Ekphrasis Latina
Ekphrasis Latina
Ekphrasis Latina
Per le fonti, rappresentate soprattutto dagli antichi manuali di retorica noti come Progymnasmata, cfr. Kennedy 2003; Webb 2009, in partic. App. A, 197 ss. Sulla nozione di enargeia (per le fonti cfr. anche Ravenna 1974, 5 n. 13; Calboli 1993, 400 s. e 435 s.), rinvio a Zanker 1981; Manieri 1998, 97 ss.; Calboli Montefusco 2005; Webb 2009, 87 ss. con bibliografia.
2
Cfr. Theon prog. 118-20 Spengel; ps.-Hermog. prog. 22-3 Rabe; Aphth. prog. 36-8
Rabe; Nicolaos prog. 67-71 Felten. Vd. Webb 1999, 11; Elsner 2002, 2.
3
Sulla definizione di ekphrasis nella riflessione degli antichi e dei moderni, cfr. per ultimi
Webb 1999 e 2009; Elsner 2002; Zanker 2003; Barchiesi 2004.
4
Barchiesi 2004, 11. Per una teorizzazione, in ambito antico, del potere superiore della
vista e delle immagini rispetto alludito e la parola, cfr. Lucian. dom. 17-20.
5
Cfr. Elsner 2005, 300 ss.
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S. MATTIACCI
Lepigramma latino di Marziale e Ausonio ci offrir qualche esempio significativo per riflettere sul complesso rapporto tra arte e testo, per evidenziare le modalit con cui il componimento ecfrastico intenda proporsi non
come pallido riflesso della forza di unimmagine, ma come prodotto creativo
e competitivo che dellimmagine dice qualcosa che essa da sola non dice6.
1. Lambiguit della parola nella Kunstbeschreibung, oscillante tra inadeguatezza e potenzialit, si pu riassumere citando Virgilio, che introduce
una delle pi celebri ekphraseis della letteratura antica definendo non enarrabile lo scudo di Enea (Aen. 8.625 clipei non enarrabile textum) e dedica
poi alla sua descrizione un centinaio di versi, in cui condensa la grande storia
di Roma da Romolo ad Augusto7. Data questa sostanziale ambiguit, possiamo osservare come Marziale, nellambito della self-standing ekphrasis
epigrammatica8, tenda soprattutto a mettere in luce le molteplici potenzialit
della parola, oscurandone i limiti e capovolgendone, in modo pi o meno
esplicito, loriginaria inferiorit nel contesto visivo.
Nellepigramma 7.84, rivolgendosi al suo libro per inviarlo a Cecilio Secondo che si trova sul Danubio, lautore fa riferimento a un proprio ritratto,
che doveva presumibilmente esser posto allinizio di unedizione della sua
opera9; la descrizione si limita a un rapido accenno allabilit dellartefice
che d allimmagine lillusione della vita (vv. 1-3 Dum mea Caecilio formatur imago Secundo / spirat et arguta picta tabella manu, / i, liber),
Sul rapporto tra arte e testo, tra cultura del vedere e del dire in ambito greco-romano,
esistono numerosi recenti studi tra cui segnalo quelli di Elsner, Goldhill e Gutzwiller citati in
bibliografia. In partic. si rimanda qui a Elsner 1995, 21 ss. e Webb 2009 che, a partire dalle
Imagines di Filostrato, discutono delle varie strategie testuali volte a esprimere lesperienza
essenzialmente non-verbale di visualizzare un prodotto dellarte materiale, rispetto al quale
lekphrasis non semplicemente parassitica, ma si pone in rapporto competitivo: prodotto
darte e di phantasia essa stessa, invita il lettore a riflettere sullapproccio alle arti visive e
insieme sulla seduzione del testo, sul potere della parola e la natura dellillusione verbale che
rende presente ci che assente, sul ruolo del lettore stesso nel creare tale illusione.
7
Cfr. Heffernan 1993, 31 e, in partic., Laird 1996, 77 ss.
