O
Testi e studi di cultura classica
Collana fondata da
Giorgio Brugnoli e Guido Paduano
Diretta da
Alessandro Grilli, Fabio Stok
90
Testi e studi di cultura classica
Collana fondata da
Giorgio Brugnoli e Guido Paduano
Diretta da
Alessandro Grilli e Fabio Stok
Comitato scientifico
Guido Avezzù - Università di Verona
Gianna Petrone - Università di Palermo
Filippomaria Pontani - Università Ca’ Foscari di Venezia
Luis Rivero García - Universidad de Huelva
Alden Smith - Baylor University
Christine Walde - Universität Mainz
Studi sull’epica latina
in onore di Paolo Esposito
a cura di
Enrico Maria Ariemma, Valentino D’Urso
e Nicola Lanzarone
Edizioni ETS
www.edizioniets.com
Volume stampato con fondi di ricerca del Dipartimento di Studi Umanistici
dell’Università degli Studi di Salerno
La Collana si avvale di un comitato scientifico internazionale
e ogni contributo viene sottoposto a procedura di doppio
peer reviewing anonimo
© Copyright 2023
Edizioni ETS
Palazzo Roncioni - Lungarno Mediceo, 16, I-56127 Pisa
info@edizioniets.com
www.edizioniets.com
Distribuzione
Messaggerie Libri SPA
Sede legale: via G. Verdi 8 - 20090 Assago (MI)
Promozione
PDE PROMOZIONE SRL
via Zago 2/2 - 40128 Bologna
ISBN 978-884676715-8
ISSN 2279-8455
Note sull’Ilias Latina
di Giuseppe Aricò
1. Vidi puduitque videre...
Il racconto omerico dell’incontro di Paride con Elena, dopo il duello con
Menelao, è sottoposto nell’Ilias Latina (d’ora in poi: IL), com’è noto1, a
una radicale ristrutturazione. Nell’Iliade (Γ 428-36) la donna accoglie
l’amante con parole di aspro sarcasmo, irridendone l’arroganza e l’inferiorità rispetto al suo «primo sposo» e rimpiangendo addirittura ch’egli
non sia sopravvissuto allo scontro:
«ἤλυθες ἐκ πολέμου· ὡς ὤφελες αὐτόθ᾽ ὀλέσθαι
ἀνδρὶ δαμεὶς κρατερῷ, ὃς ἐμὸς πρότερος πόσις ἦεν.
ἦ μὲν δὴ πρίν γ᾽ εὔχε᾽ ἀρηιφίλου Μενελάου
430
σῇ τε βίῃ καὶ χερσὶ καὶ ἔγχεϊ φέρτερος εἶναι·
ἀλλ᾽ ἴθι νῦν προκάλεσσαι ἀρηίφιλον Μενέλαον
ἐξαῦτις μαχέσασθαι ἐναντίον. ἀλλά σ᾽ ἔγωγε
παύεσθαι κέλομαι μηδὲ ξανθῷ Μενελάῳ
ἀντίβιον πόλεμον πολεμίζειν ἠδὲ μάχεσθαι
435
ἀφραδέως, μή πως τάχ᾽ ὑπ᾽ αὐτοῦ δουρὶ δαμήῃς»2.
Νell’epitome latina, al contrario, Elena manifesta nei confronti di Paride una commossa tenerezza, espressa con le modalità e nei termini della poesia elegiaca:
«Venisti mea flamma, Paris, superatus ab armis
coniugis antiqui? Vidi puduitque videre,
arreptum cum te traheret violentus Atrides
320
1 Si veda Aricò c.s.; precedentemente Broccia 1988, 175-8; Scaffai 1997, 269-74; Gärtner
2007, 13-17.
2 Per le citazioni dall’Iliade omerica seguo l’edizione di van Thiel 2010; per l’IL quella di
Scaffai 1997.
150
Giuseppe Aricò
Iliacoque tuos foedaret pulvere crines.
Nostraque – me miseram! – timui ne Doricus ensis
oscula discuteret; totus mihi, mente revincta,
fugerat ore color sanguisque reliquerat artus.
Quis te cum saevo contendere suasit Atrida?
An nondum vaga fama tuas pervenit ad aures
de virtute viri? Moneo ne rursus inique
illius tua fata velis committere dextrae».
