cui si affaccia il “Tempio”, più in
basso la “House of the Frescoes” formata da un insieme di stanze con vano principale corredato di
focolare, colonne lignee al centro ed altare, ma soprattutto decorata da affreschi a contenuto
religioso, come l’immagine di una divinità femminile con spighe e grifone e due personaggi
femminili di cui uno armato di spada43. La campagna di scavo del 1968 vide Lord William
Taylour lavorare alla camera principale del complesso che chiamò il “Tempio” grazie anche alla
serie di figurine in argilla rinvenute al di sotto della trincea che attraversava The Citadel House
42
Wright 1994, pp. 61-63
43
Borgna 2005-2006, pp. 69-70
14
Area. Questa parte della cittadella di Micene fu riconosciuta come Centro Cultuale dal Prof. G.E.
Mylonas sulla base sia della scoperta del Tempio che delle stanze ad esso associate e della camera
con complesso di affreschi adiacente, oltre che al carattere inusuale di parte della casa Tsountas a
sud. La quantità dei ritrovamenti, la complessità delle loro associazioni e la questione cronologica
con messa in fase del sito, ha costretto gli studiosi ad un lungo lavoro sfociato nella tesi di
dottorato di Andrew Moore all’Università di Manchester nel 1988. La costruzione, uso e
distruzione del complesso templare e della camera con complesso di affreschi appartengono al
periodo TEIIIB, l’inizio della fase VII è definita dal loro uso e dalla fine causata da un evento
distruttivo, forse un terremoto, i depositi cultuali nella camera con complesso di affreschi e le
aree ausiliarie del tempio furono deliberatamente sigillate all’inizio della fase VIII, mentre il
Tempio restò in uso fino alla distruzione causata da un incendio alla fine della fase stessa 44. Il
complesso templare (Tavola V) comprende le camere XI, 18, l’alcova 18 e 19 che formano una
unità architettonica ben distinta. Pur non avendo utilizzato tecniche di costruzione monumentali,
uno sforzo considerevole deve essere stato impiegato nell'operazione di livellamento della roccia
madre nella zona delle stanze XI e 18; nella stanza 19, sebbene livellata, è stato lasciato inalterato
il naturale profilo della roccia in prossimità dell’alcova 18. Il complesso templare denota una
continuità d’uso nelle due fasi, VII ed VIII, il pavimento intonacato della stanza 18 fu
presumibilmente steso nella fase VII, quando il tempio stesso fu costruito, così come nella stanza
XI che rimase in uso durante l’ultima fase del complesso ed il cui pavimento fu livellato al di sopra
della roccia madre con della terra. Il deposito nell’alcova 18 poggia direttamente sulla superficie
naturale, non vi sono tracce d’intonaco o preparazione pavimentale. Nella stanza 18 l’inizio della
fase VIII è evidenziato da sensibili modifiche quali la stesura di una preparazione di terra al di
sopra del pavimento intonacato, il rivestimento con plesia delle banchine e del palco centrale e la
sigillatura della porta d’accesso alla stanza 19 con pietrame ed intonacatura. Le macerie della
distruzione avvenuta alla fine della fase VIII sembrano aver collassato al di sopra dei pavimenti
44
Moore, Taylour 1999, p. vii
15
delle quattro stanze con tracce di bruciato meno evidenti nella stanza 19 45. La sequenza
stratigrafica è pertanto deducibile dai sopramenzionati dati, al TEIIIB1 si ascrivono le fasi VIB e
VII, la VIB vede il livellamento della roccia e la costruzione del tempio, nella fase VII la camera 19
è in funzione, alla metà del TEIIIB una distruzione, forse a causa di un terremoto, porta ai
cambiamenti visibili nella fase VIII che si ascrive al TEIIIB2 con la sigillatura della stanza 19, il
deposito di varie terrecotte all’interno ed i diversi lavori di restauro. Dopo una violenta
distruzione con incendi nel TEIIIC si passerà alla fase IX con la costruzione di nuove mura e
pavimenti al di sopra delle macerie. In particolare, la datazione dell’evento che segna la fine della
fase VII è definita dai gruppi ceramici isolati all’interno del sito ed assegnati alla metà del TEIIIB, il
materiale ceramico rinvenuto nei riempimenti della distruzione dell'area della cittadella copre un
arco di tempo che va dal Medio Elladico al TEIIIB1, con sensibile assenza delle coppe profonde del
Gruppo B (Tavola VI) appartenenti al TEIIIB246. Al Tempio si accede (Tavola VII) da S con un
percorso composito che inizia dalla Ramp House, una solenne strada lastricata che si sviluppa in
pendenza da N a S e che termina con una biforcazione, da qui, procedendo sul corridoio 4 si
giunge ad una nuova biforcazione, dove utilizzando la gradinata si costeggia il megaron e si
accede alla stanza XI attraverso il vano IV oppure si procede in basso verso la casa Tsountas.
L’accesso dovette essere possibile anche dalla corte immediatamente a S che dà direttamente sulla
stanza XI, come quest’area fosse raggiunta è meno certo ma sembra probabile che vi si accedesse
sia da N che da S lungo passaggi interni alle mura cittadine 47. I ritrovamenti dal complesso
templare ne hanno permesso l'identificazione della funzione cultuale, si tratta principalmente di
ceramica48 fine con kylikes, tazze e coppe, un askos miniaturistico ed una hydria, tra le ceramiche
pesanti una sola anfora e per le ceramiche da cucina due bracieri. Un gruppo unico e molto vario,
di fattura locale come per le ceramiche e che fa riferimento alle iconografie legate alla religione, è
45
Moore, Taylour 1999, p. 1
46
Moore, Taylour 1999, pp. 2-3
47
Moore, Taylour 1999 pp. 9-10
48
Moore, Taylour 1999 p. 32
16
quello delle terrecotte49 antropomorfe e zoomorfe e dei vasi antropomorfi. Tra le terrecotte
miscellanee50 abbiamo figure di tipologia incerta appartenenti a figure antropomorfe indefinite,
un modello di ascia-martello, un tipo di coppa con fori e dipinta monocroma nella faccia
convessa esterna, ed oggetti in argilla non cotta come tavoli tripode, una vasca in argilla, una serie
di dischi e due sigillature. Il Temple Complex è una struttura creata per il culto in una zona della
cittadella progettata per l'attività cultuale dove ritroviamo l'azione espressiva e la presenza del
trascendente indicate dal Renfrew. Le attività riconosciute qui e nella Room with the Fresco
Complex sono state considerate di natura rituale, come il bere ed il mangiare. Rispetto alla
collettività le dimensioni delle stanze sono limitate ed indicano la possibilità di ospitare circa 30
persone, i privati lasciavano le offerte per la divinità come indicato dai testi in Lineare B, le
terrecotte antropomorfe quindi potrebbero aver rappresentato i celebranti del culto come
inducono a pensare il tipo di capelli e della decorazione del viso che apparterrebbero ad un
determinato stile nelle pratiche rituali51. In generale, il culto templare sembra essere diretto ad
una divinità femminile antropomorfa rappresentata forse dalla figurina 68-1577 (Tavola VIII),
che mostra enfasi nella posa con le mani ai seni come divinità della fecondità, della donna che
allatta e della maternità o dall'immagine di culto 68-1585 (Tavola IX) con le braccia in posa “Psi”,
ci troviamo di fronte a due rappresentazioni della stessa divinità o due differenti dee? Le terrecotte
zoomorfe in forma di serpenti (Tavola X) hanno un ruolo ancora oscuro, potrebbero
rappresentare l'aspetto ctonio del culto52. La fase VII e la fase VIII sono in sostanziale continuità,
l'unica modifica architettonica effettuata tra le due fasi riguarda la sigillatura della stanza 19. I
principali ritrovamenti della fase d'uso VIII hanno paralleli con la stanza sigillata 19, cambiamenti
significativi si hanno nella rimozione dell'immagine di culto 68-1577 e nella povertà dei
ritrovamenti della fase VIII rispetto alla VII. Vista la maggiore antichità delle terrecotte rispetto
49
Moore, Taylour 1999 p. 46
50
Moore, Taylour 1999 p. 70
51
Moore, Taylour 1999 p. 114
52
Moore, Taylour 1999, p. 117
17
alla costruzione del tempio, resta aperto il dibattito su dove fosse celebrato il culto prima del
Temple Complex53.
Par. 2.2 La Cittadella Bassa o Unterburg di Tirinto: il complesso
santuariale
Parallelamente a Micene, Tirinto offre evidenze di un simile santuario nella Cittadella Bassa. Qui
erano verosimilmente adibiti al culto alcuni vani a ridosso del tratto occidentale del muro di
fortificazione che sfruttavano una delle casematte della struttura difensiva (Tavola XI) 54. Si tratta
del vano 7, situato all'interno della fortificazione, e del vano 123, facente parte del Bau VI, edificio
di rilievo per la presenza di documenti amministrativi. La funzione cultuale è stata definita per il
vano 7 grazie ai due depositi di figure e figurine nel cortile antistante (9 femminili, 5 teriomorfe e
2 modellini di carro nel più antico, 7 femminili, 7 teriomorfe, 1 vaso miniaturistico ed un rhyton
in frammenti nel più recente), per il vano 123 sulla base dell'altare e dei rhyta zoomorfi ivi
rinvenuti, per quest'ultimo in particolare è stato ipotizzato l'utilizzo di residenza degli addetti alle
pratiche religiose o della sacerdotessa55. Il più antico santuario datato al TEIIIB2, verrà sostituito in
età postpalaziale da un complesso preceduto dalla costruzione dell'edificio R119 in uso per un
breve lasso di tempo. Il santuario della Unterburg di età tardomicenea, mostra 3 fasi costruttive
lungo tutto il TEIIIC con il mantenimento della medesima pianta rettangolare tripartita con il vano
più interno allestito con bassa banchina posta di fronte all'unico ingresso. Le 3 fasi si articolano in
un primo edificio chiamato R117, un piccolo ambiente rettangolare con ingresso non in asse,
colonna lignea al centro ed una banchina sulla parete di fondo, un secondo edificio, R110,
costruito nel TEIIIC iniziale sulle rovine del 117 e simile a questo nella planimetria e negli
elementi accessori e, ugualmente sulle rovine del 110, il 110a alla fine del TEIIIC, il sacello, con
portico in antis ed ingresso sull'asse maggiore, mostra sulla parete di fondo una banchina in
53
Moore, Taylour 1999, p. 118
54
Cultraro 2005, p. 14
55
Borgna 2005-2006, p. 70
18
muratura per l'esposizione e la conservazione delle offerte come per la fase precedente 56. Il TEIIIC
sarà per Tirinto un momento di particolare fortuna, rivestendo un ruolo speciale nella regione
dell'Argolide grazie alla continuità d'uso delle strutture templari sia della Cittadella Bassa che
dell'acropoli, un segmento della società sembra restaurare elementi del vecchio ordine sociale
come per bisogno di autolegittimazione, fermo restando il fatto che, vista la modestia dell'edificio
T rispetto al grande megaron, le attuali elite non siano dotate dello stesso potere delle precedenti 57.
