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Mazzini e la democrazia europea

2008, Mazzini e la democrazia europea. Commenti e riflessioni metodologiche

6 collana STUDI MAZZINIANI Mazzini e la democrazia europea. Commenti e riflessioni metodologiche a cura di Marco Barducci CENTRO EDITORIALE TOSCANO ISBN 10: 88-7957-285-7 ISBN 13: 978-88-7957-285-9 © Copyright 2008 Centro Editoriale Toscano Via San Donato, 26 - 50127 Firenze Tel. 055.350530 - Fax 055.353494 e-mail: cs2p@fol.it FAUSTO PROIETTI In che senso è lecito e opportuno, oggi, parlare di un argomento come “Mazzini e l’Europa”? Fino a qualche tempo fa lo si sarebbe fatto limitandosi a mettere in luce la (ormai ben nota) matrice europeista del pensiero di Mazzini, riferendosi tanto alla Giovine Europa quanto alle molte altre organizzazioni, tutte orientate in favore di una concordia e di una collaborazione tra i liberi popoli delle nazioni europee, che Mazzini fondò o cui diede un contributo decisivo. Direi che oggi possiamo farlo, invece, in un senso assai più ampio: parlare, cioè, non solo del Mazzini europeista, ma anche, finalmente, del Mazzini pensatore europeo. Infatti, grazie in particolare ad alcuni recenti studi di Salvo Mastellone,1 è stata ormai riconosciuta da tutti o quasi gli storici la dimensione autenticamente sovranazionale di un pensiero come quello di Mazzini, perlomeno in riferimento a una fase di esso, colpevolmente ignorata dalla storiografia precedente: la fase che coincide con la preparazione, lo scoppio e il successivo fallimento, in Europa, dei moti del 1848. Chi voglia dedicarsi allo studio della biografia intellettuale mazziniana relativamente a quel periodo non può più limitarsi a ricordare l’esperienza del triumviro di una effimera Repubblica Romana, ma deve - sulla scia delle indicazioni di Mastellone, solidamente basate su una mole imponente di fonti e documenti d’epoca per solito “snobbati” da una certa storiografia - prendere in considerazione il dialogo intellettuale, di altissimo livello, che intercorse, a Londra, tra Mazzini stesso e altri esuli della democrazia europea. Si tratta di una novità storiografica non da poco, che non riguarda, con tutta evidenza, solo l’interpretazione del percorso intellettuale di Mazzini, ma induce a ripensare, almeno entro certi limiti, l’intera storia del movimento democratico e di quello socialista di metà XIX secolo. Il contesto all’interno del quale l’evoluzione del pensiero politico di Mazzini prende forma e sostanza negli anni che vanno dal 1846 al 1852 e oltre, il contesto che occorre ricostruire per comprendere nella sua autentica dimensione storica il pensiero di questo autore, è quello dell’emigrazione politica internazionale. Una rete di contatti, discussioni, polemiche, che ha per sedi le grandi capitali dell’emigrazione democratica: Parigi (ma solo fino al giugno del ’48), Londra e, sia pure in misura minore, Bruxelles. Ecco allora che, a partire dalla traccia così chiaramente definita da Mastellone, una ormai imponente serie di studi si è concentrata non sulle singole figure, bensì, in modo 89 assolutamente novatorio, sull’apporto che alcuni tra i maggiori pensatori politici di metà Ottocento, da Mazzini2 a Ruge,3 da Linton4 a Carlyle,5 da Marx ed Engels6 a Herzen7 e Louis Blanc,8 portarono a un comune dibattito riguardante confini, significati e contenuti della democrazia e del socialismo europei. Due aspetti mi sembra vadano sottolineati, perché rivestono un’assoluta rilevanza ai fini di un’esatta comprensione e ricostruzione di questa fase del dibattito politico. Il primo: si tratta di un dibattito che ha luogo principalmente, se non unicamente, sulle colonne delle riviste, dei quotidiani e dei periodici legati al movimento operaio inglese ed europeo. Il secondo: si tratta, almeno a partire dalla metà del ’48, di un dibattito tra sconfitti. Entrambi questi aspetti, mi pare, sono stati compresi appieno da Mastellone, e da lui suggeriti, a noi tutti che ci occupiamo dello studio del pensiero democratico e socialista europeo attorno alla metà dell’Ottocento, come necessarie chiavi di lettura nel nostro lavoro. Se non si prendono in mano i fogli periodici, da La voix du Proscrit a The Friend of the People, da La Démocratie Pacifique a The English Republic, e ci si limita a studiare quelle riflessioni che trovarono forma monografica in volumi, pamphlets e