325
330
Resta, dell’originale greco, l’incipit del discorso (venisti ~ ἤλυθες),
ma stravolto nel suo significato: non più l’attacco derisorio e l’impietosa
imprecazione, ma l’espressione di un’incredula commozione per lo
scampato pericolo dell’amante, enunciata mediante la ripresa della celebre locuzione con la quale Anchise, in Aen. 6, 687, saluta l’arrivo di Enea (Venisti tandem...)3. Anche la menzione della sconfitta di Paride, nel
nuovo contesto, diviene motivo di affettuosa solidarietà; e, a sottolineare
la novità, un’altra citazione è introdotta, tratta da Ovidio, met. 13, 223 s.
Vidi, puduitque videre, / cum tu terga dares inhonestaque vela parares4.
In Ovidio si tratta del senso di vergogna che Ulisse, nell’armorum iudicium, dice di aver avvertito dinanzi alla fuga di Aiace dopo il sogno di
Agamennone; nell’IL dell’angoscia provata da Elena al vedere l’esito
del duello dall’alto delle mura5. Nonostante la differenza di significato
che il celebre modulo del vidi6 assume nei due contesti, in entrambi esso
possiede una forte carica di sollecitazione emotiva.
Siamo, quindi, davanti a una radicale modificazione dell’impianto
narrativo: Paride ed Elena divengono due amanti elegiaci, coinvolti –
come confermerà la successiva scena dell’incontro sessuale – in una
passione esaltante che implica sintonia e complicità. Ma a me pare che si
possa andare ancora oltre nell’esegesi di questa riscrittura del racconto
3 Ma si possono ricordare, sempre in posizione incipitaria, Catull. 9, 3 e 5: Venistine domum
ad tuos penates / [...] / Venisti. O mihi nuntii beati!
4 I versi ovidiani sono stati persuasivamente messi in rapporto (cf. Hardie-Chiarini 2015, 247),
insieme con altri del medesimo episodio, con un frammento tragico (inc. inc. 61-3 R.2-3 = adesp.
134 TrRF), quasi sicuramente risalente all’Armorum iudicium di Accio, sul quale anche recentemente è stata richiamata l’attenzione (Falcone 2022, con altri riferimenti). Va però notato che in
questo frammento è Aiace che schernisce Ulisse, e non viceversa.
5 In una teichoskopia di cui non è traccia dell’opera e che è solo menzionata (oltre che qui, al
v. 317), con efficace senso dello scorcio.
6 Su cui La Penna 1987.
Note sull’Ilias Latina
151
omerico. Non può essere casuale che proprio nei due versi iniziali, e in
entrambi i casi in posizione enfatica (all’inizio e alla fine del verso rispettivamente), si trovino due riprese – dall’originale greco e da un autore latino tra i più frequentati dal poeta7 – che, se lette nel senso originario, contraddicono il registro concettuale ed espressivo del nuovo contesto e concordano, invece, perfettamente col giudizio che il poeta esprime
in prima persona su Paride in tre diversi punti del suo racconto. Mi
riferisco alla duplice definizione del personaggio come belli causa [...],
patriae funesta ruina (v. 234) ed exitium Troiae funestaque flamma (v.
253) e all’immagine di Elena che, nella conclusione del racconto, soluto
/ accepit flammas gremio Troiaeque suasque (vv. 337 s.)8. Questa coincidenza sembra autorizzarci a interpretare i riferimenti intertestuali di
cui trattiamo come una velata allusione ironica con cui la voce autoriale
ribadisce l’idea che sta alla base della (ri)strutturazione del personaggio.
Non mancano, del resto, altri elementi che possono confermare questa lettura. Innanzitutto la traccia del richiamo ovidiano si fa riconoscere,
nell’episodio di Paride, anche al di fuori dei versi che abbiamo preso in
considerazione: precisamente nei rimbrotti che Ettore rivolge al fratello
(vv. 257 ss.) dopo la sua fuga alla vista di Menelao: O dedecus [...] / aeternum patriae generisque infamia nostri, / terga refers? (~ terga dares
di Ovidio, v. 224). Al v. 233, poi, si riscontra un altro interessante caso
di ironia: il tunc fortis in armis riferito a Paride nella prima presentazione del personaggio9. Una clausola, questa, che ricorre già al v. 184, in
un contesto di indubitabile serietà, riferita a Diomede (fortis in armis /
Tydides), e che al v. 233 assume un tono palesemente derisorio, oltre che
per la presenza del tunc, per la forte antitesi col giudizio formulato al
verso successivo: belli causa Paris, patriae funesta ruina.
