STUDI E RICERCHE
DI ARCHEOLOGIA
5
AMOENISSIMIS...AEDIFICIIS
GLI SCAVI DI PIAZZA MARCONI A
CREMONA
VOLUME II - I MATERIALI
A CURA DI LYNN
ARSLAN PITCHER
CON ERMANNO A. ARSLAN, PAUL BLOCKLEY, MARINA VOLONTÉ
COORDINAMENTO
SCIENTIFICO
Curatela e redazione scientifica
Lynn Arslan Pitcher, con Ermanno A. Arslan, Paul Blockley,
Marina Volonté
Impostazione grafica e impaginazione
SAP Società Archeologica s.r.l.
Foto di copertina
Matteo Blaschich, Studio PiTre Cremona
Redazione
Angela Guglielmetti, Elena Mariani
Documentazione grafica e fotografica di scavo
Archivio topografico della già Soprintendenza Archeologica della
Lombardia
Scavi
CAL Brescia (scavi 1983), RA.GA s.r.l. (scavi 2002-2008)
Fotografie dei materiali archeologici
Luigi Monopoli e Luciano Caldera - Soprintendenza Archeologia,
Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza e
Brianza, Pavia, Sondrio e Varese
Paolo Antamati, Danilo Fraticelli, Angelo Lando, Mauro Maffi,
Carlo Tomba
Ricostruzioni grafiche
Giulia Sterpa, Alessio Merulla, Teodor Dan Pislariu, Davide Uberti,
Enzo Laidelli
Disegni
Alex Cucchiaro, Silvia Di Martino, Davide Gorla, Laura Marchesini,
Eva Reguzzoni
Rielaborazione della documentazione di scavo
Paul Blockley
CON IL CONTRIBUTO DI
Roberto Giacomelli
Rotary Club Cremona
Camera di Commercio di Cremona
2018, © già Soprintendenza Archeologica della Lombardia,
per testo e immagini, ove non altrimenti specificato
© SAP Società Archeologica s.r.l.
Strada Fienili, 39a - 46020 Quingentole (Mantova)
Tel. 0376-42591
www.archeologica.it
ISBN: 978-88-99547-25-7
in copertina:
coppa italo-megarese
Il titolo è una licenza letteraria. Si tratta di una citazione (Tacito Hist. III, 33) nella quale con il termine aedificiis si intendono
le ville suburbane e non le domus urbane.
Amoenissimis...aedificiis. Gli scavi di piazza Marconi a Cremona. I materiali
indice
8
Presentazione
15
Considerazioni
Lynn Arslan Pitcher
27
Tabella cronologica
28
Planimetria della Domus del Ninfeo, fase IVC
I MATERIALI
29
Ceramica comune da mensa, da dispensa e di uso vario
Linda Ragazzi, Ilaria Frontori
89
Ceramiche comuni da fuoco
Nicoletta Cecchini, Filippo Airoldi
129
Ceramica a vernice nera
Giordana Ridolfi
179
Lucerne a vernice nera
Giordana Ridolfi
193
Ceramica a pareti sottili
Sara Matilde Masseroli
203
Vasi antropoprosopi
Daniela Benedetti
205
Ceramica decorata a matrice
Marina Volonté
215
Anfore. Il ruolo di Cremona nei commerci regionali e transregionali
tra la fondazione della colonia e il I secolo a.C.
