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Conoscenze e competenze nell’educazione linguistica

2020

Knowledge (declarative and procedural; tacit and epistemological; implicit and explicit; acquired and learned, operational and pragmatic knowledge); knowledge by acquaintance or by description; knowledge as commodity; competence; competency, capacity, ability, skill, mastery: these are the terms used to define the aims of educational linguistics, that is, knowledge about the language and competence in the language: the analysis vs. use pendulum that has been swinging for the last 25 centuries. The article tries to bring some terminological (and epistemological) order into this cluster of terms.

e-ISSN 2280-6792 EL.LE Vol. 9 – Num. 3 – Novembre 2020 Conoscenze e competenze nell’educazione linguistica Paolo Balboni Università Ca’ Foscari Venezia, Italia Abstract Knowledge (declarative and procedural; tacit and epistemological; implicit and explicit; acquired and learned, operational and pragmatic knowledge); knowledge by acquaintance or by description; knowledge as commodity; competence; competency, capacity, ability, skill, mastery: these are the terms used to define the aims of educational linguistics, that is, knowledge about the language and competence in the language: the analysis vs. use pendulum that has been swinging for the last 25 centuries. The article tries to bring some terminological (and epistemological) order into this cluster of terms. Keywords Educational Linguistics. Language Teaching. Language Education. Communicative competence. Sommario 1 Conoscenze e competenze/capacità nelle prime elaborazioni del concetto di Competenza comunicativa. – 2 Conoscenze, competenze e abilità: tre concetti diversi. – 2.1 Conoscenza. – 2.2 Competenza. – 3 Conoscenze → competenze → abilità. – 4 Conoscenze, competenze, abilità nella scuola. Edizioni Ca’Foscari Submitted Published 2020-07-20 2020-11-07 Open access © 2020 | cb Creative Commons Attribution 4.0 International Public License Citation Balboni, P. (2020). “Conoscenze e competenze nell’educazione linguistica”. EL.LE, 9(3), 333-344. DOI 10.30687/ELLE/2280-6792/2020/03/001 333 Paolo Balboni Conoscenze e competenze nell’educazione linguistica Da mezzo secolo, nello studio dell’educazione linguistica la parola chiave – ripetuta in modo viepiù meccanico, senza indagarne il significato e il portato consequenziale – è ‘competenza comunicativa’; da una decina d’anni la scuola italiana, in sintonia con la tendenza europea, si è trasformata, come recita la vulgata, da ‘scuola delle conoscenze’ in ‘scuola delle competenze’. Che relazione c’è tra competenze e conoscenze? E che relazione c’è tra competence e competency, che molti in Italia considerano sinonimi o, come spiegato da uno studioso in una conferenza, come varietà inglese e americana della stessa parola? Cercheremo di proporre una riflessione sul tema, non per puro gusto terminologico (anche se une science est une langue bien faite, come constatava Condillac in pieno Illuminismo), ma perché la confusione tra i termini sta generando da anni confusione nella formazione dei docenti, nella creazione di materiali didattici e – lo supponiamo, ma non abbiamo prove – anche nella didattica quotidiana delle lingue materne, seconde, straniere, etniche, classiche. 1 Conoscenze e competenze/capacità nelle prime elaborazioni del concetto di Competenza comunicativa Nel 1972 Hymes, un antropolinguista che si interessava anche di sociolinguistica ma non certo di edulinguistica, rese popolare la nozione di competenza (concetto chomskyano di quindici anni prima) comunicativa (superando/allargando la nozione chomskyana di competenza linguistica). In realtà la locuzione competenza comunicativa era stata usata da Campbell e Wales (1970) e da Sauvignon (1972), in maniera autonoma rispetto a Hymes (1972). Il macigno di Hymes arrivò al momento giusto nelle acque per nulla stagnanti dell’educazione