Come Micene e Philakopi il complesso santuariale di Tirinto, rientrerebbe per il Kilian 58 nella
materializzazione dell'ideologia religiosa di corte, così anche Wright 59, vedrebbe nella
dislocazione delle strutture santuariali nell'ambito delle cittadelle fortificate il segno
dell'inclusione nella sede del potere politico di manifestazioni di culto radicate in ambiente
extrapalatino territoriale non ufficiale, ipotesi avallata dalla diffusione delle figure plastiche
parallelamente all'espansione del controllo palaziale. Diversa l'opinione di E. Borgna 60, che oltre a
ritenere che non sussistano sufficienti elementi per individuare la presenza palaziale in ogni
contesto in cui emerga un frammento di figura al tornio riconducibile alla volontà strategica di
acculturazione da parte del palazzo, coglie nell'ambito dell'assetto topografico delle acropoli una
traiettoria più che centripeta, centrifuga61. La Cittadella Bassa di Tirinto fu nella fase estrema
dell'età palaziale, sede di edifici non ufficiali né tanto meno elitari, ospitando una popolazione
media e mista costituita da elementi di provenienza allogena, come dimostrato dalla grande
quantità di ceramica italiana62. Il caso di Tirinto è emblematico perchè permette di analizzare il
fenomeno della compresenza di attività produttive e santuariali in un unico complesso sia da un
punto di vista sincronico, grazie alle evidenze del TEIIIB2, che da un punto di vista diacronico, in
quanto anche nel TEIIIC la zona occidentale (dove sono stati rinvenuti 239 idoli) della Unterburg
56
Cultraro 2005, p. 14
57
Maran 2001, pp. 120-121
58
K. Kilian, Patterns in Cult Activity in the Mycenaean Argolid: Haghia Triada (Klenies), the Profitis Elias Cave (Haghios Hadrianos) and the
Citadel of Tyrins, in Celebrations of death and divinity in the Bronze Age Argolid, Stoccolma 1990
59
Wright 1994, pp. 75-76
60
Borgna 2009-2010, p. 174
61
Borgna 2009-2010, p. 170
62
R. Jung, Cronologia comparata., Vienna 2006
19
sarà utilizzata a scopi economici. In particolare, come analizzato dalla Montecchi, i dieci edifici
(I-X) databili al TEIIIB2, quando la fortificazione a casematte dello spessore di 7 m era già stata
costruita, dovevano servire sia da abitazioni che da botteghe per la fabbricazione di oggetti in
materiale prezioso, dati gli scarti di lavorazione di metallo, osso ed avorio, gli utensili, gli oggetti
finiti e semilavorati. Di questi dieci edifici, la sopramenzionata Haus VI, ha restituito 20 tavolette
in Lineare B che lasciano supporre il lavoro di personaggi coinvolti in attività sia secolari che
religiose, data la vicinanza con il vano 7. L'ipotesi che questo archivio dipendesse dal palazzo è
supportata dal collegamento della Unterburg con l'acropoli grazie al corridoio 50. Dopo le
distruzioni a causa di un fortissimo sisma alla fine del TEIIIB2 l'area occidentale venne pulita e
ricostruita, continuando ad essere funzionale anche alle attività artigianali, come dimostra la
presenza di una fornace per la fusione dei metalli63.
Par. 2.3 Il santuario di Philakopi a Melos
Lo scavo di questo complesso cerimoniale (Tavola XII) e la sua completa pubblicazione sono stati
finalizzati a determinarne la totale estensione ed investigarlo nella sua interezza, cercando anche
di risolverne i problemi interpretativi che generalmente investono l'archeologia della religione e
che dovrebbero rispondere alla domanda: “come riconoscere la traccia archeologica di un
comportamento religioso, una pratica cultuale, essenzialmente per quello che è?” 64, ed anche
quando, tramite lo studio dei resti materiali, si possano dedurre rituali e cerimonie, come poterne
comprendere il significato che gli adepti vi attribuivano all'interno dei valori religiosi del tempo 65?
La sua particolare localizzazione, nell'isola di Melos, lo connoterebbe come santuario cosiddetto
territoriale (insieme a Berbati, Haghios Kostantinos a Methana, Tsoungiza in Argolide, Haghia
Irini a Keos), sorto lontano dai luoghi centrali del potere nel TEIIIA, prima fase di miceneizzazione
63
Montecchi 2006, pp. 171-175
64
Renfrew1985, pp. 1-3
65
Renfrew 1985, p. 11
20
dell'isola e vivacemente attivo fino all'età postpalaziale nel TEIIIC 66. Dopo una prima campagna di
scavo portata avanti tra il 1896 ed il 1899, gli scavi ripresero nel 1974 ad opera della British
School of Archaeology di Atene con lo scopo di ottenere una dettagliata sequenza cronologica, la
parte meridionale del sito era stata scarsamente compresa e sembrava aver mantenuto livelli con
un buon grado di conservazione relativi all'ultima parte dell'età del Bronzo. Vennero così aperte
due aree di scavo ad O di una delle principali sezioni stratigrafiche ed emersero reperti dalla
natura particolare, come ossa umane ed animali, figurine in terracotta, frammenti di gusci di uova
di struzzo e gusci di conchiglia, portando gli scavatori a chiedersi se fossero di fronte ad una zona
a vocazione sacra. Nel 1975 prosegue lo scavo del “Tempio”, rivelando la relazione tra l'edificio in
questione, l'East Shrine, ed il muro di fortificazione meridionale. Nel 1976-1977 verrà scoperto e
scavato il West Shrine
67
. La sequenza stratigrafica evidenzia nel TEIIIA la costruzione del più
antico santuario, il West Shrine, che include le camere A e B (i più importanti ritrovamenti sono
stati effettuati al di sopra del pavimento della camera A, la relazione tra i due ambienti è
confermata dai numerosi collegamenti fra i frammenti relativi al deposito della fase di collasso 68)
situate ad O della camera principale. Successivamente, nella fase Ic viene eretto il muro 661 in
direzione E dall'angolo SE del tempio. La nuova grande fase costruttiva (2a) nel TEIIIB comincia
con l'edificazione del muro di fortificazione ad E del West Shrine e probabilmente poco dopo
prosegue con la costruzione dell'East Shrine a N del muro di fortificazione. Nel TEIIIC viene
seriamente danneggiato l'intero complesso e dalle macerie di questa fase (2b) provengono i più
ricchi ritrovamenti del santuario, questa fase di “collasso”, praticamente simultanea nelle due aree
santuariali, è accompagnata anche da un parziale cedimento del muro di fortificazione. In seguito
all'evento disastroso viene costruito da una parte all'altra del West Shrine il muro di rinforzo
626/733 e l'area al suo interno a S del muro riempita con grandi pietre. Nelle fasi 3a e 3b l'area a
N del muro nel West Shrine e l'East Shrine vengono riutilizzati e piccole aggiunte strutturali
66
Borgna 2005-2006, pp. 70-71
67
Renfrew 1985, pp. 5-6
68
Renfrew 1985, pp. 76-77
21
interne vengono realizzate nella fase 3c, alla fine del TEIIIC l'intero complesso viene abbandonato
69
. Gli elementi strutturali che compongono il complesso santuariale, senza tenere conto del più
tardo Blocking Wall, oltre all'East ed al West Shrine sono: il muro 100 o City Wall ed il muro 661
od Extension Wall che chiude a S una piccola corte con al centro un probabile betilo . La relazione
tra il muro S dell'East Shrine ed il muro 100 è stata indagata con un saggio il cui risultato ha
evidenziato la presso che contemporaneità dei due elementi con leggera precedenza del muro
100, le ricerche hanno anche evidenziato che l'Extension Wall è più tardo del muro 662, o muro
O del West Shrine, la sequenza costruttiva vede: West Shrine - Extension Wall - City Wall
(insieme all'East Shrine)70. Alcuni muri precedenti il tempio sono stati rinvenuti in saggi di scavo,
l'estremità O del tempio è segnata dal muro di fortificazione 950 del TBI, che può aver influenzato
le successive strutture ma senza essere direttamente collegabile alla pianificazione della struttura
templare e senza costituirne prova di un edificio religioso preesistente 71. L'interpretazione
stratigrafica ha comportato notevoli difficoltà sia a causa della suddivisione del santuario in tante
piccole camere con scarsi o nulli diretti collegamenti stratigrafici tra loro, che della grande
dispersione di frammenti delle stesse figurine nelle distinte zone della struttura templare. Il
santuario di Philakopi si caratterizza anche per il riuso nelle pratiche religiose delle figurine in
frammenti in quanto oggetti sacri, prima della loro definitiva eliminazione. Relativamente alla
cronologia relativa degli ambienti invece, questa è stata realizzata con la messa in fase delle varie
sequenze stratigrafiche oltre a crossdating con alcune tipologie di ritrovamenti, come la ceramica
micenea classificata dal Furumark, grazie all'alto grado di standardizzazione interregionale egea
tra TEIIIA e IIIB, e le figurine in terracotta studiate dalla French 72. Sono pochi in realtà i
raggruppamenti ceramici ben conservati, le evidenze maggiori vengono dai depositi della fase di
collasso 2b e piccole evoluzioni stilistiche si notano nella fase tarda del santuario. Il West Shrine
69
Renfrew 1985, p. 7
70
Renfrew 1985, pp. 74-75
71
Renfrew 1985, pp. 79-80
72
Renfrew 1985, pp. 71-72
22
contiene depositi ceramici databili tra TEIIIA1-IIIA2 e, successivamente alla costruzione, materiali
di TEIIIB-IIIC, scarse le quantità di ceramica TEIIIA2-IIIB1, la stessa Lady of Philakopi (Tavola XIII)
è databile al TEIIIA2. I rinvenimenti ad E dell'area del santuario sono stati assegnati al TEIIIB1,
fornendo un terminus post quem alla costruzione del City Wall e dell'East Shrine. I depositi
assegnabili al TEIIIC hanno comportato maggiori difficoltà di periodizzazione tipologica vista la
grande diversità di stili locali identificabile in questo momento, molti dei più importanti materiali
sono importazioni da Micene e Tirinto73. La ceramica tarda del santuario (fasi 2a, 2b, 3) è
dominata da coppe profonde e kylikes prevalentemente monocrome, queste forme hanno origine
nel TEIIIA2. La ceramica del santuario in queste fasi è caratterizzata da una piccola evoluzione
interna e dall'assenza degli elementi caratteristici del IIIC come l' Octopus Style da Naxos o il
vicino stile argivo o quello pittorico da Lefkandi, tanto da far parlare per Philakopi di “Stile
Limbo”. I contesti di rinvenimento si localizzano in tre punti: la camera B e la banchina di culto
nel West Shrine e la strada a S dell'East Shrine; i materiali, coppe profonde decorate e coppe
angolari non decorate, tripodi da cottura, stirrup and double jars, figurine PSI, rispecchiano nelle
loro caratteristiche, l'isolamento di Melos durante il TEIIIC 74. Sulla base della ceramica micenea
(Argolide, Attica, Eubea) e dell'incrocio con le cronologie dell'Egitto e del Mediterraneo orientale,
si può datare la costruzione del West Shrine intorno al 1360 a.C., del City Wall e dell'East Shrine
nel 1270 a.C. circa, il collasso nel 1120 a.C. circa e l'abbandono finale tra il 1100 ed il 1090 a.C.
circa75. Colin Renfrew76 ha analizzato attentamente le evidenze archeologiche sia in una
prospettiva strettamente “melia” che allargata ad ambito egeo, per poter dimostrare la funzione
cerimoniale di questo complesso. I reperti hanno fin da subito dato suggerimento della natura non
ordinaria del sito, i confronti sono stati possibili con oggetti rituali del mondo miceneo, così, sia
nel tipo delle figure e figurine, maschili, femminili ed animali, che nella loro giustapposizione
73
Renfrew 1985, pp. 80-81
74
Renfrew 1985, pp. 83-84
75
Renfrew 1985, pp. 85-86
76
Renfrew 1985, pp. 361 ss.
