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on Inchiesta su Gramsci, a cura di Angelo d’Orsi, Torino, Accademia University Press, 2014, pp. 170-5.
Ritorno a Gramsci, 2020
Idee sulla continua rievocazione di Gramsci come "solutore" dei problemi politici della sinistra. Tra potenzialità e limiti di un approccio simile.
Nazione Indiana, 2016
Recensione del libro di Michele Filippini "Una politica di massa. Antonio Gramsci e la rivoluzione della società".
2018
Introduzione allo studio della filosofia. Che cosa è l'uomo? È questa la domanda prima e principale della filosofia. Come si può rispondere. La definizione si può trovare nell'uomo stesso; e cioè in ogni singolo uomo. Ma è giusta? In ogni singolo uomo si può trovare che cosa è ogni «singolo uomo». Ma a noi non interessa che cosa è ogni singolo uomo, che poi significa che cosa è ogni singolo uomo in ogni singolo momento. Se ci pensiamo, vediamo che ponendoci la domanda che cosa è l'uomo vogliamo dire: che cosa l'uomo può diventare, se cioè l'uomo può dominare il proprio destino, può «farsi», può crearsi una vita. Diciamo dunque che l'uomo è un processo e precisamente è il processo dei suoi atti. Se ci pensiamo, la stessa domanda: cosa è l'uomo? non è una domanda astratta, o «obbiettiva». Essa è nata da ciò che abbiamo riflettuto su noi stessi e sugli altri e vogliamo sapere, in rapporto a ciò che abbiamo riflettuto e visto, cosa siamo e cosa possiamo diventare, se realmente ed entro quali limiti, siamo «fabbri di noi stessi», della nostra vita, del nostro destino. E ciò vogliamo saperlo «oggi», nelle condizioni date oggi, della vita «odierna» e non di una qualsiasi vita e di un qualsiasi uomo. La domanda è nata, riceve il suo contenuto da speciali, cioè determinati modi di considerare la vita e l'uomo: il più importante di questi modi è la «religione» ed una determinata religione, il cattolicismo. In realtà, domandandoci: «cos'è l'uomo», quale importanza ha la sua volontà e la sua concreta attività nel creare se stesso e la vita che vive, vogliamo dire: «è il cattolicismo una concezione esatta dell'uomo e della vita? essendo cattolici, cioè facendo del cattolicismo una norma di vita, sbagliamo o siamo nel vero?» Tutti hanno la vaga intuizione che facendo del cattolicismo una norma di vita sbagliano, tanto vero che nessuno si attiene al cattolicismo come norma di vita, pur dichiarandosi cattolico. Un cattolico integrale, che cioè applicasse in ogni atto della vita le norme cattoliche, sembrerebbe un mostro, ciò che è, a pensarci, la critica più rigorosa del cattolicismo stesso e la più perentoria. I cattolici diranno che nessuna altra concezione è seguita puntualmente, ed hanno ragione, ma ciò dimostra solo che non esiste di fatto, storicamente, un modo di concepire ed operare uguale per tutti gli uomini e niente altro; non ha nessuna ragione favorevole al cattolicismo, sebbene questo modo di pensare ed operare da secoli sia organizzato a questo scopo, ciò che ancora non è avvenuto per nessun'altra religione con gli stessi mezzi, con lo stesso spirito di sistema, con la stessa continuità e centralizzazione. Dal punto di vista «filosofico» ciò che non soddisfa nel cattolicismo è il fatto che esso, nonostante tutto, pone la causa del male nell'uomo stesso individuo, cioè concepisce l'uomo come individuo ben definito e limitato. Tutte le filosofie finora esistite può dirsi che riproducono questa posizione del cattolicismo, cioè concepiscono l'uomo come individuo limitato alla sua individualità e lo spirito come tale individualità. È su questo punto che occorre riformare il concetto dell'uomo. Cioè occorre concepire l'uomo come una serie di rapporti attivi (un processo) in cui se l'individualità ha la massima importanza, non è però il solo elemento da considerare. L'umanità che si riflette in ogni individualità è composta di diversi elementi: 1) l'individuo; 2) gli altri uomini; 3) la natura. Ma il 2° e il 3° elemento non sono così semplici come potrebbe apparire. L'individuo non entra in rapporti con gli altri uomini per giustapposizione, ma organicamente, cioè in quanto entra a far parte di organismi dai più semplici ai più complessi. Così l'uomo non entra in rapporto con la natura semplicemente, per il fatto di essere egli stesso natura, ma attivamente, per mezzo del lavoro e della tecni
2017
Se analizzato con categorie gramsciane, il dopoguerra europeo può essere descritto come una trentennale guerra di posizione, il cui il risultato è stata l'integrazione delle organizzazioni di massa delle classi lavoratrici dentro la trama del potere pubblico da un lato, dall'altro il forte condizionamento del mercato da parte di istanze depositate nelle costituzioni, come la giustizia sociale e l'eguaglianza, che esprimevano le rivendicazioni di quelle stesse classi lavoratrici come rappresentanti dell'intera nazione. Questa guerra di posizione può essere vista pertanto come un compromesso, che è entrato in crisi dagli anni Settanta e che è stato abbandonato unilateralmente dalle classi dominanti negli anni Ottanta.
