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'Vasetti' ovoidi, piriformi, cilindrici

Gabriella Tassinari, " 'Vasetti' ovoidi, piriformi, cilindrici", Amoenissimis .... Aedificiis. Gli scavi di Piazza Marconi a Cremona, vol. II - i materiali, Studi e Ricerche di Archeologia 5 (2018), pp. 253 sqq.

STUDI E RICERCHE DI ARCHEOLOGIA 5 AMOENISSIMIS...AEDIFICIIS GLI SCAVI DI PIAZZA MARCONI A CREMONA VOLUME II - I MATERIALI A CURA DI LYNN ARSLAN PITCHER CON ERMANNO A. ARSLAN, PAUL BLOCKLEY, MARINA VOLONTÉ COORDINAMENTO SCIENTIFICO Curatela e redazione scientifica Lynn Arslan Pitcher, con Ermanno A. Arslan, Paul Blockley, Marina Volonté Impostazione grafica e impaginazione SAP Società Archeologica s.r.l. Foto di copertina Matteo Blaschich, Studio PiTre Cremona Redazione Angela Guglielmetti, Elena Mariani Documentazione grafica e fotografica di scavo Archivio topografico della già Soprintendenza Archeologica della Lombardia Scavi CAL Brescia (scavi 1983), RA.GA s.r.l. (scavi 2002-2008) Fotografie dei materiali archeologici Luigi Monopoli e Luciano Caldera - Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza e Brianza, Pavia, Sondrio e Varese Paolo Antamati, Danilo Fraticelli, Angelo Lando, Mauro Maffi, Carlo Tomba Ricostruzioni grafiche Giulia Sterpa, Alessio Merulla, Teodor Dan Pislariu, Davide Uberti, Enzo Laidelli Disegni Alex Cucchiaro, Silvia Di Martino, Davide Gorla, Laura Marchesini, Eva Reguzzoni Rielaborazione della documentazione di scavo Paul Blockley CON IL CONTRIBUTO DI Roberto Giacomelli Rotary Club Cremona Camera di Commercio di Cremona 2018, © già Soprintendenza Archeologica della Lombardia, per testo e immagini, ove non altrimenti specificato © SAP Società Archeologica s.r.l. Strada Fienili, 39a - 46020 Quingentole (Mantova) Tel. 0376-42591 www.archeologica.it ISBN: 978-88-99547-25-7 in copertina: coppa italo-megarese Il titolo è una licenza letteraria. Si tratta di una citazione (Tacito Hist. III, 33) nella quale con il termine aedificiis si intendono le ville suburbane e non le domus urbane. Amoenissimis...aedificiis. Gli scavi di piazza Marconi a Cremona. I materiali indice 8 Presentazione 15 Considerazioni Lynn Arslan Pitcher 27 Tabella cronologica 28 Planimetria della Domus del Ninfeo, fase IVC I MATERIALI 29 Ceramica comune da mensa, da dispensa e di uso vario Linda Ragazzi, Ilaria Frontori 89 Ceramiche comuni da fuoco Nicoletta Cecchini, Filippo Airoldi 129 Ceramica a vernice nera Giordana Ridolfi 179 Lucerne a vernice nera Giordana Ridolfi 193 Ceramica a pareti sottili Sara Matilde Masseroli 203 Vasi antropoprosopi Daniela Benedetti 205 Ceramica decorata a matrice Marina Volonté 215 Anfore. Il ruolo di Cremona nei commerci regionali e transregionali tra la fondazione della colonia e il I secolo a.C. Diana Dobreva, Thea Ravasi 241 Tappi d’anfora Germana Perani, Gabriella Tassinari 253 “Vasetti” ovoidi, piriformi, cilindrici Gabriella Tassinari 257 Terre sigillate di prima e media età imperiale Stefania Jorio Amoenissimis... aedificiis. Gli scavi di piazza Marconi a Cremona. I materiali 283 Terre sigillate di media e tarda età imperiale. La produzione padana e le importazioni Lilia Palmieri 293 Ceramica invetriata tardoromana Marina Volonté 297 Lucerne Daniela Benedetti 309 Materiali da atelier per la produzione di ceramica Germana Perani 315 Vetri Maria Grazia Diani 341 Pietra ollare Cristina De Masi 349 Bolli e impronte su laterizi Francesco Muscolino 353 Iscrizioni su manufatti Rita Scuderi 361 Spunti per l’analisi delle monete Ermanno A. Arslan 385 Oggetti in metallo. Recipienti, arredi, instrumenta Marina Castoldi 395 Tintinnabula