23
(maschi e femmine nel West Shrine e loro accompagnatori, umani ed animali sempre nel West
Shrine e solo animali nell'East Shrine) è stata vista una differenziazione delle funzioni cultuali dei
vari ambienti, restando aperto il dibattito se, a parte la Lady of Philakopi di notevoli dimensioni,
quelle umane siano da identificare come immagini di culto o immagini votive. Alcuni elementi
inusuali sono stati identificati come offerte, sigilli, vaghi di collana, gusci di uova di struzzo, uno
scarabeo, oggetti in metallo ed avorio oltre alle offerte di cibo e bevande. Attribuite all'uso della
musica nel santuario sono due conchiglie complete ed un guscio di tartaruga. Gli elementi
costruttivi che rimandano al culto e sono confrontabili con l'ambito egeo, sono sia le piccole
camere usate anche come ripostigli di oggetti sacri, che le banchine, i podi, le piattaforme e le
nicchie necessari a focalizzare l'attenzione dei devoti. Vasi piedistallo e lampade colonnari in
pietra trovano riscontri sia in siti minoici che micenei. La singolarità del complesso e la
ridondanza degli elementi mobili ed immobili, connota questo come santuario, per una limitata
popolazione, in un momento in cui Melos poteva essere sottoposta alla dominazione politica egea,
o comunque averne adottato un preciso sistema simbolico. Posizionato non lontano dal palazzo ed
addossato alle mura difensive, il santuario poteva essere non utilizzato per cerimonie pubbliche
vista la scarsità di oggetti preziosi, ma ugualmente approvato dall'autorità locale. Con la fase di
collasso un generale impoverimento s'impadronisce dell'area, si riduce la superficie interna,
l'immagine di culto viene eliminata, la corte ed il betilo bruciati e gli articoli di culto riutilizzati,
l'azione militare che distrusse anche il palazzo pose fine al governo centralizzato dell'isola e
l'insieme di credenze e valori religiosi fino ad allora professati77.
77
Renfrew 1985, p. 391
24
Par. 2.4 Ayios Konstantinos, Methana: architettura religiosa
micenea
Il complesso templare di Ayos Konstantinos in Argolide (Tavola XIV) si configura, al pari di
Philakopi, come santuario territoriale. Sorto sulla costa orientale della penisola di Methana, si
inserisce in un complesso di edifici micenei scavati nell'ultimo decennio e che si estendono a N ed
ad O della moderna chiesa di Ayios Konstantinos ed Ayia Eleni sulla parte più alta della terrazza di
una bassa collina. La camera A, già presentata al mondo scientifico dallo studioso Y. Hamilakis 78 fa
parte di un complesso di edifici che si estende immediatamente ad O della chiesa. Strettamente
associate a questa sono le camere B e C, la camera D, immediatamente a S, è connessa con un'altra
serie di strutture che si sviluppano ad O. Uno stretto passaggio dall'angolo NE della camera C
conduce all'area F, una sorta di piccola corte recintata e fiancheggiata ad E ed ad O dalle camere G
ed O rispettivamente. La camera G è una grande struttura tipo megaron, mentre la camera O,
direttamente opposta alla G, è un lungo ambiente senza partizioni interne che fa parte insieme
alle camere E, J, S, U, V ed H, di un grande complesso di edifici. Di eccezionale interesse è l'edificio
Z, a circa 10m a N dell'edificio W, quest'ultimo allineato con le camere G ed O. Le strutture cui
possa essere assegnata una funzione cultuale sono: le camere A, B e C, la camera G e la frontale
area F, la camera H e l'adiacente camera E, l'edificio Z 79. La funzione cultuale è stata assegnata alla
Camera A sulla base delle installazioni fisse, la disposizione generale ed il tipo di depositi.
L'accesso è fuori asse, orientata ad E, direttamente opposta all'entrata è una banchina in pietra che
sembra essere stata il punto focale del culto. Di forma rozzamente quadrata occupa l'angolo NO
della camera, contro il muro N sono anche tre bassi gradini su cui erano deposte circa 150
figurine principalmente raffiguranti bovidi, il repertorio è completato da figurine PSI e PHI
femminili, conduttori di carro e “toreadori”. Una figura del gruppo dei volteggi su toro stante sul
gradino più alto è stata proposta come immagine di culto, l'associazione di Poseidone con tori e
78
Y. Hamilakis, Animal sacrifice and Mycenaean societies: preliminary thoughts on the zooarchaeological evidence from the sanctuary at
Ag. Konstantinos, Methana,' Athens 2003, Vol. I, pp. 249-256
79
Konsolaki Yannopolou 2004, pp. 61-62
25
cavalli ha fatto ritenere che questo santuario fosse dedicato a lui. Il culto di Poseidone presso i
Micenei è ben attestato e predominante in Troezenia nei periodi tardi 80, che qui fosse venerato con
la sua compagna, è ipotizzabile sulla base della singola figurina PSI deposta sul secondo gradino e
di due figure che occupano il sedile del modellino di carro di Methana. Sulla banchina erano
anche deposti arredi miniaturistici, un frammento di nave miniaturizzata, vasi miniaturistici,
kylikes, un alabastron, una coppa profonda, un grande guscio di tritone tagliato nella parte
apicale forse utilizzato come rhyton. Opposto alla banchina gradinata si trova un basso ripiano in
pietra che corre lungo tutto il muro S, pochi i frammenti ceramici rinvenuti, utilizzato
probabilmente per la deposizione di offerte di cibo. Una piccola zona centrale risulta pavimentata
con pietra arenaria di forma irregolare che crea una bassa piattaforma il cui uso è ancora da
interpretare. Nell'angolo SO della camera è stato rinvenuto il frammento superiore di una giara in
ceramica comune deposta sul pavimento, nelle vicinanze è stato trovato un mestolo, coppe
biansate, un alabastron ed un rhyton a forma di testa di maiale, suggerendo attività di libagione.
A sinistra dell'accesso è stato portato alla luce un piccolo focolare, nelle vicinanze frammenti di
calderoni tripode, ceramica da cucina ed un braciere con tracce di bruciato. Il focolare era
riempito con cenere ed ossa animali bruciate. La preponderanza di ossa di maiale, e la presenza
del rhyton a testa di maiale, rispetto a quelle di capra e pecora trovate nelle altre camere, induce a
ritenere che connessioni rituali con Creta sono possibili nella religione micenea ove dimostrabile
l'uso congiunto di sacrifici animali e libagioni di sangue. Il richiamo alla religione minoica è
supportato anche dal frammento di “Corna di Consacrazione” (Tavola XV) rinvenuto sul secondo
gradino della banchina81. La camera B si trova a N della camera A, sul lato E non è delimitata da
muri, la costruzione della chiesa deve aver parzialmente distrutto le strutture antiche. Nell'angolo
NO si trova un focolare, presso cui è stato rinvenuto un calderone tripode, l'ambiente doveva
servire per la preparazione dei pasti rituali che venivano ipoteticamente consumati nella zona a S
80
Konsolaki Yannopolou 2004, pp. 63-64
81
Konsolaki Yannopolou 2004, pp. 65-68
26
della chiesa dove sono stati rinvenuti frammenti di kylikes e calderoni tripode. La camera C si
trova a N della camera B ed ha accesso da E anche se il muro N conserva un'apertura. Lo scavo di
una fossa riempita con terra nel pavimento ha portato alla luce una sepoltura d'infante in cista ed
i resti di più antiche inumazioni, il contenuto della cista data il suo uso al TEIIIA2-IIIB1, momento
in cui il santuario è in funzione, la presenza di resti infantili potrebbe essere interpretata in
relazione ad un'attività rituale apotropaica volta all'esorcismo di una causa di morte prematura.
L'area F a N della camera C era probabilmente una corte recintata di piccole dimensioni,
permetteva il controllo dell'accesso delle camere G ed O. Sul lato S, di fronte all'entrata bloccata
della camera C, si trova una bassa banchina costruita con pietre mescolate a terra, nell'angolo al
limite O della banchina si trova un masso rozzamente lavorato con una profonda cavità conica
senza alcun ricettacolo e che quindi poggia direttamente sulla terra battuta. Il confronto con la
Camera XXXII della House G di Asine, il rinvenimento di frammenti di rhyton e di figurine PSI e
PHI supporta l'interpretazione di questa struttura come idonea a libagioni in offerta alla terra. La
camera G, cui si accede dall'area F, ha forma megaroide, alla destra dell'ingresso, un grande foro
nella roccia madre sembra essere servito per l'inserimento di colonne lignee a decorazione della
facciata. Il megaron consiste in una spaziosa stanza di 7,30 x 5m, si conservano tre basi in pietra
di colonne lignee, il tetto era sostenuto da due colonne posizionate sull'asse principale EO.