linguistica: in America da vent’anni ci si sforzava di dare risposta al bisogno di inglese degli immigrati e si era in piena stagione strutturalistica (linguistica tassonomica bloomfieldiana combinata con il neocomportamentismo skinneriano); in Europa cinque anni prima era iniziato il Modern Language Project diretto da Trim, un pragmalinguista oxoniense che diresse i Livelli Soglia e indicò la via al Quadro Comune Europeo di Riferimento. La novità, sintetizzata come un salto dal paradigma ‘sapere sulla lingua’ a quello ‘spere usare la lingua’, produsse un grande dibattito nel campo delle lingue seconde e straniere, mentre il discorso di Hymes era pensato soprattutto per descrivere le competenze necessarie in lingua materna e, solo per estensione, in ogni lingua padroneggiata. Nel mondo anglofono gli anni Ottanta videro un forte dibattito sul tema e anche la formalizzazione di alcuni modelli sui contenuti della competenza comunicativa: locuzione che avrebbe dovuto essere competenza e performance comunicativa, visto che la performance, 334 EL.LE 9(3), 2020, 333-344 e-ISSN 2280-6792 Paolo Balboni Conoscenze e competenze nell’educazione linguistica attraverso la padronanza delle abilità linguistiche, era già posta al centro dei discorsi di Canale e Swain (1980), Canale (1983), Richards, Schmidt (1983), Sauvignon (1983), Widdowson (1983): a quest’ultimo si deve il raccordo tra la competenza mentale, dove risiedono le abilities cognitive, e la loro realizzazione performativa, le skills. Quando nel 1988 Taylor propose coerentemente di abbandonare competenza a favore di performance comunicativa, il costrutto di Hymes era ormai diventato un slogan non modificabile. Anche in Italia la nozione generò un forte dibattito: nel 1979 Freddi, Farago Leonardi e Zuanelli scrissero il primo libro sul tema, e nel 1981 Zuanelli pubblicò il volume fondamentale per la storia di questo concetto in Italia. Fino a questo punto il dibattito si presentava spesso come una serie di ipotesi, ma non c’erano ‘modelli’, intesi come strutture logiche e formali che tentano di descrivere un fenomeno in ogni luogo e tempo (Balboni 2011 e 2018 descrivono l’applicazione della teoria dei modelli alla linguistica educativa). Canale produsse un modello implicito nel 1984, indicando gli obiettivi sociopragmatici, grammaticali, discorsivi e strategici dell’insegnamento linguistico; un altro contributo veniva da Widdowson, ma ancora una volta in maniera implicita, nel 1983, quando lo studioso britannico introduceva la separazione tra competence, una realtà mentale, e capacity che realizzava la competenza nel mondo reale (cui corrispondevano ability e skill, citate sopra). Bachman (1990) e Bachman, Palmer (1996) iniziano una formalizzazione più esplicita: pur restando ancorati alla sola comunicazione linguistica, ignorando quindi le grammatiche non verbali, Bachman e Palmer individuano due conoscenze alla base della competenza: a. la operational knowledge, che comprende la grammatica (in senso tradizionale) e la testualità; b. la pragmatic knowledge, cioè le dimensioni pragmatica e sociolinguistica; nel loro modello la capacity di Widdowson diventava communicative ability, ma non veniva indagata. Abbiamo richiamato sopra il progetto europeo che si è evoluto dal Modern Language Project al Quadro Comune: i modelli impliciti erano ipersemplificati, focalizzavano il codice verbale e ne individuavano tre fattori: la conoscenza linguistica, quella sociolinguistica e quella pragmalinguistica, affidando ad un gruppo di 5 abilità (ridotto rispetto alla dozzina di abilità effettive) la trasposizione delle conoscenze in performance. In seguito gli enti certificatori europei, pur facendo sempre riferimento al Quadro, ne hanno integrato il modello in vari modi, con attenzione (non sistematica e generalizzata) alla dimensione culturale, a quella non verbale e alla componente strategica nella comunicazione. 