Giovanni Mocchi 397 Oggetti d’ornamento Elisabetta Gagetti 413 Un arbusto prezioso Federica Grossi 415 Fibule. Prime osservazioni Prisca Bartoli 419 Oggetti in osso, palco e avorio Chiara Bianchi 449 Un frammento di matrice per scultura in terracotta Furio Sacchi 451 La coroplastica. Religio e autorappresentazione Federica Giacobello 459 Manufatti in pietra scheggiata e levigata Marco Baioni 463 Ciottoli invetriati Paul Blockley Amoenissimis...aedificiis. Gli scavi di piazza Marconi a Cremona. I materiali 465 Rivestimenti parietali e pavimentali in materiale litico Elena Baiguera 473 Cenni sulle tecniche edilizie Lynn Arslan Pitcher, Alberto Bacchetta, Paul Blockley LE ANALISI 487 Alcune osservazioni sui manufatti lignei Elisabetta Castiglioni, Mauro Rottoli 495 Materiali botanici Elisabetta Castiglioni, Mauro Rottoli 503 Analisi archeozoologica Silvia Di Martino, Paolo Andreatta 509 Ostriche Silvia Di Martino, Paolo Andreatta 511 Indagini minero-petrografiche sui reperti ceramici Dion Nole, Sergio Sfrecola 523 Analisi XRF su ceramiche a vernice nera Letizia Bonizzoni, Eleonora Meda, Michela Venturelli 529 Glass: a scientific study Caroline Jackson, Sally Cottam 539 Materiali lapidei Roberto Bugini, Luisa Folli 551 Considerazioni sui materiali dall’insula. Produzioni locali, rotte commerciali e scelte della committenza Marina Volonté RESTAURI 557 Il restauro e la restituzione Lynn Arslan Pitcher 567 ABBREVIAZIONI 568 BIBLIOGRAFIA 603 AUTORI 605 RINGRAZIAMENTI I disegni di scavo, i repertori e gli approfondimenti degli autori E.A. Arslan, R. Bugini e L. Folli, C. Bianchi, M. Castoldi, M. Mapelli (I volume), G. Mocchi, G. Perani, L. Ragazzi e I. Frontori, G. Tassinari sono consultabili e scaricabili sul sito web della Casa Editrice al seguente link: http://www.archeologica.it/index.php?page=editoria&category=09&cod=ISBN_978-88-99547-25-7 Non è stato svolto alcun lavoro di redazione sui materiali online. Amoenissimis...aedificiis. Gli scavi di piazza Marconi a Cremona. I materiali 253 “VASETTI” OVOIDI, PIRIFORMI, CILINDRICI GABRIELLA TASSINARI Sei “vasetti” frammentari (Tav. I)1 ovoidi, piriformi, cilindrici, con le pareti generalmente percorse da evidenti scanalature a spirale, fondo a puntale o troncoconico o cilindrico, fanno parte di una nutrita serie caratterizzata dall’estrema oscillazione morfologica e da dimensioni variabili (all’incirca da 6,5 a 19 cm); di frequente possono reggersi autonomamente solo rovesciati e poggiati sull’imboccatura. Tali manufatti – anche conosciuti come “anforischi” – sollevano un ampio ventaglio di problemi e discussioni, aperte; tuttora non sembrano possibili né interpretazioni univoche e certe né soluzioni definitive2. La datazione di questi vasetti, che raggiungerebbero la fine del II-inizi del III sec. d.C., è spesso vaga e così quella dei sei esemplari cremonesi, provenienti per lo più da riempimenti. La grande varietà tipologica dei vasetti e la vasta diffusione attestano che numerosi dovevano essere i centri di fabbricazione; accanto ai tipi più comuni ve ne sono di circoscritti all’ambito “locale”. Così è assai probabile la produzione locale di alcuni pezzi di Ostia, anche deformati, e con difetti di fabbricazione, con argille affini alla ceramica comune, senza riscontro con le anfore importate3. E ci sono molti di tali vasetti tra gli scarichi delle fornaci della Celsa sulla via Flaminia, a Roma, che producevano ceramica a pareti sottili, ceramica comune da cucina e da mensa, nel I-II sec. d.C.4. Oltre all’Italia e alla Gallia5, aree produttive indicate dalle principali concentrazioni potrebbero essere la Spagna, il