All'interno della fossa scavata nella roccia madre entro cui era fissato uno dei pilastri cilindrici,
sono state rinvenute kylikes dipinte, una figurina proto PHI ed una pietra serpentina lentiforme
con rappresentazione di tori. Pezzi di carbone ed uno strato di terra nerastra sembrano indicare
la presenza di un focolare tra i pilastri a supporto del tetto. Un altro focolare costruito forse
successivamente si trova nell'angolo NO della camera. Il muro N è interrotto ad E da due gradini
che dovevano condurre ad un piano superiore, vicino ai gradini, su una bassa banchina
rettangolare era deposta una figurina PHI B frammentaria, una depressione conica doveva
fungere da ricettacolo per le libagioni. La disposizione di questi arredi ha uno stretto parallelo con
27
la casa Tsountas a Micene. Una larga porzione della roccia nativa sulla facciata interna del muro S
venne tagliata per ricavarne un podio rettangolare, posizione che ritroviamo per il trono nei
megara dei palazzi micenei. La camera G potrebbe aver avuto una funzione stagionale in
occasione di processioni cerimoniali? Si può istituire un parallelo nella dualità di Philakopi con le
camere A e G? La camera H alle spalle delle camere A e B, era originariamente comunicante con la
camera E a N, l'occlusione dell'accesso comportò il suo inutilizzo. Il pavimento in terra battuta
sulla roccia madre ha restituito molti resti di pasto come ossa animali, gusci marini e semi. I
frammenti ceramici databili al TEIIIB sono riconducibili a forme da cucina in ceramica comune e
ceramica fine, di particolare interesse due frammenti di coppe Vapheio databili al TEII. Il
rinvenimento più importante è riferibile ad una placca di terracotta con tracce d'intonaco dipinto,
si distinguono delle bande in rosso con una figura stante femminile, il confronto con le placche
stuccate della casa Tsountas indica per questo ambiente una funzione cultuale, l'occlusione e la
fine d'uso rafforzano l'idea di protezione di una zona sacra, la banchina della camera A costruita
direttamente dietro l'angolo SE della camera H, corrobora il concetto di continuità di tradizioni
religiose. La camera E comunicava originariamente con la camera H, al centro del pavimento fatto
di pietre lisciate deposte sulla roccia, era una base circolare in pietra per l'alloggiamento di una
colonna lignea, al di sopra di esso sono stati rinvenuti molti frammenti di una larnax, usata per
abluzioni come quella rinvenuta nella Room with the Fresco a Micene. Il resto delle strutture
della grande corte, Area K, potrebbe aver avuto destinazione di camere sussidiarie per le necessità
pratiche del santuario oltre che in funzione di feste e cerimonie rituali, indicatore potrebbe
esserne la pietra rettangolare rivenuta al centro dello spazio aperto 82. Infine, l'edificio Z, è
rappresentato da un grande megaron miceneo situato a N, l'asse principale è orientato EO e
l'entrata fronteggia una zona aperta ad O, costituito dalla stanza principale e da un'anticamera.
Un interessante rinvenimento è stato realizzato nell'area del portico, un blocco di andesite (Tavola
82
Konsolaki Yannopolou 2004, pp. 69-73
28
XVI) rozzamente lavorato con depressioni circolari tagliate sulla superficie, potrebbe essere stato
usato come kernos e localizzato originariamente di fronte all'edificio. Nell'angolo NE
dell'anticamera è situata una banchina in pietra cui non è stato associato alcun rinvenimento di
natura religiosa. La camera principale era provvista di focolare centrale coperto da un leggero
strato di cenere con notevoli quantità di cibo e frammenti di ceramica da cucina bruciati. L'angolo
SE era occupato da una banchina di uso incerto. I rinvenimenti includono ceramica sia fine che
comune e soprattutto kylikes dipinte datate al TEIIIA2-IIIB1, oltre a vaghi in steatite, pezzi di
figurine animali, un peso in ematite e del piombo per le riparazioni della ceramica. Ad E della
camera principale una stanza retrostante era provvista di basso ripiano in pietra su tre lati, doveva
fungere da ripostiglio per gli oggetti in ceramica, steatite e pasta vitrea lì rinvenuti. Il megaron di
Ayios Konstantinos deve aver avuto un uso “ufficiale” religioso ed associato al vicino santuario ma
soprattutto una funzione amministrativa. Il complesso di edifici sembra essere stato pianificato
attentamente con una precisa organizzazione dell'intera area sacra, da non escludere il
coinvolgimento di un governatore nel tempio, il santuario potrebbe aver avuto funzioni di luogo
di culto in connessione con altri siti micenei del golfo Saronico e della penisola dell'Argolide 83.
Cap. 3 Forme di culto, rituali, cerimonie
Secondo R. Hagg i più importanti rituali micenei sono: sacrificio animale, offerte incruenti,
libagioni e banchetti comuni84. Le origini, soprattutto di alcuni di questi rituali, sono state cercate
nella religione minoica, probabilmente per una sopravvalutazione dell'influenza cretese su quella
micenea adottata da Sir Arthur Evans ma che in realtà, come già anticipato da J.L. Caskey, vanno
ricondotte al ME ed all'interno del territorio miceneo 85. Assunto che nessuna popolazione umana
possa essere stata priva di valori religiosi e conseguenti pratiche di qualunque tipo, che
83
Konsolaki Yannopolou 2004, pp. 74-76
84
Whittaker 2004, p. 95
85
Hagg 1997, p. 13
29
potrebbero anche non aver lasciato tracce nel record archeologico come emerso ad esempio per il
Dark Age greco86, alcuni elementi databili al ME indicano attività cultuali micenee. Il primo di
questi è una coppia di doppie asce in terracotta da Lerna (Tavola XVII), rinvenute una in una
tomba e l'altra dalla strada di Lerna V fase D, il loro carattere è stato definito votivo o
genericamente simbolico visto il materiale da costruzione 87. Altri due dati riferibili al ME
rimandano a luoghi di culto in uso probabilmente in questo momento, uno si trova nella piccola
isola di Nisakouli, fuori Methoni in Messenia e l'altro è il santuario dell'età del Bronzo al di sotto di
quello più tardo di Apollo Maleatas sulla collina di Kynortion. A Nisakouli (Tavola XVIII) è stato
rinvenuto un focolare o verosimilmente un altare piuttosto basso consistente in un cumulo di
pietre entro cui sono state trovate ossa animali combuste e frammenti ceramici di cui alcuni
riconducibili ad un vaso composto fatto di due coppe, con funzione ipoteticamente rituale. A
Kynortion (Tavola XIX), con potenziale continuità d'uso, è stato scoperto uno strato di cenere mista
a frammenti ed ossa animali (oltre a doppie asce in bronzo) su una terrazza sostenuta da un muro
di età micenea88. Ossa animali combuste di capra e toro e tipologie ceramiche come coppe e
ciotole in contesti di ME possono essere il segno della continuità di rituale di TE di libagioni e
banchetti comuni e di rituale di combustione dell'animale sacrificale? O, come suggerito dalla
Bergquist, le tracce di fuoco nei santuari sono l'indicatore della preparazione di pasti sacri, vista
anche l'assenza di strutture sacrificali databili all'età del Bronzo 89? La lastra in pietra nella casa
Tsountas è per Mylonas la prova della macellazione di animali 90. Secondo R. Hagg, il sacrificio del
toro in particolare, mostra una chiara connessione con la Creta minoica 91. A dimostrazione di un
sincretismo minoico-miceneo nella Grecia preistorica dei rituali di libagione e di sacrifici animali
(anche definiti sostitutivi se riflessi nella deposizione, ad esempio in tombe micenee, di rhyton in
86
Sourvinou- Inwood, Early sanctuaries, the eighth century and ritual space, in N. Marinatos, R. Hagg (eds.), Greek Sanctuaries. New
Approaches, London & New York, 1993, pp. 1-17.
87
Hagg 1997, p. 14
88
Hagg 1997, pp. 15-16
89
B. Bergquist,, The Archaeology of Sacrifice: Minoan-Mycenaean versus Greek, in R. Hagg, N. Marinatos, G.C. Nordquist (eds.), Early Greek
Cult Practice, Stockholm, 1988 (Skrifter utgivna av Svenska institutet i Athen, Series in-4°, 38), pp. 21-34;
90
Whittaker 2004, p. 98
91
Hagg 1997, p. 17
30
forma di testa animale), R. Laffineur analizza iconografia, materiale e tecnica di pittura del
sarcofago di Haghia Triada con scena di libagione e sacrificio, il cranio di toro rinvenuto nella
Tomba A di Archanes e contesti di ritrovamento cultuali o domestici di rhyta (in forma di uova di
struzzo e tritone ad esempio) nella Creta di MMIIb e tombali nella Grecia continentale di AEI 92.
Come evidenziato da E. Konsolaki, ad Ayios Konstantinos, Apatheia e Magoula a Galatas,
concettualmente, l'uso di vasi perforati connette i mondi, la transizione ha come zona liminale il
vaso stesso, nell'anelo umano continuo di poter comunicare con l'ignoto 93. L'ideologia riflessa nei
reperti, l'elemento liquido che passa dal rhyton alla terra, il suo potere fecondante, il richiamo
iconografico al mondo terrestre (più vicino alla continentalità dei Micenei con un Ade
sotterraneo) e marino (idoneo alla talassocrazia minoica ed alla concezione dell'aldilà di tipo
Eliseo) mostra un sincretismo in senso inverso, come un viaggio da Cnosso a Micene e ritorno 94. La
trasposizione di uno stesso rituale dal contesto funerario a quello “santuariale” con continuità dal
ME e periodo arcaico miceneo al TE, è evidente nelle cosiddette strutture a “ferro di cavallo”
analizzate da M. Hielte Stavropoulou95. I cimiteri potrebbero aver avuto una funzione sociale
nell'esecuzione di cerimonie religiose come ben documentato per Creta 96 ed ipotizzabile per la
Grecia continentale, come luoghi di comunicazione non solo con gli antenati ma anche con gli dei
97
. In alcune necropoli a tumulo sono state rinvenute installazioni cosiddette horseshoe-shaped,
dal significato apparentemente rituale soprattutto in considerazione dell'intera area tombale e del
suo uso come luogo di riunione comunitaria di tradizione si cretese ma anche indoeuropea; a tal
proposito vale ricordare che in alcuni antichi tumuli, la terra di riempimento proviene da
insediamenti di AE, come per legittimare la presa di potere da parte dei nuovi arrivati. Proprio
negli antichi tumuli di fine AE inizi ME sono venute alla luce le prime piattaforme a ferro di
92
Laffineur 1994
93
Konsolaki Yannopoulou2001
94
Laffineur 1994, pp. 142-143
95
Hielte Stavropoulou 2001
96
K. Branigan, Dancing with Death. Life and Death in Southern Crete c. 3000-2000 B.C. ,1993
97
Hielte Stavropoulou 2001 , p. 103
31
cavallo, è questo un momento cronologico in cui emergono le elite guerriere che per il
riconoscimento del loro status adottano anche un particolare “stile di morte”; se la religione aiuta
a regolare i processi economici e sociali della società, la pratica di culto regolare riafferma ogni
volta l'idea cosmologica dell'autorità, con la conseguente distinzione in classi al cui vertice, in vita
come in morte, è il capo guerriero, le piattaforme a ferro di cavallo potrebbero essere state
costruite come simbolo di connessione con la sepoltura del maschio “dominante”? 98. Le strutture a
ferro di cavallo sono state rinvenute nei tumuli di Kokkolata ed Oikopeda nell'isola di Cefalonia,
nel Circolo B di Micene, a Papoulia e Vaidokolia in Messenia, a Vrana, ad Argos e da Routsi,
nell'area di Pilo99. Tutti i tumuli del Peloponneso hanno strati di ceneri e, come a Vrana,
installazioni per fuoco fisse tra i tumuli, oltre a ciò, si trovano, dentro ed intorno ai tumuli, prove
di attività di libagione, come le anfore rotte intenzionalmente ed infisse nel terreno per
canalizzare i liquidi offerti100. I rituali qui praticati, potevano passare dal culto dell'antenato
all'adorazione del dio, la piattaforma a ferro di cavallo poteva anche servire, prima della sepoltura,
alla preparazione dei corpi che secondo un archeologo norvegese potevano essere visti come doni
per gli dei. La conformazione di queste strutture è stata definita inizialmente Selene, in quanto
imitazione della semiluna, e poi vista come riproduzione della casa absidata greca che qui diviene
la “casa di culto”. In alcune necropoli potevano svolgersi riti religiosi che hanno origini
preistoriche, con processioni, offerte, musica e danze, ciclicamente in onore della Grande Divinità
della Natura con il coinvolgimento della morte nella celebrazione dei suoi aspetti ctoni
101
. Il fuoco
è elemento comune ai rituali sia di ambito sepolcrale che santuariale e sarà tratto distintivo del
rituale greco di età storica con la cremazione a volte di parti ben selezionate dell'animale.
