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«Un altro cielo»: l’imperatore Basilio II e le arti

RI VI STA DE LL’IS TIT UTO NAZI ONAL E D’ARC H E OLOG I A E S TORI A DE L L’ARTE Direttore Adriano La Regina Comitato di redazione Nicola Bonacasa · Andrea Emiliani · Francesco Gandolfo Pier Giovanni Guzzo · Eugenio La Rocca · Giovanna Nepi Scirè Bruno Toscano · Fausto Zevi Redazione Fausto Zevi · Francesco Gandolfo Segretario di redazione Enrico Parlato «Rivista dell’Istituto Nazionale d’Archeologia e Storia dell’Arte» is a Peer to Peer Reviewed Journal. The eContent is Archived with Clockss and Portico. R IVISTA DEL L’ I S T I T UTO NAZ IO NAL E D ’ A RC HE O LO GIA E S T OR I A DE L L’ARTE 61 iii serie · anno xxix · 2006 p i s a · ro m a fa br izi o se rr a e di to re mmxi Amministrazione e abbonamenti Fabrizio Serra editore ® Casella postale n. 1, succursale n. 8, I 56123 Pisa, tel. +39 050542332, fax +39 050574888, fse@libraweb.net I prezzi uiciali di abbonamento cartaceo e/o Online sono consultabili presso il sito Internet della casa editrice www.libraweb.net. 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Stampato in Italia · Printed in Italy www.libraweb.net issn 0392-5285 isbn 978-88-6227-460-9 SOMMARIO Luca Bianchi, Il trofeo di Adamclisi nel quadro dell’arte di stato romana Pier Giovanni Guzzo, Sul graito dalla necropoli dell’Osteria dell’Osa Patrizia Minà, Eå ηd ‚Ô˘ÎfiÏÔÈ ôÓ‰Ú˜ / ï‰eÓ ‰È·Ì›‚ÂÙ ٠Ӊ … Appunti per una ricostruzione del paesagio storico delle necropoli ellenistiche di Alessandria Lorenzo Riccardi, «Un altro cielo»: l’Imperatore Basilio II e le arti Carmelo Occhipinti, Un reimpiego medievale nella casina di Pio IV in Vaticano. Stile, signiicati, ipotesi Stefano Pierguidi, ‘Né si alleghi per causa la divotione del popolo’. Le pale d’altare, da ogetto liturgico a ogetto di culto estetico Fausto Nicolai, Un caso di committenza ‘invisibile’: la cappella della ‘contestabilessa’ Colonna nella chiesa di San Francesco di Paola a Roma Giovanna Sapori, Proilo di Fausto Poli “sovrintendente alle arti” nella casa Barberini Emanuele Pellegrini, Deinizione e deinizioni di sistema museale: legittimità e retorica Denise La Monica, La politica delle regioni italiane in materia di musei e sistemi museali Indice dei luoghi e dei nomi di persona, a cura di Elena Cagiano de Azevedo e di Enrico Parlato 9 63 67 103 147 161 185 195 285 305 345 «UN ALTRO CIELO»: L’IMPERATORE BASILIO II E LE ARTI* Lorenzo Riccardi nel 1874 fu, per la prima volta, pubblicata Q uando da Konstantin Sathas la Cronograia di Michele suonano infatti così: «Il n’avait aucun penchant pour les hommes de science, et dédaignait l’instruction, qu’il considérait comme un bavardage inutile. (…) Toute sa pensée était concentrée sur un point: grossir son trésor».7 Una sintesi essenziale e di così palese evidenza tale da essere replicata senza signiicative varianti non solo nella successiva produzione storiograica bizantina,8 ma anche in quella moderna.9 Le caratteristiche culturali elencate, pur in negativo, da Zonara non si addicono infatti, per usare la felice espressione di E. Kris e O. Kurz, alla “biograia prescritta”10 di Basilio II, del quale viene invece costantemente esaltata la tempra marziale. Il topos militare, infatti, funge da iltro agli elementi di diversa natura che possono essere ricondotti alla igura del sovrano e a tutto ciò che può contraddire la sua “vocazione” eroica. Lo stesso Schlumberger, che intitola la serie dei volumi citati con il termine mitopoietico di “epopea”, assegna al suo eroe l’epiteto di “Sterminatore dei Bulgari”. Tale attributo, come ha scritto Paul Stephenson, iniziò ad esser adottato in ambito bizantino un secolo e mezzo dopo la morte dell’im- * Desidero ringraziare per il costante sostegno e i preziosi consigli il prof. Antonio Iacobini, che mi propose come argomento di tesi di laurea in Storia dell’arte bizantina presso la Facoltà di Scienze Umanistiche della Sapienza Università di Roma (a.a. 2006/2007) quanto oggi è rielaborato nel presente contributo. Un particolare ringraziamento va anche alla prof.ssa Vera von Falkenhausen, alla prof. Augusta Acconcia Longo e al prof. Marco Di Branco per aver in più occasioni discusso con me alcuni aspetti della ricerca. 4 La traduzione di ampi brani del testo di Psello, nel primo tomo del 1896, è nel paragrafo «Portrait du basileus Basile II» (Schlumberger 1896, pp. 329-336) e in quello dedicato alla trasformazione del suo carattere dopo la caduta in disgrazia del Parakoimomenos (Schlumberger 1896, pp. 573-584). Ugualmente nel secondo tomo del 1900 Psello è tradotto soprattutto nel paragrafo «Transformation morale de Basile» (Schlumberger 1900, pp. 40-42). 5 Come nota lo stesso Schlumberger 1896, p. 329. 6 Io. Zon., Epit. hist. xvii, 8, 21 (ed. Pinder 1897, p. 561). L’ampia fortuna di Giovanni Zonara è attestata dalla prima edizione a stampa (con traduzione latina) dell’Epitome nel 1557, cui seguì nel 1686 quella a cura di du Fresne du Cange: Wolf 1557 e du Fresne du Cange 1686. 7 Io. Zon., Epit. hist. xvii, 8, 21 (ed. Pinder 1897, p. 561). Cfr. Schlumberger 1896, p. 332. 8 Ad esempio: Anna Comn., Alexias Âã, viii, 2 (ed. Reinch, Kambylis 2001, p. 162); Th. Scout., Chron. (ed. Sathas 1894, pp. 157-159). 9 Ad esempio: Gibbon 1789 (1825, p. 141), Finlay 1866, pp. 427, 436, Gregorovius 1889, I, p. 162, e, più recentemente, A.A. Vasiliev 1952, p. 366, Ostrogorsky 1968 (1993, p. 265) e Runciman 1975, p. 108. 10 Kris, Kurz 1934 (1980, pp. 127-128). Nella “biograia prescritta”, come nota giustamente Marco Di Branco, «topos biograico e vita sembrano stretti l’un l’altra da un doppio legame: da una parte, tali biograie registrano eventi tipici, ma dall’altra esse sembrano plasmare con ciò stesso il destino di chi segue una particolare ‘vocazione’, immedesimandosi apertamente in moduli eroici»: Di Branco 2002, p. 492. Psello,1 gli storici moderni poterono attingere ad essa come a una vera e propria “rivelazione” per ampliare le loro conoscenze su un secolo, l’xi, allora ancora poco noto.2 Fu, tra i primi, Gustave Schlumberger, il più grande biografo di Basilio II, a intuire l’importanza di questa nuova fonte servendosi immediatamente di essa per redigere i monumentali volumi sulla dinastia macedone a cavallo del primo millennio.3 Egli, infatti, tradusse in francese buona parte del primo libro della Cronograia, dedicando particolare attenzione a quei punti in cui Psello aveva tracciato il proilo isico e morale del grande imperatore bizantino.4 Prima dell’edizione moderna di Sathas, infatti, si disponeva di poche informazioni sulla igura di Basilio II.5 Esse erano tratte unicamente da Giovanni Zonara,6 il quale, scrivendo nel xii secolo e avendo come riferimento primario la Cronograia, aveva proposto del complesso ritratto pselliano un sunto ridotto a pochi e netti giudizi. Nella traduzione francese di Schlumberger, alcuni passaggi di Zonara 1 Sathas 1876, pp. 3-23. Nel novembre 1898, lo stesso Sathas, scrivendo la prefazione all’edizione londinese della Cronograia di Psello, afermava: «It is now twenty-ive years since I rescued from oblivion Michael Psellus, the most Attic of the Byzantine historians» (Sathas 1899, p. vii). Sull’importanza del testo pselliano C. Diehl, nell’introduzione all’edizione francese del 1926, scriveva: «Lorsque, en 1874, Sathas publia le texte, inédit jusqu’alors, de la Chronographie, ce fut, pour l’histoire de Byzance, une véritable révélation (…) La Chronographie de Psellos a changé tout cela», C. Diehl, in Renauld 1926, pp. i-viii: iv-v. 2 La pubblicazione della Cronograia di Psello fu accolta subito con grande successo dagli studiosi di ine Ottocento. Si vedano, ad esempio, Miller 1875 e Rambaud 1877. 3 Schlumberger 1896, Schlumberger 1900, Schlumberger 1905. Una precedente trattazione su Basilio II, alla quale Schlumberger attinse, specie per le fonti arabe inedite ino ad allora, fu quella del barone V. R. Rozen (Rozen 1883): cfr. Schlumberger 1896, pp. iii-iv. «rivista dell ’ istituto nazionale d ’ archeologia e storia dell ’ arte», 61 (iii serie, xxix, 2006), pp. 103-146 104 lorenzo riccardi peratore, ma ne ha segnato l’immagine come un sigillo ino alla storiograia più recente.11 Oramai cristallizzatasi negli studi critici e afermatasi inanco nella letteratura moderna,12 la igura del Bulgaroctono pare non suscitare più nuove domande: non si cerca infatti di capire se tale imperatore sia stato o no sensibile alle arti e quindi se il suo proilo consolidato sia più o meno attendibile, ma ci si limita ad evocare ora con maggiore dettaglio ora en passant gli elementi della sua biograia che non lasciano ovviamente intravedere alcuno spiraglio favorevole. In questa prospettiva si può allora constatare che la pubblicazione del testo di Psello non abbia contribuito a far revisionare, come pure era possibile, la fortuna critica di Basilio II. Negli ultimi decenni, tuttavia, l’imperatore è stato al centro di diversi e meritori studi che hanno analizzato non solo gli aspetti politici e militari della sua attività,13 ma anche quelli culturali,14 spesso rivedendo i dati della “biograia prescritta” alla luce di una più corretta e approfondita analisi storico-letteraria. Tuttavia non sono stati ancora suicientemente indagati gli elementi artistici,15 cui invece è dedicato il presente contributo. Non si può che iniziare, a proposito delle fonti, condividendo il lamento di Schlumberger: «C’est la période de toute pauvreté des sources, des lacunes sans in, des ténèbres. Aucune expression ne saurait donner une juste idée d’une pareille disette de documents».16 Il regno di Basilio II è infatti il più lungo nella storia bizantina, ma anche il meno documentato.17 Numerose testimonianze, pur tramandando, come vedremo, notizie su tale periodo, hanno un carattere frammentario e localistico, mentre le Historiae bizantine, in numero davvero esiguo – appena tre – mostrano già di primo acchito i loro limiti. In primo luogo nessuna di esse è stata scritta da un contemporaneo dell’imperatore: Leone Diacono muore nei primi anni del regno, Psello nasce intorno al 1022 e Giovanni Skylitzes scrive già in età comnena. Tutti sono privi, inoltre, di un’accurata trattazione annalistica, per cui la loro aidabilità storica è da veriicare, come hanno mostrato Schlumberger e più recentemente Catherine Holmes. Leone Diacono, infatti, descrive soltanto alcune vicende del tempo di Basilio II inserendole però, in analessi, nel racconto dei regni precedenti.18 La Synopsis Historiarum di Skylitzes invece, come ha attentamente rilevato la stessa Holmes in un recente studio, è caratterizzata, oltre che da numerose inesattezze, da un’impostazione iloaristocratica, che mette in risalto le vicende militari e amministrative legate soprattutto alle nobili fami- 11 Stephenson 2003a. Basilio II, nelle fonti contemporanee o di poche posteriori al suo regno, non è mai identiicato con l’appellativo di “Sterminatore dei Bulgari”, ma, per essere distinto dall’omonimo fondatore della dinastia macedone, con quello di Basilio «ï Ó¤Ô˜» o di «ÔÚÊ˘ÚÔÁ¤ÓÓËÙÔ˜»: Stephenson 2003a, pp. 66-80. Il termine “Bulgaroctono” viene invece usato per la prima volta da Niceta Coniata più di un secolo e mezzo dopo la morte del sovrano in relazione ad altri “sterminatori”, Isacco II Comneno, e, più tardi, Isacco II Angelo, per riafermare, grazie all’autorità riconosciuta all’imperatore macedone, la supremazia bizantina sui nemici, indiferentemente Vlachi, Bulgari o Latini: Stephenson 2003a, pp. 81-96. Basilio II è dunque “eroizzato” presso i suoi successori e non è un caso che il ritrovamento del suo corpo sia avvenuto durante i tentativi di riconquista di Costantinopoli da parte di Michele VIII Paleologo, che riservò al suo illustre predecessore un trattamento paragonabile solo a quello dovuto a un santo: Georg. Pachym., Relat. hist. ii, 21 (ed. Failler, Laurent 1984, pp. 174-177). 12 Si veda Stephenson 2003a, pp. 97-137. 13 Stephenson 2000, pp. 62-77, Holmes 2003, Cheynet 2003, Stephenson 2003b, Falkenhausen 2003, Holmes 2005, Strässle 2006. 14 Crostini 1996, Garland 1999, Lauxtermann 2003b e Katsaros 2008. 15 Il rapporto tra Basilio II e le arti non è mai stato oggetto di uno studio speciico. Si segnala, come caso “esemplare” a riguardo, un contributo a carattere generale di E. Voordeckers, che tratta unicamente i casi noti delle cosiddette arti minori non tutti attribuibili con certezza al sovrano macedone: Voordeckers 1995. Lo stesso Paul Stephenson ha studiato alcune opere riconducibili alla committenza di Basilio II, ma più per indagarne eventuali legami con la sua fama di Bulgaroctono: Stephenson 2001, contribuito poi conluito in Stephenson 2003a, pp. 49-65. Negli ultimi decenni, tuttavia, si è cominciato a mettere in dubbio la “biograia prescitta” di Basilio II. Uno dei primi studiosi è stato Robin Cormack, che, in suo articolo del 1986, ha scritto: «The long reign of Basil II is harder to assess, but the idea that he was a soldier/philistine averse to commissioning works of art may be something of a modern distortion – one would expect a successful general, or his benefactors, to ensure some memorial of his achievements, either at the site of his victories, or at another place felt appropriate» (Cormack 1986, p. 611). E recentemente anche Antonio Iacobini ha espresso l’esigenza di rivedere «aquella imagen tan rígida y estereotipada de Basilio transmitida por la “Cronología” de Miguel Pselo» (Iacobini 2008, p. 213). 16 Schlumberger 1896, p. ix. 17 Sulle fonti pertinenti al regno di Basilio II si rimanda a Holmes 2005, pp. 29-54 e Strässle 2006, pp. 15-26. Strumento imprescindibile è anche il Regesten der Kaiserurkunden 2003. Sulla storiograia e sulla letteratura bizantina del periodo: Markopoulos 2003 e Lauxtermann 2003b. 18 Leon Diac., Hist. x, 7-11 (ed. Hase 1828, pp. 169-178; tr. Talbot, Sullivan 2005, pp. 212-221). L’opera fu redatta entro la ine del primo millennio, poiché l’ultimo evento ad essere menzionato è il ripristino della cupola della Santa Soia avvenuto, come è scritto, in sei anni (989995), anche se da alcuni tale informazione è ritenuta una successiva interpolazione, sulla scorta di quanto aferma erroneamente Skylitzes. Gli eventi ricordati dall’autore relativamente a Basilio II sono assai pochi: le ribellioni degli usurpatori, la battaglia di Abido, la prima campagna in Bulgaria, nel 986, e il terremoto del 989. Sulla igura di Leone si rimanda alla prefazione di Talbot, Sullivan 2005, pp. 9-49. i. «un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti 105 glie anatoliche già duramente provate durante il re(i, 29), nata, precisa lo scrittore, al di fuori della corte imperiale. Qui infatti «il più assoluto disinteresse» gno del sovrano macedone.19 (Ibid.) del sovrano per «gli uomini di cultura» (Ibid.), La biograia di Basilio II scritta da Psello,20 rispetcui invece appartenevano a buon diritto quelli della to alle sintesi pure autorevolmente proposte, ha ini“ioritura”, costituiva un serio ostacolo alla loro afne una complessità tale che diicilmente può essere fermazione uiciale, situazione che per lo stesso ridotta a un giudizio tranchant. Recenti studi di Psello è sorprendente, ma non impossibile visto che Barbara Crostini e Lynda Garland21 hanno infatti costoro «non si dedicarono alle lettere per un ine ben evidenziato le contraddizioni e la inezza delle estrinseco, ma le coltivarono come ine a se stesse a argomentazioni dello scrittore bizantino. Il proilo, proprie spese» (Ibid.). Questo gruppo è subito conricostruibile dai numerosi aneddoti che sono dissetrapposto a quello costituito da un maggiore numeminati in tutto il primo libro della Cronograia, è coro di persone («i più», Ibid.) che si accostano alla culstantemente bilanciato, almeno di primo acchito, tura con la motivazione primaria dell’arricchirsi «e tra l’elogio delle virtù militari e la critica di quelle se il ine non è presto raggiunto se ne distaccano culturali. Queste ultime tuttavia non si conigurano senza esitazione» (Ibid.). Con un artiicio retorico tanto come giudizio di merito sull’imperatore, che Psello chiude il paragrafo dicendo che di essi non si difatti non è mai apostrofato direttamente come vuole occupare, ma non è un caso che all’inizio di rozzo e incolto, ma si limitano ad attaccare l’entouquello successivo parli proprio dell’incolto e interesrage del sovrano.22 Psello, da grande scrittore e disato entourage di Basilio II. La critica quindi che il plomatico, sa misurare con estrema precisione le “console dei ilosoi” riserva a Basilio II si rilette sue parole, per cui Basilio II è descritto come un verso i collaboratori che egli ha scelto, preferendoli oratore non del tutto abile («non parlava luentea “quella ioritura” che comunque c’era stata e di mente, non levigava le frasi e neppure le estendeva cui Psello si sente erede e continuatore. Come ha in periodi costrutti, ma le staccava facendo continue bene sottolineato Marc Lauxtermann «he felt the pause, più da rustico che da uomo educato»; i, 36), urge to portray it as grimly as possible, so that his ma non per questo sprovveduto, poiché il suo dettaown (scil. di Psello) contribution to rhetoric and phito chiaro, senza orpelli («il suo stile nulla aveva di rilosophy would stand out in the brightest of cocercato o ridondante»; i, 30), era perfettamente conlours».24 Nel descrivere il regno di Basilio II, Psello sono e adatto al suo regno «giacché (…) non era rilette quindi sulla realtà a lui quotidiana e al conmolto complessa, a quel tempo, la formula usata dai tempo sulla propria formazione, osserva la politica due imperatori» (Ibid.) che «si astenevano totalmendel sovrano attraverso la sua lente e ne condanna te, in efetti, dallo scrivere o dal parlare iorito ed quegli aspetti che più divergono dalla sua concezioelaborato» (Ibid.). Il passo appena citato è infatti di ne del potere.25 Egli non vede in Basilio II, come begrande interesse per comprendere la dialettica tra ne sintetizza la Garland, “an emperor whom he un passato recente (il regno di Basilio II) e un prefound (…) easy to praise”.26 Infatti Psello, tra le vasente che agli occhi di Psello è totalmente diverso e rie caratteristiche che è solito attribuire a Basilio II, per questo, e ovviamente, migliore.23 Lo scrittore sottolinea sempre quella autocratica, che male si parlando della corte del nostro sovrano esprime in accorda con il suo partito, quello degli alti funzionapoche battute un disprezzo senza appelli: «un grupri e del «nobile potere»,27 che, per alcuni studiosi, è petto d’individui che non brillavano né per intelletto possibile ricondurre alla “Repubblica dei Filosoi” né per stirpe né per troppa istruzione» (Ibid.). La di platonica memoria.28 Si deve poi alla Crostini schiera di costoro, la cui origine Psello non riesce e l’attenta rilettura dei paragrai dedicati alle vicende soprattutto non vuole spiegare, ha il suo immediato del Parakoimomenos, in cui è da vedere più che un contraltare, appena poche righe sopra, in «quella crudele accanimento verso il prozio «an attempt at ioritura di ilosoi e retori niente afatto mediocre» 19 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. (ed. Thurn 1973, pp. 314-369; tr. Flusin 2003, pp. 263-306). Per l’atteggiamento iloaristocratico di Skylitzes: Holmes 2005., pp. 66-239. 20 Mich. Psello, Chron. i, 1-37 (ed. Impellizzeri 1984, i, pp. 8-55). 21 Cfr. nota 14. 22 Come nota opportunamente Crostini 1996, pp. 65-66. 23 Come ha notato giustamente F. Lauritzen, Psello si comporta così anche quando parla della corte di Romano III Argiro, la cui origine dalla burocrazia dell’eparchia è mal vista dal “console dei ilosoi”: Lauritzen 2009. 24 Lauxtermann 2003b, p. 205. 25 Sul pensiero politico di Psello si veda la lucida analisi di Pertusi 1990, pp. 130-139. 26 Garland 1999, p. 342. 27 Mich. Psello, Chron. vi, 97 (ed. Impellizzeri 1984, ii, p. 32). 28 Crostini 1996, p. 64. 