8
Cfr. Elsner 2002, che distingue le due fondamentali tipologie di interventive ekphrasis
(episodio o interludio allinterno di una pi ampia opera letteraria in prosa e versi) e selfstanding ekphrasis (quali gli epigrammi ecfrastici o le descrizioni in prosa di opere darte
della tradizione filostratea). Sulla prima tipologia, di cui non ci occuperemo, e la sua interpretazione in relazione al contesto narrativo, vd. Ravenna 1974 (specificatamente rivolto alla
poesia latina); Perutelli 1978; Fowler 1991 (con ampia discussione dei problemi teorici posti
dalla critica moderna e post-moderna). In generale sui testi ecfrastici antichi, o Kunstbeschreibungen secondo la sua definizione, ancora fondamentale Friedlnder 1912.
9
Com testimoniato da 14.186.2 dove, a proposito di unedizione di Virgilio in membranis, si dice: ipsius vultus prima tabella gerit. Sullepigr. 7.84 vd. Galn Vioque 2002, 455 ss.
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Il confronto tra letteratura e arti visive tradizionale nel mondo antico, a partire da
Simonide (vd. n. 16) fino al celeberrimo ut pictura poesis oraziano (ars 361) e oltre; le fonti
sono raccolte e discusse da Benediktson 2000. In partic. su analogie e differenze evidenziate
dagli antichi e sul diffuso concetto della maggiore efficacia comunicativa della poesia rispetto
alle arti figurative, vd. Manieri 1995 e 1998, 162 s.
11
Il motivo oraziano dellexegi monumentum aere perennius (Hor. carm. 3.30; 4.8.13 ss.)
penetra variamente nei testi poetici e in prosa del I secolo: cfr. ps-Sen. epigr. 26 P. = 417 R.;
27 P. = 418 R.; Sen. suas. 7; Sen. ad Pol. 18.2; brev. 15.4; Stat. silv. 1.6.98-102; 2.3.62 s.;
5.1.1-15; Plin. paneg. 54.7; 55.9 ss. Per Marziale, cfr. anche 8.3.5 ss.; 10.2.9 ss. Sulla fortuna
di questo motivo dallet augustea a Seneca, vd. ora Cermatori 2010, in partic. 454 ss.
12
Spirare il verbo usato anche per il ritratto del poeta tragico Memore (11.9.2); cfr. il
nesso, tipico del linguaggio ecfrastico, spirantia signa/aera (Verg. georg. 3.34; Aen. 6.847).
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Mart. 9.74 Effigiem tantum pueri pictura Camoni / servat et infantis parva figura manet. / Florentes nulla signavit imagine vultus, / dum timet ora pius muta videre pater. Sulle
spiegazioni di questo timore (il suo volto muto sarebbe stato un presentimento della morte del
figlio, oppure la pittura incapace di parlare sarebbe stata adatta a un infans, ma non a un giovane), cfr. il comm. di Henriksn 1999, 92.
14
Cfr. Ov. trist. 1.7.1-14 dove maior imago indica unimmagine pi vera del poeta di
quella effigiata nellanello che lanonimo amico di Ovidio, destinatario di questa elegia, porta
al dito: vv. 5-8 optime in digito qui me fersque refersque tuo /effigiemque meam fulvo complexus in auro / cara relegati ora vides; vv. 11-4 Grata tua est pietas, sed carmina maior
imago / sunt mea quae mando qualiacumque legas, / carmina mutatas hominum dicentia formas, / infelix domini quod fuga rupit opus (non solo sul piano delle dimensioni le Metamorfosi pi grandi del minuscolo gioiello ma anche del maggior valore della poesia, che
coglie la personalit nel profondo, mentre il ritratto visivo d solo limmagine esteriore del
poeta).
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lusione della perfetta somiglianza abilmente riflessa nella somiglianza di parole (Issa/ipsa) e versi, preceduto dalla celebrazione, non priva di raffinata
ironia, dei mores e dellanimus del soggetto umanizzato che costituiscono la
vita della parte ecfrastica, restituendoci una maior imago rispetto a quella,
pur prodigiosamente vera, dipinta dal padrone di Issa (1.109.17-23)20:
Hanc ne lux rapiat suprema totam,
picta Publius exprimit tabella,
in qua tam similem videbis Issam,
ut sit tam similis sibi nec ipsa.
Issam denique pone cum tabella:
aut utramque putabis esse veram,
aut utramque putabis esse pictam.
Una descrizione pi analitica troviamo invece nellepigramma su una statuetta bronzea attribuita a Lisippo di propriet di Novio Vindice, celebrata anche da Stazio nella silva 4.6 e raffigurante un Hercules epitrapezios (9.43)21:
Hic qui dura sedens porrecto saxa leone
mitigat, exiguo magnus in aere deus,
quaeque tulit spectat resupino sidera vultu,
cuius laeva calet robore, dextra mero:
non est fama recens nec nostri gloria caeli;
5
nobile Lysippi munus opusque vides.