2017
After a quickly retracement of the history of the seminar on Hegemony after Gramsci: A Reassessment , and a summary reconstruction of its origin and purposes, the paper presents the special issue hosted by this journal. The articles included in this section deals with a wide series of topics, ranging from the contributions on the category of hegemony produced in Italy and France in the first decades after the publication of Gramsci’s Prison Notebooks, to the Gramsci/Foucault question, passing through above Portantiero’s and Arico’s interpretations of hegemony, translatability and the notion of conjuncture; Althusser’s and Poulantzas’s contributions to the theory of the State; and the so called “neo-gramscian” school in the study of international relations. More generally, this issue intends to be a first contribution to the more general aim of the seminar, that is, to realise a meticulous and possibly complete mapping of the uses of hegemony after Gramsci. Key words: Gramsci; Hegemo...
La politica e gli Stati. Problemi e figure del pensiero occidentale, 2022
Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico.
Una delle tendenze sotterranee più interessanti che sembrano emergere nel pensiero filosofico del nostro tempo è il fatto che, lentamente ma progressivamente, le idee tendano a imporsi da sole, proprio perché, è ormai chiaro a tutti, il nostro pensiero è messo alle strette dopo troppi anni di un'autoreferenzialità sofisticata, raffinata, talvolta addirittura sublimata, ma forse poco utile allo scopo. Se viviamo in un tempo che, disperatamente, ha bisogno di nuove categorie per essere compreso uno autore che, credo, non andrebbe lasciato fuori dal nostro retaggio collettivo è Antonio Gramsci. Ma le valutazioni soggettive, su questo, contano relativamente: proprio perché il pensiero, come dicevo, si impone sempre più da sè, grazie alla capacità che ha di essere interprete del nostro mondo. E così scopriamo che Gramsci è, nell'ambito della critica letteraria e della cultura, uno degli autori italiani più letti e interrogati in Occidente. Ci sono gli studi culturali, certamente, che hanno fatto loro il pensiero di quest'autore da tempo, ma anche una nuova concezione critica e sovranazionale che, lentamente ma con decisione, si sta facendo strada nella sensibilità di sinistra: penso ai vari movimenti legati a Varoufakis, Jeremy Corbin e Bernie Sanders. Ma il richiamo quanto più possibile urgente all'attualità di Antonio Gramsci del resto è la rivolta in corso in queste ore sugli Champs Elysées. Le violenze di strada che avvengono in questi istanti sono il segno di una Francia divisa che riemerge sotto l'esilissima superfice di una ricostruzione socialdemocratica che, sotto la "guida" di Macron, non è altro che l'ennesimo esempio, nell'Occidente degli ultimi anni, di conflitti sociali deprivati di una narrazione ideologica autentica, che sia espressione degli interessi concreti delle persone che la abbracciano. Quando il pensiero e la storia si muovono, il lavoro intellettuale non può far altro che seguirli; e tuttavia non può farlo passivamente, nel senso gramsciano del termine: deve cercare di capire perché Gramsci è così presente nel nostro Zeitgeist, ritessere le complesse fila di una domanda di pensiero che viene da più parti e cercare di darvi risposta. Ma, nel far ciò, sono due gli errori che dobbiamo assolutamente evitare. Il primo: dobbiamo evitare di abdicare alle istanze di cambiamento più profonde nella nostra coscienza, perché esse sono il nucleo ideologico che fa da propulsione alla nostra attività intellettuale, tiene insieme in un modo irrequieto e vivo il passato della nostra formazione intellettuale e il futuro che da essa riusciamo ad immaginare. Il secondo errore che, fatalmente, bisogna evitare di commettere, è quello di assimilare l'oggetto della nostra indagine alle nostre categorie intellettuali, trasformando il nostro desiderio di cambiamento in una strana forma di cecità. In un tempo in cui si marginalizza radicalmente l'ideologia dal dibattito politico, chiunque voglia fare una critica militante deve avere, insomma, l'intelligenza di pensare alla propria ideologia come a qualcosa di simile al super-io di Freud, una formazione di compromesso sempre e costantemente in bilico fra la più nobile tensione ideale-necessaria, con la propria capacità di vedere oltre, per trasformare il presente-e la schiavitù di un imperativo irrazionale. È con questo spirito che consiglio vivamente la lettura