New Realism

Although Paragraph 7 of Being and Time is one of the most commented-on paragraphs of Heidegger's main work, an extensive interpretation of the notion of "semblance" (Schein) has been neglected by most of the literature. Most studies merely note that Schein represents a contingent way of covering-up a phenomenon. However, in this paragraph, Heidegger explicitly distinguishes between contingent and necessary coverings-up. In the present paper, I argue that this difference between contingent and necessary coverings-up received a more extensive analysis in the Marburg lecture courses - especially in GA 17, GA 19, and GA 20 - and that this distinction is crucial for understanding Heidegger's phenomenological description of being. In particular, the paper illustrates that the possibility of a contingent covering-up corresponds to Heidegger's treatment of the ψεῦδος in GA 17, while Heidegger develops the possibility of a necessary covering-up in his discussions of ἕτερον in GA 19 and Husserl's "categorial intuition" in GA 20. Thus, I argue that Schein, as a necessary covering-up, is Heidegger's phenomenological way of understanding being. Being is not something metaphysically hidden behind the phenomenon, but rather shows itself phenomenologically in every entity as its unthematically apprehended condition of possibility.

During the winter semester of 1925/26, in his seminar on logic, Martin Heidegger suggested that artistic representation can be seen as a form of schematization-an extension of Kant's original concept of the schema. What should we make of this passing mention of art in the 1925/26 seminar? How does it relate to "The Origin of the Work of Art"? Did schematism motivate Heidegger to reflect on art? I propose that the notion of the schema is crucial for understanding the role of art in Heidegger's philosophy. My argument is that, having emphasized the ontological difference for so long, Heidegger requires a mediator to bridge the gap between the ontological and the ontic dimensions-for the former to function as a condition of possibility for the latter. In this context, the work of art serves as such a mediator, akin to the Kantian schema, bringing together two heterogeneous elements.

Autor francês polígrafo, dividindo-se essencialmente a literatura, as instalações plásticas e a filmografia documental ou experimental em vídeo, Camille Toledo tem dedicado uma atenção particular à questão da Europa. Em 2008, lançou-se numa polémica contra os argumentos do célebre manifesto «Pour une Littérature-monde en Français», por considerar que os seus signatários tinham-se iludido com uma bipolarização simultaneamente simplista, do ponto de vista estético, e engenhosa, do ponto de vista político. Na opinião do então jovem escritor, o problema não residia no facto de o Manifesto defender a «crioulização» e a «bastardia», mas de os seus signatários se terem deixado encantar pelas periferias do mundo, esquecendo ou subestimando a «bastardia original» da própria Europa. Daí que o autor de Visiter le Flurkistan sustentasse que, em vez de sobrevoarem as margens da Europa, os «voyageurs»

Il "nuovo realismo" sarebbe tanto piaciuto a Lewis Carroll, ne siamo sicuri. Abituato a stravolgere la realtà, passando per specchi e inseguendo conigli vestiti da sabato sera, il matematico inglese non avrebbe potuto non notare che la rivendicazione dei realisti, seppur non abbia nulla di "nuovo," 1 è maledettamente ragionevole. Vediamo di capirci qualcosa. Carroll piegava la realtà, giocava con la modalità, rendeva ambigua ogni espressione e festeggiava i "non-compleanni" per avere più regali. Ma lo faceva per un motivo: dimostrare il potere dell'immaginazione nel lavorare sui fatti, stravolgendoli. Immaginazione e fatti, appunto. Qualcosa c'è, ed è indipendente da noi, ma possiamo divertirci a pensare che non ci sia, o che sia come noi lo vorremmo. Tuttavia, c'è un "però", ed è anche bello grosso: il nostro potere è vincolato all'immaginazione. Carroll, nella vita reale, non sarebbe mai partito all'inseguimento di un coniglio, non avrebbe parlato con un brucaliffo, o reso onore alla regina di cuori. Eppure, qualcuno con la stessa fantasia di Carroll, ma convinto davvero che la realtà si potesse stravolgere, perché socialmente costruita, è esistito: i postmodernisti. Non banalizziamo, non è che i postmoderni fossero convinti che inseguire conigli nelle loro tane, cambiando più volte dimensione corporea, fosse qualcosa di fisicamente possibile. Tuttavia, l'atteggiamento nei confronti della realtà, da parte di questi filosofi, è stato tutt'altro che rispettoso e caratterizzato, essenzialmente, da tre fasi di "decostruzione": (a) Ironizzazione; (b) Desublimazione; e (c) Deoggettivazione. La convinzione alla base del postmoderno, che caratterizza tutte le fasi del suo sviluppo teorico, è che i "racconti" 2 del moderno -e la sua pretesa di oggettività -costituiscano la base del dogmatismo e delle sue derive politiche: i totalitarismi, le guerre, ecc. Contro questo presunto crimine della realtà, che nella loro visione deriva dal "prendere troppo sul serio" certe idee, i postmoderni propongono un atteggiamento di distacco, segnalato dal costante utilizzo delle virgoletteepoché husserliana applicata alla scrittura -per i cosiddetti paroloni filosofici: "verità", "realtà", "oggettività" e via dicendo. Oltre a prendere le distanze tramite il virgolettato, i postmoderni guardano con sarcasmo chi pretende di trovare il vero, ricordandogli che è solo figlio di una cultura smodatamente scientifica che va messa in discussione da un pensiero debole 3 e cauto. Il Nietzsche dei "niente fatti, solo interpretazioni" diventa linea guida di un pensiero che "desublima il represso" -come sostenevano già Adorno e Horkheimer 4 -di un potere che, all'apparenza, concede diritti civili e libertà morali, ma che proprio di queste concessioni fa un dispositivo di controllo biopolitico all'insegna di una "normalità reale" -cui va contrapposta, necessariamente, una critica del reale. Ma ciò che rimane in assoluto "la ragion sufficiente e il motore politico" 5 del postmoderno è la deoggettivazione, che serba in sé la posizione metafisica di riferimento di questi pensatori: realtà e oggettività, laddove intese come pretese di Assoluto, sono un male. Unica bussola per orientarsi nel mondo è il campo d'insieme di lotte contro il potere, 6 sola vera forza che regola il mondo, realtà e oggettività comprese. Il sapere, da strumento di emancipazione nella visione illuminista, diventa mezzo di oppressione. Il filosofo che pretende di avere raggiunto la Verità è un arrogante "prete ascetico" in cerca di potere. "Il mio uso del 'prete ascetico' di Nietzsche è deliberatamente peggiorativo... un fallocentrico ossessivo, uno che verso le donne prova la stessa sprezzante irritazione di Socrate quando gli si chiedeva se esistessero Forme per i capelli e per il fango. Un tale soggetto ha lo stesso infinito desiderio di Nietzsche per…la pulizia. Ha lo stesso infinito desiderio di Heidegger per la semplicità... così tende a tenere le donne al loro posto di tradizionale inferiorità, lontano dagli occhi e dalla mente, e a favorire un sistema di caste in cui i virili guerrieri, che si lavano spesso, stanno al di sopra dei puzzolenti mercanti del bazar. Ma il guerriero, naturalmente, è surclassato dal prete, che si lava ancor più spesso senza perdere in virilità. Il prete è più virile perché ciò che conta non è il fallo della carne ma quello immateriale, quello che penetra il velo delle apparenze ed entra in contatto con la vera realtà…" 7