Diana Dobreva, Thea Ravasi
241
Tappi d’anfora
Germana Perani, Gabriella Tassinari
253
“Vasetti” ovoidi, piriformi, cilindrici
Gabriella Tassinari
257
Terre sigillate di prima e media età imperiale
Stefania Jorio
Amoenissimis... aedificiis. Gli scavi di piazza Marconi a Cremona. I materiali
283
Terre sigillate di media e tarda età imperiale. La produzione padana e le importazioni
Lilia Palmieri
293
Ceramica invetriata tardoromana
Marina Volonté
297
Lucerne
Daniela Benedetti
309
Materiali da atelier per la produzione di ceramica
Germana Perani
315
Vetri
Maria Grazia Diani
341
Pietra ollare
Cristina De Masi
349
Bolli e impronte su laterizi
Francesco Muscolino
353
Iscrizioni su manufatti
Rita Scuderi
361
Spunti per l’analisi delle monete
Ermanno A. Arslan
385
Oggetti in metallo. Recipienti, arredi, instrumenta
Marina Castoldi
395
Tintinnabula
Giovanni Mocchi
397
Oggetti d’ornamento
Elisabetta Gagetti
413
Un arbusto prezioso
Federica Grossi
415
Fibule. Prime osservazioni
Prisca Bartoli
419
Oggetti in osso, palco e avorio
Chiara Bianchi
449
Un frammento di matrice per scultura in terracotta
Furio Sacchi
451
La coroplastica. Religio e autorappresentazione
Federica Giacobello
459
Manufatti in pietra scheggiata e levigata
Marco Baioni
463
Ciottoli invetriati
Paul Blockley
Amoenissimis...aedificiis. Gli scavi di piazza Marconi a Cremona. I materiali
465
Rivestimenti parietali e pavimentali in materiale litico
Elena Baiguera
473
Cenni sulle tecniche edilizie
Lynn Arslan Pitcher, Alberto Bacchetta, Paul Blockley
LE ANALISI
487
Alcune osservazioni sui manufatti lignei
Elisabetta Castiglioni, Mauro Rottoli
495
Materiali botanici
Elisabetta Castiglioni, Mauro Rottoli
503
Analisi archeozoologica
Silvia Di Martino, Paolo Andreatta
509
Ostriche
Silvia Di Martino, Paolo Andreatta
511
Indagini minero-petrografiche sui reperti ceramici
Dion Nole, Sergio Sfrecola
523
Analisi XRF su ceramiche a vernice nera
Letizia Bonizzoni, Eleonora Meda, Michela Venturelli
529
Glass: a scientific study
Caroline Jackson, Sally Cottam
539
Materiali lapidei
Roberto Bugini, Luisa Folli
551
Considerazioni sui materiali dall’insula. Produzioni locali, rotte commerciali e scelte della committenza
Marina Volonté
RESTAURI
557
Il restauro e la restituzione
Lynn Arslan Pitcher
567
ABBREVIAZIONI
568
BIBLIOGRAFIA
603
AUTORI
605
RINGRAZIAMENTI
I disegni di scavo, i repertori e gli approfondimenti degli autori E.A. Arslan, R. Bugini e L. Folli, C. Bianchi, M. Castoldi,
M. Mapelli (I volume), G. Mocchi, G. Perani, L. Ragazzi e I. Frontori, G. Tassinari sono consultabili e scaricabili sul sito
web della Casa Editrice al seguente link:
http://www.archeologica.it/index.php?page=editoria&category=09&cod=ISBN_978-88-99547-25-7
Non è stato svolto alcun lavoro di redazione sui materiali online.
Amoenissimis...aedificiis. Gli scavi di piazza Marconi a Cremona. I materiali
253
“VASETTI” OVOIDI, PIRIFORMI, CILINDRICI
GABRIELLA TASSINARI
Sei “vasetti” frammentari (Tav. I)1 ovoidi, piriformi, cilindrici, con le pareti generalmente percorse da
evidenti scanalature a spirale, fondo a puntale o troncoconico o cilindrico, fanno parte di una nutrita serie
caratterizzata dall’estrema oscillazione morfologica e da dimensioni variabili (all’incirca da 6,5 a 19 cm); di
frequente possono reggersi autonomamente solo rovesciati e poggiati sull’imboccatura. Tali manufatti –
anche conosciuti come “anforischi” – sollevano un ampio ventaglio di problemi e discussioni, aperte; tuttora
non sembrano possibili né interpretazioni univoche e certe né soluzioni definitive2.
La datazione di questi vasetti, che raggiungerebbero la fine del II-inizi del III sec. d.C., è spesso vaga e
così quella dei sei esemplari cremonesi, provenienti per lo più da riempimenti.
La grande varietà tipologica dei vasetti e la vasta diffusione attestano che numerosi dovevano essere i
centri di fabbricazione; accanto ai tipi più comuni ve ne sono di circoscritti all’ambito “locale”.
Così è assai probabile la produzione locale di alcuni pezzi di Ostia, anche deformati, e con difetti di fabbricazione, con argille affini alla ceramica comune, senza riscontro con le anfore importate3.
