Conversazione Cezanne - Gasquet
Conversazione Cezanne - Gasquet
Conversazione Cezanne - Gasquet
2
Quando dipingevo la Vecchia con rosario,
vedevo una tonalit Flaubert, un'atmosfera, qualcosa di indefinibile, un colore bluastro e rosseggiante che si sprigiona, a me sembra, da
Madame Bovary.
Avevo un bel leggere Apuleio,
per scacciare quest'ossessione che ho creduto per un momento pericolosa, troppo letteraria.
Niente da fare. Quel grande blu rosseggiante mi cadeva, mi cantava nell'anima. Vi ero immerso tutto intero.
- Si frapponeva tra voi e la realt, tra i vostri occhi e il modello?
Niente affatto. Era sospeso,
come altrove.
Io scrutavo tutti i dettagli degli abiti, la cuffia, le pieghe del grembiule,
decifravo il sornione volto. Solo molto pi tardi
ho constatato che la faccia era rosseggiante, il grembiule bluastro,
come se solo una volta terminato il quadro mi fossi ricordato della descrizione
della vecchia serva ai comizi agricoli.
3
Estratto da Madame Bovary di Jean Renoir: dialoghi
5
(Empedocle 1)
6
Tutti pi o meno, esseri e cose,
non siamo che un poco di calore immagazzinato, organizzato,
un ricordo di sole,
un po' di fosforo che brucia nelle meningi del mondo.
La morale sparsa del mondo
lo sforzo che fa forse per ridiventare sole.
E' qui la sua nozione, il suo sentimento, il suo sogno di Dio.
In ogni luogo un raggio
bussa ad una porta oscura. Una linea in ogni luogo contorna,
tiene una tonalit prigioniera. Io voglio liberarle.
La delicatezza della nostra atmosfera
legata alla delicatezza del nostro spirito. Sono l'una nell'alltra.
Il colore
il luogo in cui il nostro cervello e l'universo si incontrano.
Quardate questa Sainte-Victoire..
Che slancio, che sete imperiosa del sole,
e che malinconia, la sera, quando tutta quella pesantezza ricade.
Questi blocchi erano fuoco.
C' fuoco ancora in essi. L'ombra,
il giorno, sembra indietreggiare tremando, aver paura di loro;
quando passano grandi nuvole, l'ombra che ne cade
freme sulle rocce, come bruciata,
bevuta all'istante da una bocca di fuoco.
Per molto tempo
sono rimasto senza potere, senza saper dipingere la Sainte-Victoire, perch
immaginavo l'ombra concava,
come gli altri che non guardano,
mentre, ecco, guardate, convessa, fugge dal suo centro.
Al posto di accalcarsi, evapora, si fluidifica. Partecipa tutta azzurrata alla respirazione circostante.
Come l, a destra, sul Pilon du Roi, vedete al contrario
che il chiarore si culla, umido, scintillante. E' il mare.
Ecco cosa bisogna rendere.
7
Pensate che la storia del mondo data dal giorno in cui due atomi si sono incontrati, in cui due vortici, due danze chimiche si sono combinate.
Quei grandi arcobaleni, quei prismi conici, quell'alba di noi stessi al di sopra del vuoto,
li vedo salire, me ne saturo leggendo Lucrezio. Sotto quella fine pioggia respiro la verginit del mondo. Un senso acuto delle sfumature mi
lavora. Mi sento colorato da tutte le sfumature dell'infinito. In quel momento
formo una cosa sola col mio quadro. Siamo un caos iridato. Il sole mi penetra sordo, come un amico lontano, che riscalda la mia pigrizia, la
feconda. Germogliamo.
Mi sembra, quando la notte torna a scendere, che non dipinger e che non ho mai dipinto.
Ci vuole la notte perch io riesca a staccare gli occhi dalla terra, da quell'angolo di terra in cui mi sono fuso.
Un bel mattino, l'indomani, lentamente
le assise geologiche mi appaiono,
si stabiliscono strati, i grandi piani della mia tela,
ne disegno mentalmente lo scheletro pietroso.
Vedo affiorare le rocce sotto l'acqua, pesare il cielo. Tutto precipita e si combina.
Una pallida palpitazione avvolge gli aspetti lineari. Le terre rosse escono da un abisso.
Incomincio a separami dal paesaggio,
a vederlo.
Una tenera emozione mi prende. Dalle radici di quell'emozione sale la linfa, i colori.
Una sorta di parto.
Una logica aerea, colorata, sostituisce bruscamente la scura, ostinata geometria. Tutto si organizza, gli alberi, i campi, le case. Io vedo.
A macchie.