de Il presente di Gramsci (Galaad), una bella raccolta curata da Mimmo Cangiano, Paolo Desogus, Marco Gatto e Lorenzo Mari che, mi sembra, hanno fatto esattamente quel che bisognava: più che dimostrare l'attualità del pensiero gramsciano, hanno provato a farla emergere dalle cose stesse, senza feticismi. Si comincia con un lungo saggio di Marco Gatto, che distende sull'intera raccolta un senso di prospettiva e affonda le sue radici fra l'altro nelle intuizioni critiche di Frederic Jameson e Gilles Lispensky, con le quali Gatto si preoccupa di separare la posizione critica e militante dei due autori dalle molte riletture della modernità elaborate dal postmodernismo: pagina 1 / 4
Commento a un passo del Quaderno 29 sui 'focolai di irradiazione' linguistico-culturali che collaborano a costruire/decostruire un blocco egemonico. Interesse del lavoro di Gramsci per un'analisi critica della società della comunicazione.
2015
Il volume di Giuseppe Cospito è un introduzione a Gramsci come filosofo, che tiene conto della grande fortuna internazionale che il pensiero gramsciano sta incontrando in questi anni. Attraverso un'ampia disamina dei concetti fondamentali dei "Quaderni del carcere", visti nella loro evoluzione anche in relazione alla vicenda storica degli anni Trenta, vengono indagate categorie quali: filosofia della prassi, struttura-sovrastruttura, egemonia, società civile, intellettuali, società regolata, americanismo e fordismo, soggetto-oggetto, nazionale-popolare. Il volume si conclude con una sintetica ricostruzione delle principali vicende interpretative del pensiero di Gramsci, con particolare attenzione agli anni più recenti, dalla nuova filologia gramsciana all'Edizione nazionale degli scritti, e una sintesi delle polemiche su conversioni, abiure, quaderni mancanti.
CONSECUTIO TEMPORUM HEGELIANA/MARXIANA/FREUDIANA Rivista critica della postmodernità, 2013
This paper aims at showing that Gramsci's "philosophy of praxis" is the most appropriate interpretation of the peculiarity of Marxism both as a philosophical position and a political movement. It is this imbrication that Gramsci allows us to think rigorously, when he shows that truth, ideology and hegemony are nothing but different degrees of the same political praxis; that politics is, on the other hand, a process of truth-constitution; that every philosophy must be conceived of as a form of "religion" (a conception of the world with a corresponding ethics); and, lastly, that this mechanism characterizes "traditional" philosophy as well as, auto-reflexively, Marxism itself. In this way, Gramsci leads us to formulate the question 'What is Marxism?' in a more adequate manner, putting aside the traditional and dominant disputes among concurrent orthodoxies. The peculiarity of Gramsci's approach to Marx and Marxism, therefore, needs not be interpreted as an evidence of his marginality in the Marxist debates. On the contrary, it shows how much mistaken and misleading these debates have been -and still are.
Il dissidio fra i due dirigenti comunisti si colloca esattamente a metà della tribolata storia del rapporto tra il PCd'I e il Comintern, tra il superamento della direzione bordighiana e la «svolta» del '29. Se sul piano storico il caso è stato sgonfiato e non ebbe particolari sviluppi anche a causa di questioni che in quei giorni divennero più urgenti -l'inasprirsi della repressione fascista e la messa in clandestinità del PCd'I -è rimasto, tuttavia, lo strascico di un aspro scontro personale bruscamente interrotto dall'arresto di Gramsci; ciò ha bloccato i possibili sviluppi nella dialettica fra i due e impedito a Gramsci il confronto con l'inviato del Comintern incaricato di affrontare direttamente il caso. A questo proposito si è ipotizzato che quell'eventuale incontro avrebbe portato alle dimissioni di Gramsci dal ruolo di segretario, ma ritengo improbabile questa soluzione. La vera rottura politica fra Gramsci e il suo Partito si è consumata, come altrove ha evidenziato Liguori, con la «svolta» e sui modi che portarono il PCd'I ad aderire alla linea del socialfascismo e all'espulsione di Leonetti, Tresso e Ravazzoli; ma dal carcere Gramsci non ebbe modo di conoscere il tormentato dibattito, i rischi corsi pdf resO dispOnibile esclusivamente per finalità prOmOZiOnali nei termini della licenZa creative cOmmOns bY-nc-nd 3.0 © 2014 accademia universitY press / per info infO@aaccademia.it dal PCd'I e le decise prese di posizione di Togliatti all'interno del Comintern.
