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Topografia fantastica-Lucia Di Pierro

Ai giorni nostri può apparire strano ma per secoli la cultura occidentale, ha dedicato un’accurata attenzione a mostri e prodigi, eventi strani e mirabilia di ogni genere provenienti da mondi diversi. Popoli differenti sono stati di volta in volta fonti di paura e piacere da esibire in spettacoli o da analizzare con cura. In epoca romana l’esigenza di conoscere popoli diversi fu necessaria per organizzare l’amministrazione. Dalla caduta di Cartagine Roma era alla testa di un impero immenso di cui ignorava quasi tutto. Rapidamente la sua metodica amministrazione permise di raccogliere informazioni su vari paesi soggetti e su quelli che intendeva assoggettare. Lo stesso “De bello gallico” di Giulio Cesare è denso di considerazioni sulla cultura, la religione, gli usi e costumi dei Galli. Con l’affermarsi del cristianesimo si determinò un mondo relativamente nuovo di intendere i diversi rispetto alla filosofia greca; un mondo che sottolineava l’universalità della natura umana di fronte a Dio.

ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI BRERA MILANO CORSO DI SCULTURA Prof. Filippo Scimeca TOPOGRAFIA FANTASTICA MOSTRI E PRODIGI RACCONTATI DA VIAGGIATORI ANTICHI FINO ALL’AVVENTURA DI MARCO POLO Relatore: Prof.ssa Virginia Cardi Tesi di: Lucia Di Pierro Matr. n. 18872 ANNO ACCADEMICO 2002/2003 INDICE GENERALE Premessa ………………… ..…………………………………………………………. 3 Capitolo 1 Il mito di Alessandro Magno precursore del fantastico ……….……... 11 Capitolo 2 La topografia della meraviglia .………….…….…………. …………. 17 Capitolo 3 Viaggi e visioni nel medioevo …...……........ …………………………28 Capitolo 4 L’archetipo del viaggio religioso, la Navigatio Sancti Brandanti ..…... 37 Capitolo 5 Il mito del Paradiso Terrestre ...… ……….…………….……………. 47 Capitolo 6 Viaggio dei tre monaci al Paradiso terrestre ….………………………..54 Capitolo 7 Liber monstrorum de diversis generibus …………….………………...60 Capitolo 8 Il regno del Prete Gianni ……………………………………………...70 Capitolo 9 Giovanni di Pian del Carpine …………… ……………………………75 Capitolo 10 Guglielmo di Rubruck ………………………………………………...80 Capitolo 11 Giovanni da Montecorvino …………….……………………………...84 Capitolo 12 Odorico da Pordenone ….……………………………………………..89 Capitolo 13 Sir John Mandeville ……………..……………………………………..98 Capitolo 14 Il nuovo eroe del ‘200: il mercante ...…………………….…………..107 Capitolo 15 Marco Polo …………………………………………………………….114 Capitolo 16 Un orientale in Occidente: Rabban Sauma …………………...……….126 Capitolo 17 Cartografia araba ………………………………………….…………..130 Capitolo 18 Il Marco Polo arabo: Ibn Battuta …………………… ………………136 Bibliografia ……………………………………………………………147 PREMESSA Popolazioni fantastiche, illustrazione tratta da Le Livre des Merveilles Ai giorni nostri può apparire strano ma per secoli la cultura occidentale, ha dedicato un’accurata attenzione a mostri e prodigi, eventi strani e mirabilia di ogni genere provenienti da mondi diversi. Popoli differenti sono stati di volta in volta fonti di paura e piacere da esibire in spettacoli o da analizzare con cura. In epoca romana l’esigenza di conoscere popoli diversi fu necessaria per organizzare l’amministrazione. Dalla caduta di Cartagine (intorno al 146 a.C.) Roma era alla testa di un impero immenso di cui ignorava quasi tutto. Rapidamente la sua metodica amministrazione permise di raccogliere informazioni su vari paesi soggetti e su quelli che intendeva assoggettare. Lo stesso “De bello gallico” di Giulio Cesare è denso di considerazioni sulla cultura, la religione, gli usi e costumi dei Galli. Con l’affermarsi del cristianesimo si determinò un mondo relativamente nuovo di intendere i diversi rispetto alla filosofia greca; un mondo che sottolineava l’universalità della natura umana di fronte a Dio. Questa posizione metteva in crisi la distinzione fra popoli civili e popoli barbari. La modalità della ricerca e etnoantropologica greco-romana fu raccolta dagli Arabi, anch’essi desiderosi di conoscere popoli che, attraverso la loro diaspora vittoriosa, andavano islamizzando. Masudi, intellettuale arabo, viaggiò in Africa, in India, in Madagascar e raggiunse la Cina, scrivendo le sue notazioni etnoantropologiche nell’opera che porta il titolo “I prati d’oro”. Ibn Kaldun (1332-1406) affrontò non solo la descrizione di popoli e costumi diversi, ma problemi come i rapporti tra ambiente naturale, razza, tecniche e generi di vita, temi che verranno riconsiderati solo alla fine del XIX° secolo. In Europa intanto mercanti e missionari prevalentemente italiani furono i primi artigiani della