106 lorenzo riccardi purifying monastic practice».29 Qui si riporta solo una suggestione di lettura, ossia che Psello dedichi così grande rilievo all’eunuco, «che fu per la nostra era monumento e grande mito o anzi simbolo della tendenza all’ambiguità o al rovesciamento propria delle cose mortali» (i, 21), poiché vede in lui un illustre alter ego. La vicinanza alle sue disgrazie pare quasi una rilessione sulla propria professione e un memento dei rischi che per essa si corrono: «dopo il crollo improvviso, proprio lui, quell’uomo superlativo, la mente obnubilata, aveva perduto la padronanza del proprio essere» (Ibid.). Ad eccezione di Psello, per ricostruire il proilo culturale del regno di Basilio II non possiamo ricorrere né alle fonti storiche, sprovviste di informazioni dettagliate, né tantomeno a quei testi che dovrebbero tramandare in modo encomiastico le imprese dell’imperatore, ammesso che egli li abbia voluti e commissionati, dal momento che non sono sopravvissuti.30 L’unica eccezione è il panegirico di Leone Diacono,31 scritto per il giovane imperatore quando era ancora sotto tutela dell’ingombrante Parakoimomenos. Il testo ofre pochi dati utili, ma tra di essi va almeno ricordata la notizia dell’esistenza a corte intorno al 980 di diverse scuole di retori in aperta contrapposizione fra di loro. L’attività culturale in ambito imperiale, come attestano in modo indiretto Psello e Leone Diacono, non doveva essere quindi inesistente.32 Conosciamo infatti diversi nomi di letterati attivi in questi decenni, ma per lo più lontani dalle posizioni imperiali, se non addirittura ad esse contrapposti (su tutti, Giovanni Geometra33 e Simeone il Nuovo Teologo34). Tuttavia, fra i più stretti collaboratori di Basilio II, coinvolti anche nelle campagne militari come comandanti o ambasciatori, possono essere ricordati alcuni uomini di lettere, come Niceforo Ouranos, Leone di Sinada e Giovanni Sikeliotes, dei quali si ignora purtroppo gran parte della produzione.35 L’indagine sul clima culturale, che qui solo brevemente si è tracciata, potrebbe proseguire ino a comprendere un’altra grande personalità inora poco considerata in questa prospettiva: quella di Alessio Studita, scelto da Basilio II, poco prima della morte, come Patriarca di Costantinopoli in una forma però irrituale, ossia senza il consenso del sinodo della chiesa.36 Il legame tra l’imperatore e il monastero di Studion, centro culturale tra i più importanti e noti del tempo,37 era già stato evidenziato dalla nomina del precedente egumeno, Nicola, a Patriarca di Antiochia il 17 gennaio 1025.38 Anche le fonti non bizantine, spesso dal carattere cronachistico locale, sono prive di informazioni dirette sulla vita culturale nella corte di Basilio II e del suo eventuale coinvolgimento nella produzione artistica,39 ma alcune volte gettano luce su aspetti della pratica diplomatica e sull’atteggiamento che l’impe- 29 Crostini 1996, p. 63. Al contrario A. Kaldellis, ritiene che l’atteggiamento di Basilio non sia per nulla pio e sobrio, dal momento che «his “playfulness” manifested more cruelty than genuine concern. He was an enemy, not a reformer» (Kaldellis 1999, pp. 85-86). Tra le due ipotesi mi pare più verosimile quella di B. Crostini: il cenobio del Parakoimomenos era stato probabilmente dotato anche del superluo, che ora, dopo l’intervento dell’imperatore, viene ridotto semplicemente al necessario. Una decisione del genere rientra poi nello spirito dei provvedimenti che di lì a qualche anno egli avrebbe preso a salvaguardia delle piccole comunità monastiche con la Novella del 996: cfr. Holmes 2005, pp. 461-475. 30 Si sa comunque che Giovanni Sikeliotes scrisse un encomio di Basilio II andato perduto: Hunger 1978, p. 83 e Lauxtermann 2003b, p. 214 n. 48. 31 ™ YKOYTPH™ 1932. L’opera, datata al 980, è molto “povera di fatti” e non si conosce il motivo che indusse Leone a scrivere l’encomio, forse un’occasione esterna uiciale o un momento della liturgia bizantina di palazzo. 32 A testimonianza di un clima culturale non del tutto trascurabile va, oltre le rilessioni di Crostini e Katsaros (Crostini 1996 e Katsaros 2008), segnalata la recente attribuzione da parte di F. Lauritzen – che qui ringrazio per i preziosi suggerimenti – dei versi inscritti su un miliaresion, ossia una moneta d’argento, a un poeta formatosi nei decenni centrali del regno di Basilio II e sostenuto dagli ambienti di corte se non dallo stesso imperatore: Lauritzen 2009. 33 Il poeta Giovanni Geometra fu vicino alla corte imperiale ino all’estromissione del suo protettore, il paraoikomomenos Basilio, alternando ai malcelati e violenti attacchi verso i responsabili della sua im- provvisa sfortuna un latente desiderio di fare presto ritorno al Grande Palazzo: Lauxtermann 1998 e Lauxtermann 2003b, pp. 207-208, 213-214. 34 Lauxtermann ha opportunamente evidenziato l’ostilità di Simeone il Nuovo Teologo nei confronti di Basilio II: Lauxtermann 2003b, pp. 208-209. Non può quindi costituire prova a favore dell’insensibilità culturale dell’imperatore, come pure proposto da Cutler e Nesbitt, il mancato coinvolgimento economico dell’imperatore alle costruzioni promosse di Simeone, quando egli divenne egumeno del monastero di Mamas: Cutler, Nesbitt 1986, pp. 219-220. 35 Lauxtermann 2003b, pp. 209-210 e Crostini 1996, pp. 66-71. Non è sopravvissuta nemmeno la Cronaca del vescovo Teodoro di Sebasteia, alla quale si rifà espressamente lo Skylitzes: Hunger 1978, pp. 390-391. 36 Stanković 2001-2002, p. 73. Non bisogna dimenticare che la scelta di un patriarca idato da parte di Basilio II era necessaria per garantire al fratello la successione al trono contro eventuali e realistiche congiure di palazzo volte a impedirne l’incoronazione, che a Costantinopoli era prerogativa proprio del capo della chiesa. Non è un caso, infatti, che i primi provvedimenti di Alessio Studita, come nota Stanković, siano presi proprio a favore della continuità macedone al regno. 37 Cfr. Krausmüller 2006-2007. 38 Stanković 2001-2002, p. 73. 39 Qualche rara eccezione è menzionata da Yahya e Stefano di Taron: due fonti, come vedremo, molto importanti. Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky, Vasiliev 1924, 1932; éd. Kratchkovsky, Micheaux, G. Troupeau 1997; tr. Pirone 1998). Stefano di Taron, Hist. (tr. Gelzer, Burckhardt 1907; tr. Macler 1917). «un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti 107 ratore aveva nei confronti delle regioni più periferilio avesse pieno comando a Costantinopoli durante che del regno, come l’Armenia e la Georgia.40 l’assenza dell’imperatore,43 fonti bizantine e armene Di primaria importanza, per ricostruire il corpus ricordano che Costantino vivesse nella campagna delle committenze di Basilio II, sono inine le fonti vicino a Nicomedia,44 lontano quindi dal Grande materiali e in primo luogo le iscrizioni. La loro funPalazzo, dove peraltro si congiurava alle sue spalle.45 zione propagandistica, grazie alla sintesi della comConsiderando poi che i sigilli di Basilio recano spesso ponente visuale (la costruzione o l’oggetto che le solo il suo nome, si potrebbe concludere che Costancontiene) e di quella scritta (il messaggio stesso, oltre tino non fosse coinvolto afatto nel governo dell’imla possibilità della divulgazione orale del contenuto), pero e che egli fosse comunque menzionato nella dile rende utili ad afermare il prestigio e l’autorità di plomatica uiciale solo per la carica onoriica che chi le appone e, nel caso degli imperatori, la legittiricopriva.46 mità ad operare nel pieno delle proprie funzioni di governo.41 Relativamente al tempo di Basilio II coii. nosciamo alcune di esse, poiché la loro identiicazione è stata possibile grazie alla menzione contestuale Gli strumenti a nostra disposizione (soprattutto le di Costantino VIII. A volte è stato anche proposto di opere), in grado di dar luce al proilo culturale e arattribuirle ad un’altra coppia omonima, quella costitistico di Basilio II, non possono che essere quelli che tuita da Basilio I e da suo iglio Costantino, il cui reper la loro stessa natura rivelano immediatamente i gno, prima che si aggiungesse come co-imperatore caratteri di una committenza eccezionale e coltissianche Leone, ha però una durata assai modesta, apma. I due manoscritti attribuiti al sovrano macedone pena un anno (869). Tra le iscrizioni bisogna comun(il Menologio Vat. gr. 1613 della Biblioteca Apostolica que distinguere quelle che si riferiscono a interventi Vaticana47 e il Salterio gr. Z 17 della Biblioteca Naziodiretti degli imperatori (come a Karacaköy in Tracia nale Marciana di Venezia),48 sono opere straordinao nelle mura teodosiane di Costantinopoli) e quelle rie e tra le più note della produzione artistica bizanche menzionano costruzioni erette o restaurate dutina e meritano dunque di essere considerati anche rante il loro impero.42 Inine, diicilmente si potrà dal punto di vista di chi li ha voluti. mai fare chiarezza sull’efettivo coinvolgimento di Più che dalla ricchezza delle illustrazioni e dal lusCostantino e in genere del co-imperatore nell’ammiso della confezione del codice, la nostra attenzione è nistrazione del potere. Anche se, infatti, alcuni stusubito attratta dal poema introduttivo posto in aperdiosi hanno sostenuto che il fratello minore di Basitura del Menologio.49 L’autore, anonimo come è di 40 Nelle fonti armene e georgiane, come ha evidenziato Artjunova-Fidanjan, possono essere individuati tre livelli di valutazione sull’imperatore macedone: 1) Basilio è il sovrano che regna legittimamente a Costantinopoli e la cui autorità non può essere messa in discussione, anzi viene accettata benevolmente dai reami e dai principati armeni; 2) è un imperatore attivo, crudele, austero, specie nelle situazioni più conlittuali; 3) i tratti negativi del carattere sono controbilanciati da quelli positivi e gli stessi autori cercano di mettere in luce una certa ainità culturale e confessionale tra lui e il mondo armeno. Arutjunova-Fidanjan 1996, pp. 15-16. 41 Koutrakou 1994, pp. 138-142. 42 Per un elenco preliminare delle iscrizioni che menzionano Basilio II e Costantino VIII si veda Cheynet, Drew-Bear, 2004, pp. 222225, cui vanno aggiunte quelle di Oški in Georgia, attuale Turchia orientale (cfr. nota 196). 43 Runciman 1980, p. 219, Todt 2000 e Strässle 2006, pp. 382-383. 44 Aristakes, Récit (tr. Canard, Berberian 1973, p. 25) e Mich. Psello, Chron. i, 22 (ed. Impellizzeri 1984, i, pp. 32-35). 45 Cfr. Todt 2000. 46 Holmes 2006, pp. 335-336. Recentemente Ralph-Johannes Lilie, rileggendo il primo capitolo della Cronograia di Psello, ha ipotizzato che la posizione subalterna di Costantino VIII fosse dovuta non tanto al carattere “da fannullone” del coimperatore, ma alle poche situazioni e alle rare chances che gli erano oferte dal suo ruolo subalterno: Lilie 2007, pp. 214-216. 47 Sul Menologio si rimanda alla recente edizione facsimilare e al complementare volume di studi in spagnolo, curato da F. D’Aiuto, di cui si attende a breve la pubblicazione anche in lingua italiana: El «Menologio de Basilio II» 2008. 48 Per la bibliograia sul Salterio di Basilio II si rimanda ai testi discussi nelle note successive: Weitzmann 1935, pp. 29-30, Cutler 1976, Cutler 1977, Cutler 1984, pp. 115-120 e Stephenson 2003a, pp. 51-62. Per una bibliograia aggiornata si veda: D’Aiuto 2008, p. 127 n. 35-36. 49 Acconcia Longo 2008, p. 78: «\EÓÙ·Ü©· ÓÜÓ ÛÎfiËÛÔÓ çÚıá˜ ï ‚Ï¤ˆÓ / ôÚÈÛÙÔÓ öÚÁÔÓ âÍ àÚ›ÛÙˆÓ Ú·ÁÌ¿ÙˆÓ, / öÚÁÔÓ £ÂÔÜ Î¿ÏÏÈÛÙÔÓ âÎÏÉÙÙÔÓ ÊÚ¤Ó·˜, / öÚÁÔÓ Ùe Ù¤ÚÔÓ ÄÛ·Ó ÂåÎfiÙˆ˜ ÎÙ›ÛÈÓ. / (v. 5) ôÓˆ ÁaÚ ·éÙe˜ ó˜ £Âe˜ ηd ‰ÂÛfiÙ˘ / ôÛÙÚˆÓ ¯ÔÚ›·È˜ ˙ˆÁÚ·Ê‹Û·˜ ÙeÓ fiÏÔÓ, / nÓ Ôx· ‰¤ÚÚÈÓ âͤÙÂÈÓ ن ÏfiÁÅ, / ÎfiÛÌÔÓ ‰0‰Ô˘¯ÂÖ ·ÓÛfiÊÅ ÚÔÌËı›0. / K¿Ùˆ ‰\ ï ÙÔÜÙÔÓ ÂåÎÔÓ›˙ˆÓ ÙÔÖ˜ ÙÚfiÔȘ, / (v. 10) ôÓ·Í ¬Ï˘ Áɘ, ≥ÏÈÔ˜ Ùɘ ÔÚʇڷ˜, / B·Û›ÏÂÈÔ˜, Ùe ıÚ¤ÌÌ· Ùɘ êÏÔ˘ÚÁ›‰Ô˜, / ÎÚ¿ÙÈÛÙÔ˜ àÌÊÔÖÓ, ηd ÙÚÔ·›ÔȘ ηd ÏfiÁÔȘ, / ó˜ ôÏÏÔÓ ùÓÙˆ˜ ÔéÚ·ÓfiÓ Ù‡ͷ˜ ‚›‚ÏÔÓ / âÎ ‰¤ÚÚÂˆÓ Ù·ıÂÖÛ·Ó, ó˜ ö¯ÂÈ Ê‡ÛȘ, / (v. 15) ʤÚÔ˘Û·Ó ó˜ ʈÛÙÉÚ·˜ óÚ·›Ô˘˜ Ù‡Ô˘˜ / ÚáÙÔÓ ÌbÓ ·éÙÔÜ ÙÔÜ ı·ÓıÚÒÔ˘ §fiÁÔ˘, / öÂÈÙ· MËÙÚe˜ Ùɘ ÙÂÎÔ‡Û˘ àÛfiÚˆ˜, / ÛÔÊáÓ ÚÔÊËÙáÓ, Ì·ÚÙ‡ÚˆÓ, àÔÛÙfiψÓ, / ¿ÓÙˆÓ ‰Èη›ˆÓ, àÁÁ¤ÏˆÓ, àÚ¯·ÁÁ¤ÏˆÓ, / (v. 20) ÙáÓ çÚıÔ‰fiÍˆÓ ÄÛ·Ó ÂéÊÚ·›ÓÂÈ ÊÚ¤Ó·, / Ù¤ÚÂÈ ‰b ÄÛ·Ó ÙÂÚÓfiÙËÙÈ Î·d ı¤·Ó. / \AÏÏ\Ô≈ÛÂÚ ÂåÎfiÓÈÛÂÓ âÎ ÙáÓ ¯ÚˆÌ¿ÙˆÓ / Â≈ÚÔÈ ‚ÔËıÔf˜ ¿ÓÙ·˜ âÎ ÙáÓ Ú·ÁÌ¿ÙˆÓ, / ÎÚ¿ÙÔ˘˜ Û˘ÓÂÚÁÔ‡˜, Û˘ÌÌ¿¯Ô˘˜ âÓ Ù·Ö˜ Ì¿¯·È˜, / (v. 25) ·ıáÓ Ï˘ÙÚˆÙ¿˜, Ê·Ú̷΢Ùa˜ ÙáÓ ÓfiÛˆÓ, / âÓ Ù” ÎÚ›ÛÂÈ ϤÔÓ ‰b Úe˜ ÙeÓ ¢ÂÛfiÙËÓ / ıÂÚÌÔf˜ ÌÂÛ›Ù·˜, ÚÔͤÓÔ˘˜ ηd Ùɘ ôÓˆ / ‰fi͢ àÊÚ¿ÛÙÔ˘ ηd £ÂÔÜ 108 lorenzo riccardi prassi in questi casi, celebra il committente dell’opera, «Basilio, prole imperiale» (v. 11), che «ha fatto eseguire un libro che è davvero un altro cielo» (v. 13). Un nobile paragone infatti viene istituito tra colui che «illumina il mondo con sapientissima provvidenza» (v. 8) e che ha «dipinto con le danze degli astri il irmamento» (v. 7) e Basilio, il quale, rappresentante di Cristo in terra, ha commissionato un’opera «che porta come stelle [le] splendide immagini» (v. 15) di tutti coloro che al tempo medesimo sono chiamati ad essergli «solerti soccorritori, coadiutori dell’impero, alleati nelle battaglie» (vv. 23-24). Le raigurazioni della Vergine, dei «sapienti profeti, martiri, apostoli, di tutti i giusti, angeli, arcangeli» (vv. 18-19) allietano, quindi, «la mente di tutti i fedeli» (v. 20), riempiono «di gioia ogni sguardo» (v. 21) e costellano come stelle il libro-irmamento. Il «cielo» (v. 13) di Basilio è «composto di pelli tese, quali ofre la natura» (v. 14), dei colori con i quali sono dipinte le igure e anche del ritratto dello stesso imperatore,50 che, come nel Salterio, si era fatto rappresentare secondo uno schema compositivo che può essere desunto dal poema stesso.51 I versi fungono infatti da ekphrasis di una scena miniata, purtroppo perduta, in cui il sovrano era forse rappresentato con gli abiti di corte.52 Egli, ma non sappiamo con precisione come la miniatura si conigurasse, riceveva il suo potere dal Pantokrator che era «in alto» (v. 5) e di cui l’imperatore che era «in basso» (v. 9) è «colui che lo rappresenta con il suo carattere» (v. 9). L’idea del sovrano bizantino come mimema tou theou è d’altronde presente, come ha rilevato opportunamente Iacobini, anche nel Salterio di Venezia:53 qui lo schema compositivo è desunto dall’iconograia cristologica,54 con Basilio aiancato da icone o stendardi55 dei santi guerrieri, ai quali egli stesso è assimilato nella sua dimensione prettamente iconica56 (Fig. 1). Basilio, inine, come rivelano sia il contenuto del libro, i Salmi, sia la pagina miniata posta subito accanto, è – ed ecco la triplice pregnanza del ritratto marciano – un novello Davide, sovrano biblico per antonomasia.57 In ogni caso, la scena dipinta del Salterio rivendica con forza, malgrado le autorevoli ipotesi contrarie,58 il trionfo militare di Basilio II sui nemici,59 a diferenza di quanto doveva invece accadere nel Menologio, dove il paragone tra Dio e l’imperatore sembra tutto giocato sul ruolo e l’eccezionale prerogativa di “colui che crea” («Ù‡ͷ˜», v. 13, è detto in greco dell’azione di Basilio). I due poemi e le corrispettive scene miniate sono quindi al tempo stesso simili e complementari: simili per la funzione di ekphrasis dei componimenti e forse per la medesima articolazione compositiva dei ritratti imperiali, complementari perché i manoscritti esaltano un sovrano che, come è scritto nel Menologio, è «eccellente tanto nelle vittorie quanto nelle opere della mente» (vv. 11-12). D’altronde questa vicinanza e questa vicendevole integrazione potrebbero trovare riscontro in una comune fase di produzione, ad opera non solo dello stesso copista,60 ma anche dello stesso miniatore. ÛÎËÙÔ˘¯›·˜». Sul poema dedicatorio si vedano: Šev©enko 1962, pp. 57 Iacobini 2008, p. 214 e ig. II.5.25. 58 A. Cutler ha proposto di vedere nelle igure prostrate alcuni cittadini dell’impero grati per la pace raggiunta intorno al 1005, mentre P. Stephenson ha supposto che fossero dei magnati anatolici piegati dalle armi del sovrano: Cutler 1977, p. 11, Stephenson 2001, p. 56 e Stephenson 2003a, pp. 51-62. 59 La scena, come ha recentemente sottolineato A. Iacobini, deve essere necessariamente letta come un trionfo militare; nel poema introduttivo si ricorre per le igure prostrate ai piedi dell’imperatore al termine «â¯ıÚÔf˜» (v. 11) e la qualiica di nemici – peraltro sconitti in modo cruento – è d’altronde ribadita dalla ferita sanguinante sul collo dell’uomo vestito con abiti sontuosi sul quale è sospinta infatti la lancia impugnata dal sovrano bizantino: Iacobini 2008, p. 216. Di tale opinione erano d’altronde, tra gli altri, già Grabar 1936, pp. 86-87 e Der Nersessian 1940-1941, p. 121 (rist. in Der Nersessian 1973, p. 121). Per il poema introduttivo del Salterio si veda Acconcia Longo 2008, p. 81: «Te ı·ÜÌ· ηÈÓeÓ z‰Â ÙáÓ ïڈ̤ӈÓØ / XÚÈÛÙe˜ ÚÔÙ›ÓÂÈ ‰ÂÍÈ3 ˙ˆËÊfiÚÅ / âÍ ÔéÚ·ÓÔÜ Ùe ÛÙ¤ÌÌ·, ۇ̂ÔÏÔÓ ÎÚ¿ÙÔ˘˜, / ÈÛÙ† ÎڷٷȆ ‰ÂÛfiÙ– B·ÛÈÏ›Å. / (v. 5) οوıÂÓ Ôî ÚÒÙÈÛÙÔÈ ÙáÓ \Aۈ̿وÓ, / ï ÌbÓ Ï·‚gÓ õÓÂÁΠηd ¯·›ÚˆÓ ÛÙ¤ÊÂÈ / ï ‰¤, ÚÔÛ¿ÙˆÓ Ù† ÎÚ¿ÙÂÈ Î·d Ùa˜ ӛη˜, / ®ÔÌÊ·›·Ó, nÏÔÓ âÎÊÔ‚ÔÜÓ âÓ·ÓÙ›Ô˘˜, / Ê¤ÚˆÓ ‰›‰ˆÛÈ ¯ÂÈÚd Ù” ÙÔÜ ‰ÂÛfiÙÔ˘. / (v. 10) Ôî Ì¿ÚÙ˘Ú˜ ‰b Û˘ÌÌ·¯ÔÜÛÈÓ ó˜ Ê›ÏÅ, / ®›ÙÔÓÙ˜ â¯ıÚÔf˜ ÙÔf˜ ÔÛd ÚÔÎÂÈ̤ÓÔ˘˜». 60 Si rimanda all’attento e documentato studio di D’Aiuto 2008, pp. 106-123. 271-273, Follieri 1969, pp. 33-35 e, da ultimo, Acconcia Longo 2008. Le citazioni italiane del poema introduttivo del Menologio sono tratte dalla editio princeps di A. Acconcia Longo, di prossima pubblicazione nell’edizione facsimilare italiana del Vat. gr. 1613. 50 Sull’originaria esistenza della pagina miniata che doveva accompagnare il poema introduttivo non esiste unanimità di giudizio. Secondo I. Šev©enko il ritratto dell’imperatore (cfr. infra) era stato previsto, ma forse non eseguito, e di ciò appare convinto, senza più alcun dubbio, anche M. Lauxtermann: Šev©enko 1962, p. 273 e Lauxtermann 2003a, p. 347 nº 80. Recentemente A. Iacobini ha proposto invece, grazie a nuove considerazioni di carattere codicologico, una convincente ricostruzione del fascicolo iniziale del Menologio di Basilio II, ipotizzando che il poema fosse preceduto dalla raigurazione del sovrano realizzata dal capo-miniatore Pantaleone: Iacobini 2008, pp. 221-223. 51 Cfr. tra gli altri, Šev©enko 1962, pp. 271-273, Acconcia Longo 2008, pp. 80-83 e Iacobini 2008, p. 213. 52 Iacobini 2008, p. 222. 53 Iacobini 2008, p. 216. 54 Come aveva notato già Weitzmann 1935, p. 29. 55 Secondo l’ipotesi di Carile 2005, didascalia tav. xix. 56 Come ha messo bene in evidenza A. Cutler confrontando l’immagine di Basilio II del Salterio con la raigurazione di Teodoro Stratelates del Menologio vaticano (p. 383): Cutler 1976, pp. 14, 16. «un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti 109 Nonostante le riserve di Cutler,61 è oggi comunemente accettata l’ipotesi di Italo Furlan secondo la quale Pantaleone, il capo-bottega del Menologio, sia anche l’autore delle due pagine decorate con immagini del Salterio.62 I due manoscritti furono con tutta probabilità miniati non solo all’interno dello stesso atelier costantinopolitano, ma anche nel volgere degli stessi anni e non più, come pure a lungo supposto, a notevole distanza cronologica l’uno dall’altro.63 Purtroppo restano ignoti, al di là di qualche congettura desunta dai caratteri interni dei codici stessi, sia l’occasione della loro produzione sia il contesto di ricezione dei manoscritti. Possiamo infatti domandarci con Šev©enko se il Menologio fosse un unicum «executed for Basil II, or whether it is a single surviving of a de luxe edition made under the auspices of that emperor».64 Da un lato vi sono elementi, come l’irregolarità nella sua costituzione e le pagine vuote, che fanno propendere per la prima ipotesi, dall’altro il riferimento a Basilio nel poema come colui che ha fatto eseguire il manoscritto, quindi in terza persona, potrebbe far pensare a «an imperial gift (one of several) for a high dignitary or a foreign ruler Fig. 1. Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, gr. Z 17 than a work produced for the emperor».65 Quest’ul(Salterio di Basilio II), fol. iiir: Basilio II trionfante sui nemici. tima ipotesi – ma di tale avviso era lo stesso Šev©enko66 – mi pare da escludere: il manoscritto sembra infatti destinato al godimento privato dell’imperatore e l’uso della terza persona non implica necessariaposto che Basilio II leggesse personalmente o ascolmente una produzione seriale. Il Menologio staziotasse leggere le pagine del Menologio vaticano nella nò infatti per alcuni anni nel Palazzo imperiale, dal cappella imperiale del Grande Palazzo.68 Così come momento che servì da modello per altri manoscritti non lasciò la residenza costantinopolitana del sovraconfezionati entro la metà del secolo, tra i quali i ceno bizantino nemmeno il Salterio, che pur destinato, lebri “Menologi Imperiali”.67 Tale circostanza induper la natura stessa del codice e del suo testo all’uso ce a condividere l’ipotesi di Lowden, il quale ha sup61 Cutler 1976, pp. 15-16. 62 I. Furlan, in Venezia e Bisanzio 1974, p. 110 nº 30 e Furlan 1978, p. 48. Della stessa opinione: Zakharova 2003, p. 389, Zakharova 2008, p. 139 e Iacobini 2008, p. 214. Su Pantaleone: Šev©enko 1972, Zakharova 2003, pp. 384-389 e Zakharova 2008, pp. 138-139, 145. 