335 EL.LE 9(3), 2020, 333-344 e-ISSN 2280-6792 Paolo Balboni Conoscenze e competenze nell’educazione linguistica 2 Conoscenze, competenze e abilità: tre concetti diversi Abbiamo cominciato negli anni Novanta un percorso che, attraverso il volume Verità, conoscenza, etica nell’educazione linguistica (2011), è approdato alla formalizzazione del Theoretical Framework del 2018 e delle Eight Hypotheses del 2020: lo scopo è quello di individuare quanti più possibili punti certi, quante ‘conoscenze’ vere ci sono nel complesso concetto che chiamiamo ‘educazione linguistica’. Lo strumento concettuale che abbiamo scelto, come abbiamo detto sopra, è il ‘modello’. Un modello che pretende di dare un’informazione vera è costituito da: a. dichiarazioni: ‘verità’ elementari, falsificabili, costituite da frasi semplici con copula o quasi-copule come essere, avere, essere fatto di, durare, trovarsi ecc.: «in italiano gli aggettivi qualificativi si accordano con il nome cui si riferiscono» è una delle dichiarazioni che costituiscono la competenza linguistica; b. procedure: fasci di dichiarazioni legate da un meccanismo come se… allora: «se il nome è femminile plurale, allora l’aggettivo che lo qualifica è accordato al femminile plurale». Le dichiarazioni sono conoscenze, rientrano nel campo cognitivo; le procedure sono il presupposto della performance: si possono conoscere tutte le dichiarazioni grammaticali di una lingua senza avere la competenza per comunicare in quella lingua. La comunicazione è azione sociale: è nel contesto che una frase grammaticalmente corretta (o anche scorretta, ma comprensibile) diventa pragmaticamente efficace nel realizzare uno scopo comunicativo, esegue un compito, diventa competenza che si realizza attraverso le abilità (o capacities nell’universo epistemologico di Widdowson). 2.1 Conoscenza La conoscenza è un insieme di banche dati immagazzinate nella nostra memoria.1 Non ci interessa, a questo livello di discorso, se siano organizzate in maniera modulare, per campi, frames, copioni, e 1 Questo non è un saggio sulla conoscenza, ma sul suo ruolo nella competenza e performance comunicativa: quindi ci limitiamo ad un rinvio generale alle nostre principali fonti, oltre a Bertrand Russell, Magda Arnold, John Schuman, Stephen Krashen e, ovviamente, Aristotele: sono classici che non hanno bisogno di rimandi bibliografici; oltre ai molti epistemologi citati in Balboni 2011, ci hanno aiutato in questo saggio Calabi et al. 2015 e Besnier 2016 per il panorama che offrono sulle teorie attuali relative alla conoscenza; Piazza 2017; Ehrlinger e Wöß (2016), infine sono illuminanti sul modo in cui i grafici possono contribuire a comprendere elementi di conoscenza. 336 EL.LE 9(3), 2020, 333-344 e-ISSN 2280-6792 Paolo Balboni Conoscenze e competenze nell’educazione linguistica così via: quale che sia la prospettiva da cui la si osserva, la nozione di ‘conoscenza’ è chiara, incluso il fatto che può essere: a. dichiarativa vs. procedurale: vedi sopra; b. implicita vs. esplicita; conoscenza vs. metaconoscenza; tacit vs. epistemological knowledge La performance linguistica orale si basa sulla conoscenza implicita, quella esplicita si attiva perché non c’è il tempo necessario per farlo, mentre può essere attivata quando si legge o si scrive e diventa qualificante quando si traduce; tuttavia, la maggior parte dei parlanti nativi non ha conoscenze esplicite, pur producendo sistematicamente frasi grammaticalmente corrette: quanti italofoni sanno che «quando le forme imperative monosillabiche incorporano il pronome personale indiretto atono, ad eccezione di gli, ne raddoppiano la consonante iniziale, e con mi modificano in -m l’eventuale -n finale del verbo»? Probabilmente anche il lettore implicito di queste pagine, che ha conoscenza metalinguistica, fatica a cogliere che la dichiarazione tra virgolette riguarda forme come dammi, dille, tiemmi, vatti e così via. c. acquisita vs. appresa; knowledge by acquaintance vs. knowledge