Riguardo la diffusione dell'opera gramsciana credo che queste vicende nella pratica abbiano influito ben poco, soprattutto se guardiamo alla prima importante pubblicazione del 1930, ossia quella del famoso saggio sulla "Questione meridionale" (pubblicato a Parigi sullo «Stato Operaio»): il manoscritto -redatto anch'esso nell'ottobre del '26 -fu recuperato dalla Ravera e consegnato a Togliatti nel marzo '27 che, probabilmente, decise di non pubblicare immediatamente per evitare il rischio di vedere assimilate le idee gramsciane alle posizioni ormai in caduta di Bucharin. Bisogna evidenziare, infatti, come i Temi (Alcuni temi della quistione meridionale, è il titolo del manoscritto gramsciano, come è noto) andassero oltre il meridionalismo avanzando una critica che, in diretta connessione con la lettera del '26, riguardava la costruzione dello Stato sovietico e il modo in cui andava definendosi il nesso città-campagna; a questo andava ad aggiungersi il tema dell'alleanza, anche in chiave antifascista, del movimento operaio italiano con i contadini e gli intellettuali borghesi distaccati dal blocco storico, programma che andava a sbattere frontalmente con la linea del socialfascimo. In breve tempo il testo gramsciano venne ristampato in opuscolo e distribuito in clandestinità ai militanti, andando a costituire un'evidente indicazione strategica; oltre a ciò la seconda parte del saggio, premessa al successivo programma gramsciano della Costituente, divenne materia di costanti richiami sullo «Stato operaio». La pubblicazione dei Temi ha sancito un importante atto politico: Togliatti rimarcava, nonostante le critiche ricevute dal Comintern e la formale adesione alla «svolta», la continuità politica con le Tesi di Lione e, paradossalmente, la lettera gramsciana del '26; questo atto evidenziava, in uno dei periodi più critici per il PCd'I, il peso di Gramsci e la peculiarità dell'elaborazione teo rica del movimento operaio italiano. Ancora paradossalmente, almeno per i detrattori, Togliatti fece il doppio gioco con la maggioranza staliniana e il Comintern allo scopo di salvare l'integrità del pensiero gramsciano.
Se davvero «Mussolini ha protetto Gramsci in carcere» che bisogno aveva quest'ultimo di scrivere per via metaforica a Stalin e Togliatti? Il prigioniero non avrebbe avuto alcun pro-pdf resO dispOnibile esclusivamente per finalità prOmOZiOnali nei termini della licenZa creative cOmmOns bY-nc-nd 3.0 © 2014 accademia universitY press / per info infO@aaccademia.it La contro-operazione Gramsci blema di censura a scrivere direttamente della sua fuoriuscita dal Partito comunista e, per giunta, il regime fascista sarebbe stato ben felice di diffondere una missiva del genere. In tal caso Gramsci avrebbe sicuramente ricevuto una riduzione della protezione fascista: perché allora decise di oltrepassare il suo limite di resistenza fisica, raggiungendo Formia in condizioni già disperate? Perché non chiedere la grazia e ritirarsi in un esilio controllato in Sardegna? Perché, in un impeto di autolesionismo, pensava piuttosto di rientrare in URSS, direttamente fra le grinfie di Stalin?
Mi chiedo quanta strada farebbe uno studente, uno specialista o un qualsiasi tipo di studioso se usasse tali metodologie interpretative sugli scritti di Dante, Machiavelli o Croce.
Nella prima edizione delle Lettere si possono riconoscere tutte le difficoltà tipiche di una pubblicazione epistolare: bisogna quindi tener conto delle restrizioni e delle volontà dei destinatari, all'epoca ancora in vita, alle quali andarono ad aggiungersi le difficoltà dovute al recupero in tempi brevi di tutte le lettere in possesso dei famigliari in URSS e in Italia -in questo senso si può richiamare la vicenda del recupero delle lettere in possesso di Carlo Gramsci e del lungo lavoro di persuasione svolto da Togliatti per ottenerne la pubblicazione. Non si deve dimenticare, inoltre, la particolare gestione delle lettere contenenti riferimenti a personalità politiche e giudizi su dirigenti del partito: su questo punto si sono accese le polemiche più intense; tuttavia, il presunto ruolo di censore operato da Togliatti è stato ridimensionato in altre sedi da studiosi più esperti di me e presenti in questo volume, quindi non mi dilungherò ulteriormente.
