Sabato 11 ottobre 2003
Sessione tematica – Lo sviluppo del progetto ecomuseale
Auditorium di Città degli Studi
Andrea Del Duca – Ecomuseo del Lago d’Orta e Mottarone
ECOMUSEI PIEMONTESI: QUALI PROSPETTIVE?
Il tema dello sviluppo del progetto ecomuseale ha stimolato la costituzione di un gruppo di
lavoro informale tra gli Ecomusei Piemontesi con l’obiettivo di raccogliere testimonianze e
riflessioni problematiche sull’esperienza ecomuseale piemontese dal 1995 a oggi.
I risultati di questo lavoro sono raccolti in questa sintesi che non pretende, naturalmente, di
avere le caratteristiche di un rapporto sugli ecomusei, né intende rappresentare il punto di
vista ufficiale degli ecomusei stessi. Si può definire piuttosto una raccolta di riflessioni,
intercorse con modalità varie fra gli addetti ai lavori, senza alcuna pretesa di oggettività o di
rappresentazione media delle varie opinioni. Un atto soggettivo di autorappresentazione,
quindi, da parte di chi ogni giorno deve confrontarsi con le problematiche di questi “specchi
delle comunità”.
In particolar modo si è cercato di stimolare la riflessione sugli elementi di potenziale criticità,
non perché non siano stati raggiunti molti importanti obiettivi, quanto per il fatto che lo
sviluppo futuro degli ecomusei si giocherà soprattutto sul modo in cui questi problemi saranno
affrontati.
Dal progetto al processo
Una prima importante questione, già emersa in altri interventi del convegno, è la necessità di
spostare l’attenzione dal concetto di progetto, con le sue scadenze e obiettivi, a quello di
processo, che è fatto di scelte successive, eventualmente anche non previste nelle fasi iniziali,
purché coerenti con quanto già realizzato.
In altri termini si ritiene che i mezzi impiegati nella realizzazione del processo di avanzamento
dell’ecomuseo siano importanti quanto e, forse, a volte, più dei fini. Non si tratterebbe quindi
di raggiungere e rispettare scadenze, tempi, obiettivi, ma piuttosto di avere una coerenza di
scelte tra quanto realizzato nelle prime fasi e ciò che viene attuato nelle successive, con la
possibilità di introdurre di volta in volta le modifiche necessarie. L’immagine che meglio
esprime questo concetto è quella del “navigare a vista”, felicemente proposta nel suo
intervento da Giuseppe Pidello dell’Ecomuseo del Biellese.
L’evoluzione temporale
Ad una prima analisi le diverse strategie gestionali adottate sembrano riflettere non solo realtà
spaziali diverse, ma anche diversi stati di avanzamento del progetto ecomuseale. In questo
senso occorre evidenziare l’importanza della dimensione tempo accanto a quella dello spazio.
Si propone di seguito una divisione di questo processo – che non è necessariamente univoco –
di sviluppo in tre fasi. Una quarta o una quinta potranno forse essere individuate quando
l’esperienza ecomuseale sarà ulteriormente progredita.
• La fase di avvio iniziale è a carattere sostanzialmente sperimentale. In questo periodo è
fondamentale che le idee di base del progetto vengano rielaborate dalla comunità locale e
che il progetto abbia comunque avvio, seppure in modo incompleto.
• La seconda fase – quella in cui si trova la maggior parte degli ecomusei piemontesi oggi –
comporta la verifica di quanto è stato fatto nella prima. Solo da una ponderata riflessione
sui successi e i limiti di quanto si è realizzato può emergere la strategia per la fase
successiva.
La terza fase comporta per l’ecomuseo la dotazione di un’organizzazione e di risorse
adeguate per garantire lo sviluppo dell’ecomuseo e che l’esperienza non si spenga.
Per passare alla terza fase gli ecomusei necessitano oggi di ripensare le proprie modalità di
azione. Un limite oggettivo alla programmazione pluriennale è peraltro insito nell’attuale
sistema di finanziamento degli ecomusei regionali, determinato annualmente.
Fondamentale è anche il problema della sostenibilità economica di lungo periodo dei progetti
avviati. La prospettiva di un autosostentamento da parte della comunità locale appare oggi
estremamente lontana. Diversi ecomusei si pongono quindi seri interrogativi sul proprio futuro
in relazione alle scelte programmatiche della Regione Piemonte.
•
I soggetti gestori
La L.R. 31/95 prevede un’ampia serie di possibili soggetti gestori. Gli ecomusei piemontesi nel
complesso hanno adottato tutte le possibili soluzioni.
Sono però emerse alcune problematiche legate alla transizione dalla fase di avvio a quella di
sviluppo. Alcuni enti gestori pubblici, che sono stati in grado nei primi anni di tenere in
incubazione l’ecomuseo, realizzando interventi strutturali di notevole impegno, incontrano
oggi, per varie ragioni, difficoltà pratiche nella gestione ordinaria e nell’organizzazione di
attività culturali di onere economico relativamente modesto.
In alcuni casi si sta affacciando l’ipotesi di dare vita a soggetti autonomi, a gestione
pubblico/privata, ritenuti tra l’altro più idonei a garantire anche una più attiva partecipazione
da parte della comunità locale.
Da una panoramica generale emergono quattro modelli organizzativi che riflettono anche le
differenti fasi di sviluppo dei singoli ecomusei.
