economia 2

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Scrivere il vincolo di bilancio del consumatore e spiegarne il significato economico. Con l'aiuto di un attrezzature ecc.

attrezzature ecc. Le tipologie principali di tali redditi sono i salari e i profitti. Come già accennato prima vi è
grafico, illustrare come cambia tale vincolo se aumenta il prezzo del bene a. Il vincolo di bilancio è la una distinzione tra PIL nominale e reale. Il PIL nominale è la quantità di beni e servizi (finali) prodotti in un
rappresentazione delle combinazioni dei panieri di beni tra i quali il consumatore può scegliere spendendo dato periodo di tempo calcolati ai prezzi di quello stesso periodo. Il PIL reale è la quantità di beni e servizi
tutto il suo reddito e non oltre. La formula è R=Qa*Pa+Qb*Pb dove Qa e Qb sono le variabili di scelta perché (finali) prodotti in un dato periodo di tempo calcolati ai prezzi di un periodo di riferimento.
se si combinano in modo da rispettare il vincolo, indicano le alternative possibili. Il vincolo di bilancio mostra Dare la definizione di inflazione e spiegare i metodi con cui può essere misurata. Spiegare i principali
la presenza di un trade off nel problema del consumatore: dati il suo reddito e i prezzi, le scelte per lui motivi per i quali gli individui possono percepire l’inflazione in misura diversa rispetto ai valori ottenuti
possibili sono limitate; più decide di acquistare di un bene e meno può acquistare dell’altro. Graficamente il dalle statistiche ufficiali. È una situazione caratterizzata da un continuo aumento dei prezzi dei beni, ovvero
vincolo di bilancio è rappresentato da una retta decrescente chiamata retta di bilancio. Tutti i punti su di essa da una continua diminuzione del potere d’acquisto della moneta. Per misurare l’inflazione si costruisce un
sono le alternative possibili quando si spende tutto il reddito. I punti sotto e sopra la retta non sono indice dei prezzi e si calcola la sua variazione percentuale. Per esempio, dire che l’inflazione nell'ultimo anno
contemplati perché quelli sotto sono contrari all’ipotesi che il consumatore spenda tutto il reddito e quelli è stata del 4% significa dire che i prezzi in media sono aumentati del 4%. I due metodi più conosciuti
sopra rappresentano un costo irraggiungibile perché superiore al reddito. Le intercette sugli assi sono attraverso i quali si calcola l’inflazione sono: il deflatore del PIL e l’indice dei prezzi al consumo (IPC).
rispettivamente sulle ordinate e sulle ascisse R/Pb e R/Pa. Nel caso in cui si verifichi un mutamento del bene Il primo fa riferimento ai beni e ai servizi prodotti ed è dato dal rapporto tra il PIL calcolato ai prezzi dell'anno
a, la linea di bilancio si sposterà sull’asse delle ascisse, mantenendo immutata la sua intercetta sulle corrente (t) denominato PIL nominale e il PIL calcolato ai prezzi dell’anno base (0) chiamato invece PIL reale o
ordinate, a seconda che il prezzo del bene a aumenti o diminuisca. PIL a prezzi costanti. Il PIL nominale è quindi dato dal prodotto fra la quantità prodotta di beni e servizi finali
Nel caso in cui sia il prezzo di b a variare, si verificherà una situazione opposta, nella quale l’intercetta sulle dell’anno corrente t (qit) per il rispettivo prezzo corrente (pit). Il valore complessivo dei beni e servizi prodotti è
ordinate si sposterà e quella sulle ascisse rimarrà invariata. Quando aumenta il prezzo del bene a la nuova dato dalla sommatoria di prezzi per quantità: 3ipit·qit.
retta di bilancio ha la stessa intercetta con l’asse su cui si misura il bene il cui prezzo non è aumentato, e ha Esprimere il PIL in termini reali significa depurarlo da eventuali variazioni dei prezzi. Ciò viene effettuato
un’inclinazione maggiore, tanto maggiore quanto più alto è l’aumento del prezzo. Questo si verifica dal moltiplicando le quantità prodotte nell’anno corrente (qit) per i prezzi di un anno preso come riferimento (pi0),
momento che l’inclinazione della retta di bilancio è misurata dal prezzo relativo Pa/Pb, che indica quante detto anno base.
unità del bene b sono necessarie per ottenere una unità in più del bene a; se aumenta il numeratore ne Il secondo metodo di misurazione dell’inflazione è l’indice dei prezzi al consumo IPC che è uno strumento
consegue quindi che il prezzo relativo e l’inclinazione aumentano. statistico chiamato paniere che misura le variazioni nel tempo dei prezzi di un insieme di beni e servizi, che
Scrivere il vincolo di bilancio con riguardo alla scelta fra consumo beni e consumo tempo libero e viene considerato rappresentativo degli effettivi consumi delle famiglie in uno specifico anno. L’ICP, secondo
spiegarne il significato economico. Usa un grafico e illustra come si ottiene la quantità di lavoro offerta. Il l’ISTAT ha tre indici principali: 1) l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), 2) l’indice
vincolo di bilancio riguardo alla scelta fra consumo beni e consumo tempo libero è interpretato dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), 3) l’indice dei prezzi al consumo armonizzato
analogamente a quello relativo alla scelta del consumatore fra due beni: nel lato sinistro abbiamo la somma per i paesi dell’Unione europea (IPCA).
del consumo del bene Q e quello del tempo libero Tl, moltiplicati per i rispettivi prezzi: P è il prezzo del I consumatori spesso percepiscono un livello di inflazione superiore a quello effettivamente segnalato dagli
paniere di beni e W è il prezzo del tempo libero. Se infatti il consumatore vuole acquistare un’ora di tempo indici di prezzo delle statistiche ufficiali. I motivi sono che gli aumenti di prezzo attirano maggiormente
libero, deve lavorare un’ora di meno, il che gli costa W del proprio reddito. Il lato destro del vincolo di l’attenzione rispetto ai ribassi e alle situazioni di stabilità e vengono anche ricordati più a lungo. Un altro motivo
bilancio rappresenta le fonti di reddito del consumatore, date dal reddito non dal lavoro R e dal denaro che è che notiamo di più gli acquisti frequenti e in contanti come la benzina e i biglietti dell’autobus e notiamo
può ottenere offrendo lavoro, cioè WEl. invece meno gli acquisti poco frequenti come autovetture e vacanze o pagamenti effettuati tramite bonifici
Quindi si può scrivere la formula, in forma implicita per Q, così: Q=(R/P+W/P*El)-W/P*Tl. L’intercetta come affitto e bollette. Spesso perciò, quando pensiamo all’inflazione, prestiamo maggiore attenzione alle
rappresenta il consumo massimo di Q che può essere ottenuto dal consumatore nel caso in cui rinunci variazioni di prezzo di soltanto certe spese che pertanto potremmo essere portati a sovrastimare.
interamente al tempo libero, quindi quando Tl=0. Dare la definizione di ricavo marginale e costo marginale e spiegarne il significato economico. Spiegare qual è
Curva di indifferenza. La curva di indifferenza è l’insieme dei beni la condizione marginale per la massimizzazione del profitto e cosa fa l’impresa quando il ricavo marginale è
che garantiscono al consumatore lo stesso livello di utilità. Quindi diverso dal costo marginale. Il ricavo marginale (Rma) è l’aumento di ricavo totale che si ottiene quando la
identifica tutti i panieri che stanno allo stesso livello nella scala quantità venduta aumenta di una unità. In concorrenza il Rma è costante e coincide col prezzo. Dunque, se la
delle preferenze del consumatore. Più in alto sono le curve nel piccola impresa può vendere qualsiasi quantità decida di produrre al prezzo (dato) di mercato, su ogni unità
grafico, più i panieri sono preferiti. Per l’ipotesi di razionalità il venduta in più incasserà appunto il prezzo. Il costo marginale (Cma) a sua volta è l’aumento di costo totale che
consumatore sceglie il paniere preferito tra quelli che può si ottiene quando la quantità prodotta aumenta di una unità, che differenzia rispetto al Rma sul fatto che il
permettersi di acquistare che sono infatti identificati dalla retta costo marginale non è costante, perché il costo totale aumenta in proporzione maggiore all’aumentare della
del bilancio e potrà così scegliere il paniere della retta del bilancio quantità prodotta. Ciò implica che il costo marginale è crescente, aumenta cioè all’aumentare della quantità
che si trova sulla curva di indifferenza più alta. prodotta. La condizione che identifica il massimo profitto è quando si arriva all’uguaglianza tra Rma e Cma.
Tra le tre curve, B è quella che si trova sulla curva più alta, ovvero quella tangente la retta; quindi la scelta Quella è appunto la quantità in cui il profitto è massimo. Perciò Rma=Cma. Quando il ricavo marginale è
ricade su B, ovvero il paniere Qa* e Qb*, qui 4 e 7. diverso dal costo marginale, ad esempio se, partendo da una certa quantità, Rma>Cma, allora la produzione
Saggio marginale di sostituzione SMS. Il saggio marginale di sostituzione misura il tasso di sostituzione di un di un’unità in più accresce il profitto. Se invece Rma<Cma, allora il profitto aumenta producendo questa volta
bene con un altro bene, lasciando invariata la soddisfazione. Misura perciò quanto vale, per il consumatore, una unità in meno. È opportuno quindi aumentare la produzione fino a quando il Rma rimane maggiore
un bene rispetto all’altro. del Cma, mentre conviene ridurla nel caso contrario.
Illustrare le caratteristiche del ricavo totale e del costo totale. Utilizzando un grafico, spiegare come si Descrivi le caratteristiche del pensiero economico di Davide Ricardo e la sua teoria dei vantaggi comparati
ottiene la quantità prodotta dall’impresa che massimizza il profitto. Il ricavo totale (RT) è ciò che l’impresa con esempio sulla produzione di vino e stoffa in Inghilterra e Portogallo. Ricardo era un liberista e un libero
incassa dalla vendita dei prodotti ossia, supponendo che ne scambista; sosteneva infatti anche il libero scambio tra paesi. Per Ricardo occorre salvaguardare le libertà di
produca uno soltanto, la cifra che si ottiene moltiplicando la mercato non soltanto quando si considerano i singoli capitalisti in concorrenza tra loro, ma anche quando si
quantità venduta (Q) per il prezzo (P) al quale viene venduta. tratta di nazioni che competono negli scambi commerciali. La sua teoria dei vantaggi comparati, dunque
La sua formula è: RT=PQ. Il ricavo totale, dunque, dipende da promuove il libero scambio di merci tra paesi che esso ritiene vantaggioso per tutti. Perciò anche se un paese è
queste due grandezze: la quantità venduta ed il prezzo di più efficiente di un altro nella produzione di tutte le merci, al primo conviene comunque concentrarsi
vendita. Quest’ultimo può essere considerato un dato nella produzione delle merci in cui è relativamente più efficiente, mentre può lasciare la produzione delle altre
(esogeno) purché valgano tre regole: che l’impresa sia merci al secondo paese. Il consiglio che Ricardo dava era quello di abbandonare il protezionismo commerciale,
piccola, che sia in concorrenza con altre imprese e che tutte cioè di rinunciare ai dazi che erano sostenuti dai proprietari terrieri, infatti per lui questa classe rappresentava
vendano lo stesso prodotto. In questa situazione nel mercato un ostacolo allo sviluppo economico. I paesi dovevano quindi abbandonare le protezioni, specializzarsi nella
c’è concorrenza. In concorrenza l’impresa non può alzare il produzione più efficiente e aprirsi agli scambi internazionali. Ricardo, in particolare, ha costruito una teoria
prezzo perché perderebbe tutti i clienti e non può abbassarlo secondo cui il profitto ottenuto dai capitalisti rappresenta un residuo (un surplus) che si ottiene una volta che
perché, essendo piccola, può vendere tutto quel che vuole al prezzo dato. Per le imprese il prezzo è infatti un da una data produzione totale sia sottratto il compenso spettante ai proprietari terrieri a titolo di rendita e
dato in quanto in concorrenza il prezzo lo stabilisce il mercato ed essendo il prezzo un dato, il ricavo è una quello spettante ai lavoratori sotto forma di salario Se dunque il profitto è un residuo, ciò significa che esso è
funzione della quantità venduta Q. Quindi: RT= R(Q) e il ricavo è proporzionale alla quantità venduta: tanto più grande quanto minori siano le rendite e i salari. Questo mette in luce i motivi di contrasto tra le classi
quindi RT= PQ. Il costo totale allo stesso modo può essere considerato una funzione della quantità prodotta sociali nella ripartizione della produzione.
quindi: CT=C(Q). Questa funzione ci dice che l’impresa sostiene un costo fisso anche se non produce nulla e Descrivi le caratteristiche delle politiche del lavoro secondo la classificazione effettuata dall’Eurostat.