E ci sono molti di tali vasetti tra gli scarichi delle fornaci della Celsa sulla via Flaminia, a Roma, che producevano ceramica a pareti sottili, ceramica comune da cucina e da mensa, nel I-II sec. d.C.4.
Oltre all’Italia e alla Gallia5, aree produttive indicate dalle principali concentrazioni potrebbero essere la
Spagna, il limes renano-danubiano, la Britannia.
Riguardo all’uso di questo insieme, diverse sono le ipotesi formulate, ma nessuna inoppugnabile (tanto
che alcuni studiosi cautamente non prendono posizione6), probabilmente anche perché differenti tipi avevano
differenti funzioni, e il riutilizzo era molto frequente.
La proposta più comune: erano usati a chiusura delle anfore. Rovesciati, infilati nel tappo sporgente (di
sughero o altro materiale) dell’anfora, dotati delle caratteristiche striature che ne facilitavano la presa, servivano a far leva e estrarre il tappo. Però manca una documentazione7, che avvalori tali interpretazioni tecnicamente ineccepibili: sembra che nessuna anfora sia tappata in questo modo.
Emilio Rodriguez-Almeida spiega8: questi anforischi – che tra l’altro egli giustamente sottolinea possono
esser impugnati e maneggiati con una sola mano – erano usati come ventose (cucurbitula) per l’apertura delle
anfore. L’imboccatura era posta sul tappo dell’anfora, spalmato di pece bollente; la condensazione dell’aria
Tav. I.1 (Us 3345), 2 (Us 560B.13), 3 (Us 560B.12), 4 (Us 2319.8), 5 (Us
1366.138), 6 (Us 4984.13). Per l’analisi dei singoli pezzi cfr. materiale disponibile
al link indicato in calce all’indice del volume.
2
Per le varie opinioni con i relativi riferimenti bibliografici si veda PAVOLINI
1980, pp. 1009-1013. Cfr. anche LUSUARDI SIENA 1973-74; MAYER I OLIVÉ
2008, pp. 223-224.
3
PAVOLINI 1980, pp. 1007-1009; 2000, pp. 376-377.
4
Accenno senza descrizione o illustrazione in CARBONARA, MESSINEO 199192, p. 190.
5
A Lione, nell’atelier di La Butte (BERTRAND et al. 1997, pp. 29-31 [A. DESBAT]);
a Périgueux (BERTHAULT 2000, pp. 30, 35-36).
6
Si veda solo il Lamboglia, che definisce questi vasi “ampolle piriformi”, os1
serva la larga diffusione e identica fabbricazione, e conclude che l’uso è da discutere: LAMBOGLIA 1950, p. 123, n. 39. Quattro sono gli esemplari rinvenuti
nei suoi scavi di Albintimilium, tutti di I sec. d.C.: LAMBOGLIA 1950, pp. 31, 33,
fig. 8, n. 35; pp. 114-115, fig. 57, n. 44; pp. 122-123, fig. 63, n. 39; pp. 184-185,
fig. 107, n. 18.
7
Fernand Benoît tratta degli anforischi impiegati per chiudere le anfore, che
assicurano una fermezza ermetica, secondo un sistema ancora in uso nel
XVIIII secolo (BENOÎT 1952, p. 281); un anforisco sarebbe stato trovato al suo
posto nel collo di un’anfora. Purtroppo lo studioso né li riproduce, né fornisce
riferimenti bibliografici, come giustamente già sottolineato da Pavolini (PAVOLINI 1980, p. 1009, nota 36).
8
RODRIGUEZ-ALMEIDA 1974a; per il funzionamento si veda, p. 816, figg. 2-3.
254
Gabriella Tassinari | “Vasetti” ovoidi, piriformi, cilindrici
all’interno dell’anforisco provocherebbe un vuoto pneumatico che faciliterebbe una rapida apertura delle
anfore. Però questo sistema, complicato e ingegnoso, ma laborioso, è privo di riscontro probante.
Analogamente suscitano dubbi anche le ipotesi di lampade, da infilare in sostegni, parte di lampadari,
nonché di elementi costruttivi usati per scaricare il peso delle volte.
