ECO - Lezione 3

Scarica in formato docx, pdf o txt
Scarica in formato docx, pdf o txt
Sei sulla pagina 1di 8

Economia Politica – Lezione 3 – 02/03/2022

Analizzeremo come si determinano all’interno di un mercato in cui vigono le ipotesi della concorrenza i
prezzi di equilibrio e la quantità di scambio. Ricordiamoci le variabili che spiegano i comportamenti dei
consumatori e dei produttori; ipotizziamo che le altre variabili siano costanti, e ci troviamo le funzioni
esemplificate.

Quella che vediamo qui sopra è la sovrapposizione tra la funzione di domanda e la funzione di offerta. Ciò
avviene specialmente in un mercato azionario:

Ma se noi non ci troviamo nel punto di equilibrio, cioè la quantità domandata non è uguale alla quantità
offerta, quali sono i meccanismi che permettono di giungere al prezzo di equilibrio? Se noi consideriamo
le ipotesi: se ci troviamo con un eccesso di offerto rispetto alla domanda in un mercato concorrenziale (a
quelle condizioni, le imprese si trovano dinanzi ad una quantità maggiore rispetto a quella che i
consumatori possono acquistare), questa concorrenza si traduce in una pressione verso il basso del prezzo.
Succede che si intensifica la concorrenza tra i concorrenti (le imprese) andando verso un prezzo inferiore;
dal lato di domanda si verifica dei compratori disposti a comprare di più, perché il prezzo è diminuito.
Dall’altro lato, se il prezzo diminuisce alcune imprese ridurranno la produzione. (IMMAGINE GIU’)
Supponiamo che il prezzo sia P1, c’è un punto di equilibrio, dove vi è un eccesso di domanda e non di
offerta. Possiamo rovesciare l’argomentazione precedente: scatta un meccanismo concorrenziale tra i
consumatori che vogliono accaparrarsi quel bene disponibile in quantità inferiore, e sono disponibili a
pagare anche un prezzo più elevato. Ciò determina una pressione verso l’alto del prezzo: e via via che tende
a salire a segno di questa concorrenza tra i consumatori, dal lato dell’offerta le imprese tenderanno a
produrre una maggiore quantità di quel bene sul mercato. Gradualmente succede che si arriva al punto di
equilibrio. Tutto questo ragionamento dell’esistenza di un procedimento di aggiustamento automatico non è
qualcosa che opera in astratto: è la conseguenza di precise ipotesi che stiamo facendo riguardo al
funzionamento di un mercato concorrenziale. Se quest’ultimo fosse di altro tipo, questo aggiustamento
verso l’equilibrio non necessariamente si verificherebbe, e il sistema si troverebbe bloccato. Supponiamo
che ci sia un blocco sul prezzo: la quantità offerta rimane H, e la domanda sarà G, quindi l’eccesso RIMANE
perché ci sarà una quota di consumatori che non riesce a prendersi quel bene. Ci saranno dei consumatori
razionati: cioè sono vincolati al prezzo.

Domanda che ora dobbiamo porci: assumiamo che una di quelle famose variabili sia modificabili, ciò avrà
effetto sull’equilibrio? Affermativo. In questo ipotetico mercato, si trova in questa situazione: immaginiamo
che il prezzo delle materie prime (energia, acciaio, ferro, etc.) a parità di tutte le altre condizioni si riduca.
Sulla base di quello che abbiamo visto con le funzioni di offerta, quest’ultima si sposta verso destra: si ha un
effetto sul prezzo di mercato e sull’equilibrio. La funzione di domanda non si sposta, perché il costo di
interazione agisce con l’offerta e non con la domanda. In corrispondenza del prezzo originario, si crea un
eccesso di offerta (se i mercati sono concorrenziali) si avrà una tensione verso il basso del prezzo e si giunge
ad un nuovo equilibrio: il prezzo di mercato scende e si ristabilisce. Si ha un effetto positivo dal punto di
vista dei consumatori: possono acquistare una maggiore quantità del bene, che magari al prezzo P1 non
potevano acquistare, ora con P3 possono farlo.
Facciamo un altro esempio (lavagna professore): presupponiamo che aumenti il reddito dei consumatori,
quindi in questo caso la variabile che modifichiamo compare nella funzione di domanda, e non di offerta.
Per semplificare, la freccetta verso l’alto significa che la variabile aumenta, verso il basso diminuisce. In
questo caso si verifica una situazione per cui i consumatori si trovano con un reddito maggiore, quindi
comporta che a parità di tutte le altre condizioni la funzione di domanda si sposti verso destra. Osserviamo
che in corrispondenza di questo prezzo si verifica un eccesso di domanda: siccome i mercati reagiscono a
questo eccesso di domanda, si avrà una pressione verso l’alto del prezzo, quindi il nuovo punto di equilibrio
è rappresentato da H, e non più da E. In questo caso, un aumento del reddito dei consumatori ha
determinato un nuovo assetto del mercato, caratterizzato da una maggiore produzione (stimolata dal prezzo
aumentato, stimolata a sua volta dalla maggiore domanda, a sua volta dipendente dal reddito aumentato
dei consumatori) di quel bene.