simili, non si avrà mai una visione d’insieme di un dibattito che, in questo come in pochi altri casi, fu corale e globale, e trascese le barriere nazionali e di partito. Il fatto, poi, che la maggior parte dei protagonisti di questa discussione epocale fossero esuli, spesso costretti a emigrare a seguito di rivoluzioni fallite, ha una rilevanza notevole in quanto fu proprio l’esperienza della sconfitta, per molti di loro, la molla che, facendoli riflettere sulle cause, li spinse a chiarire meglio il quadro concettuale, a meglio distinguere le varie opzioni sul campo, e a ridefinire, in più di un caso, il contenuto degli stessi termini politici da loro impiegati. A una maggiore chiarezza lessicale li spingeva, peraltro - e non sembri, questa, un’osservazione di minor conto - il loro stesso status di esuli, l’essere costretti ad impiegare, per comunicare quotidianamente coi propri simili, una lingua che non era la loro. I termini politici, che spesso non trovavano esatti sinonimi nelle diverse lingue, vennero così rielaborati, riadattati, ridefiniti, in un incessante sforzo di chiarificazione interna, da tutti loro percepito come necessario in vista di una successiva diffusione delle idee democratiche e socialiste in ambiti più vasti. Proprio a partire da questa osservazione vorrei concludere questo mio intevento con un paio di esempi pratici, relativi alla ricerca su Louis Blanc che sto attualmente conducendo e, in questa chiave, 90 particolarmente eloquenti. Blanc approda a Londra nell’estate del 1848: nei mesi precedenti, è stato protagonista della cosiddetta fase “democratica e sociale” della Seconda Repubblica francese nata dalla Rivoluzione di febbraio. Gli ateliers nationaux e la Commission du Luxembourg, istituiti per garantire il diritto al lavoro, i primi, e, la seconda, per stimolare sul tema del lavoro una discussione che coinvolgesse, assieme ai teorici come lo stesso Blanc (presidente della Commission), anche gli operai stessi, erano ormai stati smantellati. Le giornate insurrezionali di maggio e giugno avevano segnato la fine della fase sociale della Repubblica; quella democratica si sarebbe chiusa nel maggio del 1850, con l’abolizione del suffragio universale maschile. Blanc, quindi, cercava rifugio nell’esilio londinese; a Londra approdava non da sconosciuto, ma da conclamato protagonista del più avanzato esperimento sociale che si fosse tentato in Europa. Nel contesto intellettuale inglese, il suo arrivo in qualche modo completava un dibattito che vedeva già in campo le posizioni del comunismo tedesco, impersonate da Marx ed Engels (il loro Manifesto era stato pubblicato, per il momento solo in tedesco, nel febbraio dello stesso anno) e del repubblicanesimo, ben rappresentata da Mazzini (autore alcuni mesi prima dei Thoughts upon democracy in Europe, e beniamino di larghi settori dell’opinione pubblica inglese). Rispetto a queste tendenze, Blanc intende diversificarsi sostenendo la necessità di un socialismo al tempo stesso operaista e solidale, fortemente incentrato sull’idea di associazione e di riformismo; nel suo pensiero, come è noto, è lo Stato (ovviamente, lo Stato democratico) a dover realizzare le riforme necessarie a garantire in modo effettivo l’”organizzazione del lavoro”, per parafrasare il titolo del suo testo più famoso (e ben conosciuto, in traduzione uscita proprio nel ’48, dal pubblico inglese). Ebbene, fin dai primi mesi del suo esilio londinese Blanc cercò di chiarire, rivolgendosi direttamente alla classe operaia inglese, quale fosse la sua concezione politica; e lo fece dando vita (nel 1849) a una rivista, interamente da lui redatta, che usciva contemporaneamente in lingua francese (Le Nouveau Monde) e inglese (The New World). Lo studio in parallelo dei vari numeri della rivista francese e di quella inglese è rivelatore, in quanto mostra un Blanc realmente impegnato, per così dire, su due tavoli; l’edizione inglese, infatti, a un’attenta analisi si rivela essere non la pura e semplice traduzione di quella francese, ma una rivista autonoma, e sempre più autonoma col passare 91 dei numeri; il quarto e ultimo fascicolo della versione inglese, pubblicato nel novembre del ’49, non presenta quasi nessuna somiglianza con l’analogo fascicolo della versione francese, e sembra avere come specifico referente e destinatario l’opinione pubblica interna al movimento operaio