Si lasciano individuare quindi, nei versi 320 s., due diversi livelli di
lettura. Il primo interpreta il testo come una pagina di sapore elegiaco, in
cui l’assemblaggio di diversi richiami intertestuali – al modello omerico,
integrato con uno spunto virgiliano, e alle Metamorfosi ovidiane – mira
a mettere in rilievo la commozione di Elena alla vista dell’amante; il se-
7
Su Ovidio nell’IL si veda Galasso 2022 (p. 196 sul passo che ci riguarda).
Analisi più ampia in Aricò c.s.
9 Cf. Tilroe 1939, 301; Scaffai 1997, 250; Aricò c.s. Il tunc fu sottoposto, in anni lontani, a
improvvide correzioni, sulla base anche di qualche insignificante variante nella tradizione manoscritta. Documentazione in Doering 1886, 25.
8
152
Giuseppe Aricò
condo consente di attingere un significato più profondo, maggiormente
consono all’elaborazione della vicenda nell’epitome.
2. La cetra di Achille
Esaurita al v. 574 la narrazione dell’incontro di Ettore e Andromaca, subito si passa – e con forti omissioni –, nell’IL, alla materia di H. L’attacco (vv. 575 s.) riproduce sì, quasi alla lettera, quello omerico: Haec
ait et portis acies petit acer apertis, / una deinde Paris ~ ὣς εἰπὼν πυλέων ἐξέσσυτο φαίδιμος Ἕκτωρ, / τῷ δ᾽ ἅμ᾽ Ἀλέξανδρος κί᾽ ἀδελφεός
(H 1 s.); ma con un diretto collegamento al dialogo fra i due sposi (a
questo si riferisce il termine haec) e con una intensificazione patetica,
che si esprime nel nuovo attributo assegnato all’eroe (acer vs φαίδιμος)
e nell’elaborato gioco di effetti fonici. Anche il successivo racconto degli eventi si mantiene su questo registro di scrittura: eliminati il dialogo
di Apollo con Atena (H 17-42) e la lunga scena in campo acheo che prelude al duello tra Ettore e Aiace (43-160), il poeta introduce un elenco di
guerrieri che procedunt, ansiosi di misurarsi con Ettore. I nomi sono gli
stessi che in H 162-9, ma l’autore li presenta in un ordine diverso; in più
sottolinea enfaticamente l’assenza di Achille, intento – come in I 186-9
τὸν δ᾽ εὗρον φρένα τερπόμενον φόρμιγγι λιγείῃ / [...] · / τῇ ὅ γε θυμὸν ἔτερπεν, ἄειδε δ᾽ ἄρα κλέα ἀνδρῶν – a suonare la cetra nella sua tenda
(vv. 585 s.):
aberat nam Troum terror Achilles
et cithara dulci †divum lenibat amores.
Quest’ultimo verso presenta un testo palesemente corrotto, che è stato sottoposto a una serie di emendamenti: da duros [...] amores delle più
antiche edizioni a dirum [...] amorem di van der Dussen e Wernsdorf, a
diros [...] amores ancora di Wernsdorf, a damnum [...] amoris di Vollmer, al più fortunato durum [...] amorem di van Kooten, accolto addirittura nel testo nelle edizioni di Baehrens 1881, di Plessis 1885 e infine
– con ampia argomentazione – di Scaffai 199710. Il testo fornito dalla
tradizione manoscritta si spiegherebbe come «un’eco trasparente» di
10
Scaffai 1997, 328 s. e 471 (Addenda).
Note sull’Ilias Latina
153
Verg. georg. 4, 347 atque Chao densos divum numerabat amores11; le
correzioni proposte (l’ultima in particolare), a loro volta, sarebbero autorizzate dal richiamo ad altri celebri luoghi virgiliani: georg. 4, 464
Ipse cava solans aegrum testudine amorem...; Aen. 10, 191 Dum canit et
maestum musa solatur amorem... e, per durus come attributo di amor,
georg. 3, 258 ed Aen. 6, 442.