Ora ci immergiamo nella elasticità della domanda e dell’offerta: vogliamo misurare la sensibilità, reattività
costruendo un indicatore che non dipenda dalle unità di misura nelle quali sono misurati questi fenomeni.
Potrei pormi questa domanda: voglio misurare la sensibilità con cui varia la quantità domandata di
automobili alla variazione del prezzo. Qual è l’unità di misura? Tot di automobili. Poi voglio confrontare
quanto sono sensibili alle variazioni del costo delle automobili e la sensibilità con la quale reagiscono alla
variazione del prezzo di un altro bene (tipo arance). Voglio vedere se sono più sensibili alle variazioni del
prezzo delle arance o delle automobili. Bisogna fare un indicatore per entrambi i beni che non dipenda dalle
unità di misura in cui sono misurati gli scambi dei beni. Se mi limitassi a considerare solo la variazione della
quantità scambiata di arance rispetto a quelle del prezzo, e dall’altra parte idem per le automobili, questi
due numeri sarebbero influenzati dall’unità di misura in cui queste due variabili sono misurate. Non posso
confrontare così; se costruisco però un indicatore che non dipende dall’unità di misurare, posso dire in caso
che questo numero puro viene maggiore e in altro minore, posso dire che i consumatori possono essere più
sensibili alla variazione di un bene rispetto di un altro. Come facciamo? Utilizzando il concetto di elasticità:
possiamo calcolarla sia per quanto riguarda la domanda di un bene rispetto al suo prezzo, sia per la
domanda di un bene rispetto al prezzo di altri beni (esempio: elasticità della domanda di caffè al variare del
prezzo dello zucchero) oppure vorrei calcolare l’elasticità della domanda di caffè rispetto al reddito. Come si
calcola il concetto di elasticità? Lo si applica a fenomeni diversi; la “formula” è sempre la stessa, ma cambia
il contenuto. Può valere anche per l’offerta: voglio misurare la sensibilità delle imprese alle variazioni del
prezzo del bene che esse producono, delle materie prime etc. (Sensibilità: termine generico; elasticità: il
calcolo con il quale capiamo la sensibilità).

Questa elasticità in concreto cosa significa? Supponiamo che il prezzo di un bene diminuisca, ciò significa
che la quantità domandata aumenta; la riduzione del prezzo aumenta di poco la quantità domandata.
Questo vuole misurare l’elasticità.
Nel secondo caso, invece, vi abbiamo la diminuzione del prezzo e la quantità domandata aumenta di quanto
non sia avvenuto precedentemente. In questo tratto ci troviamo in una situazione dove la funzione di
domanda è più elastica rispetto al caso precedente al variare del prezzo.

Stiamo ragionando in termini di elasticità rispetto al prezzo, ma si può fare anche con le altre variabili.
Non facciamo riferimento all’unità di misura con delta Q e delta P; ora facciamo un esempio. Vogliamo
analizzare l’elasticità di tre beni alla variazioni del prezzo: prima vediamo il risultato che noi otterremmo se
ci limitassi a valori assoluti dipendenti dalle unità di misura. DeltaP = variazione intervenuta tra il punto
iniziale e finale del prezzo; DeltaQ = variazione della quantità domandata dal punto iniziale al punto finale.
Da questa tabella giù, vediamo una variazione del prezzo che è uguale per tutti i tre beni a cui corrisponde
una variazione della quantità che è DeltaQ.

Se ci limitiamo alle variazioni assolute: faremo DeltaQ / DeltaP. Concluderemmo che il bene A e il bene B
hanno la stessa sensibilità al prezzo, e il bene C di meno.

Ora invece passiamo col metodo non influenzato dalle unità di misura: non calcoliamo il rapporto in valori
assoluti, ma facciamo il rapporto tra la variazione percentuale della quantità e del prezzo. Per ottenere
questo calcolo? Come si ottiene la variazione percentuale? Si calcola così: facendo il rapporto tra la
differenza della variabile della grandezza finale e iniziale e la variabile iniziale. X1 – X2 / X1. Poi calcoliamo
xt −x t −1
per cento per avere la variabile percentuale. × 100
xt
Questo è il tipo di analisi che noi faremo applicandolo alla elasticità.

ESEMPIO CON ALTRI DATI E CON L’INDICATORE:

Prendiamo queste grandezze e mettiamole a denominatore.

Deltaq / q = variazione quantità domandata.


Deltap / p = variazione del prezzo
e = elasticità.

(Non abbiamo moltiplicato per cento perché non


abbiamo fatto in percentuale).

Notiamo che l’elasticità è molto più grande del


bene C rispetto al bene A e C. Questo ci serve
molto: immaginiamo le sigarette; ci sono molte
imposte; se lo Stato vuole fare cassa, aumenta
l’imposta delle sigarette. Il governo nel decidere
una manovra del genere deve pure fare una previsione di quanto potrà incassare. Cosa sappiamo anche?
Che in generale quando il prezzo di un bene aumenta la quantità domandata si riduce; ci troviamo dinanzi la
questione che se il governo mette imposta sulle sigarette, magari la quantità domandata si riduce e ci sono
quindi due forze che agiscono in senso opposto. Chi le compra aumenta il gettito fiscale, chi invece le
compra di meno evita. Abbiamo un effetto che agisce in senso contrario: calcolare l’elasticità ci può dare
delle previsioni su cosa può prevalere. Ovviamente a DeltaP e DeltaQ possiamo cambiare con altre variabili
(reddito, gusti, etc.).

Potrebbero piacerti anche