63 Secondo la tradizionale cronologia, proposta dalla studiosa armena Der Nersessian, il Menologio sarebbe stato eseguito tra il 979, anno della morte di san Luca lo Stilita, rappresentato a p. 283 del codice, e il 989, anno del devastante terremoto che colpì Costantinopoli, ma del quale non si fa menzione nel testo, che pure ricorda quello del 740; la studiosa avanzò, al contempo, una datazione intorno al 1018 per il Salterio, poiché, come già ricordato, esso celebrerebbe la vittoria deinitiva di Basilio II sui bulgari: Der Nersessian 1940-1941, p. 121. Tale opinione è stata generalmente accolta dagli studiosi successivi, ma già I. Šev©enko, seguito poi dalla Zakharova, posticipò l’esecuzione del Menologio al 1001-1016 sulla scorta di considerazioni storico-stilistiche: il Pantaleone dei codici di Basilio II sarebbe infatti identiicabile con l’omonimo pittore menzionato nella Vita di sant’Atanasio l’Athonita (Šev©enko 1972, Zakharova 2003, pp. 384-389 e Zakharova 2008, pp. 186-190). Anche se l’esecuzione del Salterio, come è stato più volte sottolineato, non è da riferire necessariamente a un preciso evento storico (Cutler 1977, p. 12, Stephenson 2001, p. 56, Stephenson 2003a, p. 56 e Iacobini 2008, p. 216), si può ritenere che una datazione intorno al 1018 non contraddica le indicazioni storico-stilistiche addotte per il Menologio e che entrambi i codici possano essere quindi stati realizzati tra il secondo e l’inizio del terzo decennio dell’xi secolo: D’Aiuto 2008, pp. 122123. Per una datazione agli inizi del millennio si è espresso, sebbene con motivazioni storiche poco convincenti (cfr. supra), anche Cutler 1977, p. 13. È inine da vagliare, alla luce di quanto si è precedentemente esposto, l’ipotesi di I. Furlan, che ha riferito il Salterio a una precedente vittoria dell’imperatore sui Bulgari, forse quella di Skopjie del 1004: Furlan 2005, p. 585. 64 Šev©enko 1962, p. 275. 65 Šev©enko 1962, p. 275 n. 101. 66 Šev©enko 1962, p. 275 n. 101. 67 Cfr. Zakharova 2008, p. 186. Per l’importanza del codice vaticano di Basilio II sui cosiddetti “Menologi Imperiali” di xi secolo si veda, da ultimo, Patterson Šev©enko 2008. 68 Lowden 1997, p. 279. Cfr. Iacobini 2008, p. 216. 110 lorenzo riccardi strettamente personale,69 servì da modello almeno per un altro codice miniato tra il 1042 e il 1050 per volere di Costantino IX, Zoe e Teodora.70 iii. Nel tentativo di ricostruire l’œuvre di Basilio II ci serviremo di una ripartizione tematica delle sue “committenze” certe,71 preferendo, invece, indicare la loro collocazione temporale nel regesto cronologico a ine del presente contributo. È infatti impossibile, considerati i dati in esame, individuare nel lungo regno dell’imperatore la così drastica cesura evocata da Michele Psello:72 al periodo antecedente al 986, anno in cui viene allontanato il Parakoimomenos, possono essere ascritti soltanto quattro “casi”, appena il 6,3% del totale. Il mutamento caratteriale di Basilio II, che lo scrittore bizantino attribuisce alle lunghe e soferte guerre civili, pare infatti dovuto più a uno dei luoghi comuni del genere letterario della biograia.73 La frammentaria copertura storica impedisce, inoltre, di essere analiticamente informati non solo su ogni anno del regno, ma addirittura sui lustri; a ciò si deve aggiungere, inoltre, la varietà dei contesti, che implicherebbe diversi micro-approfondimenti. Il versante geograico, che pur si presta a una suddivisione macroregionale, è invece condizionato dall’assenza di una prospettiva generale, che indurrebbe a trattare singolarmente ogni “caso”, senza poter poi individuare linee di tendenza e pratiche-guida. A questo approccio frammentario si è quindi preferito quello trasversale dell’accorpamento tematico: un’operazione non priva di rischi, primo fra tutti, data la necessità di non dilungarsi troppo su ogni dettaglio, quello di poter perdere la speciicità di ogni “caso”, per la quale si rimanda, allora, laddove esistente, alla relativa bibliograia fornita nel regesto e nelle note. 69 Iacobini 2008, p. 216. A proposito del Salterio Cormack ha invece suggerito che esso possa essere stato uno dei doni diplomatici in occasione del mancato matrimonio tra Ottone III e la principessa Zoe, iglia di Costantino VIII e nipote di Basilio II: Cormack 1992, p. 229 n. 29. 70 Si tratta del ms. 364 conservato al Monastero di S. Caterina sul Monte Sinai: Iacobini 2008, pp. 216, 228 n. 55. 71 La scelta di considerare unicamente i casi certi, o presunti tali, ma che trovano comunque riscontro nelle fonti scritte (comprese le iscrizioni), implica che saranno tralasciate sia quelle ipotesi che mancano del necessario fondamento storico sia quelle in cui l’attribuzione a Basilio II è molto controversa e diicilmente dimostrabile. Per tale ragione non saranno qui considerati, ad esempio, il supposto coinvolgimento del sovrano macedone nelle vicende del Monastero A costituire la parte numericamente più signiicativa dell’œuvre di Basilio II concorrono i donativi a diverse personalità o istituzioni: essi costituiscono infatti il 44,4% dei “casi” (1, 3, 4, 6, 7, 8, 10, 14, 16, 17, 20, 21, 23, 24, 25, 26, 27, 29, 30, 33, 34, 36, 38, 43, 44, 48, 49, 63) ovvero ventotto sul totale dei sessantrè qui considerati. Tuttavia soltanto in quindici di questi le fonti menzionano il tipo di dono, mentre nei restanti tredici è solo ricordata l’occasione, che, nella genericità dell’informazione, non ci consente un ulteriore approfondimento. Si può, però, considerata la totalità del campione, indicare la isionomia del ricevente: egli è di solito esterno alle forze dell’impero, ma non ostile, anzi in trattative con esso. Il dono, infatti, accompagna una richiesta di rapporti politici oppure può conigurarsi come gratiicazione per il sostegno già accordato ed è quindi inscindibile dall’azione diplomatica, di cui è il coronamento simbolico.74 La diplomazia assurse, infatti, a un ruolo di primo piano per gli equilibri geo-politici del regno, non solo limitando le costose operazione belliche o accordando proicue tregue, ma anche promuovendo progetti matrimoniali, che, secondo D. M. Nicol, rispondevano al disegno di imparentare alcune tra le più potenti famiglie europee.75 A contribuire, tuttavia, alla genericità tipologica del dono diplomatico non sono soltanto le fonti, ma anche la diicoltà, anzi l’impossibilità, di rintracciare, laddove esista una documentazione storica, l’oggetto stesso, quasi sempre irrimediabilmente perduto (o non identiicabile con uno di quelli sopravvissuti). Per tale motivo dobbiamo, quindi, solo aidarci alle scarse informazioni scritte (perlopiù resoconti) e cercare, ove possibile, un eventuale confronto o modello. Tra i “casi” di donativi spiccano, per la frequenza delle occasioni, le vesti e i tessuti: si tratta, infatti, di quella che A. Muthesius ha deinito giustamente la “Silken Diplomacy”.76 La ricchezza di Hosios Loukas in Focide, la discussa committenza del Codex Theodosianus (Sinai 204) del Monastero di S. Caterina sul Monte Sinai, l’improbabile legame dell’imperatore con la Stauroteca di Gaeta: Cormack 1986, p. 631 n. 17 e Guillou 1996, p. 23. Per il tessuto di Bamberga si veda nota 80. 72 Mich. Psello, Chron. i, 18 (ed. Impellizzeri 1984, i, pp. 28-31). 73 Su questo argomento si veda Le Goff 1996 (tr. pp. xvii-xxix). Cfr. Crostini 1996, pp. 72-80. 74 Sui doni diplomatici nel mondo bizantino, si rimanda, a Cormack 1992, Grabar 1997, Klein 2000, Cutler 2001, Schreiner 2004, Tinnefeld 2005 e Prinzing 2005. 75 Nicol 1988 (1990, pp. 67-68). 76 Muthesius 1992. «un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti 111 della tessitura unita alla facilità del trasporto contriCostantino VIII80 (53). Resta invece dubbio un tessubuisce, infatti, al loro difuso utilizzo; inoltre le sete to ricordato in Puglia (54) sia per l’ambiguità della di produzione imperiale recano segni indistinguibili fonte notarile («Basilio Costantino cosuto») che per e non riproducibili: prima di tutto il colore, porpora il contesto della menzione (il lascito testamentario di o comunque rosso, allusivo alla dignità del sovrano, un semplice diacono).81 Il tessuto, tuttavia, viene stie in secondo luogo l’iscrizione, che consente di datamato «solidi quinquaginta», circa nove-dieci volte il re ogni singolo oggetto che la reca ad regnum.77 Non costo di un prodotto di buona fattura, e potrebbe sono però, come si può immaginare, degli unicum, suggerire quindi una probabile provenienza costanpoiché lo stesso sistema di produzione prevedeva tinopolitana e imperiale.82 Durante le missioni in l’esecuzione di un prodotto standard, fabbricato nelOriente Basilio II ebbe modo di incontrare esponenti le botteghe imperiali oppure, su commissione, in dell’aristocrazia o della classe dirigente locale esterprivati laboratori di serikarioi, dove veniva sottopone alle forze dell’impero. Il più delle volte bisognava sto comunque a rigido controllo dell’autorità comconquistare la loro “iducia” non soltanto con le arpetente.78 Si spiegano così, dunque, la ripetitività dei mi e quindi con la sottomissione, ma anche con acmodelli e il ricorso a motivi d’una simbologia autocordi diplomatici: chi mostrava fedeltà o riconosceva esplicante: il soggetto dei leoni afrontati, ad esemimmediatamente l’autorità del sovrano era gratiicapio, ha precedenti classici sia negli antichi vasi greci to quindi con grandi favori, come vitalizi e concesche nei mosaici pavimentali romani con continuità sioni di privilegi, e con doni vari, sebbene piuttosto d’uso nell’arte islamica e allude inequivocabilmente standardizzati: cavalli, muli, cammelli (24, 36)83 e, all’autorità regia.79 Tale è il motivo presente, infatti, per quanto ci riguarda, vesti, che le fonti deiniscono in una seta oggi a Colonia, presso il Museo Diocesagenericamente “preziose”, “decorate” o “d’onore” no (Fig. 2), ma proveniente dalla tomba di sant’Eri(14, 16, 17, 24). Purtroppo delle numerose ambasciate berto († 1021), arcivescovo della medesima città, e bizantino-arabe di cui abbiamo attestazione nelle recante un’iscrizione formulare in cui sono menziofonti conosciamo in dettaglio molto poco e, in rari nati Basilio e Costantino, identiicati con Basilio II e casi, solo di generici scambi di doni.84 Tuttavia, in un 77 Muthesius 1992, pp. 240-246. A mo’ di esempio è suiciente ricordare il celebre contrattempo occorso alla dogana al vescovo Liutprando, che era stato accusato, al tempo della sua seconda ambasciata a Costantinopoli (968), di aver preso con sé delle vesti purpuree «ÎˆÏ˘fiÌÂÓ·», quindi non destinate all’esportazione: Liudpr. Crem., Relat. cc. 54-55 (ed. Chiesa 1998, pp. 211-212). 78 Muthesius 1992, pp. 246-248. Queste prescrizioni con le relative pene sono contenute nel Libro del Prefetto: Te \E·Ú¯ÈÎeÓ ‚È‚Ï›ÔÓ 1970, pp. 26-41, 150-168, 236-249. Cfr. Zoras 1931, pp. 165-182. 79 D’Adamo 1995 e Muthesius 1997, pp. 34-43. 80 Muthesius 1997, p. 181, nº M53: «\Ed B·ÛÈÏ›Ԣ Î(·d) KˆÓÛÙ·ÓÙ›ÓÔ˘ ÙáÓ ÊÈÏÔ¯Ú›ÛÙˆÓ ‰ÂÛÔÙáÓ». Il tessuto era stato donato all’arcivescovo da Ottone III e, secondo A. Muthesius, faceva probabilmente parte dei doni dei sovrani bizantini inviati in occasione del mancato matrimonio tra il precedente imperatore, Ottone II, e una delle iglie di Costantino VIII, Zoe o Teodora: Muthesius 1997, p. 37. Sul tessuto si vedano: D’Adamo 1995, pp. 472-473, nº 2 e Muthesius 1997, pp. 3536; 40, n. 13-14; 181, nº M53. Altri tessuti recano i nomi di Basilio e Costantino: uno frammentario, il cosiddetto tessuto di Crefeld-BerlinDüsseldorf, la cui iscrizione è però stata dipinta alla ine dell’ottocento – e i due sovrani invertiti nell’ordine, prima Costantino e poi Basilio – (Muthesius 1997, pp. 35-36; 181-183, nº M54); l’altro, oggi perduto, ma un tempo conservato nell’abbazia di Saint-Arnoul a Crépy-en-Valois, è stato ricondotto dalla Muthesius, su base congetturale, al regno (869) di Basilio I e suo iglio Costantino (Muthesius 1997, pp. 36-37); tuttavia, data l’impossibilità di un esame autoptico dell’oggetto, ogni ipotesi è indimostrabile. Inine, non consideriamo qui nel novero della «Silken Diplomacy» di Basilio II il celebre tessuto di Bamberga, che era stato attribuito a tale imperatore da A. Grabar e con lui da numerosi altri studiosi, e posto in relazione con la vittoria sui Bulgari del 1018: Grabar 1956. Cfr. Stephenson 2003a, pp. 62-65. Recentemente, infatti, G. Prinzing ha anticipato di quasi quarant’anni il movente sto- rico dell’iconograia, individuandolo nel trionfo celebrato sui Russi e sui Bulgari da Giovanni Zimisce nel 971: Prinzing 1993. L’opinione dello studioso tedesco è stata accettata, tra gli altri, da Stephenson e ribadita dallo stesso Prinzing, in seguito al dibattito innescato dal suo precedente articolo: Stephenson 2003a, pp. 62-65 e Prinzing 2007. 81 Nitti 1900, p. 83, doc. 42 (Bari, 1065). 82 Nitti 1900, p. 83. Cfr. Ditchifield 2007, p. 449. 83 Si cita a mo’ di esempio la più documentata ambasciata bizantina di Costantino IX Monomaco al califo Al-Mustansir bi-Allah, ricca di enormi doni, quantiicati in moneta sonante, ma anche in «a hundred ifty beautiful she-mules (al-baghlat al mustahsanah) and selected horses, each of them covered with a brocade saddle cloth (jilal); [these were] followed by ifth mules carrying ifty pairs of boxes, covered with ifty pieces of silk thin brocade (sundusiyyah ibrisam). All were led by two hundred Muslim prisoners of war who had been in captivity. Among the contents of the boxes were a hundred gold vessels of various kinds inlaid with enamel [champlevé] (mujrah bi al-mina); a thousand pieces of diferent kinds of brocade (sundus), red Byzantine (Rumi) girdles (manatiq) bordered (mu’allamah) with gold; high turbans (‘ama’im murtai‘ah) of a [ine and resistant] fabric (tali) embroidered (mutarrazah) with gold [threads]; drapes (sutur) and brocade bandanas (manadil) in which clothes are wrapped» [Kitab al-Dhakha’ir wa al-Tuhaf, 82 (tr. al-¢ijjawi al-Qaddumi 1996, pp. 108-109)]. Cfr. Hamidullah 1960, p. 288 nº 8. 84 Sui rapporti bizantino-arabi si vedano, tra gli altri, Canard 1961, Kennedy 1992 e Holmes 2005, pp. 241-242, 299-391 (con bibliograia). Accanto alle ambasciate bizantine sono attestate anche quelle arabe, di cui alcune con donativi non speciicati agli imperatori; ad esempio, Regesten 2003, pp. 208, nº 798d; 209, nº 798f. Nell’espressione generica della fonte, poteva essere compreso, tra i doni oferti dalla corte araba a Basilio II, il noto bricco di cristallo del Tesoro di S. Marco a Venezia, che presenta sulla spalla un’iscrizione cuica in cui è ricordato il califo 112 lorenzo riccardi Fig. 2. Colonia, Erzbischöliches Diözesanmuseum, tessuto proveniente dalla tomba di sant’Eriberto (part.). solo caso (10), una fonte araba menziona, tra altri «preziosi, oltremodo pregevoli» donativi, un oggetto molto singolare, che di certo colpì particolarmente il cronista, tanto da darne una descrizione abbastanza accurata: si tratta, infatti, di una cassettina contenente una pietra di media grandezza, di color polvere e di forma triangolare, che dava guarigione in casi di idropisia, se messa a contatto con una persona malata.85 La taumaturgica cassettina appartiene a quella tipologia di oggetto prezioso, che per le sue ridotte dimensioni, l’eicacia del lusso e l’importanza del contenuto, è particolarmente adatto allo scambio diplomatico. Ne abbiamo, infatti, altre attestazioni, legate questa volta, non al potere guaritore della pietra, ma a quello soteriologico della reliquia. Le lipsanoteche, infatti, entrano a buon diritto nella pratica diplomatica, soprattutto se colui che le di- spensa, come nel caso dell’imperatore in Oriente, è anche l’unico a poterne disporre liberamente, in qualità di maître dei sacri resti di Cristo e dei Santi.86 Egli impone allo straniero o al proprio suddito la propria autorità, non limitata unicamente alle cose terrene, ma competente nell’amministrare anche quelle celesti: il reliquiario toccato dalle mani del sovrano è infatti doppiamente pregnante, da un lato l’imperatore garantisce l’autenticità dei resti, dall’altro «toucher la relique, c’est, pour l’empereur toucher le basileus céleste. Au basileus céleste, correspond le premier geste et le premier objet, la relique, au basileus terrestre, le second geste, le reliquaire. L’empereur est l’intermédiaire par le quel il faut passer pour atteindre la relique, tout comme le reliquaire impérial doit être vu avant de voir la relique».87 Le fonti attestano cinque “casi” di reliquie donate (1, 4, al-‘Aziz: “La benedizione di Dio sull’imam al-‘Aziz bi-Allah” (sul bricco: D. Alcouffe, in Il Tesoro di San Marco 1986, pp. 224-229). help of Allah the Exalted, would recover». Cfr. Hamidullah 1960, p. 291 nº 16 e Regesten 2003, p. 187 nº 777c. Sull’efetto beneico e taumaturgico delle pietre preziose e, di conseguenza, sulla positiva considerazione che di esse avevano gli uomini antichi e medievali si veda, da ultimo, Koutrakou 2005, pp. 266-271. 86 Sul rapporto imperatore-reliquia si vedano almeno: Kalavrezou 1997, Mergiali-Sahas 2001 e Lerou 2005. 87 Lerou 2005, p. 169. 85 Kitab al-Dhakha’ir wa al-Tuhaf, 101 (tr. al-¢ijjawi al-Qaddumi 1996, p. 218): «Among them was a small casket (safat sa#ir), in which there was a medium-sized stone of dusty color and triangular shape, which was useful for the disease of dropsy. It would be placed on the person who sufered from this disease, and he [the patient], with the «un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti 113 30, 33, 34) e per due di esse anche il tipo di contenitore of life-giving blood, mounted with gold and pearls, utilizzato (1, 4). Particolarmente dettagliata e signiiwhich the Lord had given through the holy and blescativa per via dell’autorità documentaria è la descrised patriarch, the archbishop Lord Dawit|, and zione che abbiamo del «ÎÈ‚ÒÙÈÔÓ», oferto da Basilio which is still called the Holy Cross of Aparank‘».92 II e Costantino VIII al monastero della Grande Lavra Senza dubbio il reliquiario, di cui si fa menzione in (1), fondato da Atanasio l’Athonita con il sostegno di questo passo, è quello donato da Basilio II93 e presenNiceforo Foca nel 962-963. La notizia di tale dono è ta caratteristiche simili rispetto a quello dell’Athos, infatti riportata in un crisobollo dei due imperatori ovvero oro e perle (ma presumibilmente da intendatato al 978, con il quale venivano conferiti al cenodersi anche con pietre preziose). Un confronto bio privilegi economici (come dieci talenti d’argento necessariamente arbitrario, ma utile per poter imper anno, prelevati dal tesoro imperiale) e un cofamaginare il tipo di lipsanoteca descritto, può essere netto ricoperto da ili d’oro e fregiato di pietre preistituito con la Stauroteca oggi nel Tesoro di San ziose contenente le teste dei santi Michele di Synada Marco (santuario 75), datato alla ine del x-inizio xi ed Eustratio e un braccio di san Giovanni Crisostosecolo.94 Sebbene, infatti, il prezioso oggetto venemo.88 L’altro “caso” è invece documentato in Armeziano presenti una decorazione molto ricca e non linia (4): il poeta Grigor Narekac’i racconta infatti che mitata unicamente all’uso di oro e pietre preziose, è nel 983 Basilio II donò alla chiesa di Aparank’, grazie ipotizzabile che nella descrizione compendiaria della alla mediazione di un nobile locale, un frammento fonte armena fosse sempliicato di molto l’aspetto della Vera Croce con altre reliquie della Passione di della lipsanoteca e si preferisse porre l’accento sul Cristo (frammenti della spugna, della corona di spivalore dei materiali costituenti; d’altronde il genere ne, dei chiodi e anche di un panno in cui fu avvolto di fonte che ne parla non prevedeva una vera e proalla nascita).89 Alla ine dell’xi secolo la “Croce” di pria ekphrasis, bensì una notazione quasi venale, coAparank’ fu trasferita, per motivi di sicurezza, ad me se si trattasse quindi di un pezzo da inventariaAłt‘amar, nella chiesa della Santa Croce,90 dove enre.95 Si può ipotizzare inoltre che anche negli altri tre trò a far parte del tesoro.91 Ed è proprio in un elen“casi” la reliquia donata fosse custodita in un conteco-inventario dei beni posseduti dalla chiesa, che abnitore di squisita fattura, d’altronde era destinata a biamo la descrizione del prezioso oggetto: «also the importanti personalità del vicino occidente (Giovansign of the Lord’s cross, on which there was a drop ni, il iglio del doge Pietro Orseolo,96 33, e l’impera88 Actes de Lavra 1970, p. 114: «àÊÔÛÈÔ‡ÌÂı· íÓ ¯Ú˘ÛfiÏÂÎÙÔÓ ÏÈıÔÎfiÏÏËÙÔÓ ÎÈ‚ÒÙÈÔÓ ÌÂÙa ÙáÓ âÓ ·éÙá [sic] ı›ˆÓ ÙÚÈáÓ ıËÛ·˘ÚáÓ, zÓ ì ÌbÓ Î·ı’ëοÛÙËÓ Í¤Óˆ˜ ı·˘Ì·ÙÔ˘ÚÁe˜ ı›· οڷ ÙÔÜ âÓ îÂÚ¿Ú¯·È˜ ·å‰ÂÛÈ̈ٿÙÔ˘ êÁ›Ô˘ Mȯ·cÏ ÙÔÜ âÓ ™˘Ó¿‰ÔȘ ÌËÙÚÔfiÏÂÈ Ùɘ ºÚ˘Á›·˜, ì ‰b ÙÔÜ âÓ Ì¿ÚÙ˘ÛÈ ÂÚȂϤÙÔ˘ êÁ›Ô˘ EéÛÙÚ·Ù›Ô˘ ÙÔÜ ñbÚ XÚÈÛÙÔÜ ÙÔÜ àÏËıÈÓÔÜ £ÂÔÜ Ì·ÚÙ˘Ú‹Û·ÓÙÔ˜, Ùe ‰¤ Á ÙÚ›ÙÔÓ ï ıÂÖÔ˜ ‚Ú·¯›ˆÓ âÓ ‰¤ÚÌ·ÙÈ ÙÔÜ ÌÂÁ·ÏÔʈÓÔÙ¿ÙÔ˘ ηd ¯Ú˘ÛËÏÏ¿ÙÔ˘ Ùɘ ÌÂÙ·ÓÔ›·˜ ΋ڢÎÔ˜ êÁ›Ô˘ \Iˆ¿ÓÓÔ˘ ÙÔÜ XÚ˘ÛÔÚÚ‹ÌÔÓÔ˜». Cfr. Regesten 2003, p. 164 nº 760. Il termine «¯Ú˘ÛfiÏÂÎÙÔÓ», letteralmente «intessuto di ili d’oro», potrebbe forse indicare una decorazione a “iligrana”, simile a quella che orna il trittico-stauroteca della Vera Croce e il piatto di un Evangeliario con Cristo benedicente, entrambi conservati alla Grande Lavra dell’Athos e datati all’xi secolo: Grabar 1969, pp. 105-110 e igg. 15-19 e Durand 2009, pp. 46-47. Per la forma del reliquiario si può forse guardare al fol. 207v dello Skylitzes madrileno, in cui sono raigurate delle cassettine contenenti delle reliquie donate a Costantino Dalasseno: Tsamakda 2002, tav. 492. 89 L’episodio è attentamente studiato da Mahé 1991, p. 570. 90 Oggi della reliquia non si hanno più notizie: Thierry 1973-1974, pp. 212-218 e Thierry 1989, p. 424. 