Academia.eduAcademia.edu

Mommsen èdito in Italia

mommseniane, non possono in alcun modo esser considerati alla stregua di pubblicazioni, essendo tali lettere, negli intendimenti dell'autore, rivolte a una fruizione privata.

Oliviero Diliberto Mommsen èdito in Italia in Theodor Mommsen e l’Italia, Atti dei Convegni Lincei (Roma, 3-4 novembre 2003), Roma, 2004, pp. 139 – 167 1. Giova, innanzi tutto, circoscrivere l’ambito di questo mio contributo Ringrazio vivamente la dr.ssa Silvia Segnalini, dottoranda in diritto romano presso l’Università di Roma “La Sapienza”, per il prezioso contributo offerto alle ricerche bibliografiche – tutt’altro che agevoli, come si comprenderà appresso – che sono alla base di questo contributo., precisarne confini e limiti, individuarne gli obiettivi. Analizzerò, infatti, le sole pubblicazioni di Theodor Mommsen èdite in Italia: sia quelle scritte dall’autore per essere stampate direttamente nel nostro Paese, in riviste o monografie, sia quelle – già apparse altrove – tradotte per la fruizione del pubblico italiano, quello specialistico e/o quello più vasto. Si escluderanno pertanto dall’analisi quegli scritti mommseniani che, pur pubblicati in Italia, non possono essere, a rigore, considerati come rivolti alla pubblicazione: penso, innanzi tutto, alle numerosissime lettere indirizzate dallo studioso ai suoi molteplici interlocutori italiani. Moltissimi – e sparsi, ben lungi dall’aver avuto una sistematica raccolta (come pure in parte si sta incominciando encomiabilmente a fare M. BUONOCORE, Theodor Mommsen e gli studi sul mondo antico. Dalle sue lettere conservate nella Biblioteca Apostolica Vaticana, Napoli 2003. In verità, negli anni passati non erano certo mancate raccolte di epistolari mommseniani intercorsi con taluni personaggi italiani o concernenti singoli territori. Cfr., a titolo di mero esempio, nell’ambito di una bibliografia sterminata e assai frammentaria, C. ZAGHI (a cura), Lettere inedite di Teodoro Mommsen intorno ad epigrafi ferraresi, in Civiltà moderna, 3 (1931), 1182 ss.; Alcune lettere di Th. Mommsen su epigrafi romane dell’Agro Novarese, pubblicate da A. VIGLIO, in Boll. Sez. Novara della R. Deputazione di Storia Patria, 29.4 (1938); C. BASSI (a cura), Lettere inedite di Theodor Mommsen a corrispondenti trentini, in Atti dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti, 155 (1996-97), 72 ss.; ed il recentissimo A. CERNECCA, Theodor Mommsen e Tomaso Luciani. Carteggio inedito (1867 – 1890), in Atti del Centro di Ricerche Storiche di Rovigno, 32 (2002), 9 ss. Né sono mancate raccolte di epistolari rivolti al Mommsen (ad es., Lettere di Giacomo Lumbroso a Mommsen, Pitrè, Breccia (1869 – 1925), a cura di M. MARONI LUMBROSO, Firenze 1973). Ma manca a tutt’oggi uno scandaglio sistematico dell’epistolario – intrinsecamente assai arduo – anche solo in relazione al materiale raccolto in singole biblioteche. ) – sono infatti i documenti epistolari di Mommsen indirizzati in Italia, molti dei quali sicuramente ancora inediti Io stesso ne ho ultimamente rintracciato e pubblicato un esemplare di un qualche interesse scientifico: cfr. O. DILIBERTO, Una lettera inedita di Theodor Mommsen, in Athenaeum, 91 (2003), 545 ss. La presenza di documentazione ancora largamente inedita concernente il (densissimo) epistolario mommseniano da e verso l’Italia è agevolmente testimoniata anche solo attraverso una sommaria indagine a campione svolta su alcuni cataloghi dei fondi delle biblioteche del nostro Paese. A mero titolo d’esempio, basti qui ricordare – per l’intrinseco prestigio culturale dell’istituzione – l’Archivio F. Barnabei (n. 629), donato a suo tempo alla Biblioteca della Scuola Normale Superiore, nel quale si conservano diverse lettere del Mommsen: cfr. S. DI MAJO et al. (a cura), Guida ai fondi speciali delle biblioteche toscane, Firenze 1996, 188 ss.. Ma essi, anche quando, a posteriori, ricompresi in raccolte epistolografiche mommseniane, non possono in alcun modo esser considerati alla stregua di pubblicazioni, essendo tali lettere, negli intendimenti dell’autore, rivolte a una fruizione privata. Si farà invece eccezione per alcune tipologie di lettere. Non poche di esse, infatti, – come si vedrà nel corso di questa disamina – sono state pubblicate (per il loro intrinseco valore, vivo l’autore), come veri e propri contributi scientifici in riviste o raccolte di scritti. Altre lettere, invece, sono poste a guisa d’introduzione, d’appendice – o d’altro – nell’ambito di volumi della più diversa natura: e, pur non potendosi sapere (almeno il più delle volte) in quale misura tale forma di utilizzo dell’epistolario mommseniano fosse o meno autorizzato dall’autore, tuttavia non si può negare che le medesime lettere siano così diventate parte di pubblicazioni a stampa: delle quali, dunque, dar conto. Peraltro, sia detto di sfuggita, la circostanza che l’epistolario mommseniano relativo e indirizzato all’Italia esuli dagli intendimenti di questo mio contributo, nulla toglie all’intrinseca rilevanza di tale materiale documentale ai fini della ricostruzione della personalità e della stessa opera dello studioso: il che vale a perorarne anche la sistematica ed ordinata raccolta, e la relativa analisi; e ciò vale non solo per l’Italia, poiché anche in Germania – a fronte di non poche pubblicazioni parziali Cfr. le indicazioni bibliografiche contenute in BUONOCORE, Theodor Mommsen cit., 37 nt. 57., peraltro disperse in mille rivoli – manca ad oggi un epistolario mommseniano che abbia l’ambizione della sistematicità e della completezza. Ancora. La scelta del titolo di queste pagine vale a circoscriverne l’ambito sotto un diverso profilo: non affronterò infatti in alcun modo il tema – rilevantissimo – dell’influenza che l’opera mommseniana ha avuto sulla comunità scientifica del nostro Paese. Enorme – la parola non sembri esagerata – è infatti il debito che le scienze storiche, quelle storico-giuridiche, filologiche, epigrafiche, archeologiche e non solo, hanno contratto verso l’opera mommseniana e sarebbe impossibile anche semplicemente tentare di incominciarne una seria ricognizione. Non mi occuperò, quindi, né degli studi apparsi in Italia in relazione all’opera di Theodor Mommsen nelle sue diverse articolazioni, né della ricca – per quanto anch’essa dispersa e frammentaria – documentazione concernente i viaggi La bibliografia è sterminata e assai frammentaria, intrecciata alla memorialistica, la storia locale, l’aneddotica: una prima indicazione della letteratura in BUONOCORE, Theodor Mommsen cit., 33 nt. 54; da ultimi, a titolo di mero esempio, tra i più recenti contributi pubblicati, v. A. DI IORIO (a cura), Theodor Mommsen nel Sannio antico (Atti convegno di studi, Pietrabbondante, 7 novembre 1998), Roma 1999; F. ULIANO, Theodor Mommsen, Premio Nobel nel 1902. Dagli studi sul Sannio alla battaglia di Canne, in Novecento Molisano. Vicende e personaggi, a cura di M. GIOIELLI, Campobasso 2001; P. BUCHNER, Ospite a Ischia. Lettere e Memorie dei secoli passati [1968], trad. ital. N. Luongo, Ischia 2002; M. PAOLETTI, Vito Capialbi (1790 – 1853) e le antichità di Vibo Valentia, in ID. (a cura),Vito Capialbi. Scritti, Vibo Valentia 2003, XIV e ivi nt. 25. nel nostro Paese (con un’eccezione di cui dirò più avanti Cfr. infra § 13.), l’intenso lavoro di organizzazione culturale in esso svolto, le innumerevoli richieste di materiale rivolte ai suoi corrispondenti italiani, specialmente bibliografico Soprattutto dopo l’incendio della biblioteca del 1880 (cfr. W. Sühlo, Handwerkszeug und Mithos. Über das Schicksal der Bibliothek von Theodor Mommsen, in Die besondere Bibliothek. Oder die Faszination von Büchersammlungen, Hg. v. A. JAMMERS et al., München 2002, 205 ss.; O. DILIBERTO, La biblioteca stregata2, Roma 2003 (terza ristampa) , spec. 11 ss. e ivi letteratura). ed epigrafico; né mi occuperò dei molteplici rapporti personali o accademici intercorsi tra il medesimo Theodor Mommsen e personaggi più o meno influenti del nostro Paese. La mia analisi, invece, sarà concentrata sul (solo apparentemente) più ristretto tema della presenza dell’opera di Mommsen nell’editoria italiana, quella scientifico-specializzata e quella rivolta al più largo pubblico: il che comporterà anche, come si vedrà, una pur sommaria disamina del rapporto tra l’autore in esame ed alcune istituzioni culturali del nostro Paese (riviste, istituti, accademie, etc.), nonché una qualche digressione sulle scelte di politica culturale delle nostre case editrici. Si tratterà, dunque, anche di un’indagine concernente la circolazione delle opere storiche presso il pubblico italiano colto, i suoi gusti, le sue diverse tendenze: ciò evidenzierà, peraltro, come la pubblicazione delle ricerche di Mommsen in Italia è stata, in più di un’occasione, tutt’altro che “neutra”, ma che, anzi, essa è stata spesso correlata con la temperie culturale e il complessivo contesto politico delle diverse fasi della storia italiana, dall’Unità sino ai giorni nostri: come se, parlando di Mommsen, si parlasse di noi, di un pezzo di storia italiana. 2. Ripercorrere ed analizzare la copiosa bibliografia mommseniana apparsa in Italia, ne presuppone la raccolta: il che è, intrinsecamente, tutt’altro che semplice. Mommsen pubblica, infatti, nel corso della propria esistenza, con regolarità, ma anche con altrettanta generosità – non di rado in riviste locali ed assai periferiche – i propri lavori scientifici. Il che comporta la consapevolezza che, se l’obiettivo dell’indagine resta pur sempre quello della completezza bibliografica, quest’ultima, ahimè, rappresenta invece mito inarrivabile di ogni bibliografo O. DILIBERTO, Bibliografia ragionata delle edizioni a stampa della legge delle XII Tavole (secoli XVI – XX), Roma 2001, 18.. A dimostrazione di ciò, basti segnalare che buona parte delle pubblicazioni che si analizzeranno non sono state ricomprese nella pur imponente raccolta degli scritti mommseniani apparsa in otto volumi a Berlino tra il 1905 e il 1913. Giova, dunque, innanzi tutto, analizzare i titoli mommseniani apparsi nel nostro Paese durante la vita del grande studioso. In primo luogo, dunque, è da sottolineare l’intensa collaborazione mommseniana all’attività ed alle pubblicazioni dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica di Roma Sugli interventi di Mommsen presso l’Istituto, v. le parole suggestive pronunciate, in occasione della scomparsa dello studioso, da A. ZOCCO-ROSA, Teodoro Mommsen nella storia civile e giuridica di Roma, in Annuario dell’Istituto di Storia del Diritto Romano della R. Università di Catania, 9 (1904), 5 ss., spec. 6 nt. 2.. Fondato nel 1829 da un gruppo di studiosi provenienti, per lo più, dall’Europa centro-settentrionale (autodefinitisi “Iperborei”), guidato da Friedrich Wilhelm Eduard Gerhard (1795 – 1867) Sull’insigne studioso, v. ultimamente BUONOCORE, Theodor Mommsen cit., 40 s. nt. 62. Sul rapporto con l’Instituto, v. E. GERHARD, Rapporto intorno all’Instituto di corrispondenza archeologica del segretario dirigente, Roma 1934; ID., Notice sur l’Institut de correspondance archéologique, Rome 1840; sull’Instituto e le sue pubblicazioni, cfr. Repertorio universale delle opere dell’Instituto archeologico: ne sono apparse non poche edizioni, scaglionate in relazione ai diversi lustri di attività (1829-1833, conservato negli Annali dell’Instituto medesimo, 5 (1833), 369 ss.; poi, con pubblicazione autonoma, 1834-1843;1844-1853; 1857-1863; 1864-1873; 1874-1885; supplemento 1891)., l’Instituto ha rappresentato – per la mole della produzione scientifica e per la vastità degli interessi – una tra le accademie culturali di maggior rilievo nella Roma dell’Ottocento. Mommsen collabora alle pubblicazioni dell’Instituto con regolarità ed intensità, sin da quando svolse il primo suo viaggio in Italia (incominciato, come si sa, nel 1844): tanto da potersi ricavare, attraverso il Diario tenuto dallo studioso nel corso del viaggio medesimo, preziose indicazioni proprio in relazione