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2009, Territorio della Ricerca su Insediamenti e Ambiente. Rivista internazionale di cultura urbanistica
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ARCHIVIO DI STUDI URBANI E REGIONALI, 2018
Il contributo intende riflettere sul consumo di suolo partendo dal caso del Piemonte. Si presentano le misure necessarie per valutare il fenomeno quali la densità e la propensione al consumo. Vengono messe in relazione le cause relative al consumo di suolo con i comportamenti economici e sociali. Critiche vengono mosse alla ricostruzione storica e viene ipotizzata una tendenza logistica del consumo di suolo residenziale.
Peccato e Urbanistica, 2019
Vorrei iniziare questo breve contributo manifestando esplicitamente il mio essere ateo. Non è un vezzo dirlo, né un segno irrispettoso verso Testimonianze-che ospita queste mie riflessioni-quanto una necessità: userò un approccio di natura religiosa sulla questione "consumo di suolo". Il mio essere ateo, infatti, non significa non nutrirmi di testi e di discussioni, anche teologiche, di natura religiosa, tutt'altro. Leggo parecchio e diversi testi e riflessioni mi affascinano e mi inducono in dubbi e forti incertezze, che guardo, tuttavia, sempre da un'angolatura di pragmatico dubbio. In questo mio essere pragmaticamente dubbioso uno dei concetti che più mi intrigano, e più amo, è quello di peccato. Per me è un concetto chiave, specialmente in una prospettiva urbanistico-ambientale ha un «valore numinoso» 1 , e in una lettura pragmatica è per me una sorta di spartiacque, un "evidenziatore" della rottura della relazione vitale tra uomo e natura, e della coevoluzione tra utilizzazione del suolo per attività antropiche e suolo in quanto risorsa non riproducibile 2. Se mi viene accettata questa prospettiva di lettura il concetto di peccato è qui inteso, e utilizzato, come doverosa e necessaria risposta primaria ad un comportamento cosciente, allo stesso tempo soggettivo e collettivo, prima di assumere qualsiasi decisione che intacchi le risorse comuni e pubbliche. Una faccenda di etica della responsabilità pubblica in azione 3. Il peccato non come divieto, ma come offesa morale alla natura e alle risorse presenti nell'agire e quindi come "asta" per regolare le trasformazioni fisiche nei territori. Una speranza andata smarrita Una prospettiva d'azione fondata su questo presupposto pragmatico è stata inserita nell'apparato normativo sul governo del territorio della Regione Toscana fin dal 1995-al quale ho attivamente collaborato-in uno dei momenti più interessanti di riscrittura delle "regole" del gioco pubblico nell'azione amministrativa. Così recita il comma 4 dell'art. 5 della legge regionale Toscana n. 5 del 1995: «Nuovi impegni del suolo a fini insediativi e infrastrutturali sono di norma consentiti quando non sussistano alternative di riuso e riorganizzazione degli insediamenti e infrastrutture esistenti. Devono comunque concorrere alla riqualificazione dei sistemi insediativi e degli assetti territoriali nel loro insieme ed alla prevenzione e recupero del degrado ambientale». Ingenuamente speravo che un così robusto assunto fosse bastevole. Una richiesta di riflessione dimostrativa ("quando non sussistano alternative") cambiava la logica di confezionamento della decisione pubblica sul territorio, perché introduceva il dubbio e la sua conferma o il suo superamento solo a valle di un lavoro ricognitivo e interpretativo fondato sulla valutazione dei bisogni esistenti, da svelare, e sulle modalità più pertinenti per superarli, nel futuro prossimo. Svelamento che necessitava, soprattutto, di una valutazione parametrica e una contestuale assunzione di responsabilità, tecnica e politica insieme, sullo stato delle risorse esistenti e sul loro uso. Ero convinto-così come il gruppo delle persone che lavorarono 1 Per dirla con L. Giussani, Alle origini della pretesa cristiana, vol. 2, BUR, Milano 1999. 2 Con questo assunto io immodestamente interpreto e leggo la Lettera enciclica Laudato Si' del Santo Padre Francesco sulla cura della casa comune, 2015, e il concetto di peccato che qui più volte è presente. 3 Faccio riferimento agli studi sui «dilemmi etici» di M. Wachs, contenuti nel libro da lui curato: Ethics in planning, Center for urban policy, New Brunswich, NJ, 1985.