La frequente presenza degli anforischi nelle sepolture, non uniti ad anfore, ma come elementi del corredo,
induce a pensare a balsamari, unguentari.
Potrebbero aver giocato il ruolo di campione del contenuto delle anfore, servendo a controllare e/o a
gustare il prodotto di un lotto di anfore, senza doverne aprire una9.
Merita soffermarsi sulla tesi di Maria Annecchino10 che, distinguendo funzione e terminologia di tali vasetti,
riprende la denominazione di “fritilli” per l’insieme cui appartengono gli esemplari cremonesi. Rimandando
a questo studio e ad altri11 che analizzano cosa sia il fritillus e con quali altri nomi sia conosciuto, ricordiamo
solo che è il bussolotto per i dadi, dal verbo fritinnio, in riferimento al rumore tintinnante dei dadi agitati all’interno. A queste finalità bene risponderebbero le caratteristiche dei vasetti: la strozzatura del collo per impedire la fuoriuscita dei dadi mentre vengono agitati, le pareti spesse per sopportare l’urto dei dadi, il fondo
a peduncolo per una miglior presa della mano che lo scuote, l’orlo sagomato con un incavo per sostenere ad
incastro un eventuale tappo, custodia di dadi anche di materiale prezioso. A Pompei si sono rinvenuti numerosi
“fritilli” e nei luoghi più vari (123 solo in una bottega-officina di lucerne, attiva nel 79 d.C.)12.
La conferma all’ipotesi dell’Annecchino viene da una tomba della necropoli romana a Bevagna (Pg), databile tra I e II sec. d.C.: sono stati rinvenuti vicinissimi due di questi vasetti, in uno dei quali è stato trovato,
incastrato nella parte bassa del collo, un dado da gioco in osso; si è recuperato un altro dado in osso tra la
terra e le ossa combuste che avvolgevano l’altro vasetto frammentario13.
La ricostruzione e l’interpretazione della Annecchino sono del tutto attendibili, ma Pavolini obietta che
in alcuni tipi di Ostia la strozzatura del collo è talmente accentuata da rendere molto problematica, o meglio
impossibile, l’uscita dei dadi14. In effetti l’irregolare sfaccettatura del dado di Bevagna non ne permette il
completo passaggio attraverso il collo.
Se rimane comunque la multifunzionalità di questo tipo di “vasetti”, la proposta di impiego dei “fritilli”
avanzata dalla Annecchino sembrerebbe particolarmente suggestiva ricordando che negli scavi di piazza
Marconi, in uno degli ambienti dei quartieri di servizio della Domus del Ninfeo (vano 18), sparpagliati sul
pavimento, in seguito alla distruzione della casa nel 69 d.C., sono stati reperiti due dadi in osso o in avorio
(?), una serie di pedine da gioco vitree e lapidee, bianche, nere, colorate, e conchiglie. Alla casa apparteneva
anche una pedina in osso di tipo alessandrino con un uccellino, trovata in una delle buche15. E il vasetto Us
4984.13 viene dal riempimento del taglio di asportazione del perimetrale est dell’amb. (18).
BERTHAULT 2000, pp. 35-36, 38.
ANNECCHINO 1977.
11
Per un’analisi della varietà dei termini greci e latini con cui è designato il
contenitore dei dadi, varietà che corrisponde a quella delle sue forme, con un
ampio riferimento alle fonti, DAGR, 1918, vol. deuxieme, deuxieme partie, pp.
1341-1342 [E. SAGLIO]; RE, 1910, vol. 13, coll. 108-110 [A. MAU].
12
La Cerulli Irelli non li analizza, ma li indica tout court con il nome di “fritilli”:
9
10
CERULLI IRELLI 1977, pp. 53, 56-57.
13
EGIDI 1983.
14
PAVOLINI 1980, p. 1012.
15
Esame e catalogo di questi rinvenimenti in CECCHINI et al. 2015. Per un’analisi
della Domus del Ninfeo, ARSLAN PITCHER 2017b; ARSLAN PITCHER, BLOCKLEY
2017a. Per i reperti crollati, ARSLAN PITCHER 2017c, pp. 250-251, tav. 3, p. 252,
fig. 17.
