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Pensare come una montagna

2019, Estetica ed ecologia nel progetto di paesaggio

Il rapporto tra pensiero estetico ed ecologia trova oggi nuove opportunità di indagine che ci portano a domandarci se esista una riflessione di matrice femminile e quale contributo essa abbia dato alla disciplina del paesaggio. La domanda è: esiste un pensiero femminile che analizzi in una luce nuova il concetto di ambiente e più precisamente quello di spazio aperto e di esterno da sé? Il gesto vivo, l'improvviso muoversi verso il fuori, è quello che caratterizza le donne, scrittrici, fotografe, poetesse, architette, paesaggiste, scienziate e artiste in senso più ampio, che sono state scelte in questo breve elenco, in una genealogia dell'estetica delle donne per la costruzione di una ecologia del paesaggio. Un elenco aperto che conta molte più protagoniste e che, speriamo, diventi sempre più ampio.

paesaggio e ambiente Aracne editrice www.aracneeditrice.it info@aracneeditrice.it Copyright © MMXVIII Gioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale www.gioacchinoonoratieditore.it info@gioacchinoonoratieditore.it via Vittorio Veneto, 20 00020 Canterano (RM) (06) 45551463 isbn 978–88–255–2597–7 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: luglio 2019 Ecologia ed estetica nel progetto di paesaggio Contributi dal seminario di studi organizzato da Fabrizio Toppetti a cura di Fabrizio Toppetti Federico Di Cosmo paesaggio e ambiente Direttore della collana Alessandra Capuano Comitato Scientifico Jordi Bellmunt Gianni Celestini Philippe Poullaouec-Gonidec Luca Reale Giuseppe Scarascia Mugnozza Fabrizio Toppetti Redazione Viola Corbari Federico Di Cosmo Daniele Frediani La collana adotta un sistema di valutazione dei testi basato sulla revisione paritaria e anonima (peer-review). I criteri di valutazione adottati riguardano: l'originalità e la significatività del tema proposto; la coerenza teorica e la pertinenza dei riferimenti rispetto agli ambiti tematici propri della collana; l'assetto metodologico e il rigore scientifico degli strumenti utilizzati; la chiarezza dell'esposizione e la compiutezza dell'analisi. Nella pagina accanto: Joseph Beuys, sullo sfondo un suo ritratto eseguito da Andy Warhol nel 1980. Indice 8 Presentazione ALESSANDRA CAPUANO 12 Ecologia ed estetica tra romanticismo e azione FABRIZIO TOPPETTI 28 Ecologia e Paesaggio PAOLO D'ANGELO 40 Dal locus amoenus all’eco-vengeance FRANCO BREVINI 48 Liberare la bellezza, la meraviglia e lo stupore FABIO DI CARLO 58 Intorno al valore etico del progetto di paesaggio SARA PROTASONI 66 Dalla teoria del restauro di Cesare Brandi al progetto di paesaggio CHIARA GIULIANI 74 Leggere le identità possibili FEDERICO DESIDERI 84 Bello di natura CRISTINA IMBROGLINI 94 Il progetto di paesaggio tra esperienza estetica e dimensione ecologica ISOTTA CORTESI 104 Natura e artificio ELISABETTA CRISTALLINI 112 Luoghi comuni GIULIA CAZZANIGA 118 Ecologia dell'abitare DANIELE FREDIANI 126 Pensare come una montagna DONATELLA SCATENA 136 Interferenza, interazione, transfigurazione GIANNI CELESTINI 146 Mito del bosco e forma della città LUCA REALE 156 L'agroecologia GIAMPIERO MAZZOCCHI 164 Amor loci FEDERICA MORGIA 174 Quando la natura diventa tecnica FEDERICO DI COSMO 182 Paesaggio come tessuto di particelle LEONE SPITA ••• Pensare come una montagna Donatella Scatena Sapienza Università di Roma Il rapporto tra pensiero estetico ed ecologia trova oggi nuove opportunità di indagine che ci portano a domandarci se esista una riflessione di matrice femminile e quale contributo essa abbia dato alla disciplina del paesaggio. La domanda è: esiste un pensiero femminile che analizzi in una luce nuova il concetto di ambiente e più precisamente quello di spazio aperto e di esterno da sé? Roberto Calasso, con La follia che viene dalle Ninfe, rintraccia le basi della conoscenza classica occidentale, che solitamente si fa risalire agli dei olimpici maschili, nelle Ninfe, divinità delle sorgenti e degli alberi, e ri-modula così una mitologia sul rapporto tra conoscenza e natura legata