Universalmente è accettata l'ipotesi per cui fosse parte anche della pratica rituale micenea. I dati
archeologici di alcuni siti (Pilo, Micene, Eleusi, Methana) sono stati revisionati per verificare il
98
Hielte Stavropoulou 2001 , pp. 104-105
99
Hielte Stavropoulou 2001 , pp. 105-107
100
Hielte Stavropoulou 2001 , p. 108
101
Hielte Stavropoulou 2001 , pp. 109-111
32
ruolo della combustione dell'animale sacrificale nel rituale miceneo 102. Il tratto comune è, oltre
alla presenza di ossa animali combuste e cenere, quella del focolare. Il contrasto evidente sta nella
monumentalità e centralità dei megara, come per Micene, e la ristrettezza e riservatezza dei
santuari micenei, come per la Camera A di Methana. Il grande fuoco del periodo greco tardo
produceva una notevole quantità di fumo inidonea ad uno spazio ristretto come quello di
Methana, dove tra l'altro, una pietra verticale, poteva fare da supporto ad uno spiedo, lasciando
ipotizzare che qui venissero molto più plausibilmente cotti i pasti rituali 103. A conferma di ciò
sarebbero le sempre presenti ceramiche da cucina. Lo stesso contrasto si ha nella Camera 31 di
Micene o Room with the Fresco, dove il focolare ovale coperto da un baldacchino è caratterizzato
da dimensioni e posizione adatte alla scenograficità del sacrificio di combustione. Così da Tirinto,
Kynortion, Kalapodi, Pilo e Tsoungiza, ed in connessione con le documentazioni epigrafiche dalle
tavolette in Lineare B che parlano di pasti per banchetti, le numerose ossa animali rinvenute non
selezionate né a livello di soggetto né di specifica parte, mostrano per la religione micenea
l'inesistenza di un modello di rituale sacrificale codificato, ma l'importanza del sacrificio in
funzione della preparazione dei cibi, nutrimento della divinità 104 ed atto centrale dell'attività
rituale pubblica. I banchetti rituali, come sappiamo dalle tavolette di Pilo e dai noduli iscritti in
Lineare B di Tebe, erano presieduti dal wanax, il governatore miceneo, potevano partecipare
anche 1000 persone, sui luoghi di svolgimento non abbiamo evidenze archeologiche, una
tavoletta da Pilo menziona un posto chiamato Pakijana, forse un santuario esterno al palazzo. Il
banchetto doveva avere implicazioni socio-politiche ed il wanax diventava mediatore religioso
esibendo la sua generosità nella distribuzione del pasto rituale 105. I santuari ormai accreditati,
Micene, Tirinto, Philakopi e Methana, sono provvisti di corti ed aree aperte, ma sempre di piccole
dimensioni. Le offerte in alcune religioni sono poste di fronte alla statua della divinità, immagine
102
Whittaker 2008, p. 183
103
Whittaker 2008, p. 184
104
Whittaker 2008, p. 186-188
105
Whittaker 2004, pp. 95-97
33
che manca per la religione micenea. Le figurine in terracotta trovate in situ deposte sulle
piattaforme sono state differenziate tipologicamente, abbiamo così grandi figure monocrome a
Micene che rappresentano per il Moore dei celebranti del culto, altre piccole e decorate come a
Philakopi e Tirinto, e figure maschili solo a Philakopi. Alcune, come la Lady of Philakopi,
potrebbero rappresentare l'immagine del culto, ma molte potrebbero aver permanentemente
interpretato una scena di offerta ed adorazione, tutte in ogni caso, sono state portate alla luce nei
santuari106. Secondo Laffineur107l'imagery
divina nell'età del Bronzo, diversamente dagli dei
olimpi del I millennio, consiste in rappresentazioni antropomorfe dei principi universali, come ad
esempio la fertilità o la Grande Madre. Figurine PHI (Tavola XX) e PSI da Micene o
dall'identificazione incerta come il “Signore di Asine”, o la figura con le mani ai seni dal Cult
Centre, portate a volte in processione durante le teoporije come documentato dalle tavolette in
Lineare B e dalle pitture murarie di Micene e Tirinto. Figure e figurine, sarebbero secondo C.
Renfrew, in base ai gradi di identificazione ed interpretazione, rappresentazioni di divinità
antropomorfe o di divinità astratte, adoratori o offerenti e figure votive, tutte comunque prive di
specifici attributi. Nel caso dei serpenti attorcigliati dal Cult Centre, questi potrebbero avere anche
una funzione di protezione o il ruolo di daimones
108
. Pur se numericamente ben rappresentati e
recettori di offerte in base alla documentazione delle tavolette in Lineare B, il pantheon miceneo
non prevede divinità teriomorfe, le iconografie animali che mostrano tori e capre vicino ad una
tavola sacrificale con coltelli ed asce od in posizione araldica con una colonna che è l'immagine
aniconica della divinità, sono il punto focale solo nelle scene di sacrificio, esprimendo quindi il
ruolo fondamentale di comunione con la divinità stessa109.
106
Whittaker 2004, pp. 104-106
107
Laffineur2001
108
Laffineur 2001, pp. 387-388
109
Rousioti 2001
34
Cap. 4 La religione, l'autorità ed il popolo
R. Hagg, riprendendo quanto postulato da Angelo Brelich 110, vede nella religione micenea una
pluristratificazione i cui livelli macroscopici sono il culto ufficiale e quello popolare e tra questi
livelli intermedi111. Il culto di “Stato” riflette il grado di governo raggiunto dalla società micenea e
quindi si può anche parlare di rituali a conduzione elitaria. Nella parabola diacronica della
società elladica, per le fasi dell'Antica e Media età del Bronzo, la sfera religiosa è espressa in
associazione all'enfatizzazione dell'ideologia militare nel rituale funerario, sia con ostentazione del
rango e dunque della competitività delle varie elite, che con l'uso di ceramica domestica in
funzione di vasi da libagione. I Circoli A e B di Micene hanno restituito offerte di cibo e bevande
oltre a vasti corredi di armature in bronzo. Nel ME si può parlare di attività religiosa connessa con
l'espressione del potere nel santuario all'aria aperta di Kynortion, l'ostentazione di ricchezza in un
contesto chiaramente rituale è evidenziata dalla deposizione di pugnali, spade in bronzo e punte
di lancia nel santuario, riflesso del coinvolgimento dell' elite guerriera nel culto. I ritrovamenti di
Kynortion sono tra l'altro confrontabili con i corredi del Circolo A, a dimostrazione del “teatro dei
combattimenti” utilizzato dai diversi gruppi di elite. Micene con i corredi tombali e Kynortion con
le offerte votive fanno da sfondo al consolidamento del potere da parte dell'autorità con
l'espansione micenea nell'Argolide. L'incremento dell'attività cultuale e quindi lo sviluppo del
ruolo sociale della religione micenea si ha nel TEII, momento in cui sono databili anelli d'oro con
scene religiose dalla Grecia continentale, l'ideologia militare elladica acquista ora una dimensione
religiosa, con iconografie mutuate dalla religione minoica, come la doppia ascia con piccola
figura con scudo ad otto e spada incise su un anello dal Tesoro dell'Acropoli 112. Laffineur
attribuisce al TEII il mutamento delle iconografie che da scene di guerra e caccia passano a scene
emblematiche di leoni e grifoni, enfatizzando il rapporto “simbiotico” tra sovrannaturale e potere
110
A. Brelich, "Religione micenea: osservazioni metodologiche", Atti e memorie del I" Congresso Internazionale di Micenologia, Roma 27
settembre - 3 ottobre 1967 , 1968, pp. 919-928.
111
Hagg 1995, p. 387
112
Whittaker 2001, pp. 355-358
35
politico113. Al TEIII si attribuiscono i santuari delle cittadelle, questi, situati all'interno delle mura
di fortificazione (Micene, Midea e Tirinto), trasferiscono simbolicamente la funzione difensiva
strutturale, alla funzione protettiva della divinità. La loro ufficialità è sottolineata dalle vie
processionali che come nel Cult Centre, collegano il santuario al palazzo114. In merito all'ufficialità
del culto, il coinvolgimento palaziale è attestato dalle tavolette in Lineare B di Pilo e dai noduli
iscritti ed impressi da Tebe e dai dati archeologici. Le tavolette da Pilo, dove il vano 93 del North
Eastern Building è stato considerato un piccolo sacello in base alla presenza di una base stuccata
nel cortile antistante di un possibile altare, registrano l'invio di beni di prima necessità alle divinità
ed ai santuari, menzionando festival religiosi, sacerdoti e sacerdotesse, oltre a persone designate
come “schiavi del dio” e l'esistenza di un calendario di culto. I circa 60 noduli da Tebe invece
registrano un quantitativo di animali inviati per una festa religiosa che corrisponde al
quantitativo registrato sulla tavoletta Un 138 da Pilo, indizio forse, sia dell'esistenza di uno
standard necessario all'organizzazione di sacrificio e banchetto per circa 1000 persone, sia di una
festa codificata a livello regionale e per cui il governatore se ne assume la totale responsabilità.