Amoenissimis...aedificiis. Gli scavi di piazza Marconi a Cremona. I materiali
1
2
3
4
5
6
Tav. I. Vasetti o “fritilli” (disegni D. Gorla) (scala 1:3).
255
Amoenissimis...aedificiis. Gli scavi di piazza Marconi a Cremona. I materiali
567
ABBREVIAZIONI
PERIODICI
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AAAd, Antichità Altoadriatiche
PdP, La Parola del Passato, rivista di studi classici
AnnBenac, Annali Benacensi
QuadAPiem, Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte
AÉ, L’année épigraphique
QuadChieti, Quaderni dell’Istituto di archeologia e storia antica. Università
degli Studi “G. D’Annunzio” Chieti
AIIN, Annali dell’Istituto Italiano di Numismatica
AIONArch, Annali dell’Istituto Universitario Orientale di Napoli
Sezione di Archeologia e Storia antica
AM, Archeologia Medievale
AntCl, Antiquité Classique
AquilNost, Aquileia Nostra
ArchCl, Archeologia Classica
ArchVen, Archeologia Veneta
QuadFriulA, Quaderni Friulani di Archeologia
QuadAVen, Quaderni di Archeologia del Veneto
RA, Revue Archéologique
RAC, Rivista di archeologia cristiana
RAComo, Rivista archeologica dell’antica provincia e diocesi di Como
RAE, Revue archéologique de l’Est et du Centre-Est
RAN, Revue Archéologique de Narbonnaise
BABesch, Bulletin Antike Beschaving
RaSMi, Notizie dal Chiostro del Monastero Maggiore, Rassegna di Studi del
Civico Museo Archeologico e del Civico Gabinetto Numismatico di Milano
BAR, British Archaeological Report
RCRF Acta, Rei Cretariae Romanae Fautorum Acta
BCAR, Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma
RhistRel, Revue de l’histoire des religions
BCH, Bulletin de Correspondance Hellénique
RIN, Rivista Italiana di Numismatica
BdA, Bollettino di Archeologia
RSL, Rivista di Studi Liguri
BEFAR, Bibliothèque de l’ Ecoles Françaises de Rome et Athènes
RstMarch, Rivista di Studi Marchigiani
BmetrMus, The Metropolitan Museum of Art Bulletin
RstPomp, Rivista di Studi Pompeiani
DAF, Document d’Archéologie Française
StEtr, Studi Etruschi
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MAAR, Memoirs of the American Academy in Rome
MEFRA, Mélanges de l’École Française de Rome. Antiquité
MemLinc, Atti dell’Accademia nazionale dei Lincei
NaC, Numismatica e antichità classiche, Quaderni ticinesi
NotABerg, Notizie Archeologiche Bergomensi
NotALomb, Notiziario della Soprintendenza Archeologica della Lombardia
Nsc, Notizie degli Scavi di Antichità comunicate alla Accademia Nazionale dei
Lincei
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Allegato al volume
Amoenissimis…aedificiis II. Lo scavo di piazza Marconi a Cremona. Vol. II – I materiali
“VASETTI” OVOIDI, PIRIFORMI, CILINDRICI
GABRIELLA TASSINARI
Si sono già analizzate (infra, testo) le diverse ipotesi – nessuna risolutiva – riguardo alla funzione di quei
“vasetti” ovoidi, piriformi, cilindrici, campaniformi: insieme di cui fanno parte sei esemplari
frammentari, rinvenuti negli scavi di Piazza Marconi, che qui si analizzano singolarmente, inserendoli in
un più ampio quadro tipologico e cronologico.
Il più conservato è Us 3345 (alt. max. 9,5 cm; largh. max. 5,5 cm; diam. imboccatura 5 cm), esposto in
una vetrina al Museo Archeologico di San Lorenzo, a Cremona; presenta orlo a calice, collo largo,
corpo ovoide allungato; impasto depurato, chiaro, di colore 2,5 Y 7/6 jaune (fig. 1).
Us 560B.13 ha dimensioni più consistenti (alt. max. 10,2 cm; largh. max. 7,5 cm; spess. 2,2 cm);
restaurato da vari pezzi, si conservano il fondo a puntale e una parte del corpo ovoide; l’impasto è
mediamente depurato, con inclusi rari, minimi e piccoli, e chamotte anche affiorante a macchie; il
colore 5 YR 8/1 blanc (superficie esterna e interna) e 2,5 Y 7/6 jaune (frattura) (fig. 2).