Da alcune settimane è pubblicata per commenti sul sito web della Regione Lombardia la variante del PTR, Piano Territoriale Regionale, che attua quanto previsto dalla LR 31-2014 sulla riduzione del consumo di suolo. La variante affronta in realtà molti altri aspetti, ma per limitazione di spazio ne rinvio l'analisi a successivi interventi. La variante contiene criteri da articolare attraverso varianti dei PTCP provinciali e a cascata dei PGT comunali. Tutto questo complesso e faticoso procedere dovrebbe portare come risultato ad una riduzione modesta del 10% circa del suolo programmato presente nei PGT. Ci si aspettava un po' più di coraggio, tanto più che un risultato ben più significativo sarebbe stato possibile senza grandi sforzi. Per comprendere i termini della questione è necessario fare un po' di sintesi sui numeri, attingendo dai dati forniti dallo stesso PTR, che dice alla pagina 313 dell'allegato che oggi ci sono 343 km2 di aree programmate nei PGT, che corrispondono a più del 10% della superficie complessiva urbanizzata esistente (3.270 km2). Ambiti di trasformazione programmati nei PGT. Fonte: Regione Lombardia, Variante del PTR, volume di allegati pag. 313.
Da oltre un decennio gli strumenti tradizionali dell'urbanistica italiana sembrano inadatti a far fronte ai problemi posti dai processi di trasformazione territoriale. Le difficoltà sono molteplici e soprattutto evidenti dove le dinamiche urbane sono più tese e dove è più difficile prevedere programmi e comportamenti degli investitori, pubblici e privati. In generale accade che le domande espresse dai progetti di investimento si scontrino con la rigidità delle previsioni di piano. Anche se il carattere locale delle attività urbanistiche impedisce ogni generalizzazione, è possibile individuare alcune ragioni di queste difficoltà in almeno due fattori concomitanti: il mutamento della cultura sociale e di governo, e le trasformazioni dei contesti territoriali di intervento. L'urbanistica tradizionale precede e in qualche misura anticipa gli aspetti paternalistici e dirigisti della cultura del welfare state 2 . L'obiettivo di realizzare attraverso il piano una città più giusta o meno ineguale è affidato allo stato nella convinzione che solo lo stato possa produrre e attuare un piano che persegua l'interesse pubblico. Nella seconda metà del novecento le esigenze della ricostruzione e poi negli anni sessanta la volontà di sostegno e controllo dei processi di urbanizzazione, che hanno accompagnato la crescita economica, hanno giustificato un'urbanistica vincolativa e gerarchica 3 . Com'è noto, il successo di questo tipo di urbanistica era ed è dovuto alla sua capacità di offrire un quadro di riferimento allo sviluppo urbano -soprattutto un quadro infrastrutturale e dei servizi pubblici -in grado di sostenere gli investimenti e, nei casi migliori, di contrastare un uso troppo speculativo del territorio. Non bisogna, inoltre, trascurare che una parte considerevole del successo di questo tipo di urbanistica dipende dal potere che concentra nelle mani dei decisori del piano, e dalle opportunità di scambio politico che questo potere offre, al punto che nelle pratiche il disegno dell'interesse pubblico rappresentato dal piano è spesso funzionale solo ad interessi particolari. Le difficoltà di questo modo di amministrare l'urbanistica si sviluppano negli ultimi decenni sia perché è maturata una cultura politica rivolta a ridurre o contenere il ruolo e il potere dello stato, sia perché sono venute meno quelle esigenze di infrastrutturazione del territorio che richiedevano un forte intervento pubblico a sostegno della crescita urbana. Al processo di pubblicizzazione del privato sviluppato dal welfare state consegue un processo di privatizzazione del pubblico che comporta anche, specialmente in Italia, una corruzione del sistema politico e un drammatico indebolimento della sua autorevolezza e della sua capacità di comando. Tutto ciò purtroppo accade quando il tema relativamente semplice del disegno dell'espansione viene in gran parte sostituito dai più difficili processi di ristrutturazione urbana, che richiederebbero strategie e capacità di coordinamento possibili solo con un'azione di governo autorevole ed efficiente. Inoltre, nel momento in cui i processi di trasformazione avvengono soprattutto all'interno dei tessuti urbani, diminuisce la dipendenza degli investitori dal sostegno dell'intervento pubblico; in molti casi, al contrario, per reagire alla deindustrializzazione e recuperare aree abbandonate e degradate è il pubblico a dipendere dagli investitori. L'insieme di questi fattori pone all'urbanistica nuovi problemi, procedurali