che il costo cresce più che proporzionalmente rispetto alla quantità prodotta. La quantità che rende massimo Illustrare le differenze politiche attive e passive spiegando perché alcune politiche attive possono contenere
il profitto è quella per cui lo scarto tra RT e CT è massimo. Questo suggerisce un metodo grafico per anche elementi passivi. L’alto tasso di disoccupazione costituisce il principale problema nel mercato del lavoro
identificare questa quantità. È necessario riportare sullo stesso grafico le due funzioni R(Q) e C(Q) e cercare il delle economie europee. Vi sono delle adeguate politiche del lavoro secondo la classificazione effettuata
valore di Q per cui la distanza tra le due è massima. Nel grafico la distanza è massima nel punto q*, che dall’Eurostat che possono aiutare a ridurre la durata della disoccupazione. Esse sono:
corrisponde alla quantità che favorisce il profitto massimo. 1. supporto alla ricerca di lavoro
Dare la definizione di isoquanto e isocosto e spiegarne il significato 2. formazione e addestramento
economico. Utilizzando una rappresentazione grafica, illustrare la 3. schemi di suddivisione del lavoro (job sharing)
scelta della tecnica da parte dell’impresa che permette di 4. incentivi all’occupazione
minimizzare i costi. L’isoquanto è la curva che unisce tutte le coppie 5. politiche di inserimento dei disabili
delle tecniche N(lavoro) e M(macchine) che consentono di produrre 6. creazione diretta (settore pubblico)
la quantità data Q. L’isoquanto somiglia alla curva di indifferenza. Ce 7. incentivi a nuove imprese
n’è uno per ogni livello di Q; posizionato tanto più in alto quanto 8. sostegno ai disoccupati
maggiore è Q. L’isocosto, dà tutte le combinazioni di N e M che 9. pensionamenti anticipati
costano la stessa somma, ossia CT (il punto sull’asse delle ordinate). Se decide di produrre la quantità Q, 8 e 9 sono politiche passive: mirano ad alleviare la perdita di benessere connessa allo stato di disoccupazione,
l’impresa può scegliere un punto/una tecnica sull’isoquanto corrispondente. La tecnica che costa meno è il ma non intervengono sulle cause di tale stato. Da 1 a 7 invece sono politiche attive; mirano a rimuovere le
punto di quell’isoquanto cui corrisponde l’isocosto con l’intercetta più bassa. L’impresa può produrre la cause della disoccupazione e ad aumentare la probabilità di occupazione, mediante: fornitura di servizi (1 e 2),
quantità Q con la tecnica A e, nel breve periodo, se dispone dell’impianto Ma, non può fare niente di meglio. inserimento lavorativo (3-6), politiche di sostegno allo sviluppo economico (7). 3 e 6 contengono anche
Nel lungo periodo invece, può minimizzare il costo scegliendo la tecnica B, ossia costruendo l’impianto Mb. Il elementi passivi.
costo per produrre Q scende da CTa a CTb (non ci sono tecniche che costino meno). L’isocosto più Illustrare la differenza tra deficit pubblico, debito pubblico e saldo primario. Spiegare perché il debito
basso (che identifica la tecnica che minimizza il costo) è quello tangente all’isoquanto. Perciò la scelta che pubblico tende comunque ad aumentare anche se il saldo primario è in pareggio. Il deficit pubblico o
minimizza il costo si trova nel punto dell’isoquanto in cui vale la condizione dell’efficienza economica e disavanzo è il saldo del bilancio dello Stato. Oltre che dai valori delle variabili fiscali il livello del disavanzo
quindi: SMST= W/Pm. dipende anche dal valore di equilibrio del reddito nazionale. Il prelievo dipende dal livello del reddito: quanto
Dare la definizione di PIL (prodotto interno lordo), spiegando in dettaglio le caratteristiche di tale più elevato è il reddito nazionale, tanto maggiore è la base imponibile sulla quale calcolare le imposte e quindi
definizione. Illustrare la differenza tra PIL nominale e PIL reale, spiegando perché è importante tale tanto maggiori saranno le entrate fiscali. Quando il prodotto nazionale varia per motivi indipendenti dalla
distinzione. Il prodotto interno lordo (PIL) è un indicatore del livello di attività economica di un paese. Il politica economica, varia il prelievo e perciò anche il disavanzo del settore pubblico. Il debito pubblico è il valore
prodotto è interno in quanto la produzione avviene sul territorio di un determinato paese, di tutti i titoli emessi in passato dallo Stato posseduti dai vari soggetti (dalle famiglie) Il saldo primario è la
indipendentemente dal fatto che sia svolta da residenti o meno. È lordo poiché comprende gli differenza tra la spesa pubblica al netto degli interessi e le entrate fiscali. Possiamo avere un disavanzo
ammortamenti, ovvero la perdita di valore subita dal capitale fisso (macchinari, impianti e mezzi di primario, un surplus primario oppure un pareggio del saldo primario. Il debito pubblico tende ad auto-
trasporto) nel corso dell'anno per l'usura fisica e l’obsolescenza. Il PIL misura il valore dei beni e servizi finali alimentarsi anche quando il saldo primario è in pareggio. Per non far crescere su se stesso il debito pubblico è
prodotti all’interno di un sistema economico in un determinato periodo di tempo. Finali significa che nel necessario che ci sia un surplus di primario: Perciò l’utilizzo del disavanzo a fini anticiclici è rischioso.
calcolo del PIL si tiene conto solo dei beni e servizi che non vengono riutilizzati nel processo produttivo nel Illustrare le caratteristiche dell’oligopolio e spiegare cosa si intende per interdipendenza
corso del periodo considerato. Il PIL è una grandezza di flusso, ovvero la sua misura è riferita a un strategica. L’oligopolio è una forma di mercato caratterizzata da poche imprese di dimensioni intermedie
determinato periodo di tempo e può essere calcolato seguendo tre metodi. rispetto al mercato; il prodotto può essere sia omogeneo, quindi puro, che differenziato. vi è la possibilità di
Nel primo, chiamato il metodo della spesa, Il PIL può essere calcolato sommando le spese effettuate ingresso di nuove imprese nel mercato, ostacolata dalla presenza di barriere all’entrata, quale per esempio
dalle famiglie, dalle imprese e dalla pubblica amministrazione, e quelle effettuate dai residenti all'estero per una scala minima efficiente molto grande, ma non impedita come nel monopolio. Il fatto che le imprese
l’acquisto di beni e servizi prodotti nel paese considerato. Le componenti della spesa aggregata sono: il siano poche e grandi comporta che il comportamento di una singola impresa influenzi il profitto delle altre,
consumo, ovvero la spesa per beni di consumo durevoli e non effettuata dalle famiglie; l’investimento, determinando la cosi detta “interdipendenza strategica” dove la singola impresa nel prendere le decisioni
ovvero la spesa per mezzi di produzione effettuata dalle imprese; la spesa pubblica, ovvero i consumi non può prescindere da quello che fanno le altre ed è per questo motivo che definisce una propria strategia,
collettivi, effettuata dallo Stato; le esportazioni nette, ossia la differenza tra esportazioni e importazioni. che le servirà come guida per le scelte che dovrà fare. L’interdipendenza strategica fa ricorso alla teoria dei
Queste quattro grandezze sono nominali, in quanto espresse ai prezzi dell’anno corrente, mentre le giochi, distinguendo giochi cooperativi e non. Conseguenza di ciò è che non esiste un unico comportamento
grandezze espresse ai prezzi di un dato anno di riferimento sono definite reali. L’identità tra PIL e spesa ottimale per l’impresa, ma più di uno: comportamento predatorio, collusivo e non cooperativo. Quando
aggregata si scrive in forma algebrica nel seguente modo: Y = C + I + G + NX. queste scelte sono compatibili fra loro il mercato si trova in equilibrio.
Il secondo metodo di calcolo del PIL è quello del valore aggiunto nel quale al valore della produzione di Si consideri il modello macroeconomico reddito-spesa con prezzi fissi e investimenti esogeni. Quale è
ciascun bene viene sottratto il valore dei beni intermedi che sono quei beni che, pur essendo il risultato di l'effetto di un aumento dell'investimento ΔI>0 sul livello di equilibrio del reddito? Illustrare la risposta con
processi produttivi, servono da input per altre produzioni, ottenendo appunto il valore aggiunto che coincide un Grafico. Quando si verifica un aumento della variabile esogena I, ne consegue un aumento della domanda
con il PIL. autonoma A, essendo I una delle componenti esogene della domanda autonoma. L’aumento della domanda
L’ultimo è il metodo del reddito con il quale il PIL viene calcolato sommando i redditi dei proprietari dei autonoma, in seguito all’aumento di I, incentiva le imprese ad accrescere la produzione nella stessa misura
fattori produttivi che hanno partecipato al processo di produzione, come il lavoro, i macchinari e le dell’incremento di A. maggior prodotto significa maggior reddito per le famiglie, speso nell’acquisto di beni
di consumi, accrescendo ulteriormente la domanda aggregata. Ciò incentiva ancora la produzione, e perciò il potrà trattenere moneta. Il terzo e ultimo movente è quello speculativo, che riguarda la moneta come
reddito e il consumo. Questo processo continua anche se l’incremento della domanda diviene via via minore attività finanziaria alternativa ai titoli e non più come mezzo di scambio. Si trattiene moneta se si scommette
perché viene spesa in consumi solo una frazione dell’aumento del reddito. Gli aumenti di reddito diventano sulla diminuzione a breve del prezzo dei titoli e, viceversa, si trattengono titoli se si scommette su un rialzo
via via più piccoli, fino a diventare un’entità trascurabile, in quanto per ipotesi c<1. L’incremento di reddito del prezzo. In questo caso quindi la scelta di mantenere moneta nel proprio portafoglio è dettata
complessivo sarà ΔI>0 sul livello di equilibrio del reddito? Illustrare la risposta con un Y=ΔI>0 sul livello di dall’obiettivo di guadagnare sulla variazione del prezzo dei titoli. La speculazione è al rialzo se si compra in
equilibrio del reddito? Illustrare la risposta con un A (1+c+c1+c2+c3+…) dove il limite dei termini in parentesi attesa che il prezzo salga, mentre è al ribasso se si vende in attesa che il prezzo scenda. È quindi una
è 1/1-c, che rappresenta il moltiplicatore. La produzione di equilibrio risulta infatti essere un multiplo del domanda di moneta elastica. Considerando le variabili macroeconomiche da cui dipende la domanda di
livello delle componenti autonome della domanda. moneta è bene sottolineare che è il reddito ad influenzare la domanda di moneta, sia per quanto riguarda il
Illustrare i tre moventi che determinano la domanda di moneta e le variabili macroeconomiche da cui essa movente precauzionale che quello transattivo. Inoltre, per quanto riguarda il movente precauzionale, la
dipende. Per domanda di moneta si intende la quantità di moneta che gli operatori come famiglie e imprese domanda di moneta dipende anche dal tasso di interesse, nel caso in cui l’operatore detenga titoli da
decidono di mantenere nei propri Portafogli. Esistono tre motivi che spingono gli operatori a domandare liquidare nel momento in cui avesse bisogno di moneta, infatti in questo caso potrebbe ricorrere in rischi di
moneta. Il primo è il movente delle transazioni, per il quale la moneta viene trattenuta al fine di effettuare perdite in conto capitale, in cui non incorrerebbe se detenesse moneta. Pertanto, la scelta di tenere titoli
con regolarità i propri acquisti, perciò quanto più è elevato il reddito incassato a inizio mese e con esso il invece che moneta per fini precauzionali dipenderà dal tasso di interesse. Per quanto riguarda il movente
valore delle transazioni che si andranno ad effettuare, tanto più è elevato l’ammontare della moneta speculativo la domanda di moneta dipende negativamente dal tasso di interesse perché detenere moneta
trattenuta. comporta un costo opportunità, consistente alla rinuncia all’interesse che si potrebbe avere acquistando
Il secondo movente è quello precauzionale che consiste nel trattenere moneta per fronteggiare imprevisti, titoli.
come il sorgere di improvvise spese. Anche in questo caso tanto più elevato è il reddito tanto più l’operatore

ARGOMENTI:
di immobilità sociale è un indice della probabilità che può avere un individuo di collocarsi in una posizione sociale analoga a quella della famiglia di origine; misura dunque il
la classe sociale di provenienza sui destini di ciascun individuo. Più alto e l’indice, più è probabile che un figlio, al di là dei meriti individuali, si ritrovi in una posizione sociale
quella dei genitori.

MISTI CLASSICI: La nascita dell’economia politica risale al periodo compreso fra il 1760 e il 1830, durante la Rivoluzione industriale che in Inghilterra e in altri paesi creò le basi
ermazione del modo di produzione capitalistico, ovvero di quel sistema nel quale i proprietari dei mezzi di produzione sono i capitalisti, mentre la classe dei lavoratori si
a sul mercato offrendo ai capitalisti la propria forza lavoro in cambio di un salario. Durante la Rivoluzione industriale si assiste a un grande processo di innovazione tecnologica,
amento dei mercati, di concentrazione dei capitali, di trasformazione di larghe masse di lavoratori in operai salariati e di aumento generalizzato della scala della produzione e
colazione delle merci. Tali trasformazioni economiche sono accompagnate anche da importanti cambiamenti negli assetti sociali e politici. Il successo dei capitalisti porta a una
oncezione dello Stato: non più espressione degli interessi del sovrano e dell’aristocrazia fondiaria: l’autorità statale viene chiamata a favorire lo sviluppo del capitale e tutelare
essi dei capitalisti. Padri fondatori della scienza economica moderna sono lo scozzese Adam Smith [“Ricchezza delle nazioni”- 1776], e l’inglese David Ricardo [“Principi di
a politica e della tassazione”-1817]. In quanto economisti classici, risultano sostenitori del liberismo economico, o “laissez-faire”.
MO: per favorire lo sviluppo economico e la crescita del benessere di tutti si devono liberare le forze del mercato dai vincoli imposti dall’autorità statale: “lasciar fare” ai
ti privati. Smith e Ricardo, seppur con piccole differenze, sostengono le tesi liberiste: ci si dovrebbe affidare prevalentemente alle forze spontanee del mercato e alla
zione - concorrenza tra le imprese private, senza inutili vincoli o intromissioni da parte dello Stato.
MA DELLA MANO INVISIBILE: gli individui agiscono nel libero mercato guidati dal loro interesse personale, contribuendo, inconsciamente, allo sviluppo economico complessivo,
o dunque, l’interesse di tutti. Le forze del mercato sono quella mano invisibile che guida i singoli individui egoisti a compiere il bene comune dello sviluppo economico. In
enso egli aggiunge che «non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci dobbiamo aspettare la cena, ma dal fatto che essi perseguono il proprio
e».
o per cui secondo Smith il teorema funziona è che i capitalisti proprietari delle imprese, in concorrenza tra loro, cercano di prevalere gli uni sugli altri producendo esattamente
che i consumatori desiderano. I capitalisti cercano di adottare i metodi produttivi più efficienti al fine di ridurre al minimo i costi ed essere quindi più competitivi rispetto ai
oncorrenti. La riduzione dei costi consente alle imprese di vendere le merci prodotte a prezzi più bassi, favorendo in tal modo lo sviluppo economico e il benessere diffuso.
cardo elabora una teoria sulla scia di Smith in relazione ai rapporti internazionali: per Ricardo, in quanto libero-scambista, occorre salvaguardare le libertà di mercato anche
si tratta di nazioni che competono negli scambi commerciali.