Per valutare il peso oggettivo dei tagli effettuati nei Quaderni basta confrontare direttamente le edizioni tematiche con l'edizione critica del '75: è possibile constatare come nella prima il nucleo centrale del pensiero gramsciano sia rimasto sostanzialmente intatto. Naturalmente nelle edizioni '48-'51 non è possibile cogliere appieno il progressivo sviluppo dell'elaborazione carceraria di Gramsci, per questo i volumi tematici pagano una certa rigidità espressiva; tuttavia, anche per i Quaderni non parlerei di censure: tagli e adattamenti, più pratici e spesso editoriali che politici o teo rici, vanno letti all'interno dell'Operazione Gramsci (Chiarotto 2011).
Ritengo dunque fondamentale il lavoro svolto da Togliatti pdf resO dispOnibile esclusivamente per finalità prOmOZiOnali nei termini della licenZa creative cOmmOns bY-nc-nd 3.0 © 2014 accademia universitY press / per info infO@aaccademia.it e Platone, in quanto l'organizzazione tematica ha permesso di far conoscere gli scritti di Gramsci in una forma "sistemica", che ne ha favorito la lettura e la diffusione. Infatti, nel caso si fossero superati immediatamente tutti i problemi pratici, la pubblicazione di un'edizione cronologica e completa dei Quaderni non avrebbe probabilmente avuto il medesimo rapido, impatto, anzi; basti pensare all'effetto culturale che nel '48 ebbe la pubblicazione del Materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce (primo volume dell'edizione) coincisa proprio con l'inizio del tramonto dell'egemonia del crocianesimo. In definitiva, l'edizione tematica ha avuto il pregio di fornire efficaci appigli per l'iniziale comprensione del contenuto dei Quaderni, ponendosi ancora oggi come un utilissimo strumento di studio del pensiero gramsciano, cosa che mi sento di affermare anche sulla base dell'esperienza di studio personale.
Il confronto tra Gramsci e Turati avrebbe senso se posto fra le contraddizioni interne al processo di sviluppo storico del socialismo in Italia, in particolare fra le tensioni teo riche peculiari dei primi venticinque anni di vita del PSI: infatti, se in Gramsci possiamo individuare il punto finale della critica storica alla cultura positivista del riformismo italiano, Turati è il maggior rappresentante politico di quest'ultima. Il punto di analisi va ricercato nella concezione evoluzionista del socialismo portata avanti, fra gli altri, da Achille Loria, Enrico Ferri e Cesare Lombroso, dove a una spesso scarsa conoscenza dei testi marxiani andava a integrarsi un positivismo fortemente condizionato dal darwinismo sociale e dal determinismo malthussiano; tale corrente, gravitante in gran parte intorno alla turatiana «Critica Sociale», fu fustigata fino all'osso da Engels e da Antonio Labriola, oltre che, all'interno del campo liberale, da Croce. Da questo dibattito teo rico interno alla sinistra è possibile comprendere la critica gramsciana all'antimeridionalismo della politica di Turati e il concetto di lorianismo riferito all'ala riformista del movimento operaio.
Purtroppo l'odierna ed eterodiretta contrapposizione tra Gramsci e Turati è frutto di opportunistiche strumentalizzazioni politiche, culminate in una triste banalizzazione di entrambe le figure: mi riferisco in particolare a un dibattito, soprattutto pubblicistico e portato avanti dai residui della
… of the 4th Biennial Symposium of the …, 2009
Sociology of Health & Illness, 2019
Mapping, Vision, and Orientation in Ishmael's Anatomies, in Leviathan: A Journal of Melville Studies - http://bit.ly/2uoIc9j)
Journal of Psychology and Clinical Psychiatry, 2018
International Journal of Engineering Research and Technology (IJERT), 2014
Bartholomaeus Anglicus, De proprietatibus rerum, volume III, 2023
Musicología en el siglo XXI: nuevos retos, nuevos enfoques, 2018
L'Università di Siena fra storia accademica, storia delle idee e mobility studies (Siena, 5 dicembre 2024)
Comprehensive Psychiatry, 1996
Journal of Intelligent Systems and Control, 2023
Nacionalni identitet i međunarodne integracije, 2015
Journal of Interventional Cardiac Electrophysiology
Acta Neurochirurgica, 1998
Electronic Notes in Theoretical Computer Science, 2005
Vietnamese Journal of Radiology and Nuclear Medicine