Giovanni Matarazzo
Qui e ora
Attraversando microcosmi
Giovanni Matarazzo
Qui e ora
Attraversando microcosmi
Con un testo di Giovanna Bonasegale
Effetto Ghergo
AlgamEko
MateriaPrima Design
CP Commerciale Petroli
Pigini Group
Qui e ora - Attraversando microcosmi
di Giovanni Matarazzo
A mia figlia Martina,
che continua a insegnarmi la vita
ISBN: 978 88 947277 0 8
© Giovanni Matarazzo
Prima Edizione Dicembre 2022
Quest’opera è protetta dalla Legge sul Diritto d’Autore.
È vietata ogni duplicazione non autorizzata, anche parziale,
su tutti i mezzi: cartacei, digitali e audiovisivi.
“Voglio presentare esseri degni d’interesse
semplicemente perché esistono,
e non per una certa morale
che mi prefiggo di trarre da loro”
Harold Pinter in occasione della messa in scena
di “Sogno d’una notte di mezza estate”
di William Shakespeare
Giovanna Bonasegale
Dialoghi in rifrazione
La sedia vuota, che vediamo in copertina, è protagonista di questo racconto nello stesso modo in cui lo
sono le quindici persone intervistate, come lo è Giovanni che ha inventato il progetto e le ha fotografate.
Siamo nelle Marche, una terra piena di incanto e di
nostalgia, per coloro che la abitano e per quelli che
l’hanno lasciata per un altrove più o meno lontano.
Lo studio di Giovanni è in Ancona, città di contrasti
e di antinomie, che sa essere attrattiva, vivace, dinamica, ma anche sonnacchiosa e indolente: un gomito
verso il mare dove si assiste ogni giorno alla nascita
e al tramonto del sole, metafora quotidiana del ciclo
vitale che ci accompagna.
Alla luce di questa metafora leggo il mosaico di esperienze che ognuno dei quindici protagonisti ha descritto, frammenti di lunghi viaggi identitari, non
necessariamente autoreferenziali.
E immagino che quella sedia vuota sia stata una
compagna di viaggio accogliente sia pur spesso non
comoda. Li vedo, infatti, i corpi degli intervistati in
tante posture differenti: quella sedia contiene emozioni, speranze, suggestioni, entusiasmi, stati d’animo pronti a essere depositati e a stratificarsi in uno
spazio fisico e temporale che sarà presto di altri, fino
a rimanere di nuovo vuota, in attesa.
Un atto di presenza coraggioso quello di testimoniare davanti a un obiettivo rispondendo alla domanda
di come ci si sente in questo momento, qui e ora. Le
tue espressioni e la tua gestualità scandiscono il ritmo stesso della tua vita, della memoria, di un passato che avrebbe potuto essere destino e che invece in
quel qui e ora, che non è semplicemente adesso, ogni
volta si è modificato. E intanto senti il rumore degli
scatti, senza che ti sia concesso di vedere l’occhio di
chi ti sta svelando. E sai che la tua voce è registrata.
Il tuo itinerario, quel percorso che ti ha portato fino
allo studio di Giovanni resta impresso in quell’aggeggio meccanico, che te lo restituirà fedele e trasformato, in un futuro prossimo, in cui forse scoprirai di
essere ancora diverso, che quella sedia in attesa ospiterebbe un altro te.
È in questo fluire, individuale e collettivo, che si snoda il progetto di Giovanni. Le persone hanno scelto
di aderire rispondendo a un suo invito, direi abbastanza scarno, sui social. Parlava semplicemente di
un progetto fotografico, senza dettagliarne il contenuto; specificava, tuttavia, che le fotografie non sarebbero state “imbarazzanti, ma con un alto tasso di
partecipazione ed empatia”, infine si appellava alla
fiducia nei suoi confronti.
Le persone che hanno accettato di partecipare non
hanno interagito tra di loro nel momento dell’intervista: forse si conoscevano, forse no, non lo sappiamo e non ci viene detto.
Tuttavia si ha l’impressione che ognuna di loro – indipendentemente dall’età, dal sesso, dalla professione, dalle trasformazioni, che nel tempo si sono succedute – stia sfogliando le pagine di un diario, fogli
vissuti prima di essere scritti, che si sono accumulati
e fermati momentaneamente su una soglia, quel limite del qui e ora, che può diventare un confine, più
spesso un varco.
Si raccontano queste persone, e ci raccontano, con
consapevolezza intensa, quasi volessero rispondere
all’enigma della propria identità prima che diventi
mistero: attori e spettatori di se stessi in un ritmo,
che non è uguale per tutti, ma che per tutti significa
percezione mnemonica, senso della realtà e insieme
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proiezione visiva di un prossimo futuro.
C’è un osservatore di queste narrazioni, che si sofferma su di loro, ne condivide la trama e le emozioni;
in un intreccio di luci e di ombre sa coglierne la presenza.
“Le fotografie – scrive Ernst Jünger – riproducono
qualcosa della sostanza dell’uomo, delle sue irradiazioni; ne sono una copia. In questo senso vi è tra
fotografia e scrittura un intimo legame. Quando vogliamo ricordare sfogliamo lettere e fotografie.”
Se ho ben interpretato, la chiave del progetto di Giovanni è proprio qui: nell’intimo legame in cui si fondono gli autoritratti verbali e la loro rappresentazione fotografica eseguita da una persona esterna.
Non sto parlando, beninteso, del ‘ritratto’ classico,
quello che agli albori della nascita della classe borghese il fotografo ‘rubò’ al pittore, ma neppure di
quello dei quattro immaginari, che ci descrive Roland Barthes: “Davanti all’obiettivo io sono contemporaneamente: quello che io credo di essere, quello
che vorrei si creda io sia, quello che il fotografo crede
io sia, e quello di cui egli si serve per far mostra della sua arte.” E non mi riferisco neanche della teoria
di Gombrich, che vuole il ritratto fotografico inficiato dallo stato d’animo del ritrattato, il quale indossa
una metaforica “maschera” per alleviare l’imbarazzo
di trovarsi di fronte al fotografo e al suo implacabile
obiettivo. L’immagine che sarà consegnata alla stampa sarà l’esito di quella maschera, la conseguenza di
espressioni che invece di lasciar trapelare la autentica
fisionomia del ritrattato, ne scolpiranno una visione
denaturata tanto da poter dire che vedremo prima la
maschera e poi la faccia.
Nel genere del ritratto fotografico queste affermazioni sono inconfutabili e non c’è chi – in particolare
tra i fotografi, gli storici dell’arte, gli studiosi di foto8
grafia e gli stessi storici o antropologi – non vi abbia
riflettuto.
Penso invece a quella specie di abisso nel quale il
ritratto è precipitato, proprio qui e proprio ora, sostituito da una simbologia impropria e maniacale
chiamata selfie, attraverso la quale ci si compiace
di autoritrarsi, mostrando un se stesso, che non è la
maschera di Gombrich rivisitata da un altro da sé,
ma generalmente e genericamente una faccia ravvicinata, fortemente segnata da connotati emotivi che,
paradossalmente, ne dimostrano di fatto l’assenza.
E allora considero questo progetto di Giovanni una
vera innovazione e un grido di allarme. Questi scatti
rompono una delle tradizioni ritrattistiche e ne propongono un’altra. Derivano, infatti, non da sedute di
posa, ma da lunghi dialoghi, durante i quali in realtà
entrambi i soggetti – chi ascoltando osserva e chi parlando si lascia osservare – sono testimoni l’uno dell’altro e instaurano senza forzature e con naturalezza empatica quel legame al quale accennavo prima.
Su quella sedia, insieme con le parole, si snodano gestualità, mimica, movenze, atteggiamenti di sospensione, a volte di sorpresa, di incredulità o di sicurezza, un dinamismo emozionale che ben difficilmente
un solo scatto sarebbe in grado di restituirci. Ma
anche lui, il fotografo, è ‘attraversato’, da quello che
ascolta, da quello che vede, da quello che sente e il
suo occhio dietro il mirino non potrà non accorgersi
di un movimento particolare, di una allusione speciale, non potrà non notare un riflesso nello sguardo,
quell’insieme di rivelazioni che il colloquio custodisce, e quindi il suo avvicinamento tecnico al corpo
fisico della persona che ha di fronte, lo condurrebbe
di fatto ad appropriarsi dei dettagli anche mentali del
suo spazio – o almeno quelli che lui crede di cogliere –
e ciò ci riproporrebbe il grande tema della ambigua
ambivalenza del ritratto, fotografico o non.
Dove è dunque l’innovazione e dove la nuova proposta? Qui interviene l’intuizione di Giovanni: trasformare i momenti del parlato non certo in fermo-immagine, come fosse un filmato, ma in preziosi istanti
in cui lo scatto riesca a restituirci i sinuosi sentieri
che ognuno dei suoi interlocutori sta attraversando.
Leggendo i testi e guardando le immagini è come se
riconoscessimo i diversi momenti della narrazione
in cui sono state scattate le fotografie. Non si tratta di
apparizioni sublimate dal fotografo, il fotografo non
vuole primeggiare: ripone nelle persone la stessa fiducia che loro hanno riposto in lui, raccoglie quello
che dicono, abita il loro parlare. Agisce, in altre parole, con pari libertà rispetto alle persone intervistate. Una specie di trasgressione rispetto al suo essere
fotografo.
Ma Giovanni è un fotografo e così come rivelano il
proprio io i protagonisti di questa storia, non può
esimersi dal rivelarsi a sua volta. Ecco, quindi, alla
fine di ogni singolo incontro, una fotografia in posa:
il ritratto che suggella il racconto, conducendoci
all’apice di una gradazione ascendente, dove l’immagine – per dirla con Calvino – si cristallizza “in una
forma ben definita, memorabile, autosufficiente, icastica”. La posa è per definizione concordata, ma gli
eventuali suggerimenti del soggetto diventano fragili
di fronte alla determinazione del fotografo: è lui uno
dei giocatori, ma è anche arbitro e può dirigere il gioco. Tuttavia Giovanni non vuole interrompere il filo
della conversazione e tantomeno il patto implicito in
questo progetto ossia la lealtà: lui guarda e sa di essere guardato; non c’è antagonismo nel momento della
scelta dell’inquadratura o in quello dello scatto e ne
emergono immagini autentiche nella loro naturalezza, sorrette da una grande sapienza tecnica. Sta a
noi, spettatori di tutto questo, assumere l’onere di un
ulteriore sguardo, quello del riverbero di esperienze
altrui, che potrebbero essere di ognuno di noi.
Roma, Novembre 2022
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Alessia Paggi
APPUNTAMENTO TRA 10 ANNI
Sono Alessia ho 50 anni e sarei una grafica… mi interessa l’arte e vorrei fare questo… in questo momento
sono di passaggio in Ancona… oggi è l’ultimo giorno
estivo a casa dei miei genitori perché loro il prossimo
anno non abiteranno più qui e così finisce un’epoca…
con lo studio ho cercato di andarmene e non sono
tornata indietro... è stato importantissimo aver scelto l’istituto d’arte e non penso di poter fare nient’altro
nella vita… non ho raggiunto alti livelli e forse non li
raggiungerò mai ma in un altro binario sarei probabilmente morta… in questi giorni sono cosciente che
sto vivendo un momento di passaggio di taglio e di
nascita in una nuova direzione… mentre la mia famiglia qui si prepara a trasferirsi altrove io in Germania
dopo tanti anni potrò presto avere una stanza per me
come atelier una stanza per mio marito per lavorare
e per fare musica e uno spazio per ospitare… è molto importante per me adesso essere conseguente e so
che devo rimanere fedele a me stessa… rimanere uniti
come famiglia e aiutare i genitori anziani… mi chiedo
perché tutti questi cambiamenti e situazioni personali in una botta sola… però con tanta umanità buona
volontà e voglia di recuperare quello che si è costruito
insieme in questi anni credo che si possa andare avanti mettendosi in gioco veramente… per questo e altri
motivi è un momento intensissimo… questo progetto
fotografico l’ho visto come una chiave di volta un momento di verifica… non è bello pensare di essere soli
anche se si fa tutto da soli però quando sai che hai una
rete su cui cadere è tutto più facile anche se poi l’aiuto
non l’utilizzi… vedo un futuro molto bello un futuro che voglio chiamare con la parola tedesca gestalt…
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lo voglio attivamente avere ogni giorno sotto gli occhi prendendo decisioni facendo azioni e meditando
anche il riposo... non è che mi devo riempire la vita
però... voglio dare spazio e attenzione ai miei desideri
e anche quello che succede alle persone che mi stanno
accanto… ho una figlia di 12 anni e voglio che abbia
dei genitori soddisfatti di se stessi in modo che anche
lei possa riflettere su questa cosa e scoprire se stessa...
mi do 10 anni... fra 10 anni voglio vedere dove sono
arrivata e poi voglio fare un altro giro di boa ed eliminare ancora di più… tagliare… sono grata per gli incontri che mi vengono donati proprio perché ci prego
che mi vengono dati... penso che dobbiamo rimanere
aperti agli altri condividere il benessere e creare legami tra le persone... con la coscienza la propria essenza
è sempre un ritorno al basico e al silenzio… non riempirsi troppo di tanto… resettare e far silenzio… siamo
tutto e siamo niente diceva Pirandello… quindi basandomi su questo mi collego con il cosmo… con quello
che la vita ha già previsto per noi… cercare anche di
snasarlo un po’… ascoltare… sono molto ottimista…
il passato non lo vedo più come un peso… sta dietro
tranquillo come una scia di una nave… dire un sì alla
vita e essere positivi non solo per se stessi… penso sia
un equilibrio molto delicato e fatto di buone scelte…
umane semplici e sincere… poi l’imprevisto arriverà
e ci insegnerà qualcosa… e quindi 10 anni… 10 anni
perché ne ho giusto 50 e a 60 vedremo… che cosa mi
aspetto non lo so… vorrei che affiorassero le mie capacità che venissero a galla… non le criticherò non le
giudicherò… voglio essermi amica… 10 anni perché
poi mia figlia sarà grande… non voglio attaccarmi…
voglio diventare ancora più leggera… io prego molto
che vengano cose e ringrazio quando poi vengono…
ma forse non è neanche un chiedere… è un filtro attraverso cui vedo le cose… c’è uno scrittore che dice11
va Signore fa’ in modo che quando sarò anziano non
diventi cattolico… io invece la sto prendendo questa
piega perché la conosco dai miei genitori e la trovo
molto naturale… in Europa in Italia particolarmente essere credente non è una cosa astratta è una cosa
che mi accompagna molto… mi orienta… è un vestito
che mi sta bene… non vorrei non essere cattolica e do
molto spazio adesso a questo perché è un dialogo con
me stessa e con quel qualcosa che mi sostiene… sono
grata di questa cultura che ho però voglio avere anche
fede… cuore e mente… c’è una cappella bavarese vicino a casa mia che sento come l’estensione della mia
casa e spesso vado lì nel silenzio a pregare… questo
periodo è un momento di sguardo aperto tra le fasi
della mia vita… andare all’estero da studentessa non
è stata una cosa facilissima… è stato un taglio netto
e mi sono dovuta ambientare… il fatto che la mia famiglia presto lascerà la mia città d’origine mi ha dato
insicurezza… mi sono vista tagliare via le radici… ma
so dove metterò le mie origini i ricordi dell’infanzia
ora che non avrò più casa in Ancona… proprio come
si fa con le piante ho deciso di trapiantarle idealmente
nella Santa Casa di Loreto… so che lì saranno al sicuro e potrò sempre sentirmi a casa… quindi non è
un trauma questo cambiamento… è un momento di
crescita incredibile.