DEI VANTAGGI COMPARATI: il libero scambio di merci tra paesi è sempre vantaggioso per tutti, anche se un paese è più efficiente di un altro nella produzione di tutte le
primo conviene comunque concentrarsi nella produzione delle merci in cui è relativamente più efficiente, mentre può lasciare la produzione delle altre merci al secondo
icardo sostenne che l’Inghilterra avrebbe dovuto specializzarsi nella produzione e nella esportazione di manufatti industriali, mentre avrebbe dovuto importare grano dagli
si, abbandonando così il protezionismo commerciale, cioè di rinunciare ai dazi con i quali il paese cercava di proteggere l’agricoltura nazionale dalla importazione di grano
ente dall’estero.
omisti classici hanno offerto quindi un’interpretazione positiva del capitalismo e delle leggi della concorrenza che lo governavano: talvolta hanno definito “naturale”
rio concorrenziale determinato dalle forze del mercato. In tal modo sembravano voler dare l’idea che il capitalismo si sviluppasse secondo leggi naturali, armoniche e valide in
ue circostanza.
non nascondevano gli elementi di conflitto che potevano emergere dal modo di produzione capitalistico: Smith e Ricardo ritenevano che la società fosse divisa in classi: i
ari terrieri, i capitalisti e i lavoratori; in varie circostanze riconobbero che le classi sociali hanno interessi inevitabilmente contrapposti tra loro. Ricardo ha costruito una teoria
cui il profitto ottenuto dai capitalisti rappresenta un surplus che si ottiene una volta che, da una data produzione totale, sia sottratto il compenso spettante ai proprietari
a titolo di rendita, e quello spettante ai lavoratori sotto forma di salario. Se dunque il profitto è un residuo, ciò significa che esso è tanto più grande quanto minori siano le
e i salari.
sulla concezione del profitto come residuo e sugli elementi di conflitto sociale farà leva Karl Marx per criticare la concezione positiva del capitalismo.
ALE – TEORIA DELLE CRISI: nel 1867 Marx elabora una visione alternativa dell’economia politica sviluppando una critica importante al teorema della mano invisibile,
ndo un sistema tutt’altro che armonico e valido in ogni circostanza: il capitalismo è caratterizzato da perenne instabilità e da crisi ricorrenti. Nella visione di Marx si
ano due spiegazioni della crisi: la tendenza alla caduta del saggio di profitto, a causa dell’operare delle forze di mercato; e la contraddizione tra sviluppo economico (guidato
tto) e il basso livello dai consumi della classe dei lavoratori. I capitalisti estraggono il profitto dal lavoro degli operai e le continue innovazioni tecniche spingono i capitalisti ad
re l’impiego di macchine rispetto ai lavoratori direttamente impiegati nel processo produttivo. Ma se il numero di lavoratori si riduce, si riduce anche il profitto. La progressiva
el profitto determina una crisi generale del modo di produzione capitalistico. Per Marx il profitto rappresenta non solo la remunerazione del capitalista, ma anche il motore
umulazione: la sua progressiva diminuzione rende a un certo punto impossibile la riproduzione del sistema capitalistico favorendo un’epoca di rivoluzione sociale. La
enza fra imprese conduce a una continua serie di rivoluzioni tecniche e organizzative che aumentano al massimo la produttività di ogni singolo lavoratore e al tempo stesso
o il suo salario. Ciò implica un divario crescente tra la capacità produttiva dei lavoratori e la capacità di spesa degli stessi lavoratori. Questo divario può determinare un
a di sbocchi per le merci prodotte. La conseguenza è che il processo di accumulazione dei capitali si blocca e le imprese sono indotte a licenziare i lavoratori. Ma ciò aumenta
mente il divario tra capacità produttiva e capacità di spesa, per cui il sistema rischia di avvitarsi su se stesso fino al tracollo. Marx sostiene dunque la tesi dell’instabilità e della
del capitalismo. L’elemento di maggior contraddizione del capitalismo è che la feroce competizione tra capitali da un lato sviluppa nuove tecniche e nuove forze produttive,
altro scatena le crisi e quindi genera tensioni nei rapporti di produzione tra le classi sociali.
e lavoratrice è al tempo stesso l’artefice dello sviluppo delle forze produttive in base allo sfruttamento imposto dal comando del capitale sul lavoro, e vittima della
pazione e della crescente povertà causata dalle ricorrenti crisi del capitalismo. Secondo Marx, il capitalismo è un sistema potente ma caotico, destinato prima o poi ad entrare
isi irreversibile.
si dice che in Marx è fondamentale il concetto di storicità, si intende che i sistemi economici non sono affatto eterni ma risultano storicamente determinati: possono cambiare
po; infatti è possibile che il capitalismo a un certo punto imploda nelle sue contraddizioni e ceda il passo a una nuova e diversa modalità di organizzazione dei rapporti sociali.
attendeva una svolta rivoluzionaria guidata dalla classe lavoratrice la quale generasse un sistema non più basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione e sul lavoratore
, bensì fondato sulla proprietà collettiva dei mezzi di produzione e sulla pianificazione sociale del lavoro. Nel lungo periodo, a seguito dello sviluppo delle forze produttive e
chezza sociale, Marx vedeva un futuro comunista, nel quale il potere coercitivo dello Stato, la divisione del lavoro e lo stesso concetto di salario sarebbero diventati superflui.
mente Marx non fu il primo comunista della storia. Molti prima di lui avevano sostenuto l’ideale superiorità di un sistema fondato sulla cooperazione sociale anziché sulla
zione individuale, e sulla proprietà collettiva anziché privata dei mezzi di produzione. E in passato non erano nemmeno mancate esperienze di comunismo concreto, come, ad
quello delle comunità cristiane primitive. Marx differisce dai suoi predecessori perché ha elaborato la sua prospettiva comunista non su basi etico-morali, ma su una rigorosa
cientifica delle contraddizioni del capitalismo e della sua fragilità intrinseca, una analisi per molti versi ancora attuale.
fine dell’Ottocento le tesi marxiane divennero il punto di riferimento del movimento operaio, cioè delle organizzazioni sindacali e politiche dei lavoratori che in quel periodo
o sviluppandosi e consolidandosi in molti paesi. L’analisi di Marx aveva successo nel contesto storico in cui e stata formulata perché comunicava ai lavoratori che con le loro
emancipazione essi stavano contribuendo a modificare la Storia, accelerando la crisi del capitalismo e creando le condizioni per una nuova e superiore organizzazione della
MISTI NEOCLASSICI: A partire dal 1870 nasce una nuova concezione teorica detta neoclassica o marginalista; in effetti porta con sé poco della precedente economia classica e
a: Marx e i classici hanno messo in evidenza i meccanismi di funzionamento del capitalismo, le cause della sua capacità di sviluppo, ma anche la sua tendenza alla crisi, le
dizioni che lo caratterizzano e i conflitti tra le classi sociali che quelle contraddizioni scatenano, basando le loro analisi direttamente dallo studio delle classi sociali. I neoclassici
una analisi della società basata sulla divisione fra classi sociali, contrapponendo ad essa il cosiddetto individualismo metodologo: idea che qualsiasi aggregato sociale, inclusa
, è in realtà costituito da singoli individui. Secondo l’approccio neoclassico, l’analisi scientifica della società deve sempre partire dall’analisi del comportamento del singolo;
ifiutano l’idea di doversi occupare di uno specifico modo di produzione; essi si propongono di elaborare una teoria molto più generale: ritengono che il problema economico
entale di ogni individuo e di ogni società sia quello di impiegare al meglio i mezzi scarsi di cui dispone al fine di accrescere più che può il proprio benessere. Nel “Saggio sulla
sul significato della scienza economica” del 1932, Lionel Robbins ha definito l’economia come quella scienza «che studia il comportamento umano come una relazione fra
ssificabili in ordine d’importanza e mezzi scarsi applicabili ad usi alternativi». Nel 1947, Paul Samuelson ha definito il nucleo di ogni problema economico come «una funzione
tica da massimizzare sotto vincoli», dove i vincoli rappresentano le risorse scarse disponibili e la funzione da massimizzare in genere rappresenta il benessere individuale.
i neoclassici tale benessere può esser misurato attraverso l’utilità. [Esempio: risorsa scarsa=tempo; l’individuo deve capire come impiegare il proprio tempo: lavorando,
do un reddito che gli darà modo di consumare merci, oppure riposandosi. Entrambi i fattori: il riposo e il consumo di merci accrescono l’utilità dell’individuo, cioè aumentano il
essere; come si fa a decidere qual è cioè la quantità ottimale di ore da dedicare al lavoro, e quale la quantità ottimale di ore da dedicare al riposo, al fine di massimizzare
dell’individuo?]. I neoclassici si servono del calcolo marginale, un calcolo effettuato su incrementi piccoli, appunto marginali, delle variabili considerate.
O MARGINALE: si basa sul principio che al crescere del consumo di un qualsiasi bene, l’utilità dell’individuo tende ad aumentare ma con incrementi sempre più piccoli. Il
è che mentre le dosi iniziali del bene sono particolarmente gradite all’individuo, le dosi successive lo condurranno verso la sazietà e quindi risulteranno meno utili. Tale
o è detto legge dell’utilità marginale decrescente. Dunque, nel caso dell’individuo considerato, si tratta di distribuire le ore del giorno tra lavoro (e conseguente consumo di
tempo libero; la scelta avviene sapendo che all’inizio il consumo di merci è assolutamente necessario, e quindi conferisce una utilità molto alta. Al crescere delle ore di lavoro
nsumo, e al conseguente ridursi delle ore di tempo libero, l’individuo tende ad essere sempre più sazio di merci ma anche sempre più stanco, per cui l’utilità marginale del
o tende a ridursi rispetto all’utilità marginale del tempo libero. Per massimizzare la sua utilità, l’individuo deve: aumentare il tempo di lavoro fino a quando l’utilità marginale
umo è maggiore della utilità marginale del tempo libero, cioè fino a quando l’aumento di utilità derivante dal consumo di merci (reso possibile dall’aumento del tempo
o al lavoro) è maggiore o al limite uguale alla perdita di utilità causata dalla rinuncia al tempo libero. Nel momento in cui l’utilità marginale del consumo eguaglia l’utilità
le del tempo libero, l’individuo starà lavorando proprio il numero ottimale di ore. Se l’individuo aumenta ulteriormente il tempo di lavoro, la perdita di utilità dovuta alla
al riposo, eccede l’aumento di utilità derivante dal consumo di merci, e quindi egli incorrere in una riduzione del suo benessere.
ueste considerazioni che questa teoria è detta anche marginalista, ed è applicabile ai consumatori come ai capitalisti: il possessore di ingenti ricchezze deve decidere se
are subito tali ricchezze oppure prestarle ad altri, guadagnando così un interesse e potendo quindi consumare maggiori quantità di ricchezza in futuro: il soggetto distribuisce
sue ricchezze tra consumo immediato e consumo futuro in base al confronto tra le utilità marginali della prima e della seconda opzione.
per i neoclassici, il comportamento di ogni individuo, indipendentemente dalla classe di appartenenza, può essere esaminato come un problema di massimizzazione
tà sotto il vincolo delle risorse scarse di cui egli dispone, e più specificamente come un problema risolvibile con il calcolo marginale.
e quindi di uno specifico modo di produzione storicamente determinato, come facevano i classici e soprattutto Marx, è da ritenersi errato.
NEOCLASSICI: Dall’analisi neoclassica emerge l’idea che in condizioni di perfetta concorrenza un’economia di mercato è in grado di garantire il pieno utilizzo delle risorse scarse
ili, una remunerazione delle risorse conforme al contributo di queste alla produzione (i salari in base alla produttività marginale del lavoro e il capitale in base alla produttività
le del capitale). Riguardo alle fondamentali questioni della disoccupazione e dei salari, i neoclassici applicano ancora una volta il calcolo marginale: per ogni data quantità di
produzione disponibili, i lavoratori via via assunti dalle imprese avrebbero fatto registrare una produttività sempre minore: è la legge della produttività marginale decrescente
ttore produttivo. In base a questa legge, le imprese assumono nuovi lavoratori solo se la loro produttività marginale è maggiore o al limite uguale al costo marginale
nzione, che corrisponde al salario. Sembrerebbe dunque, che la disoccupazione dipenda solo dalla libera scelta del lavoratore, che si dichiara indisponibile ad accettare un
quivalente alla sua produttività. Oppure può dipendere dall’azione dei sindacati dei lavoratori, che impediscono di ridurre i salari al livello della produttività marginale, e quindi
impossibile l’assunzione di ulteriori lavoratori da parte delle imprese. Se si eliminano le distorsioni causate dai sindacati e si lascia fare alle forze del mercato, si giunge alla
cupazione dei lavoratori disposti ad accettare un salario equivalente alla loro produttività.
NVISIBILE NEOCLASSICA: La teoria neoclassica permette in tal modo di elaborare una sorta di nuovo teorema della mano invisibile: l’economia capitalistica non è né instabile
ttuale. In assenza di distorsioni causate dalla politica o dall’azione sindacale, le forze spontanee del mercato conducono il sistema economico verso un equilibrio naturale, in
coloro che sono disposti a lavorare al salario vigente riescono a trovare un’occupazione – una sorta di liberismo in termini più netti: abbiamo una concezione non più
ale ma armonica dei rapporti sociali. Anche Ricardo era liberista, ma la sua chiave di lettura era che il salario e il profitto sono legati tra loro da un rapporto antagonistico,
e uno aumenta l’altro diminuisce. Invece, nella visione neoclassica il lavoro e tutti gli altri fattori produttivi sono remunerati in base alle rispettive produttività marginali, cioè al
to dato da ciascuno di essi alla crescita della produzione.