e tecnici. Com'è noto, un carattere determinante dell'urbanistica tradizionale è quello di dare valore di legge alle previsioni del piano, per cui ogni scostamento da quelle previsioni richiede un processo di variazione del piano che ha alti costi politici ed economici e rallenta, a volte sino alla paralisi, i processi di trasformazione. Di fronte alla mobilità del capitale, la prima questione è se sia possibile immaginare procedure di pianificazione e controllo che non siano irrigidite da eccessi regolativi e che, invece di fondarsi su rapporti di conformità a regole prestabilite, usino le regole per definire le prestazioni che gli interventi di trasformazione devono garantire. Ma il problema di una maggiore flessibilità non dipende solo dalle esigenze degli investitori e dal mutamento delle strategie territoriali di investimento, c'è una richiesta da parte degli 1 Questo testo riprende in parte un articolo, 'Nuove procedure urbanistiche a Milano', apparso su Territorio, 2001, 16, 53-60 2 Sin dalle sue origini l'urbanistica contemporanea, soprattutto se colta nei due schemi howardiani della città sociale e della città giardino, propone dei modelli di equilibrio -dal quartiere alle reti di città -che solo lo stato, nella qualità di regolatore generale, può applicare a tutto il territorio (vedi Mazza 2002b(vedi Mazza , 1999. 3 Vincolativa in quanto assumeva il piano come un modello ottimo di organizzazione spaziale a cui si doveva conformare ogni azione di trasformazione; gerarchica in quanto, in simmetria con i livelli di governo, affidava la coerenza del sistema di pianificazione, almeno formalmente, alla dipendenza del piano locale dai piani di livello superiore.
Novecento.org, n. 12, agosto 2019
La nascita di un polo petrolchimico dell'ENI (Ente Nazionale Idrocarburi) alle porte di Gela, nella costa meridionale della Sicilia, insieme alla scoperta del petrolio destarono nella società locale enormi speranze e un consenso generalizzato sulle potenzialità di un modello di sviluppo che avrebbe dovuto fungere da volano per la nascita e il consolidamento dell'imprenditoria siciliana. Nel corso dei decenni molte di queste aspettative sono rimaste lettera morta, lasciando però gradualmente sul tappeto sempre più interrogativi sui danni all'ambiente e sulla stessa sostenibilità economica di quelle produzioni, fino alla situazione attuale, con uno stabilimento chiuso (in attesa di riconversione) e numerosi procedimenti in corso per danni ambientali e malattie sul luogo di lavoro. Il percorso proposto permette di ricostruire fasi e contesti in cui si è svolta questa vicenda decennale, con lo scopo, anche, di favorire una riflessione sulla storia dell'ambiente come filone storiografico utile a una didattica innovativa in grado anche di mettere in relazione storie, territori e i grandi problemi del presente. Tempo di svolgimento: 6 ore
L'obiettivo di questo studio è stato quello di conoscere le dinamiche che hanno portato allo stato di fatto degli usi del suolo della Provincia di Bologna, al fine di elaborare considerazioni che possano suggerire nuove politiche per il futuro. Riferendosi ad un arco temporale che va dagli anni '50 ad oggi l'uso del suolo è stato analizzato in maniera qualitativa e quantitativa, mediante il confronto di foto aeree e la costruzione di indicatori, che mostrano il rapporto tra popolazione e urbanizzato. I
Rivista Geografica Italiana, vol. 120, n. 4, 334-342, 2013
1. INTRODUZIONE. -Il dibattito sulle relazioni tra neoliberalismo e sviluppo urbano è stato e continua a essere molto vivace nella geografia economica e politica di lingua inglese. Al contempo, la ricezione delle tesi sulla città neoliberale rimane piuttosto timida in Italia. Le riflessioni teoriche e, ancor di più, le analisi empiriche sono limitate, probabilmente perché il neoliberalismo urbano e il più ampio modello neoliberale di governo dell'economia e della società sono in genere associati alla realtà angloamericana e ad altre aree geografiche storicamente orbitanti intorno a essa, piuttosto che a quella europea e sudeuropea in modo particolare. La recessione dell'economia globale e la centralità assunta dai paesi dell'Europa meridionale nella crisi dell'Eurozona, tuttavia, hanno indotto molti commentatori a riflettere sulla validità della categoria del neoliberalismo e di quella più specifica del neoliberalismo urbano in riferimento alle economie nazionali dell'area mediterranea. Ciò vale particolarmente nel caso della Spagna, dove è evidente il nesso tra crisi economica e bolla immobiliare, passata rapidamente da economia modello dell'area sudeuropea a paese-simbolo della recessione.