limes renano-danubiano, la Britannia. Riguardo all’uso di questo insieme, diverse sono le ipotesi formulate, ma nessuna inoppugnabile (tanto che alcuni studiosi cautamente non prendono posizione6), probabilmente anche perché differenti tipi avevano differenti funzioni, e il riutilizzo era molto frequente. La proposta più comune: erano usati a chiusura delle anfore. Rovesciati, infilati nel tappo sporgente (di sughero o altro materiale) dell’anfora, dotati delle caratteristiche striature che ne facilitavano la presa, servivano a far leva e estrarre il tappo. Però manca una documentazione7, che avvalori tali interpretazioni tecnicamente ineccepibili: sembra che nessuna anfora sia tappata in questo modo. Emilio Rodriguez-Almeida spiega8: questi anforischi – che tra l’altro egli giustamente sottolinea possono esser impugnati e maneggiati con una sola mano – erano usati come ventose (cucurbitula) per l’apertura delle anfore. L’imboccatura era posta sul tappo dell’anfora, spalmato di pece bollente; la condensazione dell’aria Tav. I.1 (Us 3345), 2 (Us 560B.13), 3 (Us 560B.12), 4 (Us 2319.8), 5 (Us 1366.138), 6 (Us 4984.13). Per l’analisi dei singoli pezzi cfr. materiale disponibile al link indicato in calce all’indice del volume. 2 Per le varie opinioni con i relativi riferimenti bibliografici si veda PAVOLINI 1980, pp. 1009-1013. Cfr. anche LUSUARDI SIENA 1973-74; MAYER I OLIVÉ 2008, pp. 223-224. 3 PAVOLINI 1980, pp. 1007-1009; 2000, pp. 376-377. 4 Accenno senza descrizione o illustrazione in CARBONARA, MESSINEO 199192, p. 190. 5 A Lione, nell’atelier di La Butte (BERTRAND et al. 1997, pp. 29-31 [A. DESBAT]); a Périgueux (BERTHAULT 2000, pp. 30, 35-36). 6 Si veda solo il Lamboglia, che definisce questi vasi “ampolle piriformi”, os1 serva la larga diffusione e identica fabbricazione, e conclude che l’uso è da discutere: LAMBOGLIA 1950, p. 123, n. 39. Quattro sono gli esemplari rinvenuti nei suoi scavi di Albintimilium, tutti di I sec. d.C.: LAMBOGLIA 1950, pp. 31, 33, fig. 8, n. 35; pp. 114-115, fig. 57, n. 44; pp. 122-123, fig. 63, n. 39; pp. 184-185, fig. 107, n. 18. 7 Fernand Benoît tratta degli anforischi impiegati per chiudere le anfore, che assicurano una fermezza ermetica, secondo un sistema ancora in uso nel XVIIII secolo (BENOÎT 1952, p. 281); un anforisco sarebbe stato trovato al suo posto nel collo di un’anfora. Purtroppo lo studioso né li riproduce, né fornisce riferimenti bibliografici, come giustamente già sottolineato da Pavolini (PAVOLINI 1980, p. 1009, nota 36). 8 RODRIGUEZ-ALMEIDA 1974a; per il funzionamento si veda, p. 816, figg. 2-3. 254 Gabriella Tassinari | “Vasetti” ovoidi, piriformi, cilindrici all’interno dell’anforisco provocherebbe un vuoto pneumatico che faciliterebbe una rapida apertura delle anfore. Però questo sistema, complicato e ingegnoso, ma laborioso, è privo di riscontro probante. Analogamente suscitano dubbi anche le ipotesi di lampade, da infilare in sostegni, parte di lampadari, nonché di elementi costruttivi usati per scaricare il peso delle volte. La frequente presenza degli anforischi nelle sepolture, non uniti ad anfore, ma come elementi del corredo, induce a pensare a balsamari, unguentari. Potrebbero aver giocato il ruolo di campione del contenuto delle anfore, servendo a controllare e/o a gustare il prodotto di un lotto di anfore, senza doverne aprire una9. Merita soffermarsi sulla tesi di Maria Annecchino10 che, distinguendo funzione e terminologia di tali vasetti, riprende la denominazione di “fritilli” per l’insieme cui appartengono gli esemplari cremonesi. Rimandando a questo studio e ad altri11 che analizzano cosa