Analogo, meno preservato e meno spesso (alt. max. 4,8 cm; largh. max. 7,5 cm; spess. 1,2 cm) Us
560B.12; l’impasto è mediamente depurato, con inclusi frequenti, minimi e piccoli, ingubbiato (colore
10 YR 9/2 blanc; superficie interna e frattura: 5 YR 7/4 rose) (fig. 3).
Presenta lo stesso impasto mediamente depurato, con inclusi frequenti, minimi e piccoli, ingubbiato
(colore 10 YR 9/2 blanc; superficie interna e frattura: 5 YR 7/4 rose) Us 2319.8; però il corpo è molto
più conservato e piriforme (alt. max. 6,3 cm; largh. max. 6,1 cm; spess. 0,6 cm) (fig. 4).
Us 1366.138 ha corpo appena ovoide e il fondo troncoconico appena svasato (alt. max. 6,3 cm; largh.
max. 5,5 cm; spess. 0,4 cm), con impasto depurato con inclusi radi bianchi (e di mica), minimi; i colori
sono 5 YR 7/4 rose (superficie esterna), 5 YR 6/8 jaune rouge (superficie interna), 5 YR 7/4 rose, 5
YR 6/8 jaune rouge (frattura) (fig. 5).
Con il corpo cilindrico e fondo troncoconico appena svasato è Us 4984.13 (alt. max. 6,3 cm; largh.
max. 4,5 cm; spess. 0,4 cm) con impasto depurato, inclusi radi e minimi, di colore 5 YR 7/4 rose
(superficie esterna), 5 YR 6/8 jaune rouge (superficie interna e frattura) (fig. 6).
Tutti e sei i vasetti mostrano scanalature sulle pareti più o meno spesse e sul fondo, talvolta molto
evidenti.
A Carlo Pavolini1 si deve l’esame più esaustivo di questi manufatti, basato su 246 esemplari di Ostia, un
campione ampio e rappresentativo. Lo stato frammentario dei pezzi cremonesi, la mancanza dell’orlo in
cinque di essi – un elemento fondamentale e distintivo della tipologia operata dal Pavolini –, la grande
variabilità morfologica, di dimensioni e impasto di tali serie di vasetti, non rendono facili riferimenti
specifici alla classificazione del Pavolini.
Comunque Us 3345 e Us 560B.13 rientrano nel tipo 1 a/b2, che presenta un’altezza media di 10/11 cm,
orlo a calice unito al corpo da una linea continua, collo largo, corpo ovoide più o meno allungato;
l’impasto è ben depurato, compatto, chiaro, rosa per lo più beige; l’ingubbiatura è quasi sempre assente.
Us 560B.12 e Us 2319.8 fanno parte dei tipi dal n. 11 al n. 153, il gruppo dei vasetti piriformi, il più
numeroso e articolato (altezza media 10/11 cm). Il corpo è più o meno rigonfio in basso; l’orlo, a
calice o ad imbuto, può avere all’interno un gradino e forma una linea continua con il collo, stretto.
L’impasto è ben depurato, ma nei tipi 14 e 15 aumenta la percentuale degli esemplari con argilla non
depurata; il colore è rosa, rosso, beige, nocciola scuro; l’ingubbiatura è per lo più bianca o biancastra,
ma anche rosa e beige.
PAVOLINI 1980. In PAVOLINI 2000 sono esposti nuovi dati, emersi sia dall’analisi preliminare del materiale rinvenuto nei
livelli di scarico dell’area NE delle Terme del Nuotatore, che modificano un po’ il quadro cronologico precedentemente
fornito, sia dalle analisi archeometriche – sebbene su una campionatura esigua – che confermano ipotesi sulle aree di
fabbricazione di tipi di produzione “locale /tirrenica” e di provenienza “altra”. Cfr. anche PAVOLINI 1986, pp. 59, 232, fig.
101.
Non va certo trascurata l’ottima classificazione tipologica e cronologica in BELTRÁN LLORIS 1970, pp. 76-82, figg. 28-30.