L'assisa geologica, il lavoro preparatorio, il mondo del disegno sprofonda,
crollato come in una catastrofe. Un cataclisma l'ha trascinato, rigenerato.
Una nuova era vive. Quella vera! Quella in cui nulla mi sfugge,
in cui tutto denso e fluido ad un tempo,
naturale.
Non c' pi altro che colori,
e in essi del chiarore, l'essere che li pensa, quest'ascesa della terra verso il sole, questa esalazione dal profondo verso l'amore.
Il genio sarebbe
immobilizzare questa ascensione
in un minuto di equilibrio
suggerendo tuttavia il suo slancio.
Mi voglio impadronire di questa idea, di questo getto di emozione
di questo fumo di essere sopra all'universale braciere.
La mia tela pesa, un peso grava sui miei pennelli.
Tutto cade. Tutto cade sotto l'orizzonte.
Dal mio cervello sulla tela, dalla mia tela verso la terra.
Grevemente.
8
Io l'ho tentato.
Non ancora stato scoperto
che la natura
pi in profondit che in superficie. Si pu modificare, adornare, agghindare la superficie,
non si pu
toccare la profondit senza toccare la verit. Un bisogno salubre di essere veri vi prende. Sbattereste gi la tela piuttosto che
inventare, immaginare un dettaglio.
Si vuole sapere.
- Sapere?
S, io voglio sapere. Sapere per meglio sentire, sentire per meglio sapere.
Pur essendo il primo nel mio mestiere, voglio essere semplice. Coloro che sanno sono semplici.
La semplicit, l'immediatezza.
Tutto il resto non che un fanfaronare, un montarsi la testa.
9
Vi spalmo, non so perch.
In fondo,
non penso a niente, quando dipingo. Vedo dei colori. Soffro, gioisco a trasportarli
cos come li vedo
sulla mia tela. Si sistemano come capita, come vogliono.
C' una logica colorata, perbacco.
Il pittore non deve obbedienza che ad essa.
Mai alla logica del cervello: se vi si abbandona, perduto.
Sempre a quella degli occhi.
Se sente giusto, penser giusto, andiamo. La natura si arrangia sempre, quando la si rispetta,
per dire cosa significa.
La natura, io ho voluto copiarla,
non riuscivo. Avevo un bel cercare, girare, prenderla in tutte le direzioni.
Irriducibile.
Da ogni lato.
Ma sono stato contento di me quando ho scoperto che il sole, per esempio, non poteva essere riprodotto, ma che bisognava rappresentarlo
tramite altro...
tramite il colore.
Tutto il resto, le teorie, il disegno, le idee, le sensazioni stesse
non sono che deviazioni. Si crede a volte di prendere delle scorciatoie, si allunga. Non c' che una strada che pu rendere tutto, tradurre tutto:
il colore.
I contadini sentono spontaneamente, di fronte a un giallo, il gesto del raccolto da iniziare,
come io dovrei, davanti alla stessa sfumatura in maturazione, saper porre per istinto sulla tela la tonalit che corrisponde e che farebbe
ondeggiare un quadrato di grano.
Di pennellata in pennellata cos la terra rivivrebbe. A forza di lavorare il mio campo vi crescerebbe un bel paesaggio.
10
(Empedocle 2)
11
Avere quegli occhi da pittore che,
nel solo colore, vedono l'oggetto, se ne impossessano, lo legano in s ad altri oggetti.
Non si mai
n troppo scrupolosi, n troppo sinceri, n troppo sottomessi alla natura; ma si pi o meno
padroni dei propri mezzi espressivi.
Bisogna adeguarli al modello. Non piegarlo a s, ma chinarsi verso di lui. Dipingere ci che si ha davanti e perseverare.
Voi non immaginate le scoperte che vi attendono allora. Andiamo, per i progressi da realizzare, non c' che la natura,
e l'occhio si educa al suo contatto. Diventa concentrico a forza di guardare e di lavorare.
- Come concentrico?
Voglio dire che in un'arancia,
in una mela, una palla, una testa,
c' un punto culminante, e quel punto sempre
malgrado il terribile effetto: luce, ombra, sensazioni coloranti,
sempre il pi vicino al nostro occhio.
I bordi degli oggetti fuggono verso un centro,
posto sul nostro orizzonte.
Ho scritto ad un pittore che era venuto a trovarmi
e che ne fa, lui, di teorie.
Gli dissi,
12
I colori sono l'espressione,
in superficie,
della profondit. Salgono dalle radici del mondo. Sono la vita, la vita delle idee.
Il disegno, lui,
tutto astrazione.
Quindi non bisogna mai separarlo dal colore.