tecnica antropologica. I mostri sono sempre gli altri, i diversi da noi. Spesso chi viaggia in terre lontane ne incontra o meglio se le inventa, l’immaginario occidentale si caratterizzava nella certezza che a differenza di noi occidentali, ove regnava la civiltà, altrove vi sono uomini selvaggi simili a bestie, creature bizzarre come gli sciapodi1, i blemmi2, creature diverse dalla norma nell’aspetto, nella cultura e nella morale, esseri differenti più che deformi. La geografia mentale/immaginaria dell’occidentale si caratterizzava nella certezza che il mondo delle meraviglie, delle bestie favolose e dei mostri spaventosi, delle ricchezze abbaglianti e delle magie era situato in Oriente, sulle sponde di quell’oceano ritenuto chiuso, che univa e confondeva tra di loro le terre dell’India e dell’Etiopia, facendone un sol mondo, lontano e seducente, dove si aprivano le porte del Paradiso Terrestre. L’Africa orientale e l’Asia meridionale apparivano come la prosecuzione l’una dell'altra o forse erano la stessa cosa. In questo mondo di favola si proiettavano i loro sogni e trovavano sfogo le loro inibizioni, trasferendo nelle meraviglie e nei mostri dell’India inquietudini , fantasie e complessi che nascevano nella realtà di ogni giorno nell’Europa religiosa e repressa del Medioevo. Le storie dei greci, le enciclopedie medievali, le relazioni di viaggio degli esploratori, i primi trattati di scienze naturali, ci raccontano di queste razze favolose. La rassegna di popoli esotici mostruosi per un lungo periodo, ha trasformato la geografia in un baraccone di fenomeni viventi. Mercanti, pellegrini, monaci, viandanti, studenti: nell’alto Medioevo molti erano i viaggiatori che, nonostante le difficoltà materiali e la scarsità delle informazioni affrontavano rischi ed incognite. La registrazione di questi viaggi (spesso simili ad esplorazioni), avvenne generalmente in compilazioni o testi senza grande ambizione letteraria, ma comunque documenti importanti per ricostruire alcuni aspetti peculiari della mentalità medievale. Il Cristianesimo diede all’umanità una nuova dimensione incentrata sulla vita eterna, quale ricompensa da meritare dopo la vita terrena vissuta secondo gli insegnamenti del Cristo. Da questa concezione è nata una cultura diretta ad esaltare gli aspetti spirituali della vita ed a confortare gli umili e gli oppressi dalle insidie che li tormentano; questo ed altro dava sicurezza nel Medioevo come l’iconografia che rappresentava 1 2 Uomini con una sola gamba e con il ginocchio anchilosato – da DE CIVITAS DEI lib. XVI cap. 8 di S. AGOSTINO. Creature con gli occhi sul petto – da NATURALIS HISTORIA del lib. V cap. 45 di PLINIO. San Giorgio trionfante sul drago o Sant’Ilario vittorioso sui serpenti dell’eresia. Tutta questa concezione si riflette nel contesto geografico: Gerusalemme è la capitale del mondo e sia ad occidente che a oriente di essa si trovano rispettivamente mostri e cioè quella razza di uomini considerata inferiore perché totalmente diversa da quella che allora era considerata normale. I testi di viaggio sono scarsissimi e l’opera più importante che ci rimane è la “Topografia di Cosma” 3, un navigatore che tuttavia non ci soddisfa molto dato che non si avventurò oltre quell’area già teoricamente nota dell’antichità, poiché egli riprese la scienza tradizionale greca con le nozioni concernenti i limiti dell’Universo, la sua forma e il suo equilibrio, le condizioni che regolano l’alternanza del giorno e della notte, gli equinozi, i solstizi, le eclissi, i fenomeni meteorologici, ecc.. I Greci, a seguito di erronee induzioni sui molti fenomeni carsici presenti in Grecia e nell’Asia minore, erano arrivati alla conclusione che le acque comunicassero tra loro per vie sotterranee e i fiumi scorressero sotto il mare, per uscire poi in altro luogo e con altro nome. Questa concezione fu ripresa per stabilire una dottrina che rimase poi invariata per secoli: i quattro fiumi discendevano dal Paradiso, penetravano nella Terra e, passando sotto il fondo dell’Oceano, ritornavano in superficie laddove si potevano vedere le loro sorgenti. Da qui derivò anche la necessità, per non andare contro le leggi fisiche più evidenti, di assegnare al Paradiso una posizione piuttosto elevata. Cosma si rifece a questa concezione e identificò i quattro fiumi con l’Indo (o Gange), il Nilo, il Tigri e l’Eufrate. La collocazione del Paradiso Terrestre era una delle questioni più dibattute nell’età medievale. Infatti, secondo il testo biblico, tale luogo doveva trovarsi ad orientem. Anche Mandeville fu un viaggiatore