by description La prima versione della dicotomia è stata resa popolare da Krashen (1981, 1982), la seconda appartiene a Bertrand Russell (1912): ‒ la conoscenza acquisita o by acquaintance si forma spontaneamente a seguito di un input e della valutazione che ne facciamo (input appraisal, cardine della teoria cognitiva delle emozioni, da Magda Arnold 1960, alle applicazioni edulinguistiche di Jane Arnold 1999 e di John Schumann 1997, 2004) e della conseguente collocazione tra le esperienze (la ‘banca dati’ delle conoscenze); ‒ la seconda forma di conoscenza, quella appresa (chiamata anche knowledge as commodity), è il prodotto di un processo volontario di razionalizzazione dell’esperienza (processo autonomo o stimolato in strutture formative come la famiglia, la scuola, la bottega artigiana ecc.); i parlanti di madrelingua, così come immigrati fluenti nella seconda lingua parlata nell’ambiente in cui vivono, possono essere pienamente efficaci e appropriati nella comunicazione, e spesso anche sufficientemente corretti, pur non avendo conoscenza appresa a fungere da monitor della performance, ruolo che Krashen attribuisce a questa forma di conoscenza; 337 EL.LE 9(3), 2020, 333-344 e-ISSN 2280-6792 Paolo Balboni Conoscenze e competenze nell’educazione linguistica d. ontologica, teorica vs. applicata, operativa È la classica distinzione aristotelica tra teoria e pratica, che nell’Etica Nicomachea compara la conoscenza teorica del bene e del giusto e la sua realizzazione pratica nella politica, dove si realizza l’interazione tra il bene assoluto in teoria e quello realizzabile nella polis. In campo epistemologico è una differenza fondante: il linguista teorico conosce i meccanismi di funzionamento di una lingua; il linguista educativo integra quella conoscenza teorica con altre conoscenze (socioculturali, matetiche, relazionali, neuro- e psicolinguistiche, metodologiche, educative, docimologiche, ecc.) per produrre acquisizione e/o apprendimento linguistico in un contesto e con persone reali come i cittadini della polis, caratterizzate quindi dal loro vissuto, dalle loro motivazioni e aspirazioni, dalle loro capacità, intelligenze, stili cognitivi e matetici, e così via. La conoscenza teorica è monodisciplinare (il biologo anatomico vuol conoscere il corpo umano, il chimico vuol conoscere le varie sostanze) mentre quella operativa è transdisciplinare (il medico integra le conoscenze del biologo e del chimico per curare una patologia). Se lo scopo dell’educazione linguistica è saper comunicare, allora la conoscenza collocata nella mente è necessaria ma non sufficiente. Le conoscenze dichiarative verbali, non-verbali e contestuali devono interrelarsi e diventare conoscenze procedurali che, attraverso i processi psicolinguistici, strategici, relazionali ecc. che costituiscono le abilità, si trasformano da potenza in atto, in performance. 2.2 Competenza Affrontiamo il secondo corno del problema, la natura e il ruolo della competenza che, da quanto detto sopra, risulta basata sulla ma non prodotta dalla conoscenza. Nella linguistica trasformazionale la competence è l’insieme delle regole grammaticali possedute (consapevolmente o non) da un parlante, che gli consentono sia di comprendere e produrre infinite frasi, anche mai udite prima, sia di ricostruire frasi parzialmente mal formate e di comprenderle. Fuori della linguistica il termine competenza ha avuto molte definizioni: Llanos-Antczak e Sypniewska (2017) ne fanno un’interessante ricognizione. Una definizione che include molti dati è quella di Pellerey, secondo cui la competenza è: la capacità di far fronte a un compito, o a un insieme di compiti, riuscendo a mettere in moto e a orchestrare le proprie risorse interne, cognitive, affettive e volitive, e a utilizzare quelle esterne disponibili in modo coerente e fecondo. (2004, 12) 338 EL.LE 9(3), 2020, 333-344 e-ISSN 2280-6792 Paolo Balboni Conoscenze e competenze nell’educazione linguistica