NDE CRISI E KEYNES: Il successo della teoria neoclassica era in buona misura dovuto alla capacità di presentare il problema economico come un generico problema di uso
e di risorse scarse, questa prerogativa permette a molti studiosi di avvicinarsi all’economia come se si trattasse di una scienza neutra, priva di implicazioni sociali
, lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, nel 1914, fece credere a molti che il conflitto bellico tra nazioni non fosse altro che una versione estrema del conflitto tra capitali: il
produzione capitalistico tende a scatenare una tale competizione sociale da condurre poi inesorabilmente alla guerra militare.
nel 1917 in Russia, la Rivoluzione d’Ottobre propone un nuovo modello basato sull’economia pianificata; il partito che la guida si dichiara espressamente marxista, e punta a
zzare i rapporti economici su basi socialiste. Ma la visione armonica del capitalismo subisce un altro duro colpo a seguito della Grande Crisi: nel 1929 il crollo della borsa di Wall
eò 12 milioni di disoccupati negli Stati Uniti, 6 milioni in Germania, 3 milioni in Gran Bretagna e molti altri nel resto del mondo: le chiavi di lettura della crisi suggerite dagli
sti neoclassici apparivano sempre più in discussione. Nel 1933, Pigou sostiene che la crisi sia dovuta al fatto che i sindacati si oppongono al calo delle retribuzioni, impedendo il
rio tra salari e produttività marginale del lavoro che sarebbe stato necessario per indurre le imprese ad assumere i lavoratori disoccupati.
erano dunque maturi per una nuova revisione delle idee in campo economico.
in “Teoria generate dell’occupazione, dell’interesse e della moneta”- 1936, Keynes si pone in una posizione intermedia: condivide la tesi neoclassica secondo la quale in
o il salario reale coincide con la produttività marginale del lavoro; accetta anche la tesi secondo cui la produttività marginale del lavoro decresce al crescere del numero dei
ri occupati. Tuttavia, Keynes, mostra che i neoclassici trascurano che il numero degli occupati dipende dalla domanda effettiva di merci: le imprese assumeranno solo i
ri necessari a produrre la quantità di merci effettivamente domandata dal mercato, cioè la quantità che può essere effettivamente venduta. Questo è il principio della
a effettiva, ed è alla base della teoria di Keynes: se la domanda effettiva di merci è bassa, le imprese assumono pochi lavoratori con conseguente elevata disoccupazione e un
ello di attività economica, la domanda effettiva a sua volta dipende dalle aspettative sul futuro.
oria keynesiana questo meccanismo cumulativo va sotto il nome di moltiplicatore.
cipio della domanda effettiva e dalla teoria del moltiplicatore, Keynes faceva anche scaturire una critica al liberismo prevalente tra i neoclassici: riteneva che le forze del
, lasciate a se stesse, non sarebbero mai state capaci di generare una domanda effettiva tale da eliminare la disoccupazione. Keynes critica l’idea di Pigou, secondo il quale la
risi dipendeva dai sindacati dei lavoratori che si opponevano alla riduzione dei salari e quindi impedivano il libero funzionamento del mercato, al contrario, sosteneva che la
e dei salari non avrebbe risolto la crisi, anzi, avrebbe potuto aggravarla. La riduzione dei salari avrebbe infatti dato avvio a un lungo periodo di calo dei prezzi delle merci, che
indotto molti operatori a rinviare gli acquisti in attesa di ulteriori cadute dei prezzi, il che avrebbe solo accentuato la crisi. Per Keynes, il capitalismo risulta afflitto da una
a effettiva molto instabile, condizionata dai cambiamenti nelle aspettative sul futuro, e in genere mai sufficiente per garantire la piena occupazione dei lavoratori. Soltanto un
o intervento statale nell’economia avrebbe potuto garantire livelli alti e stabili della domanda effettiva. Keynes parlava di «socializzazione di una certa ampiezza
stimento», ossia di un ampio intervento dello Stato per il finanziamento degli investimenti in opere pubbliche, servizi sociali, beni di interesse collettivo.
EYNES, CRISI DEL NEOCLASSICISMO: Dopo la Seconda guerra mondiale era dunque diffusa l’opinione che le forze spontanee del capitalismo, lasciate a se stesse, fossero causa
ilità crisi e conflitti. Inoltre, non si poteva trascurare il fatto che tra i vincitori della guerra vi fosse anche l’Unione Sovietica, lo stato socialista nato dalla rivoluzione Russa del
politiche economiche del dopoguerra furono in varie circostanze ispirate dalla critica della ideologia liberista degli anni precedenti: era diffuso il convincimento che
nto statale nell’economia fosse in una certa misura necessario per rimediare alla instabilità e alla debolezza della domanda tipiche del capitalismo.
NEOCLASSICA: Tra i suoi esponenti spiccavano i nomi di John Hicks, Franco Modigliani e Don Patinkin; proposero una sintesi, per l’appunto, tra le idee di Keynes e la teoria
ica, dando vita, negli anni Cinquanta a un nuovo modello: il principio keynesiano della domanda effettiva e il moltiplicatore determinano i livelli della produzione e della
one nel breve periodo; l’equilibrio “naturale” del mercato del lavoro e la funzione di produzione determinano i livelli della occupazione e della produzione nel lungo periodo.
fondo è che le oscillazioni della domanda possono in effetti provocare cambiamenti continui nella produzione e nella occupazione ma ciò può avvenire solo nel breve periodo;
o periodo le forze del mercato dovrebbero comunque condurre l’economia al suo equilibrio naturale di piena occupazione. Il problema keynesiano della domanda effettiva
e negato, come facevano i vecchi neoclassici, ma viene ricondotto a una questione di breve periodo. La politica economica non è indispensabile, ma può aiutare a raggiungere
damente l’equilibrio naturale.
no gli aspetti più rilevanti della sintesi neoclassica? Mantenendo la base metodologica basata sul principio marginalista, si assume che gli agenti economici non sono piccoli e
otere, quindi non agiscano in un contesto di concorrenza: le imprese possono avere un potere di mercato nel fissare il prezzo dei beni, i lavoratori possono associarsi in
ti per contrattare il salario. Il rischio di una carenza di domanda effettiva può sussistere ma solo nel breve periodo: nel lungo periodo l’economia dovrebbe tornare
eamente all’equilibrio naturale di piena occupazione.
DEI VANTAGGI COMPARATI DI RICARDO: Supponiamo che il costo di produzione di ogni merce corrisponda alle ore di lavoro necessarie a produrre una unità di quella merce.
voro necessarie a produrre 1 unità di merce nei due paesi:
ALLO – vino: 3 ore; stoffa: 12
ERRA – vino: 2 ore; stoffa 4 ore.
erra gode di un vantaggio assoluto nella produzione di entrambe le merci e di un vantaggio comparato nella produzione di stoffa; stando ai soli vantaggi assoluti sembra che
erra non abbia interesse ad aprirsi agli scambi internazionali. Ricardo invece dimostra che, sotto date condizioni, all’Inghilterra conviene specializzarsi nella produzione di stoffa
are vino dal Portogallo: sulla base dei dati, definiamo le ragioni di scambio tra le merci all’interno di ciascun paese nel caso di autarchia, cioè chiusura agli scambi
ionali.
gallo 1S = 4 V
terra 1S = 2 V
a; V=vino)
mostra che condizione sufficiente affinché lo scambio convenga in entrambi i paesi e che la ragione di scambio internazionale (cioè quella che si impone al momento della
a dei due paesi agli scambi) sia compresa tra le due ragioni di scambio in autarchia. Dimostriamolo: supponiamo che la ragione di scambio internazionale sia 1S = 3V, in tal caso,
esportazione di 1S da parte dell’Inghilterra a fronte di una esportazione di 3V da parte della Portogallo possiamo costruire il seguente schema:
ALLO: esporta 3V pari a 9 ore di lavoro; importa 1S pari a 12 ore di lavoro; 12-9= 3 ore di lavoro guadagnate.
ERRA: esporta 1s pari a 4 ore di lavoro; importa 3V pari a 6 ore di lavoro; 6-4= 2 ore di lavoro guadagnate.
ma indica il costo delle merci in base alle tecniche prevalenti all’interno di ogni nazione: se i due paesi si specializzano e si aprono agli scambi, ottengono entrambi un guadagno
ni di lavoro risparmiato; inoltre il guadagno derivante dall’apertura internazionale è tanto minore quanto più la ragione di scambio internazionale si avvicina a quella di
a. Se la ragione di scambio che si impone a livello internazionale è uguale a quella dell’Inghilterra in autarchia - cioè 1S = 2V - allora tutto il vantaggio dell’apertura agli scambi
togallo e l’Inghilterra non ottiene nessun guadagno: se la ragione di scambio internazionale è 1S = 2V - uguale a quella dell’Inghilterra in autarchia allora:
ALLO: esporta 2V pari a 6 ore di lavoro; importa 1s pari a 12 ore di lavoro; 12-6= 6 ore di lavoro guadagnate.
ERRA: esporta 1S pari a 4 ore di lavoro; importa 2V pari a 4 ore di lavoro; 4-4= 0 ore di lavoro guadagnate.
so guadagna solo il Portogallo e l’Inghilterra non ottiene alcun beneficio dall’apertura.
io chiarisce perché la condizione sufficiente per lo scambio e che la ragione internazionale sia compresa tra quelle interne: se la ragione di scambio fosse uguale a quella di
due paesi, questo paese non avrebbe alcun interesse ad aprirsi allo scambio internazionale. Ricardo dimostra, quindi, che ai paesi conviene aprirsi agli scambi internazionali e
zarsi nella produzione in cui godono di un vantaggio comparato.
MA: II teorema dei vantaggi comparati dimostra che l’apertura internazionale conviene poiché implica un guadagno in termini di lavoro risparmiato; in generale questo
o di lavoro è un indice di maggiore efficienza, ma quanto è realmente importante il risparmio di lavoro quando c’è disoccupazione? Quando un paese presenta un grande
di disoccupazione il problema principale diventa impiegare e non risparmiare lavoro. Allora la teoria dei vantaggi comparati ha senso solo se si assume, che non vi siano
i di disoccupazione; se questi problemi vi sono non è detto che la soluzione del libero scambio e dell’apertura internazionale sia quella preferibile.
ONE DI RIPRODUCIBILITA’ DEL SISTEMA ECONOMICO - MARX: Consideriamo un’economia primitiva che produce come output grano (G) e ferro (F) utilizzando come fattori
vi (input) il grano e il ferro stessi. Tra gli input di grano e di ferro necessari alla produzione rientrano anche le quantità necessarie al sostentamento dei lavoratori impegnati nel
o produttivo: l’input di grano comprende sia il grano impiegato nella semina dei terreni, sia il grano consumato dai lavoratori impiegati nella sua produzione. Riguardo al ferro,
o pensare che si tratti del ferro contenuto negli attrezzi necessari alla produzione (vanghe, picconi, trattori, ecc.). L’economia presenta tecniche di produzione che stabiliscono
nte relazione tra input e output:
ndo 280 unità di Grano e 12Ferro → produco 400 unità di G
ndo 120 unità di Grano e 8 Ferro → produco 20 unità di F
MIA DI SUSSISTENZA: Questa è una economia di pura sussistenza: se sommiamo le colonne otteniamo il totale del grano usato come input: 280+120=400, e il totale del ferro
me input 12+8=20, all’interno di entrambi i settori. Si vede chiaramente che gli output di grano (400) e ferro (20) riescono appena a coprire gli input necessari a ripetere la
one di periodo in periodo. Dunque, l’economia di sussistenza non è in grado di generare un surplus, di là dello stretto necessario per la riproduzione. Può mai esistere una
a di mera sussistenza in un regime capitalistico? No. Un’economia capitalistica può riprodursi solo se oltre alla stretta sussistenza genera un surplus, un’eccedenza, un residuo
a a remunerare il profitto dei capitalisti, altrimenti il meccanismo s’inceppa. Come evitarlo?
ndo innovazioni tecniche, per esempio acquistando un nuovo macchinario che consente di produrre di più utilizzando lo stesso numero di lavoratori, aumentando lo sforzo
vo dei lavoratori a parità di salario, riducendo il costo degli input attraverso una riduzione dei salari.
O:
grano: 280; input ferro: 12; output: 500G
grano 120; input di ferro: 8; output: 30F
grano: 400; input ferro: 20.
o caso l’economia genera surplus: l’input totale di grano è 400 ma l’output ora è 500; l’input totale di ferro è 20 ma l’output ora è 30; il surplus, rispettivamente di 100 G e 10 F
e di remunerare i profitti dei capitalisti, i quali possono poi decidere di consumare questa eccedenza oppure reinvestirla per aumentare la scala di produzione.
a di Marx, il surplus può essere generato solo a scapito dei lavoratori, o a seguito di una intensificazione dei loro sforzi, oppure a seguito di una riduzione degli input salariali. Al
tesso, il surplus è indispensabile alla sopravvivenza di una economia capitalistica, che è in grado di riprodursi solo se viene soddisfatto il movente del profitto dei capitalisti.
A’: l’economia studia i problemi che hanno a che fare con la scarsità; una cosa è scarsa se qualcuno la vuole - gli serve, la desidera, gli è utile -, e se non ce ne è abbastanza per
onomicamente una cosa è scarsa quando non è disponibile in quantità sufficiente rispetto al fabbisogno; la scarsità è una proprietà relativa dei beni.
ioni della scarsità: le cose scarse suscitano immediatamente un interesse economico: ha senso appropriarsene; ha senso pagare per averle, ossia comprarle; ha senso (ove
e) produrle, e venderle. Le cose scarse diventano oggetto di attività economica perché hanno un valore.
e Ricchezza: il possesso di una cosa scarsa consente diverse possibilità: consumo - suo utilizzo per soddisfare un bisogno -, scambio - vendita per acquistare altro -, impiego
ne intermedio o come mezzo di produzione. Le cose scarse sono risorse, una risorsa è appunto ogni mezzo scarso impiegabile per scopi alternativi. L’insieme delle risorse di
etto costituisce la sua ricchezza.