Solo Antonino Grillo, in un contributo indubbiamente pregevole, ha
espresso un forte dissenso nei confronti di questi emendamenti: essi, infatti, introdurrebbero «un inopportuno riferimento ad una durezza o infedeltà dell’amante del tutto fuori luogo», stravolgendo il senso dell’originale omerico, che «insiste sull’azione del τέρπειν con riferimento alla
φρήν e al θυμός, senza accennare a tormenti d’amore»12. Di qui la proposta di intervenire, piuttosto che sul nesso divum [...] amores – congruente, anche se non del tutto, con i κλέα ἀνδρῶν di I 189 –, su lenibat,
correggendolo in dicebat. Una soluzione tutt’altro che banale, giustificata con apprezzabili argomentazioni, ma che oggi non riesce facilmente
accettabile. A parte la difficoltà di spiegare la genesi dell’errore13, la
riscrittura del testo omerico nell’IL comporta – ormai lo sappiamo –, con
la nuova caratterizzazione dei personaggi14, l’introduzione di motivazioni diverse del loro agire; fra queste anche la passione amorosa, rappresentata in più casi coi tratti patologici dell’eros elegiaco: basti pensare
ad Agamennone, posseduto da ferus [...] amor e damnosa libido nei confronti di Criseide (vv. 25-6), che maeret et amissos deceptus luget amores (v. 71), o ad Achille stesso, cui il ferus amor (v. 78) arma la mano
contro l’Atride. È questa l’ottica sotto la quale è opportuno leggere, e
tentare di correggere, i vv. 585 s., valorizzando la componente soggettiva implicita nel θυμὸν ἔτερπεν del testo greco e dando credito agli emendamenti proposti per il nesso divum [...] amores; ma con una decisa
preferenza per durum [...] amorem, apparendo l’accezione dell’attributo
durus ben più pertinente, rispetto a dirus, alla condizione psicologica di
Achille. Se l’Achille omerico, benché lontano dal campo di battaglia,
mantiene tuttavia la sua connotazione eroica, cercando diletto nel canto
dei κλέα ἀνδρῶν, l’Achille dell’IL chiede alla cetra di lenire il suo tor11
Scaffai 1997, 329.
Grillo 1992, 147 s.
13 Poco persuasiva mi sembra l’interpretazione di lenibat come una glossa marginale che avrebbe sostituito il «prosodicamente equivalente dicebat» (Grillo 1992, 151).
14 Per cui cf. specialmente Falcone 2019 e 2022; Aricò 2022, 26 ss. e c.s.
12
154
Giuseppe Aricò
mento d’amore: come il tristis Achilles ovidiano, che fertur [...] abducta
Lyrneside [...] / Haemonia curas attenuasse lyra (trist. 4, 1, 15 s.). Un
altro tassello – se si accettano le precedenti argomentazioni – della nuova caratterizzazione in chiave antieroica dell’ethos del personaggio che
si afferma a Roma, in particolare a partire dall’età augustea15.
3. Tacita nox
L’impianto narrativo della Doloneia, nell’IL (vv. 696-740), si mantiene
nel complesso fedele a quello omerico, ma con alcune novità determinate prevalentemente dall’esigenza di ridurre l’estensione del racconto.
E tuttavia la narrazione ha un’incisività non minore che nell’originale,
che si esplica ancora una volta nell’indulgenza al pathos e si avvale del
ricordo di Ovidio (in particolare met. 13, 241 ss.) e dell’episodio virgiliano della sortita notturna di Eurialo e Niso (Aen. 9, 314 ss.), già a sua
volta ispirato a Omero16.
Ma non si tratta soltanto della ripresa di moduli narrativi e di movenze descrittive; non meno significativi si rivelano alcuni richiami allusivi non contraddistinti da manifesta evidenza. Mi riferisco, in particolare, all’inizio del racconto (vv. 696 ss.):
Alterius tenebrae tarde labentibus astris
...................................
restabatque super tacitae pars tertia noctis,
cum Danaum iussu castris Aetolius heros
egreditur sociumque sibi delegit Ulixem,
qui secum tacitae sublustri noctis in umbra
scrutetur studio quae sit fiducia Troum
quidve agitent quantasve parent in proelia vires.
700
I primi due versi – il cui senso non è compromesso dalla probabile lacuna intermedia17 – ripetono, con una precisione non abituale nell’ope-
15 Si vedano, in particolare, Rosati 1991, 108-11; Rosati 1999, 149-52; Fantuzzi 2012, part.
133-73; Degl’Innocenti Pierini 2018.
