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Vampiri, orgoglio e pregiudizio (eLit): eLit
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E-book142 pagine1 ora

Vampiri, orgoglio e pregiudizio (eLit): eLit

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A PROPOSITO DI JANE AUSTEN 3

Non c'è niente di peggio di un uomo arrogante e presuntuoso!, considera Lizzie Bennet subito dopo aver conosciuto Mr. Darcy. E poi... che razza di nome è Fitzwilliam? E da dove esce quel suo modo di parlare affettato, tutto fatto di Miss Elizabeth, lunghi silenzi e parole ricercate, quasi lui fosse un damerino nel bel mezzo di un salone da ballo del 1800 invece che un giovane a una festa aziendale nel Ventunesimo secolo. In effetti, però, quando si ritrovano vestiti entrambi in abiti Regency durante la festa di Halloween, lui sembra proprio calato nel suo elemento. E sembrano adatti alla notte delle streghe anche quegli occhi dalla sfumatura rossiccia e quei denti aguzzi ben mascherati dalle labbra sensuali, che lasciano immaginare storie oscure di zombie, vampiri e...
LinguaItaliano
Data di uscita29 apr 2016
ISBN9788858953518
Vampiri, orgoglio e pregiudizio (eLit): eLit
Autore

Susan Krinard

Laureata in Belle Arti al California College of Arts and Crafts, ha trasformato la sua passione per la fantascienza e il fantasy in una professione di successo, trovando nel genere storico fantastico la vena a lei più congeniale.

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    Anteprima del libro

    Vampiri, orgoglio e pregiudizio (eLit) - Susan Krinard

    successivo.

    1

    XXI secolo, New Haven, Connecticut

    È un fatto universalmente noto che ogni uomo etero, rispettabile e che non sia al verde, abbia bisogno di una donna per bene.

    Come diceva il caro nonno Bennet: cavolate.

    Ne so qualcosa. Intendiamoci, non che io mi sia messa a cercare, e tra l'altro le mie due sorelle più piccole compensano di gran lunga per noi altre. Ma Jane! Trovo incomprensibile che ancora non se la siano accaparrata. Di certo, nessun ragazzo qualunque sarebbe degno della mia dolce, adorabile Jane.

    Pensavo al marito perfetto per la mia sorellona, quando la famiglia si è riunita come ogni anno per la festa di compleanno di papà, ai Laboratori Bennet.

    Papà, presidente e fondatore, Jane, responsabile del personale, e Mary, assistente alla contabilità, erano già negli uffici. La mamma era arrivata dalla casa che i miei avevano a Branford, Kitty e Lydia dal loro bugigattolo a Manhattan e io, dopo aver girato il cartello dal lato pausa pranzo sulla porta della Longbourn Books, mi ero fatta sei isolati a piedi fino alla sede modesta dei Laboratori.

    Di sicuro non avrei perso molti clienti. Papà diceva che, se mi ero impuntata a rimanere nel settore precario delle librerie indipendenti, era soltanto colpa della mia naturale testardaggine. La stessa con cui lui continuava a lottare per conservare un briciolo di orgoglio, mentre guardava i Laboratori Bennet prossimi al rilevamento totale da parte di una compagnia che se ne fregava altamente dei risultati raggiunti.

    Tuttavia, quel pomeriggio stavo pensando a Jane e mi chiedevo che ne sarebbe stato di lei se i Laboratori fossero falliti. Non dico che non poteva trovarsi un altro lavoro, ammesso che pensasse un po' anche a se stessa. Ovviamente ero preoccupata anche per papà, mamma e Mary e non riuscivo a immaginare un mondo senza i Laboratori, almeno non il mio mondo. Era il nucleo vitale della mia famiglia da quando ne avevo ricordo.

    Se solo papà non fosse stato così imprudente con gli investimenti e non avesse corso tutti quei rischi nell'eterna ricerca di nuove scoperte...

    Provai a togliermi dalla testa i problemi dell'azienda mentre salivo le scale che portavano al primo piano. I dipendenti erano sparpagliati in gruppetti nervosi e provavano a sembrare allegri per il bene di papà. Jane era raggiante con tutti: anche se fosse stata agitata, non l'avrebbe mostrato. Aveva appeso palloncini e festoni e imbandito la tavola con stuzzichini, sandwich e bevande. L'espressione di Mary diceva che avrebbe preferito di gran lunga starsene alla scrivania immersa nei suoi libri contabili, anche se non doveva essere un lavoro molto piacevole in quei giorni.