Nel caso dell’educazione linguistica, il compito è quello di realizzare i propri scopi partecipando ad un evento comunicativo (in presenza, per corrispondenza, in setting virtuali, diacronico, sincronico, ecc.); in realtà la partecipazione ad un evento non è un compito ma un insieme di compiti linguistici, extralinguistici, relazionali, strategici, ecc. Per far fronte a questi compiti la persona competente ha la ‘capacità’ (torna un termine usato da Widdowson nel 1983: la competence è mentale, la capacity è la padronanza, in inglese mastery) di ‘mettere in moto’ (espressione che ben rappresenta la natura dinamica delle competenze) le conoscenze dichiarative, implicite o esplicite, trasformandole in conoscenze procedurali: sono «risorse interne cognitive», dice Pellerey, ma anche ‘affettive’ (quindi relazionali) e ‘volitive’ (quindi intenzionate a soddisfare gli scopi pragmatici): tutte queste competenze e conoscenze, emozioni e decisioni, vengono ‘orchestrate’, intrecciate in modo da essere efficienti sul piano del contenuto della comunicazione, dei modi della comunicazione, delle relazioni che si vogliono stabilire con gli altri partecipanti, che quindi diventano ‘risorse esterne disponibili’ e che possono portare ad un evento ‘fecondo’, che soddisfa il più possibile gli scopi dei partecipanti all’evento. Il Parlamento Europeo ha emanato due raccomandazioni in cui il tema delle conoscenze, competenze, capacità, abilità è cruciale: a. Raccomandazione del 18 dicembre 2006 Il testo si occupa di lifelong learning, che dovrebbe formare sempre nuove competenze, definite in questo modo: Le competenze sono definite in questa sede alla stregua di una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto. Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione. Il quadro di riferimento delinea otto competenze chiave: 1) comunicazione nella madrelingua; 2) comunicazione nelle lingue straniere […]. (Unione Europea 2006, L 394/14) b. Raccomandazione del 23 aprile 2008 qui viene presentato lo European Qualification Framework, pensato per certificare le competenze dei cittadini europei, comunque esse siano state acquisite. La Raccomandazione offre queste definizioni: I risultati sono definiti in termini di conoscenze, abilità e competenze; 339 EL.LE 9(3), 2020, 333-344 e-ISSN 2280-6792 Paolo Balboni Conoscenze e competenze nell’educazione linguistica g) «conoscenze»: risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento. Le conoscenze sono un insieme di fatti, principi, teorie e pratiche relative ad un settore di lavoro o di studio. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche; h) «abilità»: indicano le capacità di applicare conoscenze e di utilizzare know-how per portare a termine compiti e risolvere problemi. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le abilità sono descritte come cognitive (comprendenti l’uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) o pratiche (comprendenti l’abilità manuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti); i) «competenze»: comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia. (Unione Europea 2008, C111/4) Nella Raccomandazione del 2006 si utilizza già l’articolazione triplice in conoscenze, abilità e competenze, che verrà precisata solo due anni dopo; se nelle due Raccomandazioni si consultano le sezioni in cui ciascuna competenza di carattere comunicativo (nella madrelingua e in lingue non native) viene descritta secondo questi tre fattori si noterà la corrispondenza con il modello di competenza comunicativa cui facciamo riferimento da un quarto di secolo (la versione più recente è in Balboni 2018) anche se la logica descrittiva e non formale del documento stabilisce confini non nitidissimi tra conoscenze, abilità e performance (Unione Europea 2006, L 394/14-15). 