91 Tutti i preziosi tesori della chiesa della Santa Croce di Ałt‘amar erano tenuti in custodia da una nobile e pia donna, Maria, iglia del duca d’Oriente, e sposa di Abdelmesh, re della regione ino alla morte, nel 1121. Maria muore invece due anni più tardi, nel 1123: Collection d’Historiens arméniens 1874, p. 256 n. 1. 92 History of the House of Artsruik’ 1985, pp. 373-374 (tr. fr., Collection d’Historiens arméniens 1874, p. 251). 93 Il ruolo complementare della reliquia e della sua teca pare in- fatti suggerire che entrambe abbiano avuto una medesima sorte, altrimenti ne avremmo avuto una menzione, pur en passant, nelle dettagliate fonti del tempo. Cfr. Lerou 2005, p. 169. 94 J. C. Anderson, in Glory of Byzantium 1996, pp. 78-79, nº 37, ig. 37. 95 La descrizione più accurata del crisobollo e quella più sempliicata della fonte armena rispondono comunque a una tipologia “letteraria” piuttosto comune anche in Occidente. Ad esempio, Thangmar nella Vita Bernwardi, riferisce che lo stesso vescovo approntò «thecam auro gemmisque lautissimam» per una reliquia della Vera Croce donatagli dall’imperatore Ottone III: Thangmar, Vita Bernwardi Episcopi Hildesheimensis in Monumenta Historica Germaniae, SS. 4, 1841, p. 762. Cfr. Klein 2000, p. 294. 96 Cfr. Regesten 2003, p. 205 nº 794. Nel 1004 vennero celebrate a Costantinopoli le nozze tra Giovanni Orseolo, iglio del doge Pietro, e di Maria, della nobile famiglia degli Argiri – per la quale si veda Vannier 1975, pp. 43-44 –. Il progetto, secondo quanto racconta lo storico veneziano Giovani Diacono, rispondeva direttamente alla volontà di Basilio II: «hoc quoque tempore Petrus famusus dux, sedula petitione a Vasylio et Constantino imperatoribus coactus, Iohannem ducem, sua dilectam prolem, ad regiam urbem causa coniugii delegavit» (Cronache veneziane antichissime 1890, pp. 167-168). Durante la cerimonia i due sovrani bizantini imposero sulla testa degli sposi «aureas diademas» (Cronache veneziane antichissime 1890, p. 168), mentre una grande festa di tre giorni fu tenuta nel palazzo «Yconomium» (Cronache veneziane antichissime 1890, p. 168), che Giovanni ricevette in dote forse dalla famiglia della sposa. Dopo il conferimento della carica di patrizio a quest’ultimo e di ricchi doni al fratello Ottone, i due sposi, poco prima di imbarcarsi, secondo quanto riferisce Andrea Dandolo, 114 lorenzo riccardi Fig. 3. Milano, S. Ambrogio: il serpente bronzeo donato al vescovo Arnolfo. tore Enrico II,97 30). Invece nell’ultimo “caso”, relativo all’encolpion oferto da Basilio II al re Stefano d’Ungheria (34), la notizia è piuttosto tarda e sicuramente poco aidabile.98 Pare in controtendenza il ebbero un ultimo e prezioso donativo: le sacre reliquie di santa Barbara concesse dai sovrani «suplicanti nepti» – Andr. Dand., Chron. (ed. Pastorello 1938-1939, p. 202) –, che furono deposte a Venezia dapprima nella cappella ducale [Andr. Dand., Chron. (ed. Pastorello 1938-1939, p. 202)] e poi trasferite a Torcello, nella chiesa di San Giovanni, su richiesta dell’abbadessa Felicita, iglia anch’essa del doge Pietro [Andr. Dand., Chron. (ed. Pastorello 1938-1939, p. 203)]. Stefano di Novgord, viaggiatore russo della metà del xiv secolo, riferisce però che la testa della Santa era conservata nell’omonima chiesa, vicina a quella di S. Stefano delle Mangane, nella prima regione di Costantinopoli – Majesca 1984, pp. 44-45, 387 –, mentre in una descrizione della città, tradotta in latino per un pellegrino inglese e comunque redatta non prima del 1063, le reliquie erano conservate nel monastero di Santa Barbara nel quartiere delle Blacherne, Cigaar 1976, p. 260. Più che di fonti contraddittorie si tratta qui, molto probabilmente, di quella pratica esemplare di smembramento dei sacri resti. 97 La reliquia fu donata da legati bizantini in occasione dell’incoronazione, il 7 giugno 1002, a Enrico II, il quale a sua volta la ofrì nel 1023 al monastero di Cambrai: «…reliquias sancti Andreae, apertis capellae suae (scilicet Enrico II) scrinis os proferens de corpore sancti ipsius apostoli, quod sibi Constantinopolitanum imperatorem (scilicet Basilio II) protestatus est olim contulisse» (Chronicon S. Andreae, in Monumenta Germaniae Historica, ss vii, 1846, p. 530). Si vedano su tale dono Ohnsorge 1958 e, più recentemente, Schreiner 2004, p. 275 nº 22 e Tinnefeld 2005, pp. 129-130. 98 Acta Sanctorum Novembris, ii/1, 1894, p. 484: «Inde refert inter alia Emericum cum Boleslao venationi vacasse, eidem autore fuisse, ut monasterium Sanctae Crucis in Monte Calvo conderet; illi autem monasterio donasse crucem bifurcatam, portionem natabilem domi- caso delle reliquie delle sante Agata e Lucia (57), poiché, secondo quanto riferisce lo storico veneziano Andrea Dandolo, giunsero a Costantinopoli sotto il regno dei due sovrani, prendendo poi altre vie dopo il sacco del 1204.99 I sacri resti di sant’Agata furono probabilmente deposti nella chiesa che già dal ix secolo era stata eretta a suo nome, tuttavia non sappiamo se in tale occasione l’ediicio fu interessato da interventi di restauro o ripristino.100 Rimanendo in ambito religioso, sono inoltre attestati nelle fonti altri tre oggetti unici che l’imperatore donò extra imperium durante il suo regno: un’icona a Napoli (23), un serpente bronzeo, tuttora esistente (Fig. 3), a Milano (26) e inine un rilievo ligneo raigurante la Deposizione di Cristo dalla Croce in Armenia (63). Ottone III aveva inviato Arnolfo, arcivescovo di Milano, a Costantinopoli con lo scopo di riuscire a fargli avere in moglie una delle iglie di Costantino VIII.101 Al ritorno dalla missione diplomatica il prelato portò con sé molti donativi («multis et magnis donis ex auro et gemmis»),102 tra cui, come è stato supposto, un’immagine della Blacherniotissa – che fece ricopiare nel suo libro di preghiere103 (Fig. 4) – e una reliquia di straordinario valore: il serpente bronzeo di Mosè («serpentem aeneum quem Moyses in deserto divino imperio admonitus coram nici ligni cotinentem, modico argento obductam, parenti suo Stephano Hungarorum regi a Graecorum Caesare ex Constantinopoli pro magno munere transmissam, quam vir Dei (= Emericus, G.P.) in pectore ex patris largitione gestare consueverat». Cfr. Prinzing 2005, p. 151 e n. 36. 99 Andr. Dand., Chron. (ed. Pastorello 1938-1939, p. 280): «Inventis similiter corporibus sanctarum Agathe et Lucie virginis, que Baxilius et Constantinus augusti de Sicilia deferri Contantinopolim fecerant, dux, optentum corpus sancte Lucie Veneciam in monasterium sancti Georgii mandavit, quod in ecclesia eius nomini dedicata ripositum est, corpus vero beate Agathe quibusdam Siculis peregrinis concessum est». La cronaca di Leone Marsicano, scritta alla ine dell’xi secolo, ricorda invece che le reliquie di santa Lucia furono traslate a Costantinopoli «in argentea theca» da Giorgio Maniace dopo la conquista di Siracusa nel 1040: Chr. Monast. Casinensis ii, 66 (ed. Hoffmann 1980, p. 298). 100 La chiesa di S. Agata doveva comunque avere un certo rilievo tra i fedeli per il miracolo dell’ebollizione dell’olio contenuto in alcune lampade che si ripeteva ogni anno nel giorno della festa, il 5 febbraio: Janin 1969, pp. 6-7. 101 Land., Hist. 18 (ed. Bethmann, Wattenbach 1846, p. 55). 102 Land., Hist. 18 (ed. Bethmann, Wattenbach 1846, p. 56). 103 La miniatura a piena pagina (fol. 102v) appartiene al codice appartenuto all’Arcivescovo conservato presso la British Library di Londra con la segnatura ms. Egerton 3763: Turner 1960 e British Library Catalogue 2000, i, nº Eg. 3760 (con bibliograia precedente). Sulla difusione della cultura bizantina in Lombardia intorno all’anno Mille, legata forse al viaggio costantinopolitano di Arnolfo, si veda Tasso 2000, pp. 38-39. «un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti 115 iliis Israel exaltaverant»).104 L’opera, «un superbo esempio di toreutica ellenistica»,105 fu deposta dallo stesso Arnolfo nella navata centrale del Sant’Ambrogio a Milano («veniens in ecclesia Sancti Ambrosii»),106 come pendant a una croce bronzea. Entrambe furono sollevate su due colonne, in una dimensione dalla forte pregnanza simbolica, e rimasero a lungo emblemi della chiesa, come testimonia infatti una miniatura di ine Trecento.107 La fonte latina suggerisce che il serpente bronzeo non fosse stato realizzato per l’occasione, ma fosse conservato a palazzo e di lì donato ad Arnolfo alla stregua di una reliquia (come tale efettivamente era). Raggiunto l’accordo, Zoe (o Teodora) si imbarcò per l’Italia, ma quando raggiunse la Puglia, nel gennaio 1002, apprese la notizia che il futuro marito era nel frattempo morto e quindi ritornò a Costantinopoli, forse con i doni che erano stati per l’occasione predisposti dalla corte bizantina (29).108 Il “caso” napoletano è invece più problematico dal momento che la fonte è piuttosto tarda e l’attribuzione a Basilio II è ricostruita in via congetturale.109 L’imperatore avrebbe infatti donato all’arcivescovo di Napoli, Sergio I, tra il 999 e il 1003, un’icona circolare di dimensioni gigantesche raigurante il volto del Salvatore110 (Fig. 5), alla quale potrebbe forse richiamarsi quella ancora oggi incastonata nell’abside di Santa Restituta.111 Del rilievo ligneo raigurate la Deposizione di Cristo dalla Croce sappiamo che fu donato da Basilio II agli armeni e deposto dapprima da Gregorio Magistros Fig. 4. Londra, British Library, ms. Egerton 3763 nella chiesa di Havuts T’ar (eretta allo scopo nel (Libro delle Preghiere di Arnolfo), fol. 102v: Vergine orante. 1044) e poi trasferito in quella di Etchmiadzin.112 bulgari guidati da Samuele. L’imperatore infatti inMerita un paragrafo a parte la visita di Basilio II traprese un vero e proprio tour trionfale nei Balcani ad Atene dopo la vittoria riportata nel 1018 contro i 104 Land., Hist. 18 (ed. Bethmann, Wattenbach 1846, p. 56). 105 Bertelli 1987. Carlo Bertelli si è detto stupito che il dono fosse destinato ad Arnolfo ed ha supposto che esso fosse riservato a qualcuno che maggiormente premeva alla corte, insieme agli altri donativi che egli aveva portato con sé da Costantinopoli: C. Bertelli, in Il millennio ambrosiano 1988, p. 8. Sul serpente si veda anche Di Giovanni 1966. 106 Land., Hist. 18 (ed. Bethmann, Wattenbach 1846, p. 56). 107 Si tratta del fol. 6v del messale di Gian Galeazzo Visconti (Milano, Archivio di Sant’Ambrogio, ms. 6), donato il giorno della sua incoronazione, nel 1395, alla basilica di sant’Ambrogio. Cfr. Toesca 1987, ig. 276 e Bertelli 1987, p. 87. La venerazione riservata dai milanesi a questa preziosa reliquia, eccetto da quelli che la consideravano come un frammento proveniente da un tempio di Esculapio, è attestata nella dotta opera di un prefetto della biblioteca di S. Ambrogio vissuto nel xvii secolo: Bosca 1675. 108 Alcuni studiosi hanno supposto invece che qualche donativo sia potuto rimanere in Occidente, come il tessuto di Colonia (cfr. nota 80), ma tale ipotesi, priva di qualsiasi fondamento storico, non pare del tutto convincente. Tra i doni approntati per il sovrano ottoniano, come già ricordato, Robin Cormack ha annoverato anche il Salterio di Venezia (cfr. nota 69). Sul mancato matrimonio si vedano, tra gli altri, Lounghis 1980, pp. 221-223 e Wolf 1991. 109 La perduta icona napoletana donata forse da Basilio II non è mai stata oggetto di uno studio approfondito e soltanto di recente è tornata all’attenzione degli storici dell’arte dopo le segnalazioni di Leone de Castris 2002, p. 114 e Marchionibus 2005, pp. 123-124 n. 12. 110 D’Engenio Caracciolo 1624, pp. 314-315: «in sanctum Vultum e sancto Salvatore […] Questa igura del Salvatore stà oggi sopra la tavola dell’altar maggiore, & è di pittura greca». Al trasporto della sacra immagine è anche legato un miracolo, poiché coloro che stavano trasportando l’icona all’Arcivescovato, cui era destinata, si fermarono per una sosta al monastero dei SS. Marcellino e Pietro, ma quando cercarono di risollevarla da dove l’avevano poggiata non riuscirono nell’impresa: l’icona aveva infatti scelto il suo luogo. 111 La decorazione absidale di S. Restituta è di norma datata agli inizi del xii secolo: Leone de Castris 2002, p. 115. 112 Archbishop Garagin Hovsep’ian 1937, pp. 2-8, 36, ig. 17 (non mi è stato possibile consultare il testo) e Der Nersessian 1946, p. 74 e n. 29 (rist. in Der Nersessian 1973, p. 410 e n. 29). 116 lorenzo riccardi Fig. 5. Napoli, duomo, S. Restituta, abside: tavola lignea con il volto del Salvatore. tra le acclamazioni, i canti e i plausi di tutto il popolo.113 Da Ocrida, dove aveva ricevuto l’omaggio di Maria, vedova di Giovanni Vladislav, e dei membri 113 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 41 (ed. Thurn 1973, p. 358; tr. Flusin 2003, p. 299). 114 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 41 (ed. Thurn 1973, p. 359; tr. Flusin 2003, p. 299). 115 Sulla visita di Basilio II ad Atene si vedano Schlumberger 1900, pp. 398-401 e, più recentemente, Kaldellis 2009, pp. 81-91. 116 Di Branco 2005, pp. 80-82. Su Atene nel periodo bizantino si vedano Setton 1975 e i più recenti contributi di Di Branco 2006 e Di Branco 2007. 117 Sul Partenone trasformato in chiesa Janin 1975, pp. 316-320 e, da ultimo, Ousterhout 2005, Di Branco 2008 e Kaldellis 2009. 118 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 43 (ed. Thurn 1973, p. 364; tr. Flusin 2003, p. 303): «âÓ \Aı‹Ó·È˜ ‰b ÁÂÓfiÌÂÓÔ˜, ηd Ù” ıÂÔÙfiÎÅ Ùa Ùɘ ӛ΢ Â鯷ÚÈÛÙ‹ÚÈ· ‰Ôf˜ ηd àÓ·ı‹Ì·ÛÈ Ï·ÌÚÔÖ˜ ηd ÔÏ˘ÙÂϤÛÈ ÎÔÛÌ‹Û·˜ ÙeÓ Ó·fiÓ». Tutte le altre fonti bizantine si rifanno a Skylitzes: Di Branco 2005, p. 82 n. 87. Parte dei doni potevano forse provenire dal ricco tesoro di Samuele ritrovato da Basilio II mentre era di stanza a Ocrida: «¯Ú‹Ì·Ù· ÔÏÏa ηd ÛÙ¤ÌÌ·Ù· âÎ Ì·ÚÁ¿ÚˆÓ ηd ¯Ú˘ÛÔ¸ÊÂÖ˜ âÛıÉÙ·˜ ηd ¯Ú˘ÛÔÜ âÈÛ‹ÌÔ˘ ÎÂÓÙËÓ¿ÚÈ· ëηÙfiÓ» [Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 41 (ed. Thurn 1973, p. 359; tr. Flusin 2003, p. 299)]. Il tesoro fu distribuito, come riferisce lo stesso Skylitzes, «±ÙÈÓ· ¿ÓÙ·» [Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 41 (ed. Thurn 1973, p. 359; tr. Flusin 2003, p. 299)] ai suoi soldati come paga; tuttavia, quasi sicuramente, parte di esso restò nelle mani dell’imperatore, soprattutto quei pezzi che per la loro speciicità potevano essere destinati unicamente alla corte imperiale. Sembra inoltre improbabile che Basilio non si fosse riservato alcuna parte del bottino per ostentare la vittoria sui bulgari nel trionfo costantinopolitano [Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 43 (ed. Thurn 1973, pp. 364-5; tr. Flusin 2003, p. 303)]. 119 Tra i primi, Schlumberger ipotizzò che Basilio II si fosse fatto superstiti della famiglia,114 l’imperatore avrebbe potuto proseguire per Costantinopoli solcando la via Egnatia, ma preferì volgere a sud verso Atene. Ignoriamo i motivi che spinsero Basilio a visitare una città che non ospitava un imperatore dalla metà del vii secolo,115 ma è presumibile che egli volesse rendere omaggio alla chiesa della Theotokos sull’Acropoli, che in quegli anni stava diventando meta di pellegrinaggi sempre più frequenti.116 E proprio al tempio mariano installatosi nel Partenone,117 Basilio, come riferisce Skylitzes, elargì splendidi e ricchi doni (43).118 Purtroppo non sappiamo in cosa consistesse l’oferta dell’imperatore, se si trattasse di un sovvenzionamento economico, come nel caso del monte Athos, o di arredi liturgici, come invece potrebbe suggerire l’uso del verbo «ÎÔṲ̂ˆ».119 Dei doni elargiti da Basilio, come è stato ipotizzato nel xix secolo,120 potevano forse far parte la colomba, simbolo dello Spirito Santo, che si librava in aria sull’altare121 e una lampada d’oro di luce eterna122 descritte alcuni secoli dopo come facenti parte dell’arredo liturgico della chiesa della Theotokos. Tornando a una dimensione profana, come il matrimonio, vanno ricordati i diademi («aureas diademas»), che gli imperatori posero sul capo del veneziano Giovanni e della nobile bizantina Anna in rappresentare nel tempio cristiano vittorioso sui soldati di Samuele (Schlumberger 1900, p. 404); mentre R. Janin pensò – «pure supposition évidemment», come egli stesso ammette – che le elargizioni imperiali avessero permesso una nuova decorazione del santuario e «la mise en place sans doute de la grande mosaïque de la Platytéra, reproduisant peut-être le type de l’icône vénérée» (Janin 1975, p. 318). Ancor prima Labord aveva supposto che il secondo strato delle pitture murali presenti potesse rimontare al tempo di Basilio II, precisamente al 1018, ma gli afreschi del nartece e dell’esonartece, allora appena visibili, sono stati considerati più di recente della seconda metà del xii secolo: Laborde 1847-1848, pp. 50-55 e Cutler 1993-1994. 120 Gregorovius 1889, p. 165, seguito poi da Schlumberger 1900, pp. 398-401. 121 Tale supposizione fu avanzata per primo da Lampros nel 1878: Lampros 1878, pp. 40-41. Lo studioso attribuisce infatti a Basilio II la colomba descritta da Niceta Coniata, vescovo della città dal 1182 al 1205, in un suo sermone indirizzato al megas doux Michele Stryphos intorno al 1202-1203: Mȯ·‹Ï \AÎÔÌÈÓ¿ÙÔ˘ ÙÔÜ XˆÓÈ¿ÙÔ˘ Ta ÛˆÍfiÌÂÓ· 1879, p. 325. Cfr. per la traduzione inglese: Kaldellis 2009, p. 155. La colomba era forse un automa, un oggetto raro che, se non fu dono di Basilio II, fu oferto sicuramente da un alto membro della corte costantinopolitana o dall’imperatore stesso. Sugli automata: Iacobini 1991a e Trilling 1997. 122 Un pellegrino, visitando la città greca tra il 1102 e il 1103, vide nella chiesa del Partenone una lampada che bruciava sempre olio: «in qua est oleum in lampade semper ardens, sed nunquam deiciens» (cit. in Gregorovius 1889, p. 214 e n. 1). Alla lampada si riferisce anche il metropolita di Atene Giorgio Tornikes alla metà del xii secolo: Georges et Demetrios Tornikes 1970, pp. 206-207. Cfr. Ousterhout 2005, p. 309. «un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti 117 occasione del loro matrimonio celebrato a Costantistruirla più grande e meglio fortiicata, in modo da nopoli (33)123 e la corona, che stando a una fonte renderla inaccessibile ad un eventuale attacco e immolto tarda e di incerta lettura, fu donata al principe prendibile con le armi»: d’altronde in queste terre si russo Vladimir quando prese in moglie la sorella di combatteva una guerra di “posizione” e si rendeva di Basilio II e Costantino VIII, Anna (7).124 fatto necessaria l’occupazione delle piazzeforti a diAccanto ai doni diplomatici, un sovrano, nelfesa delle campagne circonvicine.128 Simili per l’espletamento delle sue funzioni militari e amminiimportanza strategica e scopo dell’intervento, ma strative, non poteva certo considerare superlui molto distanti geograicamente, sono invece Theointerventi di restauro e di fortiicazione di città e dosiopolis (45)129 e Reggio Calabria (50).130 In encastra o ancora di fondazioni ex novo di centri risertrambi i “casi”, infatti, Basilio II restaurò le due città vati sia alle truppe che alla popolazione civile. A e provvide a renderle avamposto per le successive Basilio II, la cui fama è – come si è visto – squisitaspedizioni, rispettivamente, in Armenia e in Sicilia. I mente legata alle imprese belliche, si debbono diverlavori vennero aidati in Oriente a un nobile di si “casi”, tutti o quasi annoverabili durante lo svolgiNicomedia e in Italia al catepano, Basilio Boioannes. mento delle campagne militari o di riorganizzazione L’altro fronte caldo era quello balcanico, per il quale amministrativa del territorio, spesso non identiical’imperatore scelse tuttavia un basso proilo di milibili geograicamente o comunque non ricostruibili tarizzazione,131 pagato duramente dai suoi successosulla base delle evidenze archeologiche. Alle numeri, ancora meno interessati a contrarre spese così alte rose spedizioni in Asia Minore devono essere conper difendere queste regioni di frontiera.132 Più che nesse le rifortiicazioni della cittadella di Ibn Ibrahim al silenzio delle fonti si devono attribuire a un piano nella città di Ra|ban (2),125 di Antartus (18)126 e di Anprogrammatico i pochi casi di rilievo menzionati dei tiochia (39);127 il tipo di interventi previsto era volto, testi: la rifortiicazione di Bidine (oggi Vidin), nell’atcome scrive Yayha a proposito di Ra|ban, a «ricotuale Bulgaria (28),133 la costruzione di due fortezze 123 Cronache veneziane antichissime 1890, p. 168. Cfr. nota 96. 