al femminile. Apollo e Dioniso, scrive Calasso, avrebbero usurpato i meriti e la creatività delle Ninfe. E delle Ninfe, spiega ancora Calasso, è riduttivo vedere solo l'aspetto legato alla fertilità e all'eros; quello che le Ninfe portano, sotto forma di possessione-follia, è la vera conoscenza che sgorga liquida come una sorgente o guizza come il serpente: è un gesto vivo inatteso e irruento, che riappare poi nel Rinascimento, e che egli rintraccia nell'improvviso movimento dei capelli della Venere di Botticelli (Aby Warburg). Il gesto vivo, l'improvviso muoversi verso il fuori, è quello che caratterizza le donne, scrittrici, fotografe, poetesse, architette, paesaggiste, scienziate e artiste in senso più ampio, che sono state scelte in questo breve elenco, in una genealogia dell'estetica femminile per la costruzione di una ecologia del paesaggio. Un elenco aperto che conta molte più protagoniste e che, speriamo, diventi sempre più ampio. Non siamo di fronte a una trattazione metodologica del pensiero femminile quanto piuttosto a una diversa lettura di una serie di opere, alcune anche molto conosciute, di personalità diverse e anche lontane fra loro che lungo tutto il novecento e fino a noi oggi, hanno usato la metafora del paesaggio (spazio, luogo, natura), arrivando attraverso di esso a rivendicare un proprio ruolo nel mondo. In ognuna di queste pensatrici e artiste appare il “gesto contro-verso“, che spinge le donne non solo a uscire fuori dai confini di una zona confortevole, che spesso è decisa da altri, ma questo movimento o scarto è legato, più o meno inconsapevolmente, alla descrizione o a un linguaggio che nasce dall’osservazione della natura, che usa la natura o il paesaggio come modello fino a farlo diventare, nei casi più recenti, anche progetto di partecipazione. Per le donne qui analizzate la liberazione sembra avvenire proprio attraverso quel gesto vivo di cui parla Calasso, e quindi uscendo fuori, all'aria aperta: uscire da casa, prendersi cura del giardino, della natura, dell'ambiente, non è più una svagata contemplazione dei fiori, ma una vera forma di ribellione. 127 Donatella Scatena DonatellaCOME Scatena PENSARE UNA MONTAGNA is b n 978-88-255-2597-7 , DOi 10.4399/978882552597714, pp. 126-135 (luglio 2019) PENSARE COME UNA MONTAGNA ••• INSETTI E FUGHE Il gesto ribelle, che unisce la ricerca di tutte le donne qui analizzate, emerge già in epoca barocca in Germania. Marya Sibylla Merian (1647 1717) può essere considerata, in questa breve genealogia femminile, la matriarca del pensiero di ribellione legato allo studio della natura. Quella in cui ha vissuto Sibylla è un’epoca di grande entusiasmo per la scienza e Francoforte é scena di intensi scambi con il resto del mondo. Dotata di un talento raro per il disegno Sibylla ha accesso alle grandi collezioni di fiori e farfalle e frequenta i ricchi giardini che sono il passatempo dell’alta borghesia della sua epoca e della sua città. Ma disegnare insetti non era consentito nemmeno agli uomini, poiché gli insetti erano considerati animali immondi. Nonostante marito e figlie Sibylla scrive un libro sui bruchi La metamorfosi meravigliosa dei bruchi e il loro curioso nutrimento floreale (1679/83), che può essere considerato metafora della sua vita. Solo scappando dal marito nel Surname, potrà liberamente inseguire le sue ricerche su insetti e fiori rari, diventando lei, e la figlia Dorothea che l'ha accompagnata, prime donne esploratrici. ••• GIARDINI E RIBELLIONE È nell'epoca vittoriana, contraddittoria e sessuofoba, che emergono figure di donne determinate che attraverso l'azione della scrittura esprimono le inquietudini femminili: nei romanzi e nei racconti di queste autrici il giardino e più in generale, il luogo aperto assume la valenza di un protagonista e diventa simbolo di un'altra se stessa più libera. Elizabeth von Arnim (1866-1941), nata Mary Annette Beauchamp, australiana ma cresciuta in Inghilterra, è stata autrice prolifica. A pagina 31 di Il giardino di Elizabeth (1898) scrive: È il giardino il posto in cui vado a cercare rifugio e riparo, non la casa. In casa ci sono