Much research in the field of emotions has shown that people differ in the cues that they use to perceive their own emotions. People who are more responsive to personal cues (personal cuers) make use of cues arising from their own bodies and behavior; people who are less responsive to personal cues (situational cuers) make use of cues arising from the world around them. An evolutionary explanation of this welldocumented phenomenon is that it occurs because of the operation of a cognitive module designed to enable the organism to predict its own impending behavior. This theory suggests that situational cuers would be people for whom external factors are the best source of information about their own future behavior, whereas personal cuers are people for whom cues about themselves are the best source of information about their own future behavior. Such a view is founded in the New Realist philosophy of the early twentieth century, a philosophy that affected psychology through the work of E.

Much research in the field of emotions has shown that people differ in the cues that they use to perceive their own emotions. People who are more responsive to personal cues (personal cuers) make use of cues arising from their own bodies and behavior; people who are less responsive to personal cues (situational cuers) make use of cues arising from the world around them. An evolutionary explanation of this welldocumented phenomenon is that it occurs because of the operation of a cognitive module designed to enable the organism to predict its own impending behavior. This theory suggests that situational cuers would be people for whom external factors are the best source of information about their own future behavior, whereas personal cuers are people for whom cues about themselves are the best source of information about their own future behavior. Such a view is founded in the New Realist philosophy of the early twentieth century, a philosophy that affected psychology through the work of E.

Dans cette communication nous présentons les influences et le positionnement philosophique de Nishida. D’abord, nous exposons la notion de vacuité héritée du bouddhisme et ses deux propriétés principales : l’impermanence et l’interdépendance (ou co-émergence) des choses entre elles. Ce qui nous permet de montrer comment cet héritage permet à Nishida de critiquer et de se démarquer de la phénoménologie occidentale. Ensuite, nous analysons sa logique du « Lieu » (場所の論理, Bashô no ronri). Il s’agira de montrer comment Nishida, au moyen de cette logique, va neutraliser le dispositif phénoménologique occidental en déconstruisant le primat de l’ego transcendantal. Ceci, afin de montrer que toute activité intentionnelle émerge en réalité d’un ensemble de connexions dynamiques qui se font au sein d’un espace impersonnel plus englobant (le « Lieu »). Enfin, et ce sera notre contribution plus personnelle, nous essayerons de montrer comment cette approche négative de la conscience et de sa relation à la réalité offre des éléments d’analyses qui nous semblent pertinents pour réaborder le concept de « virtuel » en termes de relations possibles entre significations. Ceci, en la rapprochant de la phénoménologie de la perception chez Merleau-Ponty.

La propuesta filosófica que Maurizio Ferraris presenta en este revolucionario libro titulado El manifiesto del Webfare, se inscribe en el marco de un proyecto filosófico más amplio denominado Nuevo realismo 1 . Con la finalidad de comprender las coordenadas conceptuales que definen el sentido de este proyecto es necesario -si no indispensable-tomar en consideración una serie de nociones preliminares de su filosofía para comprender el sentido de lo que el filósofo turinense denomina "revolución copernicana de la Web" 2 . Solo así será posible entender su aplicación a una teoría de valor económico que pueda servir de base para una nueva forma de justicia social en la era de la revolución digital.

Este escrito sostiene que en las tres aristas que se tocan: la perspectiva, el método y el trabajo del cineasta Eisenstein se advierte un interés psicológico en confluencia con la perspectiva históricocultural de Vygotsky con quien además compartió un proyecto. Un cineasta, como cualquier artista, al crear a sus personajes los dota-o le exigen-una perspectiva crítica de la constitución psíquica cuyo método, el montaje, se toquen las fibras psicológicas del espectador también, otro elemento del diálogo polifónico que se entabla entre director, personajes, espectadores y la situación en la cual transcurre el acontecimiento. Como ideal de Eisenstein este escrito apela a su afán por desentrañar los principios constitutivos de la persona, y aquello que lo toca para darle un giro a su existencia. Y del modo cómo se puede resistir a un sistema que vigila, oprime siempre con la energía emocional que aporte la fuerza para estratégica y sutilmente se salve la cara también. Palabras clave: montaje, éxtasis, pathos y principios de constitución psíquica.

La gente è sempre stata curiosa di conoscere il futuro e ha sempre desiderato sapere che cosa accadrà. Per questa ragione si sono sviluppati molti sistemi di predizione: foglie del thé che formano disegni, Tarocchi, Astrologia, I Ching... All'inizio di questo secolo, la moglie di un vescovo inglese, la signora Atlay, sognò di aver trovato un maiale nella sua sala da pranzo, tra il tavolo e il buffet. La mattina seguente, dopo le preghiere, la signora andò nella sala, e con sua grande meraviglia, ci

The following text constitutes the draft of the opening remarks and the first chapter of a de-veloping monographic outline of hermeneutic realism. The title references a central tenet of hermeneutic realism: the thesis that, in perception, we read things as tokens of elementary propositions about them and, in this sense, think in things as world-side (“Lagadonian” in David Lewis’s terminology) linguistic tokens. The first chapter examines the concept of truth and discusses radically non-epistemic (realist) and radically epistemic (anti-realist and neo-pragmatist) conceptions of truth. The debate surrounding truth suffers from the fact that, in contrast to the realist and pragmatic aspects of truth, which take centre stage, the third essen-tial aspect—the phenomenal—is routinely overlooked. This third aspect, the unconcealment of things in perception as world-side linguistic tokens and primary truth-bearers, is brought to the forefront here.

