Vestire i palazzi. Stoffe, tessuti e parati negli arredi e nell'arte del Barocco, a cura di Alessandra Rodolfo e Caterina Volpi, 2014
Nel corso del XVII secolo la distribuzione degli ambienti nei palazzi romani era fortemente legat... more Nel corso del XVII secolo la distribuzione degli ambienti nei palazzi romani era fortemente legata alla loro funzione, ai padroni di casa e al ruolo che questi ultimi rivestivano nella società. Una considerazione e un dato di fatto che non si concentrano solo nel secolo preso in esame, ma trovano riferimenti anche in quelli precedenti, poiché l'«etichetta» tendeva a riproporre la distribuzione delle case degli antichi Greci che, secondo Vitruvio, avevano «tre sorte d'Appartamenti, cioè Quelli degli Uomini, Quelli delle Donne, e quelli de' Forestieri» 1 . Indicazioni che si affermano sempre più prepotentemente anche nei trattati di architettura rinascimentali: Leon Battista Alberti, nel suo De re aedificatoria, spiega come nella abitazione regale si tengano ben divise la parte riservata alla moglie, quella riservata al marito, e quella destinata alla servitù, in modo tale che in ciascuna di esse non vi sia soltanto quanto è necessario alle rispettive funzioni, ma anche quanto possa conferirle dignità e magnificenza 2 .
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Papers by Elena Onori
Padre e figlio, maestro e allievo, sono indissolubilmente accomunati da un linguaggio delle forme che ha le matrici nella cultura tardo-manieristica di estrazione soprattutto romana, ma con tangenze umbro-toscane. Lo scarto generazionale consentì al figlio di essere più “moderno”, dimostrandosi sensibile al classicismo e al naturalismo bolognese che in Roma ebbe un nuovo centro di irradiazione; eccetto sporadiche e impercettibili variazioni espressive ricercate in età matura, Vincenzo rimase sempre fedele a questa linea di condotta che nell’arco della carriera, durata oltre cinquant’anni, tradusse in un ripetitivo stereotipo formale da tramandare ai suoi continuatori in area laziale, compiendo un’assai significativa operazione di divulgazione culturale. Due aspetti saranno messi in evidenza: all’attività artistica Ascanio e Vincenzo Manenti affiancarono una intensa partecipazione alla vita pubblica e politica di Canemorto (l’odierna Orvinio – RI), come emerge dai documenti conservati nell’Archivio Comunale di Orvinio e dell’Archivio di Stato di Rieti: per favorire la carriera artistica di Vincenzo, Ascanio nel 1640 rinunciò con atto ufficiale alla sua attività artistica, emancipando il figlio nel 1641 e riservandosi solo il diritto di coabitazione nella cittadina sabina. Il 6 marzo 1673 Vincenzo fece testamento, lasciando al figlio Ascanio alcuni libri e a Scipione, pittore anch’esso, «il camerone di sopra dove si dipinge» e alcuni quadri in esso contenute. Il ritrovamento di questo documento, analizzato nella sua interezza e in rapporto alla produzione artistica del Manenti, consente di mettere in luce la struttura della bottega d’arte di Orvinio, come centro divulgatore della cultura metropolitana tra il “centro” e la “periferia”.
Un ulteriore aspetto che sarà evidenziato riguarda il rapporto tra Giovan Battista Crescenzi, animatore di un’accademia domestica romana, e Vincenzo, ricalcando le orme paterne, considerando il primo un ottimo mediatore della politica artistica in provincia e diventando il tramite per le committenze reatine dei Manenti. Pittore acculturato, Manenti ha raggiunto un ragionevole grado di integrazione culturale assimilando non le idee, ma i fatti dell’arte del suo tempo.
Padre e figlio, maestro e allievo, sono indissolubilmente accomunati da un linguaggio delle forme che ha le matrici nella cultura tardo-manieristica di estrazione soprattutto romana, ma con tangenze umbro-toscane. Lo scarto generazionale consentì al figlio di essere più “moderno”, dimostrandosi sensibile al classicismo e al naturalismo bolognese che in Roma ebbe un nuovo centro di irradiazione; eccetto sporadiche e impercettibili variazioni espressive ricercate in età matura, Vincenzo rimase sempre fedele a questa linea di condotta che nell’arco della carriera, durata oltre cinquant’anni, tradusse in un ripetitivo stereotipo formale da tramandare ai suoi continuatori in area laziale, compiendo un’assai significativa operazione di divulgazione culturale. Due aspetti saranno messi in evidenza: all’attività artistica Ascanio e Vincenzo Manenti affiancarono una intensa partecipazione alla vita pubblica e politica di Canemorto (l’odierna Orvinio – RI), come emerge dai documenti conservati nell’Archivio Comunale di Orvinio e dell’Archivio di Stato di Rieti: per favorire la carriera artistica di Vincenzo, Ascanio nel 1640 rinunciò con atto ufficiale alla sua attività artistica, emancipando il figlio nel 1641 e riservandosi solo il diritto di coabitazione nella cittadina sabina. Il 6 marzo 1673 Vincenzo fece testamento, lasciando al figlio Ascanio alcuni libri e a Scipione, pittore anch’esso, «il camerone di sopra dove si dipinge» e alcuni quadri in esso contenute. Il ritrovamento di questo documento, analizzato nella sua interezza e in rapporto alla produzione artistica del Manenti, consente di mettere in luce la struttura della bottega d’arte di Orvinio, come centro divulgatore della cultura metropolitana tra il “centro” e la “periferia”.
Un ulteriore aspetto che sarà evidenziato riguarda il rapporto tra Giovan Battista Crescenzi, animatore di un’accademia domestica romana, e Vincenzo, ricalcando le orme paterne, considerando il primo un ottimo mediatore della politica artistica in provincia e diventando il tramite per le committenze reatine dei Manenti. Pittore acculturato, Manenti ha raggiunto un ragionevole grado di integrazione culturale assimilando non le idee, ma i fatti dell’arte del suo tempo.
sulla storia religiosa del territorio Reatino-Sabino considerata
nei suoi aspetti istituzionali, devozionali, storico-artistici. La
presenza di Francesco e degli insediamenti francescani ha continuato
a segnare profondamente la storia di questo territorio.
Il convegno si propone di indagare la rilevanza della memoria di
Francesco dal periodo delle origini all’età moderna, focalizzando
l’attenzione sulla vita religiosa nelle sue diverse espressioni
culturali e in particolare sulle riforme emerse dall’interno del
francescanesimo, al fine di verificare la vocazione di questo territorio
come luogo privilegiato di “sperimentazione religiosa”.
Esperienze religiose, luoghi sacri e storia del territorio in Sabina e nel Reatino - ricerca promossa da André Vauchez, Premio Balzan 2013
a cura di Maria Celeste Cola e Stefano Colonna
Dipartimento di Storia dell'Arte e Spettacolo
Facoltà di Lettere e Filosofia - Sapienza Università di Roma
anno accademico 2012 / 2013
Gangemi Editore, 2 volumi, in corso di pubblicazione
(aggiornamento del 12 Dicembre 2017 con i nomi dei prefatori e degli schedatori in formato PDF
http://www.bta.it/riv/muse/Progetti/Fondazione_Roma/SAPIENZA-DSAS-COLA,Maria_Celeste_&_COLONNA,Stefano_Novita_Collezione_Arte_Fondazione_Roma_20171212.pdf