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Andrea Muti
VIVERE DI FOTOGRAFIA
Sono Andrea tra pochi giorni compirò 63 anni e Giovanni mi chiede di fare il punto della mia vita… a 63
anni veramente ho avuto tantissime esperienze… ho
vissuto all’estero ho fatto tantissimi lavori ho avuto
tante esperienze belle e brutte ma come tutti d’altronde… però c’è una cosa che te lo dico sinceramente è
l’unica cosa che in tutti questi anni è rimasta sempre
con me... è la fotografia… perché la fotografia è stata
lavoro e passione… adesso la fotografia è il fulcro della
mia vita l’ombelico del mio mondo… vivo di fotografia
vivo con la fotografia… mi fa scoprire mi fa crescere
anche adesso a questa età… è una cosa meravigliosa…
senza ombra di dubbio mi ha fatto conoscere tantissime persone… non parlo di fotografi parlo di persone
ritratte... fotografate... di sportivi… con la fotografia
ho fermato un momento della vita importantissimo
cioè il fatto che nonostante la mia famiglia sia fatta da
cinque persone moglie e tre figlie grandi viviamo tutti
e cinque in cinque luoghi diversi… io sto ad Osimo
mia moglie sta a Cracovia la figlia più grande sta ad
Osimo ma è sempre in giro per il mondo per lavoro…
la seconda vive a Varano e lavora ad Ancona la terza
vive a Cracovia e mia moglie sta là anche per lei per
via della nipote che ci ha regalato due anni fa ma che
ha dei problemi psicomotori… perché è una bambina
con una forte disabilità e ha bisogno di aiuto… quindi non basta l’aiuto della mamma c’è bisogno anche
dell’aiuto di mia moglie… quindi vivo questa situazione quasi di solitudine ma anche di grande affetto…
di comunicazione… di essere insieme nonostante il
vivere a 1200 km di distanza… usiamo la tecnologia
per comunicare… il mio momento adesso è questo…
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non vedo l’ora di andare in pensione per tornare a vivere a Cracovia che è la città che adoro una città d’arte e di cultura… sarebbe come vivere a Firenze qui
in Italia… ora stiamo ricominciando a vivere dopo il
Covid ma c’è chi muore nella guerra… la guerra c’è
sempre stata ovunque in tutto il mondo soltanto che
ce ne accorgiamo quando è vicina a casa nostra… se
ne accorgono i polacchi che hanno accolto 4 milioni
e mezzo di Ucraini… in Polonia ci sono molte gallerie d’arte e molte mostre… non me ne perdevo una…
poi a Cracovia facevano anche il mese della fotografia
dove ogni anno c’era una nazione ospite e l’Italia è stata ospite con Gabriele Basilico con Paolo Ventura con
personaggi meravigliosi e in quel mese la città respirava fotografia… trovavi mostre nei bar nei ristoranti
ovunque… quindi centinaia di mostre di fotografia di
tutti i livelli… la cosa bella era proprio questo vivere
respirare la fotografia una città che per un mese viveva
di fotografia… mi rendo conto che più vado avanti più
parlo di fotografia… è il comun denominatore della
mia vita che ha sempre scandito i miei tempi… anche
nei dieci anni che ho vissuto in Polonia e non fotografavo facevo riprese video alle mie figlie… facevano attività sportiva facevano gare eccetera… poi non
lo so perché ho smesso nel periodo del passaggio tra
pellicola a digitale… tornato in Italia dico ok compro
una macchinetta… comprai una piccola digitale e due
anni dopo avevo già due reflex importanti della Nikon
riaperto la partita IVA e ricominciato a fare il fotografo… quindi ecco è una cosa che bene o male non mi
ha mai abbandonato… viva la fotografia… le figlie le
ho sempre pensate libere e indipendenti e adesso che
hanno intorno a 30 anni lo sono... ognuna fa quello
che vuole fa quello che ha sempre voluto fare… guarda io pago la mia libertà ma pensando al passato rifarei tutti gli errori che ho fatto perché ogni errore è un
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esperienza e crescita e vita… ricordo un litigio a 16
anni con mio padre che mi diceva cose che lui aveva
già fatto e che sbagliavo a fare quello che volevo fare…
volevo smettere di studiare e mettermi a lavorare… ricordo benissimo gli ho risposto tu hai fatto i tuoi errori
io voglio fare i miei perché i tuoi li metto nel bagaglio
ma voglio fare i miei… e così ho fatto… gli do ragione
sul fatto che mi aveva detto che avrei sbagliato a fare
qualcosa però quello stesso errore che aveva fatto lui
l’ho rifatto io col mio sangue sulla mia pelle ed è mio
quello perché se avessi accettato il suo consiglio mi sarebbe sempre rimasto il dubbio ho fatto bene ho fatto
male… invece no ho sbagliato lo so che è colpa mia
non devo giustificarmi con nessuno l’errore è mio l’ho
accettato l’ho pagato lo sto pagando ne pagherò chissà
ancora quanti… quindi alle figlie bene o male anche
tra me e mia moglie penso che abbiamo avuto sempre questo tipo di educazione diciamo... di messaggio
che di conseguenza diventa educazione… le mie figlie
sono educate… dicono buon giorno e buona sera… le
ho sempre guardate da distante… devo essere sincero
mi ricordo un’altra cosa bellissima quando avevamo
la prima figlia al supermercato c’erano gli orsacchiotti
e mia moglie ne prende uno ne sceglie il colore… no
no lascia che sia Karolina a sceglierlo… falle fare la
sua scelta… lei guardò e ne prese uno verde… questa
è una cosa su cui è sempre stato basato il rapporto con
loro… vuoi fare quella scuola… falla… vuoi smettere... smetti non c’è problema… ne dico un’altra sempre
quella grande aveva 14-15 anni ragazza molto intelligente l’unica laureata della famiglia… babbo io sono
di sinistra perché tu sei di sinistra… no Karolina assolutamente… io penso così per questo motivo eccetera... tu frequenta chi vuoi incontra i tuoi amici poi fai
tu una scelta su quello che tu ritieni giusto... io ti dico
come la penso io ma non è che io sono la verità... fai
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tu la scelta… lei ha fatto la sua scelta e la sta portando
avanti… quindi un discorso sempre basato su io ho
fatto così però tu fai come vuoi… tu scegli… e relativo anche a quel discorso che ebbi con mio padre…
io ho chiesto alle mie figlie di passarci… ho smesso
di preoccuparmi qualcuno direbbe sarà quel che Dio
vuole… io sono ateo profondamente... rispetto qualsiasi religione e qualsiasi altro pensiero anche politico
lo rispetto per cui dico sarà quel che sarà anche perché
ogni passo che facciamo ogni scelta… ogni parola un
battito d’ali crea uno tsunami dall’altra parte dell’Oceano… noi diciamo una parola e quella parola crea un
movimento un pensiero una situazione un litigio da
cui nasce qualcosa… quindi tutti noi siamo attori di
questo immenso teatro che è il mondo e ognuno con
le proprie parole modifica momento dopo momento
la regia… sto attento invece a quelli che cercano di
cambiare le cose cercando di pilotare le persone.
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Federico Veroli
LA TRASFORMAZIONE DELLA CRISALIDE
Mi chiamo Federico ho 16 anni e abito ad Ancona…
nell’ultimo periodo ho vissuto tante esperienze differenti perché non avendo avuto molto tempo per stare fuori casa a causa del Covid non ho avuto molte
opportunità di conoscere nuove persone… quindi
è stato una specie di ritiro spirituale che mi ha fatto
cambiare del tutto come persona… penso siano state le diverse cose che avevo attorno a casa avendo un
padre che comunque ha avuto tante esperienze… ma
non solo quello perché ho trovato anche un mio gusto
personale nelle cose… ho capito un sacco di cose che
prima neanche immaginavo… sicuramente sulle relazioni con le persone… ogni scuola che ho frequentato
quindi asilo elementari medie e ora superiori ho cambiato città… adesso sono alle superiori ad Ancona…
quindi è sempre stato quasi una rivincita sul me stesso di prima… fino a diventare l’individuo che sono
adesso… mi trovo abbastanza bene a scuola e ho fatto
amicizia con molte persone… sono riuscito a crearmi
un gusto personale… all’inizio sono state influenze
di amici… ho vissuto questa crescita come un totale cambiamento rispetto alle persone che mi stavano
attorno… a Porto Recanati c’erano molte persone che
giocavano a calcio molte che giocavano a cricket… io
non non ero tanto uno sportivo almeno non in quegli ambiti quindi alle elementari non riuscii a trovare
tanti amici… però non mi pesava perché avevo il migliore amico che comunque rimaneva spesso il sabato con me… alle medie eravamo molto più umani…
adesso è molto più un flusso di coscienza delle altre
persone… è capitato che alle superiori ho avuto delle
tranvate sui denti… la scuola era il mio ambiente ma
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non era quello che doveva essere secondo me… un
ambiente diciamo maschilista o comunque misogino
mentre io come persona sono sempre stato abbastanza neutro… né da una parte né dall’altra… parlando
di ideologia del sesso ho sempre vissuto la mia e valutato come sbagliati alcuni atteggiamenti da entrambi
i sessi… quando vedi che i tuoi amici che un tempo
li vedevi come i tuoi cari amici e poi li vedi diventare superficiali lì non sai che fare perché quando sì è
l’unico che non è più superficiale è un po’ difficile da
far cambiare… questa estate dal primo giorno in cui
è finito l’anno scolastico ho iniziato a lavorare in uno
stabilimento balneare… lavoravo 9 ore al giorno tutti i
giorni tranne un giorno libero… quando ero al lavoro
mi sentivo lobotomizzato e non riuscivo a pensare ad
altro… dovevo fare quella cosa e basta… quindi ho capito che nella vita non voglio fare un lavoro che mi lobotomizzi… però vedere i miei amici che so andavano
in discoteca andavano a divertirsi la mattina al mare e
io stavo lì al lavoro… dicevano Fede quando vieni… ci
manchi non vieni mai… mi faceva molto piacere ma
mi portava anche un’amarezza dentro molto forte… io
devo dire che questo fatto della solitudine l’ho sentito
tantissimo nella quarantena e quello m’ha cambiato
perché mi ha fatto avere una crescita interiore… non
ho idea del come… penso siano state le varie influenze… ad esempio a scuola c’erano molte liste che volevano cambiare la scuola totalmente… fare una specie
di rivoluzione e poi da lì ho scoperto la storia… una
cosa che per esempio mi lascia allibito è che adesso
provo piacere a guardare cose di politica e non riesco
a rendermi conto di questo cambiamento… sono consapevole ma è difficile da comprendere quali influenze
mi abbiano portato ad essere così… oltre al fatto che
ho delle piccole passioni che ancora devono crescere tipo la filosofia il cinema e innanzitutto la fotogra19
fia… questo mi ha portato a pensare solo al mio futuro perché ho letto Seneca e Seneca parla sempre del
tempo… di quanto poco tempo c’è… sarà il fatto che
non c’è tempo per vivere una vita… io voglio vivere
una vita completa… di questo sono sicuro e dato che
non c’è tempo io vorrei utilizzare fin da subito quello
che ho e non essere lobotomizzato come tanti altri che
magari non se ne rendono conto… è semplicemente una ricerca spirituale di chi sono… semplicemente
questo… niente di più niente di meno… però è la mia
ricerca spirituale quindi o la faccio io o non lo fa nessuno… come leggere i libri… fino a uno due anni fa
non avrei mai pensato di leggere una pagina almeno
che non fosse un libro con molte immagini… adesso
è cambiato tutto… ma molti giovani secondo me non
cambiano perché dicono è più comodo così… continuo così poi arriverà a me qualcosa che mi cambierà
e quindi lì mi divertirò o sarò triste comunque cambierà come sto… invece no cioè tu puoi cambiare anche in mezz’ora leggendo qualche pagina guardando
un film solo che devi farlo e basta… non esce così dal
nulla… una cosa che mi fa ripensare al mio vecchio
me… neanche più di tanto tempo fa però ero un’altra
persona… io non so se mi ha preso qualcosa di strano magari un virus pure buono… però io spero che
questo possa venire a qualunque adolescente… cioè
sì ma in parte no perché è sicuramente una cosa che
ti farà soffrire… perché magari parli di argomenti che
agli altri non interessano perché sono abituati a quei
classici 3-4 argomenti… ora non vedo l’ora di tornare a scuola e penso sia a causa del lavoro perché era
veramente pesante… io sono più propenso a qualcosa di umanistico o qualcosa che va nell’ambito dello
studio… ripenso a quando ero bambino e vedevo il
mondo in modo roseo… ora ho capito che il mondo
non è così… al lavoro un collega che senza ombra di
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dubbio è sfruttato vedermelo lì e non potergli neanche
spiegare cosa significa quella parola mi pesava tantissimo perché io sono una persona con un’etica… non
so perché… ma sono gentile di natura… è una cosa
che essendo di sesso maschile ti mette molto in difficoltà perché buona parte non è così e quindi è un
po’ difficile… tra le cose che mi hanno cambiato in
questo ultimo periodo è quando a filosofia il prof ha
detto che per Socrate il sapiente è colui che sa di non
sapere… io lì mi sono reso conto che stavo facendo la
cosa giusta che io sapevo di non sapere e appunto volevo informarmi… volevo sapere… con persone della
mia età finora non è mai capitato di essere nella stessa
lunghezza d’onda… faccio amicizia con persone più
grandi e comunque mi trovo meglio a parlare con loro
perché hanno qualcosa in più da dire… da una parte
mi piace il fatto che comunque riesco a informarmi…
ma da una parte mi fa anche arrabbiare perché non
riesco a vivere l’adolescenza come la dovrei vivere…
non come la vorrei ma come la dovrei vivere… e un
po’ mi dispiace perché comunque quella spensieratezza non esiste più perché c’è questo dualismo tra spensieratezza e consapevolezza… mi sono appassionato
anche alla retorica e soprattutto al modo di parlare…
al modo in cui tu esprimi qualcosa perché se sbagli a
parlare non è colpa di chi ascolta ma di te che parli…
avere degli interessi e avere la possibilità di metterli in
forma artistica sarebbe il sogno della la mia vita perché di pensieri ce ne sono sempre tanti e prima la vedevo come un’angoscia… poi inizi a conviverci e scopri che con quei tanti pensieri riesci a trovare quelli
buoni e riesci a trovare quello che è fattuale quello che
è vero e anche quello che può essere qualcosa di vero...