inglese. Del resto, anche i primi tre numeri della rivista, che presentavano molti articoli tradotti dalla versione francese, sono interessanti proprio in quanto rivelano quei problemi di adattamento del lessico cui facevo cenno precedentemente: tipico caso quello del termine “solidarity”, che in un articolo viene esplicitamente presentato come un neologismo necessario per rendere in inglese il corrispondente francese e il suo significato al quale, in quella lingua, non corrisponderebbe altrimenti uno specifico termine. Altrettanto evidente, per restare in tema, è il tentativo da parte di Blanc di depurare il termine socialism da quegli attributi che spaventavano l’opinione pubblica piccoloborghese, e quella inglese in particolare, per ricondurlo nell’alveo della triade rivoluzionaria: Liberty, Equality, Fraternity. Ciò è evidente, ad esempio, in una serie di articoli chiaramente “didattici”, pubblicati nella rivista di Julian Harney The Friend of the People durante l’estate del 1851, da titolo complessivo Socialism. Un altro esempio: nell’aprile del 1852, dalle colonne della rivista “mazziniana” (così l’ha, giustamente, definita Mastellone) The English Republic, Linton, polemizzando in modo evidente con Blanc, ne riutilizza lo schema retorico, si appropria del motto «liberté - égalité – fraternité», ossessivamente ripetuto da Blanc nei suoi scritti di quel periodo, per dimostrare che questi lemmi appartengono in modo esclusivo al lessico repubblicano, e non a quello socialista. Nello stesso periodico, sempre Linton aveva già pubblicato nel 1851 un Republican catechism che andrebbe letto in parallelo con il Catéchisme des socialistes scritto da Blanc nel 1849 e riproposto in inglese, con piccole rielaborazioni, nei già citati articoli del Friend of the People; la somiglianza tra i due testi è stupefacente, a cominciare dalla comune struttura dell’argomentazione in forma di dialogo, per domande e risposte. Molti esempi ancora si potrebbero enumerare, e moltissimo resta da fare per portare alla luce, nella sua ricchezza e complessità, il dibattito che Mastellone ha iniziato a dissodare; l’impressione è che una vera e propria nuova stagione storiografica si sia aperta in questi anni, e che molte siano ancora le sorprese che ci attendono, molti i luoghi comuni che occorrerà rivedere. 92 1 Mi limito qui a ricordare i principali: S. MASTELLONE, Mazzini scrittore politico in inglese. “Democracy in Europe (1840-1855), Firenze, L.S. Olschki, 2004; Id., Mazzini e Linton cit. 2 Oltre ai citati saggi di Mastellone, segnaliamo almeno, a cura dello stesso autore, i due volumi di Atti del Convegno tenutosi a Firenze presso il Gabinetto Vieusseux nei giorni 11 e 12 marzo 2005, su Mazzini e gli scrittori politici europei cit., nonché il recentissimo L. La Puma, Giuseppe Mazzini democratico e riformista europeo, Firenze, Olschki, 2008. 3 S. AMATO, Umanesimo, patria e democrazia nel pensiero politico di Arnold Ruge, in Mazzini e gli scrittori politici europei cit., pp. 369-415; Id., Due lettere di Mazzini ad Arnold Ruge non pubblicate nell’Edizione Nazionale, «Il pensiero politico», XXXVIII, 2005, pp. 249-269. 4 S. Mastellone, Mazzini e Linton cit. 5 M. BARDUCCI, Giuseppe Mazzini e Thomas Carlyle, in Mazzini e gli scrittori politici europei cit., pp. 29-42; Id. (a cura di), Mazzini e il repubblicanesimo inglese cit. 6 G.M. BRAVO, op. cit. 7 Segnalo l’interessantissima relazione di Leonardo La Puma sul tema Pisacane, Herzen e Garibaldi nel Convegno su “Garibaldi nel pensiero politico europeo” (Genova, 20-22 settembre 2007), i cui Atti sono di prossima pubblicazione. 8 C. DE BONI, Mazzini e Blanc, in Mazzini e gli scrittori politici europei cit., pp. 491-516. Su questo stesso filone, segnalo anche un mio volume, di prossima uscita, riguardante la prima fase dell’esilio londinese di Blanc (1848-1852) e i rapporti tra questi e gli altri esuli che si trovavano a Londra. 93 INDICE Premessa, di Salvo Mastellone Introduzione, di Marco Barducci COMMENTI E RIFLESSIONI METODOLOGICHE: FIRENZE Arturo Colombo Biagio De Giovanni Vittorio Dini Michela Nacci PERUGIA Carlo Carini Salvatore Cingari Gian Biagio Furiozzi Fausto Proietti GENOVA Fabio Bertini Anna Maria Lazzarino Del Grosso Maria Antonietta Falchi Pellegrini Alberto de Sanctis Indice dei nomi pag. 5 ” 15 ” ” ” ” 31 37 49 57 ” ” ” ” 69 79 85 89 ” 95 ” 103 ” 113 ” 117 ” 125 129