Altra tavoletta da Pilo, la Un 2, registra un quantitativo di animali leggermente inferiore e con
diversa composizione ma specificandone la causa dell'invio come cerimonia religiosa. Il wanax
dunque sembra essere il più alto ufficiale religioso 115. I dati epigrafici, le tavolette ed i noduli,
indicano dunque per la fine del periodo palaziale il coinvolgimento del governatore miceneo nella
sfera religiosa, per le fasi antiche e tarde, di cui abbiamo il dato archeologico soltanto, si può
parlare di un livello ufficiale. A Tirinto, anche dopo la distruzione del palazzo, le caratteristiche
cultuali palaziali vengono mantenute116. Il culto di stato veniva svolto nel megaron del palazzo ed
era officiato dal wanax, tra Micene e Pilo la propaganda ufficiale mostra un diverso modo di
rappresentare gli aspetti guerrieri e religiosi della società micenea, forse per l'emersione di
113
R. Laffineur, “Iconography as Evidence of Social and Political Status,” in EIKVN , pp. 105-115
114
Whittaker 2001, p. 360
115
Hagg 1995, p. 388
116
Hagg 1995, p. 390
36
differenziazioni regionali nel TEIIIB. A Pilo, nel megaron è stato rinvenuto un affresco di sacrificio
e banchetto, mentre quello di Micene era decorato con scene di battaglia, le scene di battaglia
sono rappresentate a Pilo nell'edificio SO, sede del lawaghetas, considerato per status inferiore al
wanax, il messaggio militare era subordinato a quello religioso? In Argolide e Messenia si aveva
un diverso modo di legittimare il potere117? In contrasto con il culto ufficiale, quello popolare o
come definito dal Wright118 “non palaziale”, mostra un repertorio di paraphernalia limitato, fatto
di figurine di terracotta ordinarie e forme ceramiche da mensa. Esempi di questa categoria sono
per il Kilian i ritrovamenti nella grotta di Profitis Elias vicino ad Agios Adrianos, il santuario di
pellegrinaggio nei pressi di Klenies, sulla strada tra Micene e Corinto ed un semplice santuario
presso la porta di servizio del palazzo di Tirinto 119. J.C. Wright inserisce all'interno delle strutture
per la celebrazione di riti della dimensione religiosa popolare alcuni ritrovamenti accomunati
dalla mancanza di definizione architettonica e dalla localizzazione topografica esterna ai palazzi,
per quanto riguarda i paraphernalia questi possono dirsi ordinari ma vicini a quelli rivenuti nei
santuari delle cittadelle120. Nella cittadella di Asine la House G (Tavola XXI), datata al TEIIIC ha
restituito una grande testa di una probabile figura femminile, figurine femminili, ceramica ed uno
strumento in pietra attorno ad una banchina in un angolo della camera cultuale. Ad Amyklai, un
sito fuori Sparta, sono stati ritrovati manufatti databili al TEIIIB-IIIC e con continuità nel Dark
Age, le grandi figure frammentarie ed il gruppo di asce in bronzo richiamano una tradizione
iconografica di libagioni cerimoniali associate alla divinità ed alla nobiltà, topograficamente è
caratterizzato dall'assenza di cittadelle e palazzi o grandi insediamenti nelle vicinanze. Ad
Epidauro il già menzionato santuario di Kynortion. A Tsoungiza è stato scavato un deposito rurale
datato al TEIIIA2 con figure femminili ed animali di cui una simile alla Lady of Philakopi. Ad
Aigina, pur se inadeguatamente pubblicato, i resti micenei al di sotto della terrazza del sito di
117
Whittaker 2001, pp. 359-360
118
Wright 1994
119
K. Kilian, "Patterns in the Cult Activity in the Mycenaean Argolid", in Celebrations of death and divinity in the Bronze Age Argolid ,
Stoccolma 1990, pp. 185-196
120
Wright 1994, pp. 63-72
37
culto di periodo storico ad Atena Aphaia hanno restituito molte figurine femminili ed animali,
oltre ad un trono ed un' auriga. A Delfi, fuori contesto, figure di bovini ed una figura femminile.
Altri centri di attività di culto sono riconosciuti nel sito di Aiya Triada in Corinzia e Marmaria a
Delfi, da Berbati l'evidenza di due case di culto con figurine, ceramica e piccole banchine come
installazioni fisse. Difficile parlare di culti popolari od ufficiali, la grande varietà di manifestazioni
potrebbe riflettere come indicato dal Wright121, l'evoluzione della religione micenea dopo la
nascita dei palazzi, la complessità amministrativa di un grande territorio potrebbe aver implicato
una complessità religiosa che andava ramificandosi sulla base della distanza dal centro palaziale o
dal centro di riferimento, ma che comunque era presente in quanto forma di legittimazione del
potere da parte della divinità.
Cap. 5 Dalle influenze minoiche alle connessioni levantine :
quali origini?
La cultura micenea in molti dei suoi aspetti, fu influenzata da quella minoica e Creta è divenuta la
fonte più ovvia di ricerca di modelli esterni di sviluppo dell'architettura sacra della Grecia
continentale. Le evidenze iconografiche delle rappresentazioni rinvenute nelle strutture sacre
miceneee hanno confronti stringenti con prototipi minoici, come la rappresentazione dei santuari
su lamina d'oro dalle tombe a pozzo, le riproduzioni su anelli d'oro, gli affreschi dai palazzi di Pilo
e Tirinto122. Le interconnessioni minoico-micenee potrebbero essere dovute a quello che è
generalmente accettato come periodo di controllo miceneo su Creta nel TMIII. La definizione delle
reciproche influenze è complicata dalla considerazione per cui se il governo miceneo può aver
inciso sulla religione minoica con l'imposizione forzata di valori micenei per ragioni politiche o
per diffusione di forme culturali, non si può escludere una continuità d'uso di forme culturali
121
Wright 1994, p. 63
122
Whittaker 1997, p. 32
38
minoiche per motivi di consolidamento e legittimazione del potere 123. Tuttavia, prima di parlare
di prototipi minoici, va considerata la possibilità di una presenza amministrativa micenea a Creta
già dal TMII e conseguentemente di una possibile influenza micenea sui culti minoici come ad
esempio sull'uso di tombe di guerrieri. È possibile che le distruzioni del TMIB furono causate da
invasioni micenee o che questi approfittassero di una situazione instabile a Creta? In questo
momento infatti vengono distrutti ed abbandonati molti insediamenti come Festo, Mallia, Kato
Zakro, Ayia Triadha ed in minima parte Cnosso 124. Per quanto riguarda la sfera cultuale si nota tra
TMI e TMIII fenomeni di continuità ed innovazione, così, i peak sanctuaries caratteristici del MM,
se nel periodo neopalaziale vengono associati a rituali ufficiali, cadono in disuso nel periodo
postpalaziale125. Il collasso del sistema neopalaziale e l'insediamento di un dominio straniero
potrebbe aver portato dei cambiamenti nella sfera religiosa, con la sopravvivenza di forme
popolari di culto non coinvolte nei cambiamenti politici come gli spring sanctuaries, legati al culto
delle acque, per cui si hanno testimonianze sia nel TMI che nel TMIII. Di notevole importanza la
continuità d'uso del santuario d'altura di Iouktas, il maggiore centro di culto palaziale del TMI. Se i
Micenei erano presenti a Creta dal TMII, proseguirono ad utilizzare forme di rituale ufficiale della
Creta neopalaziale. Quello che cambia a Iouktas è la forma del culto, come suggerito dal carattere
dei ritrovamenti, figurine animali confrontabili con quelle dal Piazzale dei Sacelli, frammenti della
Dea dalle Braccia Alzate, scompaiono gli arti votivi, peculiari dei santuari d'altura. Anche il
recinto sacro di Kato Symi ha restituito evidenze sia per il TMI che per il TMIII 126. Il tratto più
caratteristico della religione minoica del TMIII è il santuario dedicato alla Dea dalle Braccia Alzate
che Renfrew attribuisce all'occupazione micenea. Caratteristica comune a tutti è la dimensione
limitata ed una piattaforma su cui viene esposta la figura della divinità, architettonicamente
differiscono da quelli micenei e riflettono tradizioni cretesi di AM come la piccola camera con due
123
Whittaker 1997, p. 33
124
Whittaker 1997, p. 35
125
Whittaker 1997, p. 37
126
Whittaker 1997, pp. 38-41
39
camere sussidiarie rinvenuta a Myrtos127. In generale i santuari minoici differiscono da quelli
micenei sia per la non direzionalità al punto focale, sia per l'uso di deposizione delle offerte votive
sulla piattaforma128. La stessa Dea dalle Braccia Alzate non può dirsi innovazione radicale del
TMIII, in quanto santuari dedicati a divinità femminili si registrano fin dall'AM, ora però sembra
esistere una sola universale Dea Minoica129. Le evidenze archeologiche propendono per una
sostanziale omogeneità religiosa del periodo postpalaziale dovuta probabilmente ad una notevole
stabilità sociale, i Micenei si sarebbero “pacificamente” inseriti nel contesto cretese dando seguito
alle tradizioni autoctone che ne avrebbero autolegittimato l'autorità con una voluta impressione di
continuità130. La cultura micenea non fu permeante a Creta come invece nelle Cicladi, anche nel
momento in cui le tavolette in Lineare B da Cnosso indicano strette affinità nelle pratiche di culto
con Pilo, i Minoici restarono fondamentalmente attaccati alle loro tradizioni, soprattutto in
contesti religiosi popolari. Dai Minoici invece, i Micenei presero e reinterpretarono i simboli
iconografici che ritenevano adatti al loro repertorio di valori e credenze 131. Il simbolismo della
religione micenea emerge anche nella somiglianza con l'architettura domestica e nel
trasferimento concettuale di “casa” come dimora della divinità, le origini dell'edificio di culto
miceneo risalgono al ME, prima dell'incontro con i Minoici e nella tradizione del tempio di Ayia
Irini a Keos (Tavola XXII)132. Si tratta della più antica struttura religiosa trovata nell'Egeo, costruito
nel MB con continuità d'uso nel Bronzo ed anche successivamente con lo stesso tipo di
architettura consistente in un edificio isolato fatto da una serie di lunghe e strette camere con
piattaforme a ridosso dei muri lunghi. Le camere 1 e 2 costituiscono la parte più antica del
santuario che venne restaurato dopo un terremoto nel TEIIIA1. Allo stato attuale è composto dalle
camere 6, 3 ed 1 e dall'uso continuato del corridoio 5 133. Nel TEIIIC viene rimodellato con la
127
Whittaker 1997, pp. 42-46
128
Whittaker 1997, p. 48
129
Whittaker 1997, pp. 56-58
130
Whittaker 1997, pp. 60-61
131
Whittaker 1997, pp. 62-65
132
Whittaker 1997, p. 64
133
Whittaker 1997, p. 139
40
costruzione di piattaforme nella camera 6 e nella camera 3 dove viene inserita al centro
dell'ambiente anche una bassa piattaforma rettangolare. Lo schema di base della pianta del tempio
di Ayia Irini è simile sia alla generale architettura domestica micenea che alla casa F di Ayia Irini,
le affinità con Micene, Tirinto e Philakopi sono sia nelle caratteristiche architettoniche che nel
ritrovamento di figurine in terracotta. Molte delle statuine sono datate prima della distruzione del
TEII e quindi precedenti anche a quelle micenee continentali, stilisticamente richiamano quelle
cretesi portate alla luce in particolare nel santuario d'altura di Pistokephalo 134. Topograficamente