In the endless adventure of cinema, there have been times when reality was reflected
as it is, and times when a new reality was created. Over time, this situation has reached
such a point that it has become difficult to see at certain points. But cinema has never
stopped showing the truth, neither yesterday nor today. The fact that production is carried
out by human hands is also a factor in this refusal to give up. Because movies, regardless
of whether they are science fiction, drama, comedy, horror, psychological thriller, etc.,
have always contained some data about human beings. At this point, the study aims to be
useful by analyzing how this is done in the historical adventure and in the axis of cinema
and psychology in its own sections. In doing so, she touches on Karen Horney's concepts,
Michael Haneke's films and the history of cinema. As a matter of fact, in the context of
psychoanalytic method, Horney's concepts of approaching people, opposing people and
distancing from people, which arise as a result of environmental factors, were discussed in
the study in order to provide strong data. As a result of this method, the hypothesis that
cinema shows reality as a result of the intense neurotic disorders permeating the characters
in Haneke's Funny Games (1997), The White Ribbon (2009) and Benny's Video (1992)
was confirmed.

El libro se centra en analizar cómo en la obra de Brakhage el carácter trascendental del sujeto es sustituido por una inmanencia que lo reconfigura. Ese plano de inmanencia insufla a la materialidad de los procedimientos técnicos de la imagen de nuevas formas analíticas que no requieren de un individuo que observe o sienta como punto de partida para reponer el sentido, sino que se provoca la entrega sensorial a un universo inmanente de perceptos y afectos sin dueño y la navegación de las potenciales multiplicidades de la imagen-movimiento.

del prólogo de Gabriel Boschi

In their jointly authored book from 2017, The Rise of Realism, Manuel DeLanda and Graham Harman, develop their respective viewpoints in the form of a dialogue. To both of them, realism amounts to a "the belief in a mind-independent reality. " 1 For DeLanda this realism should be "materialist, " whereas Harman prefers a "speculative realism" that is not restricted to materialism. But their shared sense of a mission is to contribute to what they see as a realist turn in continental philosophy, even though the realization of their respective programs points in different directions, as do their intellectual backgrounds. Whereas DeLanda takes his inspiration from Deleuze, Harman comes from phenomenology and Heidegger, whose existential ontology he seeks to dissociate from its idealist background in Husserl and Kant. In Après la finitude from 2006 Quentin Meillasoux argued that much of previous philosophy, from Kant to Husserl and Heidegger and their followers, were caught in "correlationism, " a collective term for the position that all reality is mediated through subjectivity and language. 2 In its place, he expressed the desire to reach the "great outdoor" (le grand dehors). In the German philosophical context, the new current has been represented most audibly by Markus Gabriel, who has also declared himself to be an adherent of a "new realism" that seeks to challenge the constructivism and relativism of post-Kantian philosophy. Gabriel often refers to Maurizio Ferraris, whose Manifesto for a New Realism was published in English in 2012. In Gabriel's book from 2013 Warum es die Welt nicht gibt, postmodern thinking and critique is said to have led to a radical "constructivism" that denies that there are solid facts in the first place. 3 Nevertheless, it is not in explicit polemic against Kant or the different neo-Kantianisms-among them phenomenology-that Gabriel develops his position. His "new" philosophical program is neither a naturalism nor a materialism, but it situates itself instead in the extension of a certain understanding of phenomenology, focusing on "fields of meaning" and "givenness" rather than on transcendental subjectivity and its constructions/correlations. The same lineage can be traced in Ferraris, whose background is hermeneutic philosophy and deconstruction.

Objectives | In recent years tourism has become increasingly the object of interest related to the themes of sustainability and accountability. Sustainability and accountability are key themes and a central node of urban planning, drawing the attention of experts on the role of tourism as a potential territorial policy component which can interact with the different potential and critical development issues of the territory. The report presents two main research projects "AhlanWa Sahlan" and "SISLAB" undertaken by the Department of Urban and Regional Planning (DPTU) of the Faculty of Architecture "La Sapienza" University, proposed for the opportunities offered by European institutions for financing. The two research projects proposed for the Mediterranean area consider different points of view about tourism issues. The "Ahlan Wa Sahlan" project considers tourism as a potential component driving the regional policy to the recovery and developme...

The connection between form and meaning has been so intrinsic and obvious that it has been implicit for centuries. Then, around fifty years ago, the issue of meaning suddenly burst into the architectural world, with many scholars and practitioners bustling to introduce semiology and semiotics into design. Now, after the globalisation and the atomisation of thoughts of the last decades, those debates could seem pretty meaningless, the form being mainly an aesthetic feature or a counterfeit fetish for everchanging, feeble poetics. Yet, we continue to design, produce, and critique architecture, attributing meanings, intentions, and hopes to its forms. Once more, we will explore and discuss the elusive yet unavoidable connection between meaning and architecture: four thematic sections to understand the place and dimension of meaning in, of, from, to, after, or maybe even for Architecture.

pas la penser indépendamment de son rapport avec le langage. D'après une assertion de Nelson Goodman, « la vérité appartient seulement à ce qui est dit », 1 et ce constat paraît indéniable, qu'il s'agisse de vérité logique, scientifique ou morale. Dans la narratologie, aussi bien que dans l'histoire-les deux grands domaines où se situe l'activité todorovienne-la matière première du chercheur appartient exactement « à ce qui est dit », sous forme orale ou écrite. On peut toujours interroger n'importe quel récit, fictionnel ou non, sur la manière dont il dit la vérité, ou dont il fait semblant de le faire. Sans doute, le temps que 'le premier' Todorov a consacré à la perfection d'une méthode d'analyse à travers les principes de construction du récit est bien au service du 'second' Todorov qui, dans sa recherche d'une vérité d'ordre historique ou éthique, s'ap-puie largement sur des récits trouvés dans des documents, ou sur de...