e puoi farlo diventare te.
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Francesco Brunori
LA VITA DENTRO LA MALATTIA
Mi chiamo Francesco e ho 33 anni... da cinque anni
ormai convivo con una malattia autoimmune chiamata Sclerosi Multipla... una malattia che mi dato diversi
problemi... mi sono reso conto di averla perché sono
apparsi diversi sintomi quali problemi alla vista problemi di sensibilità specialmente alla mano destra...
tutto in pochi mesi... non riuscivo più a parlare bene
a specificare le parole mentre parlavo... nel giro di due
mesi ho perso praticamente l’uso delle gambe... non
riuscivo a camminare bene avevo problemi di equilibrio... così un giorno ho accompagnato mia sorella dal
dottore e quando gli ho elencato tutti questi sintomi
mi ha spedito subito a fare una risonanza magnetica
perché probabilmente aveva già capito quale fosse il
mio problema e dalla risonanza magnetica è venuto
fuori che ero malato di sclerosi multipla... avevo già
delle chiazze attive nel cervello... due belle macchie
grandi... e da lì è iniziato il mio calvario... ero già abbastanza depresso... avevo perso la ragazza avevo perso
il lavoro da poco tempo... e onestamente la diagnosi
del dottore non è che mi ha spaventato tantissimo...
il neurologo pensava potesse anche essere un tumore
al cervello... ma ero talmente depresso che ero io che
cercavo di tranquillizzarlo... nel giro di un mese ho
iniziato a fare un ciclo di cure via flebo ma dopo sei
iniezioni ho dovuto interrompere perché sono risultato positivo ad un virus un ulteriore virus che potrebbe
essere definito un virus che causa la sclerosi multipla
e continuare questa terapia avrebbe sicuramente causato problemi irrimediabili al cervello... per cui hanno
cambiato terapia due pasticche al giorno e ad oggi per
fortuna ho avuto soltanto una ricaduta... una ricaduta
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è quando la malattia si ripresenta con vecchi sintomi
o nuovi sintomi e per far rientrare questo problema
si deve fare il cortisone che ho fatto nello scorso ottobre... non vedevo più dall’occhio sinistro e dopo cinque giorni di cortisone per un giorno intero ho perso
completamente l’uso delle gambe... non camminavo
più... l’infermiera mi ha proposto di mettermi su una
sedia a rotelle ma ho detto no non è il momento non è
ancora l’ora... devo fare tanti chilometri ancora prima
di mettermi su una sedia a rotelle... e da lì nel giro
di 10-20 giorni ho ripreso a camminare... ho ripreso
la vita di sempre... è brutto da dire ma secondo me
almeno nel mio caso avere avuto la diagnosi di sclerosi multipla è stato un po’ come tornare alla superficie... ero talmente tanto depresso nei confronti della
vita che non mi interessava più niente... veramente...
e quando ho scoperto di avere la malattia ho scoperto di avere un obiettivo... all’inizio è stata dura perché spiegare una cosa ai mei quando nemmeno tu sai
cosa sia è stato veramente difficile... ma mi sono detto
ormai questa cosa c’è e la portiamo avanti al meglio
possibile come si può... onestamente non mi fa paura questa malattia... so quello che potrebbe capitare...
può darsi che domani sto come oggi come può darsi
che non cammino... è un po’ come la vita... mi piace
dire che la sclerosi multipla è la personificazione della vita... imprevedibile... per me personalmente non
è cambiato niente... vado tranquillo a testa alta dritto
lungo la strada benché ogni tanto sbando... ogni tanto la gamba destra cede però sono piccoli limiti... un
momento che inciampi in una piccola buca che trovi
lungo la strada niente di più... per me è stata una svolta perché ho capito che si deve sempre combattere...
sempre... sempre... non bisogna arrendersi mai anche
se ti arriva una diagnosi una botta sul collo una cosa
che non t’aspetti una cosa che nemmeno conoscevi...
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ad oggi non c’è una cura definitiva... è una malattia degenerativa e può capitare che domani mi sveglio e non
cammino più come può darsi che starò in questo stato
per altri 10-20 anni... è stata una bella spinta perché
mi sono reso conto che la vita non è finita anzi è stato
un po’ un inizio per me... adesso ho questo obiettivo
quindi devo combattere per qualcuno... se non per me
per quanto io sono sempre stato un tipo molto negativo per me stesso... per me arrivano sempre prima gli
altri poi se c’è spazio arrivo io... è un difetto mio purtroppo... però con questa patologia stavolta ho capito
che forse a volte bisogna rallentare fermarsi pensare
e riprendere il cammino... con le altre persone il mio
rapporto è cambiato... mia madre si è avvicinata si è
appiccicata a me in modo quasi morboso come se fossi tornato quindicenne e forse anche più piccolo come
ai tempi delle elementari come se fossi un bambino di
7 anni... è una cosa che capisco lei non lo fa apposta
ma ho bisogno di respirare un attimo... sono grande
so che posso contare su di lei e sulle sorelle... ho degli amici qualcuno si è anche allontanato non so se a
causa della malattia... spero di no... mi hanno detto le
solite frasi mi dispiace se hai bisogno chiama e se poi
chiami non ti rispondono... mi ritrovo da solo... ma
sono abituato ho sempre combattuto da solo... sempre... è soltanto una lezione di vita in più un’esperienza
in più... ma la malattia mi ha fatto avvicinare a tante
persone che hanno il mio stesso problema... ho conosciuto tantissime persone attraverso i social... insieme
ci si confronta... qui ho trovato persone che se scrivi
ti rispondono... è una malattia che ogni anno colpisce
sempre di più... prima colpiva persone tra i 20 e i 40
anni negli ultimi tempi colpisce anche i bambini... le
cause non si conoscono ancora ma ci sono delle cure
che riescono a far sì che la malattia non si aggravi e
la rallentano... quando ti arriva una diagnosi così ti
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costringe a farti delle domande sul futuro... io sono
single e mi sono chiesto che cosa succederebbe se non
camminassi più... la mia paura è pensare di avere una
compagna che poi si stancherebbe a stare con me ad
accudirmi e si sentisse costretta a farmi da badante...
cosa che non voglio assolutamente... per il resto anche
se ci penso tutti i giorni sono una persona forte e ai
miei quando ho scoperto la malattia ho detto non ne
parleremo più... così non è e se ne parla tutti i giorni
soprattutto con mia madre... a me personalmente ha
dato una spinta in avanti... ho capito che c’è da combattere in questa vita... mi ha rimesso con i piedi per
terra... venivo da un periodo difficile ma ho ora un
senso del futuro che prima no... cerco di stare bene
rallentare il decorso della malattia... sto pensando di
comprare casa... conosco una ragazza che m’ha rapito
l’anima e dato un senso alla giornata... si interessa di
fotografia e mi ha fatto riavvicinare alla fotografia...
sono sempre stato un tipo serio ma ultimamente sono
cresciuto molto... io sono sempre stato più grande
della mia età ma non sono mai stato un tipo felice...
molto negativo... ma sono cresciuto ulteriormente...
apprezzo di più la vita... vedo le persone sotto un’altra
luce do meno importanza a tante cose... prima me la
prendevo molto di più... oggi dico quello che penso...
prima me lo tenevo dentro... la malattia mi ha fatto
capire che siamo frangibili tutti che abbiamo un limite
che la vita è un attimo… un soffio proprio... la felicità
è un attimo che ti ricordi per sempre.
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Gianni Veroli
LA MIA NUOVA VITA CON MIO FIGLIO
Mi chiamo Gianni ho la tenera età di 73 anni e sono
in pensione da circa 6 anni… ma in realtà da molti
più anni perché ho dovuto interrompere… purtroppo
perché ho sempre fatto il lavoro che ho sempre desiderato e quindi per me il lavoro non era sacrificio e
tormento… il lavoro è sempre stato un gran piacere
ma in un momento sfortunato della mia vita ho avuto
un ictus e ho dovuto interrompere… da quel momento praticamente ho iniziato la mia pensione… però
con immenso piacere a 57 anni ho avuto il secondo
figlio con la mia compagna… che ho accudito in tutti i sensi perché la mia compagna lavorava e quindi
ero io che accudivo il bambino… è stata un’esperienza
meravigliosa cosa che non avevo fatto con l’altro figlio
grande che ha 42 anni… dovendo lavorare non era la
stessa cosa… ora la mia vita è una vita del tutto normale anche perché ho sempre avuto degli hobby come
la cinematografia e la musica… soprattutto musica
jazz… e quindi non mi annoio mai… passo le giornate coltivando queste due cose che non avevo potuto
fare durante il periodo di lavoro… per il resto ho qualche rimpianto nell’aver purtroppo interrotto il lavoro
troppo presto in un momento in cui mi dava molte
soddisfazioni… ma è andata così… ho dovuto interrompere perché secondo i medici o interrompevo il
lavoro o ci lasciavo la vita… però di fronte a questi
eventi poi uno deve fare comunque una scelta e la mia
è stata quella di vivere… addirittura non solo vivere
ma creare praticamente un’altra vita che è quella di
mio figlio… che mi sta dando molte soddisfazioni…
la più grande è stata quella di averlo accudito in tutti i
sensi cominciando dai pannolini a tutto il resto… mi
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mancano alcune cose che sono relative alla vecchiaia
come camminare fare delle passeggiate… ho rinunciato ad un altro altro grande amore che era la motocicletta… quindi per il mio senso di responsabilità
soprattutto nei confronti di mio figlio piccolo ho deciso di chiudere anche con questo hobby… mi manca
molto perché con la moto ho praticamente girato l’Europa… è un piacere che auguro a tutti di poter scoprire luoghi nuovi in sella a una moto… sono soddisfatto
di quello che sono riuscito a realizzare anche in poco
tempo nell’arco della mia vita… ho lavorato solo fino
a 50 anni quindi il tempo è stato breve… ma in quegli anni ho dimostrato a me stesso quello che sapevo
fare e questa è la cosa più bella al di là del denaro...
