RI VI STA
DE LL’IS TIT UTO NAZI ONAL E
D’ARC H E OLOG I A
E S TORI A DE L L’ARTE
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Adriano La Regina
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R IVISTA
DEL L’ I S T I T UTO NAZ IO NAL E
D ’ A RC HE O LO GIA
E S T OR I A DE L L’ARTE
61
iii serie · anno xxix · 2006
p i s a · ro m a
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SOMMARIO
Luca Bianchi, Il trofeo di Adamclisi nel quadro dell’arte di stato romana
Pier Giovanni Guzzo, Sul graito dalla necropoli dell’Osteria dell’Osa
Patrizia Minà, Eå ηd ‚Ô˘ÎfiÏÔÈ ôÓ‰Ú˜ / ï‰eÓ ‰È·Ì›‚ÂÙ ٠Ӊ … Appunti per una ricostruzione del paesagio
storico delle necropoli ellenistiche di Alessandria
Lorenzo Riccardi, «Un altro cielo»: l’Imperatore Basilio II e le arti
Carmelo Occhipinti, Un reimpiego medievale nella casina di Pio IV in Vaticano. Stile, signiicati, ipotesi
Stefano Pierguidi, ‘Né si alleghi per causa la divotione del popolo’. Le pale d’altare, da ogetto liturgico
a ogetto di culto estetico
Fausto Nicolai, Un caso di committenza ‘invisibile’: la cappella della ‘contestabilessa’ Colonna nella chiesa
di San Francesco di Paola a Roma
Giovanna Sapori, Proilo di Fausto Poli “sovrintendente alle arti” nella casa Barberini
Emanuele Pellegrini, Deinizione e deinizioni di sistema museale: legittimità e retorica
Denise La Monica, La politica delle regioni italiane in materia di musei e sistemi museali
Indice dei luoghi e dei nomi di persona, a cura di Elena Cagiano de Azevedo e di Enrico Parlato
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«UN ALTRO CIELO»: L’IMPERATORE BASILIO II E LE ARTI*
Lorenzo Riccardi
nel 1874 fu, per la prima volta, pubblicata
Q uando
da Konstantin Sathas la Cronograia di Michele
suonano infatti così: «Il n’avait aucun penchant pour
les hommes de science, et dédaignait l’instruction,
qu’il considérait comme un bavardage inutile. (…)
Toute sa pensée était concentrée sur un point: grossir
son trésor».7 Una sintesi essenziale e di così palese
evidenza tale da essere replicata senza signiicative
varianti non solo nella successiva produzione storiograica bizantina,8 ma anche in quella moderna.9
Le caratteristiche culturali elencate, pur in negativo, da Zonara non si addicono infatti, per usare la felice espressione di E. Kris e O. Kurz, alla “biograia
prescritta”10 di Basilio II, del quale viene invece
costantemente esaltata la tempra marziale. Il topos
militare, infatti, funge da iltro agli elementi di diversa
natura che possono essere ricondotti alla igura del
sovrano e a tutto ciò che può contraddire la sua “vocazione” eroica. Lo stesso Schlumberger, che intitola
la serie dei volumi citati con il termine mitopoietico
di “epopea”, assegna al suo eroe l’epiteto di “Sterminatore dei Bulgari”. Tale attributo, come ha scritto
Paul Stephenson, iniziò ad esser adottato in ambito
bizantino un secolo e mezzo dopo la morte dell’im-
* Desidero ringraziare per il costante sostegno e i preziosi consigli
il prof. Antonio Iacobini, che mi propose come argomento di tesi di
laurea in Storia dell’arte bizantina presso la Facoltà di Scienze Umanistiche della Sapienza Università di Roma (a.a. 2006/2007) quanto
oggi è rielaborato nel presente contributo. Un particolare ringraziamento va anche alla prof.ssa Vera von Falkenhausen, alla prof. Augusta Acconcia Longo e al prof. Marco Di Branco per aver in più occasioni discusso con me alcuni aspetti della ricerca.
4 La traduzione di ampi brani del testo di Psello, nel primo tomo
del 1896, è nel paragrafo «Portrait du basileus Basile II» (Schlumberger 1896, pp. 329-336) e in quello dedicato alla trasformazione del suo
carattere dopo la caduta in disgrazia del Parakoimomenos (Schlumberger 1896, pp. 573-584). Ugualmente nel secondo tomo del 1900
Psello è tradotto soprattutto nel paragrafo «Transformation morale
de Basile» (Schlumberger 1900, pp. 40-42).
5 Come nota lo stesso Schlumberger 1896, p. 329.
6 Io. Zon., Epit. hist. xvii, 8, 21 (ed. Pinder 1897, p. 561). L’ampia
fortuna di Giovanni Zonara è attestata dalla prima edizione a stampa
(con traduzione latina) dell’Epitome nel 1557, cui seguì nel 1686 quella a
cura di du Fresne du Cange: Wolf 1557 e du Fresne du Cange 1686.
7 Io. Zon., Epit. hist. xvii, 8, 21 (ed. Pinder 1897, p. 561). Cfr.
Schlumberger 1896, p. 332.
8 Ad esempio: Anna Comn., Alexias Âã, viii, 2 (ed. Reinch, Kambylis 2001, p. 162); Th. Scout., Chron. (ed. Sathas 1894, pp. 157-159).
9 Ad esempio: Gibbon 1789 (1825, p. 141), Finlay 1866, pp. 427, 436,
Gregorovius 1889, I, p. 162, e, più recentemente, A.A. Vasiliev
1952, p. 366, Ostrogorsky 1968 (1993, p. 265) e Runciman 1975, p. 108.
10 Kris, Kurz 1934 (1980, pp. 127-128). Nella “biograia prescritta”,
come nota giustamente Marco Di Branco, «topos biograico e vita
sembrano stretti l’un l’altra da un doppio legame: da una parte, tali
biograie registrano eventi tipici, ma dall’altra esse sembrano plasmare con ciò stesso il destino di chi segue una particolare ‘vocazione’,
immedesimandosi apertamente in moduli eroici»: Di Branco 2002,
p. 492.
Psello,1 gli storici moderni poterono attingere ad
essa come a una vera e propria “rivelazione” per ampliare le loro conoscenze su un secolo, l’xi, allora ancora poco noto.2 Fu, tra i primi, Gustave Schlumberger, il più grande biografo di Basilio II, a intuire
l’importanza di questa nuova fonte servendosi immediatamente di essa per redigere i monumentali
volumi sulla dinastia macedone a cavallo del primo
millennio.3 Egli, infatti, tradusse in francese buona
parte del primo libro della Cronograia, dedicando
particolare attenzione a quei punti in cui Psello aveva
tracciato il proilo isico e morale del grande imperatore bizantino.4 Prima dell’edizione moderna di Sathas, infatti, si disponeva di poche informazioni sulla
igura di Basilio II.5 Esse erano tratte unicamente da
Giovanni Zonara,6 il quale, scrivendo nel xii secolo e
avendo come riferimento primario la Cronograia,
aveva proposto del complesso ritratto pselliano un
sunto ridotto a pochi e netti giudizi. Nella traduzione
francese di Schlumberger, alcuni passaggi di Zonara
1 Sathas 1876, pp. 3-23. Nel novembre 1898, lo stesso Sathas, scrivendo la prefazione all’edizione londinese della Cronograia di Psello,
afermava: «It is now twenty-ive years since I rescued from oblivion
Michael Psellus, the most Attic of the Byzantine historians» (Sathas
1899, p. vii). Sull’importanza del testo pselliano C. Diehl, nell’introduzione all’edizione francese del 1926, scriveva: «Lorsque, en 1874, Sathas publia le texte, inédit jusqu’alors, de la Chronographie, ce fut,
pour l’histoire de Byzance, une véritable révélation (…) La Chronographie de Psellos a changé tout cela», C. Diehl, in Renauld 1926,
pp. i-viii: iv-v.
2 La pubblicazione della Cronograia di Psello fu accolta subito con
grande successo dagli studiosi di ine Ottocento. Si vedano, ad esempio, Miller 1875 e Rambaud 1877.
3 Schlumberger 1896, Schlumberger 1900, Schlumberger
1905. Una precedente trattazione su Basilio II, alla quale Schlumberger
attinse, specie per le fonti arabe inedite ino ad allora, fu quella del barone V. R. Rozen (Rozen 1883): cfr. Schlumberger 1896, pp. iii-iv.
«rivista dell ’ istituto nazionale d ’ archeologia e storia dell ’ arte», 61 (iii serie, xxix, 2006), pp. 103-146
104
lorenzo riccardi
peratore, ma ne ha segnato l’immagine come un sigillo ino alla storiograia più recente.11 Oramai cristallizzatasi negli studi critici e afermatasi inanco
nella letteratura moderna,12 la igura del Bulgaroctono pare non suscitare più nuove domande: non si
cerca infatti di capire se tale imperatore sia stato o no
sensibile alle arti e quindi se il suo proilo consolidato
sia più o meno attendibile, ma ci si limita ad evocare
ora con maggiore dettaglio ora en passant gli elementi
della sua biograia che non lasciano ovviamente intravedere alcuno spiraglio favorevole. In questa prospettiva si può allora constatare che la pubblicazione del
testo di Psello non abbia contribuito a far revisionare,
come pure era possibile, la fortuna critica di Basilio II.
Negli ultimi decenni, tuttavia, l’imperatore è stato
al centro di diversi e meritori studi che hanno analizzato non solo gli aspetti politici e militari della sua
attività,13 ma anche quelli culturali,14 spesso rivedendo i dati della “biograia prescritta” alla luce di una
più corretta e approfondita analisi storico-letteraria.
Tuttavia non sono stati ancora suicientemente indagati gli elementi artistici,15 cui invece è dedicato il
presente contributo.
Non si può che iniziare, a proposito delle fonti,
condividendo il lamento di Schlumberger: «C’est la
période de toute pauvreté des sources, des lacunes
sans in, des ténèbres. Aucune expression ne saurait
donner une juste idée d’une pareille disette de documents».16
Il regno di Basilio II è infatti il più lungo nella
storia bizantina, ma anche il meno documentato.17
Numerose testimonianze, pur tramandando, come
vedremo, notizie su tale periodo, hanno un carattere
frammentario e localistico, mentre le Historiae bizantine, in numero davvero esiguo – appena tre –
mostrano già di primo acchito i loro limiti. In primo
luogo nessuna di esse è stata scritta da un contemporaneo dell’imperatore: Leone Diacono muore nei
primi anni del regno, Psello nasce intorno al 1022 e
Giovanni Skylitzes scrive già in età comnena. Tutti
sono privi, inoltre, di un’accurata trattazione annalistica, per cui la loro aidabilità storica è da veriicare,
come hanno mostrato Schlumberger e più recentemente Catherine Holmes. Leone Diacono, infatti,
descrive soltanto alcune vicende del tempo di Basilio
II inserendole però, in analessi, nel racconto dei regni precedenti.18 La Synopsis Historiarum di Skylitzes
invece, come ha attentamente rilevato la stessa Holmes in un recente studio, è caratterizzata, oltre che
da numerose inesattezze, da un’impostazione iloaristocratica, che mette in risalto le vicende militari
e amministrative legate soprattutto alle nobili fami-
11 Stephenson 2003a. Basilio II, nelle fonti contemporanee o di
poche posteriori al suo regno, non è mai identiicato con l’appellativo
di “Sterminatore dei Bulgari”, ma, per essere distinto dall’omonimo
fondatore della dinastia macedone, con quello di Basilio «ï Ó¤Ô˜» o di
«ÔÚÊ˘ÚÔÁ¤ÓÓËÙÔ˜»: Stephenson 2003a, pp. 66-80. Il termine “Bulgaroctono” viene invece usato per la prima volta da Niceta Coniata più
di un secolo e mezzo dopo la morte del sovrano in relazione ad altri
“sterminatori”, Isacco II Comneno, e, più tardi, Isacco II Angelo, per
riafermare, grazie all’autorità riconosciuta all’imperatore macedone, la supremazia bizantina sui nemici, indiferentemente Vlachi,
Bulgari o Latini: Stephenson 2003a, pp. 81-96. Basilio II è dunque
“eroizzato” presso i suoi successori e non è un caso che il ritrovamento del suo corpo sia avvenuto durante i tentativi di riconquista di
Costantinopoli da parte di Michele VIII Paleologo, che riservò al suo
illustre predecessore un trattamento paragonabile solo a quello dovuto a un santo: Georg. Pachym., Relat. hist. ii, 21 (ed. Failler, Laurent 1984, pp. 174-177).
12 Si veda Stephenson 2003a, pp. 97-137.
13 Stephenson 2000, pp. 62-77, Holmes 2003, Cheynet 2003, Stephenson 2003b, Falkenhausen 2003, Holmes 2005, Strässle 2006.
14 Crostini 1996, Garland 1999, Lauxtermann 2003b e Katsaros 2008.
15 Il rapporto tra Basilio II e le arti non è mai stato oggetto di uno
studio speciico. Si segnala, come caso “esemplare” a riguardo, un
contributo a carattere generale di E. Voordeckers, che tratta unicamente i casi noti delle cosiddette arti minori non tutti attribuibili con
certezza al sovrano macedone: Voordeckers 1995. Lo stesso Paul
Stephenson ha studiato alcune opere riconducibili alla committenza
di Basilio II, ma più per indagarne eventuali legami con la sua fama
di Bulgaroctono: Stephenson 2001, contribuito poi conluito in Stephenson 2003a, pp. 49-65. Negli ultimi decenni, tuttavia, si è cominciato a mettere in dubbio la “biograia prescitta” di Basilio II. Uno dei
primi studiosi è stato Robin Cormack, che, in suo articolo del 1986,
ha scritto: «The long reign of Basil II is harder to assess, but the idea
that he was a soldier/philistine averse to commissioning works of art
may be something of a modern distortion – one would expect a
successful general, or his benefactors, to ensure some memorial of
his achievements, either at the site of his victories, or at another place
felt appropriate» (Cormack 1986, p. 611). E recentemente anche
Antonio Iacobini ha espresso l’esigenza di rivedere «aquella imagen
tan rígida y estereotipada de Basilio transmitida por la “Cronología”
de Miguel Pselo» (Iacobini 2008, p. 213).
16 Schlumberger 1896, p. ix.
17 Sulle fonti pertinenti al regno di Basilio II si rimanda a Holmes
2005, pp. 29-54 e Strässle 2006, pp. 15-26. Strumento imprescindibile
è anche il Regesten der Kaiserurkunden 2003. Sulla storiograia e sulla
letteratura bizantina del periodo: Markopoulos 2003 e Lauxtermann 2003b.
18 Leon Diac., Hist. x, 7-11 (ed. Hase 1828, pp. 169-178; tr. Talbot,
Sullivan 2005, pp. 212-221). L’opera fu redatta entro la ine del primo
millennio, poiché l’ultimo evento ad essere menzionato è il ripristino
della cupola della Santa Soia avvenuto, come è scritto, in sei anni (989995), anche se da alcuni tale informazione è ritenuta una successiva interpolazione, sulla scorta di quanto aferma erroneamente Skylitzes.
Gli eventi ricordati dall’autore relativamente a Basilio II sono assai
pochi: le ribellioni degli usurpatori, la battaglia di Abido, la prima
campagna in Bulgaria, nel 986, e il terremoto del 989. Sulla igura di
Leone si rimanda alla prefazione di Talbot, Sullivan 2005, pp. 9-49.
i.
«un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti
105
glie anatoliche già duramente provate durante il re(i, 29), nata, precisa lo scrittore, al di fuori della corte imperiale. Qui infatti «il più assoluto disinteresse»
gno del sovrano macedone.19
(Ibid.) del sovrano per «gli uomini di cultura» (Ibid.),
La biograia di Basilio II scritta da Psello,20 rispetcui invece appartenevano a buon diritto quelli della
to alle sintesi pure autorevolmente proposte, ha ini“ioritura”, costituiva un serio ostacolo alla loro afne una complessità tale che diicilmente può essere
fermazione uiciale, situazione che per lo stesso
ridotta a un giudizio tranchant. Recenti studi di
Psello è sorprendente, ma non impossibile visto che
Barbara Crostini e Lynda Garland21 hanno infatti
costoro «non si dedicarono alle lettere per un ine
ben evidenziato le contraddizioni e la inezza delle
estrinseco, ma le coltivarono come ine a se stesse a
argomentazioni dello scrittore bizantino. Il proilo,
proprie spese» (Ibid.). Questo gruppo è subito conricostruibile dai numerosi aneddoti che sono dissetrapposto a quello costituito da un maggiore numeminati in tutto il primo libro della Cronograia, è coro di persone («i più», Ibid.) che si accostano alla culstantemente bilanciato, almeno di primo acchito,
tura con la motivazione primaria dell’arricchirsi «e
tra l’elogio delle virtù militari e la critica di quelle
se il ine non è presto raggiunto se ne distaccano
culturali. Queste ultime tuttavia non si conigurano
senza esitazione» (Ibid.). Con un artiicio retorico
tanto come giudizio di merito sull’imperatore, che
Psello chiude il paragrafo dicendo che di essi non si
difatti non è mai apostrofato direttamente come
vuole occupare, ma non è un caso che all’inizio di
rozzo e incolto, ma si limitano ad attaccare l’entouquello successivo parli proprio dell’incolto e interesrage del sovrano.22 Psello, da grande scrittore e disato entourage di Basilio II. La critica quindi che il
plomatico, sa misurare con estrema precisione le
“console dei ilosoi” riserva a Basilio II si rilette
sue parole, per cui Basilio II è descritto come un
verso i collaboratori che egli ha scelto, preferendoli
oratore non del tutto abile («non parlava luentea “quella ioritura” che comunque c’era stata e di
mente, non levigava le frasi e neppure le estendeva
cui Psello si sente erede e continuatore. Come ha
in periodi costrutti, ma le staccava facendo continue
bene sottolineato Marc Lauxtermann «he felt the
pause, più da rustico che da uomo educato»; i, 36),
urge to portray it as grimly as possible, so that his
ma non per questo sprovveduto, poiché il suo dettaown (scil. di Psello) contribution to rhetoric and phito chiaro, senza orpelli («il suo stile nulla aveva di rilosophy would stand out in the brightest of cocercato o ridondante»; i, 30), era perfettamente conlours».24 Nel descrivere il regno di Basilio II, Psello
sono e adatto al suo regno «giacché (…) non era
rilette quindi sulla realtà a lui quotidiana e al conmolto complessa, a quel tempo, la formula usata dai
tempo sulla propria formazione, osserva la politica
due imperatori» (Ibid.) che «si astenevano totalmendel sovrano attraverso la sua lente e ne condanna
te, in efetti, dallo scrivere o dal parlare iorito ed
quegli aspetti che più divergono dalla sua concezioelaborato» (Ibid.). Il passo appena citato è infatti di
ne del potere.25 Egli non vede in Basilio II, come begrande interesse per comprendere la dialettica tra
ne sintetizza la Garland, “an emperor whom he
un passato recente (il regno di Basilio II) e un prefound (…) easy to praise”.26 Infatti Psello, tra le vasente che agli occhi di Psello è totalmente diverso e
rie caratteristiche che è solito attribuire a Basilio II,
per questo, e ovviamente, migliore.23 Lo scrittore
sottolinea sempre quella autocratica, che male si
parlando della corte del nostro sovrano esprime in
accorda con il suo partito, quello degli alti funzionapoche battute un disprezzo senza appelli: «un grupri e del «nobile potere»,27 che, per alcuni studiosi, è
petto d’individui che non brillavano né per intelletto
possibile ricondurre alla “Repubblica dei Filosoi”
né per stirpe né per troppa istruzione» (Ibid.). La
di platonica memoria.28 Si deve poi alla Crostini
schiera di costoro, la cui origine Psello non riesce e
l’attenta rilettura dei paragrai dedicati alle vicende
soprattutto non vuole spiegare, ha il suo immediato
del Parakoimomenos, in cui è da vedere più che un
contraltare, appena poche righe sopra, in «quella
crudele accanimento verso il prozio «an attempt at
ioritura di ilosoi e retori niente afatto mediocre»
19 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. (ed. Thurn 1973, pp. 314-369;
tr. Flusin 2003, pp. 263-306). Per l’atteggiamento iloaristocratico di
Skylitzes: Holmes 2005., pp. 66-239.
20 Mich. Psello, Chron. i, 1-37 (ed. Impellizzeri 1984, i, pp. 8-55).
21 Cfr. nota 14.
22 Come nota opportunamente Crostini 1996, pp. 65-66.
23 Come ha notato giustamente F. Lauritzen, Psello si comporta
così anche quando parla della corte di Romano III Argiro, la cui origine dalla burocrazia dell’eparchia è mal vista dal “console dei ilosoi”:
Lauritzen 2009.
24 Lauxtermann 2003b, p. 205.
25 Sul pensiero politico di Psello si veda la lucida analisi di Pertusi
1990, pp. 130-139.
26 Garland 1999, p. 342.
27 Mich. Psello, Chron. vi, 97 (ed. Impellizzeri 1984, ii, p. 32).
28 Crostini 1996, p. 64.
106
lorenzo riccardi
purifying monastic practice».29 Qui si riporta solo
una suggestione di lettura, ossia che Psello dedichi
così grande rilievo all’eunuco, «che fu per la nostra
era monumento e grande mito o anzi simbolo della
tendenza all’ambiguità o al rovesciamento propria
delle cose mortali» (i, 21), poiché vede in lui un illustre alter ego. La vicinanza alle sue disgrazie pare
quasi una rilessione sulla propria professione e un
memento dei rischi che per essa si corrono: «dopo il
crollo improvviso, proprio lui, quell’uomo superlativo, la mente obnubilata, aveva perduto la padronanza del proprio essere» (Ibid.).
Ad eccezione di Psello, per ricostruire il proilo
culturale del regno di Basilio II non possiamo ricorrere né alle fonti storiche, sprovviste di informazioni
dettagliate, né tantomeno a quei testi che dovrebbero tramandare in modo encomiastico le imprese
dell’imperatore, ammesso che egli li abbia voluti e
commissionati, dal momento che non sono sopravvissuti.30 L’unica eccezione è il panegirico di Leone
Diacono,31 scritto per il giovane imperatore quando
era ancora sotto tutela dell’ingombrante Parakoimomenos. Il testo ofre pochi dati utili, ma tra di essi va
almeno ricordata la notizia dell’esistenza a corte intorno al 980 di diverse scuole di retori in aperta contrapposizione fra di loro. L’attività culturale in ambito imperiale, come attestano in modo indiretto
Psello e Leone Diacono, non doveva essere quindi
inesistente.32 Conosciamo infatti diversi nomi di letterati attivi in questi decenni, ma per lo più lontani
dalle posizioni imperiali, se non addirittura ad esse
contrapposti (su tutti, Giovanni Geometra33 e Simeone il Nuovo Teologo34). Tuttavia, fra i più stretti
collaboratori di Basilio II, coinvolti anche nelle campagne militari come comandanti o ambasciatori,
possono essere ricordati alcuni uomini di lettere, come Niceforo Ouranos, Leone di Sinada e Giovanni
Sikeliotes, dei quali si ignora purtroppo gran parte
della produzione.35 L’indagine sul clima culturale,
che qui solo brevemente si è tracciata, potrebbe proseguire ino a comprendere un’altra grande personalità inora poco considerata in questa prospettiva:
quella di Alessio Studita, scelto da Basilio II, poco prima della morte, come Patriarca di Costantinopoli in
una forma però irrituale, ossia senza il consenso del
sinodo della chiesa.36 Il legame tra l’imperatore e il
monastero di Studion, centro culturale tra i più importanti e noti del tempo,37 era già stato evidenziato
dalla nomina del precedente egumeno, Nicola, a Patriarca di Antiochia il 17 gennaio 1025.38
Anche le fonti non bizantine, spesso dal carattere
cronachistico locale, sono prive di informazioni dirette sulla vita culturale nella corte di Basilio II e del
suo eventuale coinvolgimento nella produzione artistica,39 ma alcune volte gettano luce su aspetti della
pratica diplomatica e sull’atteggiamento che l’impe-
29 Crostini 1996, p. 63. Al contrario A. Kaldellis, ritiene che l’atteggiamento di Basilio non sia per nulla pio e sobrio, dal momento
che «his “playfulness” manifested more cruelty than genuine concern. He was an enemy, not a reformer» (Kaldellis 1999, pp. 85-86).
Tra le due ipotesi mi pare più verosimile quella di B. Crostini: il cenobio del Parakoimomenos era stato probabilmente dotato anche del superluo, che ora, dopo l’intervento dell’imperatore, viene ridotto
semplicemente al necessario. Una decisione del genere rientra poi
nello spirito dei provvedimenti che di lì a qualche anno egli avrebbe
preso a salvaguardia delle piccole comunità monastiche con la Novella
del 996: cfr. Holmes 2005, pp. 461-475.
30 Si sa comunque che Giovanni Sikeliotes scrisse un encomio di
Basilio II andato perduto: Hunger 1978, p. 83 e Lauxtermann 2003b,
p. 214 n. 48.
31 ™ YKOYTPH™ 1932. L’opera, datata al 980, è molto “povera di fatti” e non si conosce il motivo che indusse Leone a scrivere l’encomio,
forse un’occasione esterna uiciale o un momento della liturgia bizantina di palazzo.
32 A testimonianza di un clima culturale non del tutto trascurabile
va, oltre le rilessioni di Crostini e Katsaros (Crostini 1996 e Katsaros 2008), segnalata la recente attribuzione da parte di F. Lauritzen –
che qui ringrazio per i preziosi suggerimenti – dei versi inscritti su un
miliaresion, ossia una moneta d’argento, a un poeta formatosi nei decenni centrali del regno di Basilio II e sostenuto dagli ambienti di corte se non dallo stesso imperatore: Lauritzen 2009.
33 Il poeta Giovanni Geometra fu vicino alla corte imperiale ino
all’estromissione del suo protettore, il paraoikomomenos Basilio, alternando ai malcelati e violenti attacchi verso i responsabili della sua im-
provvisa sfortuna un latente desiderio di fare presto ritorno al Grande
Palazzo: Lauxtermann 1998 e Lauxtermann 2003b, pp. 207-208,
213-214.