alle ricerche che andava pubblicando nelle collane dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica Cfr. infra § 13.. La sua produzione, di natura ed impegno diversi, copre praticamente tutto l’arco di vita dell’istituzione culturale in esame e proseguirà, scomparso l’Instituto, attraverso la collaborazione con la rivista dell’Imperiale Istituto Archeologico Germanico di Roma Dal Bullettino degli Annali dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica: Dissertazione topografica sulla posizione del Comizio (Adunanza del 31 gennaio 1845), II, febbraio 1845, 17-18; Discorso intorno de’ posti ov’erano già fissate in Roma le honestae missiones (letto nell’adunanza intitolata al Natale di Roma 1845), VII, luglio 1845, 119-127; De testamenti ad praetorem allati imagine in anaglypho Columnensi, VII, luglio 1845, 141-144; Osservazioni sul bronzo capitolino de’ sedici vigili, IX, novembre 1845, 193-197; Osservazioni sui fasti sacerdotali di Boville (Adunanza del 4 aprile 1845), IV, aprile 1845, 51; Intorno una iscrizione del chiostro di S. Paolo fuori le mura (Adunanza solenne pel natale di Winckelmann 1845), XII, dicembre 1845, 229-232; G. Henzen - Th. Mommsen – M. T. P., recensiscono: Antichità dei Liguri bebiani, raccolte e descritte dal P. Raffaelle Garrucci della C. d. G., Napoli, 1845, 8° pp. 50 con sei tavole in litografia, V, maggio 1845, 81-94; Th. Mommsen presenta: Urlichs, La Topografia romana in Lipsia (Adunanza del 18 aprile 1845), VI, giugno 1845, 98; Th. Mommsen recensisce: G. Minervini, L’antica lapida napolitana di Tettia Casta a miglior lezione ridotta ed illustrata, Napoli, Tramater, 1845, pp. 62, 8°, XI, novembre 1845, 206-208; Th. Mommsen presenta uno scarabeo in corniola proveniente da Sageste (Adunanza del 3 aprile 1846), VII, luglio 1846, 104; Th. Mommsen mostra lo zolfo dell’unico denaro aureo sannitico (Adunanza del 20 marzo 1846), VII, luglio 1846, 99; Notizia intorno le iscrizioni del teatro e dell’anfiteatro di Siracusa (Adunanza del 6 febbraio 1846), VI, giugno 1846, 84; Th. Mommsen presenta delle ghiande scritte di terra cotta forse deputate al petalismo, provenienti dalla Sicilia (Adunanza del 16 gennaio 1846), V, maggio 1846, 70; Th. Mommsen presenta i calchi dell’iscrizione della statua d’Ercole pompeiana già del principe S. Giorgio e un frammento del celebre calendario numano scoperto nel R. Museo Borbonico (Adunanza del 30 gennaio 1846), V, maggio 1846, 78-80; Th. Mommsen presenta un’iscrizione osca di Messina (Adunanza del 2 gennaio 1846), V, maggio 1846, 67; Lapida mamertina, X, ottobre 1846, 149-156; Th. Mommsen presenta un gesso cavato da pietra ovale tempestato di caratteri oschi, Museo S. Angelo (Adunanza del 16 gennaio 1846), V, maggio 1846, 72; Th. Mommsen presenta una collezione d’iscrizioni messapiche formata dal conte de’ Tommasi a Lecce (Adunanza del 13 marzo 1846), VI, giugno 1846, 95; Sull’alfabeto de’ Messapj e sopra alcune loro medaglie, XI, settembre 1846, 134-139; Th. Mommsen presenta un calco delle ultime parole della iscrizione sannitica pubblicata dal Cav. Avellino (Adunanza del 27 marzo 1846), VII, luglio 1846, 101; Th. Mommsen presenta un frammento di tavola di bronzo scoperto a Roma con iscrizione del secolo VI di Roma (Adunanza del 20 febbraio 1846), VI, giugno 1846, 87; Decreto municipale di Sora, III, marzo 1846, 42-45; Decreto venafrano. Da lettera del sig. dott. Mommsen al dottor Henzen, XI, novembre 1846, 164-166; Iscrizioni di Prezza, di Entrodacqua, dell’Anxanum Marsorum, di Sorrento, d’Isernia, XII, dicembre 1846, 179-184; Th. Mommsen recensisce: V. Capialbi, Vibonensium inscriptionum specimen, Neapoli, 1845, IX, settembre 1846, 143-144; Oskische Studien (studi sulla lingua osca), Berlin, 1845, III, marzo 1846, 45-48; Monumenti. A. Iscrizione inedita di Venafro. Da lettera del sig. Conte Borghesi al sig. dott. Mommsen; b. Nuova revisione della tavola alimentaria de’ Liguri Bebiani, I, gennaio 1847, 1-3 ; 3 - 8; Da lettera del sig. dott. Mommsen al dott. Henzen. Antichità di Benevento, II, febbraio 1847, 23-26; Sulla topografia degli Irpini, XI, novembre 1847, 161-174; Strada antica da Salerno a Nocera, XI, novembre 1847, 174-176; Th. Mommsen parla di ramificazioni di strade confuse colla via Appia (Adunanza del 26 marzo 1847), VII, luglio 1847, 127; Th. Mommsen mostra un frammento di anello d’argento con Achille ferito (Adunanza del 5 marzo 1847), VII, luglio 1847, 122; Th. Mommsen presenta una laminetta di bronzo con dedica fatta al Dio eterno (Adunanza del 29 gennaio 1847), VI, giugno 1847, 104; Correzioni al calendario di Amiterno, VI, giugno 1847, 108-109; Nuova revisione della tavola alimentaria de’ Liguri Bebiani, I, gennaio 1847, 3-8; Th. Mommsen mostra un’iscrizione graffita d’un ipogeo greco a Canosa (Adunanza del 5 marzo 1847), VII, luglio 1847, 122; Th. Mommsen mostra un epitaffio metrico di M. Pomponio Bassulo, di Grottaminarola (Adunanza dell’8 gennaio 1847), V, maggio 1847, 91-92; 94-95; Comunicazioni epigrafiche deì sigg. soci dell’Instituto nel regno di Napoli (da lettera del sig. Cremonese di Agnone, provincia di Molise, al dottor Mommsen), IX e X, settembre e ottobre 1847, 151-158; Th. Mommsen presenta iscrizioni napoletane (Adunanza del 12 febbraio 1847), VII, luglio 1847, 115; Th. Mommsen presenta un frammento di lapida venosina (Adunanza del 26 febbraio 1847), VII, luglio 1847, 118; Lapida di Eboli, VII, luglio 1847, 119-120; Th. Mommsen mostra una lapida con caratteri greci che compongono parole osche (Adunanza dell’8 gennaio 1847), V, maggio 1847, 92; Postille a due articoli del Bullettino 1846, II, febbraio 1847, 27; Th. Mommsen recensisce: Gervasio, Osservazioni sulla iscrizione onoraria di Mavorzio Lolliano in Pozzuoli, Napoli, 1846, 4° pp. 55, II, febbraio 1847, 27-32; Th. Mommsen presenta: Preller, Nuova edizione de’ Regionarj (Adunanza del 29 gennaio 1847), VI, giugno 1847, 104; Sulla topografia degli Irpini (continuazione dell’articolo interrotto nel foglio di novembre 1847), I, gennaio 1848, 4-13; Fasti anziatini del Museo Capitolino corretti dal Mommsen (lettera del sig. Conte B. Borghesi al sig. Conte Gio. Orti Manara), III, marzo 1848, 47; Sull’editto acquario venafrano, III, marzo 1850, 44-63; Sulle iscrizioni della Svizzera (lettera del sig. prof. Teodoro Mommsen al dott. G. Henzen), VII, luglio 1852, 99-107; Sulle iscrizioni della Svizzera, VIII, agosto 1852, 113-114; Sui governatori della Numidia e sui sexfascales e quinquefascales, XI, novembre 1852, 165-175; Iscrizione di Narbona (lettera del sig. prof. T. Mommsen al dott. G. Henzen), II, febbraio 1853, 27-32; Iscrizione di Giunone Sispita, X, ottobre 1853, 170-175; Alcune osservazioni sul ripostiglio di Carrara, da lettera di Teodoro Mommsen a G. Henzen, IV, aprile 1861, 78-80; Sul sacerdos Cabebis, in IX, settembre 1861, 205-207; Th. Mommsen (dalla corrispondenza col sig. Zobel), Ripostigli scoperti in Ispagna a Rosas, Liria e Castulone (Adunanza del 7 febbraio 1862), III, marzo 1862, 36-37; Th. Mommsen interviene sui ripostigli scoperti in Ispagna a Oliva; e sull’asse del dittatore sulla poss. dal sig. Lovatti (Adunanza del 28 marzo 1862), IV, aprile 1862, 56-57; Iscrizioni sulla via Appia (Adunanza del 14 marzo 1862), IV, aprile 1862, 52; Sulla silloge epigrafica dello Smezio, lettera del prof. T. Mommsen a G. Henzen, III, marzo 1862, 44-48; G. Henzen – Th. Mommsen, intervento su: Herzog, De quibusdam praetorum Galliae Narbonensis municipalium inscriptionibus dissertatio historica, Lipsiae, 1862, pp. 39, 8° (Adunanza del 14 marzo 1862), IV, aprile 1862, 53-54; Iscrizioni di Troesmis, XII, dicembre 1864, 260-263; Sulla tribunizia potestà di Traiano Decio (lettera di Teodoro Mommsen a G. Henzen), I, gennaio 1865, 27-31; Varietà epigrafiche (corrispondenza tra G. Henzen e Th. Mommsen), XII, dicembre 1865, 266-267; Inscription d’Antinoë, XI, ottobre-novembre 1866, 238-239; Osservazioni epigrafiche da lettera di T. Mommsen a G. Henzen, IV-V, aprile-maggio 1866, 127-128; Iscrizioni di Mitrovitz, V, maggio 1868, 141-143; Felc’ic’ – Mommsen, Lapide di Risano, VIII-IX, agosto-settembre 1868, 191-192; Iscrizione d’un marmo grezzo. Da lettera di T. Mommsen a G. Henzen, VI, giugno 1871, 159-160; Th. Mommsen interviene su un’iscrizione del foro romano ricordante il collegio de’ tibicini e Giove epulone; e su iscrizioni romane di provenienza incerta (rispettivamente: adunanza del 7 marzo 1873 e del 14 marzo 1873), IV, aprile 1873, 51-52; 53-55; G. B. de Rossi – Th. Mommsen intervengono su una tessera che serviva di sigillo con menzione d’un’arbitrix emboliarum (Adunanza del 28 marzo 1873), V, maggio 1873, 67-71; Le antiche lapidi di Aquileja pubblicate per Carlo D.r Gregorutti, iscrizioni inedite, Trieste, Jul. Dase., 1877, 8°, VIII-IX, agosto-settembre 1877, 189-192; Iscrizione di Terracina, III, marzo 1881, 63-64; Sopra un’iscrizione d’Amiens, VII, luglio 1881, 176; Un frammento della lex Tappula trovato a Vercelli (da lettera di T. Mommsen al r.mo P. Bruzza), VII e VIII, luglio e agosto 1882, 186-189; Alfabeto greco-italico primitivo del vaso Chigi, IV, aprile 1882, 91-96. Nel Bullettino apparvero anche le recensioni ad alcuni scritti mommseniani: Braun presenta nell’adunanza del 10 gennaio 1845: Th. Mommsen, Die roemischen Tribus in administrativer Beziehung, Altona, 1844, in 8°, I, gennaio 1845, 11-12; G. Henzen, recensione a: Th. Mommsen, I dialetti dell’Italia inferiore (die unteritalischen Dialekte), con 17 tavole e carte geografiche, Lipsia, 1850, 8° grande, X, ottobre 1850, 174-176; B. Borghesi, recensione a: Inscriptiones Regni Neapolitani latinae edidit Th. Mommsen, Lipsiae, 1852 fol. pagg. XXV, 486 et 40. Cum duabus tabulis geographicis. Sumptus facit Georgius Wigand. Neapoli prostat apud Albertum Detkon, VIII, agosto 1852, 116-122. Il Bullettino prosegue, dal 1886, come Mittheilungen des kaiserlich deutschen archaelogischen Instituts (roemische Abtheilung). In tale rivista, Mommsen pubblica: Miscellanea epigrafica. I e II, I, 1886, 253-254; Tre iscrizioni puteolane, III, 1888, 76-83; Miscellanea epigrafica, III, 1888, 312; Miscellanea epigrafica, IV, 1889, 172-174; Di una nuova silloge epigrafica del secolo XV, V, 1890, 85-91; I fasti dei sex primi ab aerario, VI, 1891, 157-162. Nelle Memorie dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica apparve, invece, De C. Caelii Saturnini titulo, II, 1865, 298-332. Infine, negli Annali del medesimo Istituto, appaiono, dello studioso tedesco: De Comitio Romano curiis Ianique templo, (I n.s.), 1844, 288-318; Iscrizioni marse (Tav. d’aggiunta B. C.), XVIII (III n.s.), 1846, 82-119; 356-357 (giunta a pp. 82 ss.); Iscrizioni messapiche (Tav. d’aggiunta B. C. D.), XX (V n.s.), 1848, 59-156; Lettera del sig. prof. Teodoro Mommsen al dott. G. Henzen (sulla tavola con iscrizione osca ritrovata in Agnone), XX (V n.s.), 1848, 414-429; Degli accensi velati, XXI (VI n.s.), 1849, 209-220; Inscriptions Antiques de Lyon, reproduites d’après les monuments ou recueillies dans les auteurs par Alph. de Boissieu, Lyon, imprimerie de Louis Perrin, 4°, 1846. Livraison 1-5, p. 1-532, XXV (X n.s.), 1853, 50-83; Sul fornice Fabiano. Lettera di T. Mommsen al sig. cav. G.B. de Rossi, XXX, 1958, 173-181; Sui modi usati da’ Romani nel conservare e pubblicare le leggi ed i senatusconsulti (con appendice: Il supposto tabularium a Roma), XXX, 1858, 181 – 206 (appendice: 206 – 212); Dell’arco Fabiano nel Foro. Al sig. prof. Teodoro Mommsen (lettera di G. B. de Rossi), XXXI, 1859, 307 – 325; Sopra alcuni ripostigli di denari romani scoperti nella Spagna, XXXV, 1863, 5-80; Lapidi latine del museo Blacas (Tav. d’agg. R.), XXXVII, 1865, 308-314; Iscrizione di Dojan, XL, 1868, 432-435. . La partecipazione mommseniana alle pubblicazioni e all’attività scientifica dell’Instituto è impressionante: si contano più di settanta contributi apparsi nel Bullettino (articoli scientifici veri e propri, presentazione di libri, segnalazioni di scoperte archeologiche o epigrafiche, lettere in esso riprodotte e così via), dieci articoli negli Annali ed uno nelle Memorie dell’Instituto medesimo. Tale collaborazione di Mommsen è dunque contrassegnata da una forte continuità e da una sodalitas che non ha paragoni con il resto della produzione scientifica – pur non trascurabile – che appare in altre collane e in diverse città. Egli si sente a pieno titolo parte di quella comunità di studiosi e non a caso è con molti di essi che stabilisce rapporti – come noto non facili per il nostro studioso – di amicizia e collaborazione sincera Cfr. G. SOMMO, Corrispondenze archeologiche vercellesi. Documenti per una lettura storica e territoriale delle collezioni archeologiche locali del Museo C. Leone, Vercelli 1994, 34 ss. . 