16 Cf. Tilroe 1939, 383-9; Scaffai 1997, 349-59; Venini 1989, 324 n. 2; Galasso 2022, 205 s.
(anche per altri spunti da passi diversi delle Metamorfosi).
17 Individuata da Vollmer 1913a, 96 e 1913b in apparato. Grillone 1992, 43 s. difende il testo
tràdito, adducendo argomenti apprezzabili ma non decisivi.
Note sull’Ilias Latina
155
ra18, l’indicazione omerica dell’ora notturna (K 251 ss.):
«ἀλλ᾽ ἴομεν· μάλα γὰρ νὺξ ἄνεται, ἐγγύθι δ᾽ ἠώς·
ἄστρα δὲ δὴ προβέβηκε, παρῴχηκεν δὲ πλέων νὺξ
τῶν δύο μοιράων, τριτάτη δ᾽ ἔτι μοῖρα λέλειπται».
In Omero si tratta di una considerazione di Odisseo, in risposta a Diomede; l’autore latino la trasferisce al primo livello della narrazione. Ma
egli non rinunzia a inserire, in un contesto di permanente fedeltà all’originale greco, una iunctura, tacitae [...] noctis, frequente nel lessico latino, in particolare poetico19. Che tacita qui non sia un attributo accessorio, né tanto meno una zeppa, è provato dal fatto che il termine ritorna
dopo appena tre versi (la ripetizione ha chiaramente una funzione espressiva), in un contesto semanticamente significativo, profondamente
innovativo rispetto al testo greco. Nell’Iliade, infatti, la notte in cui Diomede e Odisseo si accingono alla loro impresa è detta, per due volte, nera, tenebrosa: la prima, quando Atena manda loro (τοῖσι [...] ἧκεν) un
airone, ed essi οὐκ ἴδον ὀφθαλμοῖσι / νύκτα δι᾽ ὀρφναίην, ἀλλὰ κλάγξαντος ἄκουσαν (K 274 ss.); la seconda dopo la preghiera di Odisseo
alla dea, quando βάν ῥ᾽ ἴμεν ὥς τε λέοντε δύω διὰ νύκτα μέλαιναν / ἂμ
φόνον, ἂν νέκυας, διά τ᾽ ἔντεα καὶ μέλαν αἷμα (vv. 297 s.). Nell’IL è
mantenuta la notazione relativa all’oscurità della notte (noctis in umbra),
ma questa è rischiarata da un fioco barlume di luce (sublustri).
Siamo in presenza – è facile osservazione – di una raffinata rielaborazione di spunti tratti dall’episodio virgiliano di Eurialo e Niso. Non soltanto, all’inizio di questa pagina, i due giovani noctis [...] per umbram /
castra inimica petunt (9, 314 s.), ma è sublustri noctis in umbra (v. 373)
che l’elmo di Eurialo, lampeggiando, richiama l’attenzione della schiera
nemica guidata da Volcente. E non basta: io credo che nella ristrutturazione, attuata nell’epitome, del materiale omerico sia confluito – non
soltanto come semplice riecheggiamento20 – un altro suggerimento virgiliano, quello del celebre (e discusso) tacitae per amica silentia lunae
18 Probabilmente, come argomenta Reitz 2022, 71, «angesichts der Bedeutung und des Umfangs dieser Szene». Si veda anche Broccia 1992, 126 n. 86.
19 Mi limito a ricordare, anteriori all’IL, Tib. 1, 6, 6; 1, 8, 18; Ov. epist. 18, 78; fast. 2, 552; 4,
651 s.; met. 9, 474. Iuncturae analoghe: Ov. Ib. 153; nell’IL: 157; 718.
20 Piuttosto timida l’esegesi di Scaffai 1997, 350: «La presenza dell’agg. tacitus rimanda forse
ad un’analoga situazione virgiliana, il famoso tacitae per amica silentia lunae...».
