Conversazione Cezanne - Gasquet

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Czanne

conversazioni con Joachim Gasquet


(Les ditions Bernheim-Jeune)
Film di Danile Huillet e Jean-Marie Straub
Fotografia
Henri Alekan
Luci
Louis Cochet
Assistente
Hopi Lebel
Operatore
Stefan Zimmer
Michael Esser
MOVIECAM
di CINECAM, Argenteuil
Suono
Louis Hochet
Georges Vaglio
si ringraziano
le edizioni Gallimard
per l'estratto dal
film di Jean Renoir
MADAME BOVARY
Antoine Salomon
per le fotografie
di Paul Czanne
e Virginie Herbin
per aver provocato
questo film

Le opere di Czanne che abbiamo filmato si trovano nei seguenti musei:


NATIONAL GALLERY, London
MUSEE D'ORSAY, Paris
NATIONAL GALLERY OF SCOTLAND, Edinburgh
KUNSTMUSEUM, Basel
PETIT PALAIS, Paris
COURTAULD INSTITUTE GALLERIES
TATE GALLERY, London
CABINET DES DESSINS
del Museo del Louvre
Produzione/Copyright 1989
MUSEE D'ORSAY
S.E.P.T.
DIAGONALE
Straub-Huillet
Se sto troppo alto o troppo basso, va tutto in fumo.
Non dev'esserci un solo anello troppo lento,
un foro dal quale l'emozione, la luce, la verit possa fuggire.
Io faccio avanzare, vedete di capire, la mia tela tutta ad un tempo,
nel suo insieme. Accosto in uno stesso slancio, in una stessa fede, tutto ci che si sparpaglia...
Tutto quello che vediamo, vero, si disperde, se ne va. La natura sempre la stessa, ma niente rimane di lei, di ci che ci appare.
La nostra arte deve, lei, dare il fremito della sua durata
insieme agli elementi, all'apparenza di tutti i suoi mutamenti. Deve farcela assaporare eterna.
Che cosa c'
sotto di lei? Niente forse. Forse tutto.
Tutto, capite? Allora congiungo le sue mani erranti...
Prendo, a destra, a sinistra, qui, l, dappertutto,
le sue tonalit, i suoi colori, le sue sfumature, li fisso, li avvicino...
Questi formano linee.
Diventano oggetti, rocce, alberi, senza che io ci pensi.
Acquistano un volume. Hanno un valore.
Se questi volumi, questi valori corrispondono sulla mia tela, nella mia sensibilit, alle superfici, alle macchie

che ho, che sono l sotto i miei occhi,


ebbene! la mia tela congiunge le mani. Non vacilla.
Ma se ho la minima distrazione,
il minimo cedimento, soprattutto se un giorno interpreto troppo,
se oggi mi conquista una teoria che contrasta quella di ieri, se penso mentre dipingo, se intervengo,
patatrac! tutto si dilegua.
- Come sarebbe, se intervenite?
L'artista
non che un ricettacolo di sensazioni, un cervello, un congegno registratore.
Se interviene,
se osa, lui, gracile, mescolarsi volontariamente a ci che deve tradurre,
vi infiltra la sua piccolezza. L'opera inferiore.
- L'artista, insomma, sarebbe dunque per voi inferiore alla natura.
No, non ho detto questo. L'arte
un'armonia parallela alla natura. Se il pittore
non interviene volontariamente... intendetemi bene.
Tutta la sua volont dev'essere di silenzio. Deve far tacere in lui tutte le voci dei pregiudizi, dimenticare, dimenticare, fare silenzio, essere un'eco
perfetta.
Allora sulla sua tavola sensibile,
tutto il paesaggio si inscriver.
Per fissarlo sulla tela, per esteriorizzarlo, interverr in seguito il mestiere,
ma il mestiere rispettoso che, anch'esso, pronto solo ad ubbidire,
a tradurre inconsciamente, tanto sa bene la sua lingua,
il testo che decifra, i due testi paralleli, la natura vista, la natura sentita, che ambedue devono amalgamarsi...
Il paesaggio
si riflette, si umanizza, si pensa in me. Io lo oggettivo, lo proietto, lo fisso sulla tela.
D'altra parte,
l'odore cos blu dei pini, che aspro al sole, deve sposare
l'odore verde delle praterie che l rinfrescano ogni mattina, insieme all'odore delle pietre,
al profumo di marmo lontano della Sainte-Victoire.
Bisogna renderlo.
E nei colori, senza letteratura.
Quando la sensazione nella sua pienezza, si armonizza con tutto l'essere. Il vorticare del mondo, al fondo di un cervello, si risolve nello stesso
movimento
che percepiscono, ciascuno con un proprio lirismo, gli occhi, le orecchie, la bocca, il naso... Guardate, se chiudo gli occhi, ed evoco quelle colline
di Saint-Marc,
l'odore della scabiosa che mi portano.