3. Il resto della produzione mommseniana è invece sparso e frammentario. Si tratta di prefazioni I. ANGELIERI, Anticaglie che si trovano in Este, suo territorio e altrove, Cod. Vat. f. 1442 Ex libro antiquitatum marchionum de membrana et reperta in monasterio Carcerum, prefazione di T. Mommsen, Tip. G. B. Randi, Padova 1868; P. TAMPONI, Silloge epigrafica olbiense, con prefazione di Teodoro Mommsen e appendice di Ettore Pais, Stab. Tip. Giuseppe Dessì, Sassari 1895 (ristampa critica a cura di P. RUGGERI, Milano 1999): sulla figura di Tamponi, studioso locale, v. P. RUGGERI – G. KAPATSORIS, Pietro Tamponi (1850-1898), in Studi Sardi, 33 (2000), 99 ss.., appendici o contributi ad opere altrui (magari impiegandosi a tale scopo lettere mommseniane G. RAVIZZA, Catalogo primo del Museo Patrio di Suno ed Appendice alle Memorie Storiche del Cav. G. Ravizza; con spiegazioni ed osservazioni di T. Mommsen, Novara 1877; Th. MOMMSEN, Lettera, in Album Virgiliano XVII settembre MDCCCLXXXII, Reale Accademia Virgiliana di Scienze, Lettere e Arti, Prem. Stab. Tip. Mondovi, Mantova 1883.), scritti di diversa natura su iscrizioni scoperte in svariate parti del territorio della Penisola Th. MOMMSEN, La tavola clesiana di proprietà del signor Giacomo Moggio portante un editto dell’imperatore Claudio dell’anno 46 dopo Cristo, riguardante la cittadinanza romana degli Anauni, Tip. Monauni, Trento 1869; ID., Le tavolette pompeiane. Quietanze a L. Cecilio Giocondo, già apparso in Hermes 12 (1877), 88 ss., traduz. dell’avv. Dario Bertolini, riveduta dall’Autore, in Giornale degli Scavi di Pompei, 28 (1879), 69 ss. – comprendente anche un contributo (per la verità, ancora una volta, si tratta di una lettera) al Bullettino dell’Istituto di Diritto Romano dell’università di Roma Th. MOMMSEN, I. Sopra una iscrizione scoperta in Frisia. II. Nuovo esemplare dell’editto de accusationibus di Costantino (lettera del prof. T. Mommsen al prof. V. Scialoja), in Bullettino dell’Istituto di Diritto Romano, 2, fasc. 3-5 (1889), 129 ss. – necrologi per amici e colleghi carissimi Th. MOMMSEN, Giambattista de Rossi, in Minerva, 8.5 (novembre 1894), 436 ss.. Tra tali pubblicazioni, appaiono tuttavia alcuni lavori di grande significato. Sono scritti mommseniani assai conosciuti, sui quali peraltro si soffermeranno nel dettaglio altri relatori: per cui, mio compito, a questo punto, è solo quello di rammentarli, sottolineandone solo qualche singolo aspetto. La natura di tali pubblicazioni è assai diversa tra loro. In primo luogo, infatti, giova ricordare che appaiono in Italia scritti mommseniani squisitamente politici (per quanto ricchi di suggestioni culturali). E’ il caso, notissimo, delle lettere inviate dallo studioso in relazione al tema della guerra franco-prussiana del 1870, redatte con l’obiettivo – facendo egli leva sulla “naturale alleanza” tra il popolo italiano e quello tedesco – di garantire la neutralità dell’Italia nel conflitto Si tratta di tre lettere (luglio-agosto 1870) apparse originariamente, come noto, su periodici italiani e successivamente in volume (Th. MOMMSEN, Agli italiani, Civelli, Firenze 1870). : il che aveva anche implicato, nella logica dell’autore – come si sa –, una qualche concessione nazionalistica, per la quale si è giustamente parlato di una non risolta contraddizione all’interno del liberalismo tedesco Cfr. per tutti E. LEPORE, Theodor Mommsen, in Th. MOMMSEN, Le opere, Club degli Editori, Milano 1966, XLVI (su tale edizione, v. infra § 9). Interessanti osservazioni (e ripubblicazione delle lettere) in Theodor Mommsen, Lettere agli italiani (1870), con una nota di G. LIBERATI, in Quaderni di Storia, II. 4 (1976), 197 ss. (per il rapporto tra nazionalismo e liberalismo, cfr. 221 ss.).. Ancora. Appaiono in Italia le conclusioni di Mommsen in relazione alle false Carte d’Arborea Th. MOMMSEN, Relazione sui manoscritti di Arborea, Cellini, Firenze 1871 (ediz. orig. Bericht über die Handschriften von Arborea, von Th. MOMMSEN et al., Vogt, Berlin 1870). Lo studioso era stato infatti chiamato nel 1870 a far parte della Commissione d’inchiesta sulle Carte, e ciò rappresenta l’occasione, tra l’altro, nella quale il nostro autore può scagliarsi con il ben noto sarcasmo (e una non infrequente violenza verbale) contro alcuni studiosi sardi colpevoli di una negligenza e di una rozzezza culturale che Mommsen non perdona.. In esse, il nostro autore – che aveva compiuto importanti viaggi in Sardegna e ne conosceva approfonditamente le antichità romane (e il rapporto intenso con l’Isola, è testimoniato anche dalla sua prefazione alla Silloge epigrafica olbiense, a cura di P. Tamponi, del 1895 Cfr. supra nt. 14.) – scardina la veridicità delle Carte e dimostra anche la falsità grossolana (“ho dimostrato che sono false non solo, ma di origine recentissima, cioè foggiate nel secolo corrente”) delle iscrizioni latine in esse contenute: suscitando, peraltro, una furiosa reazione Sulla vicenda, v. oggi, per tutti, A. MASTINO – P. RUGGERI, I falsi epigrafici romani delle Carte d’Arborea, in L. MARROCU (a cura), Le Carte d’Arborea. Falsi e falsari nella Sardegna del XIX Secolo, Cagliari 1997, 221 ss. e ivi letteratura precedente.. Sono cose, ancora una volta, come si sa, notissime. Così come altrettanto nota – e, in questo caso, tanto più rilevante – è la pubblicazione da parte di Mommsen de I Commentarii dei Ludi secolari augustei e severiani scoperti in Roma sulla sponda del Tevere. Con una illustrazione di Teodoro Mommsen (Monumenti Antichi pubblicati per cura della R. Accademia dei Lincei, 1.3, Roma 1891): contributo che segnerà gran parte degli studi successivi in relazione a tale argomento. Non mi sembra, invece, inutile, spendere qualche parola in più in merito ad una discussione svoltasi sull’insegnamento della storia antica (nelle sue diverse articolazioni) nel nostro Paese, alla quale Mommsen prese attivamente parte. Il dibattito era stato aperta da G. C. Conestabile della Staffa con un articolo apparso nel 1873 sul primo numero della Rivista di Filologia e Istruzione Classica G. C. CONESTABILE DELLA STAFFA, Sull’insegnamento della scienza delle antichità in Italia, in Riv. Filol. e Istruz. Class., 1 (1873), 541 ss.. In esso, l’autore – protagonista in quegli anni nel panorama degli studi archeologici e (diremmo oggi) antichistici italiani Sull’autore, v. R. VOLPI, s.v. “Conestabile della Staffa Giovanni Carlo”, in DBI, 27 (1982), 768 ss. – lamentava un’inadeguata politica culturale e pedagogica da parte del ministero dell’istruzione, che avrebbe condotto, a suo dire, ad un disdicevole paragone con gli omologhi studi di Paesi europei (soprattutto Francia e Germania), ben più avanti del nostro nelle materie ricordate. A stretto giro, rispondeva, a ciò sollecitato, con una lettera tutt’altro che di circostanza, Theodor Mommsen: tale documento veniva riprodotto nel successivo numero della medesima rivista Th. MOMMSEN, Sull’insegnamento della scienza dell’antichità in Italia. Lettera a Gian Carlo Conestabile, in Riv. Filol. e Istruz. Class., 2 (1874), 74 ss. . In esso, l’insigne studioso concordava nel giudizio negativo sugli studi “antichistici” in Italia, portando una critica severa al “quotidiano deperimento degli studii classici ed archeologici” che avveniva, a suo dire, nel nostro Paese. Avanzava, dunque, dei suggerimenti, tra i quali spicca il riferimento alla necessità che una nazione giovane quale la nostra dovesse far apprendere ai suoi studenti la storia di Roma, ma soprattutto quella della “forte epoca de’ consoli della repubblica romana, a cui deve iniziarsi la vostra gioventù, non la decrepita de’ legati degli Augusti”. Un riferimento, dunque, come è facile notare, squisitamente politico-culturale. Così come appare di particolare rilievo l’affermazione mommseniana secondo la quale egli non svolgerebbe un “corso di antichità romane, ma di antichità dello stato romano (Staatsalterthümer), che è ben altra cosa, ed il mio compendio corrispondente anzi è intitolato Römisches Staatsrecht (jus publicum), nome che non metto nell’indice delle lezioni, perché potrebbe far credere ad alcuni che si trattasse di un corso giuridico”. Mentre non lo è. Vi è tutto Mommsen in queste poche parole: il senso della statalità di Roma – che lui studia – contrapposto alla genericità dell’analisi delle antichità romane; ma contemporaneamente il rifiuto a considerare lo Staatsrecht come un tema riduttivamente solo giuridico, da pandettisti, per intenderci, per inserirlo invece nella visione globale della storia dello stato romano: quella politica, sociale ed istituzionale insieme. Una discussione, quindi, particolarmente feconda e, per noi, rivelatrice Su tutto ciò, v. M. BARBANERA, Idee per una storia dell’archeologia classica in Italia dalla fine del Settecento al dopoguerra, Firenze 2001, 5 ss.e ivi lett., svoltasi in una rivista benemerita, cui Mommsen aveva peraltro già collaborato con contributi squisitamente scientifici Th. MOMMSEN, Di un’iscrizione graffita nel Museo d’antichità dell’Ateneo piemontese e ID., Lettera a Carlo Promis su alcuni punti della geografia del Piemonte antico, entrambi in Riv. Filol. e Istruz Class., 1 (1873), 249 ss. . 4. Occorre, dunque, affrontare – a questo punto della nostra disamina – l’analisi delle opere mommseniane tradotte ed èdite in Italia, ma originariamente non destinate alla pubblicazione nel nostro Paese: il che ci condurrà ad esaminare anche e soprattutto scelte di natura strettamente editoriale, correlate, come ovvio, alle differenti impostazioni di politica culturale delle case editrici italiane. In tal senso, giova analizzare, in primo luogo, le diverse e successive edizioni della Storia di Roma, le prime due delle quali vengono pubblicate in Italia durante la vita dello studioso Ignoriamo, peraltro, se Mommsen fosse stato direttamente (e preventivamente) consultato – ed eventualmente in quale misura – per la stampa delle edizioni italiane; né conosciamo, per quanto mi consta, il gradimento dello studioso relativamente alle medesime. Può solo ipotizzarsi che – almeno per la seconda di esse, vista l’autorevolezza scientifica dei curatori (cfr. infra, § 5) – egli ne fosse al corrente ed avesse offerto il suo assenso: ma nulla di ciò è attestato dai documenti in nostro possesso.. Apparsa in Germania negli anni 1854 – 1856 Th. MOMMSEN, Römische Geschichte, Weidmann, Berlin 1854 – 1856., l’opera in esame valse a Mommsen, come ben noto, il Nobel per la letteratura nel 1902 Cfr., da ultimo, per tutti C. LANZA, Il Nobel a Mommsen, in SDHI, 68 (2002), 501 ss.: di lettura elegante e scorrevole Ultimamente, A. DESTRO (rec. a Storia della civiltà letteraria tedesca, diretta da M. FRESCHI, I – II, Torino 1998, in Osservatorio Critico della germanistica, IV – 11 [2001], 4) ha esplicitamente parlato, a proposito di Mommsen, di “eleganza classica di certe narrazioni storiografiche”., per certi versi scritta con taglio quasi giornalistico Cfr. LEPORE, Theodor Mommsen cit., XI e XXXIX. Da ultimo, v. M. TALAMANCA,Theodor Mommsen, Roma e l’Italia, conferenza tenuta presso l’Istituto di Studi Romani (in corso di stampa per la rivista dell’Istituto stesso: ho avuto l’occasione di leggere il dattiloscritto grazie alla cortesia dell’Autore, che vivamente ringrazio)., essa era rivolta, come ovvio, agli