2 PAVOLINI 1980, p. 996, tav. II (dove anche le attestazioni nei diversi siti).
3 PAVOLINI 1980, pp. 1000-1002, tavv. III-IV (dove anche le attestazioni nei diversi siti).
1
Allegato al volume
Amoenissimis…aedificiis II. Lo scavo di piazza Marconi a Cremona. Vol. II – I materiali
Us 4984.13 appartiene al tipo 84, con orlo a fascia distinto e gradino interno sotto al labbro; collo e
corpo formano un unico cilindro. Nella bottega-officina di lucerne, attiva nel 79 d.C. a Pompei,
conservata con ancora una parte dei suoi prodotti, accatastati nella posizione di cottura, si sono
rinvenute lucerne con le relative matrici e 123 di questi “vasetti”, in buono stato di conservazione, di
argilla grossolana senza ingobbio, altezza media di cm 135. L’esemplare pubblicato è del tipo 8 del
Pavolini, con orlo diverso6.
Us 1366.138 non rientra nella tipologia del Pavolini, ma è simile ad un bicchiere di Pompei7 – sempre
della serie in esame – con orlo estroflesso, corpo quasi cilindrico, che può stare diritto, sorretto sul
fondo.
Pavolini delinea una successione cronologica di questi vasetti (ostiensi e non) che non gli sembrano
raggiungere la fine del II sec. d.C. I tipi 1-8 furono prodotti dalla prima età imperiale (attestazione più
antica: età tiberiana), cospicua ne è la documentazione a Pompei e negli strati di età flavia e adrianea di
Ostia; in seguito si interrompono. Il tipo 11 è presente nei livelli traianei e fino alla tarda età antonina.
La produzione dei tipi 13-15 (che vedono la maggior concentrazione in età traianea) si può pensare
prosegua fino al 190 d.C.
In Gallia sono attestati ancora in strati tardi, della fine II-inizi III sec. d.C.8.
Purtroppo i sei vasetti cremonesi non contribuiscono a meglio definire indicazioni cronologiche, spesso
poco precise. Infatti da riempimenti ascrivibili alla fase VIII (età tardoantica-altomedievale) provengono
Us 560B.12, Us 560B.13, Us 3345; da riempimenti della fase V (età vespasianea) Us 1366.138 (buca
rossa) e Us 4984.13, mentre Us 2319.8 viene da uno strato di abbandono non scavato (Us 1389) della
fase VII (età tardoantica).
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
BELTRÁN LLORIS M. 1970, Las anforas romanas en España, Zaragoza.
BERTHAULT F. 2000, Le matériel amphorique produit à Périgueux, in SFECAG, Actes du congrès de Libourne, 1er-4 juin 2000,
Marseille, pp. 29-38.
CERULLI IRELLI G. 1977, Officina di lucerne fittili a Pompei, in L’instrumentum domesticum di Ercolano e Pompei nella prima età
imperiale (Quaderni di cultura materiale, 1), Roma, pp. 53-72.
PAVOLINI C. 1980, Appunti sui «vasetti ovoidi e piriformi» di Ostia, “Mélanges l’École Française de Rome. Antiquité”, 92, 2, pp.
993-1020.
PAVOLINI C. 1986, La vita quotidiana a Ostia, Roma.
PAVOLINI C. 2000, Appendice I. Ancora sui «vasetti ovoidi e piriformi», in Scavi di Ostia. XIII. La ceramica comune. Le forme in argilla
depurata dell’Antiquarium, Roma, pp. 375-378.
RODRIGUEZ-ALMEIDA E. 1974, Sobre el uso del anforisco «cucurbitula», “Mélanges l’École Française de Rome. Antiquité”, 86, 2,
pp. 813-818.
PAVOLINI 1980, p. 998, tav. II (dove anche le attestazioni nei diversi siti).
CERULLI IRELLI 1977, pp. 53, 56-57, tav. XXVIII, n. 9.
6 CERULLI IRELLI 1977, tav. XXVIII, n. 9 (forse lo stesso di ANNECCHINO 1977, p. 203, fig. 4).
7 ANNECCHINO 1977, pp. 199, 201, fig. 2b.
8 Ad esempio à Périgueux: BERTHAULT 2000, pp. 34, 38.
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