di quello che pensano gli altri… l’importante è capire fino a che punto puoi arrivare… i figli… il primo
da separato con tuo figlio che non vive con te… influenzato da altre persone… quindi sei sempre lì che
lavori per recuperare i danni che fanno gli altri… con
Federico invece forse a volte esagero un po’… con lui
sono troppo presente… forse dovrei mollare un po’
come dice la madre… io vedo che la differenza tra il
grande e il piccolo a livello di pensiero è un abisso…
nonostante la grande differenza di età sono due maturità completamente diverse… e l’esperienza che ho
fatto con Federico è stata meravigliosa… continua ad
esserlo e ovviamente spero che continuerà così… la
risposta che c’è da parte del ragazzo relativa a quanto io gli ho dato e gli sto dando la sento… e la rivivo
anche in alcune sue scelte... nei gusti musicali nella
letture nella cinematografia tanto è vero che ha preso
l’indirizzo artistico… la sua passione sono il cinema il
suo ideale sarebbe fare il regista e lo sceneggiatore…
e poi ho scoperto di avere un figlio filosofo ha degli
ottimi voti in filosofia nonostante l’età e conoscendo le
sue amicizie di cui lui è insoddisfatto… perché ormai
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si è creato un divario tra i suoi amici e le sue scelte
che lo stanno allontanando sempre di più… è un’età in
cui non è facile… l’adolescenza lo sappiamo tutti è il
periodo più brutto della nostra vita… quindi alla fine
i miei 73 anni li sto vivendo molto serenamente… poi
un’altra passione che all’inizio è stata quasi un obbligo
ed è diventata invece una passione è la cucina dove
tutta la creatività che usavo nel lavoro la sto riversando nella cucina… sono pieno di cose da fare… perché
la mia compagna lavora ancora quindi devo fare la
casalinga e la mamma il papà e il nonno… perché di
mio figlio potrei essere benissimo il nonno… quando
incontro amici della mia età l’argomento di discussione è che malattie hai avuto… è allucinante… poi
diventa divertente perché ci prendiamo in giro… mio
figlio è talmente in gamba che appena finita la scuola
mi ha detto voglio provare l’esperienza del lavoro…
e da solo s’è trovato un lavoro da bagnino… torna a
casa stanco sfinito e dice ho capito che quando uno
fa un lavoro che non gli piace è una fatica enorme…
fortuna che tuo padre ha sempre fatto il lavoro che ha
desiderato fare nella vita e questa è la cosa più bella
che ci possa essere… mi sono sempre alzato la mattina pensando a cosa dovevo fare ma soprattutto non
ero lì tirare ingiurie contro padroni lavoro eccetera…
anzi non vedevo l’ora di iniziare a lavorare tant’è vero
che non ho mai avuto orari nel lavoro… nel 90% delle
volte ho progettato di notte e la mia compagna mi diceva quando cavolo riposi… quindi quello che potevo
trasmettere a mio figlio è che è costato grandi sacrifici
arrivare… come qualsiasi libero professionista ma soprattutto nel mondo creativo... all’inizio i sacrifici che
devi fare sono enormi… pochi giorni fa gli ho detto
intanto sono felicissimo dell’esperienza che hai fatto e
stai facendo perché questo non solo ti insegna molto
ma ti sta maturando… ma la cosa più importante è
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che ti rendi conto che devi stringere i denti solo per
fare quello che vorrai fare… lui ha deciso di lavorare
mentre tutti i suoi amici vanno al mare e lui è lì a fare
il bagnino… ma va bene così… deve provare anche
questo… anche questa è stata una cosa che mi ha gratificato… ma lui soprattutto… perché la scelta è stata
sua… devo dire che avere un figlio a 57 anni è una
gran cosa… è una nuova vita anche per me… quello
che mi dà ancora lo spirito di sopravvivenza è proprio
lui… in lui vedo la mia gioventù… fino ad un anno fa
ascoltava musica inascoltabile… era arrogante come
tutti gli adolescenti… insopportabile… poi ieri in terrazza parlando mi ha detto ma com’è possibile che in
un anno sono cambiato così tanto… se lo chiedeva…
dipende solo da te perché le amicizie sono le solite
anzi mi dici che non riesci a comunicare con loro nel
modo giusto ti vedono un poco come un rompiscatole… quindi è solo che stai maturando… sto attraversando un periodo molto bello ma sempre con un po’
di ansia… l’ansia che prima c’era per il lavoro adesso
c’è per la vita… non ho nessuna paura ma chiedo tempo perché possa seguire mio figlio che cresce.
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Lucia Bisognini
SONO RINATA CON FEDERICO
Lucia Bisognini 57 anni… lavoro con mio fratello
ma il lavoro che mi piace di più è quello dei mercatini estivi… faccio lavori con legni di mare li raccolgo
d’inverno li pulisco e penso a quello che può venire
fuori… mi diverte… è pesante qualche volta però
mi piace molto quindi sono contenta… ho un figlio
splendido che spesso e volentieri mi insegna le cose e
ho un compagno altrettanto bravo… mi aiuta cerca di
tirarmi su perché io spesso e volentieri mi butto giù…
l’unica cosa che mi manca molto è viaggiare in questo momento… anche piccoli viaggi con la moto…
mi sono piaciute sempre moto grosse… adesso giro
con uno scooter… però meglio due ruote che la macchina… sono abbastanza tranquilla… non ho vissuto
male il Covid… nell’ultimo anno l’ho avuto ma senza particolari problemi quindi sto abbastanza bene…
forse un pochino stressata… vorrei fare tante cose ma
non riesco un po’ perché sono stanca quando torno
a casa… ho un figlio… Federico… io ero considerata un maschiaccio ai tempi… ho sempre giocato con
i maschi perché erano sicuramente più interessanti
delle femmine che giocavano con le bambole… a me
piaceva più l’azione… vorrei che lui facesse più esperienze… vorrei fare un viaggio con lui e suo padre
magari solo un fine settimana all’estero fargli prendere
l’aereo… ho un bel rapporto con lui sono contenta di
come è venuto su… e non è solo per me ma anche per
Gianni… perché io andavo a lavorare partivo la mattina alle 8 e tornavo a casa a sera… Federico è veramente un bravo ragazzo… ha le sue paturnie come tutti
però sono molto orgogliosa di lui anche se ogni tanto
le cavolate le fa… però mi piace come sta venendo su e
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spero che non cambi le sue idee… gli piace leggere gli
piace ascoltare musica… è aperto a qualsiasi cosa…
il nostro problema di Gianni e me è che siamo già
abbastanza grandini però spero di poterlo vedere in
un lavoro in cui si trova bene... lo spero… grazie alla
presenza di Federico tutto è cambiato… io non sembra ma sono una mamma chioccia… controllavo il
suo telefono quando era più ragazzino… però a parte
che lui secondo me se n’è accorto quasi subito perché
a me non piace fare la spia vorrei che fosse lui a dirmi
le cose e ci siamo riusciti… lui mi racconta qualunque cosa di sé… quasi tutto insomma… certo ci sono
delle cose talmente personali che magari non ne parla
con me e ne parla col padre però mi piace perché è
un ragazzo curioso molto curioso e io lo lascio fare…
sicuramente delle stupidate le fa perché a 16 anni chi
non ne ha fatte però sono soddisfatta di quello che è
venuto fuori… lo abbiamo avuto in età avanzata e ha
portato una nuova vita… lui è sempre molto attento
con tutti e due sia con me che con Gianni… si mette
sempre a metà tra l’uno e l’altro parteggia ma parteggia singolarmente con l’uno e con l’altro difficilmente parteggia per qualcuno dei due… sono stupita di
come è bravo ho quasi paura che possa fare una stupidata molto grossa… oggi il mio modo di vivere è completamente diverso… con i miei genitori quando ho
deciso di andare a vivere da sola è stata una tragedia…
io ho fatto Federico a 40 anni e ho avuto problemi con
i miei genitori per un compagno che ha molti più anni
di me… quando è nato il figlio ha riportato un po’ la
vicinanza con i miei genitori perché c’era il nipote…
ma quello l’ho sofferto molto e quindi non vorrei far
la stessa cosa con Federico anche perché lo vedo una
persona abbastanza tranquilla… è sempre attento agli
altri forse qualche volta anche troppo però preferisco
che sia attento… io sono più riflessiva… da quando
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ho lui sono più attenta a quello che dico… poi dopo ci
sono momenti di esplosione sia con lui che con Gianni
ma mi sembra una cosa abbastanza normale… io ho
la mia famiglia che sono Gianni e Federico… poi ho
mio fratello che per carità gli voglio bene… mia zia…
però è la mia famiglia… proprio la sento mia… qualche volta ho pensato che se io dovessi fare qualcosa
che non è accettato dagli altri… a parte che l’ho sempre fatto più o meno… io sarei disposta a tagliare tutti
i ponti pur di rimanere con le due persone che amo…
quando ero giovane pensavo di fare chissà cosa… rimanere in Irlanda dopo l’Erasmus… poi si cambia andando avanti… avere dei figli ti cambia… per quanto
io possa amare Gianni il mio amore è Federico amo
tutti e due in modo diverso… però la prima scelta è
Federico… cerco anche di essere abbastanza rigida su
certe cose… lui è molte volte troppo generoso… ha
preso un po’ da me… gli ho detto vai più calmo con gli
amici e con le cose perché non è detto che siano amici
perché ci sei andato a scuola perché ci hai vissuto insieme un periodo di tempo da ragazzino… ho cercato
di educarlo perché sia rispettoso verso gli altri anche
se mi piacerebbe che per qualche cosa fosse un pochino più spavaldo… sono innamorata di mio figlio
inutile dirlo… io sono molto permissiva perché vorrei
che facesse sempre nuove esperienze… Gianni forse
anche per i suoi trascorsi con l’altro figlio ha sempre
paura… diventa molto rigido e a me dispiace tanto
perché poi Federico se la prende… però diciamo che
ci compensiamo… anche a casa mia succedeva così…
mio padre urlava mia mamma copriva quando poteva… penso sia giusto che ci sia un equilibrio in questo
modo… ho sempre avuto tanti progetti e alla fine non
li ho mai hai attuati… ma ora quello che è mio e solo
mio anche se ogni tanto lo zampino ce lo mette anche
Gianni sono questi mercatini con i lavori di mare…
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ho ritirato fuori la pittura… ho ritirato fuori martello
cacciavite seghe… ho ripreso a cucire proprio per portare le cose al mercatino… anche se è abbastanza dura
perché io il mercoledì esco mezz’ora prima dall’ufficio
e all’ora di pranzo col caldo carico la macchina pur
di andare… è molto stancante ma continuerò a farlo
non da un punto di vista economico… ho un buono
stipendio… però è parlare con la gente… devo dire
che Gianni mi ha aiutato molto a crescere a pensare non in modo diverso siamo molto simili ma allo
stesso tempo molto diversi… io sono contenta che abbia preso da me… sono una che dà tutto anche sulle
cose piccole… do a tutti e poi quello che ritorna bene
se non ritorna non importa… mi è stato detto da più
persone potevi fare a meno e magari ti chiamano e
tu fai senza neanche ricevere un grazie… non che lo
voglia… però io corro sempre… in ufficio a casa…
adesso sto un po’ rallentando perché ho Gianni che
mi aiuta molto… poi quando arriva l’estate ci sono i
mercatini… perché mi fanno i complimenti anche su
semplici pesciolini di legno pitturati o lampade o altri
lavori… e mi inorgoglisce molto… e mi dispiace venderli… ma ogni tanto ci vuole un bel complimento.
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Marco Grati
CERCO DUE NOTE: QUELLE
Sono Marco ho 66 anni e sono un musicista da sempre… da prima di nascere probabilmente… e forse
anche nell’altra vita ero musicista … anche se poi non
credo molto nelle altre vite… certo è che sto invecchiando… a 66 anni sicuramente è più la vita che hai
vissuto che quella che hai da vivere… in teoria potrei
vivere per sempre o anche 150 160 anni ma non so
se sarà così e detto tra noi non me ne frega niente…
l’importante è che possa portare avanti tutti i sogni
che ho ogni giorno da quando sono nato… sogno che
piovano dall’iperspazio le due note che cerco da tutta
la vita… due note che non ho sentito ancora… che
non ho trovato… eppure di note ne ho suonate tante… è un momento di grande convergenza per tutto
ciò che ho fatto durante la mia vita… è come se avessi
lavorato tutto questo tempo a creare e riordinare tante
caselline che poi si illuminano e adesso è tutto illuminato… il quadro comandi è tutto bello acceso… tutto
funziona… tutto quello che amo… dai libri… leggo
tantissimo… studio… a tutti i progetti musicali complessi… non sono mai contento di quello che faccio…
anche se poi a tanta gente piace… ho dovuto fare delle
scelte abbastanza difficili… ho studiato 5 anni musica
celtica… ho fatto tante cose che mi porto dietro e che
mi portano ad avere anche rapporti internazionali…
mi è facile… ho cercato di capire chi fossero i miei avi
che sicuramente non sono di qua sembra che vengano
dalla Dalmazia… non puoi mai essere soddisfatto di
quello che fai… c’è un vecchio proverbio che dice che
la convinzione è la virtù degli imbecilli quindi se non
ti metti in discussione 50 volte al giorno non cresci…
quindi viva l’errore… grazie all’errore e alla crescita
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che te ne viene… hanno scritto un libro sulle cose
che ho fatto come musicista… mi hanno detto scrivi qualcosa una frase così per chiuderlo… ho scritto
ringrazio per tutto quello che non ho avuto perché mi
ha reso l’uomo che sono… ho i miei bei difetti… ci
tengo molto ad averli… se posso li correggo ma non
me ne frega più di tanto perché sono abbastanza digeribili da chiunque… sono uno str**** lo so… non
mi dispiace essere uno str**** perché quando penso
che lo sono vuol dire che sto analizzando quello che
faccio… quindi se ti arriva questo mi accorgo che il
messaggio è sbagliato… e cresci pure tu e magari mi
aiuti a crescere pure a me… il non fare niente certo
non porta niente… il miglior modo per non sbagliare è non fare… io ho fatto questo ultimo disco… mi
trovo dentro una collaborazione con i Real World Studios di Peter Gabriel in Inghilterra… ho fatto cinque
brani in coproduzione con loro il che non capita tutti
i giorni… e questo ultimo lavoro è stato terminato ad
Hannover presso uno studio che serve gente come Jamiroquai… Depeche Mode… Muse… Moby… Mike
Holdfield… hanno accettato questo lavoro e l’hanno
portato a termine in maniera impeccabile…compongo continuamente… il che mi costringe a non suonare
o a non suonare di continuo come vorrei… ogni tanto
interrompo anche per suonare meglio… non suonotanto così quando lo faccio sono più carico e viene
fuori il meglio di me stesso… se suono sempre poi
diventa un po’ tutto piatto e troppo muscolare che è
poi il più grande problema di tantissimi musicisti di
oggi… le scuole che vedo sono molto muscolari… ci
sono artisti che soffrono di “palchite” acuta… gente
che sta là ore ed ore per diventare mostri di tecnica ma
solo in senso muscolare… ripetitivi senza idee solo
muscolari con tecniche da paura ma proposte zero…
niente anima… è importante ascoltare gente che suo35
nando ti parla non è importante quanti colpi spara al
secondo… Steve Vai bravissimo ma è stata anche la
rovina di tanti chitarristi… adesso è un momento di
grande creatività… ho 51 nuovi brani da pubblicare…
ho 3 album da fare e uno già in lavorazione… in più
ho un quarto album mio personale… completamente
strumentale… la grande colonna sonora di una vita…
abbastanza complessa e tutta affrontata con la chitarra… collaboreranno anche amici ed orchestrali…
stiamo trattando… questo lavoro che sta partendo è
una storia con un inizio ed una fine un cerchio quasi
perfetto che mi riporterà là dove ho iniziato… ho venduto milioni di copie di dischi ed ho followers in tutto
il mondo… fortunatamente sono fuori dal mercato…
fortunatamente perché chi è fuori dal mercato è anche
fuori dalle sue leggi… io non ho bisogno di cercare
qualcuno che mi ascolti ce l’ho già… solo che devo
dire oh guarda che sono qua… mi vedi… ah chi…
quello che ha fatto Diamond quello dei i Via Verdi…
quello che ha avuto tanto successo… questo brano ha
fatto epoca e io non sono così sicuro di sapere proprio
bene bene il perché… o forse lo so… era così diverso
da tutto il resto… secondo alcuni è stato la pietra tombale dell’Italo Disco… cioè per alcuni ha causato finalmente la fine del genere Italo Disco... di questo genere
commercialissimo ed un po’ demenziale tutto italiano
che andava di moda negli anni ’80… che non aveva
niente in comune con il New Romantic nato nella seconda metà degli anni ’70 in Inghilterra da artisti come
David Bowie Roxy Music Culture Club Duran Duran
Spandau Ballet… artisti che avevano una immensa
espressività ed ai quali mi sono allineato o ho cercato di farlo… quando uscì Diamond un importante
produttore della Baby Records etichetta discografica
leader in Italia disse questo disco non venderà mai...