NOTA EDITORIAL: Los puntos de vista, opiniones y contenidos expresados en esta obra son de exclusiva responsabilidad de sus respectivos autores. Dichas posturas y contenidos no reflejan necesariamente los puntos de vista de Dykinson S.L, ni de los editores o coordinadores de la obra. Los autores asumen la responsabilidad total y absoluta de garantizar que todo el contenido que aportan a la obra es original, no ha sido plagiado y no infringe los derechos de autor de terceros. Es responsabilidad de los autores obtener los permisos adecuados para incluir material previamente publicado en otro lugar. Dykinson S.L no asume ninguna responsabilidad por posibles infracciones a los derechos de autor, actos de plagio u otras formas de responsabilidad relacionadas con los contenidos de la obra. En caso de disputas legales que surjan debido a dichas infracciones, los autores serán los únicos responsable

Luigi Moretti riconosce nello spazio interno e vuoto la sostanza dell’architettura: la ragione principale e di nascimento di una fabbrica. Nella sequenza di spazi, e negli effetti volumetrici che ne derivano,
identifica il grande atto del fare architettura.
Si tratta di una visione profondamente radicata nella cultura architettonica di Roma, alla cui antica civiltà – citando lo storico Sergio Bettini – si deve la nascita di un linguaggio costruttivo propriamente spaziale,  accompagnato da un gusto che, primo fra tutti, pone a fondamento dell’espressione architettonica lo spazio interno inteso, con Zevi, tanto nella sua declinazione architettonica quanto in quella estesa alla città.
Una questione che ha mantenuto nel tempo una sua centralità e che individua nella dimensione plastica del Barocco e nella dinamicità dei suoi spazi la massima espressione; una posizione, allo stesso modo, che ha contraddistinto parte dell’architettura italiana del dopoguerra e su cui si è
soffermata la critica moderna.
A Roma i diversi statuti dello spazio sono declinati in un arcipelago di posizioni teoriche e di manifestazioni sperimentali che si inverano nel progetto di architettura, estendendosi dalla città alla campagna in dimensioni temporali diversificate. I tempi lunghi dell’architettura e quelli brevi del suo progetto o delle sue speranze legano la grande Storia della città alle microstorie locali attraverso proiezioni interscalari che, nel contesto romano, hanno ingaggiato confronti sublimi e terribili, anche
nell’elaborazione teorica, con l’immanenza plastica della materia, della costruzione, dello spessore, del chiaroscuro.

By highlighting traces of negative political theology in Kant, Fichte, Schelling, Hegel, and other marginal figures of Idealism such as Karl Marx and the Romantic Hölderlin, Nothing Absolute captures the genealogical roots and growing interest in negative political theologies that provide a substantive response and path forward beyond the legacy of Carl Schmitt and political theology’s questionable origins. This emerges distinctly in its critical reimagining of German Idealism’s negative dimensions that think theology, politics, and the present in light of a critical, depotentializing of sovereignty that is especially evident in its reception and criticism from a number of innovative Jewish thinkers such as Walter Benjamin, Jacob Taubes, and Ernst Bloch. In summary, Nothing Absolute offer a clear, critical, dynamic, and living alternative to thinking theology and politics outside of its problematic, historical forms of modern self-legitimization.

In this essay I will compare the classical ontological realism (Platonic) and the ultra-weak realism, connected to an austere nominalism, of Achille Varzi, also recalling a comparison between the concepts of the Italian philosopher and the Kantian distinction between noumenon and phenomenon. To this aim, I will conduct a detailed analysis of two works by Varzi published in 2014 where the metaphysical, and in a certain sense also the ethical-political, reasons of the ultra-weak realism are explained. After the study of Varzi’s essays I will analize the chapter of the Critique of Pure Reason that Kant dedicates to the distinction of objects of knowledge into phenomena and noumena. Then, I will try to determine whether the transcendental scheme that the human mind places between objective reality and our way of representing it and communicating it to others – that is what for Quine is the schema of language and for Kant is the way of structuring the “possible experience” – is really everything we talk about and which we refer to, or instead if through this cognitive super-structure we are able to bring to light and communicate some actual aspect of the noumenal reality.

Markus Gabriel’s Fields OfSense  Ontology  (FOS)  is  a  theory  molded  to  uphold pluralism in its most radical form. If the project succeeds, it seems that a lot of benefits would follow  for  ontology  in  general.  One  example  is  a  solution  to  the  problem  of  “negative existentials”. Another one is the reality attributed to fictional objects through FOS’s pluralistic base. Be that as it may, the project is, in fact, threatened by a series of criticisms. Among those, some appear to follow the same line: Gabriel seems to commit himself to theentity that is, by his own diagnosis, the heart of a strong reductionist system, that is, “the world”. As we can derive from arguments laid out by Meillassoux, Priest and Moss, Gabriel seems, in one way or another, to be a reductionist “despite itself”. In our reading, this problem can be solved if we reorientate the place of the “non-contradiction principle” in Gabriel’s system. Our endeavor will lead us, finally, to a deviant form of FOS that places the paradox at the center of the system. We call the position that follows from this move “Paradoxism” which relies on the “paradox of paradox” as its foundation (and lack of it).

RESUMEN El presenta artículo propone una relectura de la epistemología de la historia desarrollada por Paul Ricoeur en La memoria, la historia, el olvido a partir de la ontología social de Maurizio Ferraris. Para ello, revisa la comprensión del concepto de huella en Ricoeur y el vínculo que establece con las categorías de indicio, testimonio y documentos. Pese al valor operativo de esta distinción y la demanda de un "realismo crítico" que exceda los procedimientos retóricos de la representación narrativa del discurso histórico, el compromiso de Ricoeur con la tradición hermenéutica deja de lado la historicidad de los documentos y su rol como actores claves en la articulación del mundo real. En ese sentido, el artículo nutre esta demanda con la teoría de la documentalidad del filósofo italiano Maurizio Ferraris. Su lectura de los objetos sociales como actos inscritos permite hilar fino en el lugar social de los documentos y su condición de testigo, distinguiendo "documentos fuertes" y "débiles". Este llamado de atención habilita revisitar tanto el rol de la explosión documental de la primera modernidad y la documedialidad en curso como mediaciones necesarias de considerar en la "fase documental" de nuestras operaciones historiográficas.

There are no consistent world views. 'Absolute Dialetheism' is the view that the world exists, but with the qualification that 'the world exists,' is a true contradiction. I briefly reconstruct Gabriel's argument against the existence of the world, and I show how the question concerning the existence of the world can be motivated by situating it within problems that arise within Schelling's philosophy. I begin by considering the ground of Gabriel's relative concept of existence, as well as questions concerning the possibility of the world and the concept of truth that is operative in SFO. While Gabriel's fields of sense ontology commits him to a form of relative dialetheism, his argument against the existence of the world precludes the possibility of accepting Absolute Dialetheism. I argue that successfully asserting the truth of the no world view depends upon accepting the truth of Absolute Dialetheism. I further explore two forms of Absolute Dialetheism: the conceptual and trans-conceptual varieties. Finally, by following a Hegelian line of reasoning, I develop an alternative concept of existence by exploring the self-predicative character of claims concerning Absolute existence.