34 Lauxtermann ha opportunamente evidenziato l’ostilità di Simeone il Nuovo Teologo nei confronti di Basilio II: Lauxtermann
2003b, pp. 208-209. Non può quindi costituire prova a favore dell’insensibilità culturale dell’imperatore, come pure proposto da Cutler e
Nesbitt, il mancato coinvolgimento economico dell’imperatore alle
costruzioni promosse di Simeone, quando egli divenne egumeno del
monastero di Mamas: Cutler, Nesbitt 1986, pp. 219-220.
35 Lauxtermann 2003b, pp. 209-210 e Crostini 1996, pp. 66-71.
Non è sopravvissuta nemmeno la Cronaca del vescovo Teodoro di Sebasteia, alla quale si rifà espressamente lo Skylitzes: Hunger 1978, pp.
390-391.
36 Stanković 2001-2002, p. 73. Non bisogna dimenticare che la
scelta di un patriarca idato da parte di Basilio II era necessaria per garantire al fratello la successione al trono contro eventuali e realistiche
congiure di palazzo volte a impedirne l’incoronazione, che a Costantinopoli era prerogativa proprio del capo della chiesa. Non è un caso,
infatti, che i primi provvedimenti di Alessio Studita, come nota Stanković, siano presi proprio a favore della continuità macedone al regno.
37 Cfr. Krausmüller 2006-2007.
38 Stanković 2001-2002, p. 73.
39 Qualche rara eccezione è menzionata da Yahya e Stefano di
Taron: due fonti, come vedremo, molto importanti. Yahya, Cronache
(éd. Kratchkovsky, Vasiliev 1924, 1932; éd. Kratchkovsky, Micheaux, G. Troupeau 1997; tr. Pirone 1998). Stefano di Taron, Hist.
(tr. Gelzer, Burckhardt 1907; tr. Macler 1917).
«un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti
107
ratore aveva nei confronti delle regioni più periferilio avesse pieno comando a Costantinopoli durante
che del regno, come l’Armenia e la Georgia.40
l’assenza dell’imperatore,43 fonti bizantine e armene
Di primaria importanza, per ricostruire il corpus
ricordano che Costantino vivesse nella campagna
delle committenze di Basilio II, sono inine le fonti
vicino a Nicomedia,44 lontano quindi dal Grande
materiali e in primo luogo le iscrizioni. La loro funPalazzo, dove peraltro si congiurava alle sue spalle.45
zione propagandistica, grazie alla sintesi della comConsiderando poi che i sigilli di Basilio recano spesso
ponente visuale (la costruzione o l’oggetto che le
solo il suo nome, si potrebbe concludere che Costancontiene) e di quella scritta (il messaggio stesso, oltre
tino non fosse coinvolto afatto nel governo dell’imla possibilità della divulgazione orale del contenuto),
pero e che egli fosse comunque menzionato nella dile rende utili ad afermare il prestigio e l’autorità di
plomatica uiciale solo per la carica onoriica che
chi le appone e, nel caso degli imperatori, la legittiricopriva.46
mità ad operare nel pieno delle proprie funzioni di
governo.41 Relativamente al tempo di Basilio II coii.
nosciamo alcune di esse, poiché la loro identiicazione è stata possibile grazie alla menzione contestuale
Gli strumenti a nostra disposizione (soprattutto le
di Costantino VIII. A volte è stato anche proposto di
opere), in grado di dar luce al proilo culturale e arattribuirle ad un’altra coppia omonima, quella costitistico di Basilio II, non possono che essere quelli che
tuita da Basilio I e da suo iglio Costantino, il cui reper la loro stessa natura rivelano immediatamente i
gno, prima che si aggiungesse come co-imperatore
caratteri di una committenza eccezionale e coltissianche Leone, ha però una durata assai modesta, apma. I due manoscritti attribuiti al sovrano macedone
pena un anno (869). Tra le iscrizioni bisogna comun(il Menologio Vat. gr. 1613 della Biblioteca Apostolica
que distinguere quelle che si riferiscono a interventi
Vaticana47 e il Salterio gr. Z 17 della Biblioteca Naziodiretti degli imperatori (come a Karacaköy in Tracia
nale Marciana di Venezia),48 sono opere straordinao nelle mura teodosiane di Costantinopoli) e quelle
rie e tra le più note della produzione artistica bizanche menzionano costruzioni erette o restaurate dutina e meritano dunque di essere considerati anche
rante il loro impero.42 Inine, diicilmente si potrà
dal punto di vista di chi li ha voluti.
mai fare chiarezza sull’efettivo coinvolgimento di
Più che dalla ricchezza delle illustrazioni e dal lusCostantino e in genere del co-imperatore nell’ammiso della confezione del codice, la nostra attenzione è
nistrazione del potere. Anche se, infatti, alcuni stusubito attratta dal poema introduttivo posto in aperdiosi hanno sostenuto che il fratello minore di Basitura del Menologio.49 L’autore, anonimo come è di
40 Nelle fonti armene e georgiane, come ha evidenziato Artjunova-Fidanjan, possono essere individuati tre livelli di valutazione sull’imperatore macedone: 1) Basilio è il sovrano che regna legittimamente a Costantinopoli e la cui autorità non può essere messa in
discussione, anzi viene accettata benevolmente dai reami e dai principati armeni; 2) è un imperatore attivo, crudele, austero, specie nelle
situazioni più conlittuali; 3) i tratti negativi del carattere sono controbilanciati da quelli positivi e gli stessi autori cercano di mettere in
luce una certa ainità culturale e confessionale tra lui e il mondo armeno. Arutjunova-Fidanjan 1996, pp. 15-16.
41 Koutrakou 1994, pp. 138-142.
42 Per un elenco preliminare delle iscrizioni che menzionano Basilio II e Costantino VIII si veda Cheynet, Drew-Bear, 2004, pp. 222225, cui vanno aggiunte quelle di Oški in Georgia, attuale Turchia
orientale (cfr. nota 196).
43 Runciman 1980, p. 219, Todt 2000 e Strässle 2006, pp. 382-383.
44 Aristakes, Récit (tr. Canard, Berberian 1973, p. 25) e Mich.
Psello, Chron. i, 22 (ed. Impellizzeri 1984, i, pp. 32-35).
45 Cfr. Todt 2000.
46 Holmes 2006, pp. 335-336. Recentemente Ralph-Johannes Lilie,
rileggendo il primo capitolo della Cronograia di Psello, ha ipotizzato
che la posizione subalterna di Costantino VIII fosse dovuta non tanto
al carattere “da fannullone” del coimperatore, ma alle poche situazioni e alle rare chances che gli erano oferte dal suo ruolo subalterno:
Lilie 2007, pp. 214-216.
47 Sul Menologio si rimanda alla recente edizione facsimilare e al
complementare volume di studi in spagnolo, curato da F. D’Aiuto, di
cui si attende a breve la pubblicazione anche in lingua italiana: El «Menologio de Basilio II» 2008.
48 Per la bibliograia sul Salterio di Basilio II si rimanda ai testi discussi nelle note successive: Weitzmann 1935, pp. 29-30, Cutler 1976,
Cutler 1977, Cutler 1984, pp. 115-120 e Stephenson 2003a, pp. 51-62.
Per una bibliograia aggiornata si veda: D’Aiuto 2008, p. 127 n. 35-36.
49 Acconcia Longo 2008, p. 78: «\EÓÙ·Ü©· ÓÜÓ ÛÎfiËÛÔÓ çÚıᘠï
‚ϤˆÓ / ôÚÈÛÙÔÓ öÚÁÔÓ âÍ àÚ›ÛÙˆÓ Ú·ÁÌ¿ÙˆÓ, / öÚÁÔÓ £ÂÔÜ Î¿ÏÏÈÛÙÔÓ
âÎÏÉÙÙÔÓ ÊÚ¤Ó·˜, / öÚÁÔÓ Ùe Ù¤ÚÔÓ ÄÛ·Ó ÂåÎfiÙˆ˜ ÎÙ›ÛÈÓ. / (v. 5) ôÓˆ
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fiÏÔÓ, / nÓ Ôx· ‰¤ÚÚÈÓ âͤÙÂÈÓ ن ÏfiÁÅ, / ÎfiÛÌÔÓ ‰0‰Ô˘¯ÂÖ ·ÓÛfiÊÅ ÚÔÌËı›0. / K¿Ùˆ ‰\ ï ÙÔÜÙÔÓ ÂåÎÔÓ›˙ˆÓ ÙÔÖ˜ ÙÚfiÔȘ, / (v. 10) ôÓ·Í ¬Ï˘ Áɘ,
≥ÏÈÔ˜ Ùɘ ÔÚʇڷ˜, / B·Û›ÏÂÈÔ˜, Ùe ıÚ¤ÌÌ· Ùɘ êÏÔ˘ÚÁ›‰Ô˜, / ÎÚ¿ÙÈÛÙÔ˜
àÌÊÔÖÓ, ηd ÙÚÔ·›ÔȘ ηd ÏfiÁÔȘ, / ó˜ ôÏÏÔÓ ùÓÙˆ˜ ÔéÚ·ÓfiÓ Ù‡ͷ˜ ‚›‚ÏÔÓ
/ âÎ ‰¤ÚÚÂˆÓ Ù·ıÂÖÛ·Ó, ó˜ ö¯ÂÈ Ê‡ÛȘ, / (v. 15) ʤÚÔ˘Û·Ó ó˜ ʈÛÙÉÚ·˜
óÚ·›Ô˘˜ Ù‡Ô˘˜ / ÚáÙÔÓ ÌbÓ ·éÙÔÜ ÙÔÜ ı·ÓıÚÒÔ˘ §fiÁÔ˘, / öÂÈÙ· MËÙÚe˜ Ùɘ ÙÂÎÔ‡Û˘ àÛfiÚˆ˜, / ÛÔÊáÓ ÚÔÊËÙáÓ, Ì·ÚÙ‡ÚˆÓ, àÔÛÙfiψÓ, /
¿ÓÙˆÓ ‰Èη›ˆÓ, àÁÁ¤ÏˆÓ, àÚ¯·ÁÁ¤ÏˆÓ, / (v. 20) ÙáÓ çÚıÔ‰fiÍˆÓ ÄÛ·Ó
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ÎÚ¿ÙÔ˘˜ Û˘ÓÂÚÁÔ‡˜, Û˘ÌÌ¿¯Ô˘˜ âÓ Ù·Ö˜ Ì¿¯·È˜, / (v. 25) ·ıáÓ Ï˘ÙÚˆÙ¿˜,
Ê·Ú̷΢Ùa˜ ÙáÓ ÓfiÛˆÓ, / âÓ Ù” ÎÚ›ÛÂÈ Ï¤ÔÓ ‰b Úe˜ ÙeÓ ¢ÂÛfiÙËÓ /
ıÂÚÌÔf˜ ÌÂÛ›Ù·˜, ÚÔͤÓÔ˘˜ ηd Ùɘ ôÓˆ / ‰fi͢ àÊÚ¿ÛÙÔ˘ ηd £ÂÔÜ
108
lorenzo riccardi
prassi in questi casi, celebra il committente dell’opera, «Basilio, prole imperiale» (v. 11), che «ha fatto eseguire un libro che è davvero un altro cielo» (v. 13). Un
nobile paragone infatti viene istituito tra colui che
«illumina il mondo con sapientissima provvidenza»
(v. 8) e che ha «dipinto con le danze degli astri il irmamento» (v. 7) e Basilio, il quale, rappresentante di
Cristo in terra, ha commissionato un’opera «che
porta come stelle [le] splendide immagini» (v. 15) di
tutti coloro che al tempo medesimo sono chiamati
ad essergli «solerti soccorritori, coadiutori dell’impero, alleati nelle battaglie» (vv. 23-24). Le raigurazioni della Vergine, dei «sapienti profeti, martiri, apostoli, di tutti i giusti, angeli, arcangeli» (vv. 18-19)
allietano, quindi, «la mente di tutti i fedeli» (v. 20),
riempiono «di gioia ogni sguardo» (v. 21) e costellano
come stelle il libro-irmamento. Il «cielo» (v. 13) di Basilio è «composto di pelli tese, quali ofre la natura»
(v. 14), dei colori con i quali sono dipinte le igure e
anche del ritratto dello stesso imperatore,50 che, come nel Salterio, si era fatto rappresentare secondo
uno schema compositivo che può essere desunto dal
poema stesso.51 I versi fungono infatti da ekphrasis di
una scena miniata, purtroppo perduta, in cui il sovrano era forse rappresentato con gli abiti di corte.52
Egli, ma non sappiamo con precisione come la
miniatura si conigurasse, riceveva il suo potere dal
Pantokrator che era «in alto» (v. 5) e di cui l’imperatore che era «in basso» (v. 9) è «colui che lo rappresenta con il suo carattere» (v. 9). L’idea del sovrano
bizantino come mimema tou theou è d’altronde presente, come ha rilevato opportunamente Iacobini,
anche nel Salterio di Venezia:53 qui lo schema compositivo è desunto dall’iconograia cristologica,54
con Basilio aiancato da icone o stendardi55 dei santi
guerrieri, ai quali egli stesso è assimilato nella sua dimensione prettamente iconica56 (Fig. 1). Basilio, inine, come rivelano sia il contenuto del libro, i Salmi,
sia la pagina miniata posta subito accanto, è – ed ecco la triplice pregnanza del ritratto marciano – un
novello Davide, sovrano biblico per antonomasia.57
In ogni caso, la scena dipinta del Salterio rivendica
con forza, malgrado le autorevoli ipotesi contrarie,58
il trionfo militare di Basilio II sui nemici,59 a diferenza di quanto doveva invece accadere nel Menologio,
dove il paragone tra Dio e l’imperatore sembra tutto
giocato sul ruolo e l’eccezionale prerogativa di “colui che crea” («Ù‡ͷ˜», v. 13, è detto in greco dell’azione di Basilio). I due poemi e le corrispettive scene miniate sono quindi al tempo stesso simili e
complementari: simili per la funzione di ekphrasis
dei componimenti e forse per la medesima articolazione compositiva dei ritratti imperiali, complementari perché i manoscritti esaltano un sovrano che, come è scritto nel Menologio, è «eccellente tanto nelle
vittorie quanto nelle opere della mente» (vv. 11-12).
D’altronde questa vicinanza e questa vicendevole
integrazione potrebbero trovare riscontro in una comune fase di produzione, ad opera non solo dello
stesso copista,60 ma anche dello stesso miniatore.
ÛÎËÙÔ˘¯›·˜». Sul poema dedicatorio si vedano: Šev©enko 1962, pp.
57 Iacobini 2008, p. 214 e ig. II.5.25.
58 A. Cutler ha proposto di vedere nelle igure prostrate alcuni cittadini dell’impero grati per la pace raggiunta intorno al 1005, mentre
P. Stephenson ha supposto che fossero dei magnati anatolici piegati
dalle armi del sovrano: Cutler 1977, p. 11, Stephenson 2001, p. 56 e
Stephenson 2003a, pp. 51-62.
59 La scena, come ha recentemente sottolineato A. Iacobini, deve
essere necessariamente letta come un trionfo militare; nel poema introduttivo si ricorre per le igure prostrate ai piedi dell’imperatore al
termine «â¯ıÚÔf˜» (v. 11) e la qualiica di nemici – peraltro sconitti in
modo cruento – è d’altronde ribadita dalla ferita sanguinante sul collo
dell’uomo vestito con abiti sontuosi sul quale è sospinta infatti la lancia impugnata dal sovrano bizantino: Iacobini 2008, p. 216. Di tale
opinione erano d’altronde, tra gli altri, già Grabar 1936, pp. 86-87 e
Der Nersessian 1940-1941, p. 121 (rist. in Der Nersessian 1973, p.
121). Per il poema introduttivo del Salterio si veda Acconcia Longo
2008, p. 81: «Te ı·ÜÌ· ηÈÓeÓ z‰Â ÙáÓ ïڈ̤ӈÓØ / XÚÈÛÙe˜ ÚÔÙ›ÓÂÈ
‰ÂÍÈ3 ˙ˆËÊfiÚÅ / âÍ ÔéÚ·ÓÔÜ Ùe ÛÙ¤ÌÌ·, ۇ̂ÔÏÔÓ ÎÚ¿ÙÔ˘˜, / ÈÛÙ†
ÎڷٷȆ ‰ÂÛfiÙ– B·ÛÈÏ›Å. / (v. 5) οوıÂÓ Ôî ÚÒÙÈÛÙÔÈ ÙáÓ
\Aۈ̿وÓ, / ï ÌbÓ Ï·‚gÓ õÓÂÁΠηd ¯·›ÚˆÓ ÛÙ¤ÊÂÈ / ï ‰¤, ÚÔÛ¿ÙˆÓ
Ù† ÎÚ¿ÙÂÈ Î·d Ùa˜ ӛη˜, / ®ÔÌÊ·›·Ó, nÏÔÓ âÎÊÔ‚ÔÜÓ âÓ·ÓÙ›Ô˘˜, / ʤڈÓ
‰›‰ˆÛÈ ¯ÂÈÚd Ù” ÙÔÜ ‰ÂÛfiÙÔ˘. / (v. 10) Ôî Ì¿ÚÙ˘Ú˜ ‰b Û˘ÌÌ·¯ÔÜÛÈÓ ó˜
Ê›ÏÅ, / ®›ÙÔÓÙ˜ â¯ıÚÔf˜ ÙÔf˜ ÔÛd ÚÔÎÂÈ̤ÓÔ˘˜».
60 Si rimanda all’attento e documentato studio di D’Aiuto 2008,
pp. 106-123.
271-273, Follieri 1969, pp. 33-35 e, da ultimo, Acconcia Longo 2008.
Le citazioni italiane del poema introduttivo del Menologio sono tratte dalla editio princeps di A. Acconcia Longo, di prossima pubblicazione nell’edizione facsimilare italiana del Vat. gr. 1613.
50 Sull’originaria esistenza della pagina miniata che doveva accompagnare il poema introduttivo non esiste unanimità di giudizio.
Secondo I. Šev©enko il ritratto dell’imperatore (cfr. infra) era stato
previsto, ma forse non eseguito, e di ciò appare convinto, senza più
alcun dubbio, anche M. Lauxtermann: Šev©enko 1962, p. 273 e Lauxtermann 2003a, p. 347 nº 80. Recentemente A. Iacobini ha proposto
invece, grazie a nuove considerazioni di carattere codicologico, una
convincente ricostruzione del fascicolo iniziale del Menologio di Basilio II, ipotizzando che il poema fosse preceduto dalla raigurazione
del sovrano realizzata dal capo-miniatore Pantaleone: Iacobini 2008,
pp. 221-223.
51 Cfr. tra gli altri, Šev©enko 1962, pp. 271-273, Acconcia Longo
2008, pp. 80-83 e Iacobini 2008, p. 213.
52 Iacobini 2008, p. 222.
53 Iacobini 2008, p. 216.
54 Come aveva notato già Weitzmann 1935, p. 29.
55 Secondo l’ipotesi di Carile 2005, didascalia tav. xix.
56 Come ha messo bene in evidenza A. Cutler confrontando l’immagine di Basilio II del Salterio con la raigurazione di Teodoro Stratelates del Menologio vaticano (p. 383): Cutler 1976, pp. 14, 16.
«un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti
109
Nonostante le riserve di Cutler,61 è oggi comunemente accettata l’ipotesi di Italo Furlan secondo la
quale Pantaleone, il capo-bottega del Menologio, sia
anche l’autore delle due pagine decorate con immagini del Salterio.62 I due manoscritti furono con tutta
probabilità miniati non solo all’interno dello stesso
atelier costantinopolitano, ma anche nel volgere degli stessi anni e non più, come pure a lungo supposto, a notevole distanza cronologica l’uno dall’altro.63 Purtroppo restano ignoti, al di là di qualche
congettura desunta dai caratteri interni dei codici
stessi, sia l’occasione della loro produzione sia il contesto di ricezione dei manoscritti. Possiamo infatti
domandarci con Šev©enko se il Menologio fosse un
unicum «executed for Basil II, or whether it is a single
surviving of a de luxe edition made under the auspices of that emperor».64 Da un lato vi sono elementi,
come l’irregolarità nella sua costituzione e le pagine
vuote, che fanno propendere per la prima ipotesi,
dall’altro il riferimento a Basilio nel poema come colui che ha fatto eseguire il manoscritto, quindi in terza persona, potrebbe far pensare a «an imperial gift
(one of several) for a high dignitary or a foreign ruler
Fig. 1. Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, gr. Z 17
than a work produced for the emperor».65 Quest’ul(Salterio di Basilio II), fol. iiir: Basilio II trionfante sui nemici.
tima ipotesi – ma di tale avviso era lo stesso Šev©enko66 – mi pare da escludere: il manoscritto sembra
infatti destinato al godimento privato dell’imperatore e l’uso della terza persona non implica necessariaposto che Basilio II leggesse personalmente o ascolmente una produzione seriale. Il Menologio staziotasse leggere le pagine del Menologio vaticano nella
nò infatti per alcuni anni nel Palazzo imperiale, dal
cappella imperiale del Grande Palazzo.68 Così come
momento che servì da modello per altri manoscritti
non lasciò la residenza costantinopolitana del sovraconfezionati entro la metà del secolo, tra i quali i ceno bizantino nemmeno il Salterio, che pur destinato,
lebri “Menologi Imperiali”.67 Tale circostanza induper la natura stessa del codice e del suo testo all’uso
ce a condividere l’ipotesi di Lowden, il quale ha sup61 Cutler 1976, pp. 15-16.
62 I. Furlan, in Venezia e Bisanzio 1974, p. 110 nº 30 e Furlan 1978,
p. 48. Della stessa opinione: Zakharova 2003, p. 389, Zakharova
2008, p. 139 e Iacobini 2008, p. 214. Su Pantaleone: Šev©enko 1972,
Zakharova 2003, pp. 384-389 e Zakharova 2008, pp. 138-139, 145.
63 Secondo la tradizionale cronologia, proposta dalla studiosa armena Der Nersessian, il Menologio sarebbe stato eseguito tra il 979,
anno della morte di san Luca lo Stilita, rappresentato a p. 283 del codice, e il 989, anno del devastante terremoto che colpì Costantinopoli, ma del quale non si fa menzione nel testo, che pure ricorda
quello del 740; la studiosa avanzò, al contempo, una datazione intorno al 1018 per il Salterio, poiché, come già ricordato, esso celebrerebbe la vittoria deinitiva di Basilio II sui bulgari: Der Nersessian
1940-1941, p. 121. Tale opinione è stata generalmente accolta dagli
studiosi successivi, ma già I. Šev©enko, seguito poi dalla Zakharova,
posticipò l’esecuzione del Menologio al 1001-1016 sulla scorta di considerazioni storico-stilistiche: il Pantaleone dei codici di Basilio II sarebbe infatti identiicabile con l’omonimo pittore menzionato nella
Vita di sant’Atanasio l’Athonita (Šev©enko 1972, Zakharova 2003,
pp. 384-389 e Zakharova 2008, pp. 186-190). Anche se l’esecuzione
del Salterio, come è stato più volte sottolineato, non è da riferire necessariamente a un preciso evento storico (Cutler 1977, p. 12, Stephenson 2001, p. 56, Stephenson 2003a, p. 56 e Iacobini 2008, p.
216), si può ritenere che una datazione intorno al 1018 non contraddica le indicazioni storico-stilistiche addotte per il Menologio e che
entrambi i codici possano essere quindi stati realizzati tra il secondo
e l’inizio del terzo decennio dell’xi secolo: D’Aiuto 2008, pp. 122123. Per una datazione agli inizi del millennio si è espresso, sebbene
con motivazioni storiche poco convincenti (cfr. supra), anche Cutler 1977, p. 13. È inine da vagliare, alla luce di quanto si è precedentemente esposto, l’ipotesi di I. Furlan, che ha riferito il Salterio
a una precedente vittoria dell’imperatore sui Bulgari, forse quella di
Skopjie del 1004: Furlan 2005, p. 585.
64 Šev©enko 1962, p. 275.
65 Šev©enko 1962, p. 275 n. 101.
66 Šev©enko 1962, p. 275 n. 101.
67 Cfr. Zakharova 2008, p. 186. Per l’importanza del codice vaticano di Basilio II sui cosiddetti “Menologi Imperiali” di xi secolo si
veda, da ultimo, Patterson Šev©enko 2008.
68 Lowden 1997, p. 279. Cfr. Iacobini 2008, p. 216.
110
lorenzo riccardi
strettamente personale,69 servì da modello almeno
per un altro codice miniato tra il 1042 e il 1050 per volere di Costantino IX, Zoe e Teodora.70
iii.
Nel tentativo di ricostruire l’œuvre di Basilio II ci serviremo di una ripartizione tematica delle sue “committenze” certe,71 preferendo, invece, indicare la loro collocazione temporale nel regesto cronologico a
ine del presente contributo. È infatti impossibile,
considerati i dati in esame, individuare nel lungo regno dell’imperatore la così drastica cesura evocata
da Michele Psello:72 al periodo antecedente al 986,
anno in cui viene allontanato il Parakoimomenos, possono essere ascritti soltanto quattro “casi”, appena il
6,3% del totale. Il mutamento caratteriale di Basilio
II, che lo scrittore bizantino attribuisce alle lunghe e
soferte guerre civili, pare infatti dovuto più a uno
dei luoghi comuni del genere letterario della biograia.73 La frammentaria copertura storica impedisce,
inoltre, di essere analiticamente informati non solo
su ogni anno del regno, ma addirittura sui lustri; a
ciò si deve aggiungere, inoltre, la varietà dei contesti,
che implicherebbe diversi micro-approfondimenti. Il
versante geograico, che pur si presta a una suddivisione macroregionale, è invece condizionato dall’assenza di una prospettiva generale, che indurrebbe a
trattare singolarmente ogni “caso”, senza poter poi
individuare linee di tendenza e pratiche-guida. A
questo approccio frammentario si è quindi preferito
quello trasversale dell’accorpamento tematico:
un’operazione non priva di rischi, primo fra tutti, data la necessità di non dilungarsi troppo su ogni dettaglio, quello di poter perdere la speciicità di ogni
“caso”, per la quale si rimanda, allora, laddove esistente, alla relativa bibliograia fornita nel regesto e
nelle note.