vendette quattro milioni di copie in tutto il mondo…
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era diverso perché noi in discoteca non ci andavamo
e venivamo dalla musica anni ’70… siamo partiti con
Claudio Cecchetto… non pensavamo di entrare nel
cuore della gente… ci hanno visto non di plastica… ci
hanno visto “veri” e questo è valso moltissimo… siamo partiti con un video fatto in Inghilterra e dopo 20
giorni eravamo primi in classifica in mezzo mondo…
siamo stati i primi artisti italiani ad essere distribuiti
lo stesso giorno in contemporanea in tutta Europa…
non era mai successo prima… quando siamo partiti
allora eravamo una nazione molto ricca… c’era tanta
gioia di vivere e tutte le strade aperte… c’erano un sacco di soldi che giravano… eravamo la settima potenza
industriale del mondo… c’era veramente più gioia e
più voglia di sperimentare… questa voglia di sperimentare io non l’ho mai perduta… mi dispiace fare
ora questo ragionamento però ogni evoluzione porta
dall’altra parte l’involuzione di qualcos’altro ed il suo
superamento… purtroppo quando non c’è l’anima
nelle cose in qualsiasi disciplina tutto diventa sterile…
allora di una bella impalcatura rimangono solo i ferri
arrugginiti… ogni cliché è un obbligo e tutto ciò che
costringe la libertà espressiva in un modo preordinato
è in gran parte morte artistica.
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Massimo Albertini
LA VITA È UN VILLAGGIO
Mi chiamo Massimo e ho 68 anni… ho passato gran
parte della mia vita nei villaggi turistici come animatore capo-animatore capo-villaggio e quindi ho vissuto una vita un po’ fuori da quella che è la vita della
città anche se poi tra una stagione e l’altra si torna a vivere una vita più convenzionale… questo mi ha portato però ad una situazione estremamente particolare…
ho saputo difatti che nelle statistiche si dice che un italiano medio di 30-40 anni si sia relazionato con circa
15000 persone e quindi l’esperienza con gli altri e del
vivere degli altri si basa su questa percentuale… bene
nei villaggi in cui ho lavorato per tanti anni in Valtur
ad esempio passavano ogni stagione 15000 persone…
quindi l’esperienza che i miei compagni di scuola hanno fatto in 30-40 anni io la vivevo ogni sei mesi e questo mi ha portato a conoscere l’essere umano in modo
più approfondito… sarà per questo che amo tanto
stare da solo… purtroppo sono arrivato alla situazione che se una persona si avvicina so già quale sarà la
sua reazione… cosa vuole dire… e questo mi porta a
precedere le persone nelle risposte… ma a volte mi
trovo a disagio io… a volte faccio trovare a disagio gli
altri… l’importante è che però l’aver vissuto sei mesi
in un posto sei mesi in un altro l’unico bagaglio che
dovevi avere con te stesso è te stesso… quindi è servito
molto a conoscermi profondamente e questo per me
è un privilegio che ho avuto… perché non è da tutti
poter avere avuto tanti momenti della propria vita per
crescere con se stessi… affrontare avventure sempre
nuove perché non solo ogni stagione ogni sei mesi è
un’avventura nuova ma ogni settimana è un’avventura
nuova… perché ogni settimana cambiano le persone e
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cambia tutto… io sono dei Gemelli… dicono che hanno due diverse personalità… in realtà valuto questo in
maniera molto più positiva… ovvero ogni cosa la posso affrontare in due maniere opposte quindi a volte ne
scelgo una a volte ne scelgo un’altra… ho sempre questo bivio davanti che è tipico della vita di tutti… ma
io mi trovo a poter tranquillamente scegliere una reazione o un’altra… adesso io sto vivendo il momento
che dovrebbe essere della raccolta… anzi dello stipare
le cose nel magazzino… ma per me è anche rinascita… non solo… è un po’ seguire con nuova esperienza
nuova serenità quella che è la mia vita… difatti pur
essendo andato già in pensione continuo ad andare
nei villaggi a vivere la mia vita da responsabile animazione… perché in fondo la mia vita è stata là dall’85…
e quando la gente mi dice ah tu vivi una realtà che
non è realtà perché nei villaggi è tutto falso la risposta
che do è sempre la stessa… no lì conosco le persone
vere perché fuori hanno tutti una maschera… fuori le
persone devono essere qualcuno… credono di essere
vogliono dimostrare di essere… in vacanza i primi tre
giorni ancora sono così dal quarto giorno sono tutta
un’altra persona… quindi l’umanità la società vera la
conosco là… la società quella falsa è fuori… ed è per
questo che ogni volta che torno in città mi chiudo nel
mio regno nella mia casa bella splendida grande… ho
mille hobby e mi dedico ai miei hobby… resta sempre
il fatto che quando qualcuno mi richiama a partire c’è
sempre questo desiderio di riprendere quello che è un
percorso di vita che ormai è il mio binario… adesso sì
potrei fermarmi potrei ma fermarsi è staticità… non
si riesce sia per le caratteristiche dei Gemelli sia per le
caratteristiche di chi ha scelto di non essere fossilizzato sempre in un cliché di vita… poi anch’io un giorno
ho deciso mi fai vedere cosa devo fare… posso andare
in pensione… ci sono andato ciao almeno quella pa39
rentesi è chiusa… però non mi ci sento in pensione
non mi ci sento perché ogni volta che tornavo a casa
dopo i mesi di stagione mi sentivo già in pensione…
sensazione che svaniva però alla prima proposta per
partire per una nuovo villaggio… adesso la prospettiva di vita è far tesoro di tutte le cose che ho imparato
conosciuto scoperto nella vita e soprattutto riproporle
agli altri… cercare di fargli capire che noi ci creiamo
problemi che non sono problemi… le cose su cui ci
angosciamo e ci stiamo angosciando è probabilmente
perché abbiamo affrontato male quella tal cosa… perché ci siamo focalizzati sul problema e non sul perché
il problema c’è e su come risolverlo… una frase che
mi piace molto è se c’è soluzione al problema perché
ti arrabbi se non c’è soluzione perché ti arrabbi… tutti
mi dicono si vede che sei così perché hai fatto l’animatore… no è diverso io ho fatto l’animatore perché
ero così forse ho dato spazio a questa mia propensione
a relazionarmi con gli altri ma io sono partito per i
villaggi perché quando erano appena nati perlomeno
si stavano sviluppando Valtur e Mediterranee e tutti i
miei amici che ci andavano ritornando dicevano sono
stato in un villaggio come ti vedrei bene lì… io senza
esserci mai andato mi sono presentato… m’han detto perché ti sei presentato… perché tutti mi dicono
che mi vedrebbero bene nei villaggi… infatti è andata così… però il mio villaggio è la vita… la vita è un
teatro e ogni uomo è un attore… per un animatore il
palco è appena apri la porta di camera perché il palco
è tutta la giornata… poi sali anche sul palco la sera
ma lì è il risultato di quello che hai seminato con gli
altri durante il giorno… ho fatto 20 anni di scoutismo
più il lavoro nei villaggi che non è un lavoro ma è un
metodo di vita quello dell’animatore… vedere un’altra persona e proporsi subito per capire se ha bisogno
di qualcosa o no viene naturale… purtroppo questo
40
carattere mi porta a volte a cercare di dare lezioni di
vita agli altri e qualcuno non la prende bene e forse
esagero… però io ho vissuto il ruolo di responsabile di
animazione sempre come responsabile di insegnare...
vivere il ruolo di animatore ai ragazzi che erano con
me… ma soprattutto di insegnare all’ospite come vivere in vacanza… una delle frasi che ho detto maggiormente agli inizi è stata sei in vacanza rilassati… sei
in vacanza non ti preoccupare a risolvere i problemi
ci pensiamo noi… cioè goditi la vacanza… ho aperto
il Pronto Soccorso Animazione che non era un’agenzia di animazione ma facevo corsi di formazione per
animatori… con le nuove generazioni è una lotta impari… si sentono sperduti se non sono in branco… ai
ragazzi hanno insegnato tutti i diritti ma nessuno ha
spiegato che ci sono anche i doveri… non è contemplato il fatto che qualcuno dica guarda stai sbagliando
guarda conviene fare così… non è concepibile si vive
non alla giornata ma al secondo e assolutamente non
allontanandosi dal proprio dito… non vedo un buon
futuro però… quando si tocca il fondo poi non si può
che risalire… ma sono ottimista c’è sempre la speranza.