156
Giuseppe Aricò
(Aen. 2, 255)21 che contrassegna il viaggio notturno dell’Argiva phalanx
e il compimento del destino di Troia. Pure in questo caso le analogie
contestuali tra i due brani non mancano, anche se sono meno esplicite: in
entrambi i testi sono i Greci che costituiscono la parte attiva e hanno la
meglio, e l’ambientazione notturna non è un fatto marginale nella strutturazione della vicenda. Che in quest’ultimo brano, poi, tacita sia la luna
e non la notte non fa, credo, molta differenza; e non mi pare, al riguardo,
di scarso interesse la chiosa di Servio, secondo il quale il termine luna
indicherebbe, more poetico, la notte22. In ogni caso, i due riferimenti a
Virgilio (il primo, a Aen. 9, 373, una citazione letterale, e quindi sicuro;
il secondo, a 2, 255, una probabile allusione) assumono un significato
che non è solo quello della ripresa di un modulo espressivo. Il debole
chiarore lunare e il silenzio notturno sono la circostanza che, nella ottimistica previsione di Diomede e dei Greci, favorirà il successo della sortita greca; ma sono anche la condizione nella quale, in momenti distinti e
in forme diverse, si matura il tragico destino della stirpe troiana: un richiamo sottile e velato, ma non meno significativo di altri più espliciti,
che aiutano a interpretare questa ‘romana’ trasposizione del carme
omerico.
Bibliografia
Aricò 2022: G. Aricò, Zur Struktur und Erzähltechnik der Ilias Latina, in Falcone-Schubert 2022, 14-38.
Aricò c.s.: G. Aricò, Exitium Troiae funestaque flamma. Il personaggio di Paride nell’Ilias Latina, in corso di stampa.
Baehrens 1881: Poetae Latini minores, recensuit et emendavit Ae. Baehrens,
III, Lipsiae 1881.
Broccia 1988: G. Broccia, L’Omero latino ovvero l’infedeltà programmatica.
Nota a IL 252-343, «Euphrosyne» n.s. 16, 1988, 169-81.
Broccia 1992: G. Broccia, Prolegomeni all’Omero latino, Macerata 1992.
Casali 2019: Virgilio, Eneide 2, Introduzione, traduzione e commento a cura di
S. Casali, Pisa 20192 (20171).
Degl’Innocenti Pierini 2018: R. Degl’Innocenti Pierini, Le Troiane contro Ovidio: a proposito di Seneca Troades 830-835, in Novom aliquid inventum.
21 La bibliografia è molto ampia; si vedano le note ad l. in Fo-Giannotti 2012 e Casali 2019,
con altri riferimenti.
22 In questa direzione, anche se inaccettabile, la correzione di lunae in noctis proposta da Giardina 2006.
Note sull’Ilias Latina
157
Scritti sul teatro antico per Gianna Petrone, a cura di M.M. Bianco, A.
Casamento, Palermo 2018, 123-41.
Doering 1884: R. Doering, De Silii Italici epitomes re metrica et genere dicendi, Diss. Argentorati 1886.
Falcone 2019: M.J. Falcone, Matrone troiane? Sulla caratterizzazione di Ecuba
e Andromaca nell’Ilias Latina, «RPL» 42, 2019, 152-62.
Falcone 2022: M.J. Falcone, Il modello nel modello. Intertesti integrati
nell’Ilias Latina (vv. 611-613), «Maia» 74, 2022, 121-6.
Falcone-Schubert 2022: Ilias Latina. Text, Interpretation, and Reception, Ed.
by M.J. Falcone, Ch. Schubert, Leiden-Boston 2022.
Fantuzzi 2012: M. Fantuzzi, Achilles in Love. Intertextual Studies, Oxford
2012.
Fo-Giannotti 2012: Publio Virgilio Marone, Eneide, Traduzione e cura di A.
Fo, Note di F. Giannotti, Torino 2012.
Galasso 2022: L. Galasso, Baebius’ Ovid, in Falcone-Schubert 2022, 194-210.
Giardina 2006: G. Giardina, Verg. Aen. 2, 255: una «crux» esegetica o una
«crux» testuale?, «QUCC» 83, 2006, 93-5.
Grillo 1992: A. Grillo, Quando l’eroe si consola con la musica e col canto. Ricorrenze tematico-espressive e testo di Il. Lat. 586, in Miscellanea di studi
in onore di A. Salvatore, Napoli 1992, 145-52.
Grillone 1992: A. Grillone, Sur quelques points controversés de l’Ilias Latina
de Baebius Italicus, «RPh» 66, 1992, 37-52.
Hardie-Chiarini 2015: Ovidio, Metamorfosi, VI, Libri XIII-XV, a cura di Ph.
Hardie, traduzione di G. Chiarini, Milano 2015.
La Penna 1987: A. La Penna, Vidi: per la storia di una formula poetica, in A.