Di fronte all’attuale crisi del politico – dei suoi confini, dei suoi spazi, delle sue forme di espressione – la riflessione sulla sovranità che Derrida propone negli ultimi seminari tenuti all’EHESS di Parigi dal titolo La bête et le souverain (2001-2003) si rivela particolarmente funzionale per l’interpretazione delle questioni politiche contemporanee. Riconoscendo il nodo ontologico, teologico e politico del phantasma sovrano, il tentativo della decostruzione derridiana si inserisce in un contesto teorico-politico molto articolato, segnato da un lato dall’“eclissi” della sovranità nel mondo globalizzato successivo al 1989, dall’altro da un suo ritorno prepotente nell’arena politica a partire dal 2001,  proponendo oltre tali alternative una terza via che la relazione intende approfondire.
Di contro ad ogni tentativo razionale di legittimazione, il potere sovrano – insegna Derrida – non può non apparire "a passo di lupo", come lo descrisse La Fontaine nella sua fiaba Il lupo e l’agnello: il lupo, che non casualmente appare con l’attributo di Sua Maestà, decide che «la ragione del più forte è sempre la migliore».
Nella misura in cui teatralizza il momento della «de-cisione» – il colpo di forza che “prevale” sul diritto – il lupo costituisce la figura più inquietante e rimossa della sovranità, espressione di una certa violenza che fa e sospende la legge, collocandosi non solo aldilà della norma, ma al contempo fuori dell’umano, nell’onnipotenza del divino o – in modo speculare – nella bestialità dell’animale. Proprio l’«inquietante familiarità» tra la Bestia e il Sovrano diventa oggetto di riflessione degli ultimi studi derridiani, di cui questo contributo intende attraversare alcune pagine per far emergere una simbolica politica di cui il potere si è nutrito e la cui analisi filosofica è ancora oggi fondamentale per l’elaborazione di quel “nuovo pensiero” del politico, della sovranità e della democrazia che Derrida ha lasciato in eredità.

Мы рассматриваем проблему познания вещей с точки зрения пирронической скептической аргументации и указываем на ее корни в метафизике и онтологии, понимаемой классически как познание сущего, поскольку оно является сущим. В первом разделе мы ставим пирроническую проблему разногласия: она покоится на онтологической картине «вещей по природе», из которой вытекает проблема разногласия для эпистемологии. Во втором разделе мы реконструируем онтологическую теорию М. Габриэля, в частности его понятие существования и отказ от метафизики как онтологии тотальности. Его теория подразумевает множество полей смысла, в которых находят себе место внешне противоречащие предикаты. В третьем разделе мы рассматриваем эпистемологические следствия теории Габриэля, которые помогут разрешить пирроническое затруднение, а именно разведение разногласящих предикатов по разным полям смысла, что обеспечивает их познание в соответствующих полях. В конце статьи обсуждается вопрос, почему теория Габриэля не является конструктивистской или релятивистской.

Le discours, en général, et plus particulièrement le discours historique à l'époque contemporaine, repose fondamentalement sur la comparaison afin de faire ressortir soit la correspondance, soit l'opposition (ou les deux à la fois) entre deux espaces, domaines, civilisations, peuples ou figures historiques.

The paper primarily considers the logical statement consequence and the logical process inference that offer certainty in determining the statements that are logically derived from the assumed true statements in terms of scientific knowledge. The examination is carried out through the paradoxes of Philo's material implication and the possible solutions through Diodorus's implication, as well as through the more modern so-called non-classical logical systems, such as Lewis's strict implication and Burks's causal implication. The possibilities to observe logical consequences through an epistemological prism as well are important for the development of scientific theories. Secondly, the epistemic paradoxes of certainty and justifiability of knowledge about the future are considered as a helpful tool for distinguishing between certain rationalist knowledge and probable empirical knowledge. Epistemic analysis is done through Menon's or Moore's Paradox, Fitch's Total Knowledge Paradox, and the Surprise Test Paradox. This logical-epistemic-inductive consideration of these disputed points in scientific knowledge helps to propose some dialectical solutions. Finally, the paper considers the possibilities of answering some of these paradoxes dialectically. In other words, to give answers to these aporias that will complement the notion of cognition so that new vistas of the dispute can be opened. They will be formulated within the framework of natural language so as not to increase the entities of the linguistic expression. Some construct propositions will be made that may challenge philosophical opinion at least for a moment.

"Realismo" é um termo que vem recebendo bastante atenção no meio filosófico, especialmente entre filósofos "continentais". Desde a década de 90, o que se tem visto é uma gigantesca ascensão de filosofias realistas emblematicamente representadas pelo Realismo Especulativo "fundado" em 2007 e pelo Novo Realismo fundado em 2011. A questão, no entanto, é: por que esse é um termo de relevância? Podemos falar de uma "virada realista", mas o que ela significa? De que lugar essa virada "vira"? Para onde "vira"? O objetivo do presente artigo é (1) delinear o diagnóstico do estado da arte da filosofia apresentado por alguns dos principais "novos realistas", (2) investigar o que os une em como "realistas", (3) apresentar quatro defesas do realismo, a saber, (a) o argumento da facticidade de Quentin Meillassoux; (b) o argumento contra a arbitrariedade do círculo humano-mundo a partir de Graham Harman; (c) o argumento da realidade encontrada de Maurizio Ferraris; (d) o argumento "anti-mundo" de Markus Gabriel.