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Mauro Mercatali
RECITARE LA VITA
Sono Mauro ho 58 anni e sono in un momento della
vita che potrei definire il momento della rinascita…
ora sto provando a rimettermi in gioco… avevo interrotto il mio percorso artistico nello stesso momento
in cui ero diventato papà e il fatto stesso di essere diventato papà inizialmente mi aveva restituito soddisfazioni e mi aveva permesso di trovare energie e nuovi stimoli di vita… ma in realtà anno dopo anno mi
sono reso conto di aver seppellito quella che era la mia
natura… probabilmente questo periodo di lockdown
così pesante per tutti è servito per fare delle considerazioni profonde… per capire che cosa mi mancava…
ho cercato di capire il motivo di quella infelicità che
giorno dopo giorno traspariva nel mio sguardo e dal
mio modo di essere con gli altri… fondamentalmente
ho sempre pensato di essere una persona solare… da
ragazzo facevo l’animatore nei villaggi turistici quindi insomma tanto tristo non dovevo essere… eppure avevo proprio perso la voglia di ridere e sorridere
perché dentro stava affiorando la consapevolezza di
aver tradito una parte profonda di me… ho dovuto
togliere un po’ di polvere da sotto i tappeti… riprendere il coraggio… sfidarmi… qualche anno fa vecchio e appesantito ho deciso di rimettermi in gioco
ricominciando a fare teatro… ho deciso che era arrivato il momento di riprendere dello spazio per me
e ho fatto questa scelta estrema di lasciare la famiglia
ad Ancona dove abito per trasferirmi a Roma… ho
ricominciato da capo… sono andato a vivere in una
stanzetta dove d’inverno fa pure freddo cercando di
riprendere il filo col passato… cercando di riprendere
i contatti con tutto quel mondo che per me era stato
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un mondo formativo… ognuno arriva a una certa età
in cui decodifica la vita attraverso quelle che sono le
sue esperienze profonde… la mia formazione è stata
quella dell’attore… il mio conoscere la vita è attraverso il mondo del teatro della cultura dell’arte e aver abbandonato questo percorso per me era diventato un
lutto… adesso sono nel periodo della rinascita e mi
sento come un Peter Pan un bambino che si ritrova a
fare qualche cosa di speciale per certi versi… ho letto
proprio pochi giorni fa un libro di Genovesi il Calamaro Gigante dove a un certo punto si parla della parola Ormai che in qualche modo è la tomba di ogni
aspirazione… con questa parola noi seppelliamo ogni
tipo di entusiasmo… ecco io ho rotto questa maledizione ho sfidato l’Ormai nonostante abbia 58 anni…
contro tutti i pronostici mi sono ripreso in mano la
vita… quando sono a Roma e cammino per le strade
di Testaccio certe volte mi sembra di galleggiare… mi
sembra di non avere un peso… che sto facendo mi
chiedo… perché sono qua… poi se riesco ad avere la
forza di cavalcare l’onda e di vivere la vita con entusiasmo e spensieratezza mi rendo conto che la vita è capace di restituire magia… magia di incontri… magia
di emozioni… cose che tu dici ma come è possibile
che quella persona a cui pensavo questa mattina la incontro proprio questa sera a Roma una città così grande… ecco penso che la magia della vita ha bisogno di
un po’ di coraggio… io non mi sento particolarmente
coraggioso… ma sono arrivato a un punto che sentivo
che dovevo farlo… l’ho fatto… e ho sentito intorno a
me tante persone che sono state solidali perché tutti
dicono ah vorrei andare in India vorrei ricominciare una vita vorrei lasciare il lavoro… ma io l’ho fatto
per davvero e lo sto facendo…sto affrontando questo
percorso con una certa paura dovendo superare gravi
problemi economici… sono avvolto da complessi di
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colpa perché comunque sono un padre… ho una famiglia… e allora mi chiedo se questo prendersi spazio
per sé stessi in realtà non sia una forma di egoismo…
fino a che punto è giusto rivendicare il diritto di andare per la propria strada e fino a che punto è giusto
rivendicare per sé diritti e momenti… certo un artista
deve farlo, un artista deve avere il coraggio di essere
anche un po’ egoista perché non si può dare agli altri
se non sai dare a te stesso… adesso sono forte sono di
buon umore sono concentrato su un percorso possibile… ma allo stesso tempo certe volte mi sembra di non
avere peso… è come se trattenessi il respiro per andare
avanti inseguendo sogni ed ideali… boh non lo so…
in questo momento sto riscoprendo la voglia di nuove
amicizie di nuovi incontri e di brividi… ritrovarsi a 58
anni a vivere come quando ne avevo 30 sicuramente è una sfasatura… certe volte mi sento invisibile…
certe volte mi sento al di fuori di un contesto sociale
perché le pulsioni che io provo in questo momento i
miei coetanei spesso l’hanno già messe nel cassetto…
ho difficoltà a relazionarmi con i miei coetanei e sono
alla ricerca di amicizie più giovani… ma allo stesso
tempo… mi viene in mente la frase di Groucho Marx
che diceva non potrei far parte di un club che accettasse una persona come me tra i suoi soci… ecco sono
sfasatello… il lavoro ogni volta è una festa una gioia…
andare su un set andare su un palcoscenico… il problema è riuscire a mantenere l’equilibrio quando non
lavori… riuscire a svegliarsi la mattina… darsi una
regolarità nelle ricerche negli studi nello scrivere… è
questa la cosa complicata… combattere tutti i giorni
con la depressione che è dietro l’angolo… se si vanno
a vedere le storie di vita degli attori si capisce che questo è probabilmente uno dei rischi più importanti…
si passa dal momento in cui sei sul palcoscenico e ti
senti padrone del mondo a quando si sono spente le
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luci e torni in una forma di silenzio che diventa assordante… insomma sto facendo un percorso di rinascita che mi porta a guardare al mondo con gli occhi di
un bambino e se gli altri pensano che questo sia un
atteggiamento infantile probabilmente hanno ragione
di pensarlo… io però non potrei fare altro.
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Nicoletta Molini
MIA MADRE, IL MIO ESEMPIO
Mi chiamo Nicoletta Molini… per gli amici sono Nico
o Nik… ho 66 anni sono sposata e ho una figlia di
30… vivo a Roma da cinquanta... sono medico legale… ma da ragazzina ho vissuto ad Ancona dove ho
studiato prima dell’Università… e ho ancora alcuni
amici con cui sono in contatto… Giovanni è stato mio
compagno di Liceo… un amico speciale a cui voglio
molto bene e con cui non ho mai interrotto i contatti
in questi 50 anni… perciò ho colto al volo questa occasione di tornare ad Ancona… per rivederlo e per
ripercorrere con lui e con gli altri amici un pezzo della
nostra comune esistenza… Giovanni tu mi chiedi di
descrivere il periodo della vita che sto attraversando… ad essere sinceri direi che questi forse sono i miei
anni migliori… tutte le fasi della vita hanno avuto pro
e contro… non ne rinnego nessuna perché in fondo
tutte le esperienze che ho vissuto così come gli sbagli
che ho fatto mi hanno aiutato ad arrivare fin qua…
non ho mai avuto rimpianti per il passato se non forse
per la spensieratezza della gioventù… ma l’adolescenza non è stata sempre una stagione felice… ci sono
stati periodi di grandi insicurezze… poca autostima e
ferite lente da rimarginare… oggi credo di aver maggiore consapevolezza di me… una vaga sicurezza che
trae forza dagli eventi belli e brutti che ho attraversato come tutti noi… momenti felici o tristi… lutti…
malattie… di cui ho cercato di conservare il lato positivo… cioè la volontà di andare avanti sempre… la
voglia di vivere… io personalmente considero di aver
avuto molta fortuna finora nella mia vita in quanto
sono una vera sopravvissuta… anni fa sono sfuggita
ad un cancro in fase avanzata scoperto casualmente
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in un controllo di routine e che mi avrebbe portato a
morte in pochissimo tempo se non fosse stato intercettato tempestivamente… da allora ho una diversa
consapevolezza della vita e del tempo che mi resta che
non va assolutamente sprecato… spesso mi fa riflettere come noi possiamo comprare il tempo degli altri ma non possiamo comprare il tempo per noi… il
tempo non lo puoi comprare per questo è il bene più
prezioso… e questo mi stimola a pensare e costruire il
futuro… a entrambi i miei genitori devo dire grazie…
a mio padre per avermi fatto crescere con l’idea di non
valere molto per non aver mai creduto in me per aver
fatto sempre il tifo per il fallimento dei miei sogni o
per il costante tentativo di demolire ogni mio progresso… questo ha determinato al contrario una forte reazione per dimostrare a lui agli altri e a me di essere
all’altezza… di poter raggiungere e superare i miei obbiettivi… di crearne sempre di nuovi… una forza potente e prepotente che non mi ha fatto e non mi fa mai
fermare di studiare di imparare o di mettermi in gioco… a mia madre oltre alla vita devo tutto il resto… e
difatti io sono nata con un parto cesareo in un’epoca
in cui a molte donne era consentito far morire i loro
bambini nel ventre che li ha cresciuti per 40 settimane… o peggio di farli nascere cerebrolesi piuttosto che
farsi tagliare la pancia… ma mia madre con grande
coraggio e determinazione non esitò un attimo… anzi
mi raccontava di essere stata portata poche ore dopo
la mia nascita con me neonata in braccio su richiesta dei medici nella stanza di una donna che doveva
partorire restia a fare il parto cesareo per farle vedere me… un essere vivente e sano esattamente come il
bimbo che era ancora vivo nel suo grembo… nel vano
tentativo di convincerla a non far morire il suo bambino… ma purtroppo tutto fu inutile… ogni volta che
raccontava questo episodio le si velavano gli occhi di
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lacrime come se si ritenesse in qualche modo responsabile di non aver fatto abbastanza per convincere
quella donna… l’esempio di mia madre nell’affrontare
e accettare le cose ineludibili della vita guardandole
negli occhi senza paura senza chiedere sconti e scorciatoie la rendono ai miei occhi un vero gladiatore
fino all’ultimo anche nel letto d’ospedale consapevole
della morte imminente… ultimo grande esempio per
me di forza e determinazione di fronte alle avversità…
tutto questo mi ha aiutato poi nella vita quando ho
dovuto affrontare il mio tumore… la chemioterapia…
o anche tutte le volte che mi sono trovata davanti alle
scelte importanti… mia madre è stata la mia roccia…
incoraggiandomi… sempre al mio fianco a condividere i momenti difficili e pronta a tendermi la mano
per risollevarmi quando sono caduta… è a lei che ho
dedicato la mia carriera di medico scegliendo di fare
la ginecologa perché ai tempi (circa 40 anni fa) i ginecologi erano in prevalenza uomini mentre lei riusciva
ad andare a fare i controlli solo se il medico era una
donna e di questo lei si lamentava molto… così decisi di specializzarmi in ginecologia anche per essere
di aiuto a tutte le donne che la pensavano come lei…
oggi nella realtà numericamente le donne e gli uomini
si equivalgono e quindi alla fine non ho avuto un’idea
così originale… però è stato bello finché è durato…
sì perché ad un certo punto il contatto con le pazienti
è diventato per me un impegno emotivo eccessivo…
troppo faticoso da gestire per il coinvolgimento con
il dolore e i problemi degli altri… e ho deciso di fare
altro… ci sono tantissime cose al di fuori della medicina che suscitano in me curiosità e profondo interesse… una fra tutte aprire un ristorante in società con il
mio amico Alfonso… un giovane e geniale cuoco di
Lampedusa che lavora in uno dei migliori ristoranti
di Roma… oppure prendermi una laurea in Archi48
tettura… però nel frattempo mi diverto a collaborare
nella ristrutturazione delle case di cui si occupa mia
figlia… lei Architetto veramente… in definitiva sono
abbastanza contenta di come sono oggi… mi reputo
una tipa tosta… sempre “operativa” come si dice in
Polizia ambiente in cui ho lavorato per 30 anni come
Medico… abituata a risolvere problemi affrontandoli senza averne paura… grazie alle esperienze che mi
hanno formato e agli esempi primo fra tutti quello di
mia madre… e spero in questo senso di essere a mia
volta un esempio per mia figlia che è la persona che
amo di più.
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Olga Terranova
IL PRESENTE E L’ATTESA
Mi chiamo Olga ho 52 anni… mi reputo una libera
pensatrice anticonformista e con una visione e sensibilità artistica… fino a diversi anni fa vivevo poco il
presente ero molto proiettata nel passato non avendo
risolto molte cose legate ad esso… persa tra i miei
vuoti le mie ferite le mie carenze affettive di una famiglia complessa e complicata mi trascinavo questo passato come un malessere come una sofferenza
continua… e poi improvvisamente ho avuto un periodo in cui invece vivevo di futuro come un’ansia
per quello che dovevo fare… per quello che dovevo
essere… mia madre ha 83 anni… essere figlia di una
mamma bambina è molto complicato e faticoso…
in questo momento che è molto anziana emerge ancora di più la sua parte bambina perché con l’età si
diventa ancora più bisognosi di cure ed attenzioni…
tu invece vorresti a quest’età una mamma saggia una
mamma che vai lì a trovarla anche se hai 52 anni…
ed hai avuto una giornata pesante… che ti abbracci ti
sostenga perché per quanto tu possa essere diventata
forte consapevole più serena più centrata hai sempre
bisogno di una mamma… è come se ora vivessi una
doppia maternità con mia figlia e con mia madre…
se tu hai la sfortuna di avere una mamma bambina è
lei che chiede attenzioni cure affetto e protezione…
per lei il suo papà era mio padre… da piccoli io mio
fratello siamo stati in qualche modo genitori di mia
madre lo siamo stati soprattutto nel periodo in cui
ha avuto un brutto esaurimento nervoso… avevo 10
anni e volevo che mia madre mi accompagnasse a
scuola come tutti i miei coetanei ma lei non poteva lei non c’era… mi sono mancate tantissime cose
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e anche a mio fratello… alla fine dovevamo un po’
vedercela da noi anche perché papà era sempre fuori
per il suo lavoro… una figura materna di questo tipo
ti crea delle problematiche anche quando diventi a
tua volta mamma… infatti ho vissuto la gravidanza
e per molti anni la maternità in generale in maniera abbastanza complessa… non avendo un modello
materno di riferimento me lo sono dovuto costruire da sola con il tempo… ecco devo dire che adesso
mi sento finalmente mamma nel senso più pieno del
termine di mia figlia Chiara… sento il bisogno di recuperare… non è che Chiara sia stata lasciata in balìa
di se stessa… ho cercato di essere sempre presente attenta e amorevole con lei per quanto mi era possibile
nonostante i limiti e le difficoltà emotive… e anche
con la separazione vissuta con grande sofferenza ho
fatto fatica ad esserci per lei… non era tanto per la
fine del rapporto con lui che soffrivo anche perché
poi l’amore era un po’ raccontarsela… era più il senso
di fallimento il senso di separazione che mi ha creato
dolore… ho fatto sempre fatica ad accettare la fine
delle cose in generale… ma ci sto lavorando… sì ho
fatto pace con il mio passato però ci sono delle cose
che ancora devo risolvere… la morte di mio padre
otto anni fa è stato per me un trauma pazzesco uno
strappo devastante al cuore perché ero molto legata
a lui il mio eroe la mia isola felice… papà era malato già da tempo… è morto in casa e ricordo quella
mattina erano le 7 la telefonata disperata di mia madre… abbiamo lasciato papà a casa ed io ho deciso di
restargli accanto tutto il giorno e questo è stato emotivamente molto forte per me tanto che adesso parlandone ancora mi emoziono… mi sono resa conto
all’improvviso di quanto il presente l’esserci l’essere
qui e ora sia la cosa più importante nella vita di una
persona… il futuro è qualcosa che c’è è lontano lo
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intuisco e lo percepisco ma non me ne preoccupo più
di tanto anche perché ho trovato finalmente un mio
baricentro… una maggiore conoscenza e consapevolezza di me stessa… anche per questo ringrazio il
mio passato… mi sento in questo momento presente nel presente… ho capito che il presente e l’esserci
nelle cose nelle relazioni nei rapporti con gli altri è la
cosa più importante che ci sia… ad esempio quando
siamo in un posto con una persona noi siamo altrove con i nostri pensieri le nostre preoccupazioni e
per questo perdiamo i momenti più belli e importanti che il presente ci regala… con la perdita di una
persona che è una delle più importanti della mia vita
ho capito che bisogna vivere il presente come esserci
il più possibile per e con l’altro perché poi dopo ti
rendi conto quando una persona non c’è più quanto
hai perso di prezioso di lei… ho avuto un percorso
professionale e di vita abbastanza tortuoso… cambi
repentini interruzioni riprese… e sono arrivata adesso alla mia età con un forte sentimento di attesa per
qualcosa che dovrà arrivare nella mia vita ma non
ho aspettative… sento dentro di me questa nuova
energia mentale e interiore molto positiva che si sta
sempre più sviluppando grazie alla piena conoscenza del senso della vita delle cose… non ho progetti
particolari anche se penso che a 52 anni si possono
sempre avere progetti e obiettivi da raggiungere… io
invece sono in attesa di ottenere finalmente ciò che
mi merito dalla vita… non ho idea in che maniera possa succedere ma so soltanto che è giusto per
me anche perché ognuno di noi ha diritto di avere
ciò che si merita dalla propria vita… questo è il mio
presente in cui mi sento finalmente donna mamma
e soprattutto Olga… adesso faccio delle cose per il
mio benessere perché fino adesso mi sono voluta
poco bene… è bellissimo adesso svegliarmi la matti52
na nonostante le ansie e i problemi quotidiani pratici
e sentirmi in pace con me stessa e finalmente stare
bene… è bellissimo sentirmi libera da pesi passati…
adesso sono libera di essere finalmente me stessa.