doveri e seccature, servitù da esortare e ammonire, mobili, e pasti; ma là fuori i doni del cielo mi si affollano intorno a ogni passo… è là che mi rammarico della cattiveria che c’è in me, di quei pensieri egoisti che sono molto peggiori di quanto sembri; è là che tutti i miei peccati e le mie stupidaggini sono perdonate, là che mi sento protetta e a mio agio, e ogni fiore, ogni erba è un amico e ogni albero è un amante! Fa considerazioni sullo stato delle donne contadine: 128 Comunque non sono ancora riuscita a persuadermi che (queste) donne siano felici. Devono sopportare un lavoro al pari di quello degli uomini e sono pagate di meno; devono far figli, senza che assolutamente si tenga conto dei tempi e delle stagioni e che in generale la situazione sia opportuna; devono farlo il più in fretta possibile, in modo da non interrompere troppo a lungo il lavoro che hanno per mano; nessuno le aiuta, nessuno le nota o se ne cura, meno di tutti il marito! Considerazioni che poi si allargano a tutta la sfera femminile fino a farle sostenere una posizione femminista ante-litteram, quando pensa di dover trovare un marito alle sue tre figlie, come le viene imposto dalla rigida educazione alto-borghese: Non riesco a immaginare niente di più spiacevole di un genero, e inoltre non credo assolutamente che avere un marito sia una buona cosa per una ragazza. Farò del mio meglio negli anni che ho a mia disposizione per insegnare loro ad amare tanto il giardino e la vita all’aria aperta, e perfino l’agricoltura, che, se avranno dentro di se’ un barlume della loro madre, non chiederanno e non vorranno niente di meglio. Elisabeth possedeva realmente un giardino, anzi una grande tenuta in Pomerania. Il tono della von Arnim resta sempre leggero, anche quando parla seriamente del suo desiderio di libertà legato sia al giardino sia ai luoghi (Un incantevole aprile, 1922), così come apparentemente lieve è la scrittura della sua più famosa cugina Katherine Mansfield (1888-1923). Nei suoi romanzi il giardino è si luogo di feste, di giochi e ma anche di conflitti sociali. In giardino (The Garden Party, 1922), la protagonista Laura, individua per la prima volta l'assurdità delle distinzioni delle classi sociali, che sfocerà nel dramma, poi, del racconto. Quando Laura vide uno degli operai che preparavano le tende della festa inchinarsi, strofinare e annusare una spiga di lavanda: Si dimenticò completamente dei karaka, sorpresa che a quell'uomo piacessero cose del genere, che apprezzasse il profumo della lavanda. Quanti uomini di suo conoscenza avrebbero fatto una cosa del genere? Oh com'erano simpatici quegli operai, pensò. Perché non potevano essere loro i suoi amici, invece di quegli stupidi ragazzotti con cui partecipava ai balli e che si presentavano a cena la domenica sera?“. Ne L'Aloe, storia di una famiglia australiana, terra dalla quale la Mansfield proviene, il giardino della nuova grande casa è sì l'universo incantato dei giochi, ma anche il terreno di un nuovo feroce altare del sacrificio dove i bambini assistono atterriti all'uccisione dell'oca grassa per la cena. Giardini come campi d'azione, dove agli usi domestici si 129 Donatella Scatena DonatellaCOME Scatena PENSARE UNA MONTAGNA is b n 978-88-255-2597-7 , DOi 10.4399/978882552597714, pp. 126-135 (luglio 2019) PENSARE COME UNA MONTAGNA sostituiscono pensieri nuovi di libertà, come quelli di Linda, moglie del patriarca: “Mamma, andiamo in giardino. Mi piace quell'aloe. Mi piace più di qualunque altra cosa, qui, e sono certa che me ne ricorderò anche quando avrò scordato tutto il resto“. Quando, cioè, “si fosse decisa a non restare oltre“. Così come possedeva un bellissimo giardino Virginia Woolf (1882-1941), Monk's House. Al suo primo sopralluogo Virginia trovò che la casa avesse stanze piccole e una totale assenza di comodità. Le sue ostilità caddero solo uscendo in giardino dove dovettero “cedere il passo al gran diletto che ispiravano le dimensioni e la forma e la fertilità e l’aria selvatica del giardino. Sembrava che vi fosse un’infinità di alberi da frutta“. Alla costante ricerca di una stanza tutta per sé