1. Ecomusei poco strutturati a prevalente carattere spontaneistico, dove l’ente gestore
garantisce ad una serie di iniziative locali le risorse per lo svolgimento di attività che
entrano a far parte del programma di attività comune.
2. Ecomusei poco strutturati che utilizzano una parte del personale già impiegato dall’ente
gestore per altri compiti.
3. Ecomusei più strutturati in cui l’ente gestore ha sentito la necessità di dotarsi di personale
specifico aggiuntivo per lo sviluppo e/o il coordinamento del progetto ecomuseale.
4. Ecomusei dotati di organizzazione autonoma con proprio personale e collaboratori che
curano le attività nevralgiche dell’ecomuseo (coordinamento, didattica, servizi comuni)
coinvolgendo una rete di realtà culturali locali (musei, associazioni, laboratori, gruppi di
ricerca) autonome dal punto di vista organizzativo.
L’area di azione
Alcuni ecomusei hanno evidenziato la necessità di ripensare i confini della propria area di
intervento, al fine di consentire l’inserimento di aree omogenee rispetto a quelle già incluse;
altri, al contrario, hanno confermato la validità dei confini già individuati, sottolineando però,
che essi non devono essere interpretati come barriere nella collaborazione con le realtà
confinanti, siano o meno ecomusei.
Sarebbe quindi opportuno riflettere, fino dalla fase progettuale, sulla definizione del territorio,
prestando una maggiore attenzione a questo aspetto che, forse, non sempre è stato
considerato.
La collaborazione tra gli ecomusei, più volte auspicata, ma ad oggi ancora estremamente
limitata, è un’esigenza che viene sentita da tutti gli ecomusei. In questo senso il lavoro del
Laboratorio Ecomusei, luogo di scambio di idee e di progettualità, assume un valore strategico.
Il ruolo dell’ecomuseo
Una questione, che oggi appare fondamentale, è l’esplicitazione del ruolo, della missione degli
ecomusei. All’interno del variegato mondo degli ecomusei coesistono, e talora si
contrappongono, visioni diverse sul ruolo dell’ecomuseo.
Ogni classificazione rischia di essere arbitraria e semplificatrice rispetto alla complessità della
realtà. Questo è particolarmente vero per un tema come quello del ruolo degli ecomusei per il
quale non esistono ideologie cui programmaticamente i singoli o le istituzioni possano o
vogliano fare riferimento. Gli ecomusei, anzi, rivendicano fermamente la libertà di trovare la
propria strada e di essere “unici”.
In maniera provocatoria e nella piena consapevolezza dei limiti di questa suddivisione –
sottolineando che la varietà delle opinioni raccolte oscilla spesso tra visioni diverse – può
essere di qualche utilità individuare i diversi approcci alla domanda su cosa l’ecomuseo debba
essere.
1. Il primo è il più attento alle valenze utopiche del concetto di ecomuseo e sottolinea
l’importanza di conservare l’attitudine fantasiosa, spontanea e irriverente degli ecomusei,
mettendo in guardia contro ogni rischio di standardizzazione e di omologazione insiti
nell’uso di strumenti desunti dalla scienza e dalla museologia. L’ecomuseo non deve,
insomma, essere vivisezionato, incasellato e normato perché si rischierebbe di provocarne
la morte per soffocamento.
2. Il secondo, senza rinnegare il carattere sperimentale e innovativo degli ecomusei e
affermando anzi l’importanza di non perdere la pluralità di approcci diversi, sottolinea
l’importanza di ribadire il principio della responsabilità scientifica e culturale degli ecomusei
anche contro quelle pressioni, interne ed esterne, che nulla hanno a vedere con le finalità
istitutive. Pressioni di cui oggi, con il successo delle iniziative ecomuseali, si avverte
concretamente il rischio. In quest’ottica il superamento del museo tradizionale da parte
dell’ecomuseo non deve tradursi in un alibi per abbandonare quegli strumenti che la
migliore museologia ha individuato per garantire elevati livelli di qualità. Né per abdicare al
ruolo di soggetto culturale che deve essere specchio in cui la comunità locale si può
riflettere in maniera non deformata.
3. Infine il terzo si pone il problema di quale ruolo l’ecomuseo debba svolgere nei confronti
dello sviluppo economico del territorio. In questo caso ci si trova di fronte a posizioni
estremamente diverse che vanno dal puro marketing territoriale, con finalità
prevalentemente turistiche, ad approcci più complessi che si interrogano sull’apporto che la
riscoperta del patrimonio locale può dare allo sviluppo di forme economiche compatibili e
sostenibili.
Il futuro degli ecomusei si deciderà, probabilmente, nell’equilibrio dinamico e imprevedibile che
gli ecomusei sapranno instaurare tra queste tre visioni, ciascuna delle quali, da sola, non può
contenere l’ecomuseo.
La comunità locale
Gli ecomusei paiono consapevoli, almeno sul piano teorico, dell’importanza di garantire la
partecipazione della comunità locale all’ecomuseo. Meno definiti sono però i criteri e gli
strumenti con cui intendono consentirla.
Il mancato coinvolgimento della comunità locale costituisce il principale problema delle
iniziative ecomuseali nate sulla base di un intervento costruito “a tavolino” e calate in realtà
non adeguatamente coinvolte già nella fase di avvio.