Ludwig Wittgenstein is known to have worked as a primary school teacher in three villages in Lower Austria from 1920 to 1926. His time as a teacher profoundly influenced what is commonly referred to as the "second phase" of his philosophical thinking. This period is characterized by a self-critique of the "serious errors" in his earlier work, the Tractatus Logico-Philosophicus (1921), and a shift toward focusing on everyday language rather than pursuing an idealized language. Notably, the incipit of his later work, the Philosophical Investigations (1953), delves into the genetic problem of learning, the concrete conditions of language use, and the forms of life that define a language. These themes were undoubtedly influenced by Wittgenstein's experiences as a teacher and remained central to his philosophical development. Wittgenstein's Wörterbuch für Volksschulen, published in 1926, was initially aimed at improving the spelling skills of his students. However, it also served as a sort of "philosophical crucible" in which key concepts of his later philosophy began to take shape. The Wörterbuch für Volksschulen adopts a pragmatic approach, emphasizing the social and historical context over purely syntactic or semantic concerns. It incorporates elements such as the importance of anchoring teaching in the children's real-world experiences considering their linguistic and cultural backgrounds, and recognizing the role of language in specific domains of experience. These foundational ideas laid the groundwork for Wittgenstein's later concept of language games, as he observed that «language games are the forms of language with which a child begins to make use of words» (Wittgenstein, trad. it. 1983: 17).

The main goal of this paper is to show that politics constitutes a normative domain of its own. To this, a concept of political value that explains why the politically good provides reasons for actions is indispensable. I shape this concept by adopting the framework of political minimalism and developing one of its central tenets, namely, that politics, as a constitutively normative practice, specifies objective standards for evaluating political phenomena. I characterize the notion of political value in these terms to offer a non-moralist foundation for political normativity. In this endeavor, the work of Bernard Williams plays two opposing roles: while his metapolitical ideas exemplify the shortcomings of substantialist accounts of political normativity, his criticism of the morality system and his conception of practical rationality as all-things-considered practical deliberation are fundamental, to the point that the conception of political normativity endorsed here can be seen as an extension of Williams’ ideas on normativity in general. Finally, I draw some consequences from this account of political minimalism to show that this conception of political normativity can hardly be considered a variety of political realism.

A ideia de um realismo que não se prenda ao reducionismo é um motor que parece inspirar algumas formas recentes de realismo filosófico. Isto posto, o presente trabalho visa reconstruir a relação entre três filósofos contemporâneos com o Realismo Científico e o Realismo do Senso comum, a saber, Hilary Putnam, Graham Harman e Markus Gabriel. Estes três filósofos parecem, cada um à sua maneira, levantar uma forte oposição à arbitrariedade que privilegia certo grupo de entes na divisão taxonômica do que conta como “real”. Neste sentido os três visam superar ao menos duas posições: (1) o realismo metafísico que reduz a realidade a certo tipo de objetos; (2) o idealismo metafísico-construtivista que reduz a realidade a construções mentais. O que parece se perder, em ambos casos, é a realidade que se vincula às experiências humanas a partir de sua vida cotidiana. Assim sendo, a partir do Realismo Interno de Putnam, da Ontologia Orientada a Objetos (OOO) de Harman e da Ontologia dos Campos de Sentido (FOS) de Gabriel, buscaremos explorar como a ciência e o realismo científico se vinculam à vida cotidiana em seus sistemas realistas e anti-reducionistas. Esta preocupação anti-reducionista, devemos salientar, está no coração do debate da virada realista na qual estes filósofos podem ser inseridos.

Porque o mundo não existe é uma das obras mais importantes da carreira filosófica de Markus Gabriel. Sua questão norteadora é simples: dado o problema relativo a uma realidade exterior, seria possível de fato postular uma ontologia realista no século XXI? Gabriel não só defende que sim como também afirma que a ideia de um "mundo externo" não tem absolutamente nenhuma necessidade de ser invocada no processo. O livro lida com os problemas que a noção de "mundo" traz para a filosofia e como ela é incompatível com a definição de existência apresentada por Gabriel. Da não existência do mundo o filósofo alemão desenvolve sua ontologia dos campos de sentido que seria uma maneira hiper-pluralista de se lidar com a existência. Por fim, o autor vincula seus achados ontológicos com três áreas de extrema importância para o ser humano: ciência, religião e arte. O presente trabalho é uma resenha crítica deste livro. Palavras-chave: Markus Gabriel. Porque o mundo não existe. Novo Realismo.

El problema de la posverdad permite auscultar nuestro presente y mostrar lo que tiene de vacua insustancialidad. Trazar su genealogía y remontarse a su supuesta procedencia nietzscheana puede ayudar a interpretar de manera menos apresurada los textos de este autor, de modo que sean de utilidad para tratar de construir nuestro futuro más inmediato con otras bases distintas a las de la posverdad. La crítica al dogmatismo en el terreno de la verdad no ha de conducir a la equiparación de todas las verdades-ni, por tanto, a la supresión pura y simple de la verdad-. Más bien es una oportunidad para que se abra espacio a una concepción de verdad que, dirigida por la virtud de la Redlichkeit, tenga la valentía de aceptar que la pluralidad de perspectivas y la incertidumbre que de ella se deriva son ingredientes intrínsecos al mundo.

Against all attempts that consider virtuality as a substance (a parallel or alternative reality) or as a modality (like potentiality or possibility), we want to defend the pragmatic point of view that it is rather a dynamic cognitive and sensitive interaction with reality. More precisely, we show that the "virtus" is an operating capacity that produces simulations of real and fictional contexts to experiment with their effects. Based on Peirce's semiotics, we define virtual reality (VR) and augmented reality (AR) as mixed realities made of "symbolic assemblies", that is to say, structures of signs assembled by processes of computation and meaning (semiosis). We show that VR can be defined as a synesthetic experiment that does not reshape reality itself, but rather the senses and understanding we already have about it. In conclusion, we criticize David Chalmer's extended mind theory by distinguishing between knowledge and information, and we try to redefine AR as a hermeneutic device that extends not the mind itself, but the activity of thought by adding symbols to read in the world.

Kann die .gegenwärtige Umbruchszeit als Epochenwechsel bezeichnet werden? Über die Folgen der einschneidenden Ereignisse der letzten Jahre in allen Bereichen unserer Wirklichkeit-besonders dramatisch der Einbruch an der Wall Street von 2008-wird heftig diskutiert, die Forderung nach einer kriti.schen Reflexion und die Frage nach einer adäquaten Haltung werden laut. Aus diesem Anlass hat das Istituto Svizzero di Roma 2012 unter der Leitung von Christoph Riedweg eine Vortragsreihe veranstaltet, in der hochkarätige Persönlichkeiten aus Politik und Kultur über die Bedingungen einer Zeit nach der Postmoderne nachdenken. Die Beiträge erfolgen zu unmittelbar aktuellen Themen aus den Bereichen Kunst, Architektur, Philosophie, Geschichte, Politik, Medien, Wirtschaft und Wissenschaft; Schweizer und italienische bzw. deutsche Beitragende beleuchten unterschiedliche Perspektiven und zeigen die Voraussetzungen und Gewichtungen ihrer komplementären Ansätze auf. Die Leitidee der Vortragsreihe steht in Zusammenhang mit der italienischen (Medien-)Debatte, die sich seit 2on rund um das Manifesto de! nuovo realismo des Turiner Philosophieprofessors Maurizio Ferraris entzündet hat. Ferraris fordert darin eine radikale Abkehr vom Konstruktivismus der Postmoderne zugunsten einer Rückkehr zur Realität. Wirklichkeit und Wahrheit sollen wieder zu erfahr-und erkennbaren Bezugsgrössen werden. Aber: Ist nach den Erkenntnissen der Postmoderne eine Rückkehr zur 'Realität' möglich?