sia il fritillus e con quali altri nomi sia conosciuto, ricordiamo solo che è il bussolotto per i dadi, dal verbo fritinnio, in riferimento al rumore tintinnante dei dadi agitati all’interno. A queste finalità bene risponderebbero le caratteristiche dei vasetti: la strozzatura del collo per impedire la fuoriuscita dei dadi mentre vengono agitati, le pareti spesse per sopportare l’urto dei dadi, il fondo a peduncolo per una miglior presa della mano che lo scuote, l’orlo sagomato con un incavo per sostenere ad incastro un eventuale tappo, custodia di dadi anche di materiale prezioso. A Pompei si sono rinvenuti numerosi “fritilli” e nei luoghi più vari (123 solo in una bottega-officina di lucerne, attiva nel 79 d.C.)12. La conferma all’ipotesi dell’Annecchino viene da una tomba della necropoli romana a Bevagna (Pg), databile tra I e II sec. d.C.: sono stati rinvenuti vicinissimi due di questi vasetti, in uno dei quali è stato trovato, incastrato nella parte bassa del collo, un dado da gioco in osso; si è recuperato un altro dado in osso tra la terra e le ossa combuste che avvolgevano l’altro vasetto frammentario13. La ricostruzione e l’interpretazione della Annecchino sono del tutto attendibili, ma Pavolini obietta che in alcuni tipi di Ostia la strozzatura del collo è talmente accentuata da rendere molto problematica, o meglio impossibile, l’uscita dei dadi14. In effetti l’irregolare sfaccettatura del dado di Bevagna non ne permette il completo passaggio attraverso il collo. Se rimane comunque la multifunzionalità di questo tipo di “vasetti”, la proposta di impiego dei “fritilli” avanzata dalla Annecchino sembrerebbe particolarmente suggestiva ricordando che negli scavi di piazza Marconi, in uno degli ambienti dei quartieri di servizio della Domus del Ninfeo (vano 18), sparpagliati sul pavimento, in seguito alla distruzione della casa nel 69 d.C., sono stati reperiti due dadi in osso o in avorio (?), una serie di pedine da gioco vitree e lapidee, bianche, nere, colorate, e conchiglie. Alla casa apparteneva anche una pedina in osso di tipo alessandrino con un uccellino, trovata in una delle buche15. E il vasetto Us 4984.13 viene dal riempimento del taglio di asportazione del perimetrale est dell’amb. (18). BERTHAULT 2000, pp. 35-36, 38. ANNECCHINO 1977. 11 Per un’analisi della varietà dei termini greci e latini con cui è designato il contenitore dei dadi, varietà che corrisponde a quella delle sue forme, con un ampio riferimento alle fonti, DAGR, 1918, vol. deuxieme, deuxieme partie, pp. 1341-1342 [E. SAGLIO]; RE, 1910, vol. 13, coll. 108-110 [A. MAU]. 12 La Cerulli Irelli non li analizza, ma li indica tout court con il nome di “fritilli”: 9 10 CERULLI IRELLI 1977, pp. 53, 56-57. 13 EGIDI 1983. 14 PAVOLINI 1980, p. 1012. 15 Esame e catalogo di questi rinvenimenti in CECCHINI et al. 2015. Per un’analisi della Domus del Ninfeo, ARSLAN PITCHER 2017b; ARSLAN PITCHER, BLOCKLEY 2017a. Per i reperti crollati, ARSLAN PITCHER 2017c, pp. 250-251, tav. 3, p. 252, fig. 17. Amoenissimis...aedificiis. Gli scavi di piazza Marconi a Cremona. I materiali 1 2 3 4 5 6 Tav. I. Vasetti o “fritilli” (disegni D. Gorla) (scala 1:3). 255 Amoenissimis...aedificiis. Gli scavi di piazza Marconi a Cremona. I materiali 567 ABBREVIAZIONI PERIODICI PBSR, Papers of the British School at Rome AAAd, Antichità Altoadriatiche PdP, La Parola del Passato, rivista di studi classici AnnBenac, Annali Benacensi QuadAPiem, Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte AÉ, L’année épigraphique QuadChieti, Quaderni dell’Istituto di archeologia e storia antica. Università degli Studi “G. 