2
Quando dipingevo la Vecchia con rosario,
vedevo una tonalit Flaubert, un'atmosfera, qualcosa di indefinibile, un colore bluastro e rosseggiante che si sprigiona, a me sembra, da
Madame Bovary.
Avevo un bel leggere Apuleio,
per scacciare quest'ossessione che ho creduto per un momento pericolosa, troppo letteraria.
Niente da fare. Quel grande blu rosseggiante mi cadeva, mi cantava nell'anima. Vi ero immerso tutto intero.
- Si frapponeva tra voi e la realt, tra i vostri occhi e il modello?
Niente affatto. Era sospeso,
come altrove.
Io scrutavo tutti i dettagli degli abiti, la cuffia, le pieghe del grembiule,
decifravo il sornione volto. Solo molto pi tardi
ho constatato che la faccia era rosseggiante, il grembiule bluastro,
come se solo una volta terminato il quadro mi fossi ricordato della descrizione
della vecchia serva ai comizi agricoli.

3
Estratto da Madame Bovary di Jean Renoir: dialoghi

I comizi agricoli luglio 1841


Mme B. ... decisamente non ero fatta per essere madre. Questa bambina mi esaspera.
Flicit Eppure proprio una bella bambina.
A me, se fossi sposata, piacerebbe averne una cos.
Mme B. Berthe lasciami stare, vai a giocare.
Ma cos'ha insomma da aggrapparsi cos.
E' strano, io la trovo brutta.
Se avessi saputo l'avrei lasciata a balia.
Flicit ma una distrazione, signora, un bambino.
Mme B. Lo credevo...
Ma vedi, Flicit, io credo che
nulla mi pu distrarre.
Mi annoio tanto, sai, tutto cos piatto, cos banale.
Ho voglia di imparare l'italiano e di scappare all'estero.
Flicit Ma perch! Avete tutto quello che volete qui.

Non c' settimana in cui Monsieur Lheureux non vi porti qualcosa.