69 Iacobini 2008, p. 216. A proposito del Salterio Cormack ha invece suggerito che esso possa essere stato uno dei doni diplomatici in
occasione del mancato matrimonio tra Ottone III e la principessa
Zoe, iglia di Costantino VIII e nipote di Basilio II: Cormack 1992, p.
229 n. 29.
70 Si tratta del ms. 364 conservato al Monastero di S. Caterina sul
Monte Sinai: Iacobini 2008, pp. 216, 228 n. 55.
71 La scelta di considerare unicamente i casi certi, o presunti tali,
ma che trovano comunque riscontro nelle fonti scritte (comprese le
iscrizioni), implica che saranno tralasciate sia quelle ipotesi che mancano del necessario fondamento storico sia quelle in cui l’attribuzione a Basilio II è molto controversa e diicilmente dimostrabile. Per
tale ragione non saranno qui considerati, ad esempio, il supposto
coinvolgimento del sovrano macedone nelle vicende del Monastero
A costituire la parte numericamente più signiicativa dell’œuvre di Basilio II concorrono i donativi a
diverse personalità o istituzioni: essi costituiscono
infatti il 44,4% dei “casi” (1, 3, 4, 6, 7, 8, 10, 14, 16, 17,
20, 21, 23, 24, 25, 26, 27, 29, 30, 33, 34, 36, 38, 43, 44, 48,
49, 63) ovvero ventotto sul totale dei sessantrè qui
considerati. Tuttavia soltanto in quindici di questi le
fonti menzionano il tipo di dono, mentre nei restanti
tredici è solo ricordata l’occasione, che, nella genericità dell’informazione, non ci consente un ulteriore
approfondimento. Si può, però, considerata la totalità del campione, indicare la isionomia del ricevente: egli è di solito esterno alle forze dell’impero, ma
non ostile, anzi in trattative con esso. Il dono, infatti,
accompagna una richiesta di rapporti politici oppure
può conigurarsi come gratiicazione per il sostegno
già accordato ed è quindi inscindibile dall’azione diplomatica, di cui è il coronamento simbolico.74 La
diplomazia assurse, infatti, a un ruolo di primo piano
per gli equilibri geo-politici del regno, non solo limitando le costose operazione belliche o accordando
proicue tregue, ma anche promuovendo progetti
matrimoniali, che, secondo D. M. Nicol, rispondevano al disegno di imparentare alcune tra le più potenti
famiglie europee.75
A contribuire, tuttavia, alla genericità tipologica
del dono diplomatico non sono soltanto le fonti, ma
anche la diicoltà, anzi l’impossibilità, di rintracciare, laddove esista una documentazione storica,
l’oggetto stesso, quasi sempre irrimediabilmente
perduto (o non identiicabile con uno di quelli sopravvissuti). Per tale motivo dobbiamo, quindi, solo
aidarci alle scarse informazioni scritte (perlopiù resoconti) e cercare, ove possibile, un eventuale confronto o modello. Tra i “casi” di donativi spiccano,
per la frequenza delle occasioni, le vesti e i tessuti: si
tratta, infatti, di quella che A. Muthesius ha deinito
giustamente la “Silken Diplomacy”.76 La ricchezza
di Hosios Loukas in Focide, la discussa committenza del Codex
Theodosianus (Sinai 204) del Monastero di S. Caterina sul Monte Sinai,
l’improbabile legame dell’imperatore con la Stauroteca di Gaeta:
Cormack 1986, p. 631 n. 17 e Guillou 1996, p. 23. Per il tessuto di
Bamberga si veda nota 80.
72 Mich. Psello, Chron. i, 18 (ed. Impellizzeri 1984, i, pp. 28-31).
73 Su questo argomento si veda Le Goff 1996 (tr. pp. xvii-xxix).
Cfr. Crostini 1996, pp. 72-80.
74 Sui doni diplomatici nel mondo bizantino, si rimanda, a Cormack 1992, Grabar 1997, Klein 2000, Cutler 2001, Schreiner
2004, Tinnefeld 2005 e Prinzing 2005.
75 Nicol 1988 (1990, pp. 67-68).
76 Muthesius 1992.
«un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti
111
della tessitura unita alla facilità del trasporto contriCostantino VIII80 (53). Resta invece dubbio un tessubuisce, infatti, al loro difuso utilizzo; inoltre le sete
to ricordato in Puglia (54) sia per l’ambiguità della
di produzione imperiale recano segni indistinguibili
fonte notarile («Basilio Costantino cosuto») che per
e non riproducibili: prima di tutto il colore, porpora
il contesto della menzione (il lascito testamentario di
o comunque rosso, allusivo alla dignità del sovrano,
un semplice diacono).81 Il tessuto, tuttavia, viene stie in secondo luogo l’iscrizione, che consente di datamato «solidi quinquaginta», circa nove-dieci volte il
re ogni singolo oggetto che la reca ad regnum.77 Non
costo di un prodotto di buona fattura, e potrebbe
sono però, come si può immaginare, degli unicum,
suggerire quindi una probabile provenienza costanpoiché lo stesso sistema di produzione prevedeva
tinopolitana e imperiale.82 Durante le missioni in
l’esecuzione di un prodotto standard, fabbricato nelOriente Basilio II ebbe modo di incontrare esponenti
le botteghe imperiali oppure, su commissione, in
dell’aristocrazia o della classe dirigente locale esterprivati laboratori di serikarioi, dove veniva sottopone alle forze dell’impero. Il più delle volte bisognava
sto comunque a rigido controllo dell’autorità comconquistare la loro “iducia” non soltanto con le arpetente.78 Si spiegano così, dunque, la ripetitività dei
mi e quindi con la sottomissione, ma anche con acmodelli e il ricorso a motivi d’una simbologia autocordi diplomatici: chi mostrava fedeltà o riconosceva
esplicante: il soggetto dei leoni afrontati, ad esemimmediatamente l’autorità del sovrano era gratiicapio, ha precedenti classici sia negli antichi vasi greci
to quindi con grandi favori, come vitalizi e concesche nei mosaici pavimentali romani con continuità
sioni di privilegi, e con doni vari, sebbene piuttosto
d’uso nell’arte islamica e allude inequivocabilmente
standardizzati: cavalli, muli, cammelli (24, 36)83 e,
all’autorità regia.79 Tale è il motivo presente, infatti,
per quanto ci riguarda, vesti, che le fonti deiniscono
in una seta oggi a Colonia, presso il Museo Diocesagenericamente “preziose”, “decorate” o “d’onore”
no (Fig. 2), ma proveniente dalla tomba di sant’Eri(14, 16, 17, 24). Purtroppo delle numerose ambasciate
berto († 1021), arcivescovo della medesima città, e
bizantino-arabe di cui abbiamo attestazione nelle
recante un’iscrizione formulare in cui sono menziofonti conosciamo in dettaglio molto poco e, in rari
nati Basilio e Costantino, identiicati con Basilio II e
casi, solo di generici scambi di doni.84 Tuttavia, in un
77 Muthesius 1992, pp. 240-246. A mo’ di esempio è suiciente ricordare il celebre contrattempo occorso alla dogana al vescovo Liutprando, che era stato accusato, al tempo della sua seconda ambasciata a Costantinopoli (968), di aver preso con sé delle vesti purpuree
«ÎˆÏ˘fiÌÂÓ·», quindi non destinate all’esportazione: Liudpr. Crem.,
Relat. cc. 54-55 (ed. Chiesa 1998, pp. 211-212).
78 Muthesius 1992, pp. 246-248. Queste prescrizioni con le relative pene sono contenute nel Libro del Prefetto: Te \E·Ú¯ÈÎeÓ ‚È‚Ï›ÔÓ
1970, pp. 26-41, 150-168, 236-249. Cfr. Zoras 1931, pp. 165-182.
79 D’Adamo 1995 e Muthesius 1997, pp. 34-43.
80 Muthesius 1997, p. 181, nº M53: «\Ed B·ÛÈÏ›Ԣ Î(·d) KˆÓÛÙ·ÓÙ›ÓÔ˘ ÙáÓ ÊÈÏÔ¯Ú›ÛÙˆÓ ‰ÂÛÔÙáÓ». Il tessuto era stato donato all’arcivescovo da Ottone III e, secondo A. Muthesius, faceva probabilmente
parte dei doni dei sovrani bizantini inviati in occasione del mancato
matrimonio tra il precedente imperatore, Ottone II, e una delle iglie
di Costantino VIII, Zoe o Teodora: Muthesius 1997, p. 37. Sul tessuto
si vedano: D’Adamo 1995, pp. 472-473, nº 2 e Muthesius 1997, pp. 3536; 40, n. 13-14; 181, nº M53. Altri tessuti recano i nomi di Basilio e Costantino: uno frammentario, il cosiddetto tessuto di Crefeld-BerlinDüsseldorf, la cui iscrizione è però stata dipinta alla ine dell’ottocento
– e i due sovrani invertiti nell’ordine, prima Costantino e poi Basilio –
(Muthesius 1997, pp. 35-36; 181-183, nº M54); l’altro, oggi perduto, ma
un tempo conservato nell’abbazia di Saint-Arnoul a Crépy-en-Valois,
è stato ricondotto dalla Muthesius, su base congetturale, al regno
(869) di Basilio I e suo iglio Costantino (Muthesius 1997, pp. 36-37);
tuttavia, data l’impossibilità di un esame autoptico dell’oggetto, ogni
ipotesi è indimostrabile. Inine, non consideriamo qui nel novero della «Silken Diplomacy» di Basilio II il celebre tessuto di Bamberga, che
era stato attribuito a tale imperatore da A. Grabar e con lui da numerosi altri studiosi, e posto in relazione con la vittoria sui Bulgari del
1018: Grabar 1956. Cfr. Stephenson 2003a, pp. 62-65. Recentemente,
infatti, G. Prinzing ha anticipato di quasi quarant’anni il movente sto-
rico dell’iconograia, individuandolo nel trionfo celebrato sui Russi e
sui Bulgari da Giovanni Zimisce nel 971: Prinzing 1993. L’opinione
dello studioso tedesco è stata accettata, tra gli altri, da Stephenson e
ribadita dallo stesso Prinzing, in seguito al dibattito innescato dal suo
precedente articolo: Stephenson 2003a, pp. 62-65 e Prinzing 2007.
81 Nitti 1900, p. 83, doc. 42 (Bari, 1065).
82 Nitti 1900, p. 83. Cfr. Ditchifield 2007, p. 449.
83 Si cita a mo’ di esempio la più documentata ambasciata bizantina di Costantino IX Monomaco al califo Al-Mustansir bi-Allah, ricca di enormi doni, quantiicati in moneta sonante, ma anche in «a
hundred ifty beautiful she-mules (al-baghlat al mustahsanah) and
selected horses, each of them covered with a brocade saddle cloth
(jilal); [these were] followed by ifth mules carrying ifty pairs of
boxes, covered with ifty pieces of silk thin brocade (sundusiyyah
ibrisam). All were led by two hundred Muslim prisoners of war who
had been in captivity. Among the contents of the boxes were a hundred gold vessels of various kinds inlaid with enamel [champlevé]
(mujrah bi al-mina); a thousand pieces of diferent kinds of brocade
(sundus), red Byzantine (Rumi) girdles (manatiq) bordered (mu’allamah) with gold; high turbans (‘ama’im murtai‘ah) of a [ine and
resistant] fabric (tali) embroidered (mutarrazah) with gold [threads];
drapes (sutur) and brocade bandanas (manadil) in which clothes are
wrapped» [Kitab al-Dhakha’ir wa al-Tuhaf, 82 (tr. al-¢ijjawi al-Qaddumi 1996, pp. 108-109)]. Cfr. Hamidullah 1960, p. 288 nº 8.
84 Sui rapporti bizantino-arabi si vedano, tra gli altri, Canard 1961,
Kennedy 1992 e Holmes 2005, pp. 241-242, 299-391 (con bibliograia).
Accanto alle ambasciate bizantine sono attestate anche quelle arabe,
di cui alcune con donativi non speciicati agli imperatori; ad esempio,
Regesten 2003, pp. 208, nº 798d; 209, nº 798f. Nell’espressione generica
della fonte, poteva essere compreso, tra i doni oferti dalla corte araba
a Basilio II, il noto bricco di cristallo del Tesoro di S. Marco a Venezia,
che presenta sulla spalla un’iscrizione cuica in cui è ricordato il califo
112
lorenzo riccardi
Fig. 2. Colonia, Erzbischöliches Diözesanmuseum, tessuto proveniente dalla tomba di sant’Eriberto (part.).
solo caso (10), una fonte araba menziona, tra altri
«preziosi, oltremodo pregevoli» donativi, un oggetto
molto singolare, che di certo colpì particolarmente
il cronista, tanto da darne una descrizione abbastanza accurata: si tratta, infatti, di una cassettina contenente una pietra di media grandezza, di color polvere e di forma triangolare, che dava guarigione in casi
di idropisia, se messa a contatto con una persona
malata.85 La taumaturgica cassettina appartiene a
quella tipologia di oggetto prezioso, che per le sue ridotte dimensioni, l’eicacia del lusso e l’importanza
del contenuto, è particolarmente adatto allo scambio diplomatico. Ne abbiamo, infatti, altre attestazioni, legate questa volta, non al potere guaritore
della pietra, ma a quello soteriologico della reliquia.
Le lipsanoteche, infatti, entrano a buon diritto nella
pratica diplomatica, soprattutto se colui che le di-
spensa, come nel caso dell’imperatore in Oriente, è
anche l’unico a poterne disporre liberamente, in
qualità di maître dei sacri resti di Cristo e dei Santi.86
Egli impone allo straniero o al proprio suddito la
propria autorità, non limitata unicamente alle cose
terrene, ma competente nell’amministrare anche
quelle celesti: il reliquiario toccato dalle mani del sovrano è infatti doppiamente pregnante, da un lato
l’imperatore garantisce l’autenticità dei resti, dall’altro «toucher la relique, c’est, pour l’empereur toucher le basileus céleste. Au basileus céleste, correspond le premier geste et le premier objet, la relique,
au basileus terrestre, le second geste, le reliquaire.
L’empereur est l’intermédiaire par le quel il faut passer pour atteindre la relique, tout comme le reliquaire impérial doit être vu avant de voir la relique».87 Le
fonti attestano cinque “casi” di reliquie donate (1, 4,
al-‘Aziz: “La benedizione di Dio sull’imam al-‘Aziz bi-Allah” (sul bricco: D. Alcouffe, in Il Tesoro di San Marco 1986, pp. 224-229).
help of Allah the Exalted, would recover». Cfr. Hamidullah 1960, p.
291 nº 16 e Regesten 2003, p. 187 nº 777c. Sull’efetto beneico e taumaturgico delle pietre preziose e, di conseguenza, sulla positiva considerazione che di esse avevano gli uomini antichi e medievali si veda, da
ultimo, Koutrakou 2005, pp. 266-271.
86 Sul rapporto imperatore-reliquia si vedano almeno: Kalavrezou 1997, Mergiali-Sahas 2001 e Lerou 2005.
87 Lerou 2005, p. 169.
85 Kitab al-Dhakha’ir wa al-Tuhaf, 101 (tr. al-¢ijjawi al-Qaddumi
1996, p. 218): «Among them was a small casket (safat sa#ir), in which
there was a medium-sized stone of dusty color and triangular shape,
which was useful for the disease of dropsy. It would be placed on the
person who sufered from this disease, and he [the patient], with the
«un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti
113
30, 33, 34) e per due di esse anche il tipo di contenitore
of life-giving blood, mounted with gold and pearls,
utilizzato (1, 4). Particolarmente dettagliata e signiiwhich the Lord had given through the holy and blescativa per via dell’autorità documentaria è la descrised patriarch, the archbishop Lord Dawit|, and
zione che abbiamo del «ÎÈ‚ÒÙÈÔÓ», oferto da Basilio
which is still called the Holy Cross of Aparank‘».92
II e Costantino VIII al monastero della Grande Lavra
Senza dubbio il reliquiario, di cui si fa menzione in
(1), fondato da Atanasio l’Athonita con il sostegno di
questo passo, è quello donato da Basilio II93 e presenNiceforo Foca nel 962-963. La notizia di tale dono è
ta caratteristiche simili rispetto a quello dell’Athos,
infatti riportata in un crisobollo dei due imperatori
ovvero oro e perle (ma presumibilmente da intendatato al 978, con il quale venivano conferiti al cenodersi anche con pietre preziose). Un confronto
bio privilegi economici (come dieci talenti d’argento
necessariamente arbitrario, ma utile per poter imper anno, prelevati dal tesoro imperiale) e un cofamaginare il tipo di lipsanoteca descritto, può essere
netto ricoperto da ili d’oro e fregiato di pietre preistituito con la Stauroteca oggi nel Tesoro di San
ziose contenente le teste dei santi Michele di Synada
Marco (santuario 75), datato alla ine del x-inizio xi
ed Eustratio e un braccio di san Giovanni Crisostosecolo.94 Sebbene, infatti, il prezioso oggetto venemo.88 L’altro “caso” è invece documentato in Armeziano presenti una decorazione molto ricca e non linia (4): il poeta Grigor Narekac’i racconta infatti che
mitata unicamente all’uso di oro e pietre preziose, è
nel 983 Basilio II donò alla chiesa di Aparank’, grazie
ipotizzabile che nella descrizione compendiaria della
alla mediazione di un nobile locale, un frammento
fonte armena fosse sempliicato di molto l’aspetto
della Vera Croce con altre reliquie della Passione di
della lipsanoteca e si preferisse porre l’accento sul
Cristo (frammenti della spugna, della corona di spivalore dei materiali costituenti; d’altronde il genere
ne, dei chiodi e anche di un panno in cui fu avvolto
di fonte che ne parla non prevedeva una vera e proalla nascita).89 Alla ine dell’xi secolo la “Croce” di
pria ekphrasis, bensì una notazione quasi venale, coAparank’ fu trasferita, per motivi di sicurezza, ad
me se si trattasse quindi di un pezzo da inventariaAłt‘amar, nella chiesa della Santa Croce,90 dove enre.95 Si può ipotizzare inoltre che anche negli altri tre
trò a far parte del tesoro.91 Ed è proprio in un elen“casi” la reliquia donata fosse custodita in un conteco-inventario dei beni posseduti dalla chiesa, che abnitore di squisita fattura, d’altronde era destinata a
biamo la descrizione del prezioso oggetto: «also the
importanti personalità del vicino occidente (Giovansign of the Lord’s cross, on which there was a drop
ni, il iglio del doge Pietro Orseolo,96 33, e l’impera88 Actes de Lavra 1970, p. 114: «àÊÔÛÈÔ‡ÌÂı· íÓ ¯Ú˘ÛfiÏÂÎÙÔÓ
ÏÈıÔÎfiÏÏËÙÔÓ ÎÈ‚ÒÙÈÔÓ ÌÂÙa ÙáÓ âÓ ·éÙá [sic] ı›ˆÓ ÙÚÈáÓ ıËÛ·˘ÚáÓ, zÓ
ì ÌbÓ Î·ı’ëοÛÙËÓ Í¤Óˆ˜ ı·˘Ì·ÙÔ˘ÚÁe˜ ı›· οڷ ÙÔÜ âÓ îÂÚ¿Ú¯·È˜
·å‰ÂÛÈ̈ٿÙÔ˘ êÁ›Ô˘ Mȯ·cÏ ÙÔÜ âÓ ™˘Ó¿‰ÔȘ ÌËÙÚÔfiÏÂÈ Ùɘ ºÚ˘Á›·˜, ì
‰b ÙÔÜ âÓ Ì¿ÚÙ˘ÛÈ ÂÚȂϤÙÔ˘ êÁ›Ô˘ EéÛÙÚ·Ù›Ô˘ ÙÔÜ ñbÚ XÚÈÛÙÔÜ ÙÔÜ
àÏËıÈÓÔÜ £ÂÔÜ Ì·ÚÙ˘Ú‹Û·ÓÙÔ˜, Ùe ‰¤ Á ÙÚ›ÙÔÓ ï ıÂÖÔ˜ ‚Ú·¯›ˆÓ âÓ ‰¤ÚÌ·ÙÈ
ÙÔÜ ÌÂÁ·ÏÔʈÓÔÙ¿ÙÔ˘ ηd ¯Ú˘ÛËÏÏ¿ÙÔ˘ Ùɘ ÌÂÙ·ÓÔ›·˜ ΋ڢÎÔ˜ êÁ›Ô˘
\Iˆ¿ÓÓÔ˘ ÙÔÜ XÚ˘ÛÔÚÚ‹ÌÔÓÔ˜». Cfr. Regesten 2003, p. 164 nº 760. Il termine «¯Ú˘ÛfiÏÂÎÙÔÓ», letteralmente «intessuto di ili d’oro», potrebbe
forse indicare una decorazione a “iligrana”, simile a quella che orna
il trittico-stauroteca della Vera Croce e il piatto di un Evangeliario
con Cristo benedicente, entrambi conservati alla Grande Lavra
dell’Athos e datati all’xi secolo: Grabar 1969, pp. 105-110 e igg. 15-19
e Durand 2009, pp. 46-47. Per la forma del reliquiario si può forse
guardare al fol. 207v dello Skylitzes madrileno, in cui sono raigurate
delle cassettine contenenti delle reliquie donate a Costantino Dalasseno: Tsamakda 2002, tav. 492.
89 L’episodio è attentamente studiato da Mahé 1991, p. 570.
90 Oggi della reliquia non si hanno più notizie: Thierry 1973-1974,
pp. 212-218 e Thierry 1989, p. 424.
91 Tutti i preziosi tesori della chiesa della Santa Croce di Ałt‘amar
erano tenuti in custodia da una nobile e pia donna, Maria, iglia del
duca d’Oriente, e sposa di Abdelmesh, re della regione ino alla morte, nel 1121. Maria muore invece due anni più tardi, nel 1123: Collection
d’Historiens arméniens 1874, p. 256 n. 1.
92 History of the House of Artsruik’ 1985, pp. 373-374 (tr. fr., Collection
d’Historiens arméniens 1874, p. 251).
93 Il ruolo complementare della reliquia e della sua teca pare in-
fatti suggerire che entrambe abbiano avuto una medesima sorte, altrimenti ne avremmo avuto una menzione, pur en passant, nelle dettagliate fonti del tempo. Cfr. Lerou 2005, p. 169.
94 J. C. Anderson, in Glory of Byzantium 1996, pp. 78-79, nº 37, ig. 37.
95 La descrizione più accurata del crisobollo e quella più sempliicata della fonte armena rispondono comunque a una tipologia “letteraria” piuttosto comune anche in Occidente. Ad esempio, Thangmar nella Vita Bernwardi, riferisce che lo stesso vescovo approntò
«thecam auro gemmisque lautissimam» per una reliquia della Vera
Croce donatagli dall’imperatore Ottone III: Thangmar, Vita Bernwardi Episcopi Hildesheimensis in Monumenta Historica Germaniae, SS.
4, 1841, p. 762. Cfr. Klein 2000, p. 294.
96 Cfr. Regesten 2003, p. 205 nº 794. Nel 1004 vennero celebrate a Costantinopoli le nozze tra Giovanni Orseolo, iglio del doge Pietro, e
di Maria, della nobile famiglia degli Argiri – per la quale si veda Vannier 1975, pp. 43-44 –. Il progetto, secondo quanto racconta lo storico
veneziano Giovani Diacono, rispondeva direttamente alla volontà di
Basilio II: «hoc quoque tempore Petrus famusus dux, sedula petitione
a Vasylio et Constantino imperatoribus coactus, Iohannem ducem,
sua dilectam prolem, ad regiam urbem causa coniugii delegavit»
(Cronache veneziane antichissime 1890, pp. 167-168). Durante la cerimonia i due sovrani bizantini imposero sulla testa degli sposi «aureas diademas» (Cronache veneziane antichissime 1890, p. 168), mentre una
grande festa di tre giorni fu tenuta nel palazzo «Yconomium» (Cronache veneziane antichissime 1890, p. 168), che Giovanni ricevette in dote
forse dalla famiglia della sposa. Dopo il conferimento della carica di
patrizio a quest’ultimo e di ricchi doni al fratello Ottone, i due sposi,
poco prima di imbarcarsi, secondo quanto riferisce Andrea Dandolo,
114
lorenzo riccardi
Fig. 3. Milano, S. Ambrogio: il serpente bronzeo
donato al vescovo Arnolfo.
tore Enrico II,97 30). Invece nell’ultimo “caso”, relativo all’encolpion oferto da Basilio II al re Stefano
d’Ungheria (34), la notizia è piuttosto tarda e sicuramente poco aidabile.98 Pare in controtendenza il
ebbero un ultimo e prezioso donativo: le sacre reliquie di santa Barbara concesse dai sovrani «suplicanti nepti» – Andr. Dand., Chron. (ed.
Pastorello 1938-1939, p. 202) –, che furono deposte a Venezia dapprima nella cappella ducale [Andr. Dand., Chron. (ed. Pastorello
1938-1939, p. 202)] e poi trasferite a Torcello, nella chiesa di San Giovanni, su richiesta dell’abbadessa Felicita, iglia anch’essa del doge
Pietro [Andr. Dand., Chron. (ed. Pastorello 1938-1939, p. 203)]. Stefano di Novgord, viaggiatore russo della metà del xiv secolo, riferisce
però che la testa della Santa era conservata nell’omonima chiesa, vicina a quella di S. Stefano delle Mangane, nella prima regione di Costantinopoli – Majesca 1984, pp. 44-45, 387 –, mentre in una descrizione della città, tradotta in latino per un pellegrino inglese e comunque
redatta non prima del 1063, le reliquie erano conservate nel monastero di Santa Barbara nel quartiere delle Blacherne, Cigaar 1976, p.
260. Più che di fonti contraddittorie si tratta qui, molto probabilmente, di quella pratica esemplare di smembramento dei sacri resti.
97 La reliquia fu donata da legati bizantini in occasione dell’incoronazione, il 7 giugno 1002, a Enrico II, il quale a sua volta la ofrì nel
1023 al monastero di Cambrai: «…reliquias sancti Andreae, apertis
capellae suae (scilicet Enrico II) scrinis os proferens de corpore sancti
ipsius apostoli, quod sibi Constantinopolitanum imperatorem (scilicet Basilio II) protestatus est olim contulisse» (Chronicon S. Andreae, in
Monumenta Germaniae Historica, ss vii, 1846, p. 530). Si vedano su tale
dono Ohnsorge 1958 e, più recentemente, Schreiner 2004, p. 275
nº 22 e Tinnefeld 2005, pp. 129-130.