124 La lettera patriarcale, datata al 1560, in cui è menzionato l’invio di una corona a Kiev, come mi ha suggerito Vera Tchentsova – che qui ringrazio – ha grande importanza soprattutto nel processo di traslazione dell’autorità imperiale bizantina da Costantinopoli a Mosca dopo il 1453: cfr. L’idea di Roma a Mosca 1993. Inoltre Regel, a cui si deve la pubblicazione del documento alla ine dell’Ottocento, attribuì il dono a Basilio II e non a Costantino Monomaco, come sempre era stato creduto, proponendo una lettura congetturale del passo in esame piuttosto arbitraria e non ancora rivista, a quanto mi risulta, con l’ausilio delle moderne tecnologie, grazie alle quali si potrebbe leggere infatti al di sotto dell’abrasione che interessa il nome dell’imperatore. Se anche fosse corretta, inine, l’edizione di Regel, la notizia riportata è di circa cinquecento anni più tarda, davvero molto anche per chi, come il Patriarca di Costantinopli, dice di avere consultato fonti e persone degne di fede. Cfr. Analecta byzantino-russica 1891, pp. l-xcviii, 75-79 Regesten 2003, p. 182 nº 769i e Rossija i gre©eskij mir 2004, I, pp. 382-388. Per la data (1560) della lettera patriarcale si veda Fonki© 2003, pp. 373-376. Sul matrimonio della principessa Anna con Vladimir si veda Shepard 2003. 125 Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky, Vasiliev 1932, pp. 197198; tr. Pirone 1998, 10:100, p. 182). 126 Si tratta di una riediicazione molto veloce, compiuta in appena tre giorni e aidata a un presidio di soldati armeni: Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky, Vasiliev 1932, p. 235; tr. Pirone 1998, 11:19, p. 211). A tale fortezza sembra riferirsi anche Stefano di Taron, Hist. xxxv (tr. Macler 1917, p. 147). Molto probabilmente Antartus si deve identiicare con la Tortosa dei Crociati, sita tra Laodicea e Tripoli. 127 Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky 1997, p. 34; tr. Pirone 1998, 13:38, p. 281). Cfr. Regesten 2003, p. 212 nº 801d. Su Antiochia bizantina: Cheynet 2006. 128 Sulle vicende belliche e sulla situazione geopolitica in Asia Minore si rimanda a: Cheynet 2003, pp. 71-108 e Holmes 2005, pp. 299391, 448-461, 475-487 (con bibliograia). 129 Aristakes, Récit (tr. Canard, Berberian 1973, p. 11). Theodo- siopolis, in armeno Karin o Karnoy K|ałak|, in arabo Qâlîqalâ, corrisponde oggi a Erzerum. 130 Annales Barenses, in Monumenta Germaniae Historica, ss v, 1844, p. 53 e Amari 1880, p. 440. Cfr. Falkenhausen 1991, p. 268. Accanto al restauro delle fortiicazioni di Reggio Calabria e diversamente rispetto a quanto accade nella penisola balcanica, dove le motivazioni erano prettamente militari (vedi nota 131), in Italia meridionale durante il regno di Basilio II, grazie al controllo politico e amministrativo dei catepani, ma non è da escludere con la benedizione dell’imperatore, vengono fondate sempre ad opera di Boioannes, sul tratto meridionale della Via Appia, Mottola e Meli, mentre Troia, Dragonara, Civitate, Castel Fiorentino e Montecorvino sono predisposti come avamposti per la difesa contro le invasioni dal nord (Longobardi e Normanni): Falkenhausen 2003, pp. 148-9. 131 Basilio II, a diferenza di quanto faccia pensare il suo epiteto, condusse nei Balcani una politica «sensible und measured» (Stephenson 2000, p. 77) incoraggiando i matrimoni misti, lasciando presidi solo in alcuni centri fortiicati e smantellando invece gli altri. Sulle vicende militari e sulla politica di Basilio II in Bulgaria si vedano più recentemente Stephenson 2000, pp. 62-66, Stephenson 2003a, pp. 1131 e Holmes 2005, pp. 392-428, 487-502 e, soprattutto, Strässle 2006. 132 Holmes 2005, pp. 425-428. Basilio II, difatti, non procede a fortiicare nemmeno il corso del Danubio, che pure doveva costituire la linea privilegiata di difesa dell’impero nei Balcani, distinguendosi dunque dal suo predecessore Giovanni Zimisce, che aveva molto investito in tale progetto sia verso il iume che verso il lago di Prespa: Stephenson 2000, pp. 56-58. 133 Bidine (nell’odierna Bulgaria) fu assediata da Basilio II in persona per otto mesi e conquistata nel 1002 [Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 30 (ed. Thurn 1973, p. 346; tr. Flusin 2003, p. 289)], con l’intenzione di portare un attacco da retro al principe bulgaro Samuele, che intanto dilagava in Tracia, ino ad Adrianopoli (Ibid.). L’imperatore, che aveva scelto tale città come avamposto nel cuore dei Balcani, la fece fortiicare «Ì¿Ï· ηÏᘻ (Ibid.). Cfr. Stephenson 2000, p. 65, Madgearu 2001, pp. 78-80 e Strässle 2006, pp. 167-168. 118 lorenzo riccardi Fig. 6. La torre n. 1 delle mura teodosiane di Istanbul in una foto del 1870 ca. (da Meyer-Plath, Schneider 1943). a Bodena (40) e di altre due sulle montagne dietro il lago di Ocrida e quello di Prespa, che presero il nome di Basilis e Constantinis (41),134 toponomi che echeggiano i due imperatori, secondo una pratica piuttosto comune in età medievale.135 Soprattutto nel “caso” della fortezza di Bodena pare piuttosto probabile che le due costruzioni non fossero state erette per motivi militari, ma per necessità amministrative e “interne”, dal momento che sia durante le guerre greco-bulgare che negli anni successivi, la gente del luogo si sollevò diverse volte contro le autorità bizantine.136 Inine va ricordato il caso piuttosto enigmatico di Diabolis, ove Basilio fece erigere un «‚ÉÌ·» per accogliere i signori locali (42).137 Si tratta 134 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 41 (ed. Thurn 1973, p. 359; tr. Flusin 2003, pp. 299-300). L’ubicazione precisa ci è ignota: Kravari 1989, pp. 361, 371-372 e Strässle 2006, p. 231. Le due fortezze furono erette ex novo da Basilio II dopo il 1018 e dovevano essere di dimensioni tali da ospitare, molto probabilmente, solo guarnigioni militari, dal momento che il territorio circostante, compresi i grandi centri di Ocrida e Prespa, era stato demilitarizzato in seguito alla conquista del 1015-1018: Kravari 1989, pp. 357-361, 371-372. 135 Cfr. Musset 1978. 136 Basilio II fece costruire a Bodena (odierna Edessa) due fortezze, Kardia e Sant’Elia: Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 37 (ed. Thurn 1973, p. 352; tr. Flusin 2003, p. 294). «âÓ Ù† ̤ÛÅ Ùɘ ‰˘Û¯ˆÚ›·˜» (Ibid.), in questo posto diicile, l’imperatore dovette intervenire più volte per sedare gli animi degli abitanti, che infatti furono allontanati, in segui- to a sollevazioni, due volte in quindici anni, nel 1001 [Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 27 (ed. Thurn 1973, p. 345; tr. Flusin 2003, p. 288] e nel 1016 [Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 37 (ed. Thurn 1973, p. 352; tr. Flusin 2003, p. 294] e non è da escludere che anche in un momento di relativa tranquillità per il territorio circovicino, intorno al 1018, il sovrano fu costretto a ritornare per “mettervi ordine” a causa di nuove diicoltà con la gente del luogo [Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 40 (ed. Thurn 1973, p. 356; tr. Flusin 2003, pp. 297-298]. Ovviamente non possono essere disconosciute né la posizione di Bodena sulla Via Egnatia, e quindi di grande importanza per gli equilibri geopolitici dell’area, né la totale certezza della cronologia di Skylitzes. Cfr. Kravari 1989, pp. 68-70 e Strässle 2006, p. 231. 137 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 41 (ed. Thurn 1973, p. 360; tr. Flusin 2003, p. 300). «un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti 119 Fig. 7. Fac-simile dell’iscrizione menzionante gli imperatori Basilio II e Costantino VIII dalla torre n. 36 delle mura teodosiane di Istanbul (da Meyer-Plath, Schneider 1943). forse di una struttura eimera, legata al cerimoniale della nomina di costoro al rango di «Ì¿ÁÈÛÙÚÔ˜» e di «·ÙÚ›ÎÈÔ˜». Venendo dunque a contesti privi dell’emergenza militare, l’oeuvre di Basilio II consta di diversi altri casi, che potremmo, tipologicamente, distinguere in interventi per: a) pubblica utilità; b) ediici religiosi. Al punto a) possono essere infatti ricondotte le iniziative a sostegno dei poveri, come testimonia l’encomio di Leone Diacono, ossia l’erezione di un ospizio per i bisognosi e di un orfanotroio (9);138 il restauro dell’acquedotto di Valente (compresa la costruzione a Karacaköy, in Tracia) e, inine, il consolidamento o la ricostruzione delle porte, delle torri e dei tratti di mura terrestri e marittime che difendevano la capitale dell’impero, Costantinopoli. Riguardo a quest’ultimi, gli interventi sono documentati da iscrizioni ricondotte agli imperatori Basilio II e Costantino VIII solo per via della menzione dei loro nomi: le epigrai infatti, come nel caso dei tessuti, presentano una formula convenzionale e sono prive di indicazioni cronologiche. Soltanto in un caso, ove peraltro l’unico sovrano menzionato è Basilio, l’iscrizione assume la struttura di un piccolo componimento poetico in trimetri giambici. C. Foss ha però retrodatato tutte queste attestazioni epigraiche a circa un secolo addietro, attribuendo i restauri ivi celebrati a Basilio I e suo iglio Costantino, ma l’ipotesi non pare del tutto convincente.139 Delle mura teodosiane140 i sovrani Basilio II e Costantino VIII restaurarono due torri: la prima (12), nella numerazione corrente, è la numero 1, in riva al Mar di Marmara, pentagonale a tre piani, di cui l’ultimo esagonale141 (Fig. 6), e la seconda (13) è la numero 36 (Fig. 7) presso la porta della Zoodochos Pege (oggi Silivrikapı).142 Il restauro di entrambe viene di norma ricondotto ai danni provocati dal terremoto del 989 e nel caso della torre numero 1 il riferimento cronologico alla ine del ix secolo, proposto da Foss, sembra oggi ancora meno probabile, dal momento che, come ha giustamente indicato H. Maguire, in un poema incompiuto di Giovanni Geometra143 – malgrado non siano menzionati i due imperatori – si alluderebbe a un recente restauro o completamento, in seguito ad un evento calamitoso (un terremoto?), di una torre, che è stata correttamente identiicata con quella terrestre sul Mar di Marmara.144 Altre due iscrizioni attestano interventi sulle torri e forse sulle mura corrispondenti del tratto marittimo145 presso la prima porta ad ovest di Ahirkapı (55), 138 ™ YKOYTPH™ 1932, pp. 428-429. La descrizione lunga e accurata dei due ediici assistenziali, come ha notato lo stesso Sykutres, potrebbe suggerire che il caritatevole gesto di Basilio II fosse piuttosto recente e che avesse provocato – oppure che l’imperatore volesse sollevare – una grande impressione nei suoi contemporanei: ™ YKOYTPH™ 1932, pp. 428-429, 433. 139 Foss 1984, pp. 78-80. Il regno congiunto di Basilio I e del iglio maggiore Costantino durò appena un anno (868), prima che il fondatore della dinastia macedone elevasse a coimperatore anche il più piccolo Leone nell’869: cfr. Ostrogorsky 1963 (1993, p. 212) e Muthesius 1997, p. 36. Inoltre non paiono determinanti a sostenere l’ipotesi di C. Foss né che Basilio I fosse «a great builder, especially in the capital» né che i restauri dei suoi predecessori alle mura marittime costituissero dei precedenti diretti: Foss 1984, p. 78. Bisogna inine ricordare che Leone Diacono, testimone oculare di quanto racconta nella sua Storia (cfr. nota 204), ricorda espressamente, ma forse con eccessiva enfatizzazione, che le fortiicazioni della città, dopo il terremoto del 989, erano state rase al suolo e che quindi abbisognavano, vista la precaria situazione politica, di un pronto intervento di restauro, cui Basilio II non poteva certo sottrarsi. 140 Ci si limita a rimandare a Van Millingen 1899, MeyerPlath, Schneider 1943, Janin 1964, pp. 265-283, Müller-Wiener 1977, pp. 286-300, Foss, Winfield 1986, pp. 41-77 e, da ultimo, Asutay-Effenberger 2007. 141 Meyer-Plath, Schneider 1943, p. 123 nº 1: «¶‡ÚÁÔ˜ B·ÛÈÏ›Ԣ ηd KˆÓÛÙ·ÓÙ›ÓÔ˘ ÈÛÙáÓ âÓ X(ÚÈÛÙ)† / ·<é>ÙÔÎÚ·ÙfiÚˆÓ ÂéÛ‚ÂÖ˜ B·ÛÈÏÂÖ˜ \PˆÌ(·›)ˆÓ». Per la descrizione della torre si veda, più recentemente, Foss, Winfield 1986, p. 55, anche se è da precisare che la parte più alta della cortina muraria, accumunata dagli autori a quella delle torri datate all’viii secolo, sia piuttosto disomogenea, in quanto dovuta a risarcimenti di epoche diverse, come risulta dal restauro degli anni novanta condotto sulla porzione di mura dalla torre 1 (esclusa) alla torre 6 e pubblicato da Ahunbay, Ahunbay 2000, p. 230. 142 Meyer-Plath, Schneider 1943, p. 129 nº 23: «¶‡ÚÁÔ˜ B·Û(È)Ï›Ԣ Î(·d) KˆÓÛÙ·ÓÙ›ÓÔ˘ / âÓ X(ÚÈÛÙ)† ·éÙÔÎÚ·Ù(fi)Ú(ˆ)Ó». 143 Cramer 1841, pp. 278-280. 144 Maguire 1993-1994 e Maguire 2000, pp. 255-256. 145 Si vedano almeno Van Millingen 1899, pp. 248-313, Janin 1964, pp. 287-300, Müller-Wiener 1977, pp. 312-319, Tsangadas 1980, pp. 48-59 e Foss, Winfield 1986, pp. 70-73. Non è invece da riferirsi 120 lorenzo riccardi accanto all’area del Grande Palazzo, e presso la Narlikapı, non lontano dal monastero di S. Giovanni di Studio, forse nel 1013 (37).146 Nel primo caso, come già anticipato, l’iscrizione si discosta dal formulario tipico in qui menzionato, celebrando poeticamente la ricostruzione della torre a fundamentiis dopo l’irrimediabile danno inlittole per lungo tempo dalle incessanti onde del mare.147 Accanto al ripristino delle strutture difensive della capitale, danneggiate dai terremoti o da altri eventi naturali, si colloca, forse per le medesime cause, il restauro dell’acquedotto di Valente (31), «ó˜ iÓ ö¯ÔÈÂÓ Ôî àÛÙÔd àÊıÔÓ›·Ó ≈‰·ÙÔ˜», necessario, quindi, per garantire un abbondante approvvigionamento di acqua agli abitanti della città.148 L’intervento, a diferenza di quanto è generalmente scritto,149 può essere datato al 1002 sulla scorta di un’iscrizione rinvenuta a Karacaköy, nella regione di Dérkôn, in Tracia (32),150 in cui si commemora il restauro di un «ı·˘Ì·ÛÙeÓ CÚÁÔÓ», ovvero di un’opera meravigliosa minacciata dal tempo e dalla follia dei barbari. L’intervento fu prontamente promosso da Basilio II con il concorso del fratello, Costantino, e di due sottoposti, Basilio Goutos e Elpidios Vrahamés, e di norma datato al 1002, quando le truppe bulgare guidate da Samuele arrivarono a minacciare la non lontana Adrianopoli e forse a danneggiare irrimediabilmente l’acquedotto per costringere l’imperatore, che allora assediava Vidin, a rientrare a Costantinopoli per difenderla.151 Inoltre è possibile che il progetto di ripristino riguardasse una porzione molto ampia extra moenia, visto che il successivo intervento di Romano III Argiro (1034) si concentrò sui kastelloi, ovvero le grandi cisterne a cielo aperto della capitale dell’impero.152 Riguardo al punto b), appaiono ugualmente diversiicati gli interventi nel campo dell’edilizia religiosa: si va, infatti, dai provvedimenti amministrativi, che non implicano necessariamente lavori di rinnovamento, a costruzioni e restauri di nuove chiese e cappelle.153 Particolarmente interessanti, a tale all’intervento di Basilio II e Costantino VIII, come erroneamente indicato da Van millingen 1899, p. 187 n. 4 e Mango 1951, p. 56 nº 22, il restauro della torre di Deirmen Kapisi (Degirmenkapı, cfr. Müller-Wiener 1977, ig. p. 497, G6), dal momento che l’iscrizione che ne commemorava i lavori di ripristino è stata correttamente ricondotta al 906 (e non al 1006): Demangel, Mamboury 1936 e Demangel, Mamboury 1939, pp. 71-77. 149 È datato, tra gli altri, al 1018 da Berger 1991, p. 115; al 1020 circa da Mango 1995, p. 18; al 1021 da Magdalino 1996, p. 58 (ed. ingl., Magdalino 2007, i, p. 65) 150 La più recente edizione dell’iscrizione è quella in Asdracha 1989-1991, pp. 306-309: «£·˘Ì·ÛÙeÓ CÚÁÔÓ ä›ÏËÛÂÓ ï ¯ÚfiÓÔ˜, / Ôé ¯ÚfiÓÔ˜ ÌfiÓÔÓ ÏÉıÔ˜ ‰b ÙáÓ B·Ú‚¿ÚˆÓØ / àÏÏ’ ï ı·˘Ì·ÛÙe˜ ηd ÙÔf˜ àÓÔÚıÔÖ B·Û›ÏÂÈÔ˜ ‰ÂÛfiÙ˘ / ÛfÓ B·Ú‚¿ÚÔ˘˜ ÙÚ¤ˆÓ / ·sıȘ KˆÓÛÙ·ÓÙ›ÓÅ ·éÙ·‰¤ÏÊÅ Ù† Ó¤ÅØ / ñÔÚÁÂÖ ‰b Ù† B·Û›ÏÂÈÔ˜ ï °ÔÜÙÔ˜ / n˜ àÚ¯ËÁ¤Ù˘ Ù† ¯ÚfiÓŠηıÂÛÙ‹ÎÂÈ / ÛfÓ \EÏȉ›Å BÚ·¯¿Ì– Ù·ÍȿگŻ. 151 Sulla spedizione di Samuele: Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 30 (ed. Thurn 1973, p. 346; tr. Flusin 2003, p. 289). La datazione al 1002 per l’iscrizione di Karacaköy è oggi generalmente condivisa e messa in relazione con l’acquedotto di Valente: Asdracha 1989-1991, p. 309 e Crow, Bayliss 2004, p. 47. Per il percorso dell’acquedotto, anche nella regione di Dérkôn, si vedano Dirimtekin 1959, Mango 1995 e Crow, Bardill, Bayliss 2008 (con bibliograia precedente). 152 Io. Skyl., Synops. hist. Rom. Argyr. 47 (ed. Thurn 1973, p. 389; tr. Flusin 2003, p. 323). Cfr. Magdalino 1996, p. 58 e n. 44 (ed. ingl., Magdalino 2007, i, p. 65 e n. 49). 153 Katsaros ha supposto il coinvolgimento imperiale anche per la costruzione del monastero di Kosínitza sul Pangeo in Tracia, ma l’ipotesi è da veriicare: Katsaros 2008, pp. 19, 26 n. 168. Da escludere, invece, il coinvolgimento in altre costruzioni a Trebisonda e anche sul monte Latros, come pure è stato supposto: Katsaros 2008, p. 19. Problematiche sono inine due iscrizioni, entrambe mutile e di incerta lettura. La prima è stata rinvenuta nel cimitero orientale di Laodicea combusta, in Anatolia, e menziona i due imperatori vittoriosi su Barda Foca nella battaglia decisiva ad Abido (989): «âÎÙ‹ÛÙË [ï Ó·]e˜ Ùɘ [£(ÂÔ)Ù(fiÎ)Ô]˘ ‰Ëa ¯ËÚe˜ Îb ÎfiÔ˘ … / \Aη΋Ԣ Î-¶¿‚ÏÔ˘ ä˜ ÙcÓ ÛÊ·ÁcÓ B¿Ú‰· ºˆÎÄ / ï âÓ \A‚‹‰Ô âc B·ÛËϤԘ B·ÛË-/Ï‹Ô˘ Îb KÔÛÙ·ÓÙ‹ÓÔ˘ / Âû¯ÂÛı ñbÚ ñÌfiÓ» (Calder 1928, i, p. 138, nº 258). Gregoire e Calder suppongono che l’ediicio menzionato nell’epigrafe fosse stato eretto nelle vicinanze di Abido, ma che la pietra, un architrave in calcare bluastro, fosse poi stata trasportata come materiale di costruzione a Laodicea Combusta: Gregoire 1922, pp. 5-6 nº 5bis e Calder 1928, p. 138, nº 258. La seconda iscrizione è stata rinvenuta invece a nord d’Aliveri, nell’isola di Eubea, dove il celebre monastero di Hosios Loukas nella Focide aveva forse una dipendenza o métochion: 146 Corpus Inscriptionum Graecarum, iv, 1877, nº 8700: «\AÓÂηÈÓ›ÛıË âd B·ÛÈÏ›Ԣ ηd KˆÓÛÙ·ÓÙ›ÓÔ˘, ÙáÓ ÔÚÊ˘ÚÔÁÂÓÓ‹ÙˆÓ, ÊÈÏÔ¯Ú›ÛÙˆÓ, Û‚·ÛÙáÓ ‰ÂÛÔÙáÓ âÓ öÙÂ[È..]Êη». Cfr. Spon 1678, iii, pp. 100-101, nº 4, De Tournefort 1717, p. 467 e Hammer-Porgstall 1822, i, pp. 115-116. L’iscrizione «supra portam in muris regiae mare versus» (Corpus Inscriptionum Graecarum, iv, 1877, nº 8700) dovrebbe essere pertinente alla Narlikapı (Müller-Wiener 1977, p. 318): di questa porta è sconosciuto il nome bizantino, ma sicuramente ad essa si riferisce Costantino Porirogenito quando scrive dell’annuale visita degli imperatori al monastero di Studion, in occasione della commemorazione del martirio del santo il 29 agosto: Tsangadas 1980, pp. 58, 224 n. 169. 147 Corpus Inscriptionum Graecarum, iv, 1877, nº 8687: «lOÓ Ùɘ ı·Ï¿ÛÛ˘ ıÚ·˘ÛÌe˜ âÓ Ì·ÎÚ† ¯ÚfiÓÅ Îχ‰ˆÓÈ ÔÏφ ηd ÛÊÔ‰Ú† ®ËÁÓ˘Ì¤Ó˘ ÂÛÂÖÓ Î·ÙËÓ¿ÁηÛÂ, ‡ÚÁÔÓ âÎ ‚¿ıÚˆÓ B·Û›ÏÂÈÔ˜ õÁÂÈÚÂÓ ÂéÛ‚c˜ ôÓ·Í». Cfr. Spon 1678, iii, pp. 101-102, de Tournefort 1717, i, p. 468 e Hammer-Porgstall 1822, i, pp. viii nº 17, 120. Anche di questa porta è sconosciuto il nome bizantino: Van Millingen 1899, pp. 186-187, Müller-Wiener 1977, p. 314 e Tsangadas 1980, p. 53 (con bibliograia sull’ubicazione). La menzione generica “Basilio” ha fatto pensare sia a Basilio I (Corpus Inscriptionum Graecarum, iv, 1877, nº 8687 e Mango 1951, p. 56 nº 16) che a Basilio II (Van Millingen 1899, p. 186, Schlumberger 1900, p. 628 e n. 5-6, Janin 1964, p. 297, Müller-Wiener 1977, p. 314 e Koutrakou 1994, p. 141). Nel testo di Janin l’iscrizione riporta, rispetto alle altre pubblicazioni qui ricordate, anche l’anno 6532 (1023-1024), ma si ignora quale sia la fonte dello studioso francese: Janin 1964, p. 297. 