    Quanto alla mamma, stava chiacchierando con uno sfortunato tecnico di laboratorio che si era avvicinato troppo alla sua ragnatela e che fece una smorfia di gratitudine commovente quando lei mi vide.

    «Lizzy!» Tese le mani per afferrare le mie e mi baciò sulla guancia con uno schiocco. «Hai sentito? Viene anche Mr. Bingley!»

    Fui così sorpresa dal suo annuncio che per un attimo restai senza parole, ma lei non perse tempo e ruppe quel silenzio.

    «Te lo immagini?» proseguì in un tono di sdegno misto a soddisfazione. «L'ha invitato tuo padre. Mr. Bennet ha detto che dovremmo mostrare di non essere preoccupati per l'acquisizione.»

    «Ha ragione» dissi, sebbene i miei pensieri fossero tutt'altro che calmi. «Dipende parecchio da come ve la giocate. Avere un atteggiamento sicuro di sé è...»

    «Lo so benissimo, Lizzy» rispose irritata. Mi si avvicinò, come se gli altri non riuscissero a sentirla comunque. «Non ho incontrato Mr. Bingley e sai che tuo padre si rifiuta di dirmi qualunque cosa succeda... Però mi hanno raccontato che è un uomo molto bello e straordinariamente ricco.»

    Già, era essenziale che la mamma pensasse a questo e non al fatto che i Laboratori stavano per fallire. «E mi spieghi cosa c'entra con il resto, mamma?» chiesi.

    «Dovrebbe essere ovvio anche per te, Lizzy. Conto che Mr. Bingley sposi una di voi, così se rileva l'azienda non dobbiamo preoccuparci di nulla!»

    Mi ero innervosita con la mamma un sacco di volte nella vita, ma avevo imparato a nascondere l'irritazione fin da piccola. «E a chi pensavi?» domandai con distacco.

    «Be', Jane è la maggiore e sarebbe proprio il caso di darle la precedenza.»

    «Mi avete chiamata?» s'intromise Jane, unendosi a noi e sorridendo con quel calore genuino che non sono mai riuscita a eguagliare.

    «Hai saputo che Mr. Bingley viene alla festa?» chiese la mamma.

    «No, ma mi sembra una buona idea.»

    «Perché?» chiesi in tutta franchezza.

    «Be', ha ereditato la sua compagnia soltanto qualche mese fa e non ha mai partecipato di persona alle trattative, ma ho sentito parlare bene di lui. Sono sicura che riesaminerà alcune delle pretese più intransigenti dei suoi portavoce quando ci conoscerà sul serio.»

    Scossi la testa. «La tua fiducia nelle persone non smette mai di stupirmi, Jane.»

    «Oh, Izba» disse, usando il soprannome che mi aveva dato quando ero in fasce. «Devi solo guardare meglio, perché c'è sempre del buono.»

    «Hai proprio ragione, tesoro» si intromise la mamma. «Sono certa che Mr. Bingley sarà davvero incantevole.»

    Alzai gli occhi al cielo. «Dov'è papà?»

    Jane aggrottò la fronte. «Gli hanno telefonato all'ultimo minuto. Non credo che fossero buone notizie.»

    Non mi dire!, pensai, ma sorrisi e le strinsi la mano. «Questa dovrebbe essere una festa, te lo ricordi?»

    Jane s'illuminò: nessuno riusciva a toglierle il sorriso troppo a lungo. «Sì, è tutto pronto. Ho messo lo champagne in fresco e...»

    Il silenzio assoluto che piombò nella stanza fu così improvviso che si fermò a metà frase. La mamma si voltò.

    Tutti fissavano la porta della stanza, da cui stavano entrando due uomini: ora sapevo che Mr. Bingley era arrivato.

    Okay, ammetto che era bello, ma non il mio tipo. Biondo, occhi azzurri, altezza media e un sorriso che sembrava sincero quasi come quello di Jane nei suoi slanci di felicità. Portava un completo un po' sgualcito, come se non gli importasse granché se assomigliava o no al ricchissimo presidente di una grande compagnia farmaceutica.

    Gli prestai attenzione per circa cinque secondi, prima che il suo amico lo seguisse furtivo nella stanza.