fantasioso, la sua opera “Viaggi” fu, nel Medioevo e precisamente dal 1350 in poi, la più famosa opera letteraria, tanto che venne tradotta in quasi tutte le lingue europee e fu addirittura studiata da Cristoforo Colombo prima del viaggio che lo avrebbe portato a scoprire il nuovo mondo. Un altro testo (o più propriamente un 3 Costantino di Antiochia, noto come Cosma, autore della “Topografia Cristiana del Cosmo” scritta tra il 535 e il 547. catalogo) riguardante i viaggi è il “Liber monstrorum de diversis generibus” il quale contiene la descrizione di molti mirabilia. Altra importante opera è il manoscritto “Il viaggio dei tre monaci al paradiso terrestre”4, narra le avventure di un viaggio compiuto da tre monaci in Oriente per vedere le meravigliose opere del creato di Dio. Il testo “Navigatio Sancti Brendani” narra le leggendarie imprese dell’abate Brandano, originario dell’Irlanda e vissuto tra il V° e VI° secolo, secondo una tradizione medievale, egli avrebbe compiuto con i suoi monaci e sotto la guida di un Angelo, un lungo viaggio per l’Oceano incontrando le più straordinarie avventure. Nei brani tratti da “Il milione” di Marco Polo troviamo un’ampia descrizione degli uomini e degli animali, mancano indicazioni puntuali e circostanziate in relazione all’abbigliamento ed alle abitazioni. Nella maggior parte di questi testi l’ambiente esplorato o visitato , è rappresentato da un’isola. Tutte queste opere cercano di condurre il lettore in mondi meravigliosi, non tanto perché belli, ma perché sono pieni di cose insolite, di cose mai viste, questo è in un certo modo un approccio del mondo occidentale con nuove culture. I testi analizzati costituiscono un documento importante per avvicinarsi e ricostruire alcuni aspetti fondamentali della mentalità medievale. Tra quelli che emergono più chiaramente spicca l’importanza della religione cristiana; il mondo soprannaturale per l’uomo del Medioevo ha un valore molto più elevato della realtà materiale, anzi questa non viene mai considerata in sé stessa, ma è vista sempre come un riflesso sbiadito e imperfetto dell’unica verità divina. Il mondo naturale dunque non viene osservato per conoscerlo ma solo interpretato come simbolo della divinità che vi si nasconde. Da ciò deriva inevitabilmente un notevole disinteresse per la conoscenza scientifica della realtà, la stessa matematica non è usata per giungere ad una conoscenza esatta: i numeri hanno più importanza come simboli magici o legati alla sfera del sacro che come strumenti di misurazione (“sette pomi…sette montagne…sette fontane…ecc.” 4 Testo toscano del XV° secolo. da Navigatio Sancti Brendani). Altra caratteristica dell’uomo medievale è la curiosità per tutto ciò che esula dalle sue limitate conoscenze e perciò il desiderio di scoprire ed esplorare (“…abbiamo scoperto, studiando…abbiamo appreso…secondo un racconto attendibile da noi raccolto…”da Liber monstrorum de diversis generibus). Nel racconto dei tre monaci costante è il confronto che i viaggiatori fanno tra i loro costumi e le loro sembianze e quelli dei popoli dei luoghi esplorati, per marcare la diversità; emblematica della mentalità medievale è la visione del mondo come di un luogo in cui esseri buoni, angeli e santi devono continuamente lottare contro le forze del male, ad esempio nel racconto dei tre monaci spesso viene menzionato il nome di Dio come salvatore dei monaci dai comportamenti minacciosi e violente degli autoctoni. Nei testi esaminati è possibile scorgere anche la proiezione delle paure e delle ossessioni di quel mondo, infatti l’interesse dei lettori viene pilotato sì verso lo straordinario il bizzarro, l’assurdo il meraviglioso ma all’interno di ambiti specifici, quelli materiali del cibo soprattutto (“…et avevavi fichi grossi come sono qui i cocomeri… e noi ci satollammo…ed davanci mangiare di grossi chapponi lessi et arostiti…” da Il viaggio dei tre monaci). Infatti la circostanza che in tutte queste isole paradisiache ci sia abbondanza di acqua e di cibo e non sia necessario vestirsi, ci fa pensare alle condizioni reali di vita degli uomini nell’alto Medioevo, in Occidente, messi di fronte allo spettro della fame, alla povertà, alla miseria, alla malattia. Quei mondi lontani erano i mondi del sogno, dell’utopia, dei desideri inconfessabili; peraltro molte descrizioni introducono seducenti figure femminili, anche discinte, con particolari anatomici messi in evidenza così magari venivano ad infrangersi quei tabù del moralismo medievale, che associava al peccato la nudità fisica. 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