98 Acta Sanctorum Novembris, ii/1, 1894, p. 484: «Inde refert inter alia
Emericum cum Boleslao venationi vacasse, eidem autore fuisse, ut
monasterium Sanctae Crucis in Monte Calvo conderet; illi autem
monasterio donasse crucem bifurcatam, portionem natabilem domi-
caso delle reliquie delle sante Agata e Lucia (57), poiché, secondo quanto riferisce lo storico veneziano
Andrea Dandolo, giunsero a Costantinopoli sotto il
regno dei due sovrani, prendendo poi altre vie dopo
il sacco del 1204.99 I sacri resti di sant’Agata furono
probabilmente deposti nella chiesa che già dal ix secolo era stata eretta a suo nome, tuttavia non sappiamo se in tale occasione l’ediicio fu interessato da interventi di restauro o ripristino.100
Rimanendo in ambito religioso, sono inoltre attestati nelle fonti altri tre oggetti unici che l’imperatore donò extra imperium durante il suo regno: un’icona a Napoli (23), un serpente bronzeo, tuttora
esistente (Fig. 3), a Milano (26) e inine un rilievo ligneo raigurante la Deposizione di Cristo dalla Croce in Armenia (63). Ottone III aveva inviato Arnolfo,
arcivescovo di Milano, a Costantinopoli con lo scopo
di riuscire a fargli avere in moglie una delle iglie di
Costantino VIII.101 Al ritorno dalla missione diplomatica il prelato portò con sé molti donativi («multis
et magnis donis ex auro et gemmis»),102 tra cui, come è stato supposto, un’immagine della Blacherniotissa – che fece ricopiare nel suo libro di preghiere103
(Fig. 4) – e una reliquia di straordinario valore: il serpente bronzeo di Mosè («serpentem aeneum quem
Moyses in deserto divino imperio admonitus coram
nici ligni cotinentem, modico argento obductam, parenti suo Stephano Hungarorum regi a Graecorum Caesare ex Constantinopoli pro
magno munere transmissam, quam vir Dei (= Emericus, G.P.) in
pectore ex patris largitione gestare consueverat». Cfr. Prinzing 2005,
p. 151 e n. 36.
99 Andr. Dand., Chron. (ed. Pastorello 1938-1939, p. 280): «Inventis similiter corporibus sanctarum Agathe et Lucie virginis, que Baxilius et Constantinus augusti de Sicilia deferri Contantinopolim fecerant, dux, optentum corpus sancte Lucie Veneciam in monasterium
sancti Georgii mandavit, quod in ecclesia eius nomini dedicata ripositum est, corpus vero beate Agathe quibusdam Siculis peregrinis
concessum est». La cronaca di Leone Marsicano, scritta alla ine dell’xi secolo, ricorda invece che le reliquie di santa Lucia furono traslate
a Costantinopoli «in argentea theca» da Giorgio Maniace dopo la conquista di Siracusa nel 1040: Chr. Monast. Casinensis ii, 66 (ed. Hoffmann 1980, p. 298).
100 La chiesa di S. Agata doveva comunque avere un certo rilievo
tra i fedeli per il miracolo dell’ebollizione dell’olio contenuto in
alcune lampade che si ripeteva ogni anno nel giorno della festa, il 5
febbraio: Janin 1969, pp. 6-7.
101 Land., Hist. 18 (ed. Bethmann, Wattenbach 1846, p. 55).
102 Land., Hist. 18 (ed. Bethmann, Wattenbach 1846, p. 56).
103 La miniatura a piena pagina (fol. 102v) appartiene al codice
appartenuto all’Arcivescovo conservato presso la British Library di
Londra con la segnatura ms. Egerton 3763: Turner 1960 e British
Library Catalogue 2000, i, nº Eg. 3760 (con bibliograia precedente).
Sulla difusione della cultura bizantina in Lombardia intorno all’anno
Mille, legata forse al viaggio costantinopolitano di Arnolfo, si veda
Tasso 2000, pp. 38-39.
«un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti
115
iliis Israel exaltaverant»).104 L’opera, «un superbo
esempio di toreutica ellenistica»,105 fu deposta dallo
stesso Arnolfo nella navata centrale del Sant’Ambrogio a Milano («veniens in ecclesia Sancti Ambrosii»),106 come pendant a una croce bronzea. Entrambe furono sollevate su due colonne, in una
dimensione dalla forte pregnanza simbolica, e rimasero a lungo emblemi della chiesa, come testimonia
infatti una miniatura di ine Trecento.107 La fonte latina suggerisce che il serpente bronzeo non fosse stato realizzato per l’occasione, ma fosse conservato a
palazzo e di lì donato ad Arnolfo alla stregua di una
reliquia (come tale efettivamente era). Raggiunto
l’accordo, Zoe (o Teodora) si imbarcò per l’Italia, ma
quando raggiunse la Puglia, nel gennaio 1002, apprese la notizia che il futuro marito era nel frattempo
morto e quindi ritornò a Costantinopoli, forse con i
doni che erano stati per l’occasione predisposti dalla
corte bizantina (29).108 Il “caso” napoletano è invece
più problematico dal momento che la fonte è piuttosto tarda e l’attribuzione a Basilio II è ricostruita in
via congetturale.109 L’imperatore avrebbe infatti donato all’arcivescovo di Napoli, Sergio I, tra il 999 e il
1003, un’icona circolare di dimensioni gigantesche
raigurante il volto del Salvatore110 (Fig. 5), alla
quale potrebbe forse richiamarsi quella ancora oggi
incastonata nell’abside di Santa Restituta.111 Del rilievo ligneo raigurate la Deposizione di Cristo dalla
Croce sappiamo che fu donato da Basilio II agli armeni e deposto dapprima da Gregorio Magistros
Fig. 4. Londra, British Library, ms. Egerton 3763
nella chiesa di Havuts T’ar (eretta allo scopo nel
(Libro delle Preghiere di Arnolfo), fol. 102v: Vergine orante.
1044) e poi trasferito in quella di Etchmiadzin.112
bulgari guidati da Samuele. L’imperatore infatti inMerita un paragrafo a parte la visita di Basilio II
traprese un vero e proprio tour trionfale nei Balcani
ad Atene dopo la vittoria riportata nel 1018 contro i
104 Land., Hist. 18 (ed. Bethmann, Wattenbach 1846, p. 56).
105 Bertelli 1987. Carlo Bertelli si è detto stupito che il dono fosse
destinato ad Arnolfo ed ha supposto che esso fosse riservato a
qualcuno che maggiormente premeva alla corte, insieme agli altri
donativi che egli aveva portato con sé da Costantinopoli: C. Bertelli, in Il millennio ambrosiano 1988, p. 8. Sul serpente si veda anche Di
Giovanni 1966.
106 Land., Hist. 18 (ed. Bethmann, Wattenbach 1846, p. 56).
107 Si tratta del fol. 6v del messale di Gian Galeazzo Visconti
(Milano, Archivio di Sant’Ambrogio, ms. 6), donato il giorno della
sua incoronazione, nel 1395, alla basilica di sant’Ambrogio. Cfr.
Toesca 1987, ig. 276 e Bertelli 1987, p. 87. La venerazione riservata
dai milanesi a questa preziosa reliquia, eccetto da quelli che la consideravano come un frammento proveniente da un tempio di Esculapio, è attestata nella dotta opera di un prefetto della biblioteca di S.
Ambrogio vissuto nel xvii secolo: Bosca 1675.
108 Alcuni studiosi hanno supposto invece che qualche donativo
sia potuto rimanere in Occidente, come il tessuto di Colonia (cfr. nota
80), ma tale ipotesi, priva di qualsiasi fondamento storico, non pare
del tutto convincente. Tra i doni approntati per il sovrano ottoniano,
come già ricordato, Robin Cormack ha annoverato anche il Salterio
di Venezia (cfr. nota 69). Sul mancato matrimonio si vedano, tra gli
altri, Lounghis 1980, pp. 221-223 e Wolf 1991.
109 La perduta icona napoletana donata forse da Basilio II non è mai
stata oggetto di uno studio approfondito e soltanto di recente è tornata
all’attenzione degli storici dell’arte dopo le segnalazioni di Leone de
Castris 2002, p. 114 e Marchionibus 2005, pp. 123-124 n. 12.
110 D’Engenio Caracciolo 1624, pp. 314-315: «in sanctum Vultum e sancto Salvatore […] Questa igura del Salvatore stà oggi sopra
la tavola dell’altar maggiore, & è di pittura greca». Al trasporto della
sacra immagine è anche legato un miracolo, poiché coloro che
stavano trasportando l’icona all’Arcivescovato, cui era destinata, si
fermarono per una sosta al monastero dei SS. Marcellino e Pietro, ma
quando cercarono di risollevarla da dove l’avevano poggiata non riuscirono nell’impresa: l’icona aveva infatti scelto il suo luogo.
111 La decorazione absidale di S. Restituta è di norma datata agli
inizi del xii secolo: Leone de Castris 2002, p. 115.
112 Archbishop Garagin Hovsep’ian 1937, pp. 2-8, 36, ig. 17
(non mi è stato possibile consultare il testo) e Der Nersessian 1946,
p. 74 e n. 29 (rist. in Der Nersessian 1973, p. 410 e n. 29).
116
lorenzo riccardi
Fig. 5. Napoli, duomo, S. Restituta, abside:
tavola lignea con il volto del Salvatore.
tra le acclamazioni, i canti e i plausi di tutto il popolo.113 Da Ocrida, dove aveva ricevuto l’omaggio di
Maria, vedova di Giovanni Vladislav, e dei membri
113 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 41 (ed. Thurn 1973, p. 358;
tr. Flusin 2003, p. 299).
114 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 41 (ed. Thurn 1973, p. 359;
tr. Flusin 2003, p. 299).
115 Sulla visita di Basilio II ad Atene si vedano Schlumberger
1900, pp. 398-401 e, più recentemente, Kaldellis 2009, pp. 81-91.
116 Di Branco 2005, pp. 80-82. Su Atene nel periodo bizantino si
vedano Setton 1975 e i più recenti contributi di Di Branco 2006 e
Di Branco 2007.
117 Sul Partenone trasformato in chiesa Janin 1975, pp. 316-320 e,
da ultimo, Ousterhout 2005, Di Branco 2008 e Kaldellis 2009.
118 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 43 (ed. Thurn 1973, p. 364;
tr. Flusin 2003, p. 303): «âÓ \Aı‹Ó·È˜ ‰b ÁÂÓfiÌÂÓÔ˜, ηd Ù” ıÂÔÙfiÎÅ Ùa Ùɘ
ӛ΢ Â鯷ÚÈÛÙ‹ÚÈ· ‰Ôf˜ ηd àÓ·ı‹Ì·ÛÈ Ï·ÌÚÔÖ˜ ηd ÔÏ˘ÙÂϤÛÈ
ÎÔÛÌ‹Û·˜ ÙeÓ Ó·fiÓ». Tutte le altre fonti bizantine si rifanno a Skylitzes:
Di Branco 2005, p. 82 n. 87. Parte dei doni potevano forse provenire
dal ricco tesoro di Samuele ritrovato da Basilio II mentre era di stanza
a Ocrida: «¯Ú‹Ì·Ù· ÔÏÏa ηd ÛÙ¤ÌÌ·Ù· âÎ Ì·ÚÁ¿ÚˆÓ ηd ¯Ú˘ÛÔ¸ÊÂÖ˜
âÛıÉÙ·˜ ηd ¯Ú˘ÛÔÜ âÈÛ‹ÌÔ˘ ÎÂÓÙËÓ¿ÚÈ· ëηÙfiÓ» [Io. Skyl., Synops. hist.
Bas. et Cost. 41 (ed. Thurn 1973, p. 359; tr. Flusin 2003, p. 299)]. Il tesoro fu distribuito, come riferisce lo stesso Skylitzes, «±ÙÈÓ· ¿ÓÙ·»
[Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 41 (ed. Thurn 1973, p. 359; tr. Flusin 2003, p. 299)] ai suoi soldati come paga; tuttavia, quasi sicuramente, parte di esso restò nelle mani dell’imperatore, soprattutto quei
pezzi che per la loro speciicità potevano essere destinati unicamente
alla corte imperiale. Sembra inoltre improbabile che Basilio non si
fosse riservato alcuna parte del bottino per ostentare la vittoria sui
bulgari nel trionfo costantinopolitano [Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et
Cost. 43 (ed. Thurn 1973, pp. 364-5; tr. Flusin 2003, p. 303)].
119 Tra i primi, Schlumberger ipotizzò che Basilio II si fosse fatto
superstiti della famiglia,114 l’imperatore avrebbe
potuto proseguire per Costantinopoli solcando la
via Egnatia, ma preferì volgere a sud verso Atene.
Ignoriamo i motivi che spinsero Basilio a visitare
una città che non ospitava un imperatore dalla metà
del vii secolo,115 ma è presumibile che egli volesse
rendere omaggio alla chiesa della Theotokos sull’Acropoli, che in quegli anni stava diventando meta
di pellegrinaggi sempre più frequenti.116 E proprio
al tempio mariano installatosi nel Partenone,117
Basilio, come riferisce Skylitzes, elargì splendidi e
ricchi doni (43).118 Purtroppo non sappiamo in cosa
consistesse l’oferta dell’imperatore, se si trattasse di
un sovvenzionamento economico, come nel caso
del monte Athos, o di arredi liturgici, come invece
potrebbe suggerire l’uso del verbo «ÎÔṲ̂ˆ».119 Dei
doni elargiti da Basilio, come è stato ipotizzato nel
xix secolo,120 potevano forse far parte la colomba,
simbolo dello Spirito Santo, che si librava in aria
sull’altare121 e una lampada d’oro di luce eterna122
descritte alcuni secoli dopo come facenti parte dell’arredo liturgico della chiesa della Theotokos.
Tornando a una dimensione profana, come il
matrimonio, vanno ricordati i diademi («aureas diademas»), che gli imperatori posero sul capo del veneziano Giovanni e della nobile bizantina Anna in
rappresentare nel tempio cristiano vittorioso sui soldati di Samuele
(Schlumberger 1900, p. 404); mentre R. Janin pensò – «pure supposition évidemment», come egli stesso ammette – che le elargizioni
imperiali avessero permesso una nuova decorazione del santuario e
«la mise en place sans doute de la grande mosaïque de la Platytéra,
reproduisant peut-être le type de l’icône vénérée» (Janin 1975, p. 318).
Ancor prima Labord aveva supposto che il secondo strato delle pitture murali presenti potesse rimontare al tempo di Basilio II, precisamente al 1018, ma gli afreschi del nartece e dell’esonartece, allora appena visibili, sono stati considerati più di recente della seconda metà
del xii secolo: Laborde 1847-1848, pp. 50-55 e Cutler 1993-1994.
120 Gregorovius 1889, p. 165, seguito poi da Schlumberger
1900, pp. 398-401.
121 Tale supposizione fu avanzata per primo da Lampros nel 1878:
Lampros 1878, pp. 40-41. Lo studioso attribuisce infatti a Basilio II la
colomba descritta da Niceta Coniata, vescovo della città dal 1182 al
1205, in un suo sermone indirizzato al megas doux Michele Stryphos
intorno al 1202-1203: Mȯ·‹Ï \AÎÔÌÈÓ¿ÙÔ˘ ÙÔÜ XˆÓÈ¿ÙÔ˘ Ta ÛˆÍfiÌÂÓ·
1879, p. 325. Cfr. per la traduzione inglese: Kaldellis 2009, p. 155. La
colomba era forse un automa, un oggetto raro che, se non fu dono di
Basilio II, fu oferto sicuramente da un alto membro della corte costantinopolitana o dall’imperatore stesso. Sugli automata: Iacobini
1991a e Trilling 1997.
122 Un pellegrino, visitando la città greca tra il 1102 e il 1103, vide
nella chiesa del Partenone una lampada che bruciava sempre olio: «in
qua est oleum in lampade semper ardens, sed nunquam deiciens»
(cit. in Gregorovius 1889, p. 214 e n. 1). Alla lampada si riferisce anche il metropolita di Atene Giorgio Tornikes alla metà del xii secolo:
Georges et Demetrios Tornikes 1970, pp. 206-207. Cfr. Ousterhout 2005,
p. 309.
«un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti
117
occasione del loro matrimonio celebrato a Costantistruirla più grande e meglio fortiicata, in modo da
nopoli (33)123 e la corona, che stando a una fonte
renderla inaccessibile ad un eventuale attacco e immolto tarda e di incerta lettura, fu donata al principe
prendibile con le armi»: d’altronde in queste terre si
russo Vladimir quando prese in moglie la sorella di
combatteva una guerra di “posizione” e si rendeva di
Basilio II e Costantino VIII, Anna (7).124
fatto necessaria l’occupazione delle piazzeforti a diAccanto ai doni diplomatici, un sovrano, nelfesa delle campagne circonvicine.128 Simili per
l’espletamento delle sue funzioni militari e amminiimportanza strategica e scopo dell’intervento, ma
strative, non poteva certo considerare superlui
molto distanti geograicamente, sono invece Theointerventi di restauro e di fortiicazione di città e
dosiopolis (45)129 e Reggio Calabria (50).130 In encastra o ancora di fondazioni ex novo di centri risertrambi i “casi”, infatti, Basilio II restaurò le due città
vati sia alle truppe che alla popolazione civile. A
e provvide a renderle avamposto per le successive
Basilio II, la cui fama è – come si è visto – squisitaspedizioni, rispettivamente, in Armenia e in Sicilia. I
mente legata alle imprese belliche, si debbono diverlavori vennero aidati in Oriente a un nobile di
si “casi”, tutti o quasi annoverabili durante lo svolgiNicomedia e in Italia al catepano, Basilio Boioannes.
mento delle campagne militari o di riorganizzazione
L’altro fronte caldo era quello balcanico, per il quale
amministrativa del territorio, spesso non identiical’imperatore scelse tuttavia un basso proilo di milibili geograicamente o comunque non ricostruibili
tarizzazione,131 pagato duramente dai suoi successosulla base delle evidenze archeologiche. Alle numeri, ancora meno interessati a contrarre spese così alte
rose spedizioni in Asia Minore devono essere conper difendere queste regioni di frontiera.132 Più che
nesse le rifortiicazioni della cittadella di Ibn Ibrahim
al silenzio delle fonti si devono attribuire a un piano
nella città di Ra|ban (2),125 di Antartus (18)126 e di Anprogrammatico i pochi casi di rilievo menzionati dei
tiochia (39);127 il tipo di interventi previsto era volto,
testi: la rifortiicazione di Bidine (oggi Vidin), nell’atcome scrive Yayha a proposito di Ra|ban, a «ricotuale Bulgaria (28),133 la costruzione di due fortezze
123 Cronache veneziane antichissime 1890, p. 168. Cfr. nota 96.
124 La lettera patriarcale, datata al 1560, in cui è menzionato l’invio
di una corona a Kiev, come mi ha suggerito Vera Tchentsova – che
qui ringrazio – ha grande importanza soprattutto nel processo di traslazione dell’autorità imperiale bizantina da Costantinopoli a Mosca
dopo il 1453: cfr. L’idea di Roma a Mosca 1993. Inoltre Regel, a cui si deve
la pubblicazione del documento alla ine dell’Ottocento, attribuì il
dono a Basilio II e non a Costantino Monomaco, come sempre era
stato creduto, proponendo una lettura congetturale del passo in esame piuttosto arbitraria e non ancora rivista, a quanto mi risulta, con
l’ausilio delle moderne tecnologie, grazie alle quali si potrebbe leggere infatti al di sotto dell’abrasione che interessa il nome dell’imperatore. Se anche fosse corretta, inine, l’edizione di Regel, la notizia
riportata è di circa cinquecento anni più tarda, davvero molto anche
per chi, come il Patriarca di Costantinopli, dice di avere consultato
fonti e persone degne di fede. Cfr. Analecta byzantino-russica 1891, pp.
l-xcviii, 75-79 Regesten 2003, p. 182 nº 769i e Rossija i gre©eskij mir 2004,
I, pp. 382-388. Per la data (1560) della lettera patriarcale si veda Fonki©
2003, pp. 373-376. Sul matrimonio della principessa Anna con Vladimir
si veda Shepard 2003.
125 Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky, Vasiliev 1932, pp. 197198; tr. Pirone 1998, 10:100, p. 182).
126 Si tratta di una riediicazione molto veloce, compiuta in appena tre giorni e aidata a un presidio di soldati armeni: Yahya, Cronache
(éd. Kratchkovsky, Vasiliev 1932, p. 235; tr. Pirone 1998, 11:19, p.
211). A tale fortezza sembra riferirsi anche Stefano di Taron, Hist.
xxxv (tr. Macler 1917, p. 147). Molto probabilmente Antartus si deve
identiicare con la Tortosa dei Crociati, sita tra Laodicea e Tripoli.
127 Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky 1997, p. 34; tr. Pirone
1998, 13:38, p. 281). Cfr. Regesten 2003, p. 212 nº 801d. Su Antiochia bizantina: Cheynet 2006.
128 Sulle vicende belliche e sulla situazione geopolitica in Asia Minore si rimanda a: Cheynet 2003, pp. 71-108 e Holmes 2005, pp. 299391, 448-461, 475-487 (con bibliograia).
129 Aristakes, Récit (tr. Canard, Berberian 1973, p. 11). Theodo-
siopolis, in armeno Karin o Karnoy K|ałak|, in arabo Qâlîqalâ, corrisponde oggi a Erzerum.
130 Annales Barenses, in Monumenta Germaniae Historica, ss v, 1844,
p. 53 e Amari 1880, p. 440. Cfr. Falkenhausen 1991, p. 268. Accanto
al restauro delle fortiicazioni di Reggio Calabria e diversamente rispetto a quanto accade nella penisola balcanica, dove le motivazioni
erano prettamente militari (vedi nota 131), in Italia meridionale durante il regno di Basilio II, grazie al controllo politico e amministrativo dei catepani, ma non è da escludere con la benedizione dell’imperatore, vengono fondate sempre ad opera di Boioannes, sul tratto
meridionale della Via Appia, Mottola e Meli, mentre Troia, Dragonara, Civitate, Castel Fiorentino e Montecorvino sono predisposti
come avamposti per la difesa contro le invasioni dal nord (Longobardi e Normanni): Falkenhausen 2003, pp. 148-9.
131 Basilio II, a diferenza di quanto faccia pensare il suo epiteto,
condusse nei Balcani una politica «sensible und measured» (Stephenson 2000, p. 77) incoraggiando i matrimoni misti, lasciando presidi
solo in alcuni centri fortiicati e smantellando invece gli altri. Sulle vicende militari e sulla politica di Basilio II in Bulgaria si vedano più recentemente Stephenson 2000, pp. 62-66, Stephenson 2003a, pp. 1131 e Holmes 2005, pp. 392-428, 487-502 e, soprattutto, Strässle 2006.
132 Holmes 2005, pp. 425-428. Basilio II, difatti, non procede a fortiicare nemmeno il corso del Danubio, che pure doveva costituire la
linea privilegiata di difesa dell’impero nei Balcani, distinguendosi
dunque dal suo predecessore Giovanni Zimisce, che aveva molto investito in tale progetto sia verso il iume che verso il lago di Prespa:
Stephenson 2000, pp. 56-58.
133 Bidine (nell’odierna Bulgaria) fu assediata da Basilio II in persona per otto mesi e conquistata nel 1002 [Io. Skyl., Synops. hist. Bas.
et Cost. 30 (ed. Thurn 1973, p. 346; tr. Flusin 2003, p. 289)], con l’intenzione di portare un attacco da retro al principe bulgaro Samuele,
che intanto dilagava in Tracia, ino ad Adrianopoli (Ibid.). L’imperatore, che aveva scelto tale città come avamposto nel cuore dei Balcani, la fece fortiicare «Ì¿Ï· ηÏᘻ (Ibid.). Cfr. Stephenson 2000, p.
65, Madgearu 2001, pp. 78-80 e Strässle 2006, pp. 167-168.
118
lorenzo riccardi
Fig. 6. La torre n. 1 delle mura teodosiane di Istanbul in una foto del 1870 ca. (da Meyer-Plath, Schneider 1943).
a Bodena (40) e di altre due sulle montagne dietro il
lago di Ocrida e quello di Prespa, che presero il nome
di Basilis e Constantinis (41),134 toponomi che echeggiano i due imperatori, secondo una pratica piuttosto comune in età medievale.135 Soprattutto nel “caso” della fortezza di Bodena pare piuttosto probabile
che le due costruzioni non fossero state erette per
motivi militari, ma per necessità amministrative e
“interne”, dal momento che sia durante le guerre
greco-bulgare che negli anni successivi, la gente del
luogo si sollevò diverse volte contro le autorità
bizantine.136 Inine va ricordato il caso piuttosto
enigmatico di Diabolis, ove Basilio fece erigere un
«‚ÉÌ·» per accogliere i signori locali (42).137 Si tratta
134 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 41 (ed. Thurn 1973, p. 359;
tr. Flusin 2003, pp. 299-300). L’ubicazione precisa ci è ignota: Kravari 1989, pp. 361, 371-372 e Strässle 2006, p. 231. Le due fortezze furono
erette ex novo da Basilio II dopo il 1018 e dovevano essere di dimensioni tali da ospitare, molto probabilmente, solo guarnigioni militari,
dal momento che il territorio circostante, compresi i grandi centri di
Ocrida e Prespa, era stato demilitarizzato in seguito alla conquista del
1015-1018: Kravari 1989, pp. 357-361, 371-372.