    Ora, non sono quel tipo di ragazza tutta svenevole che si strugge quando un belloccio la guarda, ma quella volta trattenni il fiato e restai a fissarlo.

    Alto, moro e bello: perfetto su tutta la linea. Si muoveva come un ballerino, o forse come uno abituato a essere notato ovunque andasse. Il fisico atletico e le spalle larghe risaltavano alla perfezione nel suo completo su misura e stirato in modo impeccabile, in contrasto con quello spiegazzato di Bingley.

    C'era qualcos'altro in lui, come se emanasse un'aura di pericolo che gettava nell'ombra tutto il resto. Quando guardò verso di me, in quegli occhi non vidi soltanto l'arroganza e la sicurezza in se stesso, ma una scintilla che ricordava l'espressione di un lupo dentro un recinto pieno di pecore grasse.

    La mamma si precipitò verso Bingley e quell'ombra che incombeva su di lui, con un ghigno che avrebbe spaventato qualunque uomo con un po' di cervello. «Mr. Bingley! Ma che piacere!»

    Jane mi si avvicinò, furtiva. «Non mi aspettavo che Mr. Bingley fosse così...» Lasciò cadere la frase mordendosi un labbro, ma mi accorsi che le brillavano gli occhi. «Cioè, non sembra una persona gentile?»

    La mia povera Jane, così ingenua. Sembrava davvero gentile, il nostro Mr. Bingley; proprio quel tipo di uomo che lascerebbe fare agli altri il lavoro sporco per mantenere la propria facciata di gentilezza.

    Ma forse Jane aveva ragione, come molte altre volte. E se avessi dovuto scegliere quello che mi sembrava capace di eliminare la competizione tirando fuori la scialuppa di salvataggio con una falla nascosta, avrei puntato su Mr. Alto, Moro e Bello.

    «Chi è il tipo con Bingley?» chiesi a Jane.

    «Dev'essere Mr. Darcy. È nel consiglio di amministrazione della Farmaceutica Bingley

    Immaginavo. «Sembra la sua guardia del corpo.»

    «Ho sentito dire che sono buoni amici.»

    Be', pensai, dicono che gli opposti si attraggono.

    Stavo iniziando una riflessione più approfondita al riguardo quando papà entrò nella stanza. Assomigliava un po' a uno scienziato pazzo, con quei ciuffetti di capelli bianchi che spuntavano qua e là e l'aria preoccupata. Come Mary, anche lui avrebbe preferito essere nel suo ufficio piuttosto che alla festa e non riuscivo a credere che la presenza di Bingley lo entusiasmasse, anche se aveva ritenuto necessario invitarlo.

    Con un sorriso e le mani tese, papà accolse Bingley e Darcy e li presentò agli altri dipendenti, a Kitty e a Lydia, che si erano unite alla mamma profondendosi in risatine e sguardi ammiccanti. Io me ne restai in disparte, a guardare Jane che gravitava sempre più vicina a Bingley, mentre Darcy incombeva alle spalle dell'amico e lanciava sguardi sprezzanti a chiunque fosse lì nei pressi.

    Forse quei due sono gay, pensai, il che avrebbe mandato all'aria i progetti della mamma. Però sembrava che Bingley ignorasse completamente Darcy, salutando tutti con una cordialità che era difficile fingere.

    Quando papà gli presentò Jane, si fermò all'improvviso. La guardò e lei ricambiò l'occhiata; sembravano due angeli che stavano per cadere dal cielo.

    Sappiate che non credo nell'amore a prima vista. Ci può stare nei film belli e nei romanzi brutti, ma poi va a finire che è soltanto sesso, e Jane non era quel tipo di ragazza.

    Decisi che ero rimasta a guardare abbastanza, quindi presi un paio delle eleganti flûtes di plastica piene di champagne e mi unii a loro.

    Jane si voltò verso di me con il sorriso più radioso che avessi mai visto. «Lizzy!» esclamò. «Mr. Bingley, Mr. Darcy, questa è mia sorella Elizabeth.»

    Sollevai una flûte per salutare. «Molto piacere» mentii. «Qualcuno gradisce dello champagne?»

    Bingley sorrise, mostrando i denti di un bianco splendente. «Grazie, Miss Bennet» rispose con una piacevole voce da tenore. «Credo che ne approfitterò, ma, per favore, chiamami Charles.»

    «Charles.» Guardai il suo eccezionale amico. «Vuole un bicchiere, Mr. Darcy?»

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