studiosi di professione, ma poteva interessare anche un pubblico più vasto, di lettori colti, quelli – per intenderci – che il linguaggio editoriale individua come fruitori dell’ “alta divulgazione”, soprattutto nel campo storico. Così, proprio per venire incontro a quest’ultimo segmento di pubblico (la maggioranza degli studiosi poteva evidentemente leggerla nell’originale tedesco), l’opera è ben presto tradotta e pubblicata in Italia dall’editore Guigoni, dal 1857 al 1865, in tre volumi, per complessivi quattro tomi Storia romana, di Teodoro Mommsen. Prima traduzione dal tedesco di Giuseppe Sandrini con note e discorsi illustrativi di insigni scrittori italiani, Società editrice italiana di Maurizio Guigoni, I.1, Torino 1857; I.2, Casa editrice di Maurizio Guigoni, Milano (appare evidente, nel frattempo, il cambio di sede e di denominazione) 1863; II e III, come sopra, rispettivamente del 1864 e 1865.. La casa editrice di Maurizio Guigoni Cfr. il recentissimo Editori italiani dell’ottocento. Repertorio, a cura di A. GIGLI MARCHETTI, M. INFELISE, L. MASCILLI MIGLIORINI, M. I. PALAZZOLO, G. TURI, I, Milano 2004, 555 e ivi ult. lett. Sulla casa editrice, in generale, v. E. DECLEVA, Un panorama in evoluzione, in G. TURI (a cura), Storia dell’editoria nell’Italia contemporanea, Firenze 1997, 245; G. RAGONE, Un secolo di libri. Storia dell’editoria in Italia dall’Unità al post-moderno, Torino 1999, 38 in nota, 47; N. TRANFAGLIA, Storia degli editori italiani, Roma-Bari 2000, 77, 215. Il catalogo – per quanto mi risulta – apparve come pubblicazione autonoma nel 1887 e nel 1889 a cura di Enrico Guigoni e Luigi Vergani: ma è di reperibilità molto ridotta. Esso è tuttavia stampato, in appendice, anche in P. PELLICCIONI, Racconto storico, Guigoni, Milano 1864 (in due volumi)., che sarà successivamente assorbita dalla Bietti DECLEVA, Un panorama cit., 245. TRANFAGLIA, Storia cit., 215., si caratterizza per pubblicazioni di varia natura (letteratura, lirica, varia divulgazione), tra le quali spiccano quelle di autori quali Guerrazzi e Gozzi. Tuttavia, essa non appare certo specializzata in opere di natura storica e, tanto meno, vanta nel catalogo altri titoli quale quello mommseniano in esame. L’edizione, infatti, non è curata da specialisti – anche se il traduttore, Giuseppe Sandrini, ha svolto analogo impegno per altre opere storiche tedesche Sandrini fu traduttore di E. Düller, Storia del popolo tedesco. Dalle origini sino al 1846, I-II, Pomba e C., Torino 1853. –, né presenta particolari caratteristiche di cura scientifica: si può solo osservare una particolare attenzione alla veste editoriale, tesa a soddisfare le esigenze del pubblico colto cui era rivolta. La circostanza appare evidente leggendo l’Avvertimento dell’editore, in calce al primo volume. L’edizione è svolta sulla seconda tedesca e recepisce le “domande ed impazienze degli studiosi” (p. 5): tale presunta impazienza implica, per l’editore, la necessità di rimandare “gli studii e le notazioni” che avrebbe invece voluto pubblicare e che starebbe raccogliendo, su sua indicazione, – a credere al medesimo Guigoni – Cesare Correnti, patriota e letterato (1815 – 1888): invero, più noto per essere stato tra i protagonisti delle Cinque giornate di Milano, che per l’attività nel campo delle scienze umane Cfr., nell’immediatezza della scomparsa, A. ZACCARIA, Cesare Correnti: cenni biografici, Faenza 1889; ultimamente, v. L. AMBROSOLI, s. v. “Correnti Cesare”, in DBI, 29 (1983), 476 ss.; A. TROVA, Coscienza nazionale e rivoluzione democratica. L’esperienza risorgimentale di Cesare Correnti 1848 – 1856, Milano 1995. Cesare Correnti pubblicò (anonimo), L’Austria e la Lombardia (1847) e, questa volta a sua firma, I dieci giorni dell’insurrezione di Brescia del 1849 (1849). Segretario del governo provvisorio della Lombardia dopo le Cinque giornate, riparò in Piemonte dopo la sconfitta, per diventare successivamente parlamentare del Regno d’Italia: nel 1857 – data di pubblicazione del primo volume della Storia mommseniana presso Guigoni – doveva dunque trovarsi in esilio a Torino, sede, allora, della casa editrice. . Il punto è, invece, che Guigoni pubblica il volume con l’evidente intenzione di arrivare primo nell’opera di traduzione della Storia mommseniana. Ciò comporta, dunque, che l’opera appare senza alcuna prefazione o cura di natura scientifica: Guigoni, per la verità, quasi a volersi scusare, annuncia che tali “studii”, cui attenderebbe il Correnti, verranno pubblicati in appendice all’ultimo volume (p. 6), insieme alla “traduzione delle memorie più importanti” apparse su Mommsen nelle riviste internazionali: viceversa, nell’ultimo volume nulla di tutto ciò viene pubblicato. Il medesimo editore, inoltre, si rammarica di non aver potuto inserire, come avrebbe voluto, a mo’ di prefazione, l’esame critico dell’opera tradotta, svolto dal “signor Capei” nell’Archivio Storico Italiano del 1857 P. CAPEI, Storia romana di Teodoro Mommsen, in Archivio Storico Italiano, n. 8 n.s., 4 (1857), 117 ss. – dunque, giova sottolinearlo, un lavoro non espressamente commissionato dall’editore. In questo caso, la mancata pubblicazione di tale lavoro del Capei – che poi sarebbe lo storico Pietro Capei Cfr. P. TREVES, s.v. ”Capei Pietro”, in DBI, 18 (1975), 464 ss. (sul rapporto con le teorie mommseniane, 467). – è motivata con la circostanza che si trattava di uno studio condotto sulla prima edizione tedesca della Storia di Roma e, quindi, non adatto alla traduzione della seconda (p. 6). Infine, Guigoni si scusa per i limiti – che riconosce esplicitamente – della traduzione: forse, sottolinea, non all’altezza della qualità della scrittura del grande autore. La fretta, quindi, e solo la fretta, condizionano la qualità (modesta) del prodotto di Guigoni, smentendo il velleitario titolo con il quale pubblica l’opera (“Con note e discorsi illustrativi di insigni scrittori italiani”). Semplicemente, come detto, l’editore ha voluto proporre in Italia per primo, ad un pubblico più vasto di quello degli specialisti, la Storia mommseniana: e lo fa spinto dall’esigenza di battere gli altri editori sul tempo, a scapito dell’intrinseca qualità dell’edizione. 5. Ben diverso, appare invece l’intendimento della successiva traduzione italiana, di poco posteriore e – inizialmente – limitata alla pubblicazione di Teodoro Mommsen, Le provincie romane da Cesare a Diocleziano, traduzione di Ettore De Ruggiero con 10 carte geografiche, Loreto Pasqualucci editore (tipografia della Camera dei Deputati), Roma, I, 1887 – II, 1890. D’altro canto, come ben noto, proprio la parte della Storia di Roma mommseniana dedicata alle province costituiva una sorta di trattazione a se stante già negli intendimenti dell’autore LEPORE, Theodor Mommsen cit., LVI.. Pasqualucci era editore specializzato. Nel suo catalogo figurano opere scientifiche, bibliografiche, ma soprattutto di economia Pasqualucci è anche studioso di economia applicata (cfr. L. PASQUALUCCI, Guida olearia sulla produzione e sul commercio dell’olio d’oliva in Italia e all’estero, Pasqualucci, Roma 1898); pubblica, tra l’altro, i lavori di Maffeo Pantaleoni (cfr., ad es., Teoria della pressione tributaria, del 1887). Sulla casa editrice Pasqualucci, v. ora Editori italiani dell’ottocento, cit., II, 811., storia Anche storia ecclesiastica, tra cui spiccano gli studi di Luigi Tosti (1811 – 1897), che pubblica presso Pasqualucci pressoché tutta la propria produzione scientifica., epigrafia e diritto Cfr., per esempio, Studi giuridici e storici per l’8. centenario della Università di Bologna, offerti da Ilario Alibrandi et al., 1888; C. BERTOLINI, La ratifica degli atti giuridici nel diritto privato romano, I – II, 1889 – 1891; E. DE RUGGIERO, L’arbitrato pubblico in relazione col privato presso i romani, 1893; C. LONGO, Vocabolario delle costituzioni latine di Giustiniano, 1897 – 1898; e molti altri., tra le quali spiccano il prestigioso Bullettino dell’Istituto di Diritto Romano, èdito dal medesimo Pasqualucci sin dal primo fascicolo, del 1888, nonché – dal 1886 – del Dizionario epigrafico del medesimo Ettore De Ruggiero: il quale traduce Mommsen, ma, insigne studioso egli stesso, proprio pochi anni prima si era occupato delle opinioni mommseniane in tema di diritto pubblico romano E. DE RUGGIERO, Studi sul diritto pubblico romano da Niebuhr a Mommsen, Firenze 1875.. La pubblicazione di Pasqualucci, dunque, è tra le poche che possano ritenersi destinate ad un pubblico costituito principalmente (anche se, come ovvio, non solo) da specialisti. La medesima opera viene ripubblicata, con la medesima traduzione, dalla Casa editrice nazionale Roux e Viarengo (Torino – Roma, 1904 – 1905: dunque, si tratta della prima apparsa dopo la morte dell’autore). Essa viene èdita in collegamento con la pubblicazione integrale della Storia di Roma, ma con diverso traduttore e un nuovo curatore: Theodor Mommsen, Storia di Roma antica. Illustrata nei luoghi, nelle persone e nei monumenti, nuova traduzione italiana eseguita sull’ultima edizione tedesca da Luigi di San Giusto, edizione curata da Ettore Pais – che del Mommsen fu allievo a Berlino TALAMANCA, Theodor Mommsen loc. cit. Sulla figura di Ettore Pais, v. ultimamente L. POLVERINI (a cura), Aspetti della storiografia di Ettore Pais, Napoli 2002. –, in fascicoli, tre volumi, Roux e Viarengo, Torino, 1902 – 1905. Poi, immutata, apparve èdita come Sten (Soc. Tip. Ed. Nazionale), ma ancora con l’indicazione Roux e Viarengo Luigi Roux – già direttore a Torino del quotidiano La Stampa e poi di quello romano La Tribuna, senatore del Regno –, fondendo la Roux e Viarengo con le edizioni di Marcello Capra, caratterizzate soprattutto da pubblicazioni di musica sacra, aveva dato vita alla Sten: quest’ultima casa editrice, caratterizzata da una forte connotazione risorgimentale, si specializzò in volumi di lusso, illustrati, d’arte, ma anche in testi pedagogici e storici. Su tutto ciò, v. DECLEVA, Un panorama cit., 250 s.; RAGONE, Un secolo cit., 102, 166 nt. 41; TRANFAGLIA, Storia cit., 93, 215, 332 e ultimamente Editori italiani dell’ottocento, cit., II, 942 s. (tipografia A. Panizza), Torino, 1925, in tre volumi, divisa in cinque tomi, inserita nella collana Le monumentali storie di Roma. Anche in questo caso, appare evidente lo sforzo di presentare l’opera con la firma (in qualità di curatore) di uno dei massimi – per quanto discusso – studiosi italiani di storia romana, Ettore Pais. E’ il tentativo, piuttosto evidente, di unire alla larga fruizione verso un (più o meno) vasto pubblico, anche l’accuratezza scientifica: il che, come si vedrà, apre la strada ad altre analoghe, successive edizioni italiane dell’opera. Infine, la medesima edizione – pur con qualche “ammodernamento” della traduzione di Luigi di San Giusto – sarà ripubblicata nel 1943, presso la Società Subalpina Editrice di Torino: ma di essa diremo più avanti Cfr. infra § 7.. 