ROBBINS: 1898-1984, l’economia studia i problemi che hanno a che fare con l’utilizzo di mezzi scarsi suscettibili di impieghi alternativi. Quali sono questi problemi? Problemi di
di coordinamento.
vista e metodo: l’economia studia problemi di scelta e di coordinamento ponendo l’accento non sul caso specifico ma sulla dimensione generale dei problemi.
istiche del metodo della teoria economica: rappresentazione con modelli, ipotesi di razionalità, ipotesi di equilibrio.
O: È una rappresentazione semplificata del “pezzo” di realtà che si vuole studiare; elimina tutti i particolari che vengono giudicati non importanti in modo da mettere a fuoco
ale. Per fare un modello ci si serve di una descrizione verbale (a parole), dell’uso dei grafici ed una rappresentazione formale con l’ausilio della matematica.
ALITA’: un soggetto prende una decisione economica in modo razionale se prende in considerazione tutte le alternative possibili, e solo quelle; se formula una graduatoria
a e coerente delle alternative sulla base delle sue preferenze. Infine, se sceglie l’alternativa, tra quelle realizzabili, più alta in graduatoria.
RIO: un sistema economico è in equilibrio quando ciascun soggetto economico non ha motivo di cambiare la propria scelta - condizione “soggettiva”-; le scelte dei vari soggetti
sono compatibili tra loro - condizione “oggettiva” -. Come la razionalità, anche l’equilibrio non è una caratteristica della realtà, ma è una ipotesi che serve per costruire i
economici: l’ipotesi di razionalità è rilevante soprattutto per i problemi di scelta, l’ipotesi di equilibrio per i problemi di coordinamento.
O DELLA SCELTA DEL CONSUMATORE: situazione semplificata – un modello -: una somma di denaro data - 200 euro - va spesa - tutta - nell’acquisto di due beni, libri (a), e
i cui prezzi sono rispettivamente 10 e 20 euro. Come viene distribuita la somma? Denaro e prezzi sono dati, la somma va spesa tutta; solo due beni. Come viene effettuata la
Per risolvere il problema applichiamo l’ipotesi di razionalità. PRIMO PASSO: definiamo l’insieme delle alternative possibili: come può essere spesa la somma di denaro?
rando solo libri: indichiamo il numero di libri col simbolo Qa; otteniamo Qa = 200/10 =20.
Comprando solo DVD: indichiamo il numero di DVD col simbolo Qb; otteniamo Qb = 200/20 =10.
Comprando un po’ di libri e un po’ di DVD: I casi 1 (Qa = 20 e Qb = 0), e 2 (Qa = 0 e Qb = 10) rappresentano le situazioni limite.
possiamo rappresentare i casi intermedi?
VINCOLO DI BILANCIO: Caso singolo:
fissa la quantità di un bene non superiore a quella massima;
calcola la spesa corrispondente;
ottiene la spesa per l’altro bene per differenza;
se ne calcola la quantità.
Quindi:
quanti DVD si possono acquistare se si comprano 6 libri?
costo di 6 libri è 10 X 6 = 60;
restano disponibili 140 euro;
con 140 euro si possono comprare 140/20 = 7 DVD;
elta del paniere migliore risposta è perciò Qa = 6 e Qb =7
Generale: 10 Qa + 20 Qb = 200; ovvero che la spesa per i libri, più quella per i DVD non può superare la somma disponibile per la spesa.
ula che abbiamo scritto ha due addendi al primo membro: prezzo dei libri per quantità di libri acquistata (variabile), più prezzo dei DVD per quantità di DVD acquistata
(variabile); il totale dà appunto la Spesa. Al secondo membro abbiamo la somma disponibile, ovvero il Reddito.
Quindi: Spesa = Reddito, dove ciascuna componente della spesa è data dalla quantità acquistata, moltiplicata per il suo prezzo, per questo si
chiama Vincolo di bilancio.
Qb=10-1/2Qa
Applicando questa formula si ottiene il valore di Qb che può essere acquistato per ogni dato valore di Qa, rispettando il vincolo di bilancio che può
essere letto come un’equazione con due variabili, ossia le due quantità Qa e Qb. Se si fissa il valore di una variabile (per esempio Qa), la formula
permette di trovare il valore dell’altra (ossia Qb). Diventa una normale equazione con una incognita, appunto Qb.
LA GENERALE VINCOLO BILANCIO: Nelle formule del vincolo di bilancio compaiono due variabili: le quantità dei beni Qa e Qb; e tre dati: i due prezzi e il reddito. Tutto quel che
o detto finora può essere ripetuto anche quando i tre dati sono diversi: usando i simboli Pa e Pb per i prezzi e il simbolo R per il reddito:
implicita: PaQa + PbQb = R
esplicita: Qb = R/Pb – Pa/Pb Qa
I BILANCIO: la formula esplicita del vincolo di bilancio è una retta, quella implicita - PaQa+PbQb=R - è la stessa retta ed è comoda per costruire il grafico:
Qb = 0 e si trova Qa = R/Pa - il “paniere” in cui la retta incontra l’asse orizzontale;
Qa = 0 e si trova Qb = R/Pb - il “paniere” in cui la retta incontra l’asse verticale;
o la retta per unire i due punti.
cede alla retta del bilancio se aumenta Pa? Il paniere R/Pa si sposta a sinistra e la retta ruota verso il basso.
cede alla retta del bilancio se diminuisce Pa? Il paniere R/Pa si sposta a destra e la retta ruota verso l’alto.
cede alla retta del bilancio se aumenta Pb? Il paniere R/Pb si sposta in basso e la retta ruota verso il basso. Che succede alla retta del bilancio se aumenta R? I panieri R/Pa e
mentano entrambi; la retta si sposta in alto.
cede alla retta del bilancio se aumentano sia Pa che Pb nella stessa proporzione? Indichiamo i nuovi prezzi come πPa e πPb dove π > 1; la retta di bilancio si sposta in basso,
ia il paniere R/πPa che il paniere R/πPb contengono meno beni. La nuova retta è parallela, perché πPa/πPb = Pa/Pb: l’aumento dei prezzi equivale a una diminuzione del
Il rapporto Pa/Pb si chiama prezzo relativo.
RELATIVI: il prezzo relativo misura quante unità del bene il cui prezzo è al denominatore (Pb) possono essere ottenute in cambio di una unità del bene il cui prezzo è al
ore (Pa). Misura quanto vale un bene non in euro ma nei termini dell’altro: ESEMPIO: se Pa = 10 e Pb = 20, allora il prezzo relativo Pa/Pb = 1/2 = 0,5. Cedendo una unità del
ene se ne può ottenere mezza del secondo, ovvero il primo bene vale metà del secondo – alternativamente Pb/Pa = 2, ovvero - è ovvio - il secondo bene vale il doppio del

o dalla formula esplicita della retta di bilancio - Qb = R/Pb – Pa/Pb Qa - si vede che la sua inclinazione in valore assoluto è misurata proprio dal prezzo relativo Pa/Pb: Ogni
e ci si muove verso destra lungo la retta, si ottiene un po’ di più del primo bene rinunciando a un po’ del secondo. Il prezzo relativo Pa/Pb misura proprio la quantità di Qb cui si
rinuncia ogni volta che Qa aumenta di uno. Più inclinata è la retta, maggiore è la quantità di Qb cui si rinuncia: ΔQa = +1 →ΔQb = -
(Pa/Pb). Il prezzo relativo è una misura della scarsità dei due beni.
RETTA DI BILANCIO E REDDITO: Nel vincolo di bilancio, R rappresenta la somma disponibile per acquistare i beni, il Reddito. Un
aumento di R sposta in alto la retta del bilancio; il che rende acquistabili panieri che prima erano troppo costosi, viceversa una
diminuzione di R. ΔR > 0 → maggiori possibilità di scelta: il consumatore diventa più ricco.
Abbiamo visto anche che un aumento in proporzione dei prezzi equivale a una diminuzione di R, spostando in basso la retta di
ura 1 retta di bilancio bilancio; questo aumento dei prezzi provoca una diminuzione del reddito reale.
REDDITO REALE: aumenta ogni volta che la retta di bilancio si sposta verso l’alto, rendendo possibile la scelta di panieri prima troppo
La crescita del reddito reale può essere provocata da un aumento della somma R, il reddito “nominale”, oppure dalla diminuzione di un
prezzo o di entrambi.
Diminuisce ogni volta che la retta di bilancio si sposta verso il basso, riducendo il numero dei panieri disponibili per la scelta. La
diminuzione del reddito reale può derivare da una riduzione della somma R, il reddito “nominale”, oppure dall’aumento di un prezzo o di
entrambi.
succede al reddito reale quando aumentano sia il reddito R che i due prezzi Pa e Pb nella stessa proporzione? Per rispondere basta vedere cosa
succede alla retta del bilancio: partiamo da - Qb = R/Pb – Pa/Pb Qa, moltiplichiamo R, Pa e Pb per lo stesso numero π > 1; Il numero π “sparisce”
formula rimane quella di prima: quando il reddito nominale aumenta come i prezzi la retta, di bilancio non si sposta. Perciò il reddito reale non
cambia.
CURVE DI INDIFFERENZA: Il consumatore può scegliere tra i “panieri” sulla retta del bilancio, o quelli sotto la retta; per l’ipotesi di razionalità, il
consumatore sceglierà quello preferito. Ma come conosco la lista dei panieri?
costruire una graduatoria bisogna partire da un paniere qualsiasi, per esempio A = (7 ; 5); i panieri in alto a destra come B, sono preferiti, quelli in
a sinistra come C, sono inferiori. Possiamo trovare panieri indifferenti ad A solo in basso a destra o in alto a sinistra. Poniamo che A1, A2, A3, A4
indifferenti ad A, sono anche indifferenti tra loro. Una curva di indifferenza identifica tutti i “panieri” che stanno allo stesso livello nella scala delle
preferenze del consumatore. Più in alto sono le curve più i panieri sono preferiti: per ogni punto del grafico passa una sola curva di indifferenza,
curve di indifferenza sono decrescenti; le curve di indifferenza non si incontrano.
l’ipotesi di razionalità il consumatore sceglie il paniere preferito tra quelli che può permettersi di acquistare; i panieri preferiti si trovano sulle
di indifferenza più alte - più si sale, più sono preferiti -, i panieri acquistabili sono identificati dalla retta del bilancio, perciò il consumatore
sceglierà il paniere della retta del bilancio che si trova sulla curva di indifferenza più alta.
l’ipotesi di razionalità, si sceglie il paniere sulla retta del bilancio che si trova sulla curva di indifferenza più alta. Il paniere A si trova sopra la retta
bilancio e perciò non può essere acquistato; il paniere B sta sulla retta di bilancio, e perciò può essere acquistato, ma sulla stessa retta ci sono
panieri migliori: C è quello che si trova sulla curva più alta, è la curva tangente alla retta; perciò, la scelta cade su C, ossia sul paniere (Qa*; Qb*).
SAGGIO MARGINALE DI SOSTIUZIONE: il saggio marginale di sostituzione misura quante unità del bene b è disposto a cedere il consumatore in cambio di
à del bene a, restando indifferente tra prima e dopo. Misura quanto vale, per il consumatore, un bene rispetto all’altro: l’SMS misura l’equivalenza soggettiva tra i beni.
GIE E DIFFERENZE CON IL PREZZO RELATIVO:
misura l’equivalenza tra i beni per il mercato; SMS misura l’equivalenza per il consumatore.
è costante (i prezzi sono dati); SMS è variabile: il suo valore dipende dal punto in cui ci troviamo sulla curva di Indifferenza.
il consumatore sceglie il paniere preferito - E nella figura -, è in equilibrio e infatti non ha motivo di cambiare scelta. In equilibrio l’SMS = Pa/Pb. L’uguaglianza, in equilibrio, tra
marginale di sostituzione e prezzo relativo ha un importante significato economico: perché da A, dove SMS > Pa/Pb, conviene passare a E? Perché in A, Qa è valutato più di
costa sul mercato, il contrario per Qb.
Proviamo a calcolare la scelta del consumatore nell’esempio fatto in precedenza con libri e DVD; conosciamo i due prezzi e il reddito: Pa = 10, Pb
R = 200; l’equazione del vincolo di bilancio, quindi, è 10Qa + 20Qb =200. La scelta è identificata dalla condizione SMS = Pa/Pb, quindi ci serve
un’espressione per il SMS, per esempio SMS = Qb/Qa - SMS è variabile e diminuisce all’aumentare di Qa -; Sostituendo l’espressione di SMS
nell’uguaglianza SMS = Pa/Pb si trova Qb/Qa = 1/2 e, da questa uguaglianza, Qa = 2 Qb. Sostituendo nel vincolo di bilancio, e risolvendo
l’equazione, si trova prima Qb = 5 e poi Qa =10. Graficamente: si disegna la retta del bilancio usando l’equazione del vincolo per identificare i
punti di incontro con gli assi: Qa = 20 e Qb = 10. Il calcolo effettuato ci garantisce che la curva di indifferenza più alta, e tangente, passa proprio
punto S = (10; 5).
UTILITA’: la posizione di una curva di indifferenza può essere considerata come un indicatore del benessere del consumatore: più in alto sulla “mappa”
ve si trova il paniere, maggiore è la sua utilità (U). Come si misura? Non esiste una misura oggettiva: va bene qualsiasi misura che attribuisce lo stesso valore di utilità ai panieri
stessa curva di indifferenza, e valori via via maggiori ai panieri sulle curve di indifferenza più alte: U(A) = U(C); U(B) > U(A).
à è una funzione dei panieri, ossia delle quantità dei due beni: U = U(Qa, Qb); l’aumento di Qa, a parità di Qb, fa aumentare l’utilità; lo
se aumenta Qb a parità di Qa: ΔQa> 0 → ΔU>0; ΔQb> 0 → ΔU> 0.