Bonanno-H.C.R. Vella (eds.), Laurea corona. Studies in Honour of Edward
Coleiro, Amsterdam 1987, 99-119.
Plessis 1885: Italici Ilias Latina, edidit, praefatus est, apparatu critico et indice
locuplete instruxit F. Plessis, Paris 1885.
Reitz 2022: Ch. Reitz, Bauform in der Kürze: Zum Umgang mit epischen
Strukturen in der Ilias Latina, in Falcone/Schubert 2022, 67-82.
Rosati 1991: G. Rosati, Protesilao, Paride e l’amante elegiaco: un modello omerico in Ovidio, «Maia» n.s. 43, 1991, 103-14.
Rosati 1999: G. Rosati, La boiterie de Mademoiselle Élégie: un pied volé et
ensuite retrouvé (les aventures d’un genre littéraire entre les Augustéens et
Stace), in J. Fabre-Serris-A. Deremetz (éds.), Élégie et épopée dans la poésie ovidienne (Héroïdes et Amours). En hommage à Simone Viarre, Lille
1999, 147-63.
Scaffai 1997: Baebii Italici Ilias Latina, Introduzione, edizione critica, traduzione italiana e commento a cura di M. Scaffai, Bologna 19972 (19821).
158
Giuseppe Aricò
Tilroe 1939: W.A. Tilroe, The Ilias Latina: a Study of the Latin Iliad, Including
Translation, Commentary, and Concordance, Diss. University of Southern
California 1939.
van Thiel 2010: Homeri Ilias, iterum recognovit H. van Thiel, Hildesheim
20102 (19961).
Venini 1989: P. Venini, Fedeltà e infedeltà a Omero nell’Ilias Latina, «RFIC»
117, 1989, 316-24.
Vollmer 1913a: F. Vollmer, Zum Homerus latinus. Kritischer Apparat mit
Commentar und Überlieferungsgeschichte, München 1913.
Vollmer 1913b: Poetae Latini minores, post Ae. Baehrens iterum recensuit F.
Vollmer, II 3. Homerus Latinus, Lipsiae 1913.
Indice
Enrico Maria Ariemma, Valentino D’Urso e Nicola Lanzarone
Premessa
7
Mario Lentano
Il carme della tromba. Piccola nota enniana
9
Giacomo Amilcare Mario Ranzani
Prudentia in Virgilio: osservazioni attorno a due loci virgiliani
(georg. 1, 416; 2, 315)
17
Sergio Casali
La rabbia di Scilla e i massi dei Ciclopi (Aen. 1, 200-3)
27
Crescenzo Formicola
Verg. Aen. 1, 380a: un tibicen?
39
Giuseppe Ramires
Un personaggio dal gusto elegiaco nell’epica virgiliana:
Coroebus
49
Antonella Borgo
Percorsi eroici in terra flegrea: da Virgilio a Silio Italico
59
Charles Guittard
Un unicum chez Virgile (Enéide 8, 290-305): l’institution
des Saliens et l’hymne à Hercule
71
Andrea Cucchiarelli
Il futuro secondo Vulcano. Il mare, Augusto (e Marte)
sullo scudo di Enea
85
642
Christiane Reitz
«arma, arma» loquuntur. Rüstung und Genre bei Ovid
und Statius
99
Luciano Landolfi
Atlante e i suoi volti: il caso ‘inquietante’ delle Metamorfosi
ovidiane
115
Luigi Galasso
Elementi ovidiani in Ovidio (?): appunti sull’episodio del lupo
in Metamorfosi 11
131
Annemarie Ambühl
Von Fischen und Menschen – eine Interpretation des Ovid
zugeschriebenen Epos Halieutica
141
Giuseppe Aricò
Note sull’Ilias Latina
149
Maria Jennifer Falcone
Achille tra lutto e vendetta: alcune considerazioni
sui vv. 841-53 dell’Ilias Latina
159
Arturo De Vivo
L’Aetna tra epica didascalica e Ovidio
169
Valentino D’Urso
Lingua e stile del Bellum civile di Lucano: i nomina agentis
181
Nicola Lanzarone
Appunti sulla sintassi di Lucano: la struttura del periodo
195
Claudio Buongiovanni
La guerra civile come rabies: un precedente ‘trascurato’
di un’immagine lucanea
203
Francesca Romana Berno
Lussi epici: luxus e luxuria nella Pharsalia di Lucano