Disused areas and meridian planning The criticism of modernity has spread, over the last few years, from " hard " sciences and humanities to the science of planning, so that its main instrument, the plan, has been considered in a crisis just because of the crisis of the reference frame. Lately, something else has joined this course: a set of reflections which mean to transform the vision of the " souths " of the world, particularly of the Mediterranean areas. These reflections start from those characteristics and material and immaterial resources, which the northwestern model –dominant over the last centuries – has considered as constraints on the development of these depressed areas. This thought, which self-defines meridian, becomes basic to the redefinition of the planning fields and instruments which the planners working in the Mezzogiorno (southern regions of Italy) are trying to do. They are not great conceptual novelties if compared to the environmentalist and territorial paradigms, but linking these reflections to the South can be useful to organize the planning of the vast disused areas of the southern regions, such as the area of the Peloritani mountains in the province of Messina. La sempre più diffusa critica alla modernità si è estesa, negli ultimi anni, dalle scienze cosiddette " dure " e dalla scienze umane e filosofiche, anche alla pianificazione territoriale il cui strumento principale, il piano, è stato considerato in crisi proprio a seguito della crisi del paradigma di riferimento. Recentemente, poi, si è innestato su questo percorso, un insieme di riflessioni che intendono capovolgere la visione dei sud del mondo ed in particolare delle aree mediterranee a partire da quelle caratteristiche e risorse materiali ed immateriali che, rispetto al modello che è stato vincente negli ultimi secoli, definito, nord-occidentale sono sempre più state considerate dei vincoli che hanno reso impossibile lo sviluppo di queste aree. Questo pensiero, che si autodefinisce meridiano, è adesso posto alla base dell'opera di ridefinizione dei campi e degli strumenti della disciplina urbanistica da parte di numerosi tecnici della pianificazione che operano nel Mezzogiorno. Non si tratta di grandi novità concettuali rispetto ai paradigmi ambientalista e territorialista di cui si parla da qualche anno, ma l'ancoraggio di queste riflessioni al sud può essere utile per la pianificazione del vasto territorio dismesso delle regioni meridionali, tra cui il territorio dei monti Peloritani in provincia di Messina.
Iconemi - Eventi: la città nella dimensione del transitorio, 2017
Il testo ragiona sulla relazione che intercorre tra dismissione e usi temporanei e sul ruolo che questi possono rivestire nei processi di rigenerazione urbana. Apre con una riflessione sulla pratica degli usi temporanei, mettendone in evidenza le potenzialità ed alcune criticità, mette a fuoco la peculiarità milanese della diffusione di eventi temporanei diffusi sul territorio come il Fuorisalone e le diverse “week” che si stanno affermando, considera le occasioni date dalla dismissione di un patrimonio industriale dismesso di medie dimensioni. Infine, attraverso il caso di Milano Lambrate assunto come utile esempio dove osservare gli usi temporanei in relazione a dismissioni industriali e Fuorisalone, il testo avanza alcune considerazioni in merito agli effetti di tali usi, alle loro potenzialità e limiti.
La verifica di compatibilità tra i piani urbanistici locali e quelli territoriali, alle differenti scale, risulta ancora uno dei temi di maggiore rilevanza nell’ambito dello studio dei processi di governo del consumo di suolo. Si è pertanto deciso di procedere all’esplorazione dei dispositivi comunemente utilizzati per limitare i processi di espansione dei suoli urbanizzati in una Provincia dove la disponibilità di informazioni quantitative e qualitative sui consumi di suolo è elevata, ovvero la Provincia di Lodi.
Journal of Ancient Philosophy, 2023
Published Presidential address by Iravatam Mahadevan, 1998
"Exploring Intertextuality: Revelation 18 and Overlooked Allusions to the Old Testament." A Proposal Presented in Partial Fulfillment of the Requirements for the Degree, Master of Arts, Theologische Hochschule Friedensau, December 7, 2023, 2023
Les pintures de la Universitat de Barcelona (I). El dipòsit del Museu del Prado, 2022
British Journal for the History of Philosophy, 2023
Ecodidactic Perspectives on English Language, Literatures and Cultures. Eds. S. Mayer and G. Trier: wvt, 2006
UNCTAD, 2017
Population and Environment, 1993
Feria y Fiestas de Orgaz, 2019. Programa, pp. 60-61
American Journal of Epidemiology, 2011
arXiv (Cornell University), 2016
International Journal of Mathematics and Mathematical Sciences, 2020
Nanoscale, 2017
Lecture Notes in Computer Science, 2012
Journal of physics, 2018
Applied Radiation and Isotopes, 2010