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Lo scavo di piazza Marconi a Cremona. Vol. II – I materiali “VASETTI” OVOIDI, PIRIFORMI, CILINDRICI GABRIELLA TASSINARI Si sono già analizzate (infra, testo) le diverse ipotesi – nessuna risolutiva – riguardo alla funzione di quei “vasetti” ovoidi, piriformi, cilindrici, campaniformi: insieme di cui fanno parte sei esemplari frammentari, rinvenuti negli scavi di Piazza Marconi, che qui si analizzano singolarmente, inserendoli in un più ampio quadro tipologico e cronologico. Il più conservato è Us 3345 (alt. max. 9,5 cm; largh. max. 5,5 cm; diam. imboccatura 5 cm), esposto in una vetrina al Museo Archeologico di San Lorenzo, a Cremona; presenta orlo a calice, collo largo, corpo ovoide allungato; impasto depurato, chiaro, di colore 2,5 Y 7/6 jaune (fig. 1). Us 560B.13 ha dimensioni più consistenti (alt. max. 10,2 cm; largh. max. 7,5 cm; spess. 2,2 cm); restaurato da vari pezzi, si conservano il fondo a puntale e una parte del corpo ovoide; l’impasto è mediamente depurato, con inclusi rari, minimi e piccoli, e chamotte anche affiorante a macchie; il colore 5 YR 8/1 blanc (superficie esterna e interna) e 2,5 Y 7/6 jaune (frattura) (fig. 2). Analogo, meno preservato e meno spesso (alt. max. 4,8 cm; largh. max. 7,5 cm; spess. 1,2 cm) Us 560B.12; l’impasto è mediamente depurato, con inclusi frequenti, minimi e piccoli, ingubbiato (colore 10 YR 9/2 blanc; superficie interna e frattura: 5 YR 7/4 rose) (fig. 3). Presenta lo stesso impasto mediamente depurato, con inclusi frequenti, minimi e piccoli, ingubbiato (colore 10 YR 9/2 blanc; superficie interna e frattura: 5 YR 7/4 rose) Us 2319.8; però il corpo è molto più conservato e piriforme (alt. max. 6,3 cm; largh. max. 6,1 cm; spess. 0,6 cm) (fig. 4). Us 1366.138 ha corpo appena ovoide e il fondo troncoconico appena svasato (alt. max. 6,3 cm; largh. max. 5,5 cm; spess. 0,4 cm), con impasto depurato con inclusi radi bianchi (e di mica), minimi; i colori sono 5 YR 7/4 rose (superficie esterna), 5 YR 6/8 jaune rouge (superficie interna), 5 YR 7/4 rose, 5 YR 6/8 jaune rouge (frattura) (fig. 5). Con il corpo cilindrico e fondo troncoconico appena svasato è Us 4984.13 (alt. max. 6,3 cm; largh. max. 4,5 cm; spess. 0,4 cm) con impasto depurato, inclusi radi e minimi, di colore 5 YR 7/4 rose (superficie esterna), 5 YR 6/8 jaune rouge (superficie interna e frattura) (fig. 6). Tutti e sei i vasetti mostrano scanalature sulle pareti più o meno spesse e sul fondo, talvolta molto evidenti. A Carlo Pavolini1 si deve l’esame più esaustivo di questi manufatti, basato su 246 esemplari di Ostia, un campione ampio e rappresentativo. Lo stato frammentario dei pezzi cremonesi, la mancanza dell’orlo in cinque di essi – un elemento fondamentale e distintivo della tipologia operata dal Pavolini –, la grande variabilità morfologica, di dimensioni e impasto di tali serie di vasetti, non rendono facili riferimenti specifici alla classificazione del Pavolini. Comunque Us 3345 e Us 560B.13 rientrano nel tipo 1 a/b2, che presenta un’altezza media di 10/11 cm, orlo a calice unito al corpo da una linea continua, collo largo, corpo ovoide più o meno allungato; l’impasto è ben depurato, compatto, chiaro, rosa per lo più beige; l’ingubbiatura è quasi sempre assente. Us 560B.12 e Us 2319.8 fanno parte dei tipi dal n. 11 al n. 153, il gruppo dei vasetti piriformi, il più numeroso e articolato (altezza media 10/11 cm). Il corpo è più o meno rigonfio in basso; l’orlo, a calice o ad imbuto, può avere all’interno un gradino e forma una linea continua con il collo, stretto. L’impasto è ben depurato, ma nei tipi 14 e 15 