6. Di un qualche interesse, per quanto di natura profondamente diversa, è anche la successiva pubblicazione della Storia di Roma, apparsa nel 1936 presso la casa editrice di Antonio G. Quattrini, su cui occorre ora soffermarsi Storia di Roma di Teodoro Mommsen, Aequa (Anonima edizioni Quattrini), Roma (Città di Castello, Unione artigrafiche) 1936, curata ed annotata da Antonio G. Quattrini, con la sua “traduzione dal tedesco” (dall’ottava, del 1888), in quattro volumi (otto tomi), ristampata identica tra il 1938 e il 1939. Tale opera era accompagnata da L’Impero di Roma, in tre volumi, stampata (e curata) dal medesimo Quattrini nel 1936. Il medesimo editore stampò, nello stesso anno, anche un volume autonomo: Scipione, da Teodoro Mommsen, Polibio, Livio, sempre a cura di Antonio G. Quattrini, Aequa, Roma 1936.. La prefazione è a nome di Vittorio Scialoja, tra i massimi studiosi del diritto romano: ma in realtà si pubblica la commemorazione di Mommsen svolta dal medesimo Scialoja nella solenne seduta dei Lincei, in occasione della morte dello storico tedesco Seduta del 22 novembre 1903, pubblicata in Rendiconti Reale Accademia Lincei, classe sc. mor., 12.5, fasc. 11 (1903), 447 ss. = Bullettino dell’Istituto di Diritto Romano, 15 (1903), 131 ss. = Studi Giuridici, II, Roma 1934, 218 ss. : dunque, essendo del 1903, non è solo del tutto priva di riferimenti al fascismo, ma anzi esalta – come si vedrà – lo spirito liberale di Theodor Mommsen, il che, lo verificheremo appresso, non è ininfluente ai fini di questa disamina. La nota introduttiva, invece, è di mano dello stesso editore, Antonio G. Quattrini, ed il rapporto tra quest’ultima e la prefazione di Scialoja è quanto meno singolare. Procediamo con ordine. Quattrini intitola la propria presentazione Rifare la storia di Roma: siamo nel 1936 e quindi in pieno ventennio fascista – ed in un periodo particolarmente felice per il regime. L’editore, dunque, inizia citando Enrico Corradini (1865 – 1931), da poco scomparso, che – come ben noto – era l’esponente più rilevante del movimento nazionalista. Quest’ultimo – per quanto qui interessa – sottolineava l’importanza di richiamare gli italiani al mito fondativo di Roma antica, in chiave anti-internazionalista e anti-borghese. Contro il liberalismo, Corradini proponeva, come si sa, una concezione spiritualistica dell’esistenza umana, avversa alla libertà dell’individuo e proiettata ad una “rivoluzione nazionale” dai tratti totalizzanti e fortemente “imperialisti” Su Corradini, v. per tutti F. GAETA, s.v. “Corradini Enrico”, in DBI, 29 (1983), 342 ss.; da ultimo, peraltro con una visione fortemente rivalutativa, in sintonia con l’impostazione complessiva del periodico che lo ospita, v. L. IANNONE, Una rivista in movimento, in Percorsi di cultura politica, 2 (2003), 178 ss.. In questa chiave di lettura, l’esponente politico si diletta anche in opere teatrali ispirate alla Roma antica (Giulio Cesare, del 1902), che esprimono in forma di dramma la concezione della storia come azione di spiriti individuali forti ed eroici. Quattrini, dunque, che si proclama seguace di Corradini, deve necessariamente svolgere alcune considerazioni introduttive in relazione alla propria impresa editoriale. Quest’ultima, infatti, egli afferma, è rivolta “ai dotti”, ma anche a chi ha solo “una cultura generale” (p. VII): e qui evidentemente torna il tema della fruizione più larga, rispetto ai soli specialisti, già rilevato anche in precedenza. Ma la pubblicazione dell’opera mommseniana, prosegue l’editore, deve essere “giustificata”, poiché lo studioso tedesco spesso non lesina critiche alla Roma antica: tali critiche, per Quattrini, sono frutto dell’ “animo del Germano che prevale” (si era ancora abbastanza lontani dal rapporto privilegiato con la Germania nazista e, comunque, Quattrini, seguace di Corradini, non sarebbe certo stato entusiasta del successivo legame “di ferro” tra i due Paesi) e dell’ “alterigia dottorale di Mommsen”. Vi è di più. Secondo il medesimo editore, infatti, “Iddio ha negato al Tedesco il senso della bellezza”, per cui egli constata l’“impossibilità per uomini di altra razza di interpretare … le vicende storiche di altri popoli”. Da qui, per il medesimo Quattrini, discenderebbe la necessità di “rifare con animo italiano e sentimento romano la storia d’Italia”: emerge proprio l’insegnamento di Corradini. Tuttavia, in Italia si era ancora in attesa – sempre secondo l’editore – di una tale, nuova storia ispirata al “clima spirituale creato dal Fascismo” (p. VIII) (e qui forse Pais avrebbe potuto, dal suo punto di vista, irritarsi): dunque, l’editore pubblica la storia di Mommsen che, nonostante tutto, rappresenta “il più felice saggio” sulla storia romana antica. Quattrini, insomma, fa l’editore: egli ben sa che la Storia mommseniana è quel capolavoro che tutti conoscono e che, al contempo, ha un mercato significativo proprio nel mondo dei lettori colti al quale, esplicitamente, egli si riferisce: tanto da pubblicarne, già due anni dopo, una seconda edizione, peraltro lasciando immutata la nota dell’editore – con gli sprezzanti riferimenti verso i tedeschi – nonostante il clima dei rapporti con la Germania fosse notevolmente cambiato. Quattrini, tuttavia, è evidentemente interessato solo all’aspetto editoriale della pubblicazione. Editore divulgativo Su Quattrini editore, v. RAGONE, Tascabile e nuovi lettori, in TURI (a cura), Storia cit., 455; ID., Un secolo cit., 103, 107 s. nt. 41 e 45, 137 nt. 31; TRANFAGLIA, Storia cit., 155 s., 189; , già prolifico autore di romanzi d’avventura e polizieschi (suo, uno degli “antagonisti” italiani di Sherlock Holmes: John Siloch A. G. QUATTRINI, John Siloch, sovrano dei poliziotti, Fratelli Stianti, San Casciano 1924.), interessato alla politica internazionale, tanto da scrivere a quattro mani (e poi pubblicare presso la propria casa editrice) un volume ad essa dedicato A. G. QUATTRINI – N. VERESTIN, Come l'Inghilterra s'impadronì del mondo, Aequa, Roma 1936. , Quattrini è evidentemente personaggio eclettico: nel campo librario, peraltro, rappresenta uno degli antesignani dell’editoria economica in Italia. I suoi volumi sono destinati ad un circuito popolare, tanto che Ragone, efficacemente, ha definito il libro standard di Quattrini come “prototascabile” RAGONE, Tascabile cit., 455.. La Storia di Roma è dunque inserita in questo contesto editoriale: e non lo smentisce. Tanto che Quattrini, come anticipato, aggiunge alla propria (autogiustificativa) nota editoriale, una prefazione di assoluto prestigio, quella di Vittorio Scialoja, tratta dal necrologio di quest’ultimo a Theodor Mommsen. Ma tale accostamento – della nota di Quattrini con la prefazione di Scialoja – non poteva risultare più stridente. Scialoja, infatti, all’opposto di Quattrini, dopo alcune brevi note biografiche sullo storico tedesco, e segnatamente, sui suoi rapporti con l’Italia, esalta “lo spirito sinceramente liberale” (p. XII) di Mommsen, che indurrà lo studioso anche a maturare antipatie (o veri e propri odî) nei confronti di alcuni personaggi della storia di Roma (pp. XIV-XV): Scialoja scrive, come già ricordato, nel 1903 e Quattrini, senza sentire alcuna contraddizione con quanto da lui asserito poche pagine prima (o non preoccupandosene affatto), ne riporta fedelmente il pensiero. L’operazione editoriale è chiara. La Storia di Roma mommseniana è opera troppo importante (e facilmente vendibile) per non pubblicarla. Quattrini scrive due pagine di circostanza per giustificarsi dal punto di vista fascista (per quanto ispirandosi esplicitamente a Corradini, che aderì al fascismo, ma ben presto sparì dalla scena politica italiana, emarginato dal regime): e ciò per via delle note simpatie liberali di Mommsen. Poi, per aggiungere valore “scientifico” alla propria edizione, pubblica – a mo’ di prefazione – lo scritto di uno dei più importanti specialisti del diritto romano. La scelta di Quattrini è, dunque, abile; come è interessante notare che la traduzione dal tedesco, svolta dal medesimo editore, è tutt’altro che sciatta o dilettantesca. Così, nel 1963, più di vent’anni dopo, e dunque successivamente alla Liberazione, la medesima traduzione di Quattrini – senza, come ovvio, le pagine della nota dell’editore – viene riproposta – e tuttora ciò avviene – dalla casa editrice Dall’Oglio A. GIGLI MARCHETTI, Un editore per la libertà. Enrico dall’Oglio, in A. GIGLI MARCHETTI – L. FINOCCHI (a cura), Stampa e piccola editoria tra le due guerre, Milano 1997, 9 ss.; TRANFAGLIA, Storia cit., 364 ss.. La Storia di Roma è, dunque, ancora presentata come a cura di Antonio G. Quattrini, con la nota biografica di Vittorio Scialoja Storia di Roma di Teodoro Mommsen, Dall’Oglio, Milano 1963 – 1966, in otto volumi, seguita – nella medesima data – da L’impero di Roma, nella stessa collana, sempre a cura di Quattrini., già considerata, e viene ricompresa nella collana I Corvi, che si inserisce e per certi versi anticipa RAGONE, Un secolo cit., 140 e spec. 183 nt. 10. la grande produzione del libro tascabile che attraverserà di lì a poco il nostro Paese. L’edizione italiana del libro di Mommsen, quindi, viene concepita come destinata non più solo al “pubblico colto”, di cui si è detto, ma anche ad un potenziale “pubblico-massa”: con autori di qualità a prezzo ridotto Cfr. RAGONE, Tascabile cit., 456.. Più volte ristampata, tale edizione arriva sino ai giorni nostri Ristampe nel 1969 – 1971 e nel 1983 – 1985., confermando – in definitiva – l’intuizione (ed il lavoro) editoriale del Quattrini. Ma siamo già in un’altra storia. 7. Giova, invece, procedere con ordine. Infatti, dopo quella di Quattrini, appare un’altra edizione della Storia mommseniana – già solo accennata Cfr. supra § 5. – che si ritiene di dover in qualche modo “giustificare”. La Società Subalpina Editrice di Torino pubblica infatti a Torino, nel 1943, in tre volumi, l’edizione dell’opera in esame già apparsa come Sten, pur con qualche “ammodernamento” della traduzione di Luigi di San Giusto (p. XV della Prefazione). Lo storico Cesare Violini ne cura la Prefazione e la revisione della traduzione: ed è proprio la medesima Prefazione che val la pena, brevemente, analizzare. Dopo aver, infatti, esaltato la Storia mommseniana come opera fondamentale, Violini non lesina critiche al suo autore e all’impianto stesso dell’opera: secondo il curatore, Mommsen avrebbe della storia romana una visione “rigida”, “deformante”, “parziale” (p. XII). Non basta. Violini afferma infatti di sapere che l’opera medesima era stata accusata di essere “antiromana” e ciò – soggiunge subito – non può essere certamente negato, almeno ad una lettura superficiale; ma se invece si approfondisce l’analisi dell’opera, continua il curatore, si comprende che dalla Storia mommseniana traspare anche un grande “rispetto” per la Roma antica (p. XIII). D’altro canto, la circostanza stessa che Mommsen si sia concentrato soprattutto nella ricostruzione dell’età repubblicana, sarebbe dovuta al suo “spirito prepotentemente democratico” (p. XIV), che lo avrebbe dunque indotto a trattare dei temi a lui più congeniali. Di un’epoca, cioè, ove la democrazia – vera o presunta – esisteva ancora: prima cioè del Principato. Si tenga presente che l’opera è stampata a Torino, come detto, nel 1943, e la Prefazione di Violini appare ancora con la data dell’era fascista (1943-XXI: cfr. p. XVI). Il curatore, in definitiva, come si è già constatato, sa bene che sta pubblicando un’opera di grandissimo valore, ma deve in qualche modo “giustificarsi” agli occhi del regime. Tuttavia, lo fa – a sommesso avviso di chi scrive – un po’ goffamente, riuscendo probabilmente a far ancor più risaltare la natura squisitamente liberale e – appunto – democratica del pensiero mommseniano. Non è dato sapere, peraltro, se Violini operi tale ribaltamento concettuale consapevolmente o meno. Ma l’effetto sul lettore è esattamente il contrario di quello desiderato L’ultima edizione, molto parziale, di uno stralcio della Storia di Roma mommseniana apparsa prima della fine delle ostilità in Italia è il Caio Giulio Cesare di Teodoro Mommsen, Casa Editrice Mediterranea, Roma 1944 (traduzione di N. Kagerbauer e prefazione firmata direttamente da L’Editore). E’ interessante notare come nella medesima prefazione, si faccia esplicito riferimento alla “dolorosa crucialità del momento storico attuale” (p. 7), in connessione alla presentazione della figura di Cesare come “ottavo re di Roma” (ibidem) e come fondatore di una vera e propria monarchia (p. 8): il quale giudizio non poteva che essere influenzato proprio dalla “crucialità” del momento che viveva l’Italia, ancora sospesa tra Liberazione (si era a Roma) e dittatura. 