3 Conoscenze → competenze → abilità Da quanto sopra risulta evidente che a. alcune conoscenze possono essere scoperte e immagazzinate dalla persona (l’acquisizione della lingua materna è sostanzialmente un percorso induttivo di scoperta, guidata da qualche intervento adulto; ma anche il fatto che il fuoco scotta e i pasticcini al miele sono buoni sono scoperte esperienziali, induttive, come quelle dell’irregolarità del verbo io vado); b. altre conoscenze sono trasmesse dagli adulti o dai pari; c. altre infine sono costruite insieme ai pari, di solito sotto la guida di un adulto. Scoprire, costruire, insegnare conoscenze sono percorsi che arricchiscono la mente ma non escono dalla mente, sono sterili sul piano sociale: sapere che si vuol bene alla mamma o che i pasticcini al mie340 EL.LE 9(3), 2020, 333-344 e-ISSN 2280-6792 Paolo Balboni Dalla competenza comunicativa alla competenza comunicativa, letteraria e interculturale le sono buoni è ininfluente nel mondo se queste due conoscenze non diventano azione comunicativa, che può essere linguistica e/o cinesica (il bacio alla mamma, il furto dei pasticcini, ecc.) e/o oggettemica (un regalo alla mamma). Per diventare azioni sociali le dichiarazioni cognitive o emozionali (‘voglio bene alla mia mamma’, ‘i pasticcini al miele sono buoni’) devono interrelarsi con altre conoscenze, producendo delle procedure, dei processi sequenziali come in questo algoritmo (molto semplificato, a dire il vero): se (1. voglio bene alla mia mamma) (2. voglio che lei lo sappia) allora ( 1. ) + ( 2. ) + + (3. per far sapere una cosa devo dirla) (4. per dirla devo creare un enunciato con ‘voler bene’ coniugato alla prima persona singolare e con il pronome atono indiretto di seconda persona) (3. la mamma è al telefono) (4. Non si parla a chi è al telefono) allora (5. Non posso dire ‘ti voglio bene’) se (5. Non posso dire ‘ti voglio bene’) (5. voglio rendere più forte il messaggio) allora allora (6. posso integrare / sostituire l’enunciato linguistico con un significante cinesico: sorriso, bacio, abbraccio; oppure con un significante oggettemico: un regalino) Questo processo trasforma le conoscenze in competenze, cioè, con le parole di Pellerey, fa nascere Questo processo trasforma le conoscenze in competenze, cioè,checon le dalle conoscenze “la capacità di affrontare e risolvere in modo fecondo il compito voglio parole dire di Pellerey, nascere dalle Tuttavia, conoscenze «lasopra capacità di affronrealizzare: alla mammafache le voglio bene”. l’algoritmo non è sufficiente: la competenza linguistica in (percorso sinistra nell’algoritmo), cinesica (percorso al centro la tare e risolvere modoafecondo il compitoquella che voglio realizzare: dire precondizione) e quella contestuale (percorso a destra) devono interrelarsi con le competenze alla mamma che le voglio bene» (Pellerey 2004, 23). Tuttavia, l’algocognitive e operative (ability, skill) delle abilità linguistiche – padronanza, mastery, capacity, ritmo sopra non sufficiente: linguistica a sicompetency, o come le sièvoglia chiamare –la percompetenza produrre una performance, per (percorso esistere nel mondo. nistra nell’algoritmo), quella cinesica (percorso al centro, la precondizione) e quella contestuale (percorso a destra) devono interrelarsi con 4 Conoscenze, competenze, abilità nella scuola le competenze cognitive e operative (ability, skill) delle abilità linguistiche – padronanza, capacity, o come le si voGeneralizzare le tendenze nella mastery, scuola è scorretto, perché competency, la buona formazione degli insegnanti èa macchia di leopardo, –come sono le sperimentazioni, i rapporti conper i centri di ricerca universitari glia chiamare perloprodurre una performance, esistere nel mondo.o con i progetti europei, e così via. In generale, e con il rischio insito in ogni generalizzazione non basata su un ponderoso lavoro statistico con un campione ampiamente rappresentativo, possiamo dire che nella scuola italiana di oggi: 4 Conoscenze, competenze, abilità nella scuola a. le conoscenze linguistiche relative alla descrizione (alla metaconoscenza, knowledge