MARGINALE: simbolo “Uma”, è l’aumento di utilità che si verifica quando la quantità di un bene nel paniere aumenta di uno, a parità della
dell’altro; vi sono due utilità marginali: ΔQa= +1 → ΔU = Umaa; ΔQb= +1 → ΔU = Umab.
definizione, lungo una curva di indifferenza, l’utilità è costante: se ci spostiamo da un punto della curva a un punto “vicino”, aumentando il
bene di ΔQa > 0 e riducendo il secondo di ΔQb < 0 – ΔQa → ΔU = Umaa ΔQa > 0; ΔQb → ΔU = Umab ΔQb < 0 -, noteremo che le due
variazioni di utilità si compensano esattamente: Umaa ΔQa = -Umab ΔQb*ΔQb/ ΔQa = SMS = -(Umaa/ Umab). Il saggio marginale di
one è uguale al rapporto tra le due utilità marginali.
Equilibrio del consumatore e utilità marginali: in equilibrio la curva di indifferenza è tangente alla retta del bilancio, ovvero, il saggio marginale di
sostituzione è uguale al prezzo relativo: SMS = Pa/Pb.
Relazione tra SMS e utilità marginali: SMS = -(Umaa/ Umab).
Perciò: Umaa/ Umab = Pa/Pb.
Uguaglianza delle utilità marginali ponderate: Umaa/ Pa= Umab/Pb.
QUANTO LAVORARE? Le risorse del consumatore sono date da una somma di denaro R, assunta come data. Il consumatore potrebbe
aumentarla vendendo/offrendo lavoro: indichiamo la quantità offerta di lavoro col simbolo N e il prezzo di una unità di lavoro, il salario, col
simbolo W. Dato che ci interessa questo aspetto della scelta, semplifichiamo il lato degli acquisti: il soggetto può comprare solo un bene, Q, il cui
prezzo dato è P; come si scrive il vincolo di bilancio? Così: PQ = R + WN. Al primo membro c’è la spesa; al secondo le risorse. Il lavoratore vende una
della sua disponibilità di tempo; indichiamo con El la sua dotazione data di tempo - per esempio 12 ore nell’arco di una giornata -, con Tl la quantità
tempo che non viene venduta: il tempo libero. Possiamo interpretare la quantità Tl come il consumo di tempo libero - leisure -, da parte del
soggetto. Avremo perciò il vincolo del tempo disponibile: Tl = El – N. Il consumo di tempo libero è la differenza tra il tempo disponibile e il tempo
venduto come lavoro. Quanto costa una unità di tempo? Costa W perché “W” è quel che si incassa vendendola.
Dotazioni di consumo e di tempo: dal vincolo di tempo Tl = El – N, possiamo ricavare N = El – Tl: il lavoro offerto è la differenza tra tempo
disponibile e tempo libero; sostituendo nel vincolo di bilancio, otteniamo: PQ = R + W(El – Tl).
CATO VINCOLO DI BILANCIO: Questo vincolo di bilancio può essere interpretato in maniera analoga a quello relativo alla scelta del consumatore fra due beni: nel lato sinistro
o la somma del consumo del bene Q e quello del tempo libero Tl, moltiplicati per i rispettivi prezzi: P è il prezzo del paniere di beni e W è il prezzo del tempo libero; se infatti il
atore vuole acquistare un’ora di tempo libero, deve lavorare un’ora di meno, il che gli costa W del proprio reddito. Il lato destro del vincolo di bilancio rappresenta le fonti di
del consumatore, date dal reddito non dal lavoro R e dal denaro che può ottenere offrendo lavoro, cioè WEl. Risolvendo l’espressione di vincolo di bilancio in forma implicita
tteniamo: Q=R/P+W/P*El-W/P*Tl.
sione in parentesi rappresenta il consumo massimo di Q che può essere ottenuto dal consumatore, nel caso in cui rinunci interamente al tempo libero, cioè quando Tl=0.
O CONSUMO TEMPO LIBERO: anche il vincolo di bilancio di questo modello, è simile alla scelta fra due beni: tempo libero Tl, primo bene del vincolo, sull’ascissa; consumo Q,
bene, sull’ordinata. Sostanziale differenza: a destra di E non si può procedere, ecco perché la linea è tratteggiata. Il vincolo di bilancio della figura ci dice che se si vuole
are di più si deve rinunciare a un po’ di tempo libero: il consumatore è disposto a cedere un po’ di tempo libero per accrescere il suo consumo. In questo caso le curve di
nza, con Tl in ascissa e Q in ordinata, avranno il solito andamento, cioè: i panieri in alto e a destra sono preferiti, le curve sono decrescenti.
O O TEMPO LIBERO? la scelta è identificata dalla curva di indifferenza più alta: è il punto S del grafico 12, con un consumo Tl* di tempo, e Q* di beni. Il consumatore finanzia il
gior consumo: Q* invece di QE, vendendo la quantità N = El - T * del suo tempo disponibile. Se il punto di tangenza fosse S’, a destra di E, non si offrirebbe lavoro.
ipende la scelta? Sappiamo che la scelta delle quantità da acquistare, identificata dalla curva di indifferenza tangente alla retta del bilancio, dipende da tre grandezze date: i
zzi Pa e Pb, e il reddito R; perciò la quantità acquistata di Qa, ossia la domanda di Qa, dipende da quelle tre grandezze: è una funzione di quelle tre grandezze. Quindi: Qa =
b, R); lo stesso vale per il bene Qb. Queste funzioni si chiamano funzioni di domanda. Come varia la domanda di Qa, o di Qb, quando cambia una delle tre grandezze finora
ate come date?
DA: Sostituiamo il pedice “b” col pedice “T”: QT “tutti gli altri beni”; PT “prezzo medio di tutti gli altri beni”; togliamo il pedice “a”: non serve più; per semplificare
mente poniamo PT = 1. Riscriviamo il vincolo di bilancio: PQ + QT =R, dove QT rappresenta la spesa per tutti gli altri beni. Il grafico della retta del bilancio si costruisce sempre
o modo: sappiamo che un aumento di P fa ruotare la retta sull’intercetta, facendo sull’asse perno delle ordinate, cioè su R. Cosa succede alla scelta? Questa passa dal punto V,
chia retta del bilancio, al punto N, sulla nuova retta di bilancio: la domanda di Q diminuisce - l’ascissa di N è più piccola di quella di V -, ovvero l’aumento del prezzo ha ridotto
nda ma anche il consumo di QT, perché?
EFFETTO REDDITO E SOSTITUZIONE: la variazione del prezzo ha due effetti sulla domanda del bene: un effetto sostituzione, ES, dove l’aumento di P
accresce il prezzo relativo – PT è il numerario -; perciò conviene una scelta con un SMS maggiore, più in alto lungo la curva di indifferenza. Il
risultato è che, se potesse restare sulla stessa curva di indifferenza, il consumatore sceglierebbe un paniere con meno Q e più QT. E un effetto
reddito, ER. Il consumatore non può restare sulla stessa curva di indifferenza: l’aumento del prezzo riduce il reddito reale. Perciò può succedere, o
che venga ridotto anche il consumo degli altri beni, non solo quello del bene Q diventato più costoso, a causa di ΔP > 0.
l’ER mettono in luce che la variazione del prezzo influenza la domanda in due modi: ΔP > 0 rende il bene più caro, provocando ES; ΔP > 0 rende il
consumatore più povero provocando ER; Per l’effetto sostituzione, un aumento di P, ΔP > 0, provoca sempre una diminuzione di Q: ΔQ < 0.
Possiamo dire lo stesso per l’effetto reddito? No: di solito, l’effetto reddito provocato dall’aumento del prezzo riduce la domanda del bene, come negli
esempi precedenti, ma non sempre: per isolare l’ER consideriamo un aumento di R. Esso non ha ES, perché il prezzo relativo non cambia; ci
aspettiamo un aumento della domanda di Q: il consumatore, diventato più ricco, compra una quantità maggiore del bene. Questa è la situazione
descritta nel grafico, ed è la situazione normale, ma, come vedremo, non è l’unica possibile.
NORMALI E BENI INFERIORI: Un bene viene detto normale se il suo consumo aumenta al crescere del reddito. Il bene Q della figura 14 è
normale. Un bene viene invece detto inferiore se il suo consumo diminuisce quando il reddito cresce. Un esempio di bene inferiore è riportato
grafico 15: si ha Rn > Rv, il reddito aumenta, ma la nuova scelta è Qn < Qv, il consumo del bene diminuisce. Si possono fare molti esempi di beni
inferiori: tutti quelli, appunto, il cui consumo si riduce quando il consumatore diventa più ricco, come ad esempio le baracche. Queste sono
richieste quando le persone posseggono un reddito bassissimo, al crescere del reddito medio della popolazione si riduce la domanda delle
baracche a favore della domanda di appartamenti. Sia le baracche che gli appartamenti rispondono al medesimo bisogno di avere una dimora in cui
ripararsi dal freddo e dormire in sicurezza, ma gli appartamenti hanno una qualità e un costo ovviamente superiore alle baracche. Per tali ragioni al
crescere del reddito medio, si riduce la quantità delle baracche in quanto queste ultime sono un bene inferiore. Nell'Italia del dopo guerra, i fagioli
discreto sostituto della carne: se il prezzo dei fagioli diminuisse non aumenterebbe la domanda di fagioli, ma si utilizzerebbe la quantità di denaro risparmiata per comprare
ne, che è da considerarsi un alimento migliore di quanto non siano i fagioli, provocando dunque una diminuzione della domanda di tale bene. L'aumento di prezzo invece
bbe i consumatori ad acquistare un maggior numero di fagioli in quanto ciò che potrebbe essere risparmiato non sarebbe sufficiente per acquistare alimenti di qualità
e.
DELLA DOMANDA: La curva di domanda identifica, per ogni dato livello del prezzo P, la quantità del bene Q che il consumatore intende acquistare; la quantità domandata Q è
ione del prezzo P. Si scrive: Q=D(P), dove D(P) è una formula matematica – per esempio Q = a – bP(una retta) -. La funzione D non è per forza una retta, ma è decrescente: la
domandata aumenta se il prezzo diminuisce.
di domanda mette in luce la relazione (decrescente) tra la quantità domandata Q e il suo prezzo P ma, come sappiamo dal modello della scelta del consumatore, la quantità
mandata dipende anche dagli altri prezzi e dal suo reddito; la funzione di domanda è una formula che fa dipendere Q non solo da P, ma anche da R e dagli altri prezzi. Per
tà consideriamo solo PS, prezzo di un bene sostituto, e PC, prezzo di un bene complementare. La formula della funzione di domanda sarà allora: Q = D(P, PS, PC, R).
ITA’ DELLA DOMANDA: Come si misura l’effetto di una variazione del prezzo P sulla quantità domandata Q? Il rapporto ΔQ/ΔP, misura di quanto cambia Q quando P aumenta
non va bene perché prezzo e quantità non sono grandezze omogenee: si devono usare le variazioni percentuali, che rendono possibile il confronto; la misura giusta è perciò il
o tra le variazioni percentuali: η=(ΔQ/Q)/(ΔP/P), dove l’eta è l’elasticità della domanda.
to tra la variazione della quantità domandata e quella del prezzo è sempre negativo: quando P aumenta Q diminuisce, e viceversa. Perciò, quando si calcola η, si può
re il segno meno – valore assoluto -. L’elasticità della domanda misura di che percentuale si riduce Q quando P aumenta dell’uno per cento; quando η < 1, si dice che la
a è rigida, o anelastica: reagisce poco alla variazione del prezzo. Quando η > 1, si dice che la domanda è elastica: reagisce molto alla variazione del prezzo.
7: il prezzo aumenta da 20 a 30, 50%; la domanda diminuisce da 500 a 200, 60%; η= 60/50=1.2
8: il prezzo aumenta da 20 a 30, 50%; la domanda diminuisce da 500 a 400, 20%; η= 20/50=0.4
9: il prezzo aumenta da 20 a 30, 50%; la domanda diminuisce da 500 a 250, 50%; η= 50/50=1
tà della domanda dipende dal grado di sostituibilità del bene - es. burro e margarina -; dal grado di necessità del bene - beni di prima necessità: domanda anelastica; beni di
omanda elastica; dal livello del prezzo del bene: se il prezzo è già alto un minimo aumento ne scoraggia la domanda.
tà della domanda è molto seguita dalle imprese in quanto da questa dipende il ricavo totale: RT = P Q; il ricavo aumenta se aumenta Q o se aumenta P. Alle imprese sarebbe
ente aumentare P per aumentare i ricavi, ma devono fare i conti con l’elasticità della domanda: dopo aver analizzato η decidono se aumentare o diminuire i prezzi. A volte
conviene aumentare i prezzi per avere un maggiore ricavo, ma a volte conviene diminuirli.
Domanda anelastica - generi di prima necessità:
Aumento di P → aumento di RT, ricavo totale;
Riduzione di P → riduzione di RT.
Domanda elastica - altri beni, beni di lusso:
Aumento di P → riduzione di RT
e di P → aumento di RT
da con elasticità unitaria:
o di P → RT invariato
e di P → RT invariato
ALTRE VARIABILI NELLA CURVA DI DOMANDA: sappiamo che l’aumento
gura 17 domanda elastica Figura 19 elasticità neutrale suo prezzo fa diminuire la quantità domandata. L’aumento del
prezzo di un bene sostituto fa, di solito, aumentare la quantità domandata
si tende a sostituire con Q, il bene succedaneo, ora più caro -. L’aumento
prezzo di un bene complementare fa diminuire la quantità domandata di
riduce il consumo dei due beni che vengono usati insieme. L’aumento del
reddito del consumatore fa, di solito, aumentare la quantità domandata di
l’eccezione riguarda i beni “inferiori”.
aumenta, o diminuisce, P, il nuovo valore di Q, la nuova quantità domandata, viene trovato identificando il nuovo punto sulla curva di domanda. Quando cambia la grandezza
ariabile diversa da P, come R, PS o PC, la quantità domandata di Q cambia: a parità di P, Q aumenta, o diminuisce. Nel grafico 20 è rappresentato il caso in cui, a parità di P*, la
Q aumenta da Qv a Qn. Nel grafico si vede l’effetto di ΔR > 0 su un bene “normale”: la curva di domanda si sposta.