Volete una sciarpa?
Mme B. S. Quella di
cachemir blu.
Oh dio mio dio mio
dio mio cos'ho fatto?
Amore mio, angelo mio.
Ti amo tanto.
Sei cos bella!
Homais Credetemi, caro mio
datevi alla chirurgia.
Avete un'occasione magnifica
con Hippolyte lo zoppo.
Successo quasi certo.
Sollievo e miglioramento estetico del malato.
Rapida notoriet per il chirurgo.
Cosa che d'altronde
aumenterebbe le vostre risorse
e vi permetterebbe di portare madame Bovary
in un ambiente pi raffinato.
Perch lo dico ovunque
e a tutti quanti:
quella donna degna di una sottoprefettura.
Ah ma ecco qui monsieur Boulanger,
buongiorno mio caro.
Rodolphe Buongiorno.
Homais Non conoscete il nostro dottore
Monsieur Bovary.
M. Rodolphe Boulanger, proprietario del castello della Huchette.
Rodolphe Onoratissimo signore.
Non andate ai comizi ?
E' ora, le tribune sono piene.
M. B. Vorrei prima passare a prendere mia moglie.
M. B. Ti presento Monsieur Rodolphe Boulanger,
della Huchette.
Emma Bovary,
mia moglie.
Rodolphe Onoratissimo, signora.
Mme B. Signore. Mi scuserete,
ma non sono pronta,
vi raggiunger pi tardi.
Homais Per me farei volentieri a meno
di assistere a discorsi
che non sono affatto conformi
alle mie opinioni politiche.
Rodolphe Andate avanti con M. Bovary
Se Mme Bovary permette,
l'aspetter
e verr con lei.
M. B. Sbrigati.
Mme B. Siete troppo gentile, signore.
Se volete sedervi un minuto.
Donna Hippolyte!
M. Homais ti chiama.
Homais Non saresti contento se ti facessimo
un bel piede nuovo nuovo
invece di trascinare le scarpe chiodate
con questo rumor di ferraglia?
Hippolyte Ma a me non d affatto fastidio, anzi.
Son cos abituato che mi sembra ancora pi solida
dell'altra.
E poi, un'operazione...
Uh, deve far male;
e non ci tengo ad essere scannato
come un porco.
Homais Non siamo pi ai tempi del Medioevo;
nel nostro secolo si operano benissimo i piedi torti,
perlomeno nel caso di valgus vulgaris.
A malapena sentiresti un leggero dolore come
se ti estirpassimo un callo.
Monsieur Bovary te lo farebbe con gran delicatezza,
non ti costerebbe un centesimo,
e dopo saresti bello come un Adone.
Hippolyte Bah... vedr.
Non dico di no.
Ahah, servono sedie da queste parti,
le vado subito a prendere in chiesa. Ecco il signor prefetto,
ho giusto il tempo.
Homais Un semplice valgus.

Rodolphe ... sentire ci che grande


di amare ci che bello,
e non certo di accettare tutte le convenzioni della societ
con le ignominie che essa impone.
Mme B. Bisogna pur seguire un po' l'opinione del mondo
e obbedire alla sua morale.
Rodolphe Io non credo alla morale del mondo
Credo all'altra,
quella eterna,
che ci ordina di proscrivere la menzogna.
Mme B. Davvero?
Allora
voi non mentite mai?
Rodolphe Mai.
Oratore "Catherine Niquaise Elisabeth Leroux
a servizio per 54 anni nella stessa fattoria,
una medaglia d'argento del valore di 25 Franchi."
Dov' madame Leroux?
Contadino Ma vai... visto che te la danno, la medaglia, avanti.
Oratore Prendete, per voi.
Mme Leroux La dar al curato l da noi
perch mi dica una messa.
Homais Che fanatismo!
Rodolphe Non lasciatevi andare alla tristezza.
In fondo, se si ben decisi,
si trova sempre di che distrarsi.
Mme B. A Joinville!
Rodolphe S
anche solo le passeggiate a cavallo.
Al mattino nella rugiada.
Ecco qualcosa che ridarebbe dei bei colori alle vostre gote.
Mme B. Ah il cavallo!
una volta mi piaceva,
ma tanto tempo fa.
Rodolphe Tanto tempo fa! Mi fate ridere.
Guardate!
ho appunto
una piccola giumenta
docile come un agnellino
e che si annoia a non far niente. Vi propongo di montarla.
Vedrete come riprenderete gusto alla vita galoppando nei boschi.
Mme B. Ma - non ho nemmeno l'amazzone.
Rodolphe Oh non ci vuole molto a farla fare.
Mme B. No davvero non...
non bisogna pensarci.
Rodolphe E perch?
Mme B. Ma andiamo, i commenti!
il "cosa dir la gente"!
Rodolphe Oh! E' una cosa che non mi turberebbe se fossi in voi.
Del resto cosa si pu trovare da ridire
al fatto che la moglie di un medico
vada a cavallo per mantenersi in buona salute?
Mme Ah... voi avete davvero un modo di girare le cose...
Rodolphe Allora... allora s?
Mme B. Ma quanta precipitazione.
Lasciatemi riflettere.
4
Vi dicevo poc'anzi che il cervello,
libero,
dell'artista dev'essere come una tavola sensibile, un congegno registratore, semplicemente,
nel momento in cui opera. Ma questa tavola sensibile,
immersioni sapienti l'hanno condotta al punto di ricettivit in cui pu
impregnarsi dell'immagine coscienziosa delle cose.
Un lungo lavoro,
la meditazione, lo studio,
sofferenze e gioie,
la vita l'hanno preparata.
Una meditazione costante dei procedimenti dei maestri. E poi,
l'ambiente in cui ci muoviamo abitualmente... Questo sole,
ascoltate un po'...
La casualit dei raggi, il cammino, l'infiltrazione, l'incarnazione del sole attraverso il mondo,
chi dipinger mai questo?
chi lo racconter? Sarebbe la storia fisica, la psicologia della terra.