by description, learned kwnoledge) dell’italiano L1, in cui gli studenti sono già competenti e in Generalizzare le tendenze scuola è scorretto, perché la buogrado di produrer performance,nella vengono insegnate sia sotto forma di dichiarazioni na formazione degli insegnanti è a macchia di leopardo, come lo sono le sperimentazioni, i rapporti con i centri di ricerca universitari 341 EL.LE 9(3), 2020, 333-344 e-ISSN 2280-6792 Paolo Balboni Conoscenze e competenze nell’educazione linguistica o con i progetti europei, e così via. In generale, e con il rischio insito in ogni generalizzazione non basata su un ponderoso lavoro statistico con un campione ampiamente rappresentativo, possiamo dire che nella scuola italiana di oggi: a. le conoscenze linguistiche relative alla descrizione (alla metaconoscenza, knowledge by description, learned knowledge) dell’italiano L1, in cui gli studenti sono già competenti e in grado di produrre performance, vengono insegnate sia sotto forma di dichiarazioni morfologiche («il plurale di grande è grandi») o lessicali («il timpano è la sezione triangolare posta sopra le colonne in un tempio classico»), sia come procedure sintattiche («se il nome cui si riferisce ‘grande’ è plurale, allora si usa la forma ‘grandi’»). L’insegnamento può essere meramente trasmissivo, può essere basato su un percorso induttivo, può essere costruito con i compagni, ecc.: qualunque sia la metodologia, le conoscenze rimangono conoscenze e anche dopo 50 esercizi applicativi non producono performance comunicativa; b. Le competenze invece vengono insegnate attraverso un lavoro su testi da comprendere (da ascoltare, la leggere, da vedere), su temi da svolgere, su testi da tradurre o da riassumere o da parafrasare ecc.: è la procedura da mezzo secolo utilizzata nelle lingue straniere e, laddove ci sono appositi laboratori, nell’insegnamento dell’italiano L2: abilità → competenze → conoscenze. Si tratta quindi di un percorso di scoperta, fortemente guidata dal docente sia nell’individuazione delle procedure da attivare per eseguire il compito, sia nello sviluppo di strategie di comprensione, dialogo, scrittura, traduzione, ecc.: per insegnare a salutare distinguendo formale da informale, si offrono degli input (audio, video, fumetti, ecc.) si comprendono, si analizzano, si sistematizzano sotto forma sia di dichiarazioni («per salutare al mattino si usano ciao e buon giorno […]») sia di procedure («se al mattino saluto un amico, uso ciao, se saluto un adulto, uso buon giorno»); c. nelle lingue classiche la maggior parte della didattica è trasmissiva (non inventional, nell’accezione vista sopra) ed è finalizzata alle conoscenze; la performance che ci si attende come risultato è la comprensione scritta – ma i testi da comprendere, quando si conoscono due declinazioni su cinque, non possono essere significativi (in termini bruneriani), sono solo esercitativi. Se riprendiamo l’idea di conoscenza come risultato di input appraisal, è difficile pensare che un ragazzo possa classificare come ‘esperienza piacevole, da ricercare di nuovo’ la traduzione di frasette su pulchrae puellae, e che quindi ne nasca una conoscenza stabile, acquisita, by acquaintance. 342 EL.LE 9(3), 2020, 333-344 e-ISSN 2280-6792 Paolo Balboni Conoscenze e competenze nell’educazione linguistica Riferimenti storici Arnold, J. (1999). Affect in Language Learning. Cambridge: Cambridge University Press. https://www.academia.edu/20469399/Affect_in_language_learning. Arnold, M.B. (1960). Emotion and Personality. New York: Columbia University Press. Bachman, L.F. (1990). Fundamental Considerations in Language Testing. Oxford: Oxford University Press. Bachman, L.F.; Palmer A.S. (1996). Language Testing in Practice. Designing and Developing Useful Language Tests. Oxford: Oxford University Press. Campbell, R.; Wales, R. (1970). «The Study of Language Acquisition». Lyons, J. 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