135 Cfr. Musset 1978.
136 Basilio II fece costruire a Bodena (odierna Edessa) due fortezze,
Kardia e Sant’Elia: Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 37 (ed. Thurn
1973, p. 352; tr. Flusin 2003, p. 294). «âÓ Ù† ̤ÛÅ Ùɘ ‰˘Û¯ˆÚ›·˜» (Ibid.),
in questo posto diicile, l’imperatore dovette intervenire più volte per
sedare gli animi degli abitanti, che infatti furono allontanati, in segui-
to a sollevazioni, due volte in quindici anni, nel 1001 [Io. Skyl., Synops.
hist. Bas. et Cost. 27 (ed. Thurn 1973, p. 345; tr. Flusin 2003, p. 288] e
nel 1016 [Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 37 (ed. Thurn 1973, p. 352;
tr. Flusin 2003, p. 294] e non è da escludere che anche in un momento
di relativa tranquillità per il territorio circovicino, intorno al 1018, il sovrano fu costretto a ritornare per “mettervi ordine” a causa di nuove
diicoltà con la gente del luogo [Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 40
(ed. Thurn 1973, p. 356; tr. Flusin 2003, pp. 297-298]. Ovviamente non
possono essere disconosciute né la posizione di Bodena sulla Via
Egnatia, e quindi di grande importanza per gli equilibri geopolitici
dell’area, né la totale certezza della cronologia di Skylitzes. Cfr. Kravari 1989, pp. 68-70 e Strässle 2006, p. 231.
137 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 41 (ed. Thurn 1973, p. 360;
tr. Flusin 2003, p. 300).
«un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti
119
Fig. 7. Fac-simile dell’iscrizione menzionante gli imperatori Basilio II e Costantino VIII
dalla torre n. 36 delle mura teodosiane di Istanbul (da Meyer-Plath, Schneider 1943).
forse di una struttura eimera, legata al cerimoniale
della nomina di costoro al rango di «Ì¿ÁÈÛÙÚÔ˜» e di
«·ÙÚ›ÎÈÔ˜».
Venendo dunque a contesti privi dell’emergenza
militare, l’oeuvre di Basilio II consta di diversi altri casi, che potremmo, tipologicamente, distinguere in
interventi per: a) pubblica utilità; b) ediici religiosi.
Al punto a) possono essere infatti ricondotte le iniziative a sostegno dei poveri, come testimonia l’encomio di Leone Diacono, ossia l’erezione di un ospizio per i bisognosi e di un orfanotroio (9);138 il
restauro dell’acquedotto di Valente (compresa la
costruzione a Karacaköy, in Tracia) e, inine, il consolidamento o la ricostruzione delle porte, delle
torri e dei tratti di mura terrestri e marittime che difendevano la capitale dell’impero, Costantinopoli.
Riguardo a quest’ultimi, gli interventi sono documentati da iscrizioni ricondotte agli imperatori Basilio II e Costantino VIII solo per via della menzione
dei loro nomi: le epigrai infatti, come nel caso dei
tessuti, presentano una formula convenzionale e sono prive di indicazioni cronologiche. Soltanto in un
caso, ove peraltro l’unico sovrano menzionato è Basilio, l’iscrizione assume la struttura di un piccolo
componimento poetico in trimetri giambici. C. Foss
ha però retrodatato tutte queste attestazioni epigraiche a circa un secolo addietro, attribuendo i restauri ivi celebrati a Basilio I e suo iglio Costantino, ma
l’ipotesi non pare del tutto convincente.139 Delle
mura teodosiane140 i sovrani Basilio II e Costantino
VIII restaurarono due torri: la prima (12), nella numerazione corrente, è la numero 1, in riva al Mar di
Marmara, pentagonale a tre piani, di cui l’ultimo esagonale141 (Fig. 6), e la seconda (13) è la numero 36
(Fig. 7) presso la porta della Zoodochos Pege (oggi
Silivrikapı).142 Il restauro di entrambe viene di norma ricondotto ai danni provocati dal terremoto del
989 e nel caso della torre numero 1 il riferimento cronologico alla ine del ix secolo, proposto da Foss,
sembra oggi ancora meno probabile, dal momento
che, come ha giustamente indicato H. Maguire, in
un poema incompiuto di Giovanni Geometra143 –
malgrado non siano menzionati i due imperatori – si
alluderebbe a un recente restauro o completamento,
in seguito ad un evento calamitoso (un terremoto?),
di una torre, che è stata correttamente identiicata
con quella terrestre sul Mar di Marmara.144
Altre due iscrizioni attestano interventi sulle torri
e forse sulle mura corrispondenti del tratto marittimo145 presso la prima porta ad ovest di Ahirkapı (55),
138 ™ YKOYTPH™ 1932, pp. 428-429. La descrizione lunga e accurata
dei due ediici assistenziali, come ha notato lo stesso Sykutres,
potrebbe suggerire che il caritatevole gesto di Basilio II fosse piuttosto recente e che avesse provocato – oppure che l’imperatore volesse sollevare – una grande impressione nei suoi contemporanei:
™ YKOYTPH™ 1932, pp. 428-429, 433.
139 Foss 1984, pp. 78-80. Il regno congiunto di Basilio I e del iglio
maggiore Costantino durò appena un anno (868), prima che il
fondatore della dinastia macedone elevasse a coimperatore anche il
più piccolo Leone nell’869: cfr. Ostrogorsky 1963 (1993, p. 212) e
Muthesius 1997, p. 36. Inoltre non paiono determinanti a sostenere
l’ipotesi di C. Foss né che Basilio I fosse «a great builder, especially in
the capital» né che i restauri dei suoi predecessori alle mura marittime costituissero dei precedenti diretti: Foss 1984, p. 78. Bisogna inine ricordare che Leone Diacono, testimone oculare di quanto racconta nella sua Storia (cfr. nota 204), ricorda espressamente, ma forse
con eccessiva enfatizzazione, che le fortiicazioni della città, dopo il
terremoto del 989, erano state rase al suolo e che quindi abbisognavano, vista la precaria situazione politica, di un pronto intervento di
restauro, cui Basilio II non poteva certo sottrarsi.
140 Ci si limita a rimandare a Van Millingen 1899, MeyerPlath, Schneider 1943, Janin 1964, pp. 265-283, Müller-Wiener
1977, pp. 286-300, Foss, Winfield 1986, pp. 41-77 e, da ultimo, Asutay-Effenberger 2007.
141 Meyer-Plath, Schneider 1943, p. 123 nº 1: «¶‡ÚÁÔ˜ B·ÛÈÏ›Ԣ
ηd KˆÓÛÙ·ÓÙ›ÓÔ˘ ÈÛÙáÓ âÓ X(ÚÈÛÙ)† / ·<é>ÙÔÎÚ·ÙfiÚˆÓ ÂéÛ‚ÂÖ˜
B·ÛÈÏÂÖ˜ \PˆÌ(·›)ˆÓ». Per la descrizione della torre si veda, più recentemente, Foss, Winfield 1986, p. 55, anche se è da precisare che la
parte più alta della cortina muraria, accumunata dagli autori a quella
delle torri datate all’viii secolo, sia piuttosto disomogenea, in quanto
dovuta a risarcimenti di epoche diverse, come risulta dal restauro degli anni novanta condotto sulla porzione di mura dalla torre 1 (esclusa) alla torre 6 e pubblicato da Ahunbay, Ahunbay 2000, p. 230.
142 Meyer-Plath, Schneider 1943, p. 129 nº 23: «¶‡ÚÁÔ˜
B·Û(È)Ï›Ԣ Î(·d) KˆÓÛÙ·ÓÙ›ÓÔ˘ / âÓ X(ÚÈÛÙ)† ·éÙÔÎÚ·Ù(fi)Ú(ˆ)Ó».
143 Cramer 1841, pp. 278-280.
144 Maguire 1993-1994 e Maguire 2000, pp. 255-256.
145 Si vedano almeno Van Millingen 1899, pp. 248-313, Janin
1964, pp. 287-300, Müller-Wiener 1977, pp. 312-319, Tsangadas 1980,
pp. 48-59 e Foss, Winfield 1986, pp. 70-73. Non è invece da riferirsi
120
lorenzo riccardi
accanto all’area del Grande Palazzo, e presso la Narlikapı, non lontano dal monastero di S. Giovanni di
Studio, forse nel 1013 (37).146 Nel primo caso, come
già anticipato, l’iscrizione si discosta dal formulario
tipico in qui menzionato, celebrando poeticamente
la ricostruzione della torre a fundamentiis dopo l’irrimediabile danno inlittole per lungo tempo dalle incessanti onde del mare.147
Accanto al ripristino delle strutture difensive della
capitale, danneggiate dai terremoti o da altri eventi
naturali, si colloca, forse per le medesime cause, il restauro dell’acquedotto di Valente (31), «ó˜ iÓ ö¯ÔÈÂÓ Ôî
àÛÙÔd àÊıÔÓ›·Ó ≈‰·ÙÔ˜», necessario, quindi, per garantire un abbondante approvvigionamento di acqua
agli abitanti della città.148 L’intervento, a diferenza di
quanto è generalmente scritto,149 può essere datato
al 1002 sulla scorta di un’iscrizione rinvenuta a Karacaköy, nella regione di Dérkôn, in Tracia (32),150 in
cui si commemora il restauro di un «ı·˘Ì·ÛÙeÓ CÚÁÔÓ», ovvero di un’opera meravigliosa minacciata dal
tempo e dalla follia dei barbari. L’intervento fu prontamente promosso da Basilio II con il concorso del
fratello, Costantino, e di due sottoposti, Basilio Goutos e Elpidios Vrahamés, e di norma datato al 1002,
quando le truppe bulgare guidate da Samuele arrivarono a minacciare la non lontana Adrianopoli e forse
a danneggiare irrimediabilmente l’acquedotto per
costringere l’imperatore, che allora assediava Vidin,
a rientrare a Costantinopoli per difenderla.151 Inoltre
è possibile che il progetto di ripristino riguardasse
una porzione molto ampia extra moenia, visto che il
successivo intervento di Romano III Argiro (1034) si
concentrò sui kastelloi, ovvero le grandi cisterne a cielo aperto della capitale dell’impero.152
Riguardo al punto b), appaiono ugualmente diversiicati gli interventi nel campo dell’edilizia religiosa: si va, infatti, dai provvedimenti amministrativi, che non implicano necessariamente lavori di
rinnovamento, a costruzioni e restauri di nuove chiese e cappelle.153 Particolarmente interessanti, a tale
all’intervento di Basilio II e Costantino VIII, come erroneamente indicato da Van millingen 1899, p. 187 n. 4 e Mango 1951, p. 56 nº 22,
il restauro della torre di Deirmen Kapisi (Degirmenkapı, cfr. Müller-Wiener 1977, ig. p. 497, G6), dal momento che l’iscrizione che
ne commemorava i lavori di ripristino è stata correttamente ricondotta al 906 (e non al 1006): Demangel, Mamboury 1936 e Demangel, Mamboury 1939, pp. 71-77.
149 È datato, tra gli altri, al 1018 da Berger 1991, p. 115; al 1020 circa
da Mango 1995, p. 18; al 1021 da Magdalino 1996, p. 58 (ed. ingl.,
Magdalino 2007, i, p. 65)
150 La più recente edizione dell’iscrizione è quella in Asdracha
1989-1991, pp. 306-309: «£·˘Ì·ÛÙeÓ CÚÁÔÓ ä›ÏËÛÂÓ ï ¯ÚfiÓÔ˜, / Ôé
¯ÚfiÓÔ˜ ÌfiÓÔÓ ÏÉıÔ˜ ‰b ÙáÓ B·Ú‚¿ÚˆÓØ / àÏÏ’ ï ı·˘Ì·ÛÙe˜ ηd ÙÔf˜
àÓÔÚıÔÖ
B·Û›ÏÂÈÔ˜ ‰ÂÛfiÙ˘ / ÛfÓ
B·Ú‚¿ÚÔ˘˜
ÙÚ¤ˆÓ / ·sıȘ
KˆÓÛÙ·ÓÙ›ÓÅ ·éÙ·‰¤ÏÊÅ Ù† Ó¤ÅØ / ñÔÚÁÂÖ ‰b Ù† B·Û›ÏÂÈÔ˜ ï °ÔÜÙÔ˜ /
n˜ àÚ¯ËÁ¤Ù˘ Ù† ¯ÚfiÓŠηıÂÛÙ‹ÎÂÈ / ÛfÓ \EÏȉ›Å BÚ·¯¿Ì– Ù·ÍȿگŻ.
151 Sulla spedizione di Samuele: Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost.
30 (ed. Thurn 1973, p. 346; tr. Flusin 2003, p. 289). La datazione al
1002 per l’iscrizione di Karacaköy è oggi generalmente condivisa e
messa in relazione con l’acquedotto di Valente: Asdracha 1989-1991,
p. 309 e Crow, Bayliss 2004, p. 47. Per il percorso dell’acquedotto, anche nella regione di Dérkôn, si vedano Dirimtekin 1959, Mango
1995 e Crow, Bardill, Bayliss 2008 (con bibliograia precedente).
152 Io. Skyl., Synops. hist. Rom. Argyr. 47 (ed. Thurn 1973, p. 389;
tr. Flusin 2003, p. 323). Cfr. Magdalino 1996, p. 58 e n. 44 (ed. ingl.,
Magdalino 2007, i, p. 65 e n. 49).
153 Katsaros ha supposto il coinvolgimento imperiale anche per la
costruzione del monastero di Kosínitza sul Pangeo in Tracia, ma
l’ipotesi è da veriicare: Katsaros 2008, pp. 19, 26 n. 168. Da escludere, invece, il coinvolgimento in altre costruzioni a Trebisonda e anche
sul monte Latros, come pure è stato supposto: Katsaros 2008, p. 19.
Problematiche sono inine due iscrizioni, entrambe mutile e di incerta lettura. La prima è stata rinvenuta nel cimitero orientale di Laodicea combusta, in Anatolia, e menziona i due imperatori vittoriosi su
Barda Foca nella battaglia decisiva ad Abido (989): «âÎÙ‹ÛÙË [ï Ó·]e˜
Ùɘ [£(ÂÔ)Ù(fiÎ)Ô]˘ ‰Ëa ¯ËÚe˜ Îb ÎfiÔ˘ … / \Aη΋Ԣ Î-¶¿‚ÏÔ˘ ä˜ ÙcÓ
ÛÊ·ÁcÓ B¿Ú‰· ºˆÎÄ / ï âÓ \A‚‹‰Ô âc B·ÛËϤԘ B·ÛË-/Ï‹Ô˘ Îb
KÔÛÙ·ÓÙ‹ÓÔ˘ / Âû¯ÂÛı ñbÚ ñÌfiÓ» (Calder 1928, i, p. 138, nº 258). Gregoire e Calder suppongono che l’ediicio menzionato nell’epigrafe
fosse stato eretto nelle vicinanze di Abido, ma che la pietra, un architrave in calcare bluastro, fosse poi stata trasportata come materiale di
costruzione a Laodicea Combusta: Gregoire 1922, pp. 5-6 nº 5bis e
Calder 1928, p. 138, nº 258. La seconda iscrizione è stata rinvenuta invece a nord d’Aliveri, nell’isola di Eubea, dove il celebre monastero di
Hosios Loukas nella Focide aveva forse una dipendenza o métochion:
146 Corpus Inscriptionum Graecarum, iv, 1877, nº 8700: «\AÓÂηÈÓ›ÛıË
âd B·ÛÈÏ›Ԣ ηd KˆÓÛÙ·ÓÙ›ÓÔ˘, ÙáÓ ÔÚÊ˘ÚÔÁÂÓÓ‹ÙˆÓ, ÊÈÏÔ¯Ú›ÛÙˆÓ,
Û‚·ÛÙáÓ ‰ÂÛÔÙáÓ âÓ öÙÂ[È..]Êη». Cfr. Spon 1678, iii, pp. 100-101, nº
4, De Tournefort 1717, p. 467 e Hammer-Porgstall 1822, i, pp.
115-116. L’iscrizione «supra portam in muris regiae mare versus» (Corpus Inscriptionum Graecarum, iv, 1877, nº 8700) dovrebbe essere pertinente alla Narlikapı (Müller-Wiener 1977, p. 318): di questa porta
è sconosciuto il nome bizantino, ma sicuramente ad essa si riferisce
Costantino Porirogenito quando scrive dell’annuale visita degli
imperatori al monastero di Studion, in occasione della commemorazione del martirio del santo il 29 agosto: Tsangadas 1980, pp. 58, 224
n. 169.
147 Corpus Inscriptionum Graecarum, iv, 1877, nº 8687: «lOÓ Ùɘ
ı·Ï¿ÛÛ˘ ıÚ·˘ÛÌe˜ âÓ Ì·ÎÚ† ¯ÚfiÓÅ Îχ‰ˆÓÈ ÔÏφ ηd ÛÊÔ‰Ú†
®ËÁÓ˘Ì¤Ó˘ ÂÛÂÖÓ Î·ÙËÓ¿ÁηÛÂ, ‡ÚÁÔÓ âÎ ‚¿ıÚˆÓ B·Û›ÏÂÈÔ˜ õÁÂÈÚÂÓ
ÂéÛ‚c˜ ôÓ·Í». Cfr. Spon 1678, iii, pp. 101-102, de Tournefort 1717, i,
p. 468 e Hammer-Porgstall 1822, i, pp. viii nº 17, 120. Anche di questa porta è sconosciuto il nome bizantino: Van Millingen 1899, pp.
186-187, Müller-Wiener 1977, p. 314 e Tsangadas 1980, p. 53 (con bibliograia sull’ubicazione). La menzione generica “Basilio” ha fatto
pensare sia a Basilio I (Corpus Inscriptionum Graecarum, iv, 1877, nº
8687 e Mango 1951, p. 56 nº 16) che a Basilio II (Van Millingen 1899,
p. 186, Schlumberger 1900, p. 628 e n. 5-6, Janin 1964, p. 297, Müller-Wiener 1977, p. 314 e Koutrakou 1994, p. 141). Nel testo di Janin
l’iscrizione riporta, rispetto alle altre pubblicazioni qui ricordate, anche l’anno 6532 (1023-1024), ma si ignora quale sia la fonte dello studioso francese: Janin 1964, p. 297.
148 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 45 (ed. Thurn 1973, p. 366;
tr. Flusin 2003, p. 304): «\AÓÂη›ÓÈÛ ‰b ï ‚·ÛÈÏÂf˜ ηd ÙeÓ àÁˆÁeÓ
Oé·ÏÂÓÙÈÓÈ·ÓÔÜ ÙÔÜ ‚·ÛÈϤˆ˜, ó˜ iÓ ö¯ÔÈÂÓ Ôî àÛÙÔd àÊıÔÓ›·Ó ≈‰·ÙÔ˜».
«un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti
121
proposito, sono anche le fonti arabe che ricordano
vertire una chiesa in cenobio siano stati necessari
un’ambasciata bizantina al califo fatimide d’Egitto,
lavori di riadattamento, ampliamento o sempliceAl-‘Aziz, nel 988 (8), per mantenere il controllo della
mente di riarredamento, non possiamo esserne certi
chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme154 (o per
senza l’attestazione delle fonti o di riscontri archeorestaurarla?),155 che fu tuttavia distrutta nel 1009,
logici. Più complesso inine è il caso della chiesa di S.
contravvenendo agli accordi precedentemente presi,
Giovanni Evangelista, ubicata a sette miglia fuori
da al-¢akim bi-amri Allah.156
della città, in località Hebdomon. Qui infatti si trovaSul primo versante Basilio II opera a favore della
vano due chiese, l’una circolare dedicata al Battista,
chiesa di Cassiano (da identiicare con la cattedrale
l’altra basilicale all’Evangelista, entrambe del iv sedi S. Pietro) ad Antiochia (19) inviando, come patriarcolo.161 È possibile, però, che a partire dal ix secolo,
ca, «un tale a nome Giovanni (…) già chartophylax»
col restauro di Basilio I, i due ediici, una volta condella Santa Soia di Costantinopoli per «risistemare»
tigui, non ne formassero che uno solo ovvero quello
(o «riordinare») la basilica «sul modello» di quella delin cui Basilio II chiese di essere seppellito: il monala capitale.157 Dal contesto pare inevitabile intendere
stero di S. Giovanni Evangelista. Ne abbiamo conferquesto intervento come puramente amministrativo
ma, infatti, da Skylitzes e Yahya,162 ma anche da
e teso a raforzare la fedeltà all’imperatore bizantino
Giorgio Pachimere, il quale, raccontando del rinvedi una città ondivaga durante le guerre civili e impornimento del corpo di Basilio II nel xiii secolo, specitante per gli equilibri geopolitici della regione.158
ica che esso fu trovato fortuitamente nel diroccato
Parimenti sono interventi che deiniscono un nuovo
monastero del Teologo presso l’Hebdomon.163
status giuridico quelli presi a favore delle chiese di S.
Teodoro Skoutariotes attribuisce a Basilio II la
Mocio (58)159 e dell’Arcangelo a Sôsthénion (59),160
costruzione dell’ediicio sacro («âÓ Ù† ·Ú\âΛÓÔ˘
ÔåÎÔ‰ÔÌËı¤ÓÙÈ Ó·†»),164 ma non sappiamo se egli si
entrambe a Costantinopoli, trasformate da Basilio II
riferisca a dei lavori di restauro della chiesa o all’erein monasteri. Anche se è presumibile che nel riconl’epigrafe, datata al 1013-1014, è lacunosa, ma è stato supposto che possa riferirsi alla fondazione della medesima istituzione in Eubea o a un
intervento dei sovrani in favore del più noto monastero della Focide:
«…] ïÛ(›Ô˘) §Ô˘ÎÄ Î(·d) Ó(Â˘Ì·)ÙÈÎ(ÔÜ) ìÌáÓ (·Ù)Ú(e)˜ ñe ÙáÓ ·˘ÙÔÜ
[…|…] B·ÛÈÏ›Ԣ Î(·d) KˆÓÛÙ·ÓÙ(›ÓÔ˘), ö(ÙÔ˘˜) ˜Ê΂ã åÓ‰(ÈÎÙÈáÓÔ˜) È‚ã
[…» (Halkin 1953, pp. 341-342). Cfr. Orlandosã1951, p. 141 e ig. 7; Belenis 1990 (non mi è stato possibile consultare l’articolo) e Oikonomides 1992, pp. 250-251. Va inoltre segnalata un’iscrizione musiva bilingue rinvenuta nel 1938 da Krencker (Krencker 1939, pp. 27-28) nel
pavimento in opus sectile della navata centrale est del monastero di
Qal‘at Sim‘an in Siria. Nella versione greca, che commemorava forse
i lavori di riqualiicazione della basilica orientale (Biscop 2006, p. 81),
sono infatti menzionati Basilio e Costantino, preceduti da Teodoro e,
forse, da Agapio, entrambi patriarchi d’Antiochia (Fitschen 2002,
pp. 109-110), e seguiti dall’igumeno Teodoro: «…] Ùe ÌÔÓ·ÛÙ‹ÚÈÔÓ ÙÔÜÙÔ
ηd àÓÂÓÂfiıË Ùa˜ âÎ[Î]ÏËÛ›[·˜……]Ș ıÂÔ‰[ÒÚÔ˘ ηd \AÁ·›Ô˘ ÙáÓ]
·ÙÚÈ·Ú¯áÓ Î·d B·ÛÈÏ›Ԣ ηd KÔÓÛ[Ù·ÓÙ›ÓÔ˘] ÙÔÓ B·ÛÈϤÔÓ / …] ÙÔÜ
ìÁÔ˘Ì¤ÓÔ˘ öÙÔ˘˜ ηÙa X[N ¶O£]», Donceel-Voûte 1988, p. 234. La
redazione siriaca si riferiva invece a una più generale fortiicazione
dell’intero complesso monasteriale (Biscop 2006, pp. 82-83): «Le mur
de ce monastère fut construit ainsi que sa forteresse et ses ornements
du temps de Th…, … et higoumène, en l’année 12[90» (978-979),
Donceel-Voûte 1988, p. 235. Tali interventi iniziarono probabilmente all’indomani della riconquista della Siria ad opera di Giovanni
Zimisce nel 969 e furono portati a termine durante il regno di Basilio
II e Costantino VIII.
154 Cfr. Regesten 2003, pp. 182-183 nº 770. Sul Santo Sepolcro in età
medio-bizantina si veda: Biddle 2000. L’ediicio fu interessato da interventi ricostruttivi, terminati nel 1048, promossi da Costantino IX
Monomaco: Corbo 1981, pp. 139-181.
155 Cutler 2001, p. 252.
156 Holmes 2005, pp. 50 n. 77, 352 n. 121.
157 Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky, Vasiliev 1932, p. 237; tr.
Pirone 1998, 11:25, p. 212). La chiesa di Cassiano doveva essere una
delle più importanti e ricche della città perché sorgeva accanto al patriarchio, come d’altronde la Santa Soia di Costantinopoli da cui il
chartophylax Giovanni proveniva. Cfr. Regesten 2003, p. 198 nº 785c.
158 Medesima opinione è stata avanzata, pur assieme a quella della
risistemazione architettonica, da Cheynet 2003, p. 74 e n. 10.
159 La notizia della trasformazione della chiesa in monastero da
parte di Basilio II è contenuta in un poema che accompagnava una serie di ritratti, ora perduti, ma un tempo disposti su una delle pareti del
refettorio, raiguranti l‘imperatore macedone e alcuni sovrani della
dinastia comnena, Manuele, Giovanni e Alessio: Lampros 1911, pp.
127-128. Cfr. Mango 1972, pp. 226-227, Stephenson 2001, pp. 63-68 e
Stephenson 2003a, pp. 89-90. Su S. Mocio: Janin 1969, pp. 354-358.
160 Th. Scout., Chron. (ed. Sathas 1894, p. 373) e Nic. Chon., Hist.
Isaac. Ang. 6 (ed. Van Dieten 1975, i, p. 373; tr. Pontani 1999, ii, p.
355). Sul monastero: Janin 1969, pp. 354-358. La Patterson Šev©enko
ha recentemente avanzato la «remota posibilidad» che i “Menologi
Imperiali”, datati entro la metà dell’xi secolo, potessero essere destinati a un monastero consacrato a Michele Arcangelo e forse proprio
a quello di Sôsthénion: Patterson Šev©enko 2008, p. 256 n. 27.
161 Per S. Giovanni Battista si vedano Ebersolt 1921, pp. 79-82 e
Janin 1969, pp. 267-269. Per S. Giovanni Evangelista invece Ebersolt
1921, pp. 82-83 e Janin 1969, pp. 267-269. Per l’Hebdomon: Demangel
1945.
162 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 47 (ed. Thurn 1973, p. 369;
tr. Flusin 2003, p. 306) e Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky 1997,
pp. 112-115; tr. Pirone 1998, 15:69, p. 336).