5
(Empedocle 1)

6
Tutti pi o meno, esseri e cose,
non siamo che un poco di calore immagazzinato, organizzato,
un ricordo di sole,
un po' di fosforo che brucia nelle meningi del mondo.
La morale sparsa del mondo
lo sforzo che fa forse per ridiventare sole.
E' qui la sua nozione, il suo sentimento, il suo sogno di Dio.
In ogni luogo un raggio
bussa ad una porta oscura. Una linea in ogni luogo contorna,
tiene una tonalit prigioniera. Io voglio liberarle.
La delicatezza della nostra atmosfera
legata alla delicatezza del nostro spirito. Sono l'una nell'alltra.
Il colore
il luogo in cui il nostro cervello e l'universo si incontrano.
Quardate questa Sainte-Victoire..
Che slancio, che sete imperiosa del sole,
e che malinconia, la sera, quando tutta quella pesantezza ricade.
Questi blocchi erano fuoco.
C' fuoco ancora in essi. L'ombra,
il giorno, sembra indietreggiare tremando, aver paura di loro;
quando passano grandi nuvole, l'ombra che ne cade
freme sulle rocce, come bruciata,
bevuta all'istante da una bocca di fuoco.
Per molto tempo
sono rimasto senza potere, senza saper dipingere la Sainte-Victoire, perch
immaginavo l'ombra concava,
come gli altri che non guardano,
mentre, ecco, guardate, convessa, fugge dal suo centro.
Al posto di accalcarsi, evapora, si fluidifica. Partecipa tutta azzurrata alla respirazione circostante.
Come l, a destra, sul Pilon du Roi, vedete al contrario
che il chiarore si culla, umido, scintillante. E' il mare.
Ecco cosa bisogna rendere.