148 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 45 (ed. Thurn 1973, p. 366; tr. Flusin 2003, p. 304): «\AÓÂη›ÓÈÛ ‰b ï ‚·ÛÈÏÂf˜ ηd ÙeÓ àÁˆÁeÓ Oé·ÏÂÓÙÈÓÈ·ÓÔÜ ÙÔÜ ‚·ÛÈϤˆ˜, ó˜ iÓ ö¯ÔÈÂÓ Ôî àÛÙÔd àÊıÔÓ›·Ó ≈‰·ÙÔ˜». «un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti 121 proposito, sono anche le fonti arabe che ricordano vertire una chiesa in cenobio siano stati necessari un’ambasciata bizantina al califo fatimide d’Egitto, lavori di riadattamento, ampliamento o sempliceAl-‘Aziz, nel 988 (8), per mantenere il controllo della mente di riarredamento, non possiamo esserne certi chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme154 (o per senza l’attestazione delle fonti o di riscontri archeorestaurarla?),155 che fu tuttavia distrutta nel 1009, logici. Più complesso inine è il caso della chiesa di S. contravvenendo agli accordi precedentemente presi, Giovanni Evangelista, ubicata a sette miglia fuori da al-¢akim bi-amri Allah.156 della città, in località Hebdomon. Qui infatti si trovaSul primo versante Basilio II opera a favore della vano due chiese, l’una circolare dedicata al Battista, chiesa di Cassiano (da identiicare con la cattedrale l’altra basilicale all’Evangelista, entrambe del iv sedi S. Pietro) ad Antiochia (19) inviando, come patriarcolo.161 È possibile, però, che a partire dal ix secolo, ca, «un tale a nome Giovanni (…) già chartophylax» col restauro di Basilio I, i due ediici, una volta condella Santa Soia di Costantinopoli per «risistemare» tigui, non ne formassero che uno solo ovvero quello (o «riordinare») la basilica «sul modello» di quella delin cui Basilio II chiese di essere seppellito: il monala capitale.157 Dal contesto pare inevitabile intendere stero di S. Giovanni Evangelista. Ne abbiamo conferquesto intervento come puramente amministrativo ma, infatti, da Skylitzes e Yahya,162 ma anche da e teso a raforzare la fedeltà all’imperatore bizantino Giorgio Pachimere, il quale, raccontando del rinvedi una città ondivaga durante le guerre civili e impornimento del corpo di Basilio II nel xiii secolo, specitante per gli equilibri geopolitici della regione.158 ica che esso fu trovato fortuitamente nel diroccato Parimenti sono interventi che deiniscono un nuovo monastero del Teologo presso l’Hebdomon.163 status giuridico quelli presi a favore delle chiese di S. Teodoro Skoutariotes attribuisce a Basilio II la Mocio (58)159 e dell’Arcangelo a Sôsthénion (59),160 costruzione dell’ediicio sacro («âÓ Ù† ·Ú\âΛÓÔ˘ ÔåÎÔ‰ÔÌËı¤ÓÙÈ Ó·†»),164 ma non sappiamo se egli si entrambe a Costantinopoli, trasformate da Basilio II riferisca a dei lavori di restauro della chiesa o all’erein monasteri. Anche se è presumibile che nel riconl’epigrafe, datata al 1013-1014, è lacunosa, ma è stato supposto che possa riferirsi alla fondazione della medesima istituzione in Eubea o a un intervento dei sovrani in favore del più noto monastero della Focide: «…] ïÛ(›Ô˘) §Ô˘ÎÄ Î(·d) Ó(Â˘Ì·)ÙÈÎ(ÔÜ) ìÌáÓ (·Ù)Ú(e)˜ ñe ÙáÓ ·˘ÙÔÜ […|…] B·ÛÈÏ›Ԣ Î(·d) KˆÓÛÙ·ÓÙ(›ÓÔ˘), ö(ÙÔ˘˜) ˜Ê΂ã åÓ‰(ÈÎÙÈáÓÔ˜) È‚ã […» (Halkin 1953, pp. 341-342). Cfr. Orlandosã1951, p. 141 e ig. 7; Belenis 1990 (non mi è stato possibile consultare l’articolo) e Oikonomides 1992, pp. 250-251. Va inoltre segnalata un’iscrizione musiva bilingue rinvenuta nel 1938 da Krencker (Krencker 1939, pp. 27-28) nel pavimento in opus sectile della navata centrale est del monastero di Qal‘at Sim‘an in Siria. Nella versione greca, che commemorava forse i lavori di riqualiicazione della basilica orientale (Biscop 2006, p. 81), sono infatti menzionati Basilio e Costantino, preceduti da Teodoro e, forse, da Agapio, entrambi patriarchi d’Antiochia (Fitschen 2002, pp. 109-110), e seguiti dall’igumeno Teodoro: «…] Ùe ÌÔÓ·ÛÙ‹ÚÈÔÓ ÙÔÜÙÔ Î·d àÓÂÓÂfiıË Ùa˜ âÎ[Î]ÏËÛ›[·˜……]Ș ıÂÔ‰[ÒÚÔ˘ ηd \AÁ·›Ô˘ ÙáÓ] ·ÙÚÈ·Ú¯áÓ Î·d B·ÛÈÏ›Ԣ ηd KÔÓÛ[Ù·ÓÙ›ÓÔ˘] ÙÔÓ B·ÛÈϤÔÓ / …] ÙÔÜ ìÁÔ˘Ì¤ÓÔ˘ öÙÔ˘˜ ηÙa X[N ¶O£]», Donceel-Voûte 1988, p. 234. La redazione siriaca si riferiva invece a una più generale fortiicazione dell’intero complesso monasteriale (Biscop 2006, pp. 82-83): «Le mur de ce monastère fut construit ainsi que sa forteresse et ses ornements du temps de Th…, … et higoumène, en l’année 12[90» (978-979), Donceel-Voûte 1988, p. 235. Tali interventi iniziarono probabilmente all’indomani della riconquista della Siria ad opera di Giovanni Zimisce nel 969 e furono portati a termine durante il regno di Basilio II e Costantino VIII. 154 Cfr. Regesten 2003, pp. 182-183 nº 770. Sul Santo Sepolcro in età medio-bizantina si veda: Biddle 2000. L’ediicio fu interessato da interventi ricostruttivi, terminati nel 1048, promossi da Costantino IX Monomaco: Corbo 1981, pp. 139-181. 155 Cutler 2001, p. 252. 156 Holmes 2005, pp. 50 n. 77, 352 n. 121. 157 Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky, Vasiliev 1932, p. 237; tr. Pirone 1998, 11:25, p. 212). La chiesa di Cassiano doveva essere una delle più importanti e ricche della città perché sorgeva accanto al patriarchio, come d’altronde la Santa Soia di Costantinopoli da cui il chartophylax Giovanni proveniva. Cfr. Regesten 2003, p. 198 nº 785c. 158 Medesima opinione è stata avanzata, pur assieme a quella della risistemazione architettonica, da Cheynet 2003, p. 74 e n. 10. 159 La notizia della trasformazione della chiesa in monastero da parte di Basilio II è contenuta in un poema che accompagnava una serie di ritratti, ora perduti, ma un tempo disposti su una delle pareti del refettorio, raiguranti l‘imperatore macedone e alcuni sovrani della dinastia comnena, Manuele, Giovanni e Alessio: Lampros 1911, pp. 127-128. Cfr. Mango 1972, pp. 226-227, Stephenson 2001, pp. 63-68 e Stephenson 2003a, pp. 89-90. Su S. Mocio: Janin 1969, pp. 354-358. 160 Th. Scout., Chron. (ed. Sathas 1894, p. 373) e Nic. Chon., Hist. Isaac. Ang. 6 (ed. Van Dieten 1975, i, p. 373; tr. Pontani 1999, ii, p. 355). Sul monastero: Janin 1969, pp. 354-358. La Patterson Šev©enko ha recentemente avanzato la «remota posibilidad» che i “Menologi Imperiali”, datati entro la metà dell’xi secolo, potessero essere destinati a un monastero consacrato a Michele Arcangelo e forse proprio a quello di Sôsthénion: Patterson Šev©enko 2008, p. 256 n. 27. 161 Per S. Giovanni Battista si vedano Ebersolt 1921, pp. 79-82 e Janin 1969, pp. 267-269. Per S. Giovanni Evangelista invece Ebersolt 1921, pp. 82-83 e Janin 1969, pp. 267-269. Per l’Hebdomon: Demangel 1945. 162 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 47 (ed. Thurn 1973, p. 369; tr. Flusin 2003, p. 306) e Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky 1997, pp. 112-115; tr. Pirone 1998, 15:69, p. 336). 163 Georg. Pachym., Relat. hist., II 21 (ed. Failler, Laurent 1984, pp. 174-177). Pachimere ci informa inoltre che le spoglie di Basilio II furono traslate dall’imperatore Michele VIII Paleologo nel monastero del Salvatore a Selymbria: Magdalino 1978, pp. 309-318. 164 Th. Scout., Chron. (ed. Sathas 1894, p. 159): «ı¿ÙÂÙ·È âÓ Ù† ·Ú’âΛÓÔ˘ ÔåÎÔ‰ÔÌËı¤ÓÙÈ Ó·ÔÜ ÙÔÜ äÁ·Ë̤ÓÔ˘ êÁ›Ô˘ \Iˆ¿ÓÓÔ˘ ÙÔÜ £ÂÔÏfiÁÔ˘ âÓ Ù† ^E‚‰Ô̆». Cfr. Stephenson 2005, p. 230 n. 16. 122 lorenzo riccardi zione del monastero (60). Il problema resta ancora aperto e di diicile soluzione, in quando non verranno chiarite le vicende storiche relative ai due complessi. Da Yahya sappiamo inoltre che un sarcofago «di marmo, di straordinaria bellezza per dovizia di motivi cromatici e il ine rilievo delle igure scolpite» (61) era già stato collocato nel mausoleo imperiale dei Santi Apostoli, luogo di sepoltura dei sovrani bizantini, e quando Basilio II cambiò idea, esso fu destinato alle spoglie del fratello, Costantino VIII,165 ultimo imperatore ad essere seppellito nella chiesa costantinopolitana.166 Nell’agosto del 1914 fu rinvenuta, nell’area dell’antico Hebdomon, una camera sepolcrale ipogea presentata alla stampa come la tomba di Basilio II.167 In alcuni studi condotti negli anni seguenti, dimostrata l’infondatezza di tale identiicazione, fu proposto di riconoscere il sepolcro del sovrano in un sarcofago di marmo bianco (Fig. 8), che era stato rimosso – non si sa quando – dalla chiesa di S. Giovanni e trasformato in una fontana, oggi irreperibile, ma un tempo situata in una piccola piazza di Makrikeuy, attuale Bakirköi (62).168 Altro importante intervento costantinopolitano, come attestano i Patria, è la ricostruzione, nella regione delle Blacherne, di un agion louma, ossia di un bagno, che Basilio II fece rivestire d’oro e d’argento ovvero forse con mosaici (15).169 La fondazione dell’ediicio si fa risalire variamente a Leone I,170 che lo dotò di «ÎÙ‹Ì·Ù· ÔÏÏa ηd ÛÎÂfË Î·d ÎÂÈÌ‹ÏÈ· ¯Ú˘ÛÄ Ù ηd àÚÁ˘ÚÄ», a Tiberio I Costantino171 o Maurizio, quindi tra la ine del v e l’inizio del vii secolo. Oggi, dopo la distruzione avvenuta probabilmente durante l’incendio del 1069,172 l’ubicazione del bagno non è precisabile, ma sappiamo che Maurizio lo ediicò accanto e contestualmente al portico Karianon («ÙeÓ K·ÚÈ·ÓeÓ öÌ‚ÔÏÔÓ âÓ BÏ·¯¤ÚӷȘ»), in cui fece anche realizzare delle pitture raiguranti la propria vita dalla fanciullezza sino alla dignità imperiale.173 Alla ine del xix secolo e per i successivi trenta anni del Novecento, alcuni studiosi proposero di identiicare il Karianon con delle evidenze archeologiche allora ancora aioranti in supericie presso le mura delle Blacherne nelle vicinanze dell’Ayvansarayi Kapı tra le tra le chiese di S. Tecla (ora moschea Toklu Dede Mescidi) a ovest e quella dei SS. Pietro e Marco (ora moschea Atik Mustafa Pasha) a sud-est, entrambe comunque più tarde (x-xi secolo).174 Papadopoulos, intervenendo pochi anni dopo la distruzione di questi resti archeologici, avvenuta nel 1925, sostenne che essi facevano parte del Palazzo di Manuele Comneno e che il portico fosse invece ubicato in prossimità della Chiesa della Theotokos.175 Tale localizzazione pare essere più idonea soprattutto per la vicinanza, attestata nelle fonti, con il bagno, che doveva essere infatti adiacente al complesso religioso delle Blacherne, costituito, almeno ino al 1069, dalla basilica della Theotokos e dalla Hagia Soros (l’ediicio in cui era custodito il Maphorion della Vergine),176 e addossato al versante settentrionale del muro delimitante a sud il quartiere delle Blacherne.177 La ragione di questa ubicazione va ulteriormente cercata all’interno del cerimoniale bizantino: esso prevedeva che un 165 Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky 1997, pp. 112-115; tr. Pirone 1998, 15:69, p. 336): «Alcuni giorni prima di morire, Basilio aveva fatto venire presso di sé il fratello Costantino dal palazzo di sua pertinenza, fuori Costantinopoli, per nominarlo esecutore testamentario di quanto gli era sembrato giusto disporre in ogni ambito e per raccomandargli di non seppellirlo avvolto in vesti imperiali – fu di fatto avvolto in panni del valore di poco più di venti dinar, proprio come aveva consigliato –, di non essere sepolto assieme con gli imperatori e che il suo sepolcro fosse eretto in un modesto monastero ch’egli stesso indicò e nominò, dedicato al santo mar Giovanni l’Evangelista, sì da condividere la sorte dei forestieri. Si era invero già fatto preparare un sarcofago di marmo, di straordinaria bellezza per dovizia di motivi cromatici e il ine rilievo delle igure scolpite, facendolo innalzare nella chiesa degli Apostoli, dove erano i sarcofagi degli imperatori, suoi predecessori. E poiché aveva cambiato idea a che colà fosse tumulato, il sarcofago rimase così com’era, ino a quando non vi fu sepolto dentro l’imperatore Costantino, suo fratello». 166 Cfr. Grierson 1962, p. 59. 167 La vicenda è riassunta da Stephenson 2005. 168 Cfr. Stephenson 2005, ig. a p. 238 e Manini 2009, pp. 51-54, 319-320, ig. 21. Anche l’identiicazione della tomba di Basilio II con il sarcofago marmoreo è oggi poco accreditata. 169 Patria, iii 214 (ed. Preger 1901-1907, p. 283): «TáÓ ‰b BÏ·¯ÂÚÓáÓ Û˘Ì·ı‹˜, ï ˘îe˜ B·ÛÈϤˆ˜ ^PˆÌ·ÓÔÜ ÙÔÜ N¤Ô˘, ÙÔÜ ÔÚÊ˘ÚÔÁÂÓÓ‹ÙÔ˘, ·Ú¤Ï˘ÛÂÓ Î·d àÓ‹ÁÂÈÚÂÓ ·éÙe ÓˆÛÙd ηÏψ›Û·˜ ÎÚÂÖÙÙÔÓ Î·d ‚¤ÏÙÈÔÓ ·Ú’ n qÓØ Î·d âÍ àÚÁ‡ÚÔ˘ ÔÏÏÔÜ Î·d ¯Ú˘Û›Ô˘ ÂåÎfiÓÈÛÂÓ Î·d ηÙÂÎfiÛÌËÛÂÓ ·éÙfi». Cfr. Berger 1988, p. 342. Sul bagno delle Blacherne si vedano Ùfi LÁÈÔÓ ÏÔÜÌ· ï Ó¤Ô˜ B·Û›ÏÂÈÔ˜ ï ÂéÛ¯‹ÌˆÓ ηd ηÏÔÚ¿ÁÌˆÓ Î·d Janin 1964, p. 218, Berger 1982, pp. 81-82, Berger 1988, p. 342 e Magdalino 1996, p. 32 e n. 87 (ed. ingl., Magdalino 2007, i, p. 34 e n. 98). Sulla tipologia del bagno mediobizantino si veda Berger 1992, p. 20. 170 Patria, iii 75 (ed. Preger 1901-1907, p. 242): «‘O ·éÙe˜ (§¤ˆÓ M·ÎbÏÏ˘) ‰b öÎÙÈÛÂÓ Î·d Ùe ÏÔÜÌ· ηd â·ڈÛÂÓ ÎÙ‹Ì·Ù· ÔÏÏa ηd ÛÎÂ‡Ë Î·d ÎÂÈÌ‹ÏÈ· ¯Ú˘ÛÄ Ù ηd àÚÁ˘ÚÄ». 171 Cedr., Hist. i 393 (ed. Bekker 1838, p. 690): «T† ‰’ ·ñÙÔÜ öÙÂÈ ÎÙ›˙ÂÈ TÈ‚¤ÚÈÔ˜ Ùe ‰ËÌfiÛÈÔÓ ÙáÓ BÏ·¯ÂÚÓáÓ ÏÔ˘ÙÚeÓ». 172 Berger 1982, p. 82 e Berger 1988, p. 342. 173 Cedr., Hist. i 396 (ed. Bekker 1838, p. 694): «‘O ‰b M·˘Ú›ÎÈÔ˜ öÎÙÈÛ ÙeÓ K·ÚÈ·ÓeÓ öÌ‚ÔÏÔÓ âÓ BÏ·¯¤ÚӷȘ, ÁÚ¿„·˜ âÓ ·éÙ† ‰Èa ˙ˆÁÚ·Ê›·˜ Ùa˜ ë·˘ÙÔÜ Ú¿ÍÂȘ Ùa˜ âÎ ·È‰fiıÂÓ Ì¤¯ÚÈ Ùɘ ·éÙÔÜ ‚·ÛÈÏ›·˜. \AÓÂÏ‹ÚˆÛ ‰b ηd Ùe âÓ ·éÙ† ‰ËÌfiÛÈÔÓ ÏÔ˘ÙÚfiÓ». 174 Per le evidenze archeologiche si vedano Mordtmann 1892, p. 39 e Van Millingen 1899, p. 196. Sulle chiese di S. Tecla e dei SS. Pietro e Marco si veda, invece, Schneider 1951, pp. 105, 107. Per una bibliograia più aggiornata sulle Blacherne: Paribeni 2007. 175 Papadopoulos 1928, pp. 152-158. 176 Janin 1969, pp. 161-171. 177 Papadopoulos 1928, p. 96. «un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti 123 Fig. 8. Il sarcofago di Basilio II (?) in una foto degli anni ’30 del xx secolo presso l’Hebdomon (da Demangel 1945). giorno di venerdì – la data, infatti, non era issata dal protocollo – il sovrano si recasse alle Blacherne per “bagnarsi”.178 L’ediicio restaurato da Basilio II aveva dunque grande rilievo tanto per la corte bizantina che per il quartiere delle Blacherne, in cui il palazzo, la chiesa e il bagno riuniti attorno a un cortile chiuso, ma accessibile al popolo, ne costituivano il nucleo identitario.179 Una conferma del restauro durante il regno di Basilio II, sebbene sia assente qualsiasi riferimento all’imperatore, è contenuta in un epigramma pubblicato per la prima volta da Sola nel 1916,180 dal quale l’ignoto poeta prende il nome (Anon. Sola).181 In esso viene celebrata la decorazione aurea ed argentea di un’immagine della Vergine, custodita nel famoso bagno delle Blacherne, che è del tutto simile a quella ricordata dalle fonti come già esistente nel medesimo luogo al tempo di Costantino Porirogenito e rispondente, quindi, al canonico tipo della Blachernitissa.182 La miracolosa icona fu, secondo l’Anonimo Sola, donata dal Patriarca Nicola, ovvero Nicola II Chrysoberges (980-992). Lauxtermann, che di recente ha riesaminato questo componimento,183 ha sostenuto che tali versi potessero aver fatto parte di un’iscrizione e ha ipotizzato quindi che il restauro fosse dovuto non a Basilio II, ma a Nicola, considerando in questo caso l’Anon. Sola come «a trustworthier source than the Patria».184 Un’ipotesi che però non convince del tutto, visto che si dovrebbe contestare l’aidabilità di una fonte, come quella dei Patria,185 solo per un’apparente contraddizione, che di fatto è inesistente. Non è escluso, infatti, che l’iniziativa sia stata patrocinata dall’imperatore e dal pa- 178 Const. Porphyr., De Cerim. ii, 12 (ed. Reiske 1829, i, pp. 551-556). Sul cerimoniale si vedano, tra gli altri, Papadopoulos 1928, pp. 96103 e Berger 1982, pp. 82-83. 179 Yegül 2006. Si veda inoltre Magdalino 1990, pp. 165-188. 180 Sola 1916, pp. 26-27: «Eå˜ ÙcÓ £ÂÔÙfiÎÔÓ. / XÚ˘Ûfi˜ Û B·Û›ÏÈÛÛ·Ó, ôÚÁ˘ÚÔ˜, ÎfiÚË, / ¿Ó·ÁÎÔÓ âÌÊ·›ÓÔ˘ÛÈÓ, ó˜ âÓ Û˘Ì‚fiÏÅØ / ÎÚÔ˘ÓÔd ‰¤ ÛÔ˘ W¤ÔÓÙ˜ âÎ ¯ÂÈÚáÓ ‰‡Ô / ‰ËÏÔÜÛÈ ‰ÈÏÉÓ ÙcÓ Î¿©·ÚÛÈÓ âÓı¿‰Â. / âÔÙÈÎc ¯¿ÚȘ ‰b Ûɘ ·ÚÔ˘Û›·˜ / ÓfiÛÔ˘˜ âÏ·‡ÓÂÈ, ‰Ú·ÂÙ‡ÂÈ ÙÔf˜ fiÓÔ˘˜ / ηd NÈÎÔÏ¿Ô˘ ·ÙÚÈ¿Ú¯Ô˘ ÏÔ˘Û›·Ó / ÙcÓ àÓÙ·ÌÔÈ‚cÓ ÚÔÍÂÓÂÖ ÙáÓ Î·Ì¿ÙˆÓ». 181 Lauxtermann 2003a, pp. 327-328. 182 Const. Porphyr., De Cerim. ii, 12 (ed. Reiske 1829, i, p. 554): «ì àÚÁ˘ÚÄ ÂåÎgÓ Ùɘ £ÂÔÙfiÎÔ˘». Sulla Blachernitissa: Angelidi, Papama- storakis 2005. 183 Lauxtermann 2003a, p. 327 e Lauxtermann 2003b, pp. 199200. 184 Lauxtermann 2003a, p. 327. Della stessa opinione pare Katsaros 2008, p. 16. 185 Sui Patria si veda il fondamentale studio di Dagron 1984, pp. 21-60. 124 lorenzo riccardi triarca, che avrebbero partecipato in modalità diferenti, l’uno ricostruendo l’ediicio, l’altro donando una nuova eigie in luogo di quella vecchia. D’altronde la collaborazione tra Nicola e il sovrano è attestata anche da un’iscrizione mutila – scolpita su un architrave di pietra bluastra – rinvenuta non lontano da Laodicea, in Anatolia, e pertinente forse a una costruzione religiosa (5).186 Tornando brevemente fuori da Costantinopoli, durante le campagne militari Basilio non premiò con ricchi doni soltanto i nobili locali, ma intervenne nel campo dell’edilizia religiosa a favore delle truppe, quando eresse ad Apamea una cappella in onore dei soldati bizantini ivi trucidati.187 Le fonti menzionano inoltre solleciti interventi per alcune comunità religiose poste ai margini dell’impero, come a Trebisonda (22), ove egli fece ricostruire la chiesa per il santo patrono della città, Eugenio, di cui sono tramandati una serie di miracoli compiuti anche a favore di Basilio II188 e di imperatori della dinastia macedone, ai quali la città era infatti molto fedele.189 A Giovanni Lazaropoulos, pio e colto metropolita di Trebisonda, vissuto nel xiv secolo,190 si deve la menzione della costruzione di due absidi, una cupola e due grandi colonne.191 L’anomalia di questi dati fa supporre, nel caso in cui il prelato ab- bia attinto da fonti scritte oggi irreperibili,192 che non si sia trattato di una costruzione ex novo, ma di un restauro della chiesa limitato alla sola parte orientale, forse in seguito a un evento sismico: d’altronde come riferisce lo stesso Lazaropoulos, Basilio si era recato nella chiesa per rendere doveroso omaggio alle reliquie del santo e a vedere se l’ediicio mancasse di qualcosa.193 Forse a ragioni analoghe, o a un incendio, pare dovuto il ripristino della copertura della chiesa monastica di S. Giovanni Battista (47), costruita, poco dopo la metà del x secolo, ad Oški in Georgia (attuale Turchia orientale), non lontano dalla riva ovest del lago Tortum, dai igli del Kuropalates Adarnase, Bagrat Eristav degli Eristavs († 966) e David Magistros († 1001),194 raigurati infatti come donatori ai lati di una Deesis, oggi in parte perduta, scolpita sulla facciata meridionale.195 Al di sotto di una larga inestra in un un’arcata cieca del lato meridionale campeggiava un’iscrizione, ora non più decifrabile, ma letta all’inizio del secolo scorso da T|akaišvili, in cui si celebrava l’intervento degli imperatori a favore dell’ediicio sacro,196 compiuto tra il 1022 e il 1025, quando, dopo la morte di David Magistros, le terre contese tra l’impero bizantino e nobili locali, tornarono in mano ai sovrani di Costantinopoli.197 I lavori 186 Calder 1928, p. 137 nº 257: «ñe B·ÛËÏ‹Ô˘ Îb KÔÛÙ·ÓÙ›ÓÔ˘ ÌÂ-/ Á¿ÏÔÓ ‚·ÛÈϤˆÓ Îb NÈÎÔÏ¿Ô˘ ·-/ÙÚË¿Ú¯Ô˘». 193 Io. Lazarop., Synops., 1 (ed. Rosenqvist 1996, p. 256): «ı·ÛfiÌÂÓÔ˜ Âú ÙÈÓÔ˜ ¯Ú“˙ÂÈ ï ÓÂg˜ ÔyÙÔ˜ Âå˜ â›Û΄ÈÓ». L’ediicio doveva dunque 187 Stefano di Taron, Hist. xxxv (tr. Gelzer, Burckhardt 1907, p. 209; tr. Macler 1917, p. 160). 188 I miracoli che riguardano Basilio II sono due: Io. Lazarop., Synops., 1 (ed. Rosenqvist 1996, pp. 247-259) e Io. Lazarop., Logos, 4 (ed. Rosenqvist 1996, pp. 236-239). 189 Martin-Hisard 1980, pp. 335-337, 340. Anche i Comneni, i cui ritratti campeggiavano sulla parete ovest della stessa chiesa di S. Eugenio, mostrarono particolare afezione al Santo, la cui immagine igura regolarmente sulle loro monete: Janin 1975, p. 268 e Bryer, Winfield 1985, i, p. 222. Sul culto di Sant’Eugenio a Trebisonda si veda, da ultimo, J.O. Rosenqvist, in The Hagiographic Dossier 1996, pp. 64-81 e Rosenqvist 2002. 190 Per l’opera (Logos e Synapsis) di Lazaropoulos si veda l’introduzione di J.O. Rosenqvist, in The Hagiographic Dossier 1996, pp. 30-36, 43-63. 191 Io. Lazarop., Synops., 1 (ed. Rosenqvist 1996, p. 256): «Î·d Ùa ±ÁÈ· ÙÔÜ Ì¿ÚÙ˘ÚÔ˜ Ï›„·Ó· ÌÂı’¬Û˘ Âr¯Â ÚÔÛÙ˘Í¿ÌÂÓÔ˜ ·å‰Ôܘ Ù ηd ÙÈÌɘ, Ùa˜ âÓ ·éÙ† ÌÂÁ¿Ï·˜ ê„Ö‰·˜ ‰‡Ô àÓ‹ÁÂÈÚ ÙÔ‡˜ Ù ‰‡Ô ÌÂÁ›ÛÙÔ˘˜ ΛÔÓ·˜ ηd Ùe ÙÚÔÜÏÏÔÓ ÙÔÜ çÚfiÊÔ˘, n ηd ÂåÛ¤ÙÈ ïÚÄÙ·È, â‰Â›Ì·ÙÔ, ÙÔf˜ ÌÔÓ·¯Ôf˜ àÔ¯ÚÒÓÙˆ˜ ‰ÂÍȈۿÌÂÓÔ˜ ηd ¯Ú‹Ì·ÛÈ ÊÈÏÔÙÈÌËÛ¿ÌÂÓÔ˜ ê‰ÚÔÖ˜». Cfr. J. O. Rosenqvist, in The Hagiographic Dossier 1996, p. 257 e Panagiotakes 1996, p. 354 nº19. Si vedano sulla chiesa: Janin 1975, pp. 266-270 e Bryer, Winfield 1985, i, pp. 222-224. Per le vicende del monastero attraverso le fonti: J. O. Rosenqvist, in The Hagiographic Dossier 1996, pp. 81-85. 192 È stato supposto che le fonti conosciute da Lazaropoulos possano essere bizantine e antecedenti a Skylitzes e Zonara (Panagiotakes 1996, pp. 332, 338-340), anche se è presumibile che il metropolita abbia attinto, in questa occasione, a cronache e notizie locali. mancare di qualcosa e abbisognava più di un restauro che di una nuova costruzione: J.O. Rosenqvist, in The Hagiographic Dossier 1996, pp. 410. Bryer e Winield ipotizzano invece che a Basilio II sia dovuta unicamente la costruzione con due colonne – ancora oggi quelle occidentali, come notano i due studiosi, presentano l’uso massiccio di spolia di colonne doriche – e «perhaps other features»: Bryer, Winfield 1985, i, pp. 223-224. Cfr. J.O. Rosenqvist, in The Hagiographic Dossier 1996, p. 410. 194 Piguet-Panayotova 2002 e Piguet-Panayotova 2003, pp. 212-217. Di opinione diversa Djobadze 1992, pp. 92-141 e tavv. 119-189. Per buone immagini a colori: Silogava, Shengelia 2006, pp. 763816. 195 Djobadze 1992, pp. 113-119 e tavv. 153-157 e Piguet-Panayotova 2003, pp. 208-212. 196 T|akaišvili 1952, pp. 53, 54, inscr. vii, ig. 31 (non consultato). Cito dalla traduzione inglese di Piguet-Panayotova 2003, p. 216: «Saint Trinity exalt the crowned by thou kings Basil and Konstantine, by whose means the roof ’s covering of the church was carried out for a second time, during the abbotships of Grigol and David, and remember with grace the stone-master Jesse»; cfr. Djobadze 1992, p. 140, nº 14. Nel sacro ediicio era presente un’ulteriore iscrizione relativa a Basilio II, in cui si menzionava la sua morte e si pregava per la sua anima: T|akaišvili 1952, p. 55, inscr. xi; cito dalla traduzione inglese di Djobadze 1992, p. 140, nº 12: «In Chronikon sme (245 = 1025) on December 18 (= 12), Sunday, died the holy King of the Greeks, Autocrator Basil. May God ordain his soul together with the holy kings». 