aumenta la percentuale degli esemplari con argilla non depurata; il colore è rosa, rosso, beige, nocciola scuro; l’ingubbiatura è per lo più bianca o biancastra, ma anche rosa e beige. PAVOLINI 1980. In PAVOLINI 2000 sono esposti nuovi dati, emersi sia dall’analisi preliminare del materiale rinvenuto nei livelli di scarico dell’area NE delle Terme del Nuotatore, che modificano un po’ il quadro cronologico precedentemente fornito, sia dalle analisi archeometriche – sebbene su una campionatura esigua – che confermano ipotesi sulle aree di fabbricazione di tipi di produzione “locale /tirrenica” e di provenienza “altra”. Cfr. anche PAVOLINI 1986, pp. 59, 232, fig. 101. Non va certo trascurata l’ottima classificazione tipologica e cronologica in BELTRÁN LLORIS 1970, pp. 76-82, figg. 28-30. 2 PAVOLINI 1980, p. 996, tav. II (dove anche le attestazioni nei diversi siti). 3 PAVOLINI 1980, pp. 1000-1002, tavv. III-IV (dove anche le attestazioni nei diversi siti). 1 Allegato al volume Amoenissimis…aedificiis II. Lo scavo di piazza Marconi a Cremona. Vol. II – I materiali Us 4984.13 appartiene al tipo 84, con orlo a fascia distinto e gradino interno sotto al labbro; collo e corpo formano un unico cilindro. Nella bottega-officina di lucerne, attiva nel 79 d.C. a Pompei, conservata con ancora una parte dei suoi prodotti, accatastati nella posizione di cottura, si sono rinvenute lucerne con le relative matrici e 123 di questi “vasetti”, in buono stato di conservazione, di argilla grossolana senza ingobbio, altezza media di cm 135. L’esemplare pubblicato è del tipo 8 del Pavolini, con orlo diverso6. Us 1366.138 non rientra nella tipologia del Pavolini, ma è simile ad un bicchiere di Pompei7 – sempre della serie in esame – con orlo estroflesso, corpo quasi cilindrico, che può stare diritto, sorretto sul fondo. Pavolini delinea una successione cronologica di questi vasetti (ostiensi e non) che non gli sembrano raggiungere la fine del II sec. d.C. I tipi 1-8 furono prodotti dalla prima età imperiale (attestazione più antica: età tiberiana), cospicua ne è la documentazione a Pompei e negli strati di età flavia e adrianea di Ostia; in seguito si interrompono. Il tipo 11 è presente nei livelli traianei e fino alla tarda età antonina. La produzione dei tipi 13-15 (che vedono la maggior concentrazione in età traianea) si può pensare prosegua fino al 190 d.C. In Gallia sono attestati ancora in strati tardi, della fine II-inizi III sec. d.C.8. Purtroppo i sei vasetti cremonesi non contribuiscono a meglio definire indicazioni cronologiche, spesso poco precise. Infatti da riempimenti ascrivibili alla fase VIII (età tardoantica-altomedievale) provengono Us 560B.12, Us 560B.13, Us 3345; da riempimenti della fase V (età vespasianea) Us 1366.138 (buca rossa) e Us 4984.13, mentre Us 2319.8 viene da uno strato di abbandono non scavato (Us 1389) della fase VII (età tardoantica). RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI BELTRÁN LLORIS M. 1970, Las anforas romanas en España, Zaragoza. BERTHAULT F. 2000, Le matériel amphorique produit à Périgueux, in SFECAG, Actes du congrès de Libourne, 1er-4 juin 2000, Marseille, pp. 29-38. CERULLI IRELLI G. 1977, Officina di lucerne fittili a Pompei, in L’instrumentum domesticum di Ercolano e Pompei nella prima età imperiale (Quaderni di cultura materiale, 1), Roma, pp. 53-72. PAVOLINI C. 1980, Appunti sui «vasetti ovoidi e piriformi» di Ostia, “Mélanges l’École Française de Rome. Antiquité”, 92, 2, pp. 993-1020. PAVOLINI C. 1986, La vita quotidiana a Ostia, Roma. PAVOLINI C. 2000, Appendice I. 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