7
Pensate che la storia del mondo data dal giorno in cui due atomi si sono incontrati, in cui due vortici, due danze chimiche si sono combinate.
Quei grandi arcobaleni, quei prismi conici, quell'alba di noi stessi al di sopra del vuoto,
li vedo salire, me ne saturo leggendo Lucrezio. Sotto quella fine pioggia respiro la verginit del mondo. Un senso acuto delle sfumature mi
lavora. Mi sento colorato da tutte le sfumature dell'infinito. In quel momento
formo una cosa sola col mio quadro. Siamo un caos iridato. Il sole mi penetra sordo, come un amico lontano, che riscalda la mia pigrizia, la
feconda. Germogliamo.
Mi sembra, quando la notte torna a scendere, che non dipinger e che non ho mai dipinto.
Ci vuole la notte perch io riesca a staccare gli occhi dalla terra, da quell'angolo di terra in cui mi sono fuso.
Un bel mattino, l'indomani, lentamente
le assise geologiche mi appaiono,
si stabiliscono strati, i grandi piani della mia tela,
ne disegno mentalmente lo scheletro pietroso.
Vedo affiorare le rocce sotto l'acqua, pesare il cielo. Tutto precipita e si combina.
Una pallida palpitazione avvolge gli aspetti lineari. Le terre rosse escono da un abisso.
Incomincio a separami dal paesaggio,
a vederlo.
Una tenera emozione mi prende. Dalle radici di quell'emozione sale la linfa, i colori.
Una sorta di parto.
Una logica aerea, colorata, sostituisce bruscamente la scura, ostinata geometria. Tutto si organizza, gli alberi, i campi, le case. Io vedo.
A macchie.
L'assisa geologica, il lavoro preparatorio, il mondo del disegno sprofonda,
crollato come in una catastrofe. Un cataclisma l'ha trascinato, rigenerato.
Una nuova era vive. Quella vera! Quella in cui nulla mi sfugge,
in cui tutto denso e fluido ad un tempo,
naturale.
Non c' pi altro che colori,
e in essi del chiarore, l'essere che li pensa, quest'ascesa della terra verso il sole, questa esalazione dal profondo verso l'amore.
Il genio sarebbe
immobilizzare questa ascensione
in un minuto di equilibrio
suggerendo tuttavia il suo slancio.
Mi voglio impadronire di questa idea, di questo getto di emozione
di questo fumo di essere sopra all'universale braciere.
La mia tela pesa, un peso grava sui miei pennelli.
Tutto cade. Tutto cade sotto l'orizzonte.
Dal mio cervello sulla tela, dalla mia tela verso la terra.
Grevemente.

Dov' l'aria, la leggerezza densa?


C' un minuto del mondo che passa.
Dipingerlo nella sua realt!
E per questo dimenticare tutto. Diventare lui stesso. Essere allora la tavola sensibile.
Dare l'immagine di ci che vediamo, dimenticando tutto ci che si mostrato prima di noi.
- E' possibile?

8
Io l'ho tentato.
Non ancora stato scoperto
che la natura
pi in profondit che in superficie. Si pu modificare, adornare, agghindare la superficie,
non si pu
toccare la profondit senza toccare la verit. Un bisogno salubre di essere veri vi prende. Sbattereste gi la tela piuttosto che
inventare, immaginare un dettaglio.
Si vuole sapere.
- Sapere?
S, io voglio sapere. Sapere per meglio sentire, sentire per meglio sapere.
Pur essendo il primo nel mio mestiere, voglio essere semplice. Coloro che sanno sono semplici.
La semplicit, l'immediatezza.
Tutto il resto non che un fanfaronare, un montarsi la testa.

9
Vi spalmo, non so perch.
In fondo,
non penso a niente, quando dipingo. Vedo dei colori. Soffro, gioisco a trasportarli
cos come li vedo
sulla mia tela. Si sistemano come capita, come vogliono.
C' una logica colorata, perbacco.
Il pittore non deve obbedienza che ad essa.
Mai alla logica del cervello: se vi si abbandona, perduto.
Sempre a quella degli occhi.
Se sente giusto, penser giusto, andiamo. La natura si arrangia sempre, quando la si rispetta,
per dire cosa significa.
La natura, io ho voluto copiarla,
non riuscivo. Avevo un bel cercare, girare, prenderla in tutte le direzioni.
Irriducibile.
Da ogni lato.
Ma sono stato contento di me quando ho scoperto che il sole, per esempio, non poteva essere riprodotto, ma che bisognava rappresentarlo
tramite altro...
tramite il colore.
Tutto il resto, le teorie, il disegno, le idee, le sensazioni stesse
non sono che deviazioni. Si crede a volte di prendere delle scorciatoie, si allunga. Non c' che una strada che pu rendere tutto, tradurre tutto:
il colore.
I contadini sentono spontaneamente, di fronte a un giallo, il gesto del raccolto da iniziare,
come io dovrei, davanti alla stessa sfumatura in maturazione, saper porre per istinto sulla tela la tonalit che corrisponde e che farebbe
ondeggiare un quadrato di grano.
Di pennellata in pennellata cos la terra rivivrebbe. A forza di lavorare il mio campo vi crescerebbe un bel paesaggio.