197 Holmes 2005, pp. 480-487. «un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti 125 riguardarono probabilmente anche la cupola provvista di una copertura conica con tegole verniciate in rosso scuro, verde e marrone,198 e il tamburo, compresa la decorazione scultorea delle arcatelle: una di esse è infatti sorretta da un capitello a igura umana, raigurante un uomo con due bisacce sulle spalle, che è stato identiicato con mastro Jesse, il responsabile, menzionato dall’iscrizione, del cantiere di restauro di Basilio II e Costantino VIII199 (Fig. 9). Di particolare rilievo sono inine gli interventi che interessarono alcuni ediici religiosi costantinopolitani in seguito ai danni causati dai violenti terremoti, come quello del 1010 ca.,200 quando crollarono le cupole delle chiese dei Quaranta Martiri201 e di Ognissanti202 (35), prontamente ricostruite dall’imperatore, che già aveva avuto esperienza analoga, pressappoco venti anni prima, in un altro e più importante cantiere, quello della Santa Soia (11). Il 25 ottobre 989, infatti, un terribile sisma sconvolse tutto l’impero, causando morte e distruzione soprattutto in Tracia.203 Il day after, secondo quanto ci tramanda un testimone oculare, Leone Diacono, doveva essere davvero desolante: le fortiicazioni di Costantinopoli erano state rase al suolo, mentre le case crollate erano diventate le tombe dei loro abitanti, non solo nelFig. 9. Oški (Turchia orientale), S. Giovanni Battista, cupola: la capitale, ma anche nelle zone circonvicine,204 ino capitello con la raigurazione di mastro Jesse. a Nicomedia.205 Tuttavia, per gli scrittori bizantini e non, la vittima più illustre fu la Santa Soia: nella vinarono a terra l’arco occidentale e la sovrastante chiesa infatti, dopo quattro secoli dalla ricostruzione parte della cupola.206 L’eccezionalità del disastroso della seconda copertura ad opera di Giustiniano, ro198 Djobadze 1992, p. 112. 199 Piguet-Panayotova 2003, pp. 216-217. 200 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 34 (ed. Thurn 1973, pp. 347348; tr. Flusin 2003, p. 291): «Î·d ‰ÈÂÎÚ¿ÙËÛ ÎÏÔÓÔ˘Ì¤ÓË ì ÁÉ Ì¤¯ÚÈ Ùɘ âÓÓ¿Ù˘ ÙÔÜ M·ÚÙ›Ô˘ ÌËÓfi˜. âÓ Ù·‡Ù– ‰b ÂÚd ‰ÂοÙËÓ œÚ·Ó Ùɘ ì̤ڷ˜ Á¤ÁÔÓ ‚Ú·ÛÌe˜ ηd ÎÏfiÓÔ˜ ÊÚÈÎÙe˜ ηٿ Ù ÙcÓ ‚·ÛÈÏ›‰· ηd âÓ ÙÔÖ˜ ı¤Ì·ÛÈ, ηd ÂÙÒηÛÈÓ ·î ÛÊ·ÖÚ·È ÙÔÜ Ó·ÔÜ ÙáÓ êÁ›ˆÓ ÙÂÛÛ·Ú¿ÎÔÓÙ· ηd ÙáÓ êÁ›ˆÓ ¿ÓÙˆÓ. L˜ ï ‚·ÛÈÏÂf˜ Âéıf˜ àÓÂÎÙ‹Û·ÙÔ». 201 Janin conta ben otto chiese dedicate ai Quaranta Martiri: Janin 1969, pp. 482-486. Molto probabilmente quella restaurata da Basilio II era la più antica della città, costruita nel v secolo, e ubicata a nordovest della Porta d’Oro, dalla quale non lontano era l’altro ediicio danneggiato dal terremoto del 1010, quello di Ognissanti: Janin 1969, pp. 482-483 e cfr. nota successiva. 202 La chiesa di Ognissanti era sorta probabilmente a metà del x secolo per volontà dell’imperatore Leone il Saggio in onore della sua prima moglie, Teofano, e non era probabilmente molto distante dai SS. Apostoli. Fu probabilmente danneggiata nel terremoto del 1296, venne forse parzialmente ricostruita, ma cadde presto in rovina, tanto che fu utilizzata come cava di materiali per rinforzare la Porta d’Oro nel 1391. Cfr. Janin 1969, pp. 389-390. 203 Downey 1959, pp. 599-600. Per le fonti relative al terremoto e al crollo della S. Soia si rimanda alle note successive. 204 Leon Diac., Hist. x, 10 (ed. Hase 1828, pp. 175-176; tr. Talbot, Sullivan 2005, pp. 217-218): «Î·d ÁaÚ ëÛ¤Ú·˜ âÓÈÛٷ̤Ó˘, âÓ Õ ÌÓ‹ÌËÓ ÙÔÜ ÌÂÁ¿ÏÔ˘ ¢ËÌËÙÚ›Ô˘ ηd M¿ÚÙ˘ÚÔ˜ ÙÂÏÂÖÓ ·Ú¤Ï·‚ÂÓ ì Û˘Ó‹ıÂÈ·, ÊÚÈÎ҉˘ âÂÓ¯ıÂd˜ ÛÂÈÛÌe˜, ηd ÔxÔ˜ ÔéÎ ôÏÏÔ˜ ηÙa Ù·‡Ù·˜ ‰c Û˘Ó¤‚Ë Ùa˜ ÁÂÓÂa˜, Ù¿ Ù ˘ÚÁÒÌ·Ù· ÙÔÜ B˘˙·ÓÙ›Ô˘ Úe˜ ÁÉÓ Î·ÙÂÚ›ˆÛÂ, ηd Ùa˜ Ï›Ԣ˜ ëÛÙ›·˜ àÓ¤ÙÚ„Â, Ù¿ÊÔÓ ·éÙa˜ ÙÔÖ˜ ÔåÎÔÜÛÈÓ àÂÚÁ·Û¿ÌÂÓÔ˜, Ù¿ Ù ÚÔÛ¤ÁÁÈ· ÙÔÜ B˘˙·ÓÙ›Ô˘ ¯ˆÚ›· ̤¯ÚȘ ≿ÊÔ˘˜ η٤‚·ÏÂ, ηd ÔÏfÓ ÙáÓ àÁÚÔ›ÎˆÓ ÊıfiÚÔÓ âÔ›ËÛÂÓØ Ôé ÌfiÓÔÓ ‰b, àÏÏa ηd Ùe ìÌÈÛÊ·›ÚÈÔÓ Ùɘ ñÂÚÑ·˜ Ùɘ ÌÂÁ¿Ï˘ âÎÎÏËÛ›·˜ ÛfÓ Ù” Úe˜ ‰‡ÛÈÓ à„›‰È η٤‚·Ï ηd Âå˜ ÁÉÓ Î·ÙÂÚ›ˆÛÂÓØ ±ÂÚ ·sıȘ ï ·éÙÔÎÚ¿ÙˆÚ B·Û›ÏÂÈÔ˜ âÓ íÍ âÓÈ·˘ÙÔÖ˜ â‰ÔÌ‹Û·ÙÔ». 205 Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky, Vasiliev 1932, pp. 220221; tr. Pirone 1998, 10:166-167, p. 199): «Nel quattordicesimo anno del regno di Basilio, ossia nell’anno 379 dell’ègira [scilicet 11 aprile 989-30 marzo 990], ci furono a Costantinopoli dei gravi terremoti durante i quali venne giù la chiesa di Santa Soia, mentre a Nicomedia parecchie case crollarono addosso agli abitanti. Nel diciottesimo anno del suo regno, l’imperatore fece ricostruire quanto era crollato nella chiesa di Santa Soia restituendola così al suo prìstino splendore». 206 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 34 (ed. Thurn 1973, pp. 331332; tr. Flusin 2003, p. 277): «\IÓ‰ÈÎÙÈáÓÔ˜ ‰b ÂÓÙÂηȉÂοÙ˘, öÙÔ˘˜ ëÍ·ÎÈÛ¯ÈÏÈÔÛÙÔÜ ÙÂÙÚ·ÎÔÛÈÔÛÙÔÜ âÓÂÓËÎÔÛÙÔÜ ÙÂÙ¿ÚÙÔ˘, \OÎÙˆ‚ڛŠÌËÓ›, âÁ¤ÓÂÙÔ ÎÏfiÓÔ˜ ̤Á·˜, ηd η٤ÂÛÔÓ ÔåΛ·È ηd Ó·Ôd ÔÏÏÔd ηd ̤ÚÔ˜ Ùɘ ÛÊ·›Ú·˜ Ùɘ ÙÔÜ ıÂÔÜ ÌÂÁ¿Ï˘ âÎÎÏËÛ›·˜. ¬ÂÚ ¿ÏÈÓ ï ‚·ÛÈÏÂf˜ ÊÈÏÔٛ̈˜ â·ÓˆÚıÒÛ·ÙÔ, ‰··Ó‹Û·˜ Âå˜ ÌfiÓ·˜ Ùa˜ Ì˯·Óa˜ Ùɘ àÓfi‰Ô˘, ‰È’zÓ Ôî Ù¯ÓÖÙ·È îÛÙ¿ÌÂÓÔÈ Î·d Ùa˜ ≈Ï·˜ àÓ·ÁÔ̤ӷ˜ ‰Â¯fiÌÂÓÔÈ «ÎÔ‰fiÌÔ˘Ó Ùe ÂÙˆÎfi˜, ÎÂÓÙËÓ¿ÚÈ· ‰¤Î·». Il terremoto è datato al 986. 126 lorenzo riccardi Fig. 10. Erevan, Museo di Stato, modello litico di una chiesa, trovato a Sisian in Armenia, vii sec. (?). evento, cui seguì il passaggio di una cometa, spinse lo stesso Leone Diacono a temere della ine del mondo,207 mentre per l’armeno Grigor Narekac’i il terremoto era la debita conseguenza del clima eretico e della collera divina, ai quali solo il restauro della chiesa, visto come opportuno castigo dei peccatori, 207 Leon Diac., Hist. x, 10 (ed. Hase 1828, pp. 175-176; tr. Talbot, Sullivan 2005, p. 217-218). Cfr. Magdalino 2003, pp. 260-261. 208 Mahé 1991, pp. 561, 560. 209 Su Trdat si veda, con bibliograia precedente, Maranci 2003. 210 Stefano di Taron, Hist., xxvii (tr. Gelzer, Burckhardt 1907, p. 190; tr. Macler 1917, pp. 132-133): «Un petit nombre de jour après, le pays des grecs fur agité d’un violent tremblement de terre. Nombre de villes, de villages et de cantons furent ruinés; mais particulièrement dans le pays des Thraces et des byzantins. La mer qui sépara ces eux provinces y it irruption en y répandant des lots agités, et pénétra jusque dans la ville impériale de Constantinople. Là, les splendides et superbes parures des colonnes merveilleuses et des statues et églises magniiques si écroulaient et s’efondraient; Sainte-Sophie elle-même, la cathédrale, se fendit de haut en bas; les habiles architectes grecs s’eforcèrent beaucoup pour la restaurer. Mais ce maître architecte arménien Trdat (Tiridate), le sculpteur, se trouvant là par hasard, donna un plan de la restauration, prépara une maquette qui poteva porre rimedio.208 Il cantiere di restauro era stato aidato a un architetto armeno di nome Trdat, molto noto in patria, ove infatti aveva momentaneamente lasciato il lavoro cui attendeva, la costruzione della cattedrale di Ani (odierna Turchia orientale), per recarsi a Costantinopoli.209 Lo storico Stefano di Taron, molto inorgoglito dalla fama del suo conterraneo, spiega l’eccentrica scelta di un architetto straniero per un restauro nella capitale dell’impero e, peraltro, del monumento simbolo della città, adducendo a sostegno i vani tentativi dei pur «abili costruttori» bizantini,210 cui Trdat seppe rimediare con un attento e laborioso studio. In ossequio alla tradizione armena egli, che aveva maturato in patria una solida esperienza nella costruzione di cupole impostate su pennacchi211 presentò al committente ben due studi preparatori: un «piano di restauro» (awrinak), ossia disegni e ricostruzioni graiche, e un «modellino» tridimensionale (kałabar),212 che non doveva essere molto diferente da un gruppo di bozzetti litici ancora esistenti e datati dal settimo (Fig. 10) al quattordicesimo secolo, in cui era raigurato l’alzato delle costruzioni.213 Per l’impresa, come riferisce Skylitzes, furono necessari dieci kentenaria d’oro solo per i ponteggi e sei anni di lavori, conclusi, visto che egli data il sisma al 986, solo nel 992214 (nel 993 secondo Yahya):215 in realtà, come ha dimostrato C. Mango, la riapertura avvenne probabilmente il 13 maggio del 994.216 Il restauro fu certamente impegnativo e riguardò non soltanto le strutture murarie, ma anche la ridecorazione dell’arco occidentale abbattuto dal terremoto. Sulle pareti ricostruite da Trdat i mosaicisti riprodussero le sacre igure distrutte nel 989 sul modello di quelle fatte eseguire un secolo prima da Basilio I: la Vergine e il Bambino entro un medaglione iridescente e ai lati i principi degli était une œuvre de génie et dirigea lui-même les premiers travaux de sorte que [l’église] fut reconstruite plus magniique qu’auparavant». Si veda per la discussione bibliograica: Donabédian 1991, pp. 99-101 (= Donabédian 2001, pp. 45-48). 211 Maranci 2003, pp. 296-302. 212 Stefano di Taron, Hist., xxvii (tr. Gelzer, Burckhardt 1907, p. 190; tr. Macler 1917, pp. 132-133). Cfr. Maranci 2003, pp. 294-296. 213 Sui modelli litici: Cuneo 1969, Iacobini 1991b e, più recentemente Angar 2008. Sull’uso dei modelli in pietra anche in alcune costruzioni progettate da Trdat si veda Riccardi in c.d.s. 214 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 34 (ed. Thurn 1973, pp. 331332; tr. Flusin 2003, p. 277). 215 Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky, Vasiliev 1932, pp. 220221; tr. Pirone 1998, 10:166-167, p. 199). 216 Mango 1988. Sul restauro della cupola: Emerson, Van Nice 1951. «un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti 127 Fig. 11. I mosaici dell’arcone occidentale della Santa Soia di Istanbul rinvenuti durante i lavori di restauro dei fratelli Fossati (1847-1849) in un disegno di W. Salzenberg pubblicato in Alt-christliche Baudenkmale von Constantinopel, Berlin 1855. apostoli Pietro, a destra, e Paolo, a sinistra.217 Dal momento che non vi furono sull’arco occidentale, almeno in età bizantina, altri interventi di restauro, è verosimile che i frammentari mosaici scoperti in situ dai fratelli Fossati alla metà del xix secolo e documentati accuratamente anche da Salzenberg218 (Fig. 11) fossero quelli eseguiti durante il cantiere di Basilio II. Purtroppo il frammento della Theotokos, riscoperto in precarie condizioni durante i lavori di consolidamento dell’arco occidentale, fu completamente rimosso in seguito al terremoto del 1894 e analoga sorte toccò probabilmente alle igure degli apostoli.219 Accanto alla decorazione igurata, anche i costoloni della cupola, oggi ornati con un motivo a diamanti e croci sulle diagonali, furono quasi sicuramente interessati dall’intervento dei mosaicisti per raccordare visivamente la parte restaurata a quella originaria giustinianea.220 217 Vita Basilii, 79 (ed. Bekker 1838, p. 322): «Î·©’≥Ó Î·d ÙcÓ Ùɘ ©ÂÔÌ‹ÙÔÚÔ˜ ÂåÎfiÓ· ÙeÓ iÛÔÚÔÓ ˘îeÓ âˆÏ›ÓÈÔÓ Ê¤ÚÔ˘Û·Ó àÓÈÛÙfiÚËÛÂ, ηd ÙÔf˜ ÙáÓ àÔÛÙfiÏÔÓ ÎÔÚ˘Ê·›Ô˘˜ ¶¤ÙÚÔÓ Î·d ¶·ÜÏÔÓ ëη٤ڈ©ÂÓ CÛÙËÛ»; 219 Mango 1962, p. 80. 220 C. Mango suppone che, oltre i costoloni, anche parte della cupola, decorata da un medaglione contenente la igura di Cristo, fosse stata interessata dall’intervento dei mosaicisti durante il restauro di Basilio II: Mango 1962, p. 87. cfr. Mango 1972, p. 192. 218 Mango 1962, pp. 76-80. iv. Se non fosse frutto unicamente della colta fantasia di Psello, accanto alle opere più rilevanti, quali i manoscritti miniati e il restauro della Santa Soia, potrebbe igurare anche una singolare costruzione che Basilio II volle per custodire le enormi ricchezze che aveva 128 lorenzo riccardi accumulato nel suo lungo regno e che aveva nascoste in una sorta di pozzo inaccessibile (56): «E non bastandogli perciò i vani delle apposite sale, fece scavare delle gallerie elicoidali sul modello di quelle delle tombe egizie e in esse ripose non pochi dei beni radunati. E non godeva di nessuno d’essi: la maggior parte delle pietre preziose, tanto di quelle chiarissime che chiamiamo perle quanto di quelle scintillanti di vari colori, non si trovavano incastonate su diademi o collari ma giacevano lì, gettate chissà dove sotto terra».221 Il grande scrittore, che ino a poco prima non aveva riservato che disprezzo per l’entourage di Basilio II, attribuisce ora al sovrano, e di conseguenza ai suoi più stretti collaboratori, compreso l’architetto di iducia, un progetto talmente particolare da richiedere un’accurata conoscenza non solo delle pratiche costruttive correnti, ma anche di quelle antiche, in questo caso addirittura egizie. Il modello evocato da Psello nobilita l’opera promossa dall’imperatore ed è, al contempo, spia della scarsa attendibilità del ritratto che egli ne fa nella sua Cronograia, di cui – grazie anche all’analisi di B. Crostini222 – sono già stati messi in luce i numerosi limiti. Pur con la necessaria cautela, non sembra infatti del tutto certo, da quanto emerso inora, che nella corte di Basilio II spirasse un’aria anti-intellettuale223 solo perché, come M. Lauxtermann scrive, nell’ideologia militare dell’imperatore non c’era posto per la letteratura e i letterati.224 Non va dimenticato che lo stesso Basilio, quando volle essere ricordato per i suoi meriti militari, lo fece anche attraverso le opere d’arte e la poesia, come nel caso del Salterio, dei poemi introduttivi ai manoscritti e dell’epitaio che doveva essere scolpito sulla sua tomba all’Hebdomon.225 Certo si potrebbe obiettare che i dati in qui raccolti siano poco numerosi per il cinquantennale regno di Basilio II, anche perché alcuni di essi mancano di una vera e propria rilevanza artistica. Tuttavia va detto che alla carenza di informazioni scritte e di evidenze materiali, già rare in situazioni “normali”, si accompagna la sconfortante assenza di quelle pièces de circostance, che hanno il più delle volte tramandato ai posteri le imprese artistiche dei grandi personaggi e soprattutto degli imperatori (si pensi infatti al ruolo svolto dagli scritti di Procopio per la igura di Giustiniano o dalla Vita Basilii di Costantino VII Porirogenito per quella del fondatore della dinastia macedone o, facendo un esempio più vicino nel tempo, dai quattro panegirici di Psello per Costantino IX Monomaco).226 E anche se, come sostiene Lauxtermann, Basilio non volle encomi e fu quindi solo lui “colpevole” della sua fama,227 ciò non costituisce un argomento e silentio per dimostrare che committenze non ci furono afatto. In questa prospettiva, apparirebbero semplicemente inspiegabili i due manoscritti commissionati dall’imperatore, che, invece, come si è cercato di evidenziare, costituiscono una solida (e magniica) base di partenza per riconsiderare l’oeuvre in campo artistico e culturale di un sovrano che, occorre ricordarlo, fu «eccellente tanto nelle vittorie quanto nelle opere della mente».228 Venendo dunque alla presente ricerca, già a una scorsa veloce del regesto è possibile fare alcune considerazioni. In primo luogo Basilio II si attivò prontamente laddove gli attacchi dei nemici e le catastroi naturali lo resero necessario: restaurò fortiicazioni e torri tanto nei Balcani che in Asia minore, senza dimenticare tuttavia la capitale dell’impero da cui doveva essere spesso lontano per le vicende belliche che conduceva in prima persona. Egli, almeno per quanto ne sappiamo, non si impegnò in nuove grandi opere, ma preferì rispondere alle necessità reali della città e dei suoi abitanti restaurando o costruendo ediici pubblici (come le torri rase dal terremoto e l’acquedotto) o istituendo nuovi enti assistenziali (chiese trasformate in monasteri, ospedale per i poveri). In secondo luogo Basilio non si sottrasse all’inveterata pratica di lussuosi donativi diplomatici, come vesti, tessuti, oggetti preziosi (reliquiari, ad esempio), icone o, addirittura, piccole sculture (il serpente am- 221 Mich. Psello, Chron. i, 31 (ed. Impellizzeri 1984, i, pp. 44-47). 222 Crostini 1996. 223 Lauxtermann 2003b, p. 212. 224 Lauxtermann 2003b, p. 212. 225 Mercati 1921 e Mercati 1922 (= Mercati 1970, pp. 226-231, 232-234): «™Ù›¯ÔÈ âÈÙ¿ÊÈÔÈ Âå˜ ÙeÓ Ù¿ÊÔÓ Î˘ÚÔÜ B·ÛÈÏ›Ԣ / ÙÔÜ BÔ˘ÏÁ·ÚÔÎÙfiÓÔ˘ ηd B·ÛÈϤˆ˜ // òAÏÏÔÈ ÌbÓ ôÏÏÔ˘˜ ÙáÓ ¿Ï·È ‚·ÛÈϤˆÓ / ·ñÙÔÖ˜ ÚÔ·ÊÒÚÈÛ·Ó Âå˜ Ù·ÊcÓ ÙfiÔ˘˜Ø / âÁg B·Û›ÏÂÈÔ˜ ‰b, ÔÚʇڷ˜ ÁfiÓÔ˜, / úÛÙËÌÈ Ù‡Ì‚ÔÓ ^E‚‰fiÌÅ Áɘ âÓ ÙfiÅ / ηd Û·‚‚·Ù›˙ˆ ÙáÓ àÌÂÙÚ‹ÙˆÓ fiÓˆÓ / Ô≈˜ âÓ Ì¿¯·È˜ öÛÙÂÚÁÔÓ, Ôû˜ öηÚÙ¤ÚÔ˘Ó. / Ôé Á¿Ú ÙȘ Âr‰ÂÓ äÚÂÌÔÜÓ âÌeÓ ‰fiÚ˘, / àÊ’Ôy ‚·ÛÈχ˜ ÔéÚ·ÓáÓ Î¤ÎÏËΤ Ì / ·éÙÔÎÚ¿ÙÔÚ· Áɘ ̤Á·Ó ‚·ÛÈϤ·, / àÏÏ’àÁÚ˘ÓáÓ ±·ÓÙ· ÙeÓ ˙ˆÉ˜ ¯ÚfiÓÔÓ / ^PÒÌ˘ Ù¿ Ù¤ÎÓ· Ùɘ Ó¤·˜ âÚÔ˘fiÌËÓ / ïÙb ÛÙÚ·Ù‡ˆÓ àÓÚ‰ÈÎᘠÚe˜ ëÛ¤Ú·Ó, / åÛÙáÓ ÙÚfi·È· ·ÓÙ·¯ÔÜ Áɘ Ì˘Ú›·, / ÔÙb Úe˜ ·éÙÔf˜ ÙÔf˜ nÚÔ˘˜ ÙÔf˜ Ùɘ ≤ˆ. / ηd Ì·ÚÙÚÔÜÛÈ ÙÔÜÙ· ¶¤ÚÛ·È Î·d ™Î‡ı·È, / Úe˜ Ô≈˜ \A‚·ÛÁfi˜, \IÛÌ·‹Ï, òAÚ·„, òI‚ËÚ. / ηd ÓÜÓ ïÚáÓ, ôÓıÚˆÂ, ÙfiӉ ÙeÓ Ù¿ÊÔÓ / Â鯷֘ àÌ›‚Ô˘ Ùa˜ âÌa˜ ÛÙÚ·ÙËÁ›·˜». Cfr.: Stephenson 2003a, p. 49. 226 Si rimanda, per sinteticità, ai seguenti studi de’ Maffei 1988, Gallina 2000, Chamberlain 1986 e Michael Psellus Orationes Panegyricae 1994. Sul genere letterario: Dennis 1997. 227 Lauxtermann 2003b, p. 215. 228 Così è scritto nel proemio introduttivo del Menologio di Basilio II: cfr. nota 49. «un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti 129 brosino e la Deposizione lignea armena), accanto alne” era stata preceduta dalla lunga predica che un inle più scontate donazioni monetarie. Queste ultime, viato di questi ultimi tenne dinanzi a Vladimir, al di cui non ci siamo occupati nella ricerca, ma che soquale, terminato il sermone, il “ilosofo” greco mono attestate in grande quantità e con assidua frequenstrò un’icona del Giudizio Universale, che raiguraza, gettano nuova luce su un altro aspetto del ritratto va «sulla destra i giusti, che nel gaudio entravano in codiicato dell’imperatore, emerso già nel giudizio di paradiso, sulla sinistra invece i peccatori, che avanzaZonara e nell’episodio delle gallerie “egizie” di Pselvano nei tormenti».231 Nonostante il lungo sermone, lo: l’eccessiva parsimonia.229 Nelle diverse fonti teil principe russo preferì temporeggiare e inviò ambastuali sono infatti menzionati donativi e vitalizi consciatori, come già ricordato, anche a Costantinopoli. cessi da Basilio II ai sudditi, agli alleati o anche, in Giunti questi nella capitale, il sovrano «l’indomani occasione di accordi diplomatici, ai nemici. E ulteriomandò al Patriarca per dire: “Sono giunti dalla Rus’ re conferma dell’allentamento dei cordoni della borper conoscere la nostra fede; appronta la chiesa e il sa imperiale è fornita dai dieci kentenaria d’oro necesclero e tu stesso indossa i sacri paramenti, perché vesari solo per allestire i ponteggi nella Santa Soia per dano la gloria del nostro Dio”. Il Patriarca, senza por i restauri della cupola e dell’arco occidentale: una tempo in mezzo, ordinò di convocare il clero e, sespesa molto ingente, ma esigua rispetto al costo totacondo l’usanza, celebrarono l’uicio festivo e accesele dell’intervento, di cui purtroppo non conosciamo ro le candele e canti corali intonarono. L’imperatore l’ammontare preciso. Se ne ricava dunque che Basilio si recò in chiesa insieme a loro; collocati gli ospiti in II, pur essendo stato oculato nelle spese, non fu così un posto centrale, mostrarono loro lo splendore delavaro come lo dipinge Psello, né tantomeno ostile alla chiesa, il canto e il servizio dei diaconi e illustrarola tradizione bizantina del dono diplomatico, di cui si no loro il culto del proprio Dio. Essi vinti dall’ammiservì molto frequentemente, avendo ben chiaro il sirazione stupivano e lodavano il loro servizio. Gli gniicato e il potere di tale atto presso i destinatari. imperatori Basilio e Costantino, dopo averli chiamaÈ possibile però spingersi oltre e magari ipotizzare ti, dissero loro: “Tornate alla vostra terra”. E li conuna sensibilità culturale e più squisitamente artistica gedarono con grandi doni e con onori».232 di Basilio II? A questo interrogativo, di non facile Non si ha certezza che l’ambasciata russa ebbe efsoluzione anche nel caso di situazioni meglio docufettivamente luogo: la redazione della Cronaca di Nementate, proviamo a rispondere riesaminando alcustore l’Annalista è piuttosto tarda, anche se condotta ni aspetti già presi in considerazione, aggiungendosu altre fonti più antiche.233 Inoltre dell’intera vicenne due nuovi e partendo proprio da uno di questi. da del Battesimo della Rus’ non si ha ricordo nelle Poco prima che il principe Vladimir abbracciasse l’orfonti bizantine, il cui silenzio è dovuto piuttosto a todossia, i russi avevano inviato delle ambasciate ai un’ostilità mai del tutto sopita nei confronti di VladiBulgari di fede musulmana, ai Germani cattolici, ai mir e del suo paese, al quale Basilio II chiese sosteKazari ebrei e inine ai Bizantini.230 Questa “missiogno per sedare deinitivamente le rivolte interne.234 229 Mich. Psello, Chron. i, 31 (ed. Impellizzeri 1984, i, pp. 44-47) e Io. Zon., Epit. hist. xvii, 8, 21 (ed. Pinder 1897, p. 561). La ricchezza del tesoro imperiale stupì molto anche il compilatore del Libro dei doni e delle rarità: «When Basil, son of Romanos, the Emperor of Byzantium, died in the year 410 [1019-1020], he left six thousand Baghdadi qintars of gold coins ad jewels (al-mal al-‘ayn al samit) worth ifth-four million dinars» [Kitab al-Dhakha’ir wa al-Tuhaf, 340 (tr. al-¢ijjawi alQaddumi 1996, p. 218)]. 230 Nestore l’Annalista, Cronaca (ed. Cross, Sherbowitz-Wetzor 1953, p. 110; tr. Giambelluca Kossova 2005, pp. 171-172). 231 Nestore l’Annalista, Cronaca [ed. Cross, Sherbowitz-Wetzor 1953, pp. 97-110; tr. Giambelluca Kossova 2005, pp. 153-171 (la citazione è a p. 171)]. Per il discorso del “ilosofo” si vedano: Šev©enko 1988-1989, pp. 23-26, Giambelluca Kossova 2005, pp. 52-62 e Ivanov 2008, pp. 325-327. 