Hoc habuit numen Pellaei mensa tyranni,
qui cito perdomito victor in orbe iacet;
hunc puer ad Libycas iuraverat Hannibal aras;
iusserat hic Sullam ponere regna trucem.
10
Offensus variae tumidis terroribus aulae
privatos gaudet nunc habitare lares,
utque fuit quondam placidi conviva Molorchi,
tuus, Ovidi, Caesonius hic est, / cuius adhuc vultum vivida cera tenet), per spostarsi subito
dopo sul piano narrativo (v. 3 hunc Nero damnavit), volto per a celebrare non il personaggio del ritratto, bens il destinatario del carme che volle accompagnare Cesonio in esilio (cfr.
anche 7.45).
20
Sul concetto della perfetta somiglianza che rende impossibile distinguere tra il soggetto
e il suo ritratto, sembra che siano conservati esempi solo in epigrammi greci tardi o anonimi:
cfr. Citroni 1975, 340 che rinvia a AP 9.793 e 795 (Iul. Aegypt., V-VI sec., di cui vd. anche
7.565); 16.175 (anon.).
21
Tra i vari epigrammi di Marziale dedicati a opere darte (cfr. lelenco di Croisille 1982,
372 s.), pochi indugiano su una descrizione puntuale nella tradizione dellepigramma ecfrastico greco; tra questi (5.55; 6.13; 6.73; 8.50[51]) 9.43 quello contenente elementi descrittivi
pi analitici (cfr. Becatti 1951, 210). Sui due epigrammi dedicati allHercules epitrapezios
(9.43-44) e la loro relazione con Stat. silv. 4.6, vd. Croisille 1982, 349-53; Henriksn 1998,
205-15; e in partic. Bonadeo 2010, 43-56.
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22
Sulla maggiore precisione e superiore resa visiva della breve rappresentazione di Marziale, rispetto a quella amplificatrice di Stazio, si veda Croisille 1982, 352 s., che confronta
anche le evocazioni poetiche con i monumenti conservati. Sui limiti della componente descrittiva nella silva staziana, come comprimaria se non addirittura funzionale rispetto a
quella encomiastica, cfr. Bonadeo 2010, 66 ss.
23
Indipendentemente dal suo reale status di originale, copia o falso (in tal caso liscrizione avrebbe usurpato un nome illustre, per accrescere il prestigio e/o il valore commerciale
del pezzo) su cui molto si discusso (vd. ora linformata rassegna di Bonadeo 2010, 34 ss.),
Marziale e Stazio presentano lHercules Epitrapezios come opera lisippea (vd. anche n. 27).
24
Sul significato del richiamo alla figura di Molorco in Marziale e Stazio, cfr. Fabbrini
2005 e 2007, 32 ss.; Bonadeo 2010, 220 s. (pi in generale sul tema della legittimazione del
lusso, p. 60 ss. con bibliografia).
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Dunque, anche in questo caso, come in quello del ritratto, lo scrittore trova
una sua autonomia rispetto allambito figurativo: nella dura competizione tra
arte visiva e verbale, la poesia si insedia precisamente nello spazio del riuso
e della citazione delle origini, e lavora a esplicitare lambizione implicita nel
possesso di opere darte famose29. Come Stazio, ma nelle forme pi essenziali e icastiche dellepigramma, Marziale si offre come testimone ed esegeta
poetico di splendori del collezionismo privato, entra in osmosi con i gusti del
patrono e influenza a sua volta quelli del pubblico che lo legge, rivelando in
definitiva che il destinatario/committente, per affermare il proprio status sociale, ha bisogno della sua parola non meno che della preziosa statuetta: cos
il rapporto gerarchico tra il patronus Vindice e il cliens Marziale si inverte30,
come quello tra immagine visiva e verbale.