10
(Empedocle 2)
11
Avere quegli occhi da pittore che,
nel solo colore, vedono l'oggetto, se ne impossessano, lo legano in s ad altri oggetti.
Non si mai
n troppo scrupolosi, n troppo sinceri, n troppo sottomessi alla natura; ma si pi o meno
padroni dei propri mezzi espressivi.
Bisogna adeguarli al modello. Non piegarlo a s, ma chinarsi verso di lui. Dipingere ci che si ha davanti e perseverare.
Voi non immaginate le scoperte che vi attendono allora. Andiamo, per i progressi da realizzare, non c' che la natura,
e l'occhio si educa al suo contatto. Diventa concentrico a forza di guardare e di lavorare.
- Come concentrico?
Voglio dire che in un'arancia,
in una mela, una palla, una testa,
c' un punto culminante, e quel punto sempre
malgrado il terribile effetto: luce, ombra, sensazioni coloranti,
sempre il pi vicino al nostro occhio.
I bordi degli oggetti fuggono verso un centro,
posto sul nostro orizzonte.
Ho scritto ad un pittore che era venuto a trovarmi
e che ne fa, lui, di teorie.
Gli dissi,

gli ho scritto, riassumendo:


"Trattare la natura attraverso il cilindro, la sfera, il cono,
il tutto messo in prospettiva, ossia
che ogni lato di un oggetto, di una superficie,
si diriga verso un punto centrale.
Le linee parallele all'orizzonte
danno l'estensione,
ossia una sezione della natura o, se preferite,
dello spettacolo che il Pater omnipotens aeterne Deus sciorina sotto i nostri occhi.
Le linee perpendicolari a questo orizzonte
danno la profondit.
Ora, la natura,
per noi,
uomini,
pi in profondit che in superficie, donde la necessit di introdurre nelle nostre vibrazioni di luce,
rappresentate dai rossi e dai gialli,
una somma sufficiente di azzurrati,
per far sentire l'aria."
Era un giorno di pioggia quando ho scritto questo. E' impossibile con un tempo piovoso
praticare all'aria aperta
quste teorie che in fondo io so essere giuste.
Ma la perseveranza
ci porta a comprendere
gli interni
come tutto il resto.
Sole, le vecchie presunzioni
ostruiscono la nostra intelligenza, che ha bisogno di essere frustata... Tutto ci che vi racconto, la sfera, il cono, il cilindro, l'ombra concava, tutte
le mie personali presunzioni,
nelle mattinate di stanchezza, mi mettono in vena, in una eccitazione straordinaria.
Le dimentico presto,
non appena vedo.

12
I colori sono l'espressione,
in superficie,
della profondit. Salgono dalle radici del mondo. Sono la vita, la vita delle idee.
Il disegno, lui,
tutto astrazione.
Quindi non bisogna mai separarlo dal colore.
Non appena gli arriva la vita, non appena esprime delle sensazioni,
si colora.
Alla pienezza del colore corrisponde sempre
la pienezza del disegno. In fondo,
mostratemi qualcosa
di disegnato
nella natura. Dove? Dove?
Avevo ancora annotato questo:
"Le sensazioni coloranti che danno la luce
sono cause di astrazioni, che non mi permettono di coprire la mia tela,
n di procedere nella delimitazione degli oggetti, quando i punti di contatto sono tenui, delicati;
dal che emerge che la mia immagine (o quadro) incompleta.
Su altro versante i piani cadono gli uni sugli altri,
donde l'incastonatura neo-impressionista che circoscrive i contorni
con una linea nera, difetto che occorre combattere con tutte le forze.
Ora, la natura
consultata
ci d i mezzi per raggiungere questo obiettivo.
- Sarebbe?