সাহিত্যের পাতায় রাজহংসকে আমরা চিরকালিন বিশুদ্ধতার প্রতীক হিসেবেই জানি। কবিতায় ভালোবাসার চিত্রকল্প হিসেবে রাজহংসের উদ্ভাস কাব্যিক ব্যঞ্জনাকে দিয়েছে আকাশছোঁয়া উচ্চতা। তাদের মধ্যে ব্যভিচার নেই, পরকিয়া নেই, নেই কোনো বহুগামিতা। প্রকৃতির ইতিহাস বলে, একটি হংস-হংসীর যুগল আজন্ম-বন্ধনে জড়িয়ে থাকে। প্রাকৃতিক দুর্যোগ কিংবা মৃত্যু ছাড়া তাদের সখ্যতা কখনো বিচ্ছিন্ন হয় না। ১৯২৩ সালে আইরিশ কবি উইলিয়াম বাটলার ইয়েটসের (১৮৬৫–১৯৩৯) ‘লিডা অ্যান্ড দ্য সোয়ান’ কবিতাটি প্রকাশিত হওয়ার পর সাহিত্যের পাঠকরা অবাক বিস্ময়ে তাকিয়ে দেখলেন, প্রকৃতির ইতিহাস আর সাহিত্যের ইতিহাসের স্রোতধারা চিরকাল সমান্তরাল রেখায় অগ্রসর হয় না। বিশ্বনন্দিত এই কবিতায় আমরা রাজহংসকে প্রত্যক্ষ করেছি একজন সফল ও কৌশলী ধর্ষকের ভূমিকায়। ঠিক পঞ্চান্ন বছর পর, ক্যানাডার গল্পকার এলিস মানরো এই রাজহংসকেই ধর্ষকের চিত্রকল্প হিসেবে ফিরিয়ে নিয়ে এসেছেন ১৯৭৮ সালে প্রকাশিত তাঁর ‘ওয়াইল্ড সোয়ান্স’ টাইটেলের শর্ট ফিকশনে। সম্প্রতি মানরোর প্রয়াণের পর, সাহিত্যে চিত্রকল্প হিসেবে রাজহংস পাখিটি আবারও শুরু করেছে আনাগোনা সাহিত্য-বোদ্ধাদের ভাবনার আকাশে।

Sosyal ontoloji, kökenleri eskiye dayanmamakla birlikte son dönemlerde
felsefenin bir kavramı olarak oldukça ilgi görmeye başlamıştır. Sosyal ontolojiye
ilişkin görüşleriyle ön plana çıkan filozoflardan biri de John R. Searle’dür. Sosyal
ontolojisi dikkate alındığında açıkça görülüyor ki Searle, sadece toplumla
ilgilenmemekte toplumu oluşturan insan ve insanın bir parçası olduğu doğayı temele
almaktadır. İnsanın doğa ile olan ilişkisini açıklığa kavuşturduktan sonra Searle,
insanın toplumu nasıl oluşturduğunu açıklar. Searle’ün toplum tasavvuru doğa–
insan–toplum üçgeninde ele alındığında açıkça görülmektedir ki Searle, insan
zihninin bu oluşumdaki önemini vurgulamaktadır. Bu bağlamda zihinden topluma bir
toplum şeması çizer. Çizilen bu şemanın basamakları kabaca yönelimsellik ve
kurumsallaşma şeklinde özetlenebilir.
Öte yandan, felsefenin kadim problemleri olarak görülebilecek diğer iki husus
özgür irade ile özgür konuşma şeklinde sıralanabilir. Bütün bunlar dikkate
alındığında Searle’ün oluşturduğu sosyal ontolojisinin bir bütünlük içerip içermediği
önem kazanmaktadır. Bu anlamda yönelimsellik, kurumsallaşma, özgür konuşma ve
özgür iradenin bir uyumluluk göstermesi beklenmektedir. Searle, sosyal ontolojisini
kurarken basamaklar halinde ilerler. Bu basamaklardan biri yönelimsellik iken diğeri
ise kurumsallaşma olmaktadır. Bu iki basamak arasındaki geçişin tutarlılığı ile bu iki
kavramın özgür konuşma ve özgür irade ile olan bağlantısı incelendiğinde bir
problemin olup olmadığı noktası önem kazanmaktadır. Bu çalışmanın da amacı
sosyal ontolojinin tanımını verdikten sonra söz konusu bu dört kavram arasındaki
geçişte bir tutarlılığın olup olmadığını sorgulamaktır.

Las últimas cuatro décadas de pensamiento feminista y del género han estado profundamente marcadas por el debate multidisciplinar en torno a la que puede considerarse su categoría central, la de “mujer”. El presente trabajo vierte sobre el debate feminista en torno a dicha categoría algunos de los retos fundamentales que plantea una reflexión sobre la pluralidad y la diversidad culturales desde una perspectiva antropológica o culturalista, esto es, preocupada por cómo la cultura puede influir y modificar tanto a los individuos que la componen como a sus productos culturales a nivel epistemológico, moral e incluso ontológico. Traeremos a colación los principales temas ligados al feminismo en el seno de la Antropología con vistas a hacernos una idea del proceder típico de una aproximación fijada en la cultura como factor crucial para una reflexión sobre el alcance de las categorías y conceptos humanos y de las principales tesis sostenidas respecto a la posibilidad de una “esencia femenina” objetiva y universal. Asimismo, con vistas a elaborar un estado de la cuestión en el ámbito de la Filosofía feminista, nos ocuparemos de un crucial debate entre dos de las autoras más relevantes en el ámbito del feminismo académico actual, Judith Butler y Martha C. Nussbaum, acerca del carácter ontológico y social de la mujer. Ambas autoras difieren tanto en su concepción de la mujer como en la correspondiente proyección del feminismo a nivel global, Butler desde una aproximación crítica y antiesencialista y Nussbaum desde una propuesta fundamentada en un esencialismo basado en el llamado “enfoque de las capacidades”. El debate entre ambas autoras será examinado críticamente desde nuestra propuesta culturalista. Advertiremos que el debate feminista en torno al esencialismo se ve sustancialmente enriquecido y transformado desde una aproximación de esta índole, pues la pluralidad y la diversidad culturales estudiadas en disciplinas como la Antropología social y cultural o la Sociología presentan dificultades a la intención de constituir un feminismo único de alcance universal. Por último, exploraremos la posibilidad de encuentro entre el relativismo cultural y el feminismo, lo que nos conducirá a afirmar la necesidad de reconsiderar los términos en los que ha sido tradicionalmente definido el relativismo cultural.