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Patrizia Coduti
UN TEMPO PER SCIOGLIERE E PERDONARE
Mi chiamo Patrizia ho 58 anni sono sposata e lavoro... in questo momento della mia vita mi trovo ad affrontare temi antichi temi vecchi... non ho figli... gran
parte dei miei pensieri ultimamente sono dedicati alla
mia famiglia di origine... mia madre ha 91 anni... in
questo momento si trova in una casa di riposo e proprio prima di venire qui l’ho sentita al telefono e mi ha
detto che ogni giorno va peggio... quindi insomma...
i sentimenti su questa cosa sono molto contrastanti
e ti portano a riflettere sul passato... a riflettere sulla
relazione con lei con altri membri della mia famiglia...
a fare un po’ i conti... e quindi direi che questo è un
momento soprattutto di consapevolezza di cambiamento... e anche il cambiamento di cadere in alcuni
luoghi comuni in alcune idee che mi ero fatta rispetto
alle relazioni parentali... e il fatto anche di accettare di
avere determinati sentimenti... sentimenti non sempre belli a volte anche conflittuali... in conflitto con me
stessa... quindi un momento in cui devo togliere tanti
nodi che riguardano il passato e allo stesso tempo mi
sento ancora come se avessi da costruire tanto... come
se avessi tanto vissuto in un certo senso... come se potessi ancora ricominciare determinate cose proprio
perché quello che sento è di non aver fatto tutte le tappe regolarmente... gli studi entro un certo termine...
poi il matrimonio e i figli... forse dovrei essere nonna
in realtà mi sento ancora più figlia... non sono madre
non sono nonna sono zia... però il ruolo più forte è
quello di figlia ancora figlia... che deve ancora diventare veramente figlia... sto facendo i conti con questo...
questo m’ha portato a compiere in ritardo le scelte
importanti della vita quindi anche professionalmente
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ho cambiato diverse cose... sono arrivata adesso magari a un punto in cui sono abbastanza soddisfatta
di quello che faccio... mi sono sposata tardi avevo 46
anni quando ho trovato finalmente il compagno giusto con cui sposarmi... però ormai era tardi per avere
figli e allo stesso tempo sento di poter ancora generare
qualcosa... sento appunto in qualche modo di fare i
conti col passato... riuscire a fare i conti col passato
in modo schietto in modo anche a volte duro mi può
aiutare a fare di più per il presente e per il futuro...
sento che sono in un momento di costruzione cioè nel
momento di distruzione di certi schemi di certi aspetti legati al passato che però mi aiutano magari anche
a guardare al futuro... a costruire come se avessi ancora delle cose da fare... una consapevolezza faticosa...
a volte non ci riesco.... non sempre sono contenta di
me delle cose che faccio... faccio fatica ad avere delle relazioni amicali durature faccio fatica a costruire
delle amicizie... dei limiti relazionali per certi versi...
per altri no... intorno a me faccio un po’ fatica a creare
relazioni solide di amicizia forti... e questo mi porta
ad interrogarmi ancora di più... ha sempre a che fare
col lavoro che devo fare... dagli amici mi aspetto forse
tanto... non riesco a costruire relazioni superficiali...
dev’essere un’amicizia profonda vera altrimenti non
la considero nemmeno più di una conoscenza... ma
anch’io non vado spontaneamente verso l’altro... se
devo approcciare una persona penso sempre che quella persona si posso sentire invasa perché spesso mi è
capitato di ricevere dei feedback di un certo tipo... allora sono sempre molto guardinga anche nel chiedere
cose personali... dicevo di mia madre... ho due fratelli
più grandi di me... in questo momento il mio fratello
maggiore è il più vicino a mia madre... sento che è difficile per me fare la mia parte di accudimento... la mia
parte di vicinanza oppure anche prendere decisioni...
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anche lei si sente più vicina a lui di conseguenza il mio
ruolo è marginale e questo mi crea difficoltà perché
da un lato non mi si chiede di fare e di esserci dall’altro se non ci sei è come se fossi mancante quindi... c’è
sempre questa ambiguità di fondo questa creazione di
sensi di colpa caratterizzati da inadeguatezza... sono
rapporti caratterizzati da questi sentimenti però nonostante tutto c’è un grande affetto da parte mia e mi
accorgo che lei ha fatto quello che poteva... questo è
quello che capisco... che loro hanno fatto quello che
potevano... mio padre è morto molti anni fa... ci hanno messo quello che avevano... nel bene e nel male con
i loro limiti... la reputo una fase in cui li comprendo...
non sono più arrabbiata e quindi per questo ne posso parlare... in passato sono stata molto arrabbiata...
inconsapevolmente... ho scelto tardi un lavoro che ha
a che fare con la cura con l’ascolto dell’altro e capisco
che ognuno ha a che fare con la propria condizione
esistenziale e che abbiamo tutti gli stessi nodi da sciogliere.
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Rodolfo Bersaglia
L’ARTE COME AVVENTURA RIVOLUZIONARIA
Sono Rodolfo Bersaglia e ho 64 anni… è un momento
particolare della mia vita ma credo che non ci sia mai
stato un momento non particolare nella mia vita… è
un momento bello perché sostanzialmente sto avendo
un ottimo rapporto con mia figlia e mi sto dedicando
prioritariamente alla poesia… mi sono sempre dedicato alla poesia ma in questo momento in particolar
modo perché sono usciti dei libri escono altri libri e
in questo momento sto vivendo di poesia… mi sto
concentrando molto sulla poesia e sto scrivendo tra
l’altro in un modo del tutto innovativo rispetto a quello che era il modo di comporre poesia di una volta…
per cui sto componendo poesia come se fosse una sorta di diario… e tutte le emozioni sia retrospettive che
attuali vengono registrate costantemente… questo è
importante dirlo non l’avevo fatto mai cioè scrivevo
nel momento di folgorazione… il modo in cui scrivo è
prendere appunti su quello che vorrò comporre come
poesia… ma sempre nello stesso tempo anche diremo
così il raccogliere frammenti di frasi anche talvolta
solo parole che poi vengono impiegate nel discorso
poetico… e poi sogno che tra un po’ io potrò anche riprendere le attività artistiche… il disegno e l’incisione
e forse anche la pittura che attualmente è completamente trascurata perché non c’è tempo non c’è spazio
non c’è luogo e non c’è neanche uno studio… però io
credo che presto riprenderò tutto questo… sono ad un
passo dalla pensione purtroppo perché questa è una
cosa che mi angoscia molto perché vedo la pensione
come la deriva ultima da cui non si torna più indietro… io invece mi auguro che ci sia parecchio tempo
ancora per esprimermi… viviamo in una città peggio58
re e migliore perché è una città anti-artistica anti-culturale ma nello stesso tempo proprio per questo o lasci perdere… proprio abbandoni… abdichi… oppure
continui… è un atto di coraggio in una città del genere… però è anche una città che è assolutamente divenuta asettica… una volta ti coinvolgeva… cioè se tu
abitavi in Ancona c’erano occasioni per parlare del tuo
lavoro d’artista… per intrattenere relazioni con altri…
adesso invece siamo isolati… non voglio parlare di
politica comunque certo che questa dittatura ci ha isolati… e allora dobbiamo però o continuare o appunto
abiurare la fede nell’arte nella cultura cosa che io non
riesco a fare per cui continuerò… non riesco a non
fare… non riesco a non scrivere… non riesco a non
fotografare… talvolta non riesco a non disegnare…
sono vinto da una stanchezza incalcolabile quindi le
mie energie sono sempre poche… però devo vincere
la carenza di energia perché non siamo vecchi… siamo la prima generazione che non affronta la vecchiaia… dove non c’è lo stadio della vecchiaia… facciamo una vita paragonabile a quella che normalmente
nelle epoche passate avrebbe affrontato un trentenne
un quarantenne massimo… quindi balliamo… cerchiamo amore tra tutte le persone che incontriamo…
e quindi siamo dei bambini con il corpo invece che
è incapace delle prestazioni infantili… però la mente
invece lo è… la mente è capace di prestazioni infantili
ancora… e quindi io faccio appello a questa straordinaria possibilità che è quella di continuare a produrre
come se fossimo giovani… e forse lo siamo… forse
siamo giovani… purtroppo e per fortuna insegno…
per fortuna perché ho uno stipendio che è indispensabile soprattutto oggigiorno… nello stesso tempo non
è sufficiente a nulla perché lo Stato italiano ha sempre
maltrattato l’insegnante per un progetto diabolico… e
nonostante questo per me ormai insegnare è una cosa
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diffusa perché tengo piccole conferenze anche nei ristoranti… mi interesso di storia dell’arte… scrivo di
storia dell’arte… ho pubblicato un libro sugli affreschi
nelle Marche dal Trecento al Cinquecento… un’opera molto impegnativa di 680 pagine… ho fatto io le
fotografie ho fatto io l’impaginazione e ho scritto io
il testo… quindi la storia dell’arte continua ad interessarmi e sono sicuro che quando riprenderò a disegnare la tanta storia dell’arte… aver studiato soprattutto
le tante sfaccettature di vita che ho studiato nei vari
autori e le tante sfaccettature contenute nelle opere mi
consentiranno di produrre un’opera a mia volta che
sia meno immatura di quella che normalmente producevo precedentemente a quest’immersione nella
storia dell’arte… e quindi ho ampliato la conoscenza
sia delle opere esaminate che la conoscenza dei protagonisti nella loro evoluzione nel modo in cui vivevano
e nel modo in cui traumi costituivano poi il motore
immobile della loro arte… ho ampliato la conoscenza
di ciò che è indispensabile secondo me conoscere per
fare arte perché io vedo che moltissimi artisti fanno
arte in modo assolutamente ignorante… quasi inconscio… il che può costituire un vantaggio perché si è
innocenti ma nello stesso tempo è una cosa che può
connaturare la prima fase di sviluppo di una produzione artistica… poi la seconda fase necessita invece
di un approfondimento della storia… delle immagini… io vedo un’ignoranza secondo me mai così profonda e direi che quella bella esperienza che è stata
l’esperienza degli anni ’70 in cui forse gli artisti hanno
fatto arte del modo più ignorante mai percorso prima… si è poi fermato quell’ingranaggio per cui oggi
le stesse scuole che insegnano arte insegnano arte
in modo ignorante cioè ignorando la storia dell’arte
quindi conoscendo poco per produrre arte… cioè si
conosce molto poco dell’arte per poterla produrre…
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ora se questo era bastevole negli anni ’70 oggi invece è
assolutamente poco e quindi non c’è la sufficiente cognizione di una buona formazione storico-artistica…
questa è la piccola città dove però hai tantissimi amici
cari che sono tutti dei rivoluzionari… perché ovviamente fare l’intellettuale in Ancona l’artista in Ancona
ma anche semplicemente pensare in modo anomalo
indipendente in Ancona costituisce una rivoluzione…
perché altrimenti t’accoderesti al modo di concepire le
cose che hanno avuto un po’ tutti quanti nel corso di
questi anni… e quindi resteresti spento… invece questi focolai che sono tutti gli amici sono la linfa perché
alla fine dei conti il bello è che non devi avere tantissimi elementi devi avere qualche amico buono e i tuoi
interessi e coltivarli sempre portando avanti questo
importantissimo atto rivoluzionario… io credo che
l’atto rivoluzionario sia fondamentale… è alla base di
quella che deve essere l’arte oggi però deve essere una
rivoluzione colta… oggi non si fa rivoluzione da meri
improvvisatori a parte il fatto che non esiste più in
senso nazionale quindi universale come in senso particolare non sento più quel senso rivoluzionario che io
invece ritrovo negli amici… gli amici che ci sono qui
sono tutti profondamente forieri di un’attività sovversiva… in campo artistico ovviamente… non ci sono
terroristi… però mi piace pensarli come avventurieri
esistenziali della cultura.