il tempio è connesso con la cosiddetta House A, centro amministrativo caratterizzato da elementi
architettonici minoici ma anche da ceramica micenea, parzialmente ricostruita dopo il terremoto
della fine del TEII non funzionerà più come sede burocratica, l'assenza d' importazioni minoiche e
la presenza di elementi micenei cui si deve il restauro del tempio, rendono chiara per il momento
attuale la dominazione micenea. Nel MB dunque esiste l'idea di un edificio appositamente
dedicato al culto, la tradizione nativa micenea, prosegue nel TB con evidente confronto nelle
strutture di Micene, Tirinto, Philakopi135. Secondo la teoria diffusionista esisterebbe una grande
tradizione costruttiva del Mediterraneo orientale che renderebbe le strutture templari micenee
simili in alcune caratteristiche, sia a quelle palestinesi che cipriote 136. Le relazioni tra Cipro, l'Egeo
ed il Levante sarebbero state di natura essenzialmente commerciale, consolidate nel TB ed
intermediate tra Levante ed Egeo da Cipro. H. Whittaker ha analizzato la possibilità
dell'intermediazione cipriota nella sfera religiosa visti gli evidenti elementi levantini
nell'architettura sacra cipriota ed alcune similitudini sottolineate in particolare da O. Negbi tra
alcuni santuari palestinesi e quelli di Micene e di Philakopi 137. Per quanto riguarda Cipro, è stata
analizzata l'area sacra di Kition, i templi 2 e 3 datati tra TB-1°F (Tavola XXIII). A prescindere dalla
cronologia che rende impossibile l'intermediazione cipriota perché nel TCIIC, datazione attribuita
134
Whittaker 1997, p. 140
135
Whittaker 1997, pp. 141-142
136
Whittaker 1997, pp. 87-88
137
Whittaker 1997, pp. 66 ss; 116 ss
41
ai più antichi templi, cioè TEIIIB, il santuario di Philakopi era già stato costruito, il santuario
tradizionale cipriota da cui potrebbero derivare quelli di Kition, differisce molto dai santuari egei,
oltre a questo, le influenze cipriote non si riconoscono in nessun ambito miceneo 138. La prima
proposta di analisi di probabili connessioni levantine è stata presentata nel 1967 da S. Yeivin 139
durante il Primo Congresso di Miceneologia, il cambiamento ad un orientamento EO ed una
pianta del tipo a megaron del tempio dello Strato V di Beth Shan potevano essere dovuti ai Filistei
provenienti dall'Egeo, generando una discussione sugli elementi allogeni ed i collegamenti diretti
dell'architettura sacra dell'Egeo, Cipro e del Levante durante il Tardo Bronzo ed il Primo Ferro.
L'articolo di Yeivin venne scritto prima degli scavi di Micene, Tirinto e Philakopi e si basava
sull'ipotesi che i santuari micenei fossero orientati EO come i successivi templi di età greca storica
in base ad una supposta continuità140. La pubblicazione nel 1980 da parte dello scavatore A.
Mazar degli ultimi due templi di Tell Qasile (Tavola XXIV) ha tentato di identificare in prototipi
palestinesi l'origine degli edifici di culto micenei. I templi 200 e 131 (strati XI-X) di Tell Qasile
troverebbero dei paralleli nei più antichi templi palestinesi di Lachish ( Fosse Temple), Tell
Mevorakh e Beth Shan. La similarità risiederebbe nella pianta ed in alcune caratteristiche che
raggruppano queste tipologie costruttive sotto il nome di Irregular Plan Temples, con entrata
asimmetrica ed accesso indiretto e distinta dalla tradizione nord-siriana del tempio monumentale
a pianta longitudinale141. Pur ammettendo caratteristiche comuni nella dimensione limitata,
l'entrata indiretta o asimmetrica, la piattaforma come cult focus, le piattaforme lungo i muri e le
camere sussidiarie retrostanti quella principale, nessuno degli edifici è conforme ad una pianta
predeterminata ed in tutti variano i dettagli architettonici. Questa grande varietà potrebbe
riflettere una varietà sociale e culturale della zona costiera palestinese del XII sec. a.C., attribuita
tradizionalmente alle invasioni e stanziamenti dei “Popoli del Mare” che comportarono sostanziali
138
Whittaker 1997, pp. 116-120
139
S. Yeivin, Mycenaean Temples and Their Possible Influence on the Countires of the Eastern Littoral of the Mediterranean , in Atti e memorie del
1° Congresso Internazionale di Micenologia, Roma 1967, pp. 1130-1148
140
Whittaker 1997, pp. 89-90
141
Whittaker 1997, pp. 66-68
42
cambiamenti nel quadro insediativo e nella stessa cultura materiale. Tra gli invasori le fonti
bibliche ricordano i Filistei, cui tra l'altro Mazar attribuisce il tempio di Tell Qasile, erano nuove
popolazioni di origine egea? Od un nuovo gruppo sociale emerso già alla fine del II millennio
come classe di mercanti? La questione “filistea” rende difficile l'inquadramento etnico dei
protagonisti di questo fenomeno, ma questo insieme di genti di provenienza varia dal carattere
prevalentemente commerciale può aver lasciato “...testimonianze materiali del culto che sfuggono
ad inquadramenti culturali troppo precisi e testimoniano invece di una grande permeabilità delle
diverse tradizioni religiose.”142 I. Oggiano descrive per lo spazio sacro filisteo le evidenze da due
delle città della pentapoli filistea, Ashdod ed Ekron, dove elementi di tradizione egea come le
ashdoda, raffigurazioni di una donna seduta in trono, focolari come quello di Ekron e porzioni di
anfore inserite nel terreno per lo scorrimento dei liquidi verso il basso, si legano a pratiche
cananee143. Tra II e I millennio si diffondono formule architettoniche differenziate ed eterogenee
impiegate in modo libero nella costruzione delle strutture templari, con l'appartenenza dei
costruttori ad un medesimo milieu culturale caratterizzato da un complesso intreccio di
tradizioni144. Nel 1988 O. Negbi145 scrive un articolo per dimostrare che Philakopi e le strutture
della terrazza inferiore di Micene, il Temple e la House of the Frescoes, in base alla loro
disposizione, localizzazione e dimensione sono caratterizzati da elementi architettonici allogeni e
possono essere assegnati ad una categoria di luoghi di devozione popolare come i santuari di
strada cananei individuati dallo Stern146. Le teorie della Negbi sono state accolte con notevole
scetticismo dagli specialisti delle pratiche di culto ed architettura religiosa egea, soprattutto nelle
conclusioni relative al culto semitico di un ipotetico Reshef, dio della guerra e della pestilenza,
praticato nell' East Shrine di Philakopi da parte di naviganti cananei e che sarebbe rispetto al West
Shrine dove veniva praticato il culto principale, un santuario minore, imitazione miniaturistica
142
Oggiano 2005, pp. 37-39
143
Oggiano 2005, pp. 39-57
144
Oggiano 2005, p.58
145
Negbi 1988
146
E. Stern, Excavation at Tell Mevorakh (1973-1976), Qedem 18, Gerusalemme 1984
43
del road temple di Tell Mevorakh147. In particolare, G. Albers148 ritiene generalmente poco
persuasivi i confronti basati su caratteristiche architettoniche isolate e che le figure di tipo
levantino potrebbero essere state semplicemente dedicate come oggetti esotici, di cui non si aveva
conoscenza rispetto al significato religioso originario. G. Gilmour 149 considera le somiglianze tra i
santuari egei e vicino orientali non frutto di mere coincidenze, e spiega la presenza delle due
figurine in bronzo dello Smiting God e la testa in foglia d'oro da Philakopi come doni di marinai
cananei, rigettando qualunque tipo di influenza di culto cananeo a Philakopi in particolare e
nell'Egeo in generale. H. Whittaker ugualmente rifiuta qualunque confronto architettonico tra
Philakopi e l'architettura religiosa del Levante meridionale, dubitando di qualunque
coinvolgimento di commercianti cananei nella costruzione degli edifici di culto del TB egei.
Riguardo alle figurine in bronzo non vede evidenze di presenze permanenti vicino orientali a
Philakopi e come la Albers ritiene che possano essere state deposte in quanto oggetti votivi dal
carattere esotico pur avendo perso nella trasmissione all'Egeo il loro significato religioso originale
150
. Il tema della ricontestualizzazione culturale delle figurine Smiting God e della testa in lamina
d'oro (Tavola XXV) è stato affrontato dal Maran 151 nel più grande contesto di interazioni tra le
società levantine ed egee nell'ultima parte del II millennio. Secondo M.H. Feldman 152 oggetti di
lusso presenti in diverse parti del Mediterraneo orientale tra il 1400 ed il 1200 a.C., appartenenti
ad uno c.d. “stile internazionale” per la mancanza di affiliazione ad una specifica regione, sono
deliberatamente scelti per la loro ambiguità culturale che li rende idonei all'uso di doni nella rete
di scambi inter-dinastici. Il fenomeno prevede lo studio dei microcontesti di origine e di
derivazione, nel tentativo di comprendere se il loro uso nel nuovo ambiente sia conforme o meno
a quello da cui provengono153. Sulla profondità dei contatti interculturali tra le società del TB del
147
Negbi 1988, p. 357
148
Albers 1996, pp. 660-661
149
Gilmour 1993
150
Whittaker 1997, pp. 66-82
151
Maran 2011
152
M.H. Feldman, Diplomacy by Design. Luxury Arts and an “International Style” in the Ancient Near East, 1400-1200 BCE, Chicago and
London 2006
153
Maran 2011, p. 65
44
Levante e dell'Egeo, il santuario di Philakopi a Melos ha svolto un ruolo molto importante. Vista la
scoperta di due figurine in bronzo di tradizione levantina del tipo Smiting God e di una piccola
testa in lamina d'oro oltre all'edificio chiamato East Shrine con pianta irregolare ed accesso ad asse
ricurvo, si è aperto il dibattito sulla possibilità che qui si svolgessero rituali di derivazione vicinoorientale. La testa in lamina d'oro può, secondo J. Maran, aiutare a comprendere il tipo dei rituali
praticati a Philakopi. Essendo più larga delle figurine in bronzo non poteva venire appoggiata su
queste ma come nel Vicino Oriente su statue di culto di legno. L'atto di adornare le immagini di
culto appartiene alla sfera metafisica, attraverso dei riti magici queste possono essere animate e
trattate come esseri viventi, sia che fossero l'immagine della divinità o di devoti erano considerate
in grado d'interagire. Gli studi di H. Seeden
154
hanno dimostrato che molte statuine vicino-
orientali sono provviste di scanalature sia lungo gli arti che sul corpo dove potevano essere
inserite delle lamine in oro che servivano ad adornarle (Tavola XXVI). Le figurine dell' East Shrine
di Philakopi non sono la prova della deposizione di devoti levantini, quanto piuttosto di una certa
familiarità a Philakopi con pratiche rituali vicino-orientali. La loro datazione e quella della
costruzione di questo santuario “minore” al TEIIIC porta anche a considerare il particolare periodo
di instabilità mediterranea e mobilità umana, con un riflusso di pratiche di derivazione orientale
nell'Egeo non necessariamente legate al commercio, i popoli che migrano cercano di restare in
contatto con le comunità di origine, assicurando un moto continuo di conoscenze esterne
all'interno delle aree da cui queste persone provengono 155.