2. Se in Mart. 9.44 la statua stessa a parlare, questo motivo ci riporta a
un altro spazio di autonomia della parola negli epigrammi ecfrastici. La statua parlante un motivo che risale, com noto, allepigramma sepolcrale e
che realizza lillusione di effigies/statuae/imagines locuturae31 trova un suo
particolare impiego nellambito di opere allegoriche, dove limmagine veicola un concetto che deve essere esplicitato mediante lausilio verbale.
noto un epigramma del vecchio Posidippo in cui la famosa statua lisippea
di Kairos dialoga con un anonimo spettatore, spiegando il significato dei
propri particolari allegorici32; ma ancora pi interessante dal nostro punto di
29
Barchiesi 2004, 15 s. Per una ripresa in chiave parodica del gusto per la storia delle collezioni, cfr. Mart. 8.6 con Watson 1998.
30
Inversione davvero pregnante, se il Novio Vindice collezionista fosse da identificare
con il Novio rimproverato anni prima da Marziale (1.86), perch non gli permetteva di condividere il piacere della compagnia e della mensa, nonostante la condizione di vicinus (lidentificazione, incerta per Citroni 1975, 267, esclusa da Henriksn 1998, 206). Sulla consapevolezza da parte di Marziale dellimportanza del proprio ruolo nei confronti di patroni e
amici, vd. Fabbrini 2007, V-VI. Su poesia ecfrastica in Marziale (con particolare riferimento a
14.170-82), discorso politico e collezionismo in et flavia, vd. Prioux 2008, 253 ss.; sui distici
degli Xenia e Apophoreta, come grado minimo dellekphrasis, e le corrispondenze iconografiche degli oggetti e cibi qui rappresentati, vd. Moretti 2010.
31
Quint. inst. 6.1.32 effigiem locuturam; Stat. silv. 4.6.21 locuturas mentito corpore ceras; vd. anche Apul. met. 2.1.5 statuas et imagines incessuras, parietes locuturos.
32
Posidip. AP 16.275 = 19 HE = 142 Austin-Bastianini - Tiv~ povqen oJ plavsth~ - Sikuwvnio~. - Ou[noma dh; tiv~ / - Luvsippo~. - Su; de; tiv~ - Kairo;~ oJ pandamavtwr. / - Tivpte d ejp
a[kra bevbhka~ - Aei; trocavw. <Tiv de; tarsou;~ / possi;n e[cei~ difuei'~ - Iptam uJphnevmio~.
/ - Ceiri; de; dexiterh'/ tiv fevrei~ xurovn - Andravsi dei'gma, / wJ~ ajkmh'~ pavsh~ ojxuvtero~ televqw. / - H de; kovmh tiv kat o[yin - Upantiavsanti labevsqai. /- Nh; Diva, tajxovpiqen d eij~ tiv
falakra; pevlei / - To;n ga;r a{pax pthnoi'si paraqrevxantav me possi;n / ou[ti~ e[q iJmeivrwn
dravxetai ejxovpiqen. / - Tou[nec oJ tecnivth~ se dievplasen - Ei{neken uJmevwn, / xei'ne, kai; ejn
proquvroi~ qh'ke didaskalivhn.
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219
Eco era una ninfa spesso collegata a Pan (cfr. infra, nn. 45-6), quindi una divinit arcadica, anche se lappellativo dea non frequente: cfr. Kay 2001, 96 che rinvia ad Apul. met.
5.25.3 e a due epigrammi greci anonimi (AP 9.382.4 un centone omerico, e 16.156.1 su cui
vd. n. 43).
42
Limportanza di vane sottolineata dalla posizione incipitaria e dal particolare tipo di
iperbato a cornice dellesametro, su cui vd. Kay 2001, 95. Un attacco simile in Auson.
epigr. 65,1 Daedale, cur vana consumis in arte laborem?
43
Eij~ a[galma Hcou`~ para; tou' Panov~ suggerisce il lemmatista; tuttavia dal testo degli
epigrammi non si ricava niente sulla precisa tipologia della raffigurazione, ma solo che si
tratta di unimmagine visiva (vd. 16.154.1 ss. Hcw; petrhvessan oJra/`~... lavlon eijkovna;
16.156.1 s. Arkadika; qeov~ eijmi, para; proquvroi~ de; Luaivou / naivw; cfr. anche Bonadeo
2003, 132 n. 5). Questi epigrammi, di incerta datazione e attribuzione (vd. Gow-Page, GP II
432 ss.; Page, FGE 89 ss. e 111 s.), non presentano alcun preciso riscontro con il nostro testo
(cfr. Gagliardi 1990, 42 s.; Kay 2001, 95), ma mostrano come il soggetto ecfrastico di Eco si
prestasse alla riflessione metaletteraria (vd. in partic. AP 16.154 con Gutzwiller 2002, 105 s.),
carattere che Ausonio come vedremo sfrutta in modo del tutto originale. Sugli epigrammi
greci dedicati a Eco o che giocano sul fenomeno delleco (famoso quello di Callimaco, ep. 28
Pf. = AP 12.43), vd. Mnnlein-Robert 2007, 309 ss.