A DI LAVORO: Per ogni dato livello del salario reale W, il consumatore/lavoratore, sceglie di offrire una determinata quantità di lavoro N - vendendo parte del suo tempo
ile El -. Perciò N è una funzione di W, che viene chiamata curva di offerta di lavoro: N = S(W).
W<W0, non si offre lavoro: ossia S(W0) = 0). Il livello w0 viene chiamato salario di riserva.
W > W0 si offre lavoro: esempio, S(W1) = N1.
Quando W > W1 si ha N > N1: la curva del grafico è crescente.
PROCESSO PRODUTTIVO: I fattori produttivi devono essere “combinati” e “organizzati”: l’organizzazione del processo produttivo necessita di
capacità, che fa di questo lavoro un ulteriore fattore produttivo: la capacità imprenditoriale, capacità di attuare un processo produttivo
efficiente dal punto di vista tecnico che economico.
L’IMPRESA: dal punto di vista economico è l’organizzazione efficiente dei fattori produttivi messa in atto per produrre beni e servizi destinabili
vendita. Un’impresa può essere di piccole, medie o grandi dimensioni secondo il numero degli addetti: piccola fino a 15, media da 16 a 100,
grande oltre i 100 addetti. Spesso una piccola impresa lavora per la grande impresa in un decentramento produttivo. Dal punto di vista giuridico
imprese possono essere: individuali, costituite da una sola persona, l’imprenditore, che apporta i capitali, prende le decisioni relative all’attività
dell’impresa, si assume il rischio d’impresa; collettive: sono imprese formate da più persone, dette soci, le quali apportano i mezzi necessari allo
ento dell’attività. Sono chiamate anche società: il Codice civile prevede che con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di
tà economica allo scopo di dividerne gli utili.
ese collettive si distinguono a loro volta in: società di persone, caratterizzate dalla responsabilità illimitata e solidale dei soci - ognuno risponde dei debiti della società con tutto
trimonio. Inoltre, ad ogni socio, può essere chiesto il pagamento di un debito della società per intero; il socio, una volta pagato, può rivalersi sugli altri soci per ottenere la
loro dovuta.
amo le società di capitali caratterizzate dalla responsabilità limitata dei soci: al essi non può essere richiesto il pagamento di un debito contratto dalla società, quindi, nel caso
società non fosse in grado di pagare i propri debiti perché insolvente, il socio rischia solamente di perdere il capitale conferito nella società, ma non risponderà con il suo
nio personale.
Cooperative, che producono beni e servizi a scopo mutualistico, offerti ai soci a prezzi più bassi in quanto non esiste il profitto di impresa. Le
cooperative si distinguono in: cooperative di lavoro: i soci di queste cooperative sono dei lavoratori che formano la società al fine di poter
svolgere, al suo interno, la propria attività. Quindi, il socio è al tempo stesso imprenditore e lavoratore.
Cooperative di consumo: i soci di queste cooperative sono dei consumatori che costituiscono la società con lo scopo di effettuare gli acquisti
beni in maniera comune, potendo così comprare grossi quantitativi direttamente dai produttori e rivenderli ai soci a prezzi più competitivi
rispetto a quelli applicati dal mercato. Spesso la cooperativa vende i prodotti acquistati anche a soggetti diversi dai soci.
Cooperative agricole: i soci di queste cooperative sono agricoltori che consegnano il raccolto della loro attività alla cooperativa, che si occupa
vendere i prodotti oppure di trasformarli e poi venderli.
21 curva offerta lavoro
Molte grandi imprese sono S.p.A., caratterizzate da una molteplicità di soci, gli azionisti. Molte sono quotate nelle Borse valori, dove vengono scambiati i
onari. La S.p.A. ha il vantaggio di reperire risorse finanziarie nel mercato azionario, ma ha lo svantaggio di essere tassata due volte: una volta sul profitto della società e una
dividendi come reddito personale.
nza dell’impresa in genere, cioè di una produzione organizzata e gestita, ma soprattutto della grande impresa, è importante perché presenta dei vantaggi in termini di efficienza
o, secondo Ronald Coase: produzione su vasta scala - economie di scala -; maggiore potere contrattuale, che le consente di reperire più facilmente le risorse finanziarie -
obbligazionari o credito Bancario -, e di influire sui prezzi di acquisto dei beni intermedi di cui ha bisogno e sui prezzi di vendita dei suoi prodotti; gestione e controllo del
o produttivo, spesso ripartiti in vari settori e uffici: direzione, settore acquisti, settore vendite, gestione del personale, promozione e vendite, pubbliche relazioni, ufficio studi e
mazione, uffici finanziari e contabilità aziendale.
o di vista della dislocazione dell’attività produttiva si possono avere imprese nazionali: l’attività produttiva si svolge in un solo paese; imprese internazionali: una parte non
e della produzione avviene all’estero, conservando la dirigenza nel paese; imprese multinazionali: imprese di grandi dimensioni la cui attività produttiva è “dislocata in molte
nazioni” tramite filiali o imprese controllate. La direzione è nel paese d’origine che prende le decisioni in maniera accentrata e
comanda sulle filiali; imprese transnazionali: sono imprese multinazionale che hanno dislocato sia l’attività produttiva che la
direzione. Nell’impresa transnazionale ogni sede ha una sua autonomia a livello manageriale e l’attività viene gestita in modo
indipendente dalle altre sedi che rischiano di chiudere in blocco in caso di fallimento.
Holding: è quell’impresa che, in una S.p.A. possiede almeno il 50,1% delle azioni, e ciò le dà diritto di controllare le altre società.
holding è detta anche società capogruppo o società madre. Le società controllate possono appartenere allo stesso ramo
produttivo, o a rami diversi oppure avere differenti stadi del processo produttivo.
è una forma di coalizione di imprese integrate fra di loro, che giuridicamente restano autonome e distinte, ma “sotto un’unica
direzione” che può decidere per tutto il gruppo.
Cartello: è un accordo tra imprese operanti in uno stesso settore produttivo. Le imprese
o integrate fra di loro e non sono sotto la stessa direzione: lo scopo dell’accordo è quello di ridurre la concorrenza fra di loro mediante la
e dei prezzi di vendita dei prodotti e la spartizione dei mercati. Il cartello più conosciuto è l’OPEC.
di produzione devono essere guidate dal criterio della massimizzazione del profitto; definiamo impresa qualsiasi soggetto che
beni e li vende sul mercato, allo scopo di rendere massimo il proprio profitto. Definiamo produzione l’attività che impiega input -
ari, attrezzature, lavoro -, secondo una determinata tecnologia e che in questo modo ottiene output o prodotti - beni e servizi da
sul mercato o, eventualmente, da consumare -.
O E RICAVO: Definiamo profitto (P) la differenza tra i ricavi (RT) ottenuti dalla vendita dei prodotti e i costi (CT) sostenuti per
o e l’impiego degli input; perciò P=RT- CT.
mo ricavo totale (RT) ciò che l’impresa incassa dalla vendita dei prodotti, ossia, supponendo che ne produca uno soltanto, la cifra che si
moltiplicando la quantità venduta (Q) per il prezzo (P) al quale viene venduta: RT = PQ. Questa formula dice che il ricavo (totale)
da due grandezze: la quantità venduta Q e il prezzo P a cui essa viene venduta; può il prezzo di vendita essere considerato un dato
? Sì, purché valgano tre condizioni principali: l’impresa è “piccola”, è in concorrenza con “tante” altre imprese, tutte vendono lo
entico prodotto. In questo caso si dice che nel mercato c’è concorrenza. In concorrenza l’impresa non può alzare il prezzo perché
bbe tutti i clienti, e non le conviene abbassarlo perché, essendo piccola, può vendere tutto quel che vuole al prezzo dato. In concorrenza il prezzo lo stabilisce il mercato; per le
il prezzo è appunto un dato, essendo dato il prezzo, il ricavo è una funzione della quantità venduta Q, quindi: RT = R(Q). Il ricavo è proporzionale alla quantità venduta: RT =
ficamente, abbiamo Q in ascissa e RT in ordinata, e avremo una retta che parte dall’origine degli assi.
TOTALE E QUANTITA’: Anche il costo totale può essere considerato una funzione della quantità prodotta: CT=C(Q). Come è fatta questa funzione? Ipotesi 1: l’impresa sopporta
anche se non produce nulla, è il cosiddetto costo fisso; ipotesi 2: il costo cresce più che proporzionalmente rispetto alla quantità prodotta. Con Q in ascissa e CT in ordinata è
a crescente con un’intercetta positiva (k) sull’asse verticale.
O E QUANTITA’:
o è dato da Π= R(Q) - C(Q), perciò è una funzione della quantità prodotta e venduta → Perciò, l’impresa sceglie la quantità Q che le permette di realizzare l’obiettivo del
o profitto.
o modello, Q è la “variabile di scelta” dell’impresa → Abbiamo visto invece che il prezzo P, rappresenta, per l’impresa, un dato che non può influenzare.
L COSTO: Il costo totale non coincide col complesso delle spese sostenute dall’impresa nel corso del processo produttivo: vi sono spese che non vanno contabilizzate tra i costi,
osti cui non corrisponde una spesa effettiva, quando l’impresa acquista un mezzo di produzione durevole, nel costo di produzione va contata non tutta la spesa ma solo il
el “servizio” - interesse più ammortamento -. Nei costi vanno contati invece tutti i cosiddetti “costi- opportunità”, anche quando non comportano spese effettive. Costo-
opportunità: quando si usa nell’impresa una risorsa senza pagarla, si deve conteggiare tra i costi il mancato guadagno che sarebbe derivato dall’uso
alternativo - esempi: lavoro dell’imprenditore; remunerazione del capitale proprio -. Dobbiamo distinguere dal punto di vista contabile: il costo
è uguale ai costi che danno luogo a esborsi di moneta. Sono tutti i costi che figurano nel conto: profitti e perdite. E dal punto di vista
economico: il costo totale comprende anche i costi extracontabili, cioè i costi opportunità, cioè i rendimenti alternativi delle risorse utilizzate.
risorse che più significativamente hanno un costo opportunità sono il capitale e il lavoro. Col capitale investito si potevano acquistare titoli o
e l’imprenditore poteva offrire il suo lavoro e ottenere uno stipendio. Interessi dei titoli e azioni e stipendio sono costi opportunità e fanno
dei costi totali. Dal punto di vista economico tra i costi totali vi sono i costi del capitale proprio e la remunerazione per il lavoro svolto
dall’imprenditore. Questa precisazione è importante per capire il concetto di profitto che influisce sulla decisione di investire o meno.
dell’imprenditore -, normale per l’imprenditore, zero per l’impresa. O può essere extraprofitto o profitto economico: quando i ricavi totali
sono superiori ai costi totali - compresi i costi opportunità -. È questa differenza che è decisiva perché l’imprenditore scelga di fare l’imprenditore
anziché l’impiegato, in quanto guadagna più del costo opportunità.
MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO: La quantità che rende massimo il profitto è, per definizione, quella per cui lo scarto tra RT e CT è massimo;
graficamente, basta riportare sullo stesso grafico le due funzioni R(Q) e C(Q) e cercare il valore di Q per cui la distanza tra le due è massima. Prima
e dopo Qa si ha CT > RT, sicché l’impresa è in perdita; per quantità prodotte tra Qb e Qa l’impresa consegue profitti: cioè RT >CT; la distanza è
massima in corrispondenza di Q*, che perciò è la quantità che rende massimo il profitto.
RICAVO MARGINALE: Rma, è l’aumento di ricavo totale che si ottiene quando la quantità venduta aumenta di una unità. In concorrenza il Rma è
e coincide col prezzo: se l’impresa, essendo “piccola”, può vendere qualsiasi quantità decida di produrre al prezzo (dato) di mercato, su ogni unità venduta in più incassa,
, il prezzo.
MARGINALE: Cma, è l’aumento di costo totale che si sopporta quando la quantità prodotta aumenta di una unità. Diversamente dal ricavo marginale, il costo marginale non è
, perché, il costo totale aumenta in proporzione maggiore all’aumento della quantità prodotta; ciò implica che il costo marginale, l’incremento, è crescente, cioè aumenta
ntare della quantità prodotta.
marginale e costo marginale forniscono un metodo per identificare la quantità Q che massimizza il profitto: se, partendo da una certa quantità Q, si osserva che Rma>Cma,
produzione di un’unità in più accresce il profitto. Se invece si osserva Rma < Cma, allora il profitto viene accresciuto producendo una unità in meno; questo significa che
e aumentare la produzione fino a quando il Rma rimane maggiore del Cma, mentre conviene ridurla nel caso contrario.
entare di Q, il ricavo marginale è costante, uguale a P; mentre il costo marginale è crescente. Ci sarà allora un certo livello Q* in cui si arriva all’uguaglianza tra Rma e Cma.
la quantità in cui il profitto è massimo, perciò la condizione che identifica il massimo profitto è Rma = Cma. Nel grafico riportiamo le curve Rma (= P) e Cma; prima di Q* si ha
> Cma e conviene produrre di più, dopo Q* si ha Rma = P < Cma e conviene produrre di meno.
DELL’OFFERTA: Cosa succede alla scelta dell’impresa quando cambia il prezzo P? Cambia la produzione Q: consideriamo la situazione del grafico 26, inizialmente il prezzo è Pv
esa sceglie di produrre, data la condizione P = Cma, la quantità Qv; Ora il prezzo aumenta diventando Pa >Pv; il grafico ci dice che la scelta si sposta nel punto A, dove si
Qa > Qv: la produzione aumenta. Se invece il prezzo diminuisce, Pb <Pv, anche la quantità prodotta si riduce, passando nel punto B. La quantità prodotta dipende dal prezzo: è
funzione crescente del prezzo. La curva dell’offerta si scrive Q=S(P) e la sua rappresentazione grafica coincide con quella del Costo Marginale.