163 Georg. Pachym., Relat. hist., II 21 (ed. Failler, Laurent 1984,
pp. 174-177). Pachimere ci informa inoltre che le spoglie di Basilio II
furono traslate dall’imperatore Michele VIII Paleologo nel monastero del Salvatore a Selymbria: Magdalino 1978, pp. 309-318.
164 Th. Scout., Chron. (ed. Sathas 1894, p. 159): «ı¿ÙÂÙ·È âÓ Ù†
·Ú’âΛÓÔ˘ ÔåÎÔ‰ÔÌËı¤ÓÙÈ Ó·ÔÜ ÙÔÜ äÁ·Ë̤ÓÔ˘ êÁ›Ô˘ \Iˆ¿ÓÓÔ˘ ÙÔÜ
£ÂÔÏfiÁÔ˘ âÓ Ù† ^E‚‰Ô̆». Cfr. Stephenson 2005, p. 230 n. 16.
122
lorenzo riccardi
zione del monastero (60). Il problema resta ancora
aperto e di diicile soluzione, in quando non verranno chiarite le vicende storiche relative ai due
complessi. Da Yahya sappiamo inoltre che un sarcofago «di marmo, di straordinaria bellezza per dovizia
di motivi cromatici e il ine rilievo delle igure scolpite» (61) era già stato collocato nel mausoleo imperiale dei Santi Apostoli, luogo di sepoltura dei sovrani
bizantini, e quando Basilio II cambiò idea, esso fu destinato alle spoglie del fratello, Costantino VIII,165
ultimo imperatore ad essere seppellito nella chiesa
costantinopolitana.166 Nell’agosto del 1914 fu rinvenuta, nell’area dell’antico Hebdomon, una camera
sepolcrale ipogea presentata alla stampa come la
tomba di Basilio II.167 In alcuni studi condotti negli
anni seguenti, dimostrata l’infondatezza di tale identiicazione, fu proposto di riconoscere il sepolcro del
sovrano in un sarcofago di marmo bianco (Fig. 8),
che era stato rimosso – non si sa quando – dalla chiesa di S. Giovanni e trasformato in una fontana, oggi
irreperibile, ma un tempo situata in una piccola piazza di Makrikeuy, attuale Bakirköi (62).168
Altro importante intervento costantinopolitano,
come attestano i Patria, è la ricostruzione, nella regione delle Blacherne, di un agion louma, ossia di un
bagno, che Basilio II fece rivestire d’oro e d’argento
ovvero forse con mosaici (15).169 La fondazione dell’ediicio si fa risalire variamente a Leone I,170 che lo
dotò di «ÎÙ‹Ì·Ù· ÔÏÏa ηd ÛÎÂfË Î·d ÎÂÈÌ‹ÏÈ· ¯Ú˘ÛÄ
Ù ηd àÚÁ˘ÚÄ», a Tiberio I Costantino171 o Maurizio,
quindi tra la ine del v e l’inizio del vii secolo. Oggi,
dopo la distruzione avvenuta probabilmente durante l’incendio del 1069,172 l’ubicazione del bagno non
è precisabile, ma sappiamo che Maurizio lo ediicò
accanto e contestualmente al portico Karianon («ÙeÓ
K·ÚÈ·ÓeÓ öÌ‚ÔÏÔÓ âÓ BÏ·¯¤ÚӷȘ»), in cui fece anche
realizzare delle pitture raiguranti la propria vita
dalla fanciullezza sino alla dignità imperiale.173 Alla
ine del xix secolo e per i successivi trenta anni del
Novecento, alcuni studiosi proposero di identiicare
il Karianon con delle evidenze archeologiche allora
ancora aioranti in supericie presso le mura delle
Blacherne nelle vicinanze dell’Ayvansarayi Kapı tra
le tra le chiese di S. Tecla (ora moschea Toklu Dede
Mescidi) a ovest e quella dei SS. Pietro e Marco (ora
moschea Atik Mustafa Pasha) a sud-est, entrambe
comunque più tarde (x-xi secolo).174 Papadopoulos,
intervenendo pochi anni dopo la distruzione di questi resti archeologici, avvenuta nel 1925, sostenne che
essi facevano parte del Palazzo di Manuele Comneno e che il portico fosse invece ubicato in prossimità
della Chiesa della Theotokos.175 Tale localizzazione
pare essere più idonea soprattutto per la vicinanza,
attestata nelle fonti, con il bagno, che doveva essere
infatti adiacente al complesso religioso delle Blacherne, costituito, almeno ino al 1069, dalla basilica
della Theotokos e dalla Hagia Soros (l’ediicio in cui
era custodito il Maphorion della Vergine),176 e addossato al versante settentrionale del muro delimitante
a sud il quartiere delle Blacherne.177 La ragione di
questa ubicazione va ulteriormente cercata all’interno del cerimoniale bizantino: esso prevedeva che un
165 Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky 1997, pp. 112-115; tr. Pirone 1998, 15:69, p. 336): «Alcuni giorni prima di morire, Basilio aveva
fatto venire presso di sé il fratello Costantino dal palazzo di sua
pertinenza, fuori Costantinopoli, per nominarlo esecutore testamentario di quanto gli era sembrato giusto disporre in ogni ambito e per
raccomandargli di non seppellirlo avvolto in vesti imperiali – fu di
fatto avvolto in panni del valore di poco più di venti dinar, proprio
come aveva consigliato –, di non essere sepolto assieme con gli imperatori e che il suo sepolcro fosse eretto in un modesto monastero
ch’egli stesso indicò e nominò, dedicato al santo mar Giovanni
l’Evangelista, sì da condividere la sorte dei forestieri. Si era invero già
fatto preparare un sarcofago di marmo, di straordinaria bellezza per
dovizia di motivi cromatici e il ine rilievo delle igure scolpite, facendolo innalzare nella chiesa degli Apostoli, dove erano i sarcofagi degli
imperatori, suoi predecessori. E poiché aveva cambiato idea a che
colà fosse tumulato, il sarcofago rimase così com’era, ino a quando
non vi fu sepolto dentro l’imperatore Costantino, suo fratello».
166 Cfr. Grierson 1962, p. 59.
167 La vicenda è riassunta da Stephenson 2005.
168 Cfr. Stephenson 2005, ig. a p. 238 e Manini 2009, pp. 51-54,
319-320, ig. 21. Anche l’identiicazione della tomba di Basilio II con il
sarcofago marmoreo è oggi poco accreditata.
169 Patria, iii 214 (ed. Preger 1901-1907, p. 283): «TáÓ ‰b BÏ·¯ÂÚÓáÓ
Û˘Ì·ı‹˜, ï ˘îe˜ B·ÛÈϤˆ˜ ^PˆÌ·ÓÔÜ ÙÔÜ N¤Ô˘, ÙÔÜ ÔÚÊ˘ÚÔÁÂÓÓ‹ÙÔ˘,
·Ú¤Ï˘ÛÂÓ Î·d àÓ‹ÁÂÈÚÂÓ ·éÙe ÓˆÛÙd ηÏψ›Û·˜ ÎÚÂÖÙÙÔÓ Î·d ‚¤ÏÙÈÔÓ
·Ú’ n qÓØ Î·d âÍ àÚÁ‡ÚÔ˘ ÔÏÏÔÜ Î·d ¯Ú˘Û›Ô˘ ÂåÎfiÓÈÛÂÓ Î·d ηÙÂÎfiÛÌËÛÂÓ
·éÙfi». Cfr. Berger 1988, p. 342. Sul bagno delle Blacherne si vedano
Ùfi LÁÈÔÓ ÏÔÜÌ· ï Ó¤Ô˜ B·Û›ÏÂÈÔ˜ ï ÂéÛ¯‹ÌˆÓ ηd ηÏÔÚ¿ÁÌˆÓ Î·d
Janin 1964, p. 218, Berger 1982, pp. 81-82, Berger 1988, p. 342 e Magdalino 1996, p. 32 e n. 87 (ed. ingl., Magdalino 2007, i, p. 34 e n. 98).
Sulla tipologia del bagno mediobizantino si veda Berger 1992, p. 20.
170 Patria, iii 75 (ed. Preger 1901-1907, p. 242): «‘O ·éÙe˜ (§¤ˆÓ
M·ÎbÏÏ˘) ‰b öÎÙÈÛÂÓ Î·d Ùe ÏÔÜÌ· ηd â·ڈÛÂÓ ÎÙ‹Ì·Ù· ÔÏÏa ηd
ÛÎÂ‡Ë Î·d ÎÂÈÌ‹ÏÈ· ¯Ú˘ÛÄ Ù ηd àÚÁ˘ÚÄ».
171 Cedr., Hist. i 393 (ed. Bekker 1838, p. 690): «T† ‰’ ·ñÙÔÜ öÙÂÈ
ÎÙ›˙ÂÈ TÈ‚¤ÚÈÔ˜ Ùe ‰ËÌfiÛÈÔÓ ÙáÓ BÏ·¯ÂÚÓáÓ ÏÔ˘ÙÚeÓ».
172 Berger 1982, p. 82 e Berger 1988, p. 342.
173 Cedr., Hist. i 396 (ed. Bekker 1838, p. 694): «‘O ‰b M·˘Ú›ÎÈÔ˜
öÎÙÈÛ ÙeÓ K·ÚÈ·ÓeÓ öÌ‚ÔÏÔÓ âÓ BÏ·¯¤ÚӷȘ, ÁÚ¿„·˜ âÓ ·éÙ† ‰Èa
˙ˆÁÚ·Ê›·˜ Ùa˜ ë·˘ÙÔÜ Ú¿ÍÂȘ Ùa˜ âÎ ·È‰fiıÂÓ Ì¤¯ÚÈ Ùɘ ·éÙÔÜ
‚·ÛÈÏ›·˜. \AÓÂÏ‹ÚˆÛ ‰b ηd Ùe âÓ ·éÙ† ‰ËÌfiÛÈÔÓ ÏÔ˘ÙÚfiÓ».
174 Per le evidenze archeologiche si vedano Mordtmann 1892, p.
39 e Van Millingen 1899, p. 196. Sulle chiese di S. Tecla e dei SS.
Pietro e Marco si veda, invece, Schneider 1951, pp. 105, 107. Per una
bibliograia più aggiornata sulle Blacherne: Paribeni 2007.
175 Papadopoulos 1928, pp. 152-158.
176 Janin 1969, pp. 161-171.
177 Papadopoulos 1928, p. 96.
«un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti
123
Fig. 8. Il sarcofago di Basilio II (?) in una foto degli anni ’30 del xx secolo presso l’Hebdomon (da Demangel 1945).
giorno di venerdì – la data, infatti, non era issata dal
protocollo – il sovrano si recasse alle Blacherne per
“bagnarsi”.178 L’ediicio restaurato da Basilio II aveva
dunque grande rilievo tanto per la corte bizantina
che per il quartiere delle Blacherne, in cui il palazzo,
la chiesa e il bagno riuniti attorno a un cortile chiuso,
ma accessibile al popolo, ne costituivano il nucleo
identitario.179 Una conferma del restauro durante il
regno di Basilio II, sebbene sia assente qualsiasi riferimento all’imperatore, è contenuta in un epigramma pubblicato per la prima volta da Sola nel 1916,180
dal quale l’ignoto poeta prende il nome (Anon.
Sola).181 In esso viene celebrata la decorazione aurea
ed argentea di un’immagine della Vergine, custodita
nel famoso bagno delle Blacherne, che è del tutto simile a quella ricordata dalle fonti come già esistente
nel medesimo luogo al tempo di Costantino Porirogenito e rispondente, quindi, al canonico tipo della
Blachernitissa.182 La miracolosa icona fu, secondo
l’Anonimo Sola, donata dal Patriarca Nicola, ovvero
Nicola II Chrysoberges (980-992). Lauxtermann, che
di recente ha riesaminato questo componimento,183
ha sostenuto che tali versi potessero aver fatto parte
di un’iscrizione e ha ipotizzato quindi che il restauro
fosse dovuto non a Basilio II, ma a Nicola, considerando in questo caso l’Anon. Sola come «a trustworthier source than the Patria».184 Un’ipotesi che però
non convince del tutto, visto che si dovrebbe contestare l’aidabilità di una fonte, come quella dei Patria,185 solo per un’apparente contraddizione, che di
fatto è inesistente. Non è escluso, infatti, che l’iniziativa sia stata patrocinata dall’imperatore e dal pa-
178 Const. Porphyr., De Cerim. ii, 12 (ed. Reiske 1829, i, pp. 551-556).
Sul cerimoniale si vedano, tra gli altri, Papadopoulos 1928, pp. 96103 e Berger 1982, pp. 82-83.
179 Yegül 2006. Si veda inoltre Magdalino 1990, pp. 165-188.
180 Sola 1916, pp. 26-27: «Eå˜ ÙcÓ £ÂÔÙfiÎÔÓ. / XÚ˘Ûfi˜ Û B·Û›ÏÈÛÛ·Ó,
ôÚÁ˘ÚÔ˜, ÎfiÚË, / ¿Ó·ÁÎÔÓ âÌÊ·›ÓÔ˘ÛÈÓ, ó˜ âÓ Û˘Ì‚fiÏÅØ / ÎÚÔ˘ÓÔd ‰¤ ÛÔ˘
W¤ÔÓÙ˜ âÎ ¯ÂÈÚáÓ ‰‡Ô / ‰ËÏÔÜÛÈ ‰ÈÏÉÓ ÙcÓ Î¿©·ÚÛÈÓ âÓı¿‰Â. / âÔÙÈÎc
¯¿ÚȘ ‰b Ûɘ ·ÚÔ˘Û›·˜ / ÓfiÛÔ˘˜ âÏ·‡ÓÂÈ, ‰Ú·ÂÙ‡ÂÈ ÙÔf˜ fiÓÔ˘˜ / ηd NÈÎÔÏ¿Ô˘ ·ÙÚÈ¿Ú¯Ô˘ ÏÔ˘Û›·Ó / ÙcÓ àÓÙ·ÌÔÈ‚cÓ ÚÔÍÂÓÂÖ ÙáÓ Î·Ì¿ÙˆÓ».
181 Lauxtermann 2003a, pp. 327-328.
182 Const. Porphyr., De Cerim. ii, 12 (ed. Reiske 1829, i, p. 554): «ì
àÚÁ˘ÚÄ ÂåÎgÓ Ùɘ £ÂÔÙfiÎÔ˘». Sulla Blachernitissa: Angelidi, Papama-
storakis 2005.
183 Lauxtermann 2003a, p. 327 e Lauxtermann 2003b, pp. 199200.
184 Lauxtermann 2003a, p. 327. Della stessa opinione pare Katsaros 2008, p. 16.
185 Sui Patria si veda il fondamentale studio di Dagron 1984, pp.
21-60.
124
lorenzo riccardi
triarca, che avrebbero partecipato in modalità diferenti, l’uno ricostruendo l’ediicio, l’altro donando
una nuova eigie in luogo di quella vecchia. D’altronde la collaborazione tra Nicola e il sovrano è attestata anche da un’iscrizione mutila – scolpita su un
architrave di pietra bluastra – rinvenuta non lontano
da Laodicea, in Anatolia, e pertinente forse a una costruzione religiosa (5).186
Tornando brevemente fuori da Costantinopoli,
durante le campagne militari Basilio non premiò
con ricchi doni soltanto i nobili locali, ma intervenne nel campo dell’edilizia religiosa a favore delle
truppe, quando eresse ad Apamea una cappella in
onore dei soldati bizantini ivi trucidati.187 Le fonti
menzionano inoltre solleciti interventi per alcune
comunità religiose poste ai margini dell’impero, come a Trebisonda (22), ove egli fece ricostruire la
chiesa per il santo patrono della città, Eugenio, di
cui sono tramandati una serie di miracoli compiuti
anche a favore di Basilio II188 e di imperatori della
dinastia macedone, ai quali la città era infatti molto
fedele.189 A Giovanni Lazaropoulos, pio e colto metropolita di Trebisonda, vissuto nel xiv secolo,190 si
deve la menzione della costruzione di due absidi,
una cupola e due grandi colonne.191 L’anomalia di
questi dati fa supporre, nel caso in cui il prelato ab-
bia attinto da fonti scritte oggi irreperibili,192 che
non si sia trattato di una costruzione ex novo, ma di
un restauro della chiesa limitato alla sola parte
orientale, forse in seguito a un evento sismico: d’altronde come riferisce lo stesso Lazaropoulos, Basilio si era recato nella chiesa per rendere doveroso
omaggio alle reliquie del santo e a vedere se l’ediicio mancasse di qualcosa.193
Forse a ragioni analoghe, o a un incendio, pare
dovuto il ripristino della copertura della chiesa monastica di S. Giovanni Battista (47), costruita, poco
dopo la metà del x secolo, ad Oški in Georgia (attuale Turchia orientale), non lontano dalla riva ovest del
lago Tortum, dai igli del Kuropalates Adarnase, Bagrat Eristav degli Eristavs († 966) e David Magistros
(† 1001),194 raigurati infatti come donatori ai lati di
una Deesis, oggi in parte perduta, scolpita sulla facciata meridionale.195 Al di sotto di una larga inestra
in un un’arcata cieca del lato meridionale campeggiava un’iscrizione, ora non più decifrabile, ma letta
all’inizio del secolo scorso da T|akaišvili, in cui si
celebrava l’intervento degli imperatori a favore
dell’ediicio sacro,196 compiuto tra il 1022 e il 1025,
quando, dopo la morte di David Magistros, le terre
contese tra l’impero bizantino e nobili locali, tornarono in mano ai sovrani di Costantinopoli.197 I lavori
186 Calder 1928, p. 137 nº 257: «ñe B·ÛËÏ‹Ô˘ Îb KÔÛÙ·ÓÙ›ÓÔ˘ ÌÂ-/
Á¿ÏÔÓ ‚·ÛÈϤˆÓ Îb NÈÎÔÏ¿Ô˘ ·-/ÙÚË¿Ú¯Ô˘».
193 Io. Lazarop., Synops., 1 (ed. Rosenqvist 1996, p. 256): «ı·ÛfiÌÂÓÔ˜ Âú ÙÈÓÔ˜ ¯Ú“˙ÂÈ ï ÓÂg˜ ÔyÙÔ˜ Âå˜ â›Û΄ÈÓ». L’ediicio doveva dunque
187 Stefano di Taron, Hist. xxxv (tr. Gelzer, Burckhardt 1907,
p. 209; tr. Macler 1917, p. 160).
188 I miracoli che riguardano Basilio II sono due: Io. Lazarop.,
Synops., 1 (ed. Rosenqvist 1996, pp. 247-259) e Io. Lazarop., Logos, 4
(ed. Rosenqvist 1996, pp. 236-239).
189 Martin-Hisard 1980, pp. 335-337, 340. Anche i Comneni, i cui
ritratti campeggiavano sulla parete ovest della stessa chiesa di S. Eugenio, mostrarono particolare afezione al Santo, la cui immagine igura regolarmente sulle loro monete: Janin 1975, p. 268 e Bryer,
Winfield 1985, i, p. 222. Sul culto di Sant’Eugenio a Trebisonda si veda, da ultimo, J.O. Rosenqvist, in The Hagiographic Dossier 1996, pp.
64-81 e Rosenqvist 2002.
190 Per l’opera (Logos e Synapsis) di Lazaropoulos si veda l’introduzione di J.O. Rosenqvist, in The Hagiographic Dossier 1996, pp. 30-36,
43-63.
191 Io. Lazarop., Synops., 1 (ed. Rosenqvist 1996, p. 256): «Î·d Ùa
±ÁÈ· ÙÔÜ Ì¿ÚÙ˘ÚÔ˜ Ï›„·Ó· ÌÂı’¬Û˘ Âr¯Â ÚÔÛÙ˘Í¿ÌÂÓÔ˜ ·å‰Ôܘ Ù ηd
ÙÈÌɘ, Ùa˜ âÓ ·éÙ† ÌÂÁ¿Ï·˜ ê„Ö‰·˜ ‰‡Ô àÓ‹ÁÂÈÚ ÙÔ‡˜ Ù ‰‡Ô ÌÂÁ›ÛÙÔ˘˜
ΛÔÓ·˜ ηd Ùe ÙÚÔÜÏÏÔÓ ÙÔÜ çÚfiÊÔ˘, n ηd ÂåÛ¤ÙÈ ïÚÄÙ·È, â‰Â›Ì·ÙÔ, ÙÔf˜
ÌÔÓ·¯Ôf˜ àÔ¯ÚÒÓÙˆ˜ ‰ÂÍȈۿÌÂÓÔ˜ ηd ¯Ú‹Ì·ÛÈ ÊÈÏÔÙÈÌËÛ¿ÌÂÓÔ˜
ê‰ÚÔÖ˜». Cfr. J. O. Rosenqvist, in The Hagiographic Dossier 1996, p. 257
e Panagiotakes 1996, p. 354 nº19. Si vedano sulla chiesa: Janin 1975,
pp. 266-270 e Bryer, Winfield 1985, i, pp. 222-224. Per le vicende del
monastero attraverso le fonti: J. O. Rosenqvist, in The Hagiographic
Dossier 1996, pp. 81-85.
192 È stato supposto che le fonti conosciute da Lazaropoulos possano essere bizantine e antecedenti a Skylitzes e Zonara (Panagiotakes 1996, pp. 332, 338-340), anche se è presumibile che il metropolita
abbia attinto, in questa occasione, a cronache e notizie locali.
mancare di qualcosa e abbisognava più di un restauro che di una nuova costruzione: J.O. Rosenqvist, in The Hagiographic Dossier 1996, pp.
410. Bryer e Winield ipotizzano invece che a Basilio II sia dovuta unicamente la costruzione con due colonne – ancora oggi quelle occidentali, come notano i due studiosi, presentano l’uso massiccio di
spolia di colonne doriche – e «perhaps other features»: Bryer, Winfield 1985, i, pp. 223-224. Cfr. J.O. Rosenqvist, in The Hagiographic
Dossier 1996, p. 410.
194 Piguet-Panayotova 2002 e Piguet-Panayotova 2003, pp.
212-217. Di opinione diversa Djobadze 1992, pp. 92-141 e tavv. 119-189.
Per buone immagini a colori: Silogava, Shengelia 2006, pp. 763816.
195 Djobadze 1992, pp. 113-119 e tavv. 153-157 e Piguet-Panayotova 2003, pp. 208-212.
196 T|akaišvili 1952, pp. 53, 54, inscr. vii, ig. 31 (non consultato).
Cito dalla traduzione inglese di Piguet-Panayotova 2003, p. 216:
«Saint Trinity exalt the crowned by thou kings Basil and Konstantine,
by whose means the roof ’s covering of the church was carried out
for a second time, during the abbotships of Grigol and David, and
remember with grace the stone-master Jesse»; cfr. Djobadze 1992,
p. 140, nº 14. Nel sacro ediicio era presente un’ulteriore iscrizione relativa a Basilio II, in cui si menzionava la sua morte e si pregava per
la sua anima: T|akaišvili 1952, p. 55, inscr. xi; cito dalla traduzione
inglese di Djobadze 1992, p. 140, nº 12: «In Chronikon sme (245 =
1025) on December 18 (= 12), Sunday, died the holy King of the
Greeks, Autocrator Basil. May God ordain his soul together with the
holy kings».
197 Holmes 2005, pp. 480-487.
«un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti
125
riguardarono probabilmente anche la cupola provvista di una copertura conica con tegole verniciate in
rosso scuro, verde e marrone,198 e il tamburo, compresa la decorazione scultorea delle arcatelle: una di
esse è infatti sorretta da un capitello a igura umana,
raigurante un uomo con due bisacce sulle spalle,
che è stato identiicato con mastro Jesse, il responsabile, menzionato dall’iscrizione, del cantiere di restauro di Basilio II e Costantino VIII199 (Fig. 9).
Di particolare rilievo sono inine gli interventi che
interessarono alcuni ediici religiosi costantinopolitani in seguito ai danni causati dai violenti terremoti,
come quello del 1010 ca.,200 quando crollarono le
cupole delle chiese dei Quaranta Martiri201 e di
Ognissanti202 (35), prontamente ricostruite dall’imperatore, che già aveva avuto esperienza analoga,
pressappoco venti anni prima, in un altro e più importante cantiere, quello della Santa Soia (11). Il 25
ottobre 989, infatti, un terribile sisma sconvolse tutto
l’impero, causando morte e distruzione soprattutto
in Tracia.203 Il day after, secondo quanto ci tramanda
un testimone oculare, Leone Diacono, doveva essere
davvero desolante: le fortiicazioni di Costantinopoli
erano state rase al suolo, mentre le case crollate erano diventate le tombe dei loro abitanti, non solo nelFig. 9. Oški (Turchia orientale), S. Giovanni Battista, cupola:
la capitale, ma anche nelle zone circonvicine,204 ino
capitello con la raigurazione di mastro Jesse.
a Nicomedia.205 Tuttavia, per gli scrittori bizantini e
non, la vittima più illustre fu la Santa Soia: nella
vinarono a terra l’arco occidentale e la sovrastante
chiesa infatti, dopo quattro secoli dalla ricostruzione
parte della cupola.206 L’eccezionalità del disastroso
della seconda copertura ad opera di Giustiniano, ro198 Djobadze 1992, p. 112.
199 Piguet-Panayotova 2003, pp. 216-217.
200 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 34 (ed. Thurn 1973, pp. 347348; tr. Flusin 2003, p. 291): «Î·d ‰ÈÂÎÚ¿ÙËÛ ÎÏÔÓÔ˘Ì¤ÓË ì ÁÉ Ì¤¯ÚÈ Ùɘ
âÓÓ¿Ù˘ ÙÔÜ M·ÚÙ›Ô˘ ÌËÓfi˜. âÓ Ù·‡Ù– ‰b ÂÚd ‰ÂοÙËÓ œÚ·Ó Ùɘ ì̤ڷ˜
Á¤ÁÔÓ ‚Ú·ÛÌe˜ ηd ÎÏfiÓÔ˜ ÊÚÈÎÙe˜ ηٿ Ù ÙcÓ ‚·ÛÈÏ›‰· ηd âÓ ÙÔÖ˜
ı¤Ì·ÛÈ, ηd ÂÙÒηÛÈÓ ·î ÛÊ·ÖÚ·È ÙÔÜ Ó·ÔÜ ÙáÓ êÁ›ˆÓ ÙÂÛÛ·Ú¿ÎÔÓÙ· ηd
ÙáÓ êÁ›ˆÓ ¿ÓÙˆÓ. L˜ ï ‚·ÛÈÏÂf˜ Âéıf˜ àÓÂÎÙ‹Û·ÙÔ».