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Silvano Sbarbati
PRONTO ALLA VITA
Mi chiamo Silvano e ho 72 anni... in questo momento vivo una situazione in cui due parole sono centrali che cominciano per P... pronto e plasticità... prima
viene plasticità che è una parola legata al cervello
che però è stata spostata a livello del pensiero delle
Scienze Umane... quattro anni fa ho avuto un ictus...
leggero però un ictus... e dal quel momento in poi ho
capito cosa significa plasticità... la plasticità che nella
storia dell’arte viene abbinata alla capacità di rendere l’attività la vivezza la vita di un corpo attraverso la
materia inerte invece è un elemento fondamentale del
cervello... per fortuna il mio accadimento cerebrale ha
avuto a che fare con una parte del cervello che non
ha molta plasticità e quindi tutto quello che ha dovuto riprendere in funzionalità non ha risentito molto
di questa cosa... però ne ho risentito io nel senso che
ne ho preso consapevolezza... proprio in questi giorni questo concetto di plasticità l’ho affrontato in una
visita specialistica e gli ho detto dottore guardi che la
plasticità ha a che fare anche con l’altra plasticità non
solo quella neuro-cerebrale... questo è molto interessante perché lui mi ha spiegato che è grazie alla plasticità che il cervello ci permette di bypassare la morte
di alcune parti delle cellule e parlandoci ho scoperto anche che le cellule cerebrali non si riproducono...
muoiono... non come le altre cellule... ma questo è un
motivo funzionale perché ogni cellula cerebrale è un
magazzino un deposito… se tutte le volte una cellula dovesse ricominciare da capo riprodursi vuol dire
che il magazzino dei ricordi verrebbe cancellato allora
ecco che la cellula rimane la stessa però è destinata a
morire... la plasticità è quella funzione che nell’arte ha
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a che fare con il rendere vivo e nella questione cerebrale ha a che fare invece con il risistemare il percorso
il processo... l’altra parola è pronto… in questo momento sono pronto... sono pronto a finire... il che mi
dà molta gioia molta serenità... sono pronto a finire
la vita sono pronto a finire gli affetti... a lasciare... ma
questo non mi crea dispiacere anzi mi dà quella specie
di leggera velatura di gioia nel fare le cose... le faccio
con una freschezza gioiosa... felicità è una parola un
po’ troppo impegnativa... però mi rendo conto che riesco apprezzare meglio quello che faccio... ho rallentato pur facendo molte cose... non faccio più le cose
con l’apprensione di prima perché so che comunque
quella cosa lì va fatta tutta... certo non è che io abbia
raggiunto una compiutezza del tutto però è come se
fossi su quella strada lì... sono pronto a usare a prendere atto della plasticità... e questo non è che mi rassicura al cento per cento... però mi fa dire che in fondo
se sono arrivato fino a qui un po’ di strada giusta l’ho
fatta oltre tutti gli errori fallimenti i percorsi a vicolo
cieco i dolori che ho creato quelli che mi sono creato...
però in questo momento anche essere qui per me è un
essere pronto... qualche anno fa non sarei stato pronto
a fare questa cosa qui guardare te negli occhi e questa
macchina che mi guarda... adesso sono pronto e questo è sicuramente un prenderne atto... è un apprendimento è un capire e dove lo si capisce può essere
gioioso... che non vuol dire supporre di essere nella
verità... diciamo che ci sono vicino per quanto posso e questo mi rende abbastanza soddisfatto... abbastanza… della morte non ho paura è il morire che mi
preoccupa... è angosciante perché l’angoscia è la paura
che non ha l’oggetto e quindi non avendo oggetto ti
crea angoscia... però è angosciante anche occuparsi
dell’angoscia e non a caso in questo periodo mi sto
adoperando per un progetto che è quello del prendersi
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cura... occuparsi e fare attenzione di come ci si prende
cura di se stessi ma anche dell’altro e questo con mia
moglie è l’oggetto del nostro lavoro quotidiano... però
questo è il grande momento di attualità ecco perché è
anche molto plastico perché fa prendere atto di come
la realtà deve essere maneggiata con cura... è plastica
non è afferrabile e quindi bisogna prenderla con molta
cura... questa notte mi sono sognato mio padre morto
più di 40 anni fa... è un segno particolare perché ero
io mio padre e mia moglie... lui era in una specie di
divano e si era messo di fianco a mia moglie come se
fosse un figlio... ma dico Babbo cosa fai con mia moglie vuoi essere figlio... e lui non mi ha risposto ma si
è messo lì come se fosse un figlio e che avesse bisogno di essere protetto accudito... questo sogno è del
qui quindi lo dico perché oggi venivo qui... secondo
me è collegato... credo che quando uno sogna il padre
qualche cosa sta succedendo... e in questo senso che
lui mi volesse fare l’esempio di essere figlio accanto a
mia moglie e questa cosa mi ha molto colpito ed è un
ricordo molto netto a distanza di 12 ore abbondanti...
normalmente non avviene mai lo direi un sogno proiettivo non un sogno dell’agenda che deriva da quello
che uno ha fatto... e questa cosa la voglio dire perché
penso che sia utile al progetto qui e ora… genitorialità
è la parola giusta… è come se si volesse andare avanti
e dire comunque qualcosa accade e qualcosa accadrà
sempre… e questo non è angosciante perché comunque qualcosa succede… anche nelle peggiori ipotesi
comunque la vita va avanti… comunque c’è qualcosa
che ci allunga nel tempo nello spazio.
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Susanna Fulgi
IL SOLLIEVO NELLA MATURITÀ
Mi chiamo Susanna ho 65 anni sono separata e madre
di due figli grandi… ho avuto due mesi fa una perdita
grande... ho perso mia madre… e questo come figlia
unica fa sì che una parte della mia vita se n’è andata… cioè è rimasta nei miei ricordi… ho sentito molto
questa cosa anche perché io non avevo un buon rapporto con mia madre… lei è sempre stata una donna
ansiosa… mi è stata molto sopra da ragazzina molto
presente tanto che io nell’adolescenza facevo cose di
nascosto da lei… mio padre non c’era quasi mai perché era sempre fuori era collaboratore scientifico di
materiale per laboratori analisi… mi piaceva stare con
mia madre in quanto femmina… ma avevo un rapporto meraviglioso con mio padre… quello con mia
madre è sempre stato un po’ di conflitto… ma a una
certa età ora mi sento non voglio dire vuota però mi
manca molto la presenza di mia madre anziana… anche mio padre che ho perso nel 2010 è una presenza
molto intima in me… poi ci sono i figli… questi figli pur vedendoli poco o sentendoli poco mi danno
e mi hanno sempre dato tanta soddisfazione… tutti
e due pur essendo due caratteri diversi… sono felice che ci sono… per quanto riguarda la prima parte
della mia vita mi sono fidanzata molto presto all’età
di 16 anni… 10 anni di fidanzamento… lasciata tante
volte in quei 10 anni abbiamo poi deciso per il matrimonio… non lo so quanto io fossi convinta di salire
le scale di quella chiesa… mi sono sposata nell’82…
ricordo che mio padre mi disse sei convinta di quello
che stai facendo… ho risposto non lo so… mi ricordo era sulla strada per il monte Conero… ho detto
papà non lo so… è rimasto un attimo così… questo
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perché con tutto il bene che potevo avere per il mio
futuro marito eravamo due caratteri molto diversi…
ma all’epoca il bravo ragazzo… un fidanzamento lungo… non si lascia… ma perché… ma no cerca di capire… e così ho fatto… c’erano 5 anni di differenza tra
noi… il fidanzamento è stato abbastanza tranquillo…
finché un giorno quando partì per il militare mi sono
accorta che questa persona mi mancava ma non più di
tanto… ricordo che avevo un amico che mi veniva a
trovare spesso e sinceramente lì c’è stato un momento
in cui ho pensato… c’è stata solo amicizia niente di
più… però ha segnato la mia vita e poi sono andata
avanti per la strada che così si diceva fosse giusto…
quando ho finito la maturità mi sono iscritta a Medicina perché mio padre studiò Medicina a Roma… poi
i genitori si separarono e mio padre non potè finire gli
studi pur avendo fatto un internato… mi sono iscritta
a Medicina… non sono mai stata una grande studiosa
neanche al Liceo anche se sempre promossa… sono
arrivata fino ad Anatomia… lì mi sono persa perché
non riuscivo… avendo poca memoria nello studio…
avevo più memoria visiva… anatomia è solo memoria quindi più andavo avanti più era difficile… il mio
fidanzato mi disse… come… faccio io Medicina e la
fai anche tu… lascia stare… e siccome sono sempre
stata molto accomodante… ho detto va bene… se
tanto non vado avanti… se questo scoglio non lo passo… erano gli anni in cui Anatomia ad Ancona era
durissima tant’è vero che molti amici si laurearono a
Bologna… presi questa decisione… questo è stato il
più grande sbaglio della mia vita perché sono sicura
che se avessi continuato sarei non solo stata un bravo
medico ma avrei fatto qualcosa per me… la mia vita
è stata quella di andare avanti e sposarmi… non volevo avere figli non avevo questo istinto materno… da
bambina non giocavo mai con le bambole… però alla
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fine dopo 5 anni questo primo figlio è nato… quando
nacque ovviamente fu la felicità… il mio matrimonio
è andato avanti dall’82 al 2013… quando si sono allontanati i figli e sono andati a studiare fuori Ancona
noi due genitori anziché avvicinarci ci siamo staccati… quindi non c’era più niente da dire nonostante io
lavorassi nello studio di mio marito facendo anche la
segretaria di un altro medico… quello che mi competeva credo di averlo fatto bene… non ho avuto da
parte di mio marito un riconoscimento… dopo la nascita del primo figlio ho sofferto di attacchi di panico… non sapevo cosa fossero perché io sono sempre
stata una persona non paurosa… un giorno in macchina mi sono sentita talmente male da non riuscire
ad arrivare a casa di mia madre… soffrivo proprio di
attacchi di panico… ne ho sofferto per anni… mio padre era in pensione e venne a stare da noi… mi venne
ad aiutare perché io non ero più in grado neanche di
guidare… per mio marito erano tutte stupidaggini…
prendi la macchina e vai cosa vuoi che ti succeda…
mio padre mi è stato molto vicino… mi ha detto non
ti succede niente non si muore per un attacco di panico o per l’ansia… io sono qui… mio padre è stata una
persona eccezionale… mi ha evitato lo psicologo lo
psicoterapeuta le medicine… mi ha curato solo standomi vicino… mi accompagnava per portare i figli
all’asilo… ricordo che una mattina mi sono svegliata
mi sono guardata allo specchio e mi sono detta tu così
non puoi continuare… perché tuo padre non vive…
mia madre figlia unica anche lei all’epoca non era con
noi perché doveva seguire sua madre… stavo bene in
casa ma non potevo uscire… provavo a prendere la
macchina… ma poi dovevo tornare indietro… quel
giorno che mi svegliai e dissi non puoi più continuare
così ho preso le chiavi della macchina… mio padre
mi ha detto dove vai… vado con la mia macchina…
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non ha detto una parola… ho fatto tutto quello che
dovevo fare… sono andata in centro… mi ha preso
un pensiero… se adesso ti prende mi sono detta… e
se adesso mi prende ci convivo… da quel momento
io non so che cosa sia un attacco di panico… non ne
ho più avuti… in seguito ho avuto una soddisfazione
con mio marito… avevamo una casa in montagna con
un garage molto piccolo… la macchina era grande…
in garage la mettevo sempre io perché poi uscivo da
dietro… con la mia mole riuscivo a uscire da dietro…
una volta la mise lui in garage ed ebbe un attacco di
ansia molto forte… io ero poco distante… dissi che
hai… non posso respirare ho l’ansia… e che vuoi che
sia… mica si muore… aprimi aprimi non respiro…
dopo pian piano è uscito… forse mio marito era più
ansioso di me… mi sono chiesta qual è stato il motivo
di questo periodo… mi sono data due risposte… uno
poteva essere forse il rapporto con mia madre… l’altro
che mi accorsi di non sentire bene da un orecchio così
andai da un otorino che mi disse che soffrivo di otosclerosi… questa cosa l’ho sentita molto perché non
mi potevo operare… e per anni non mi sono operata
perché se volevo fare figli dovevo farli prima dell’intervento dato che è una malattia unita a un discorso
ormonale… questo è stato abbastanza forte… la paura
della malattia che progrediva e la paura di non poter avere figli… poi cinque anni fa mi sono operata e
ho sentito che la mia qualità di vita era notevolmente
cambiata.
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Ringraziamenti
Indice
- Un ringraziamento particolare va a ognuno degli amici che hanno
partecipato al progetto e che, con coraggio, generosità e amorevolezza, hanno
raccontato la loro storia e si sono fatti ritrarre.
Tutto questo non sarebbe stato possibile senza la loro disponibilità.
Giovanna Bonasegale Dialoghi in rifrazione
Alessia Paggi Appuntamento tra 10 anni
10
Andrea Muti Vivere di fotografia
14
Federico Veroli La trasformazione della crisalide
18
Francesco Brunori La vita dentro la malattia
22
Gianni Veroli La mia nuova vita con mio figlio
26
- Ringrazio Andrea Muti, Vice Presidente di “Effetto Ghergo”, che ha
creduto fin da subito in questo lavoro.
Lucia Bisognini Sono rinata con Federico
30
Marco Grati Cerco due note: quelle
34
- Ringrazio il mio Amico fraterno Bruno, che mi ha supportato fin
dalle prime fasi di questa avventura e continua a farlo.
Massimo Albertini La vita è un villaggio
38
Mauro Mercatali Recitare la vita
42
Nicoletta Molini Mia madre, il mio esempio
46
Olga Terranova Il presente e l’attesa
50
Patrizia Coduti Un tempo per sciogliere e perdonare
54
Rodolfo Bersaglia L’arte come avventura rivoluzionaria
58
Silvano Sbarbati Pronto alla vita
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Susanna Fulgi Il sollievo della maturità
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- Un ringraziamento alle Aziende che hanno collaborato a che questa
mostra potesse vedere la luce.
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Stampato nel Dicembre 2022
presso gli stabilimenti Tecnostampa
di Loreto
Giovanni Matarazzo vive e lavora ad Ancona
www.giovannimatarazzo.it
info@giovannimatarazzo.it