SCELTE DELL’IMPRENDITORE: come i consumatori, anche gli imprenditori devono prendere delle decisioni ed effettuare delle scelte: cosa,
quanto e come produrre. Devono essere razionali, minimizzare i costi e massimizzare i ricavi; le scelte dell’imprenditore si basano su
previsioni: pianifica il livello di produzione e sceglie la combinazione dei fattori produttivi in base a determinati vincoli da rispettare: vincoli
tecnici, tecnologia disponibile, e vincoli di mercato, domanda e prezzo. Le scelte riguardano la grandezza, o scala, di produzione; la
dislocazione dell’impresa; la tecnica della quantità da produrre, la combinazione ottima dei fattori produttivi.
grandezza, o scala di produzione dipende dalla possibilità di collocare i prodotti sul mercato di sbocco. La scelta della
produzione deve essere pertanto preceduta dalle previsioni della futura domanda. A tale proposito si ricorre alla tecnica della ricerca di mercato, cioè alla raccolta ed
ione di dati informativi per individuare gli orientamenti e le preferenze dei potenziali acquirenti.
azione dell’impresa riguarda la scelta del luogo dove l’impresa deve sorgere. La scelta deve seguire il criterio della convenienza economica e dell’efficienza produttiva: facilità
re i fattori produttivi e loro costi, rete di trasporti - Es. un albergo in una zona Turistica -.
ca produttiva o metodo di produzione. Si intende la definizione delle modalità del processo produttivo, cioè quale tecnica produttiva viene utilizzata quando si deve scegliere
odi di produzione diversi fra di loro.
Per la raccolta del grano un contadino può scegliere come tecnica produttiva la falce, e molti operai, o la macchina falciatrice, e un solo operaio.
ratore può scegliere di utilizzare una lavastoviglie per lavare i piatti, e un solo operaio, o nessuna lavastoviglie, e molti operai.
della tecnica produttiva è molto importante in quanto da questa scelta dipende il rapporto tra capitale fisso (lavastoviglie) e capitale variabile (numero di lavoratori e beni
di) e quindi il rapporto tra costi fissi e costi variabili. È importante perché dall’installazione del capitale fisso, l’impresa determina le caratteristiche del processo produttivo e
ce una determinata capacità produttiva, intesa come la quantità di beni e servizi che può essere ottenuta dall’utilizzazione del capitale fisso. La capacità produttiva può essere
olo effettuando nuovi investimenti. Così, se si vuole aumentare la produzione, lasciando immutato il metodo di produzione, bisogna aumentare solo il capitale variabile (beni
di e lavoro). L’imprenditore sceglierà la tecnica produttiva più economicamente efficiente, cioè quella che gli consentirà di produrre a costi più bassi; la scelta dipende
entalmente dalla scala di produzione di beni e servizi. Esempio: per un piccolo appezzamento di terreno si sceglierà falce; il piccolo ristorante non comprerà la lavastoviglie.
PRODUZIONE: i costi dipendono dalla tecnologia e dai prezzi degli input. Assumiamo che la produzione richieda due input: N (lavoro) e M (macchine); indichiamo i prezzi dei
ut con i simboli W e Pm – in concorrenza anche questi prezzi sono dati -. La relazione tra costo di produzione e input è allora: CT = W·N + Pm·M.
NE DI PRODUZIONE: Quando ci sono due input la funzione di produzione è una formula con due variabili indipendenti: Q = f(N, M). La funzione di produzione fornisce tre tipi
mazioni sulle caratteristiche della tecnologia: 1. cosa succede alla quantità prodotta Q se si aumenta un solo input, combinandolo con una quantità invariata dell’altro; 2. cosa
alla quantità prodotta Q se si sostituisce (in parte) un input con l’altro; 3. cosa succede alla quantità prodotta Q se si accrescono entrambi gli input (in proporzione).
eguire deve essere chiara la nozione di breve e lungo periodo.
LUNGO PERIODO: breve periodo: l’impresa può scegliere solo la quantità di un input, detto input variabile; deve assumere come un dato non modificabile la quantità
o input, detto input fisso. Lungo periodo: l’impresa può scegliere liberamente tutti e due gli input, che sono perciò entrambi variabili.
put sempre variabile (lavoro), l’input fisso nel breve periodo, M, (il numero delle macchine) verrà chiamato impianto; nel breve periodo il prodotto può variare solo se varia il
a funzione di produzione ha una sola variabile indipendente; poiché M è dato, scriveremo Q = f(N).
DELLA TECNICA: La quantità di M può essere cambiata solo nel lungo periodo, poiché nel breve periodo è data. Come viene effettuata questa scelta? Essa si basa su tre
ti: la quantità Q che l’impresa ha deciso di produrre nel lungo periodo; le caratteristiche tecniche della funzione di produzione; i prezzi dei due input. Tenendo conto di questi
enti l’impresa sceglierà la combinazione di N e M, la “tecnica”, che le consente di produrre la quantità data Q al minimo costo. Anche qui Abbiamo un’applicazione dell’ipotesi
alità. Q è ora un dato, e può essere ottenuto con diverse combinazioni dei due input: “molto” lavoro, e “poche” macchine; oppure “molte” macchine e “poco” lavoro, ossia
rse alternative tecniche descritte dalla funzione di produzione.
Figura 27 curva offerta con aumento prezzo
NTO: chiamiamo isoquanto la curva che unisce tutte le coppie di N e M, le tecniche, che consentono di produrre la quantità data Q;
nto somiglia alla curva di indifferenza, e ce n’è uno per ogni livello di Q; posizionato tanto più in alto quanto maggiore è Q. Come le caratteristiche della curva di indifferenza
descritte dal saggio marginale di sostituzione, così le caratteristiche dell’isoquanto sono
descritte dal saggio marginale di sostituzione tecnica, SMST. Il saggio marginale di
sostituzione tecnica misura di quanto si deve aumentare M, se si vuole produrre la
stessa quantità Q con una unità in meno di N.
ISOCOSTI: per produrre la quantità Q l’impresa sceglie la combinazione di N e M (la
tecnica) che costa meno. Come si calcola il costo di una tecnica? Una tecnica costa CT =
+ Pm·M. La sua rappresentazione grafica si chiama isocosto, e dà tutte le combinazioni
M che costano la stessa somma, ossia CT, il punto sull’asse delle ordinate.
renditore decide di produrre la quantità Q, può scegliere un punto, una tecnica, sull’isoquanto corrispondente: la tecnica che costa meno è il punto di quell’isoquanto cui
nde l’isocosto con l’intercetta più bassa. L’impresa può produrre la quantità Q con la tecnica A, nel grafico 30 (e, nel breve periodo, se dispone dell’impianto Ma, non può fare
i meglio). Nel lungo periodo, però, può minimizzare il costo scegliendo la tecnica B, ossia costruendo l’impianto Mb: il costo per produrre Q scende da CTa a CTb, non ci sono
che costino meno. L’isocosto più basso, che identifica la tecnica che minimizza il costo, è quello tangente all’isoquanto; perciò la scelta che minimizza il costo si trova nel
ell’isoquanto in cui vale la condizione SMST = W/Pm, ovvero la condizione dell’efficienza economica.
a sceglie la quantità prodotta Q* che rende massimo il profitto, ma fa contemporaneamente anche un’altra scelta: dato che per produrre, nel breve periodo, occorre lavoro,
nche la quantità N che le serve per produrre Q*: quanto lavoro compra?
DA DI LAVORO: Quanto più alto è il salario, tanto minore sarà la domanda di lavoro dell’impresa; quanto più basso è il salario, tanto maggiore sarà la domanda di lavoro
resa; la domanda di lavoro dell’impresa descrive dunque una relazione decrescente fra salario e quantità di lavoro acquistata.
ipendono i prezzi? Le scelte dei consumatori e delle imprese, quindi le funzioni di domanda e di offerta, dipendono da tre tipi di dati: il reddito monetario, la tecnologia, i
a dei beni che dei fattori produttivi. Ma come si determinano i prezzi? In linea generale potremmo dire dal mercato.
RRENZA PERFETTA: assumiamo, per ora, che i mercati siano perfettamente concorrenziali. Consideriamo il mercato di un bene qualsiasi (Q); diremo che nel mercato di quel
concorrenza perfetta se valgono i seguenti requisiti: le imprese che producono Q sono tutte “piccole”, in quanto la quantità prodotta dalla singola impresa è trascurabile
alla produzione totale del bene; le imprese che producono Q sono “tante”: la presenza di una singola impresa in più o in meno non altera significativamente l’offerta
siva; il prodotto Q delle varie imprese è “omogeneo”: per i compratori è indifferente l’impresa da cui effettuare l’acquisto - per loro i prodotti sono tutti uguali. Inoltre, deve
ssenza di barriere o costi che impediscono od ostacolano l’ingresso e l’uscita delle imprese nel mercato: ipotesi di libertà di entrata e di uscita; anche gli acquirenti sono
“piccoli” in funzione di un mercato “atomistico”, sia dal “lato” dell’offerta che da quello della domanda; tutti gli acquirenti e i venditori sono perfettamente informati sulle
ni di vendita praticate da tutte le imprese coerentemente con un mercato “trasparente ”, di informazione completa e perfetta.
o che in questo mercato il prezzo, per le imprese, è un dato: non conviene né aumentarlo né ridurlo. Ma, per motivi analoghi, è un dato anche per gli
Figura 28 curva isoquanto
nti, se valgono le sei ipotesi, non hanno alcun potere contrattuale.
NI DI MERCATO: Funzioni di domanda e di offerta individuali esprimono le scelte, in funzione del prezzo P, del singolo consumatore o della
mpresa in merito all’acquisto o alla vendita del bene Q. Funzioni di domanda e di offerta di mercato esprimono le scelte, sempre in funzione del
, di tutti gli acquirenti e di tutti i venditori del bene Q.
oni di mercato si ricavano aggregando quelle individuali: per ogni dato valore di P si sommano tutte le quantità domandate dai singoli
consumatori, che si ricavano dalle loro funzioni di domanda individuali, e si ottiene la domanda di mercato per
quel valore di P. Con lo stesso procedimento, sommando per ogni P le offerte individuali, si può ricavare anche la funzione di offerta.
quantità del bene Q domandate e offerte nel mercato non dipendono solo dal prezzo del bene P, ma, Figura 30 isoquanti e
quelle individuali, anche dagli altri prezzi e da altre grandezze. Questo fatto rende piuttosto isocosti
complicata l’analisi della determinazione dei prezzi: quel che succede in un mercato dipende da quel
succede negli altri - interdipendenza dei risultati dei vari mercati -; perciò si dovrebbe studiare la
determinazione dei prezzi simultaneamente in tutti i mercati: analisi di equilibrio generale. Si
ce, tuttavia, studiare quel che succede in un singolo mercato, assumendo dati tutti gli altri prezzi e tutte le altre grandezze rilevanti:
i equilibrio parziale.
ZIONE CURVA DI DOMANDA: Indichiamo con Qd la quantità del bene complessivamente domandata nel mercato, e con Qc la
quantità domandata dal singolo consumatore; supponiamo che ci siano n consumatori e che siano identici, abbiano cioè tutti la stessa curva di
domanda Qc=d(P). In questo caso, per ogni dato livello di P, la quantità domandata nel mercato sarà n volte quella individuale: Qd=n·d(P)=D(P).
L’andamento grafico della curva di domanda di mercato - con Q in ascissa, e P in ordinata -, è analogo a quello della curva individuale, salvo il fatto
numeri che compaiono sull’ascissa, le quantità domandate, sono più grandi perché moltiplicati per n, il numero dei consumatori.
COSTRUZIONE CURVA DELL’OFFERTA: Si fa come per la domanda: indichiamo con Qs la quantità del bene complessivamente offerta nel mercato, e
Qi la quantità offerta dalla singola impresa; supponiamo che ci siano m imprese e che siano identiche, abbiano cioè tutte la stessa curva di offerta
In questo caso, per ogni dato livello di P, la quantità offerta nel mercato sarà m volte quella della singola impresa: Qs=m·s(P)=S(P). L’andamento grafico della curva di offerta
to - con Q in ascissa, e P in ordinata -, è analogo a quello della curva individuale: crescente. Anche in questo caso i numeri che compaiono sull’ascissa, le quantità offerte, sono
di perché moltiplicati per m, il numero delle imprese.
a dei grafici è analoga a quella delle curve individuali: la curva di domanda è decrescente, mentre quella di offerta è crescente. Visto che le abbiamo ottenute per somma e per
o definito “partecipazione”: se consumatori e imprese non sono identici, al crescere del prezzo diminuisce il numero dei soggetti disposti ad acquistare il bene, e aumenta il
delle imprese disposte a produrlo.
RIO DI MERCATO: poiché sull’asse delle ordinate c’è sempre P, e su quello delle ascisse vi sono due grandezze omogenee: quantità domandate e quantità offerte,
oniamo i due grafici: il punto d incontro delle due curve identifica il prezzo di equilibrio (P*). È un prezzo di equilibrio perché la quantità domandata, identificata sulla curva di
a, è uguale alla quantità offerta, identificata sulla curva di offerta: D(P*) = S(P*) = Q*; sono soddisfatte le due condizioni dell’equilibrio: nessuno ha motivo di cambiare scelta,
oni dei compratori e dei venditori sono compatibili.
amo che la curva di domanda sia descritta dalla formula Qd = 10 – 3·P, e che la curva di offerta sia descritta dalla formula: Qs =2·P. Sappiamo che c’è equilibrio quando Qd=Qs,
ando: 10 – 3·P = 2·P. Ci troviamo nell’incognita P, la cui soluzione è il prezzo di equilibrio P*. Un semplice calcolo dà il risultato: 10 = 5 P; P* = 10 / 5 = 2, trovato P*, lo si
ce nella curva di offerta, o in quella di domanda e si ottiene: Q* = 2·P* = 2·2 = 4

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