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Per la tradizione iconografica su Eco, rinvio allinformato cap. V di Bonadeo 2003, 131
ss. Sugli affreschi pompeiani, in cui la figura femminile accostata a Narciso viene per lo pi
interpretata come Eco, vd. anche LIMC III 1, 680 ss. e Elsner 2007, 170 ss.
45
La tradizione collegava Eco alla figura di Pan o a quella del giovane Narciso, filoni entrambi animati da intento eziologico e simili nellimpianto strutturale, ma era stata sicuramente uninnovazione ovidiana la straordinaria descrizione della dissoluzione finale di Eco in
puro suono (Rosati 1983, 24 s.; con un pi fisico sparagmos, dovuto alla vendetta di Pan, si
conclude invece la favola eziologica di Eco in Long. Soph. 3,23). Anche se non c nel testo
di Ausonio alcun accenno a Eco come ninfa, lepigramma presuppone chiaramente la metamorfosi ovidiana, come confermano le riprese verbali (vd. infra nel testo) e la presenza tra gli
epigrammi ausoniani di due distici dedicati al compianto di Eco su Narciso morente, chiaramente ispirati alla stessa fonte (si tratta dellultimo di tre epigrammi dedicati a Narciso, cfr.
epigr. 108-10 Green). Sui due filoni che collegano Eco a Pan o a Narciso, cfr. Bonadeo 2003,
81 ss.; sul rapporto Eco-Narciso, di cui non c traccia prima di Ovidio, e sul problema se
esso dipenda da una perduta fonte ellenistica o sia una geniale innovazione ovidiana, cfr. Rosati 1983, 22 ss.; Pellizer 2003, 56 ss.; Bonadeo 2003, 92 s. con bibliografia. Sugli epigrammi
di Ausonio dedicati a Eco e Narciso, vd. Vinge 1967, 26 s.; Green 1991, 383; Kay 2001, 94-7
e 280 s.; Bonadeo 203, 108 s. e 131; Pellizer 2003, 92 s.
221
filia, mater) e la realt non mitica delleco (cfr. Auson. v. 5 s. e Ov. 3.359 ss.
usum nunc habet oris... reddere de multis ut verba novissima posset).
Partendo, dunque, dalla completa smaterializzazione della ninfa ovidiana,
Ausonio coglie abilmente nel giro di pochi versi linterazione tra fenomeno
naturale e sua personificazione mitologica: da un lato lo svanire del corpo
nellaria e la permanenza della sola voce, che dagli organi fonatori si
propaga attraverso il mezzo aereo (cfr. v. 3 aeris et linguae filia46 con Ov.
3.397 ss. in aera sucus / corporis omnis abit vox manet) fino a penetrare
nelle orecchie (cfr. v. 7 penetrabilis Echo con Ov. 3.358 resonabilis Echo
nella stessa sede metrica)47, dallaltro lecolalia, che impedisce di parlare di
propria iniziativa e obbliga a ripetere le ultime parole di un discorso altrui,
alterando o addirittura ribaltandone spesso in modo beffardo il significato
(cfr. v. 5 s. extremos pereunte modos a fine reducens / ludificata sequor
verba aliena meis con Ov. 3.368 s. tantum haec in fine loquendi / ingeminat
voces auditaque verba reportat: significativa la presenza del prefisso iterativo re- e del termine ludificata48 che alludono al motivo del riflesso illusorio ossessivamente ricorrente nel racconto della coppia Eco-Narciso). Sulla
pregnante opposizione tra sfera visiva e sfera uditiva, condensata da Ovidio
negli ultimi due versi della metamorfosi (3.400 s. nullo videtur, / omnibus
auditur con la sottolineatura dellomeoteleuto), Ausonio costruisce il suo
epigramma, ponendo quella opposizione a cornice del testo (v. 2 ignotam
oculis / v. 7 auribus in vestris habito) ed eliminando, proprio con la localizzazione del suono in auribus, lultima traccia di identit fisica su cui si chiu46
Filia insieme metaforico e allusivo a una originaria corporeit (dissoltasi appunto nellaria). Per luso metaforico, cfr. Hor. carm. 1.14.12; Mart. 13.35 e 103; AL 286.13.1 R. = 281.