201 Janin conta ben otto chiese dedicate ai Quaranta Martiri: Janin
1969, pp. 482-486. Molto probabilmente quella restaurata da Basilio II
era la più antica della città, costruita nel v secolo, e ubicata a nordovest della Porta d’Oro, dalla quale non lontano era l’altro ediicio
danneggiato dal terremoto del 1010, quello di Ognissanti: Janin 1969,
pp. 482-483 e cfr. nota successiva.
202 La chiesa di Ognissanti era sorta probabilmente a metà del x
secolo per volontà dell’imperatore Leone il Saggio in onore della sua
prima moglie, Teofano, e non era probabilmente molto distante dai
SS. Apostoli. Fu probabilmente danneggiata nel terremoto del 1296,
venne forse parzialmente ricostruita, ma cadde presto in rovina, tanto che fu utilizzata come cava di materiali per rinforzare la Porta
d’Oro nel 1391. Cfr. Janin 1969, pp. 389-390.
203 Downey 1959, pp. 599-600. Per le fonti relative al terremoto e
al crollo della S. Soia si rimanda alle note successive.
204 Leon Diac., Hist. x, 10 (ed. Hase 1828, pp. 175-176; tr. Talbot,
Sullivan 2005, pp. 217-218): «Î·d ÁaÚ ëÛ¤Ú·˜ âÓÈÛٷ̤Ó˘, âÓ Õ ÌÓ‹ÌËÓ
ÙÔÜ ÌÂÁ¿ÏÔ˘ ¢ËÌËÙÚ›Ô˘ ηd M¿ÚÙ˘ÚÔ˜ ÙÂÏÂÖÓ ·Ú¤Ï·‚ÂÓ ì Û˘Ó‹ıÂÈ·,
ÊÚÈÎ҉˘ âÂÓ¯ıÂd˜ ÛÂÈÛÌe˜, ηd ÔxÔ˜ ÔéÎ ôÏÏÔ˜ ηÙa Ù·‡Ù·˜ ‰c Û˘Ó¤‚Ë
Ùa˜ ÁÂÓÂa˜, Ù¿ Ù ˘ÚÁÒÌ·Ù· ÙÔÜ B˘˙·ÓÙ›Ô˘ Úe˜ ÁÉÓ Î·ÙÂÚ›ˆÛÂ, ηd
Ùa˜ Ï›Ԣ˜ ëÛÙ›·˜ àÓ¤ÙÚ„Â, Ù¿ÊÔÓ ·éÙa˜ ÙÔÖ˜ ÔåÎÔÜÛÈÓ àÂÚÁ·Û¿ÌÂÓÔ˜,
Ù¿ Ù ÚÔÛ¤ÁÁÈ· ÙÔÜ B˘˙·ÓÙ›Ô˘ ¯ˆÚ›· ̤¯ÚȘ ≿ÊÔ˘˜ η٤‚·ÏÂ, ηd ÔÏfÓ ÙáÓ àÁÚÔ›ÎˆÓ ÊıfiÚÔÓ âÔ›ËÛÂÓØ Ôé ÌfiÓÔÓ ‰b, àÏÏa ηd Ùe ìÌÈÛÊ·›ÚÈÔÓ
Ùɘ ñÂÚÑ·˜ Ùɘ ÌÂÁ¿Ï˘ âÎÎÏËÛ›·˜ ÛfÓ Ù” Úe˜ ‰‡ÛÈÓ à„›‰È η٤‚·ÏÂ
ηd Âå˜ ÁÉÓ Î·ÙÂÚ›ˆÛÂÓØ ±ÂÚ ·sıȘ ï ·éÙÔÎÚ¿ÙˆÚ B·Û›ÏÂÈÔ˜ âÓ íÍ
âÓÈ·˘ÙÔÖ˜ â‰ÔÌ‹Û·ÙÔ».
205 Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky, Vasiliev 1932, pp. 220221; tr. Pirone 1998, 10:166-167, p. 199): «Nel quattordicesimo anno del
regno di Basilio, ossia nell’anno 379 dell’ègira [scilicet 11 aprile 989-30
marzo 990], ci furono a Costantinopoli dei gravi terremoti durante i
quali venne giù la chiesa di Santa Soia, mentre a Nicomedia parecchie case crollarono addosso agli abitanti. Nel diciottesimo anno del
suo regno, l’imperatore fece ricostruire quanto era crollato nella
chiesa di Santa Soia restituendola così al suo prìstino splendore».
206 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 34 (ed. Thurn 1973, pp. 331332; tr. Flusin 2003, p. 277): «\IÓ‰ÈÎÙÈáÓÔ˜ ‰b ÂÓÙÂηȉÂοÙ˘, öÙÔ˘˜
ëÍ·ÎÈÛ¯ÈÏÈÔÛÙÔÜ ÙÂÙÚ·ÎÔÛÈÔÛÙÔÜ âÓÂÓËÎÔÛÙÔÜ ÙÂÙ¿ÚÙÔ˘, \OÎÙˆ‚ڛŠÌËÓ›,
âÁ¤ÓÂÙÔ ÎÏfiÓÔ˜ ̤Á·˜, ηd η٤ÂÛÔÓ ÔåΛ·È ηd Ó·Ôd ÔÏÏÔd ηd ̤ÚÔ˜ Ùɘ
ÛÊ·›Ú·˜ Ùɘ ÙÔÜ ıÂÔÜ ÌÂÁ¿Ï˘ âÎÎÏËÛ›·˜. ¬ÂÚ ¿ÏÈÓ ï ‚·ÛÈÏÂf˜
ÊÈÏÔٛ̈˜ â·ÓˆÚıÒÛ·ÙÔ, ‰··Ó‹Û·˜ Âå˜ ÌfiÓ·˜ Ùa˜ Ì˯·Óa˜ Ùɘ àÓfi‰Ô˘,
‰È’zÓ Ôî Ù¯ÓÖÙ·È îÛÙ¿ÌÂÓÔÈ Î·d Ùa˜ ≈Ï·˜ àÓ·ÁÔ̤ӷ˜ ‰Â¯fiÌÂÓÔÈ «ÎÔ‰fiÌÔ˘Ó
Ùe ÂÙˆÎfi˜, ÎÂÓÙËÓ¿ÚÈ· ‰¤Î·». Il terremoto è datato al 986.
126
lorenzo riccardi
Fig. 10. Erevan, Museo di Stato, modello litico di una chiesa,
trovato a Sisian in Armenia, vii sec. (?).
evento, cui seguì il passaggio di una cometa, spinse
lo stesso Leone Diacono a temere della ine del mondo,207 mentre per l’armeno Grigor Narekac’i il terremoto era la debita conseguenza del clima eretico e
della collera divina, ai quali solo il restauro della
chiesa, visto come opportuno castigo dei peccatori,
207 Leon Diac., Hist. x, 10 (ed. Hase 1828, pp. 175-176; tr. Talbot,
Sullivan 2005, p. 217-218). Cfr. Magdalino 2003, pp. 260-261.
208 Mahé 1991, pp. 561, 560.
209 Su Trdat si veda, con bibliograia precedente, Maranci 2003.
210 Stefano di Taron, Hist., xxvii (tr. Gelzer, Burckhardt 1907,
p. 190; tr. Macler 1917, pp. 132-133): «Un petit nombre de jour après,
le pays des grecs fur agité d’un violent tremblement de terre. Nombre de villes, de villages et de cantons furent ruinés; mais particulièrement dans le pays des Thraces et des byzantins. La mer qui sépara
ces eux provinces y it irruption en y répandant des lots agités, et pénétra jusque dans la ville impériale de Constantinople. Là, les splendides et superbes parures des colonnes merveilleuses et des statues et
églises magniiques si écroulaient et s’efondraient; Sainte-Sophie elle-même, la cathédrale, se fendit de haut en bas; les habiles architectes grecs s’eforcèrent beaucoup pour la restaurer. Mais ce maître architecte arménien Trdat (Tiridate), le sculpteur, se trouvant là par
hasard, donna un plan de la restauration, prépara une maquette qui
poteva porre rimedio.208 Il cantiere di restauro era
stato aidato a un architetto armeno di nome Trdat,
molto noto in patria, ove infatti aveva momentaneamente lasciato il lavoro cui attendeva, la costruzione
della cattedrale di Ani (odierna Turchia orientale),
per recarsi a Costantinopoli.209 Lo storico Stefano di
Taron, molto inorgoglito dalla fama del suo conterraneo, spiega l’eccentrica scelta di un architetto straniero per un restauro nella capitale dell’impero e,
peraltro, del monumento simbolo della città, adducendo a sostegno i vani tentativi dei pur «abili costruttori» bizantini,210 cui Trdat seppe rimediare con
un attento e laborioso studio. In ossequio alla tradizione armena egli, che aveva maturato in patria una
solida esperienza nella costruzione di cupole impostate su pennacchi211 presentò al committente ben
due studi preparatori: un «piano di restauro» (awrinak), ossia disegni e ricostruzioni graiche, e un «modellino» tridimensionale (kałabar),212 che non doveva
essere molto diferente da un gruppo di bozzetti litici ancora esistenti e datati dal settimo (Fig. 10) al
quattordicesimo secolo, in cui era raigurato l’alzato delle costruzioni.213 Per l’impresa, come riferisce
Skylitzes, furono necessari dieci kentenaria d’oro solo per i ponteggi e sei anni di lavori, conclusi, visto
che egli data il sisma al 986, solo nel 992214 (nel 993
secondo Yahya):215 in realtà, come ha dimostrato C.
Mango, la riapertura avvenne probabilmente il 13
maggio del 994.216 Il restauro fu certamente impegnativo e riguardò non soltanto le strutture murarie,
ma anche la ridecorazione dell’arco occidentale abbattuto dal terremoto. Sulle pareti ricostruite da
Trdat i mosaicisti riprodussero le sacre igure distrutte nel 989 sul modello di quelle fatte eseguire un secolo prima da Basilio I: la Vergine e il Bambino entro
un medaglione iridescente e ai lati i principi degli
était une œuvre de génie et dirigea lui-même les premiers travaux de
sorte que [l’église] fut reconstruite plus magniique qu’auparavant».
Si veda per la discussione bibliograica: Donabédian 1991, pp. 99-101
(= Donabédian 2001, pp. 45-48).
211 Maranci 2003, pp. 296-302.
212 Stefano di Taron, Hist., xxvii (tr. Gelzer, Burckhardt 1907,
p. 190; tr. Macler 1917, pp. 132-133). Cfr. Maranci 2003, pp. 294-296.
213 Sui modelli litici: Cuneo 1969, Iacobini 1991b e, più recentemente Angar 2008. Sull’uso dei modelli in pietra anche in alcune costruzioni progettate da Trdat si veda Riccardi in c.d.s.
214 Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 34 (ed. Thurn 1973, pp. 331332; tr. Flusin 2003, p. 277).
215 Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky, Vasiliev 1932, pp. 220221; tr. Pirone 1998, 10:166-167, p. 199).
216 Mango 1988. Sul restauro della cupola: Emerson, Van Nice
1951.
«un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti
127
Fig. 11. I mosaici dell’arcone occidentale della Santa Soia di Istanbul
rinvenuti durante i lavori di restauro dei fratelli Fossati (1847-1849) in un disegno di W. Salzenberg
pubblicato in Alt-christliche Baudenkmale von Constantinopel, Berlin 1855.
apostoli Pietro, a destra, e Paolo, a sinistra.217 Dal
momento che non vi furono sull’arco occidentale,
almeno in età bizantina, altri interventi di restauro,
è verosimile che i frammentari mosaici scoperti in
situ dai fratelli Fossati alla metà del xix secolo e documentati accuratamente anche da Salzenberg218
(Fig. 11) fossero quelli eseguiti durante il cantiere di
Basilio II. Purtroppo il frammento della Theotokos,
riscoperto in precarie condizioni durante i lavori di
consolidamento dell’arco occidentale, fu completamente rimosso in seguito al terremoto del 1894 e
analoga sorte toccò probabilmente alle igure degli
apostoli.219 Accanto alla decorazione igurata, anche
i costoloni della cupola, oggi ornati con un motivo a
diamanti e croci sulle diagonali, furono quasi sicuramente interessati dall’intervento dei mosaicisti per
raccordare visivamente la parte restaurata a quella
originaria giustinianea.220
217 Vita Basilii, 79 (ed. Bekker 1838, p. 322): «Î·©’≥Ó Î·d ÙcÓ Ùɘ
©ÂÔÌ‹ÙÔÚÔ˜ ÂåÎfiÓ· ÙeÓ iÛÔÚÔÓ ˘îeÓ âˆÏ›ÓÈÔÓ Ê¤ÚÔ˘Û·Ó àÓÈÛÙfiÚËÛÂ, ηd
ÙÔf˜ ÙáÓ àÔÛÙfiÏÔÓ ÎÔÚ˘Ê·›Ô˘˜ ¶¤ÙÚÔÓ Î·d ¶·ÜÏÔÓ ëη٤ڈ©ÂÓ CÛÙËÛ»;
219 Mango 1962, p. 80.
220 C. Mango suppone che, oltre i costoloni, anche parte della cupola, decorata da un medaglione contenente la igura di Cristo, fosse
stata interessata dall’intervento dei mosaicisti durante il restauro di
Basilio II: Mango 1962, p. 87.
cfr. Mango 1972, p. 192.
218 Mango 1962, pp. 76-80.
iv.
Se non fosse frutto unicamente della colta fantasia di
Psello, accanto alle opere più rilevanti, quali i manoscritti miniati e il restauro della Santa Soia, potrebbe
igurare anche una singolare costruzione che Basilio
II volle per custodire le enormi ricchezze che aveva
128
lorenzo riccardi
accumulato nel suo lungo regno e che aveva nascoste in una sorta di pozzo inaccessibile (56): «E non bastandogli perciò i vani delle apposite sale, fece scavare delle gallerie elicoidali sul modello di quelle delle
tombe egizie e in esse ripose non pochi dei beni radunati. E non godeva di nessuno d’essi: la maggior
parte delle pietre preziose, tanto di quelle chiarissime che chiamiamo perle quanto di quelle scintillanti
di vari colori, non si trovavano incastonate su diademi o collari ma giacevano lì, gettate chissà dove sotto
terra».221 Il grande scrittore, che ino a poco prima
non aveva riservato che disprezzo per l’entourage di
Basilio II, attribuisce ora al sovrano, e di conseguenza ai suoi più stretti collaboratori, compreso l’architetto di iducia, un progetto talmente particolare da
richiedere un’accurata conoscenza non solo delle
pratiche costruttive correnti, ma anche di quelle antiche, in questo caso addirittura egizie. Il modello
evocato da Psello nobilita l’opera promossa dall’imperatore ed è, al contempo, spia della scarsa attendibilità del ritratto che egli ne fa nella sua Cronograia,
di cui – grazie anche all’analisi di B. Crostini222 – sono già stati messi in luce i numerosi limiti. Pur con
la necessaria cautela, non sembra infatti del tutto
certo, da quanto emerso inora, che nella corte di Basilio II spirasse un’aria anti-intellettuale223 solo perché, come M. Lauxtermann scrive, nell’ideologia
militare dell’imperatore non c’era posto per la letteratura e i letterati.224 Non va dimenticato che lo stesso Basilio, quando volle essere ricordato per i suoi
meriti militari, lo fece anche attraverso le opere d’arte e la poesia, come nel caso del Salterio, dei poemi
introduttivi ai manoscritti e dell’epitaio che doveva
essere scolpito sulla sua tomba all’Hebdomon.225
Certo si potrebbe obiettare che i dati in qui raccolti siano poco numerosi per il cinquantennale regno di Basilio II, anche perché alcuni di essi mancano
di una vera e propria rilevanza artistica. Tuttavia va
detto che alla carenza di informazioni scritte e di evidenze materiali, già rare in situazioni “normali”, si
accompagna la sconfortante assenza di quelle pièces
de circostance, che hanno il più delle volte tramandato ai posteri le imprese artistiche dei grandi personaggi e soprattutto degli imperatori (si pensi infatti
al ruolo svolto dagli scritti di Procopio per la igura
di Giustiniano o dalla Vita Basilii di Costantino VII
Porirogenito per quella del fondatore della dinastia
macedone o, facendo un esempio più vicino nel tempo, dai quattro panegirici di Psello per Costantino IX
Monomaco).226 E anche se, come sostiene Lauxtermann, Basilio non volle encomi e fu quindi solo lui
“colpevole” della sua fama,227 ciò non costituisce un
argomento e silentio per dimostrare che committenze non ci furono afatto. In questa prospettiva, apparirebbero semplicemente inspiegabili i due manoscritti commissionati dall’imperatore, che, invece,
come si è cercato di evidenziare, costituiscono una
solida (e magniica) base di partenza per riconsiderare l’oeuvre in campo artistico e culturale di un sovrano che, occorre ricordarlo, fu «eccellente tanto nelle
vittorie quanto nelle opere della mente».228
Venendo dunque alla presente ricerca, già a una
scorsa veloce del regesto è possibile fare alcune considerazioni. In primo luogo Basilio II si attivò prontamente laddove gli attacchi dei nemici e le catastroi
naturali lo resero necessario: restaurò fortiicazioni e
torri tanto nei Balcani che in Asia minore, senza
dimenticare tuttavia la capitale dell’impero da cui
doveva essere spesso lontano per le vicende belliche
che conduceva in prima persona. Egli, almeno per
quanto ne sappiamo, non si impegnò in nuove grandi
opere, ma preferì rispondere alle necessità reali della
città e dei suoi abitanti restaurando o costruendo ediici pubblici (come le torri rase dal terremoto e l’acquedotto) o istituendo nuovi enti assistenziali (chiese
trasformate in monasteri, ospedale per i poveri). In
secondo luogo Basilio non si sottrasse all’inveterata
pratica di lussuosi donativi diplomatici, come vesti,
tessuti, oggetti preziosi (reliquiari, ad esempio),
icone o, addirittura, piccole sculture (il serpente am-
221 Mich. Psello, Chron. i, 31 (ed. Impellizzeri 1984, i, pp. 44-47).
222 Crostini 1996.
223 Lauxtermann 2003b, p. 212.
224 Lauxtermann 2003b, p. 212.
225 Mercati 1921 e Mercati 1922 (= Mercati 1970, pp. 226-231,
232-234): «™Ù›¯ÔÈ âÈÙ¿ÊÈÔÈ Âå˜ ÙeÓ Ù¿ÊÔÓ Î˘ÚÔÜ B·ÛÈÏ›Ԣ / ÙÔÜ
BÔ˘ÏÁ·ÚÔÎÙfiÓÔ˘ ηd B·ÛÈϤˆ˜ // òAÏÏÔÈ ÌbÓ ôÏÏÔ˘˜ ÙáÓ ¿Ï·È ‚·ÛÈϤˆÓ
/ ·ñÙÔÖ˜ ÚÔ·ÊÒÚÈÛ·Ó Âå˜ Ù·ÊcÓ ÙfiÔ˘˜Ø / âÁg B·Û›ÏÂÈÔ˜ ‰b, ÔÚʇڷ˜
ÁfiÓÔ˜, / úÛÙËÌÈ Ù‡Ì‚ÔÓ ^E‚‰fiÌÅ Áɘ âÓ ÙfiÅ / ηd Û·‚‚·Ù›˙ˆ ÙáÓ
àÌÂÙÚ‹ÙˆÓ fiÓˆÓ / Ô≈˜ âÓ Ì¿¯·È˜ öÛÙÂÚÁÔÓ, Ôû˜ öηÚÙ¤ÚÔ˘Ó. / Ôé Á¿Ú ÙȘ
Âr‰ÂÓ äÚÂÌÔÜÓ âÌeÓ ‰fiÚ˘, / àÊ’Ôy ‚·ÛÈχ˜ ÔéÚ·ÓáÓ Î¤ÎÏËΤ Ì / ·éÙÔÎÚ¿ÙÔÚ· Áɘ ̤Á·Ó ‚·ÛÈϤ·, / àÏÏ’àÁÚ˘ÓáÓ ±·ÓÙ· ÙeÓ ˙ˆÉ˜ ¯ÚfiÓÔÓ /
^PÒÌ˘ Ù¿ Ù¤ÎÓ· Ùɘ Ó¤·˜ âÚÔ˘fiÌËÓ / ïÙb ÛÙÚ·Ù‡ˆÓ àÓÚ‰ÈÎᘠÚe˜
ëÛ¤Ú·Ó, / åÛÙáÓ ÙÚfi·È· ·ÓÙ·¯ÔÜ Áɘ Ì˘Ú›·, / ÔÙb Úe˜ ·éÙÔf˜ ÙÔf˜
nÚÔ˘˜ ÙÔf˜ Ùɘ ≤ˆ. / ηd Ì·ÚÙÚÔÜÛÈ ÙÔÜÙ· ¶¤ÚÛ·È Î·d ™Î‡ı·È, / Úe˜ Ô≈˜
\A‚·ÛÁfi˜, \IÛÌ·‹Ï, òAÚ·„, òI‚ËÚ. / ηd ÓÜÓ ïÚáÓ, ôÓıÚˆÂ, ÙfiӉ ÙeÓ
Ù¿ÊÔÓ / Â鯷֘ àÌ›‚Ô˘ Ùa˜ âÌa˜ ÛÙÚ·ÙËÁ›·˜». Cfr.: Stephenson 2003a,
p. 49.
226 Si rimanda, per sinteticità, ai seguenti studi de’ Maffei 1988,
Gallina 2000, Chamberlain 1986 e Michael Psellus Orationes Panegyricae 1994. Sul genere letterario: Dennis 1997.
227 Lauxtermann 2003b, p. 215.
228 Così è scritto nel proemio introduttivo del Menologio di Basilio II: cfr. nota 49.
«un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti
129
brosino e la Deposizione lignea armena), accanto alne” era stata preceduta dalla lunga predica che un inle più scontate donazioni monetarie. Queste ultime,
viato di questi ultimi tenne dinanzi a Vladimir, al
di cui non ci siamo occupati nella ricerca, ma che soquale, terminato il sermone, il “ilosofo” greco mono attestate in grande quantità e con assidua frequenstrò un’icona del Giudizio Universale, che raiguraza, gettano nuova luce su un altro aspetto del ritratto
va «sulla destra i giusti, che nel gaudio entravano in
codiicato dell’imperatore, emerso già nel giudizio di
paradiso, sulla sinistra invece i peccatori, che avanzaZonara e nell’episodio delle gallerie “egizie” di Pselvano nei tormenti».231 Nonostante il lungo sermone,
lo: l’eccessiva parsimonia.229 Nelle diverse fonti teil principe russo preferì temporeggiare e inviò ambastuali sono infatti menzionati donativi e vitalizi consciatori, come già ricordato, anche a Costantinopoli.
cessi da Basilio II ai sudditi, agli alleati o anche, in
Giunti questi nella capitale, il sovrano «l’indomani
occasione di accordi diplomatici, ai nemici. E ulteriomandò al Patriarca per dire: “Sono giunti dalla Rus’
re conferma dell’allentamento dei cordoni della borper conoscere la nostra fede; appronta la chiesa e il
sa imperiale è fornita dai dieci kentenaria d’oro necesclero e tu stesso indossa i sacri paramenti, perché vesari solo per allestire i ponteggi nella Santa Soia per
dano la gloria del nostro Dio”. Il Patriarca, senza por
i restauri della cupola e dell’arco occidentale: una
tempo in mezzo, ordinò di convocare il clero e, sespesa molto ingente, ma esigua rispetto al costo totacondo l’usanza, celebrarono l’uicio festivo e accesele dell’intervento, di cui purtroppo non conosciamo
ro le candele e canti corali intonarono. L’imperatore
l’ammontare preciso. Se ne ricava dunque che Basilio
si recò in chiesa insieme a loro; collocati gli ospiti in
II, pur essendo stato oculato nelle spese, non fu così
un posto centrale, mostrarono loro lo splendore delavaro come lo dipinge Psello, né tantomeno ostile alla chiesa, il canto e il servizio dei diaconi e illustrarola tradizione bizantina del dono diplomatico, di cui si
no loro il culto del proprio Dio. Essi vinti dall’ammiservì molto frequentemente, avendo ben chiaro il sirazione stupivano e lodavano il loro servizio. Gli
gniicato e il potere di tale atto presso i destinatari.
imperatori Basilio e Costantino, dopo averli chiamaÈ possibile però spingersi oltre e magari ipotizzare
ti, dissero loro: “Tornate alla vostra terra”. E li conuna sensibilità culturale e più squisitamente artistica
gedarono con grandi doni e con onori».232
di Basilio II? A questo interrogativo, di non facile
Non si ha certezza che l’ambasciata russa ebbe efsoluzione anche nel caso di situazioni meglio docufettivamente luogo: la redazione della Cronaca di Nementate, proviamo a rispondere riesaminando alcustore l’Annalista è piuttosto tarda, anche se condotta
ni aspetti già presi in considerazione, aggiungendosu altre fonti più antiche.233 Inoltre dell’intera vicenne due nuovi e partendo proprio da uno di questi.
da del Battesimo della Rus’ non si ha ricordo nelle
Poco prima che il principe Vladimir abbracciasse l’orfonti bizantine, il cui silenzio è dovuto piuttosto a
todossia, i russi avevano inviato delle ambasciate ai
un’ostilità mai del tutto sopita nei confronti di VladiBulgari di fede musulmana, ai Germani cattolici, ai
mir e del suo paese, al quale Basilio II chiese sosteKazari ebrei e inine ai Bizantini.230 Questa “missiogno per sedare deinitivamente le rivolte interne.234
229 Mich. Psello, Chron. i, 31 (ed. Impellizzeri 1984, i, pp. 44-47) e
Io. Zon., Epit. hist. xvii, 8, 21 (ed. Pinder 1897, p. 561). La ricchezza
del tesoro imperiale stupì molto anche il compilatore del Libro dei doni e delle rarità: «When Basil, son of Romanos, the Emperor of Byzantium, died in the year 410 [1019-1020], he left six thousand Baghdadi
qintars of gold coins ad jewels (al-mal al-‘ayn al samit) worth ifth-four
million dinars» [Kitab al-Dhakha’ir wa al-Tuhaf, 340 (tr. al-¢ijjawi alQaddumi 1996, p. 218)].