13
I piani nel colore,
i piani! Il luogo colorato in cui l'anima dei piani si fonde,
il calore prismatico conquistato, l'incontro dei piani nel sole.
Io costruisco i piani con le mie tonalit
sulla tavolozza, capite...
Bisogna vedere i piani...
Nettamente.
Ma strutturarli, fonderli. Devono girare e al tempo stesso interporsi.
I volumi soltanto importano.
Aria
tra gli oggetti per dipingere bene.
Come sensazione tra le idee
per pensare bene.
Il bitume piatto. La logica corta. Si dipinge in cantine dove non ci sono pi piani. Ci si garrota nei sillogismi dove non c' pi intuizione.
Cartone.
Si deve rigonfiare. Capite? Bisogna apparentare i contrasti
nella giusta apposizione

delle tonalit.
Il minimo mancamento dell'occhio
fa crollare tutto.

14
E io... tremendo,
il mio occhio si incolla al tronco,
alla zolla.
Soffro a strapparvelo,
tanto qualcosa mi trattiene.
Gli occhi,
me lo dice mia moglie, mi escono dalla testa, tutti iniettati di sangue... Una specie di ebbrezza, di estasi mi fa vacillare come in una nebbia,
quando mi alzo dalla tela...
Voglio perdermi nella natura, rispuntare con lei,
come lei avere le tonalit testarde delle rocce,
l'ostinazione razionale del monte, la fluidit dell'aria, il calore del sole.
In un verde
il mio cervello intero scorrer con il fiume di linfa dell'albero.
15
La cosa insensata,
avere una mitologia preformata, idee precostituite di oggetti,
e copiare queste
al posto del reale, quelle immaginazioni al posto di questa terra.
I falsi pittori
non vedono
quest'albero, il vostro viso, quel cane,
ma l'albero, il viso, il cane. Non vedono niente.
Niente mai uguale.
Loro,
una specie di tipo fisso, annebbiato, che si passano dall'uno all'altro,
galleggia sempre sospeso tra i loro occhi - hanno degli occhi? e il loro modello.
Il galantuomo ha il suo codice nel sangue.
Il genio
si forma vivendo
il suo proprio codice. S, s, il genio, che non ignora nulla degli altri,
si forma il proprio metodo.
- Un metodo?
Il mio,
vedete, io non ne ho mai avuto altri,
l'odio per l'immaginativo.
Il mio metodo, il mio codice, il realismo... L'immensit, il torrente del mondo
in un mignolo di materia.
Credete che sia impossibile? La perpetuit colorata del sangue.
La sera del mondo cade.
La pittura, insieme a tutto, se ne va.
Felice se mi lasciano in pace, a crepare nel mio angolo lavorando.

16
Io dipingo le mie nature morte
per il mio cocchiere che non ne vuole sapere,
le dipingo perch i bambini in braccio ai nonni
le guardino mentre mangiano e parlottano.
Non le dipingo per l'orgoglio dell'imperatore di Germania e la vanit dei commercianti di petrolio di Chicago.

17
Sarebbe meglio che mi dessero un muro di chiesa, una stanza di ospedale
o del municipio,
e mi dicessero: "Statevene l... Dipingeteci un matrimonio, una convalescenza, un bel raccolto..."
Allora, forse, tirerei fuori quel che ho nella pancia, quello che mi porto dentro da quando sono nato, e sarebbe della pittura.

18
La pittura, maledettamente difficile. Crediamo sempre di averla in mano,
non ci siamo mai. Non si sa mai il proprio mestiere. Potrei dipingere cent'anni, mille anni senza fermarmi, e mi sembra che non saprei niente.
Io mi divoro, mi ammazzo, a coprire cinquanta centimetri di tela...
Non fa niente... E' la vita.

19
E' terribile,
la vita!

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