8. Siamo ormai a dopo la Liberazione. Negli anni ’60, a fianco alla già ricordata edizione Dall’Oglio, le traduzioni mommseniane in Italia si moltiplicano. La Sansoni di Firenze – ricca, come si sa, di grande tradizione nel campo delle scienze umane e segnatamente in quello storico RAGONE, Un secolo cit., 221; TRANFAGLIA, Storia cit., 272 e 279. – pubblica sin dal 1960, nella collana dei Classici della storia moderna G. TURI, Cultura e poteri nell’Italia repubblicana, in TURI Storia cit., 404; RAGONE, Tascabile cit., 456 s., la Storia mommseniana Ancora tradotta dall’ottava edizione tedesca, del 1888., con introduzione di Giovanni Pugliese Carratelli, traduzione di D. Baccini, G. Burgisser e G. Cacciapaglia (illustrazioni a cura di G. A. Mansuelli). Il volume terzo – ed autonomo –, apparso nel 1962, con una “avvertenza” del già menzionato Pugliese Carratelli, appare invece con la traduzione, già ricordata, di Ettore De Ruggiero. Cambieranno le collane Biblioteca Sansoni (1973 – 1979); Classici di storia e del pensiero (1984); Biblioteca universale Sansoni (1991); Biblioteca aperta (2001). Cfr. M. PARENTI, G. C. Sansoni Editore in Firenze, Firenze 1955, spec. 150 (collane storiche); AA.VV., Testimonianze per un centenario. Annali della casa editrice G. C. Sansoni, 1873 – 1973, Firenze 1974., ma nel corso di quattro decenni non muteranno né l’impostazione, né i curatori. Ed è, a questo proposito, significativo constatare una coincidenza molto forte tra l’Introduzione, ad opera, come detto, di un grande studioso dell’antichità, e la Nota alle presente edizione, anonima ma attribuibile, evidentemente, all’editore (o al curatore della collana). In entrambe, infatti, si fa esplicito riferimento alla “fortissima coscienza politica” di Mommsen (p. XXVIII dell’Introduzione) e al ”pathos politico dell’Autore” che sarebbe “la ragione più segreta del successo” dell’opera (p. XXXV della Nota). Ancora una volta, dunque, torna prepotentemente l’argomento (oltre a quello – come ovvio – dell’intrinseco valore culturale della Storia) dello spiccato interesse politico dell’autore, vero motivo, a detta dell’editore, del duraturo successo dell’opera: e, sia detto per inciso, evidentemente, anche delle numerose edizioni di essa da parte della stessa Sansoni. Ma si coglie, in tali edizioni, come è stato acutamente osservato in relazione al complesso dell’attività della medesima casa editrice, l’“irrisolta oscillazione (…) tra destinazione colta e intenzione acculturante, se non popolare” RAGONE, Tascabile cit., 456 s.. Non è inutile rammentare, a questo proposito, che proprio nel campo della storia del diritto la Sansoni svolge un ruolo tutt’altro che secondario nell’offrire ad un pubblico più vasto di quello dei soli specialisti una collana di grande prestigio, I classici del diritto, diretta sin dal 1958 da Francesco Calasso, poi riversata – in buona parte – nella Biblioteca Sansoni: con titoli di autori che possono veramente esser considerati dei “classici” R. Jhering, P. Koschaker, T. Muther, R. Pound, Santi Romano, F. Schulz, B. Windscheid., accompagnati da curatori e traduttori di altrettanto prestigio A. Biscardi, F. Calasso, W. Cesarini Sforza, P. de Francisci, G. Lavaggi, G. Nocera, G. Pugliese, G. Tarello, F. Vassalli.. Si tratta quindi di un progetto editoriale di vasto impianto e di grande ambizione culturale, all’interno del quale la Storia mommseniana è inserita a pieno titolo e sulla base di un progetto complessivo di cui non è difficile delineare i tratti fondamentali. 9. Ma la Storia di Roma conosce, nel medesimo torno di tempo, alcune altre edizioni, delle quali giova dar conto. Si tratta di operazioni editoriali condotte da case editrici “popolari”, dichiaratamente divulgative. Inizia la Armando Curcio, che pubblica la Storia di Roma, nel 1960 Storia di Roma di Theodor Mommsen, trad. Silvano Bellu e Paolo Alberto Gironi, Armando Curcio editore, Roma, in due volumi, 1960., con numerosissime illustrazioni, ma senza alcuna pretesa culturale, come esplicita la stringata Prefazione a firma L’editore: si intende solo portare ancora una volta l’opera alla conoscenza del “pubblico più vasto” (p. VII). In qualche altro caso, le edizioni mommseniane della Storia di Roma si inseriscono in collane dedicate agli scrittori vincitori del premio Nobel o, in altri casi, si tratta di pubblicazioni parziali dell’opera in esame, mosse da un intendimento antologico. Per quanto riguarda il primo caso (pubblicazione premi Nobel), spiccano tuttavia – pur nell’ambito di un’impresa editoriale spiccatamente commerciale – alcuni tra i nomi del curatori e dei traduttori. La prima di queste edizioni, apparsa a Milano, presso la casa editrice Fabbri nel 1964 Traduzione di Maria Attardo Magrini, nella collana I premi Nobel della letteratura (Theodor Mommsen. Premio Nobel per la letteratura 1902, Storia di Roma antica), con bibliografia finale., contiene, infatti, anche: Il conferimento del premio Nobel a Th. Mommsen di G. Ahlström; il discorso ufficiale di C. D. af Wirsen; La vita e l’opera di Th. Mommsen, di J. Carcopino. L’edizione, dunque, cerca – anche attraverso una non del tutto insufficiente (per la natura della collana) bibliografia finale – di accompagnare all’opera alcune informazioni, tratte anche da insigni storici: ma non si tratta di lavori richiesti ex professo per l’edizione, bensì di saggi o discorsi precedentemente svolti in occasioni diverse. Analoga, ma più importante, operazione editoriale è quella di poco successiva del Club degli Editori che, nel 1966 La data di pubblicazione, in verità, è il successivo 1967 (“edizioni speciali del C.d.E.”, N. 4 – Anno 1967), ma in seconda di copertina figura la data del 1966: la cosa si spiega considerando che il volume fu finito di stampare nel dicembre dell’anno appena citato e, dunque, concretamente, apparve in quello successivo., dà alle stampe Le opere di Theodor Mommsen (nella collana Scrittori del mondo: i Nobel). Si tratta di una lunga (di complessive IX – 730 pagine) antologia di brani dell’autore, introdotta da Ettore Lepore e tradotta, rispettivamente, da Luciano Canfora (per la lettera dedicatoria a Bartolomeo Borghesi, premessa all’edizione mommseniana delle Inscriptiones Regni Neapoletani Latinae, del 1852), da Antonio G. Quattrini per i testi tratti dalla Storia di Roma – la cui traduzione, come si può notare, attraversa, per così dire, indenne i decenni –, da Pietro Bonfante per il Disegno del diritto pubblico, di cui si dirà appresso Cfr. infra § 11., e da Giorgio Pasquali per il ben noto codicillo testamentario mommseniano. Il Club degli Editori non ha particolari ambizioni culturali. E tuttavia l’operazione editoriale, in questo caso, non nasconde anche l’intendimento di offrire ai lettori un quadro approfondito dell’autore: ciò induce l’editore ad affidare la Prefazione (intitolata semplicemente Theodor Mommsen) ad uno studioso di vaglia quale Ettore Lepore, che svolge una disamina di grandissimo spessore (pp. IX – LX) su tutta la produzione dell’opera mommseniana, le sue concezioni storiografiche, il dibattito coevo, la critica: vero e proprio saggio, tra i più interessanti apparsi in Italia a corredo di traduzioni mommseniane. In tale contesto, tra l’altro, Lepore ridimensiona, almeno in parte, l’idea che la Storia di Roma sia così fortemente dipendente dalla”passione politica” dell’autore (pp. IX, XIV, XXI, XXXIV, XXVIII ss., XLVI), sostenendosi, piuttosto, una “tensione” tra approccio critico-scientifico e impegno politico-ideologico. La stessa edizione, su concessione del Club degli Editori, sarà ripubblicata, con identici curatori e traduttori, dalla Utet di Torino, in una analoga collana, nel 1979, per essere infine ristampata, nel 1981 (quando ormai le edizioni erano entrate nel gruppo Mondadori), dal medesimo Club degli Editori. 10. L’ultima casa editrice Esistono, peraltro, parti della Storia di Roma mommseniana pubblicate in opere ridotte (Th. MOMMSEN, La vita quotidiana nella Roma di Giulio Cesare, Roma 1970, che riporta ancora la traduzione, ormai ben nota, di Antonio G. Quattrini; Th. MOMMSEN, Giulio Cesare, Noi editori, Roma 1970, in ediz. limitata a 1499 esemplari) o collettive (Th. MOMMSEN - D. GNOLI - F. GREGOROVIUS et al., Eternità di Roma, presentazione di G. UNGARETTI, a cura di M. DI MASSIMO, per conto della Regione Lazio, Editalia, Roma 1965). Si tratta di operazioni editoriali evidentemente sganciate da ogni intendimento strettamente culturale. che, in ordine di tempo (al di là delle ristampe o nuove edizioni già apparse in precedenza), pubblicherà la Storia di Roma mommseniana è quella ancora intestata a Gherardo Casini, che la stamperà nel 1988 nella collana Le grandi opere storiche (per ristamparla, inalterata, nel successivo 1991) Storia di Roma, di Teodoro Mommsen, in sei volumi (gli ultimi due con il titolo L’Impero di Roma) Casini, s. l., 1988 (e successivamente 1991), “stampata in Jugoslavia per conto della COMAREX srl di Verona”.. Casini, in verità, che aveva fondato le edizioni a lui intitolate agli inizi degli anni ’50 – dopo un non lusinghiero passato di gerarca fascista, impegnato proprio nel settore della censura culturale ed editoriale –, non è più da molto tempo titolare dell’omonima casa editrice Gherardo Casini era stato, nel ventennio fascista, di fatto, capo-censore del Ministero della cultura popolare (fu dal 1936 direttore generale della stampa italiana). Vicino a Bottai, aveva diretto prima La Rivoluzione fascista e successivamente Il lavoro fascista. Sulla vicenda personale ed editoriale di Casini, v. G. PEDULLA’, Gli anni del fascismo: imprenditoria privata e intervento statale, in TURI, Storia cit., 377 e soprattutto G. FABRE, L’elenco. Censura fascista, editoria e autori ebrei, Torino 1998, passim (cfr. Indice dei nomi, 487, per la capacità di Casini di reinventarsi editore nel dopoguerra, 430).: le edizioni Casini erano state acquistate, negli anni sessanta, con diritti di ristampa di quanto già pubblicato, da Biagio Melloni, inventore della catena libraria dei remainders. Dal catalogo dell’editore in esame, peraltro, si può cogliere un’ambizione tutt’altro che limitata: Casini pubblica, infatti, con accurata veste grafica, classici antichi, ma anche molti tra i più importanti autori contemporanei italiani e stranieri, così come opere storiche e saggi politici Tra gli autori pubblicati dalla casa editrice Casini, basti qui ricordare Cecchi, Cellini, Collodi, Dickens, Gogol, Govoni, Hoffmann, il memoriale di Sant’Elena di Las Cases, London, Maupassant, Milton, Montaigne, Nietzsche, Poe, i saggi di Prezzolini, Puskin, il teatro di Thorton Wilder, de Unamuno, ma anche classici antichi come Luciano e Seneca, o autori squisitamente politici come Trockij; tra le opere di carattere strettamente storico, Casini pubblica nel 1988 M. MAFFII, Cicerone e il suo dramma politico; la medesima casa editrice stampa anche, tra il 1968 e l’anno seguente, in dieci volumi, l’Enciclopedia universale PAN: su tutto ciò, v. RAGONE, Un secolo cit., 161 ss.; 181 nt. 3., rappresentando, per alcuni studiosi, uno dei tentativi italiani di imitare la prestigiosa Pléiade francese M. CHIABRANDO, Aspettando la Pléiade. Sessant’anni di collane di pregio dedicate ai grandi classici stranieri, in Charta, 66 (anno 12, sett.