230 Nestore l’Annalista, Cronaca (ed. Cross, Sherbowitz-Wetzor 1953, p. 110; tr. Giambelluca Kossova 2005, pp. 171-172).
231 Nestore l’Annalista, Cronaca [ed. Cross, Sherbowitz-Wetzor 1953, pp. 97-110; tr. Giambelluca Kossova 2005, pp. 153-171 (la citazione è a p. 171)]. Per il discorso del “ilosofo” si vedano: Šev©enko
1988-1989, pp. 23-26, Giambelluca Kossova 2005, pp. 52-62 e Ivanov
2008, pp. 325-327.
232 Nestore l’Annalista, Cronaca (ed. Cross, Sherbowitz-Wetzor 1953, pp. 110-111; tr. Giambelluca Kossova 2005, p. 172). Sul
problema della scelta della religione da parte di Vladimir si veda Tolo©ko 1988-1989 e Ivanov 2008, p. 326. Altre due fonti – la Vita di
Vladimir e la cosiddetta Narratio de Russorum ad idem christianam con-
versione – ricordano l’ambasciata russa a Costantinopoli: Analecta byzantino-russica 1891, pp. xxi-xxiv. La Narratio fu edita per la prima
volta da A. Banduri nel 1711, che la incluse come appendice al suo
celebre Imperium Orientale; l’edizione di Regel, di poco discorde, è
stata invece condotta su un altro manoscritto greco, dal momento
che quello trascritto dall’erudito italiano agli inizi del xviii secolo
era alla ine dell’ottocento irreperibile: Banduri 1711, pp. 112-116 e
Analecta byzantino-russica 1891, pp. xix-xxi, 44-51. Cfr. Schlumberger 1896, pp. 630-634, 695. Nella Narratio la presenza degli ambasciatori russi nella S. Soia è ricordata ancora con più entusiasmo e partecipazione: Banduri 1711, pp. 113-115 e Analecta byzantino-russica
1891, pp. 47-50.
233 Cross, Sherbowitz-Wetzor 1953, p. 3. La Cronaca di Nestore l’Annalista è ritenuta infatti «the principle source of our knowledge of the events of the Russia’s conversion»: Obolensky 1971, p. 193.
Non ne è convinto, invece, lo studioso polacco Poppe: Poppe 1976,
pp. 207-210.
234 Cfr. Poppe 1987. L’aiuto dei Variaghi di Vladimir fu necessario
infatti per sconiggere deinitivamente Barda Foca: Holmes 2005, pp.
511-515.
130
lorenzo riccardi
Fig. 12. Istanbul, Santa Soia, vestibolo sud-ovest: mosaico con la Theotokos e gli imperatori Costantino e Giustiniano.
Tuttavia non ci sono elementi suicienti per negare
in toto la possibilità che la missione a Costantinopoli
ebbe luogo in questi termini;235 pertanto, pur con
grande cautela, ne possiamo dedurre un aspetto
molto interessante ai ini della presente ricerca:
l’imperatore si servì delle potenzialità suggestive e
comunicative dell’arte (in particolare «lo splendore
della chiesa») e del cerimoniale laico e religioso bizantino per presentare la propria fede agli ambasciatori russi. Sebbene il testo non dica chi abbia accompagnato gli ambasciatori nella Santa Soia (se Basilio
II o invece un suo preposto),236 ciò evidenzia comunque la grande considerazione del sovrano per questi
preziosi strumenti di persuasione, che apparteneva-
no d’altronde ai più collaudati mezzi di “propaganda” della corte imperiale.237
Prove a favore della sensibilità dell’imperatore
macedone verso l’arte, in aggiunta ai più volte citati
manoscritti da lui commissionati, sono anche i lavori
di restauro che interessarono la Santa Soia dopo il
terremoto del 989. Basilio scelse infatti di aidare il
cantiere a un architetto armeno di comprovata
esperienza che presentò al committente non solo dei
disegni, ma anche un modello tridimensionale dell’ediicio. Inoltre, al sovrano dovettero far riferimento anche gli artisti che provvidero alla ridecorazione
della cupola e soprattutto dell’arco occidentale. Sulla supericie ricostruita da Trdat essi realizzarono in-
235 Anzi è probabile che essa avvenne, dal momento che una fonte
araba ricorda che Vladimir mandò a chiedere al re di Khorezm nell’Asia centrale un saggio che esponesse la propria religione: Shepard
1992, pp. 76-77. Cfr. Franklin, Shepard 1996, pp. 161-163.
236 Come sembrerebbe suggerire la Narratio [ed. Banduri 1711, p.
113; Analecta byzantino russica 1891, p. 48 (da cui si cita)]: «Î·d ¿ÏÈÓ Ôî
̤ÁÈÛÙÔÓ Ó·eÓ ÂåÛ¤Ú¯ÔÓÙ·È, ¬ˆ˜ Ùɘ àÓ·ÈÌ¿ÎÙÔ˘ ηd ©Â›·˜ Ì˘ÛÙ·ÁˆÁ›·˜
ÁÂÓ‹ÛÔÓÙ·È».
®Ë©¤ÓÙ˜ ±Ó‰Ú˜ ÌÂÙa ηd ÙáÓ ‚·ÛÈϤˆ˜ àÚ¯fiÓÙˆÓ Âå˜ ÙeÓ Û‚¿ÛÌÈÔÓ Î·d
237 Nei testi bizantini dove immagini e luoghi, quale ad esempio
la Santa Soia, sono utilizzati a scopi propagandistici, ricorrono frequentemente, come nota la Koutrakou, i termini di «öÓ‰ÂÈÍȘ», dimostrazione, ostentazione e di «ı·˘Ì·ÛÌfi˜», meraviglia: Koutrakou
1994, pp. 78-86.
«un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti
131
fatti dei mosaici in tutto simili a quelli che più di un
su tutti, il Menologio e il Salterio, le ricostruzioni delsecolo prima erano stati voluti dal pio Basilio I, che
l’agion louma delle Blacherne con «oro e argento» e
nell’iscrizione absidale veniva elogiato come “requella della Santa Soia con i suoi mosaici.
stauratore delle immagini” dopo la distruzione iconoclasta ad opera degli «impostori».238 L’erede del
Bibliografia
fondatore della dinastia macedone aveva dunque tenuto nel 989 un atteggiamento analogo a quello del
a. Fonti
suo illustre avo restituendo l’ediicio al culto nella
Fonti bizantine
sua integrità non solo architettonica ma anche decoActes de Lavra, i, Des origines à 1204, édition diplomatique par
rativa. A memoria di questo accurato intervento di
P. Lemerle, A. Guillou, N. Svoronos; avec la collaborestauro – ed ecco il secondo elemento nuovo cui si
ration de D. Papachryssanthou, Paris 1970 (Archives
faceva riferimento – Basilio II commissionò molto
de l’Athos, 5).
probabilmente un altro mosaico, quello della lunetta
Cedr., Hist. [Georgius Cedrenus Compendium Historiarum, i,
del vestibolo sud-ovest della stessa Santa Soia239
ed. I. Bekker, Bonnae 1838 (Corpus Scriptorum Histo(Fig. 12). Il noto pannello, raigurante gli imperatori
riae Byzantinae, 8)].
Costantino e Giustiniano nell’atto di ofrire rispettiAnna Comn., Alexias [Annae Comnenae Alexias, ed. D.R.
vamente il modellino della città e quello della GranReinch, A. Kambylis, Berolini et Novi Eboraci 2001
de Chiesa alla Theotokos, è infatti la celebrazione di
(Corpus Fontium Historiae Byzantinae, 40/1-2)].
una delle più importanti prerogative imperiali, quelConst. Porphyr., De Cerim. [Constantini Porphyrogeniti Imperatoris De Cerimoniis Aulae Byzantinae, i, ed. J. Reiske,
la della ktetoreia.240 In quest’immagine di tipo «meBonnae 1829 (Corpus Scriptorum Historiae Byzantinae,
moriale»,241 il committente ha voluto mettere a con16)].
fronto, se non in competizione, la propria ktetoreia
Nic.
Chon., Hist. [Nicetae Choniatae Historia, recensuit I.A.
non dichiarata con quella dei due grandi sovrani del
Van
Dieten, Berolini et Novi Eboraci 1975 (Corpus
passato non procedendo certo a una riediicazione
Fontium Historiae Byzantinae, 11); Niceta Coniata,
della Santa Soia o della città di Costantinopoli, ma
Grandezza e catastrofe di Bisanzio (Narrazione cronologica),
compiendo proprio degli importanti restauri per il
ii, trad. A. Pontani, testo critico e commento di R.
ripristino del loro antico fulgore. Egli ha infatti riaMaisano e J.L. Van Dieten, Milano 1999 (Scrittori
perto da un lato la chiesa danneggiata al culto dei fegreci e latini)].
deli e dall’altro ha garantito l’integrità isica delle
Cramer J.A., Anecdota graeca e codd. Manuscriptis bibliothemura e quindi dell’intera città. E nel mosaico queste
cae regiae parisiensis, Oxford 1841 (= Hildesheim 1967).
Leon Diac., Hist. [Leonis diaconi Caloensis historiae libri deoperazioni, che rientrano a pieno titolo nelle prerocem, ed. K.B. Hase, Bonnae 1828 (Corpus Scriptorum
gative di diritto e di dovere di un imperatore, vengoHistoriae Byzantinae, 30); The History of Leo the Deacon:
no ampiamente esaltate e paragonate a vere e proByzantine
Military Expansion in the Tenth Century, introprie fondazioni.
duction,
translation,
and annotations by A.-M. Talbot
In ossequio a quella che Jan Assmann deinisce la
and D.F. Sullivan with the assistance of G. T. Dennis
«cultura del ricordo»,242 Basilio II ha legittimato l’oriand S. McGrath, Washington, D.C. 2005 (Dumbarton
gine e la provenienza del proprio potere commissioOaks Research Library and Collection)].
nando un mosaico in cui il presente dialoga con la tra- I . ™ YKOYTPH™, §¤ÔÓÙÔ˜ ÙÔÜ ¢È·ÎfiÓÔ˘ \AӤΉÔÙÔÓ âÁÎÒdizione. E, al contempo, ha cercato di far proprio il
ÌÈÔÓ Âå˜ ‚·Û›ÏÂÈÔ˘ Bã, in \EÂÙËÚd˜ ^EÙ·ÈÚ›·˜ B˘˙·ÓÙÈÓáÓ
passato e il futuro «ponendo dei monumenti a se
™Ô˘‰áÓ 10 (1932), pp. 425-434.
stesso con le proprie imprese»,243 che furono certo e
Te \E·Ú¯ÈÎeÓ ‚È‚Ï›ÔÓ = The Book of the Prefet = Le livre du
Préfet, with an introduction by I. Duj©ev, London 1970.
in primo luogo militari, ma anche artistiche, come,
238 Cfr. Guiglia Guidobaldi 2007, p. 132 e n. 38.
239 Rimando per l’esposizione particolareggiata di tale ipotesi a
un mio scritto in corso di pubblicazione: Riccardi in c.d.s.
240 Come ha giustamente scritto A. Iacobini il mosaico del vestibolo sud-ovest della Santa Soia è «l’icona per eccellenza» della ktetoreia imperiale: Iacobini 1995, pp. 374-375.
241 Prinzing 1986, pp. 6-13.
242 Assmann 1992 (1997, pp. 43-44).
243 Assmann 1992 (1997, p. 44).
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140
lorenzo riccardi
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«un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti
141
R E G E STO*
Nº
Datazione
Descrizione
Fonte
1.
978
Reliquia donata alla Grande Lavra
(Monte Athos, Grecia).
Actes de Lavra 1970, p. 114.
2.
980-981 ca.
Fortiicazione della cittadella di Ibn Ibrahim
nella città di Ra|ban (Siria).
Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky,
Vasiliev 1932, pp. 197-198;
tr. Pirone 1998, 10:100, p. 182).
3.
982-983
Ambasciata di Niceforo Urano con preziosi doni
(hadiya ğamila) al buyide emiro degli emiri
di Baghdad, ‘Adudaddawla.
The Eclipse of the ‘Abbasid Caliphate 1921, p. 23;
Regesten 2003, p. 173 nº 767f.
4.
983
Reliquia donata al vescovo di Aparank’(Armenia),
Step’anos.
Mahé 1991, p. 570.
5.
983-996
Frammento di architrave di una costruzione religiosa,
rinvenuto a Laodicea (in Anatolia) e recante i nomi
degli imperatori Basilio e Costantino
e del patriarca Nicola.
Calder 1928, p. 137, nº 257.
6.
987
Ambasciata russa a Costantinopoli congedata
dagli imperatori con ricchi doni e grandi onori.
Nestore l’Annalista, Cronaca (ed. Cross,
Sherbowitz-Wetzor 1953, pp. 110-111;
tr. Giambelluca Kossova 2005, p. 172].
987-989
Ambasciata di alcuni religiosi bizantini
presso il principe russo Vladimir con la missione
di battezzare lui e il suo popolo e di portare, oltre la
principessa Anna, la corona e le restanti insegne.
Analecta byzantino-russica 1891, pp. 75-76.
8.
987-988
Ambasciata con regali e denaro al califo fatimide
d’Egitto, Al-‘Aziz, per la manutenzione della chiesa
del Santo Sepolcro a Gerusalemme e per concludere
un trattato di pace.
Regesten 2003, pp. 182-183 nº 770.
9.
989 ante
Costruzione di un ediicio per i poveri e di un orfanotroio a Costantinopoli.
Sykontes 1932, pp. 428-429.
989
dicembre
(o 998
dicembre)
Ambasciata all’emiro degli emiri di Sicilia,
Tağaddawla Abu l-Futuh Yusuf b. Abi l-¢asan,
con doni “preziosi, oltremodo pregevoli”, tra cui
una piccola cassettina (safat sa#ir) con una pietra
di media grandezza, di color polvere e a forma
triangolare, che, se messa a contatto su una persona
malata, dava guarigione in casi di idropisia.
Kitab al-Dhakha’ir wa al-Tuhaf, 101
(tr. Al-¢ijjawi al-Qaddumi 1996,
p. 218).
7.
10.
* L’abbreviazione n.p. nella colonna Datazione sta per “non precisabile”.
142
Nº
lorenzo riccardi
Datazione
Descrizione
Fonte
Leon Diac., Hist. x, 10 (ed. Hase 1828,
pp. 175-176; tr. Talbot, Sullivan 2005,
p. 217-218); Io. Skyl., Synops. hist. Bas.
et Cost. 34 (ed. Thurn 1973, pp. 331-332;
tr. Flusin 2003 p. 277); Yahya, Cronache
(ed. Kratchkovsky, Vasiliev, 1932,
pp. 220-221; tr. Pirone 1998, 10:166-167,
p. 199); Stefano di Taron, Hist., xxvii
(tr. Gelzer, Burckhardt 1907, p. 190;
tr. Macler 1917, pp. 132-133); Mahé 1991,
pp. 561, 560.
11.
989-994
Restauro della cupola e dell’arco occidentale
della S. Soia a Costantinopoli, decorazione con
nuovi mosaici e realizzazione della lunetta musiva
del vestibolo sud-ovest.
12.
989 post
Restauro della torre n. 1 delle mura teodosiane
a Costantinopoli.
Meyer-Plath, Schneider 1943,
p. 123 nº 1.
13.
989 post
Restauro della torre n. 36 delle mura teodosiane
a Costantinopoli.
Meyer-Plath, Schneider 1943,
p. 129 nº 23.
14.
990-991 ca.
Doni (tiyab muzayyana, ricche vesti decorate)
al principe di Tayk| (Georgia), Dawit|.
Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky,
Vasiliev 1932, p. 221; tr. Pirone 1998,
10:170, p. 200); Regesten 2003, p. 188 nº 780.
15.
994 ante
Restauro e decorazione dell’agion louma
nel quartiere delle Blacherne a Costantinopoli.
Patria iii, 214 (ed. Preger 1901-1907, p. 283).
16.
995 maggio
Donativi in denaro e vesti d’onore al governatore
fatimida di Šayzar (Siria), Mansur b. Karadis.
Regesten 2003, p. 193 nº 782a.
17.
995-996
Doni (vesti) a nobili di Tripoli (attuale Libano).
Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky,
Vasiliev 1932, p. 235; tr. Pirone 1998,
11:18, pp. 210-211).
18.
995-999
Fortiicazione della cittadella di Antartus
(regione di Antiochia, Siria).
Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky,
Vasiliev 1932, p. 235; tr. Pirone 1998,
11:19, p. 211); Stefano di Taron, Hist.
xxxv (tr. Macler 1917, p. 147).
19.
996
“Riordinamento” della chiesa di Cassiano
(da identiicare con la cattedrale di Hagios Petros)
ad Antiochia (Siria).
Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky,
Vasiliev 1932, p. 237; tr. Pirone 1998,
11:25, p. 212); Regesten 2003, p. 198 nº 785c.
20.
997
Doni a Giovanni Orseolo,
iglio del doge di Venezia, Pietro.
Cronache veneziane antichissime 1890, p. 154.
21.
998-999
Ambasciata con doni al califo fatimide d’Egitto,
al-¢akim.
Regesten 2003, pp. 199-200 nº 788.
22.
999
Costruzione di una cappella
nella piana di Apamea (Siria).
Stefano di Taron, Hist. xxxv
(tr. Gelzer, Burckhardt 1907, p. 209;
tr. Macler 1917, p. 160).
«un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti
143
Nº
Datazione
Descrizione
Fonte
23.
999
Icona gigante del volto del Salvatore
donata all’arcivescovo di Napoli, Sergio.
D’Engenio Caracciolo 1624, pp. 314-415.
24.
1000
Doni (“costumes brillants”, cavalli, muli e denaro)
al re di Vanand, Abas, e al re di Vaspurakan,
Senek’erim (Armenia).
Stefano di Taron, Hist xxxv
(tr. Gelzer, Burckhardt 1907, p. 211;
tr. Macler 1917, p. 165); Regesten 2003,
p. 203 nº 791.
25.
1000
Ricchi doni ai nobili di Tayk| (Armenia).
Aristakes, Récit (éd. Canard, H. Berbérian
1973, pp. 3-4); Regesten 2003, p. 202 nº 790b.
26.
1000 ca.
Dono del serpente bronzeo
all’arcivescovo di Milano, Arnolfo.
Land., Hist. 18 (ed. Bethmann,
Wattenbach 1846, p. 56).
27.
1001
Ambasciata con doni
al califo fatimide d’Egitto, al-¢akim.
Regesten 2003, p. 204 nº 792c.
28.
1002
Fortiicazione della città di Vidin (attuale Bulgaria).
Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 30
(ed. Thurn 1973, p. 346; tr. Flusin 2003,
p. 289).
29.
1002
Doni nuziali a Ottone III (?).
Land., Hist. 18 (ed. Bethmann,
Wattenbach 1846, p. 56).
30.
1002
dicembre
Reliquia donata all’imperatore sassone Enrico II.
Chronicon S. Andreae, in Monumenta
Germaniae Historica, ss vii, 1846, p. 530.
31.
1002 ca.
Restauro dell’acquedotto di Valente a Costantinopoli
e nell’hinterland della capitale.
Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 45
(ed. Thurn 1973, p. 366; tr. Flusin 2003,
p. 304).
32.
1002 ca.
Costruzione a Karacaköy (Tracia).
Asdracha 1989-1991, pp. 306-309.
33.
1004
Diademi, doni e la reliquia di S. Barbara in occasione
del matrimonio tra Giovanni Orseolo, iglio del doge
Pietro, e Maria, della famiglia degli Argiri.
Cronache veneziane antichissime 1890,
pp. 168-169.
34.
1007
Dono di un encolpion con una reliquia
della Vera Croce al re Stefano d’Ungheria.
Acta Sanctorum Novembris, ii/1, 1894, p. 484.
35.
1010
Restauro delle cupole delle chiese dei Quaranta
Martiri e di Ognissanti a Costantinopoli.
Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 34
(ed. Thurn 1973, pp. 347-349;
tr. Flusin 2003, p. 291).
36.
1013
Ambasciata con doni (cavalli purosangue, cammelli e
altri doni, at-tuhaf) all’emiro marvanide Nasraddawla
Abu Nasr Ahmad.
Regesten 2003, pp. 208-209 nº 798e.
37.
1013 (?)
Restauro della torre «supra portam in muris regiae
mare versus» a Costantinopoli (Narlikapı).
Corpus Inscriptionum Graecarum iv, 1877,
nº 8700.
144
lorenzo riccardi
Nº
Datazione
Descrizione
Fonte
38.
1014
autunno
Ambasciata con doni ad al-¢akim,
califo fatimide d’Egitto.
Regesten 2003, p. 210 nº 800c.
39.
1016
inverno
Rifortiicazione della città di Antiochia (Siria)
Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky,
Vasiliev 1997, p. 34; tr. Pirone 1998, 13:38,
p. 281).
40.
1016
Costruzione di due fortezze a Bodena (Macedonia)
Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 37
(ed. Thurn 1973, p. 352; tr. Flusin 1998,
p. 294).
41.
1018
Costruzione delle fortezze di Basilis
e di Constantinis (Macedonia).
Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 41
(ed. Thurn 1973, p. 359; tr. Flusin 2003,
pp. 299-300).
42.
1018
Costruzione di un bema (podio)
a Diabolis (Macedonia).
Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 41
(ed. Thurn 1973, p. 360; tr. Flusin 2003,
p. 300).
43.
1018
Splendidi e ricchi doni alla chiesa della Theotokos
sull’Acropoli di Atene.
Io. Skyl., Synops. hist. Bas. et Cost. 43
(ed. Thurn 1973, p. 364; tr. Flusin 2003,
p. 303).
44.
1018-1019
Doni a David, iglio del re di Vaspurakan,
Senek’erim.
Matteo d’Edessa, Chr. i, 49
(ed. Dostourian 1993, p. 45).
45.
1018-1019
Rifortiicazione della città di Theodosiopolis
(Armenia).
Aristakes, Récit
(ed. Canard, Berbérian 1973, p. 11).
46.
1021
Restauro della chiesa di S. Eugenio a Trebisonda
(Ponto).
Io. Lazarop., Synops., 1
(ed. Rosenqvist 1996, p. 256).
47.
1021-1022
Ricostruzione del tetto della chiesa monastica a Oški
(Armenia).
T|akaišvili 1952, pp. 53-54 nº 7.
48.
1021-1022
Splendidi doni al catholicos d’Armenia, Pietro.
Matteo d’Edessa, Chr. i, 50
(ed. Dostourian 1993, p. 46).
49.
1024
Doni al ponteice Giovanni XIX (Roma).
Regesten 2003, p. 226 nº 817.
50.
1024
Rifortiicazione della città di Reggio Calabria (Italia).
Annales Barensis, in Monumenta Germaniae
Historica, SS V, 1844, p. 149;
Amari 1880, p. 440.
51.
n.p.
Menologio di Basilio II.
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica
Vaticana, Vat. gr. 1613.
52.
n.p.
Salterio di Basilio II.
Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana,
gr. Z 17.
«un altro cielo»: l ’ imperatore basilio ii e le arti
145
Nº
Datazione
Descrizione
Fonte
53.
n.p.
Tessuto di Colonia.
Colonia, Erzbischöliches
Diözesanmuseum, Inv. nº 18.
54.
n.p.
Tessuto menzionato in una pergamena
conservata a Bari.
Nitti 1900, p. 83.
55.
n.p.
Restauro della torre ovest d’Ahirkapı
a Costantinopoli.
Corpus Inscriptionum Graecarum, iv,
1877, nº 8687.
56.
n.p.
Costruzione a Costantinopoli di gallerie sotterranee
elicoidali sul modello di quelle delle tombe egizie.
Mich. Psello, Chron. i, 31
(ed. Impellizzeri 1984, i, pp. 44-47).
57.
n.p.
Arrivo a Costantinopoli delle reliquie
delle sante Agata e Lucia.
Andr. Dand., Chron.
(ed. Pastorello 1938-1939, p. 280).
58.
n.p.
Conversione della chiesa di S. Mocio in monastero
(Costantinopoli).
Lampros 1911, pp. 127-128.
59.
n.p.
Trasformazione della chiesa dell’Arcangelo Michele
a Sôsthénion in monastero (Costantinopoli).
Th. Scout., Chron. (ed. Sathas 1894, p. 373);
Nic. Chon., Hist. Isaac. Ang. 6
(ed. Van Dieten 1975, i, p. 373;
tr. Pontani 1999, ii, p. 355).
60.
n.p.
Restauro (?) o ricostruzione (?) della chiesa
di S. Giovanni Evangelista all’Hebdomon
(Costantinopoli)
Th. Scout., Chron. (ed. Sathas 1894, p. 159).
61.
n.p.
Sarcofago dell’imperatore Basilio II preparato
nel masuoleo dei SS. Apostoli a Costantinopoli.
Yahya, Cronache (éd. Kratchkovsky,
Vasiliev 1997, pp. 112-115; tr. Pirone 1998,
15:69, p. 336).
62.
n.p.
Sarcofago attribuito all’imperatore Basilio II
rinvenuto presso la chiesa di S. Giovanni Evangelista
all’Hebdomon.
Stephenson 2005.
63.
n.p.
Rilievo ligneo raigurante la Deposizione dalla Croce, Archbishop Garagin Hovsep’ian 1937,
conosciuto come Amenap’rkitch, conservato
pp. 2-8, 36, ig. 17.; Der Nersessian
dapprima nella chiesa di Havut’ar e poi trasferito
1940-1941, p. 74 n. 29 (Der Nersessian,
a Etchmiadzin (Armenia).
p. 410 n. 29).
co m p o sto i n c a r attere da nte m onotype da lla
fa b ri z i o se rr a edito re, pisa · ro m a .
sta m pato e rilegato nella
t i p o gr a f i a d i ag na no, ag na no pisa n o (pisa ).
*
Dicembre 2011
(cz 2 · fg 21)