13.1 Sh.B. (in un indovinello di Sinfosio, e una traccia di enigma ravvisabile anche nella definizione di Ausonio, come nota giustamente Green 1991, 383). La genealogia metaforica del
nostro testo potrebbe anche esser letta come polemicamente alternativa ad altre genealogie,
che volevano Eco figlia di una ninfa e di un padre mortale (Long. Soph. 3.23.1), oppure figlia
di Giunone (Ps.-Lact. Plac. fab. Ov. 3.5 s.; Mythogr. Vat. 1.182; 2.207, forse con allusione al
fatto che Giunone era ritenuta dea dellaria: vd. Bonadeo 2003, 110 e n. 104). Daltra parte
aeris et linguae filia rinvia al nesso imago verbi/vocis (Lucr. 4.571; Verg. georg. 4.50; Ov.
met. 3.385), che la specifica definizione latina per eco, alternativa al calco greco echo.
47
Per lagg. penetrabilis (in senso attivo) riferito al suono, cfr. Apul. met. 5.7.2 (in un
passo in cui si allude al fenomeno delleco) sono penetrabili vocis ululabilis per prona delapso. La clausola ovidiana resonabilis Echo invece ripresa senza variazioni in Auson.
epigr. 110.1 Green, su cui vd. n. 45. Si noti anche come Ausonio rispetti, in entrambi i casi, la
scelta quasi formulare di Ovidio di porre il termine Echo in fine di esametro, su cui vd. Barchiesi 2007, 185 s.
48
Non cambia il significato sia che intendiamo il participio in senso passivo (derivato cio
dalla forma attiva, come preferisce Kay 2001, 96 s. che rinvia ad Auson. techn. 10.4 Green),
sia in senso attivo (derivato dalla forma deponente): esso allude al carattere ingannevole, illusorio del fenomeno, come lespressione mater inanis indicii (v. 3 s.).
222
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In illa presuppone, infatti, una corporeit che Eco non ha pi (cfr. Barchiesi 2007, 189).
Cfr. Bonadeo 2003, 131 s. e 145.
51
Per noi rappresentata soprattutto dalla pittura pompeiana, su cui vd. n. 44.
52
Cfr. Manieri 1998, 171 e 1999, 114 ss.; Webb 2009, 187 (con i numerosi esempi filostratei citati dalle due studiose).
50
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Lepigramma attribuito a Luciano, ma vd. Baldwin 1975, 331. Vd. anche supra, n. 16.
Sulle formule knowing eye (cos Goldhill 1994 definisce, in relazione alla poesia
ecfrastica ellenistica, il rapporto tra poesia, arte figurativa e lettori, sottolineando limportanza
dellekphrasis nella formazione di una cultura del vedere) e occhi eruditi, cfr. le osservazioni di Barchiesi 2004, 12 s.
55
Sui modi con cui Ausonio sfrutta abilmente, anche in funzione satirica, le convenzioni
dellepigramma ecfrastico greco, cfr. Floridi 2013.
56
Da questo epigramma, e in partic. dalle espressioni chiave ludificata e pinge sonum,
parte Squillante 2009 per illustrare laspetto di gioco artificioso e il processo di desemantizzazione, tipici della poesia di Ausonio.
57
Cos si conclude uno degli epigrammi ecfrastici (67.3 s. Green) dedicati alla bucula Mironis: Fingere nam similem vivae, quam vivere, plus est; / nec sunt facta dei mira, sed
artificis.
54
224
S. MATTIACCI
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ABSTRACT. This article focuses on some epigrams by Martial (7.84; 9.76; 10.32; 1.109; 9.4344) and Ausonius (epigr. 12; Biss. 5; epigr. 11 Green) with the aim of reflecting on the complex relationship between art and text. The examples selected highlight the strategies with
which ekphrastic epigram intends to present itself not as the pale reflection of the power of an
image, but as a creative and competitive product expressing something that visual image can
not express.
KEY-WORDS: ekphrastic epigram, Martial, Ausonius, art/text.