154
155
H. Seeden, The Standing Armed Figurines in the Levant, (Prähistorische Bronzefunde, Abteilung I, Band 1), Munich1980
Maran 2011, pp. 69-70
45
Conclusioni
La religione micenea veniva sicuramente praticata con diverse modalità e manifestazioni che
dipendevano strettamente dal tipo di “committenza”, ma parlando di santuari micenei G. Albers 156
restringe il campo a quegli edifici architettonicamente indipendenti con funzioni ufficiali di
livello pubblico comunitario rinvenuti in un contesto insediativo ed in particolare a ridosso delle
mura di fortificazione della cittadella. All'interno di questo gruppo inserisce il Cult Centre di
Micene, le Cult Rooms nella Unterburg di Tirinto, l'East e West Shrine di TEIIIB-IIIC di Philakopi,
il tempio riutilizzato e la Cult Room BB di Ayia Irini e le Room XXXI-XXXII del Building G di
Asine. Sono tutti accomunati dalla cronologia d'uso nel TEIIIB e prosecuzione nel IIIC, dalla
particolarità architettonica, delle installazioni fisse e dei ritrovamenti, dalla localizzazione entro le
mura della cittadella e su percorsi cerimoniali scanditi da un preciso sistema viario. Il dato
archeologico è in realtà scarso se si paragona alla vastità del territorio miceneo, ma oltre a
considerare la possibilità futura di nuove scoperte, questo elemento può essere sfruttato in favore
della definizione di una gerarchia regionale dei siti sia a livello socio-politico che religioso. La
Albers in particolare distingue due macroaree da cui estrapolare il dato gerarchico: l'Argolide e le
Cicladi. Per quanto riguarda l'Argolide, la più antica evidenza è dal Cult Centre di Micene, una
identica sistemazione anche nel TEIIIC si ha a Tirinto, ad Asine invece si ha un insediamento
palaziale subordinato dove gli sviluppi cultuali del TEIIIC sono confrontabili con quelli della
Room 110a di Tirinto. Incerta la definizione di Midea per la presenza di due gruppi di grandi
figurine femminili da due zone della città bassa nei pressi delle mura di fortificazione ed anche
rispetto a Methana sul tipo d'insediamento. La regione cicladica ha restituito da Ayia Irini sull'isola
di Keos le più antiche evidenze cultuali dell'Egeo con riuso e floruit nel TEII e ricostruzioni e
modificazioni fino al TEIIIC con la costruzione della camera di culto BB sulle rovine del
precedente tempio. Da Philakopi sull'isola di Melos l'insediamento di un palazzo con megaron ed
156
Albers 2001; Albers 2004
46
al centro dell'insediamento un santuario sulla linea della rinnovata fortificazione databile per la
Albers al TEIIIB e costituito da due edifici, uno maggiore, il West Shrine ed uno “sussidiario” o
annesso, l'East Shrine. Come indicato dal Mylonas nel 1972, il Cult Centre è un complesso di
edifici dal carattere religioso e sociale deliberatamente separato dal palazzo ma con questo
intimamente connesso. La loro peculiarità sta in una intricata organizzazione spaziale a carattere
funzionale e rappresentativo, si tratta di 5 edifici disposti su 3 terrazze adeguatamente tagliate
nella roccia, separati tra loro ma con corti associate e collegati da corridoi e passaggi alla zona
superiore, l'accesso al centro cultuale era controllato, delle rampe-corridoio raggiungevano le
terrazze superiori ed inferiori nelle processioni cerimoniali. Ognuno degli edifici ha delle
peculiarità sia di tipo architettonico decorativo che funzionale, così la Casa Tsountas, sul modello
della casa a corridoio micenea ma troppo sofisticata secondo la Albers per rispondere ai canoni di
architettura domestica come asserito dalla Whittaker, aveva anche funzioni cultuali, il Building
Gamma (ha restituito una pinax con stucco dipinto) dalla facciata lunga aperta con due bassi
gradini che conducevano nella camera principale, la House of the Idols, ripostiglio religioso o
sancta sanctorum da cui proviene un grande gruppo di terrecotte, la House of the Frescoes ad asse
ricurvo. La mancanza di fonti scritte rende complicata l'attribuzione di questi santuari/templi a
più divinità o a differenti aspetti della Potnia , l'attribuzione tra l'altro dell'edificio di culto miceneo
alla tipologia del santuario o del tempio è stata analizzata dalla Albers anche sulla base di
confronti con l'Egitto e con il Vicino Oriente ma molto più sul tipo di riti che potevano esservi
svolti e la relazione con la sede centrale del potere, il palazzo. Quello che manca per la
connotazione di edificio templare è sicuramente la monumentalità nell'area micenea, ma vista la
localizzazione indipendente e diversa dal palazzo, la presenza di installazioni fisse come cult
focus e l'interconnessione con il wanax, supremo livello nella gerarchia e la sua legittimazione
religiosa come capo politico, i santuari micenei furono sede del culto e dimora della divinità.
Riguardo alla comunitarietà dei rituali la Albers ha analizzato la possibile localizzazione di
47
cerimonie ufficiali nella grande corte di fronte al megaron centrale, giungendo alla conclusione
che sia per confronto con le grandi corti dei templi egizi inaccessibili alle persone comuni che la
riservatezza e ristrettezza degli accessi agli ambiti palaziali, il wanax avrebbe officiato riti pubblici
simbolicamente anche per il popolo ma unicamente con il suo entourage. La natura cultuale del
megaron è stata definita dal Wright di importanza superiore rispetto a quella dei centri cultuali,
in realtà il confronto andrebbe evitato e considerata una sostanziale differenza dei culti di stato
svolti nel megaron e delle pratiche religiose di adorazione adottate anche dai privati devoti nel
santuario. Le festività religiose, analogamente al caso egizio, si svolgevano fuori del santuario ad
opera di sacerdoti e funzionari del culto durante le cerimonie processionali, quando sia le
immagini di culto che le insegne del potere venivano esposte pubblicamente. L'unicità del Cult
Centre, lo rende per il TEIIIB il centro cultuale principe dell'intera regione dell'Argolide, Micene di
conseguenza il centro socio-politico, con il culto degli antenati praticato nel Circolo A, con un
sistema viario rappresentativo e la grande scala del palazzo oltre alla Porta del Leoni imitata a
Tirinto, il palazzo controllava direttamente la porta principale ed il culto degli antenati oltre al
centro cultuale, il wanax, al top della gerarchia rende Micene il top degli insediamenti, sito posto
in posizione dominante ma ben protetto all'entrata settentrionale dell'Argolide. Lo stesso può dirsi
per Philakopi che in area cicladica è centro cultuale e socio-politico regionale di riferimento.
48
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Anniversary Symposion of the Norwegian Institute at Athens, 12–16 May 1999, Vol.6, Bergen
2004 pp. 95-110
Whittaker 2008 = E. Whittaker, Burnt animal sacrifice in Mycenaean cult. A review of the
evidence, in Opuscula Atheniensa, n° 31-32, 2006-2007, Stoccolma 2008, pp. 183-190
Wright 1994 = J.C. Wright, The Spatial Configuration of Belief: the Archaeology of Mycenaean
religion, in Placing the Gods. Sanctuaries and Sacred Space in Ancient Greece, Oxford 1994, pp.
37-78
51
Tavola I: Mappa dell'Egeo con l'Isola di Melos nel riquadro
52
Tavola II : Pianta dell'acropoli di Gla (a) e del South Enclosure (b)
53
Tavola III : Pianta del Palazzo di Pilo
54
Tavola IV: Pianta del Cult Centre di Micene
55
Tavola V: Il Complesso Templare di Micene nella fase VII
56
Tavola VI: Deep Bowls del Gruppo B dalle macerie al di sopra del pavimento della Room XI nella
versione completa (in alto) e restaurata (in basso)
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Tavola VII : Pianta schematica del Cult Centre di Micene con gli edifici principali ed i possibili
itinerari di accesso
58
Tavola VIII: figurina antropomorfa Tipo A da Micene
59
Tavola IX : Vasi antropomorfi dalle camere 18-19 di Micene, in basso a sinistra due particolare
delle figurine Tipo A in posa PSI
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Tavola X: figurine in forma di serpente attorcigliato dalla Room 19 del Temple Complex di
Micene
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Tavola XI: Pianta della Unterburg di Tirinto nel TEIIIC
62
Tavola XII : Pianta schematica del santuario di Philakopi a Melos
63
Tavola XIII : Lady of Philakopi
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Tavola XIV: Pianta delle strutture scavate ad Ayios Konstantinos, Methana
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Tavola XV : Ipotetico frammento di Corna di Consacrazione dalla Room A di Methana
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Tavola XVI : Blocco di andesite in forma di ipotetico kernos dal Building Z di Methana
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Tavola XVII : Doppia ascia in terracotta da Lerna . Medio Elladico.
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Tavola XVIII: Pianta del sito cultuale del Medio Elladico a Nisakouli
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Tavola XIX : Pianta del Santuario di Apollo Maleatas a Kynortion
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Tavola XX : Figurine PHI da Micene
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Tavola XXI : Pianta della House G di Asine
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Tavola XXII : Pianta del Tempio di Ayia Irini a Keos nel TEIIIA (in alto) e nel TEIIIC (in basso)
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Tavola XXIII : Pianta schematica dell'Area Sacra di Kition a Cipro
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Tavola XXIV: Pianta degli strati XI (in alto) e X (in basso) di Tell Qasile
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Tavola XXV: Testa in foglia d'oro da Philakopi
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Tavola XXVI : Lato posteriore di due figurine in bronzo vicino orientali con profonde scanalature
per l'inserimento di lamine d'oro
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