-ott. 2003), 55 s.. L’opera mommseniana, tuttavia, pur apparendo in un cofanetto che sembra palesare una qualche ambizione editoriale, si presenta senza introduzione o nota editoriale, per giunta semplicemente “riesumando”, se così si può dire, la ormai ben nota (e datata) traduzione di Antonio G. Quattrini. Ancora una volta, dunque, Mommsen è considerato un “classico” tra gli scrittori – più che uno scienziato dell’antichità romana – e, dunque, appare oggetto di un’operazione editoriale senza pretese – in questo caso – di natura squisitamente culturale. Ottima e scorrevole qualità della scrittura, spiccata passione politica – sottolineata dalla gran parte dei curatori, spesso scienziati della storia e del diritto antichi –, forte capacità di sintesi, utile alla (più o meno alta) divulgazione. Questi appaiono, in una prima sintesi conclusiva, i fattori che hanno contribuito alla pubblicazione di non poche edizioni italiane della Storia di Roma mommseniana, cui aggiungerei – la cosa è ovvia, ma vale la pena rammentarla – le differenti propensioni dei diversi editori. Colpisce, ad esempio, l’assenza dal panorama sin qui tratteggiato di una casa editrice che, dal ventennio ad oggi, ha rappresentato un segmento di grande rilievo nella cultura storica italiana: mi riferisco alla Laterza. Ma è appena il caso di ricordare che il principale ispiratore, per mezzo secolo, delle scelte culturali della medesima casa editrice, fu Benedetto Croce, del quale è ben noto il giudizio negativo su Mommsen: quest’ultimo, infatti, agli occhi del medesimo Croce, sarebbe stato storico troppo incline alla passione politica (si noterà che certi giudizi tornano, in positivo come in negativo) B. CROCE, Teoria e storia della storiografia, Bari 1917, 24 ss.; ID., Varietà di storia letteraria e civile, Bari 1949 (“Il giudizio del Mommsen su Cicerone”). Su tutto ciò, v. ora F. P. CASAVOLA, Teodoro Mommsen, in Labeo 48 (2002), 334., tanto da farsene condizionare nell’analisi dei fatti dell’antichità. Il che, per il filosofo italiano, era colpa non redimibile. Non possiamo sapere, evidentemente, se una proposta di pubblicazione mommseniana sia mai stata discussa tra Laterza e Croce, ma l’assenza di un nome così autorevole, nell’ambito di un catalogo storico tanto prestigioso, indubbiamente colpisce. 11. La seconda opera che val la pena considerare in questa disamina – per l’intrinseca importanza e per la rilevanza dei curatori – è il Disegno del diritto pubblico romano, apparso in prima edizione in Germania nel 1893 Th. MOMMSEN, Abriss des römischen Staatsrechts, Duncker & Humblot, Leipzig 1893 (2 ediz., 1907): l’opera faceva parte di un più vasto disegno editoriale, il Systematisches Handbuch der Deutschen Rechtswissenschaft (I.3).. Appare subito evidente che gli intendimenti delle traduzioni italiane sono diversi – come ovvio – rispetto a quelli palesati nelle edizioni della Storia di Roma: i destinatari di un’opera dedicata al diritto pubblico non potevano che essere i cultori delle scienze giuridiche. Lo si avverte sin dalla prima edizione italiana, apparsa per i tipi della Casa editrice Dott. Francesco Vallardi (Stab. riuniti d’arti grafiche), a Milano nel 1904. Essa appare, dunque, in Italia l’anno successivo alla scomparsa dell’autore: né si può escludere che la vasta eco suscitata dalla morte di Mommsen nella comunità scientifica internazionale ed italiana abbia – almeno in qualche misura – influito sulla scelta di pubblicarne tempestivamente nel nostro Paese un’opera impegnativa, ma al contempo accessibile ad un pubblico di giuristi più largo di quello strettamente giusromanistico: l’Abriss era pur sempre un disegno generale, di impianto ben inferiore allo Staatsrecht. Il volume è pubblicato, dunque, nella collana intitolata Biblioteca giuridica contemporanea, con “traduzione e postille” di Pietro Bonfante, tra i massimi studiosi di diritto romano a cavaliere tra ‘800 e ‘900, e non solo: autore, peraltro, che si dedicava non di rado anche al lavoro di traduzione dal tedesco di importanti opere di storia giuridica Bonfante tradusse, infatti, anche la Giurisprudenza etnologica di A. H. Post (insieme a C. Longo), diversi libri del Commentario alle Pandette di Glück e i volumi IV e V (in collaborazione con F. Maroi) delle Pandette di Windscheid.. Vallardi, quindi, si rivolge alla massima espressione della scienza specialistica dell’epoca: e Bonfante dedica al Disegno mommseniano una non lunga Prefazione del traduttore, nonché alcune (poche) note per segnalare il proprio disaccordo su alcuni punti del lavoro dello storico tedesco. Bonfante, in verità, non appare affatto – per così dire – conciliante con l’opera che sta curando. Definisce, certo, Mommsen un “gigante del pensiero umano”, ma aggiunge (subito dopo) “se non pel genio, certo per la signoria di un vastissimo dominio scientifico e l’immensa mole di lavoro” (p. VII); ne critica gli eccessi e le esagerazioni nei giudizi storici (“non errati, ma paradossali”, quale quello su Cicerone: p. VIII); afferma essere state necessarie delle correzioni; ed aggiunge che qualche argomentazione mommseniana gli appare “assolutamente errata” (p. XV): e tuttavia loda l’impianto dell’opera, per certi versi – asserisce Bonfante – addirittura superiore allo Staatsrecht. Si nota, peraltro, nella prefazione, un punto che giudico di rilievo. Bonfante segnala, infatti, che il diritto romano rappresenterebbe, nell’ambito della complessiva opera mommseniana, il “centro di questa prodigiosa attività”: nel senso che lo spirito dello studioso del diritto segnerebbe di sé l’intera sua produzione scientifica, nei pregi come nei difetti (p. VII s.). Giudizio che francamente dubito lo stesso Mommsen avrebbe potuto sottoscrivere in relazione alla propria opera. Piuttosto diversa appare invece la seconda edizione italiana del Disegno del diritto pubblico romano (per conto dell’Ispi, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, Milano, 1943: nella prestigiosa collana Biblioteca storica – I classici della storiografia, diretta da Adolfo Omodeo): in essa si riproduce la traduzione del Bonfante, ma il volume è curato da un altro rilevantissimo interprete della storia del diritto, Vincenzo Arangio-Ruiz. Quest’ultimo, dunque, decide di sopprimere le note “aggiornative o polemiche” del medesimo Bonfante nei confronti di Mommsen (p. 8), nonché la sua prefazione: evidentemente, ritenendo quanto scritto a suo tempo dal medesimo Bonfante superfluo o non condivisibile o, in ogni caso, non più adeguato allo sviluppo degli studi sul diritto pubblico di Roma antica al tempo in cui appare tale seconda edizione. Ancora. Il curatore della seconda edizione afferma di aver provveduto a correggere alcuni errori di traduzione del medesimo Bonfante, dovuti – ritiene Arangio-Ruiz – più alle differenti opinioni del primo traduttore dell’opera rispetto a Mommsen, che a fraintendimenti dell’originario testo tedesco (p. 15). Arangio-Ruiz dedica, dunque, all’opera mommseniana in esame una Introduzione quanto mai significativa: e non a caso essa è stata riproposta nella più recente edizione italiana in commercio, del 1973, del medesimo Abriss L’opera è stata riproposta in anastatica dalla casa editrice universitaria Celuc, Milano 1973, nella collana di Scienze umane.. L’autore, infatti, individua nello Staatsrecht mommseniano il pendant pubblicistico di ciò che ha rappresentato per il diritto privato romano il Lehrbuch des Pandektenrechts di Windscheid: cioè l’idea del “sistema” (p. 11). Concezione, quest’ultima, che Arangio-Ruiz – come ben noto agli studiosi del diritto romano – amava pochissimo: ed infatti non lesina critiche all’impianto del lavoro mommseniano. Si sofferma, quindi, più volentieri – per quanto cautamente –, sul significato politico dell’opera e della personalità di Theodor Mommsen (“percorsa da un senso vivo e partecipe delle esigenze politiche”), utile – afferma Arangio – tanto più “in quest’epoca di profonda revisione e rimeditazione politica” (p. 7), segnata dalle “angosce dei tempi in cui viviamo” (p. 18): siamo nel 1943 e il curatore era esponente di spicco dell’antifascismo liberale e dunque solidale con le battaglie politiche mommseniane (di lì a poco Arangio sarebbe diventato ministro nei primi governi dopo la progressiva Liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo Cfr. Elenco storico dei parlamentari della Repubblica. Dall’Assemblea costituente alla XIII legislatura (1946 – 2000), Camera dei Deputati, Archivio storico, Roma 2000, 491, 494, 497. Arangio-Ruiz fu ministro di Grazia e Giustizia nel secondo governo Badoglio (25 aprile 1944 – 18 giugno 1944) e della Pubblica Istruzione nel secondo governo Bonomi (12 dicembre 1944 – 19 giugno 1945) ed in quello Parri (21 giugno 1945 – 8 dicembre 1945).: destino, quest’ultimo, che lo accomunò al curatore della collana ove appare l’edizione mommseniana in esame, Adolfo Omodeo, storico insigne ma anche ministro della pubblica istruzione, per conto del Partito d’Azione, nel 1944 Adolfo Omodeo fu ministro della Pubblica Istruzione nel secondo governo Badoglio, insieme, appunto a Vincenzo Arangio-Ruiz (cfr. la nt. precedente: Elenco storico cit., 491)., proprio insieme ad Arangio-Ruiz). Il che – sia detto per inciso – conferma la “relativa autonomia”, come è stata definita, dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale Sull’attività dell’ISPI, si veda A. MONTENEGRO, Politica estera e organizzazione del consenso. Note sull’Istituto per gli studi di politica internazionale, 1933 – 1943, in Studi Storici, 19 (1978), 777 ss. e, assai di recente, F. M. PALADINI, Velleità e capitolazione della propaganda talassocratica veneziana (1935 – 1945), in Venetica, 17, terza serie, 6 (2002), 147 ss. (spec. nt. 24 con bibliografia essenziale). (che pubblica il volume in esame), rispetto al regime fascista: sorto per scopi sostanzialmente propagandistici tra il ‘33 e il ‘34, l’Istituto si mantenne, in realtà, a cavallo tra scienza e propaganda. Il volume mommseniano curato da Arangio-Ruiz è eloquente esempio, dunque, del primo aspetto citato. Ma – e qui sta il punto – mentre Arangio-Ruiz comunque loda lo sforzo mommseniano nel delineare il sistema del diritto pubblico romano, che definisce addirittura “purissimo diamante” (p. 18), conclude tuttavia nel senso che una storia di quella branca della scienza giuridica antica sia ancora tutta da scrivere: ed auspica per sé tale compito, pur precisando di non essere allora in grado di svolgerlo. Maiora – sembrerebbe affermare tra le righe Arangio – premunt. Ancora una volta, quindi, la connotazione e lo spirito politico delle opere mommseniane sembrano prevalere – nell’ottica degli studiosi che curano le edizioni italiane a distanza di un cinquantennio dalle originali tedesche – sull’attualità delle conclusioni scientifiche in esse contenute: quasi che la passione politica dell’autore faccia premio sulla qualità intrinseca delle opinioni che Mommsen sostiene, per lo meno nel campo della storia e del diritto pubblico di Roma antica. 12. Restano da esaminare alcune edizioni italiane – apparse anch’esse dopo la scomparsa dell’autore – caratterizzate tuttavia dalla occasionalità editoriale o da obiettivi scientifici assai particolari: peraltro, come si vedrà, non privi di un qualche rilievo ai fini di questa indagine. La prima di esse è la pubblicazione di un lavoro di Mommsen (La distribuzione del suolo italiano e le tabelle alimentari), già apparso più di vent’anni prima Apparve in Hermes, 16 (1881), 393 ss., inserito nel 1907 nella Biblioteca di storia economica diretta da Vilfredo Pareto Th. MOMMSEN, La distribuzione del suolo italiano e le tabelle alimentari, in Biblioteca di storia economica diretta dal Prof. V. Pareto, II.2, Società Editrice Libraria, Milano 1907, 709 ss.. La ricerca, in sé, non presenta particolari caratteristiche. L’unica questione di rilievo è che essa appare in una collana scientifica di grande importanza nella prima metà del secolo passato, su cui vale la pena, semplicemente, richiamare l’attenzione degli studiosi. E’ infatti notissimo il fondamentale ruolo svolto da Pareto nel sostenere la diffusione degli studi sociologici ed economici in Italia. Giova, in questa sede, solo rammentare la molteplicità dei rapporti di Pareto medesimo con la coeva intellettualità tedesca R. FAUCCI, Notes on the Influence of German Economic Thought in Italy, in Storia del pensiero economico, 37 (1999), spec. i §§ 5 e 8 e ivi bibliografia essenziale., nonché la rilevante attenzione dello stesso autore verso la storia economica antica Cfr. per tutti, recentemente, R. FAUCCI, Gli economisti italiani e l’economia antica: da Ferrara a Pareto, in Il pensiero economico italiano, 5.1 (1997), 39 ss., in collaborazione, ma anche – non di rado – in contrasto con un altro grande studioso della Roma antica (nonché esponente politico socialista) quale Ettore Ciccotti. Con quest’ultimo, peraltro, Pareto divise la responsabilità della collana menzionata di storia economica, che, dall’anno di fondazione (1889, in volume 1903), proseguì le pubblicazioni sino al 1929 e cioè anche dopo la scomparsa di Pareto, avvenuta nel 1923. Non appare dunque per nulla anomalo il fatto che il medesimo Pareto decida, a pochi anni dalla morte di Mommsen, di inserire un contributo del prestigioso autore nella collana da lui diretta con le caratteristiche citate. Occorre, invece, attendere molti anni – se si escludono, come già ricordato, le edizioni italiane della Storia di Roma e quelle del Disegno del diritto pubblico – per trovare una nuova traduzione mommseniana nel nostro Paese. Si tratta della pubblicazione (in una prestigiosa traduzione: quella di G. Funaioli) de Il testamento di Teodoro Mommsen, nel già menzionato Bullettino dell’Istituto di Diritto Romano (53-54, 1948, 345 ss.), intitolato – dopo la sua scomparsa – a Vittorio Scialoja. Il testamento mommseniano ha attirato l’attenzione di non pochi studiosi: ce ne parlerà Giovanni Pugliese Carratelli, ma basti qui richiamare le pagine partecipi che gli dedicò Giorgio Pasquali G. PASQUALI, Il testamento di Teodoro Mommsen, in Pagine stravaganti di un filologo, II, Terze pagine stravaganti. Stravaganze quarte e supreme (19511), a cura di C. F. RUSSO, Firenze 1994, 386.. Dal radicale pessimismo che vi traspare in merito alla propria opera scientifica, alle notazioni del tutto negative sul futuro politico della Germania Cfr. per tutti DILIBERTO, La biblioteca cit., 13 nt. 3 e ivi bibliografia essenziale., il codicillo testamentario di Mommsen appare segnato da un’irriducibile cupezza. Né varrebbe la pena tornarci, se non per annotare quanto il prestigio dello studioso fosse ancora vivissimo tra gli storici del diritto usciti dalla tragedia della seconda guerra mondiale: tanto da ritenere imprescindibile offrire (in traduzione!) la lettura del medesimo testamento al pubblico italiano specializzato. 