211
643
Lucio Ceccarelli
La costruzione metrica del proemio di Lucano (1, 1-66)
223
Matthias Heinemann e Christine Walde
Guerra civile, catastrofe cosmica. A proposito di Lucano,
Bellum Civile 1, 67-86
235
Alfredo Casamento
«Anche voi, bardi…». Voce del narratore, funzione della poesia
in Lucan. 1, 447-9
247
Flaviana Ficca
Il nefas impunito: Cesare nel bosco di Marsiglia
(Lucan. 3, 399-452)
261
Paolo Asso
Out of Africa One More Time
275
Emanuele Berti
Un’allusione a Cicerone poeta nel quinto libro di Lucano
287
Giulio Celotto
Lucan’s Erictho: The plus quam Witch
297
Marco Fucecchi
Diffrazioni omeriche e sviluppi tragici nell’epos di Lucano:
un esempio
311
Ludovico Pontiggia
Pompeo a Mitilene. Riflessioni sull’epica dei vinti di Lucano
321
Fabrice Galtier
Le personnage de Lucius Septimius dans la Pharsale de Lucain
333
Rita Degl’Innocenti Pierini
Cornelia in Lucano fra tragedia e ‘romanzo’ (a proposito di
Bellum civile 9, 101-16)
341
644
Eleonora Tola
Illusorietà e stravolgimento nella Pharsalia di Lucano: il pianto
di Cesare (9, 1032-108)
353
Marco Fernandelli
Un caso notevole di imitatio Vergilii nelle Argonautiche di
Valerio Flacco (6, 182-8)
365
Kyle Gervais
Abridge Over Troubled Waters: Catullus’ Ariadne, Virgil’s
Dido, and the Abridging Allusions of Statius, Thebaid 12
383
François Ripoll
Présence de Lucain dans l’Achilléide de Stace
393
Enrico Maria Ariemma
Tra vino e fuoco, tra lupi e pastori. Rifrazioni del mito
di Falerno nei Punica
403
Fabio Gasti
Pratica di scuola e memoria letteraria nel De ave phoenice
(a margine dei vv. 15-20)
417
Paolo Mastandrea
Gerolamo poeta profano, traduttore ‘formulare’
427
Andrea Balbo
Tracce di Lucano in Macrobio
437
Francesco Berardi
Evidenza e pathos in Virgilio alla luce di Macrobio, Sat. IV
445
Umberto Roberto
Saul, praefectus gentis Alanae? Una congettura a Claudiano,
De bello Gothico 583, tra filologia e storia
455
Grazia Maria Masselli
Il volto del dio. Percorsi di esegesi virgiliana
467
645
Marisa Squillante
Il carmen heroum nella letteratura serviana
483
Massimo Gioseffi
Prudentia nelle note di Servio a Virgilio
493
Marco Onorato
Dal Golgota alla fonte di Narciso. Una nota sul sostrato epico
del De ligno crucis pseudo-ciprianeo
505
Francesco Pacia
Echi lucanei nella tempesta di Paolo dell’Historia apostolica
di Aratore
515
Rosa Maria Lucifora
Gesta di Romilda, traditrice della Patria (ad Paul. Diac.
H.L. 4, 37)
527
Alessio Mancini
Due note critico-esegetiche ai Commenta Bernensia
(ad Lucan. 6, 57; 4, 338)
539
Florian Barrière
Les citations de Lucain dans les Glosule super Lucanum
d’Arnoul d’Orléans
549
Edoardo D’Angelo
Lucano alle Crociate
559
Luigi Piacente
Un paraesametro ritrovato
567
Giancarlo Abbamonte e Fabio Stok
Il commento all’Eneide del Vat. lat. 2739
571
Stefano Poletti
Epic-satiric civil wars. Petronius and Lucan in the work of
John Barclay
595
646
Markus Kersten
Erichtho entfernt sich. Ihr Verschwinden bei Goethe und Lucan
607
Sergio Audano
Manzoni, Lucano e il poema epico storico latino
617
Raffaella Tabacco
Valerio Flacco duriusculus poeta e la spedizione… dei Mille.
Il riuso faldelliano delle Argonautiche
629
Edizioni ETS
Palazzo Roncioni - Lungarno Mediceo, 16, I-56127 Pisa
info@edizioniets.com - www.edizioniets.com
Finito di stampare nel mese di novembre 2023