Non appena gli arriva la vita, non appena esprime delle sensazioni,
si colora.
Alla pienezza del colore corrisponde sempre
la pienezza del disegno. In fondo,
mostratemi qualcosa
di disegnato
nella natura. Dove? Dove?
Avevo ancora annotato questo:
"Le sensazioni coloranti che danno la luce
sono cause di astrazioni, che non mi permettono di coprire la mia tela,
n di procedere nella delimitazione degli oggetti, quando i punti di contatto sono tenui, delicati;
dal che emerge che la mia immagine (o quadro) incompleta.
Su altro versante i piani cadono gli uni sugli altri,
donde l'incastonatura neo-impressionista che circoscrive i contorni
con una linea nera, difetto che occorre combattere con tutte le forze.
Ora, la natura
consultata
ci d i mezzi per raggiungere questo obiettivo.
- Sarebbe?
13
I piani nel colore,
i piani! Il luogo colorato in cui l'anima dei piani si fonde,
il calore prismatico conquistato, l'incontro dei piani nel sole.
Io costruisco i piani con le mie tonalit
sulla tavolozza, capite...
Bisogna vedere i piani...
Nettamente.
Ma strutturarli, fonderli. Devono girare e al tempo stesso interporsi.
I volumi soltanto importano.
Aria
tra gli oggetti per dipingere bene.
Come sensazione tra le idee
per pensare bene.
Il bitume piatto. La logica corta. Si dipinge in cantine dove non ci sono pi piani. Ci si garrota nei sillogismi dove non c' pi intuizione.
Cartone.
Si deve rigonfiare. Capite? Bisogna apparentare i contrasti
nella giusta apposizione
delle tonalit.
Il minimo mancamento dell'occhio
fa crollare tutto.
14
E io... tremendo,
il mio occhio si incolla al tronco,
alla zolla.
Soffro a strapparvelo,
tanto qualcosa mi trattiene.
Gli occhi,
me lo dice mia moglie, mi escono dalla testa, tutti iniettati di sangue... Una specie di ebbrezza, di estasi mi fa vacillare come in una nebbia,
quando mi alzo dalla tela...
Voglio perdermi nella natura, rispuntare con lei,
come lei avere le tonalit testarde delle rocce,
l'ostinazione razionale del monte, la fluidit dell'aria, il calore del sole.
In un verde
il mio cervello intero scorrer con il fiume di linfa dell'albero.
15
La cosa insensata,
avere una mitologia preformata, idee precostituite di oggetti,
e copiare queste
al posto del reale, quelle immaginazioni al posto di questa terra.
I falsi pittori
non vedono
quest'albero, il vostro viso, quel cane,
ma l'albero, il viso, il cane. Non vedono niente.
Niente mai uguale.
Loro,
una specie di tipo fisso, annebbiato, che si passano dall'uno all'altro,
galleggia sempre sospeso tra i loro occhi - hanno degli occhi? e il loro modello.
Il galantuomo ha il suo codice nel sangue.
Il genio
si forma vivendo
il suo proprio codice. S, s, il genio, che non ignora nulla degli altri,
si forma il proprio metodo.
- Un metodo?
Il mio,
vedete, io non ne ho mai avuto altri,
l'odio per l'immaginativo.
Il mio metodo, il mio codice, il realismo... L'immensit, il torrente del mondo
in un mignolo di materia.
Credete che sia impossibile? La perpetuit colorata del sangue.
La sera del mondo cade.
La pittura, insieme a tutto, se ne va.
Felice se mi lasciano in pace, a crepare nel mio angolo lavorando.
16
Io dipingo le mie nature morte
per il mio cocchiere che non ne vuole sapere,
le dipingo perch i bambini in braccio ai nonni
le guardino mentre mangiano e parlottano.
Non le dipingo per l'orgoglio dell'imperatore di Germania e la vanit dei commercianti di petrolio di Chicago.
17
Sarebbe meglio che mi dessero un muro di chiesa, una stanza di ospedale
o del municipio,
e mi dicessero: "Statevene l... Dipingeteci un matrimonio, una convalescenza, un bel raccolto..."
Allora, forse, tirerei fuori quel che ho nella pancia, quello che mi porto dentro da quando sono nato, e sarebbe della pittura.
18
La pittura, maledettamente difficile. Crediamo sempre di averla in mano,
non ci siamo mai. Non si sa mai il proprio mestiere. Potrei dipingere cent'anni, mille anni senza fermarmi, e mi sembra che non saprei niente.
Io mi divoro, mi ammazzo, a coprire cinquanta centimetri di tela...
Non fa niente... E' la vita.
19
E' terribile,
la vita!