13. Siamo ormai ai giorni nostri. Giova, dunque, in conclusione, richiamare la pubblicazione di due volumi In verità, altri due scritti mommseniani sono apparsi tradotti in Italia, in appendice a G. LIBERATI, Mommsen e il diritto romano, in Materiali per una storia della cultura giuridica, 6 (1976), 215 ss.: si tratta delle due prolusioni ai corsi di diritto romano tenuti rispettivamente a Lipsia (1848) e a Zurigo (1852) nei quali lo studioso approfondisce il rapporto tra diritto romano, cultura giuridica del suo tempo e storia romana. che, in traduzione italiana, offrono due scritti mommseniani di grande rilievo. Il primo – apparso nel 1980 – riguarda il viaggio giovanile di Mommsen nel nostro Paese: Th. Mommsen, Viaggio in Italia: 1844-45, Fogola, Torino 1980 (introduzione, traduzione e note a cura di A. Verrecchia) Il volume è apparso nella collana “La Torre d’avorio”, tradotto dall’edizione (Verlag H. Lang, Bern und Frankfurt a. M.) del 1976.. Si tratta del diario tenuto dallo studioso nel corso di un lungo viaggio in Italia – svolto, come noto, grazie ad un Reisestipendium ottenuto dal re di Danimarca – dal 20 settembre del 1844 al 28 ottobre dell’anno successivo (p. XIX). Mommsen, che si riprometteva di ricavare dal viaggio un buon “bottino epigrafico” (p. XIV), aveva allora in mente di lavorare ad una nuova edizione dei monumenta legalia di Haubold: ma ben presto, come si sa, l’intendimento mommseniano si tramutò nell’ambiziosissimo – ancor oggi sorprendente – progetto del CIL. Il viaggio in Italia è dunque l’occasione – esplicitamente dichiarata – di attraversare un Paese, il nostro, le cui vestigia antiche avrebbero offerto al giovane studioso vasta messe di materiale per i lavori, soprattutto epigrafici, che andava intraprendendo. Ma il Diario, oltre a dar conto dei rapporti instaurati con il mondo intellettuale dell’epoca, è ricco di suggestioni personali, di giudizi sull’arte, la pittura, la musica (p. XVIII); di osservazioni, non di rado frutto di tradizionali pregiudizi tedeschi sugli italiani (p. XXIV), concernenti la presunta predisposizione dei nostri connazionali alla sporcizia e al furto, e così via. Lo stile, da semplice taccuino, rende chiaro che Mommsen scriveva per sé ed eventualmente, come afferma, per i “suoi cari”: ed in fondo, la stessa pubblicazione del Diario (ad opera del suo principale biografo, L. Wickert), avvenuta dopo esser rimasto per quasi un secolo tra le carte mommseniane conservate presso la Staatsbiliothek di Berlino (p. XIX), ne è eloquente riprova. Il diario non era destinato – negli intendimenti dell’autore – alla stampa. Ed invece la pubblicazione del diario di viaggio è di notevole interesse: si svelano, infatti, in diverse occasioni, anche particolari importanti concernenti le coeve pubblicazioni mommseniane, non solo quelle apparse in Italia, di cui si è detto in precedenza V. supra § 2.; vengono svolte considerazioni su opere scientifiche altrui, ipotesi e impressioni su iscrizioni e ritrovamenti archeologici. Il che rende la pubblicazione in Italia, grazie ad una casa editrice “minore”, ma benemerita nel campo dell’editoria di cultura – quale è Fogola di Torino La casa editrice vanta un catalogo di tutto rispetto: libri universitari, classici, opere di storia e archeologia, storia locale e memorialistica, viaggi. –, significativa anche ai fini della complessiva ricostruzione della personalità umana e scientifica del grande studioso. 14. Di natura completamente diversa, invece, ma di altrettanto interesse, appare, infine, la pubblicazione in Italia, per i tipi del Mulino, di Theodor Mommsen, I diritti fondamentali del popolo tedesco. Commento alla Costituzione del 1848, a cura di G. Valera, Il Mulino, Bologna 1994 (nella collana dell’Istituto Italiano per gli Studi Storici in Napoli). In verità, il commento alla Costituzione del 1848 non apparve, a suo tempo (1849), a firma di Theodor Mommsen, ma anonimo Die Grundrechte der deutschen Volkes, Leipzig 1849.. L’attribuzione al nostro autore è dovuta tuttavia al già più volte menzionato L. Wickert L. WICKERT, Nachwort, in Th. MOMMSEN, Die Grundrechte des deutschen Volkes mit Belehrungen und Erläuterungen, Frankfurt a. M. 1969, 84 ss., ed appare ormai acquisita. Il che, evidentemente, rende l’opera in esame, ai nostri occhi, di straordinario interesse: l’autore, infatti, inserisce le proprie argomentazioni sulla Costituzione del ’48 nell’ambito del più generale dibattito costituzionalistico tedesco (Introduzione, p. VIII), offrendoci quindi uno spaccato delle opinioni mommseniane sul diritto pubblico coevo, che avranno peso non secondario, come ovvio, anche nelle successive ricerche sullo Staatsrecht romano. Bene ha fatto, dunque, Gabriella Valera a curarne l’edizione e a dedicargli un denso saggio introduttivo. La prospettiva nella quale si muove il Mommsen è quella dell’unificazione tedesca in uno stato federale. Vengono alla luce, quindi, temi decisivi, quale la cittadinanza “statale” in rapporto con le diverse cittadinanze dei vecchi stati pre-unitari, la libera circolazione dei cittadini, nonché il più generale principio dell’eguaglianza dei cittadini medesimi di fronte alla legge (principio, come è stato osservato, la cui affermazione avvenne tutt’altro che priva di contrasti: Introduzione, p. XXV). Ma vengono alla luce anche problemi delicatissimi – economici e politici – quale l’abolizione dei vincoli feudali (ibid., p. XXIX ss.): tutto ciò, in rapporto con la scienza giuridica del tempo. Dalla lettura del commento mommseniano troviamo conferme dell’impianto liberale – e particolarmente avanzato sul terreno sociale – del pensiero dell’autore. Basti qui ricordare il ruolo centrale che riveste il popolo nella ricostruzione mommseniana: un soggetto politico – il popolo, appunto – che dovrebbe portare a compimento il lavoro costituente iniziato dall’Assemblea nazionale, poiché esso è il vero “agente del cambiamento” (ibid., p. LVII). Per Mommsen, l’eguaglianza (anche dal punto di vista strettamente sociale, nel rapporto tra borghesia e vecchia nobiltà) va di pari passo all’affermazione della libertà (ibid., p. LXIII): il che implica anche, in tema di proprietà privata, l’abolizione di tutti gli oneri feudali. D’altro canto, in tale logica, i diritti previsti astrattamente nelle costituzioni vanno conquistati attraverso la lotta politica, tanto che – per l’autore – “ribellarsi ad ogni sopruso” è “dovere del cittadino” (ibid., p. LXVIII). A tutto ciò, presiederebbe il principio di responsabilità tra privati cittadini e “pubblico” (concetto più generale di quello di Stato), come nel caso del “cittadino romano, che doveva comparire per rendere conto [del proprio operato] nel foro” (ibid., p. LXVII). Si tratta, come può facilmente osservarsi, di una concezione modernissima e molto avanzata. Così come è agevole annotare che sono concetti ripresi da Mommsen anche nei lavori dedicati alla storia romana e al diritto romano (ibid., p. LXIX). Il che, come già rilevato più volte, costituì uno dei principali motivi di critica all’impianto “modernizzatore” con il quale l’autore affrontava la ricostruzione della storia antica: in ultima analisi, secondo i suoi detrattori, senza il necessario distacco dello storico. Insomma, si può concordare senz’altro con la curatrice del volume in esame: sembra esservi – alla luce delle teorie costituzionaliste svolte da Mommsen a commento della Costituzione tedesca del ’48 – una coerente continuità tra il giurista che si occupa di diritto pubblico a lui coevo e lo storico del diritto (e tanto più lo storico tout court) della Roma antica (ibid., pp. LXXVII e XCIX) Anche se a Mommsen stesso non sfugge il contrasto tra la “completezza del sistema ideale e le lacune del concreto storico” (ibid., p. XCVII): cioè tra l’esigenza della ricostruzione di un “sistema” coerente e completo nello studio del diritto pubblico (e della storia) e la concreta incompletezza e frammentarietà della documentazione a nostra disposizione, che impedisce un’esaustiva ricostruzione del quadro antico.. E ciò, ancora una volta, sarebbe determinato dal costante impegno politico dell’autore (ibid., p. XCVIII). 15. E’ tempo di concludere questa sin troppo lunga esposizione. Attualmente, restano in commercio, in Italia Associazione Italiana Editori, Catalogo dei libri in commercio, Editrice bibliografica, Milano 2002, Autori (Hou – Z), 1724., a disposizione del più vasto pubblico dei lettori, oltre alle ultime due opere analizzate – il Viaggio in Italia e il Commento alla Costituzione del ’48 – l’edizione della Sansoni della Storia di Roma e la più recente ristampa anastatica, già citata, del Disegno del diritto pubblico romano, nonché un’ulteriore anastatica, stampata nel nostro Paese, ma tratta da un’edizione mommseniana in traduzione francese (L’ Histoire de la monnaie Romaine [trad. de Blacas, Paris 1865 - 75]) Edizione originale: Geschichte des römischen Munzwesens, Weidmann, Berlin 1860 (rist. anast. Graz 1956)., apparsa in Italia, da Forni, Bologna, in quattro volumi, nel 1968, ed ancora disponibile presso l’editore. Ma quest’ultima edizione, tratta da una traduzione ottocentesca estera esula, evidentemente, dagli intendimenti di questo contributo. Oltre, dunque, alle opere più tradizionali (e frequentemente apparse nel nostro Paese), sembra potersi osservare che l’interesse per Mommsen sia ultimamente concentrato su lavori inediti sino a non molti decenni addietro, che concernono aspetti meno noti dell’autore: in definitiva, un lavoro di ricerca più rivolto agli specialisti che al largo pubblico: penso al Diario, concepito non per la pubblicazione, e al Commento “costituzionale”, apparso a suo tempo addirittura anonimo. E’ un segno importante. Insieme, infatti, alla copiosa pubblicazione – di cui si è detto all’inizio di questo contributo – di frammenti epistolari e di memorialistica locale concernenti il grande studioso tedesco, queste ultime edizioni italiane rivelano un’attenzione per l’opera mommseniana che si evolve nel tempo (né potrebbe essere altrimenti), palesa nuovi interessi, sempre diverse suggestioni. Un segno, in definitiva, che dall’opera mommseniana emergono ancora, incessantemente, spunti importanti per gli specialisti di oggi. PAGE 2