Omaggio ad Aleph Null: Viandante, Cavaliere e Giardiniere dell'Esistenza.
Una raccomandazione preliminare: se accedete a questo testo per pura curiosità, consigliamo di lasciar perdere ed occuparvi di altro. E' un testo per coloro che sono sulla Via, per ricercatori, cavalieri e giardinieri degli stati sottili Qualche tempo fa, non senza dubbi e perplessità, è stato tentato un esperimento teso a rendere pubblico, o meglio a tentare di condividere con i sinceri ricercatori, l’eredità di pura Sapienza di Aleph Null, un Grande Adepto Illuminato dei nostri tempi che ha lasciato la sua forma terrena per fare ritorno alla dimensione Superiore della quale certamente è una luminosa espressione.
Il motivo di fondo di questo esperimento trova le sue radici nella riflessione se fosse corretto lasciar cadere nell’oblio pagine di grande profondità che contengono l’essenza delle ricerche di sperimentazione esistenziale operativa che  Aleph Null  ha condotto negli ultimi anni della sua manifestazione. Occorre precisare che molti dei suoi scritti Aleph Null li ha auto-publicati in pochissime copie (come pochissimi, purtroppo, sono stati coloro che si sono dimostrati interessati). Sono testi non reperibili sul mercato, (non avendo una ‘formale’ autorizzazione  scritta alla loro pubblicazione, pur essendo in possesso non solo dei testi stampati, ma anche dei files originali ai quali è stato dato un semplice contributo di editing) tali sono destinati a restare. Ora, confortati dalle riflessioni operative di un carissimo Essere con il quale si condivide il difficile sentiero, proponiamo un ulteriore scritto.
Rispetto agli altri è di qualche anno prima, sarà utile per coloro che sono determinati a penetrare i Significati che le Ispirazioni di Aleph Null ci hanno lasciato come eredità operativa da vivere esperienzialmente.

Some time ago, not without doubts and perplexity, an experiment was attempted aimed at making public, or rather at attempting to share with sincere researchers, the legacy of pure Wisdom of Aleph Null, a Great Enlightened Adept of our times who left his earthly form to return to the Superior dimension of which he is certainly a luminous expression. The underlying reason for this experiment finds its roots in the reflection on whether it was correct to let fall into oblivion pages of great depth that contain the essence of the research of operational existential experimentation that Aleph Null conducted in the last years of his manifestation. It should be noted that Aleph Null has self-published many of his writings in very few copies (as very few, unfortunately, have been those who have shown interest). These are texts not available on the market (not having a ‘formal’ written authorization for their publication, despite being in possession not only of the printed texts, but also of the original files to which a simple editing contribution has been given) and are destined to remain so. Now, comforted by the operative reflections of a dear Being with whom we share the difficult path, we propose a further writing.
Compared to the others it is from a few years earlier, it will be useful for those who are determined to penetrate the Meanings that the Inspirations of Aleph Null have left us as an operative legacy to be lived experientially..

Tra gennaio e marzo del 1961 lo storiografo britannico Edward Hallett Carr tenne, presso l'Università di Cambridge, un ciclo di sei lezioni raccolte, nel medesimo anno, in un volumetto intitolato "Sei lezioni sulla storia" ("What is History?" nella versione originale). L'opera, caratterizzata da un messaggio ottimistico dovuto, per ammissione dello stesso Carr, al contesto storico in cui fu redatta, vide poi una seconda edizione nel 1987, ossia cinque anni dopo la morte dell'autore. Fu proprio Carr, negli anni immediatamente precedenti alla sua scomparsa, a lavorare a questa nuova redazione, spiegando le proprie ragioni nella breve introduzione al nuovo volume. Il contesto ottimistico in cui, come abbiamo visto, si inserirono le "Sei lezioni sulla storia", infatti, fu rotto dai mutamenti geopolitici occorsi nel ventennio successivo all'uscita del libro, generando un'ondata di sconforto e di pessimismo, soprattutto tra gli intellettuali dell'Europa occidentale e degli Stati Uniti d'America. Questo pessimismo, dovuto alla crisi (allora come oggi) dominante in Occidente e al risveglio di parti del pianeta prima soggette all'Europa ed agli Stati Uniti, non sarebbe stato condiviso dalla stragrande parte dei cittadini di questa parte del mondo che, secondo Carr, avrebbe smentito gli intellettuali con i propri comportamenti. Sembra quasi di sentire, nel passaggio di Carr, un'eco di quanto scritto da Benedetto Croce 1. Giunto quasi alla fine della sua vita, quindi, Edward Carr, identificatosi sempre più nel ruolo di intellettuale dissidente, volle lavorare ad una nuova edizione della sua opera per rispondere al pessimismo dei suoi colleghi occidentali, cercando di portare una visione del suo presente e del futuro se non ottimistica almeno equilibrata. La prima lezione: lo storico e i fatti storici Fin dalla primissima riga Carr porta l'attenzione del lettore al nocciolo fondamentale della lezione, ossia rispondere alla domanda: "Che cos'è la storia?". L'autore, per fare ciò, sottolinea come la risposta a tale domanda sia riflesso della situazione presente che vive lo storiografo intenzionato a trovare una risposta alla fatidica domanda e, in parte, anche del giudizio che egli dà della società in cui si trova ad operare. L'esempio fornito da Carr è quello dell'Ottocento e di quel positivismo che egli, come Croce, Bloch e Marrou, critica costantemente nel corso della sua opera.