232 Nestore l’Annalista, Cronaca (ed. Cross, Sherbowitz-Wetzor 1953, pp. 110-111; tr. Giambelluca Kossova 2005, p. 172). Sul problema della scelta della religione da parte di Vladimir si veda Tolo©ko 1988-1989 e Ivanov 2008, p. 326. Altre due fonti – la Vita di Vladimir e la cosiddetta Narratio de Russorum ad idem christianam con- versione – ricordano l’ambasciata russa a Costantinopoli: Analecta byzantino-russica 1891, pp. xxi-xxiv. La Narratio fu edita per la prima volta da A. Banduri nel 1711, che la incluse come appendice al suo celebre Imperium Orientale; l’edizione di Regel, di poco discorde, è stata invece condotta su un altro manoscritto greco, dal momento che quello trascritto dall’erudito italiano agli inizi del xviii secolo era alla ine dell’ottocento irreperibile: Banduri 1711, pp. 112-116 e Analecta byzantino-russica 1891, pp. xix-xxi, 44-51. Cfr. Schlumberger 1896, pp. 630-634, 695. Nella Narratio la presenza degli ambasciatori russi nella S. Soia è ricordata ancora con più entusiasmo e partecipazione: Banduri 1711, pp. 113-115 e Analecta byzantino-russica 1891, pp. 47-50. 233 Cross, Sherbowitz-Wetzor 1953, p. 3. La Cronaca di Nestore l’Annalista è ritenuta infatti «the principle source of our knowledge of the events of the Russia’s conversion»: Obolensky 1971, p. 193. Non ne è convinto, invece, lo studioso polacco Poppe: Poppe 1976, pp. 207-210. 234 Cfr. Poppe 1987. L’aiuto dei Variaghi di Vladimir fu necessario infatti per sconiggere deinitivamente Barda Foca: Holmes 2005, pp. 511-515. 130 lorenzo riccardi Fig. 12. Istanbul, Santa Soia, vestibolo sud-ovest: mosaico con la Theotokos e gli imperatori Costantino e Giustiniano. Tuttavia non ci sono elementi suicienti per negare in toto la possibilità che la missione a Costantinopoli ebbe luogo in questi termini;235 pertanto, pur con grande cautela, ne possiamo dedurre un aspetto molto interessante ai ini della presente ricerca: l’imperatore si servì delle potenzialità suggestive e comunicative dell’arte (in particolare «lo splendore della chiesa») e del cerimoniale laico e religioso bizantino per presentare la propria fede agli ambasciatori russi. Sebbene il testo non dica chi abbia accompagnato gli ambasciatori nella Santa Soia (se Basilio II o invece un suo preposto),236 ciò evidenzia comunque la grande considerazione del sovrano per questi preziosi strumenti di persuasione, che apparteneva- no d’altronde ai più collaudati mezzi di “propaganda” della corte imperiale.237 Prove a favore della sensibilità dell’imperatore macedone verso l’arte, in aggiunta ai più volte citati manoscritti da lui commissionati, sono anche i lavori di restauro che interessarono la Santa Soia dopo il terremoto del 989. Basilio scelse infatti di aidare il cantiere a un architetto armeno di comprovata esperienza che presentò al committente non solo dei disegni, ma anche un modello tridimensionale dell’ediicio. Inoltre, al sovrano dovettero far riferimento anche gli artisti che provvidero alla ridecorazione della cupola e soprattutto dell’arco occidentale. Sulla supericie ricostruita da Trdat essi realizzarono in- 235 Anzi è probabile che essa avvenne, dal momento che una fonte araba ricorda che Vladimir mandò a chiedere al re di Khorezm nell’Asia centrale un saggio che esponesse la propria religione: Shepard 1992, pp. 76-77. Cfr. Franklin, Shepard 1996, pp. 161-163. 236 Come sembrerebbe suggerire la Narratio [ed. Banduri 1711, p. 113; Analecta byzantino russica 1891, p. 48 (da cui si cita)]: «Î·d ¿ÏÈÓ Ôî ̤ÁÈÛÙÔÓ Ó·eÓ ÂåÛ¤Ú¯ÔÓÙ·È, ¬ˆ˜ Ùɘ àÓ·ÈÌ¿ÎÙÔ˘ ηd ©Â›·˜ Ì˘ÛÙ·ÁˆÁ›·˜ ÁÂÓ‹ÛÔÓÙ·È». ®Ë©¤ÓÙ˜ ±Ó‰Ú˜ ÌÂÙa ηd ÙáÓ ‚·ÛÈϤˆ˜ àÚ¯fiÓÙˆÓ Âå˜ ÙeÓ Û‚¿ÛÌÈÔÓ Î·d 237 Nei testi bizantini dove immagini e luoghi, quale ad esempio la Santa Soia, sono utilizzati a scopi propagandistici, ricorrono frequentemente, come nota la Koutrakou, i termini di «öÓ‰ÂÈÍȘ», dimostrazione, ostentazione e di «ı·˘Ì·ÛÌfi˜», meraviglia: Koutrakou 1994, pp. 78-86. «un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti 131 fatti dei mosaici in tutto simili a quelli che più di un su tutti, il Menologio e il Salterio, le ricostruzioni delsecolo prima erano stati voluti dal pio Basilio I, che l’agion louma delle Blacherne con «oro e argento» e nell’iscrizione absidale veniva elogiato come “requella della Santa Soia con i suoi mosaici. stauratore delle immagini” dopo la distruzione iconoclasta ad opera degli «impostori».238 L’erede del Bibliografia fondatore della dinastia macedone aveva dunque tenuto nel 989 un atteggiamento analogo a quello del a. Fonti suo illustre avo restituendo l’ediicio al culto nella Fonti bizantine sua integrità non solo architettonica ma anche decoActes de Lavra, i, Des origines à 1204, édition diplomatique par rativa. A memoria di questo accurato intervento di P. Lemerle, A. Guillou, N. Svoronos; avec la collaborestauro – ed ecco il secondo elemento nuovo cui si ration de D. Papachryssanthou, Paris 1970 (Archives faceva riferimento – Basilio II commissionò molto de l’Athos, 5). probabilmente un altro mosaico, quello della lunetta Cedr., Hist. [Georgius Cedrenus Compendium Historiarum, i, del vestibolo sud-ovest della stessa Santa Soia239 ed. I. Bekker, Bonnae 1838 (Corpus Scriptorum Histo(Fig. 12). Il noto pannello, raigurante gli imperatori riae Byzantinae, 8)]. Costantino e Giustiniano nell’atto di ofrire rispettiAnna Comn., Alexias [Annae Comnenae Alexias, ed. D.R. vamente il modellino della città e quello della GranReinch, A. Kambylis, Berolini et Novi Eboraci 2001 de Chiesa alla Theotokos, è infatti la celebrazione di (Corpus Fontium Historiae Byzantinae, 40/1-2)]. una delle più importanti prerogative imperiali, quelConst. Porphyr., De Cerim. [Constantini Porphyrogeniti Imperatoris De Cerimoniis Aulae Byzantinae, i, ed. J. Reiske, la della ktetoreia.240 In quest’immagine di tipo «meBonnae 1829 (Corpus Scriptorum Historiae Byzantinae, moriale»,241 il committente ha voluto mettere a con16)]. fronto, se non in competizione, la propria ktetoreia Nic. Chon., Hist. [Nicetae Choniatae Historia, recensuit I.A. non dichiarata con quella dei due grandi sovrani del Van Dieten, Berolini et Novi Eboraci 1975 (Corpus passato non procedendo certo a una riediicazione Fontium Historiae Byzantinae, 11); Niceta Coniata, della Santa Soia o della città di Costantinopoli, ma Grandezza e catastrofe di Bisanzio (Narrazione cronologica), compiendo proprio degli importanti restauri per il ii, trad. A. Pontani, testo critico e commento di R. ripristino del loro antico fulgore. Egli ha infatti riaMaisano e J.L. Van Dieten, Milano 1999 (Scrittori perto da un lato la chiesa danneggiata al culto dei fegreci e latini)]. deli e dall’altro ha garantito l’integrità isica delle Cramer J.A., Anecdota graeca e codd. Manuscriptis bibliothemura e quindi dell’intera città. E nel mosaico queste cae regiae parisiensis, Oxford 1841 (= Hildesheim 1967). Leon Diac., Hist. [Leonis diaconi Caloensis historiae libri deoperazioni, che rientrano a pieno titolo nelle prerocem, ed. K.B. Hase, Bonnae 1828 (Corpus Scriptorum gative di diritto e di dovere di un imperatore, vengoHistoriae Byzantinae, 30); The History of Leo the Deacon: no ampiamente esaltate e paragonate a vere e proByzantine Military Expansion in the Tenth Century, introprie fondazioni. duction, translation, and annotations by A.-M. Talbot In ossequio a quella che Jan Assmann deinisce la and D.F. Sullivan with the assistance of G. T. Dennis «cultura del ricordo»,242 Basilio II ha legittimato l’oriand S. McGrath, Washington, D.C. 2005 (Dumbarton gine e la provenienza del proprio potere commissioOaks Research Library and Collection)]. nando un mosaico in cui il presente dialoga con la tra- I . ™ YKOYTPH™, §¤ÔÓÙÔ˜ ÙÔÜ ¢È·ÎfiÓÔ˘ \AӤΉÔÙÔÓ âÁÎÒdizione. E, al contempo, ha cercato di far proprio il ÌÈÔÓ Âå˜ ‚·Û›ÏÂÈÔ˘ Bã, in \EÂÙËÚd˜ ^EÙ·ÈÚ›·˜ B˘˙·ÓÙÈÓáÓ passato e il futuro «ponendo dei monumenti a se ™Ô˘‰áÓ 10 (1932), pp. 425-434. stesso con le proprie imprese»,243 che furono certo e Te \E·Ú¯ÈÎeÓ ‚È‚Ï›ÔÓ = The Book of the Prefet = Le livre du Préfet, with an introduction by I. Duj©ev, London 1970. in primo luogo militari, ma anche artistiche, come, 238 Cfr. Guiglia Guidobaldi 2007, p. 132 e n. 38. 239 Rimando per l’esposizione particolareggiata di tale ipotesi a un mio scritto in corso di pubblicazione: Riccardi in c.d.s. 240 Come ha giustamente scritto A. Iacobini il mosaico del vestibolo sud-ovest della Santa Soia è «l’icona per eccellenza» della ktetoreia imperiale: Iacobini 1995, pp. 374-375. 241 Prinzing 1986, pp. 6-13. 242 Assmann 1992 (1997, pp. 43-44). 243 Assmann 1992 (1997, p. 44). Referenze fotografiche: 1. (da El «Menologio de Basilio II» 2008); 2. (da Bernward von Hildesheim 1993); 3. (da Il millennio ambrosiano 1998); 4. (da Reproduction from the illuminated Manuscripts 1965); 5. (da Leone de Castris 2002); 6. (da Piguet-Panayotova 2003); 7-8. (da MeyerPlath, Schneider 1943); 9. (da Demangel 1945); 10. (da Cuneo 1969); 11. (da Mango 1962); 12. (da Enciclopedia dell’arte medievale, v, 1994). 132 lorenzo riccardi Io. Lazarop., Syn. [The Hagiographic Dossier of St Eugenios of Trebizond in Codex Athous Dionysiou 154, A Critical Edition with introduction, translation, commentary and indexes by J.O. Rosenqvist, Uppsala 1996 (Acta Universitatis Upsaliensis. Studia Byzantina Upsaliensia)]. - Io. 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Zoras G., Le corporazioni bizantine: uno studio sull’ \E·Ú¯ÈÎeÓ ‚È‚Ï›ÔÓ dell’imperatore Leone VI, Roma 1931. «un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti 141 R E G E STO* Nº Datazione Descrizione Fonte 1. 978 Reliquia donata alla Grande Lavra (Monte Athos, Grecia). Actes de Lavra 1970, p. 114. 2. 980-981 ca. Fortiicazione della cittadella di Ibn Ibrahim nella città di Ra|ban (Siria). Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky, Vasiliev 1932, pp. 197-198; tr. Pirone 1998, 10:100, p. 182). 3. 982-983 Ambasciata di Niceforo Urano con preziosi doni (hadiya ğamila) al buyide emiro degli emiri di Baghdad, ‘Adudaddawla. The Eclipse of the ‘Abbasid Caliphate 1921, p. 23; Regesten 2003, p. 173 nº 767f. 4. 983 Reliquia donata al vescovo di Aparank’(Armenia), Step’anos. Mahé 1991, p. 570. 5. 983-996 Frammento di architrave di una costruzione religiosa, rinvenuto a Laodicea (in Anatolia) e recante i nomi degli imperatori Basilio e Costantino e del patriarca Nicola. Calder 1928, p. 137, nº 257. 6. 987 Ambasciata russa a Costantinopoli congedata dagli imperatori con ricchi doni e grandi onori. Nestore l’Annalista, Cronaca (ed. Cross, Sherbowitz-Wetzor 1953, pp. 110-111; tr. Giambelluca Kossova 2005, p. 172]. 987-989 Ambasciata di alcuni religiosi bizantini presso il principe russo Vladimir con la missione di battezzare lui e il suo popolo e di portare, oltre la principessa Anna, la corona e le restanti insegne. Analecta byzantino-russica 1891, pp. 75-76. 8. 987-988 Ambasciata con regali e denaro al califo fatimide d’Egitto, Al-‘Aziz, per la manutenzione della chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme e per concludere un trattato di pace. Regesten 2003, pp. 182-183 nº 770. 9. 989 ante Costruzione di un ediicio per i poveri e di un orfanotroio a Costantinopoli. Sykontes 1932, pp. 428-429. 989 dicembre (o 998 dicembre) Ambasciata all’emiro degli emiri di Sicilia, Tağaddawla Abu l-Futuh Yusuf b. Abi l-¢asan, con doni “preziosi, oltremodo pregevoli”, tra cui una piccola cassettina (safat sa#ir) con una pietra di media grandezza, di color polvere e a forma triangolare, che, se messa a contatto su una persona malata, dava guarigione in casi di idropisia. Kitab al-Dhakha’ir wa al-Tuhaf, 101 (tr. Al-¢ijjawi al-Qaddumi 1996, p. 218). 7. 10. * L’abbreviazione n.p. nella colonna Datazione sta per “non precisabile”. 142 Nº lorenzo riccardi Datazione Descrizione Fonte Leon Diac., Hist. x, 10 (ed. Hase 1828, pp. 175-176; tr. Talbot, Sullivan 2005, p. 217-218); Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 34 (ed. Thurn 1973, pp. 331-332; tr. Flusin 2003 p. 277); Yahya, Cronache (ed. Kratchkovsky, Vasiliev, 1932, pp. 220-221; tr. Pirone 1998, 10:166-167, p. 199); Stefano di Taron, Hist., xxvii (tr. Gelzer, Burckhardt 1907, p. 190; tr. Macler 1917, pp. 132-133); Mahé 1991, pp. 561, 560. 11. 989-994 Restauro della cupola e dell’arco occidentale della S. Soia a Costantinopoli, decorazione con nuovi mosaici e realizzazione della lunetta musiva del vestibolo sud-ovest. 12. 989 post Restauro della torre n. 1 delle mura teodosiane a Costantinopoli. Meyer-Plath, Schneider 1943, p. 123 nº 1. 13. 989 post Restauro della torre n. 36 delle mura teodosiane a Costantinopoli. Meyer-Plath, Schneider 1943, p. 129 nº 23. 14. 990-991 ca. Doni (tiyab muzayyana, ricche vesti decorate) al principe di Tayk| (Georgia), Dawit|. Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky, Vasiliev 1932, p. 221; tr. Pirone 1998, 10:170, p. 200); Regesten 2003, p. 188 nº 780. 15. 994 ante Restauro e decorazione dell’agion louma nel quartiere delle Blacherne a Costantinopoli. Patria iii, 214 (ed. Preger 1901-1907, p. 283). 16. 995 maggio Donativi in denaro e vesti d’onore al governatore fatimida di Šayzar (Siria), Mansur b. Karadis. Regesten 2003, p. 193 nº 782a. 17. 995-996 Doni (vesti) a nobili di Tripoli (attuale Libano). Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky, Vasiliev 1932, p. 235; tr. Pirone 1998, 11:18, pp. 210-211). 18. 995-999 Fortiicazione della cittadella di Antartus (regione di Antiochia, Siria). Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky, Vasiliev 1932, p. 235; tr. Pirone 1998, 11:19, p. 211); Stefano di Taron, Hist. xxxv (tr. Macler 1917, p. 147). 19. 996 “Riordinamento” della chiesa di Cassiano (da identiicare con la cattedrale di Hagios Petros) ad Antiochia (Siria). Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky, Vasiliev 1932, p. 237; tr. Pirone 1998, 11:25, p. 212); Regesten 2003, p. 198 nº 785c. 20. 997 Doni a Giovanni Orseolo, iglio del doge di Venezia, Pietro. Cronache veneziane antichissime 1890, p. 154. 21. 998-999 Ambasciata con doni al califo fatimide d’Egitto, al-¢akim. Regesten 2003, pp. 199-200 nº 788. 22. 999 Costruzione di una cappella nella piana di Apamea (Siria). Stefano di Taron, Hist. xxxv (tr. Gelzer, Burckhardt 1907, p. 209; tr. Macler 1917, p. 160). «un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti 143 Nº Datazione Descrizione Fonte 23. 999 Icona gigante del volto del Salvatore donata all’arcivescovo di Napoli, Sergio. D’Engenio Caracciolo 1624, pp. 314-415. 24. 1000 Doni (“costumes brillants”, cavalli, muli e denaro) al re di Vanand, Abas, e al re di Vaspurakan, Senek’erim (Armenia). Stefano di Taron, Hist xxxv (tr. Gelzer, Burckhardt 1907, p. 211; tr. Macler 1917, p. 165); Regesten 2003, p. 203 nº 791. 25. 1000 Ricchi doni ai nobili di Tayk| (Armenia). Aristakes, Récit (éd. Canard, H. Berbérian 1973, pp. 3-4); Regesten 2003, p. 202 nº 790b. 26. 1000 ca. Dono del serpente bronzeo all’arcivescovo di Milano, Arnolfo. Land., Hist. 18 (ed. Bethmann, Wattenbach 1846, p. 56). 27. 1001 Ambasciata con doni al califo fatimide d’Egitto, al-¢akim. Regesten 2003, p. 204 nº 792c. 28. 1002 Fortiicazione della città di Vidin (attuale Bulgaria). Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 30 (ed. Thurn 1973, p. 346; tr. Flusin 2003, p. 289). 29. 1002 Doni nuziali a Ottone III (?). Land., Hist. 18 (ed. Bethmann, Wattenbach 1846, p. 56). 30. 1002 dicembre Reliquia donata all’imperatore sassone Enrico II. Chronicon S. Andreae, in Monumenta Germaniae Historica, ss vii, 1846, p. 530. 31. 1002 ca. Restauro dell’acquedotto di Valente a Costantinopoli e nell’hinterland della capitale. Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 45 (ed. Thurn 1973, p. 366; tr. Flusin 2003, p. 304). 32. 1002 ca. Costruzione a Karacaköy (Tracia). Asdracha 1989-1991, pp. 306-309. 33. 1004 Diademi, doni e la reliquia di S. Barbara in occasione del matrimonio tra Giovanni Orseolo, iglio del doge Pietro, e Maria, della famiglia degli Argiri. Cronache veneziane antichissime 1890, pp. 168-169. 34. 1007 Dono di un encolpion con una reliquia della Vera Croce al re Stefano d’Ungheria. Acta Sanctorum Novembris, ii/1, 1894, p. 484. 35. 1010 Restauro delle cupole delle chiese dei Quaranta Martiri e di Ognissanti a Costantinopoli. Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 34 (ed. Thurn 1973, pp. 347-349; tr. Flusin 2003, p. 291). 36. 1013 Ambasciata con doni (cavalli purosangue, cammelli e altri doni, at-tuhaf) all’emiro marvanide Nasraddawla Abu Nasr Ahmad. Regesten 2003, pp. 208-209 nº 798e. 37. 1013 (?) Restauro della torre «supra portam in muris regiae mare versus» a Costantinopoli (Narlikapı). Corpus Inscriptionum Graecarum iv, 1877, nº 8700. 144 lorenzo riccardi Nº Datazione Descrizione Fonte 38. 1014 autunno Ambasciata con doni ad al-¢akim, califo fatimide d’Egitto. Regesten 2003, p. 210 nº 800c. 39. 1016 inverno Rifortiicazione della città di Antiochia (Siria) Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky, Vasiliev 1997, p. 34; tr. Pirone 1998, 13:38, p. 281). 40. 1016 Costruzione di due fortezze a Bodena (Macedonia) Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 37 (ed. Thurn 1973, p. 352; tr. Flusin 1998, p. 294). 41. 1018 Costruzione delle fortezze di Basilis e di Constantinis (Macedonia). Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 41 (ed. Thurn 1973, p. 359; tr. Flusin 2003, pp. 299-300). 42. 1018 Costruzione di un bema (podio) a Diabolis (Macedonia). Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 41 (ed. Thurn 1973, p. 360; tr. Flusin 2003, p. 300). 43. 1018 Splendidi e ricchi doni alla chiesa della Theotokos sull’Acropoli di Atene. Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 43 (ed. Thurn 1973, p. 364; tr. Flusin 2003, p. 303). 44. 1018-1019 Doni a David, iglio del re di Vaspurakan, Senek’erim. Matteo d’Edessa, Chr. i, 49 (ed. Dostourian 1993, p. 45). 45. 1018-1019 Rifortiicazione della città di Theodosiopolis (Armenia). Aristakes, Récit (ed. Canard, Berbérian 1973, p. 11). 46. 1021 Restauro della chiesa di S. Eugenio a Trebisonda (Ponto). Io. Lazarop., Synops., 1 (ed. Rosenqvist 1996, p. 256). 47. 1021-1022 Ricostruzione del tetto della chiesa monastica a Oški (Armenia). T|akaišvili 1952, pp. 53-54 nº 7. 48. 1021-1022 Splendidi doni al catholicos d’Armenia, Pietro. Matteo d’Edessa, Chr. i, 50 (ed. Dostourian 1993, p. 46). 49. 1024 Doni al ponteice Giovanni XIX (Roma). Regesten 2003, p. 226 nº 817. 50. 1024 Rifortiicazione della città di Reggio Calabria (Italia). Annales Barensis, in Monumenta Germaniae Historica, SS V, 1844, p. 149; Amari 1880, p. 440. 51. n.p. Menologio di Basilio II. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 1613. 52. n.p. Salterio di Basilio II. Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, gr. Z 17. «un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti 145 Nº Datazione Descrizione Fonte 53. n.p. Tessuto di Colonia. Colonia, Erzbischöliches Diözesanmuseum, Inv. nº 18. 54. n.p. Tessuto menzionato in una pergamena conservata a Bari. Nitti 1900, p. 83. 55. n.p. Restauro della torre ovest d’Ahirkapı a Costantinopoli. Corpus Inscriptionum Graecarum, iv, 1877, nº 8687. 56. n.p. Costruzione a Costantinopoli di gallerie sotterranee elicoidali sul modello di quelle delle tombe egizie. Mich. Psello, Chron. i, 31 (ed. Impellizzeri 1984, i, pp. 44-47). 57. n.p. Arrivo a Costantinopoli delle reliquie delle sante Agata e Lucia. Andr. Dand., Chron. (ed. Pastorello 1938-1939, p. 280). 58. n.p. Conversione della chiesa di S. Mocio in monastero (Costantinopoli). Lampros 1911, pp. 127-128. 59. n.p. Trasformazione della chiesa dell’Arcangelo Michele a Sôsthénion in monastero (Costantinopoli). Th. Scout., Chron. (ed. Sathas 1894, p. 373); Nic. Chon., Hist. Isaac. Ang. 6 (ed. Van Dieten 1975, i, p. 373; tr. Pontani 1999, ii, p. 355). 60. n.p. Restauro (?) o ricostruzione (?) della chiesa di S. Giovanni Evangelista all’Hebdomon (Costantinopoli) Th. Scout., Chron. (ed. Sathas 1894, p. 159). 61. n.p. Sarcofago dell’imperatore Basilio II preparato nel masuoleo dei SS. Apostoli a Costantinopoli. Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky, Vasiliev 1997, pp. 112-115; tr. Pirone 1998, 15:69, p. 336). 62. n.p. Sarcofago attribuito all’imperatore Basilio II rinvenuto presso la chiesa di S. Giovanni Evangelista all’Hebdomon. Stephenson 2005. 63. n.p. Rilievo ligneo raigurante la Deposizione dalla Croce, Archbishop Garagin Hovsep’ian 1937, conosciuto come Amenap’rkitch, conservato pp. 2-8, 36, ig. 17.; Der Nersessian dapprima nella chiesa di Havut’ar e poi trasferito 1940-1941, p. 74 n. 29 (Der Nersessian, a Etchmiadzin (Armenia). p. 410 n. 29). co m p o sto i n c a r attere da nte m onotype da lla fa b ri z i o se rr a edito re, pisa · ro m a . sta m pato e rilegato nella t i p o gr a f i a d i ag na no, ag na no pisa n o (pisa ). * Dicembre 2011 (cz 2 · fg 21)