la Woolf affianca nel suo affannoso e caotico desiderio di felicità, la minuziosa descrizione del paesaggio in tutti i suoi romanzi come la natura anche umana che cerca un ordine attraverso l'organizzazione della festa in Mrs Dalloway (1925), o il flusso di coscienza di Gita al Faro (1927) che sarebbe ininterrotto e non narrabile se non entrasse nella scrittura la descrizione della natura. La natura e il paesaggio si appropriano del movimento della psiche e rappresentano delle figure di riferimento, come nel teatro della memoria rinascimentale. Attraverso gli elementi del paesaggio il fluire dei pensieri si dipana, la coscienza impetuosa trova delle pause di riflessione: Vedendo davanti a sé quella siepe che aveva tante e tante volte sottolineato una pausa, espresso una conclusione, vedendo la moglie e il figlio, vedendo le anfore con i rossi gerani rampicanti che avevano spesso ornato processi mentali, e portavano scritti tra le foglie quali fossero pezzi di carta sui quali si annota qualcosa nella fretta di leggere…vedendo tutto questo scivolò serenamente nelle riflessioni suggerite da un articolo del Times sul numero di americano che visitano ogni anno la casa di Shakespeare. Se Shakespeare non fosse mai esistito, si chiedeva, il mondo sarebbe molto diverso da quello che era oggi? Virginia Woolf conobbe nel 1922 Vita Sackville-West (1892-1962) e la fece entrare nel gruppo artistico-letterario di Bloomsbury, nato nel 1905 a Londra, i cui membri si riunivano in case private nel quartiere da cui prese il nome e che durò fino alla seconda guerra mondiale. A lei dedicò Orlando (1928), trasfigurazione letteraria del loro amore. Sepolto nel libro, quest’amore finì pochi mesi dopo la sua pubblicazione. Nella trasposizione cinematografica di Sally Potter del 1992, Tilda Swinton/Orlando cade dopo la lunga corsa nel labirinto del giardino inglese e distesa a terra con il viso sul prato inumidito dalla 130 Immagine di Vita Sackeville-West rielaborata da Cinzia Capalbo. nebbia sussurra:“Natura, natura, io sono la tua sposa. Prendimi“. In Ritratto di un matrimonio Nigel Nicolson figlio della Sackville-West così descrive la madre, divertente, anticonformista e trasgressiva: “Vita era sempre innamorata. Che io sappia, non vi fu mai un momento, in vita sua, che non spasimasse per qualcuno, che non stesse in smaniosa attesa dell’unica persona che, in quel periodo, poteva placare la sua smania“. Vita, come è noto, aveva anche una incredibile passione per il giardinaggio. Ne è stata una grandissima esperta: per 15 anni, dal 1946 al 1961, ha tenuto una rubrica sull’Observer, pubblicata in Italia con il titolo Il giardino alla Sackville-West. Il suo White Garden (www. enciclopediadelledonne.it): un giardino “grigio e bianco“, un mare di cespi dal fogliame grigio, intervallati qua e là dagli alti fiori bianchi […] le bianche trombe di gigli regali, tra il grigio dell’artemisia e della santolina, con il Dianthus “Mrs Sinkins“ e le coltri argentee di Stachis lanata, più familiare e più simpatica con i nomi inglesi “orecchia di coniglio“ o “pezzuola del Salvatore“. Ci saranno viole del pensiero bianche e peonie dello stesso colore, e iris bianchi dalle foglie grigie. Ancora oggi il giardino bianco “virginale, selvaggio, patrizio“ esiste. ••• L'ARTE DI PERDERE C'è un altro grande amore, stavolta oltreoceano, che ha fatto scandalo nella seconda metà del Novecento, tra una importante poetessa e un'architetta paesaggista. Elisabeth Bishop (1911-1979) in Una sola arte scrive: “L'arte di perdere si impara presto...Ho perso due care città, e un continente;/due fiumi, reami vasti e certe/mie tenute./Mi mancano, però non è un grave incidente./Anche se perdo te (la voce tua ridente,/un gesto che amo), è chiaro, non farò smentite:/l’arte di perdere s’impara facilmente,/ma pare un grave (Scrivilo!) grave incidente.“ La sua è una poetica tutta basata su parole di un paesaggio domestico, per questo ancora più crude. Lota de Macedo Soares, (1910-1967) nota in Brasile come grande paesaggista, avendo preso parte al progetto del Parco del Flamengo con Magu Leao, Burle Marx e Jorge Moreira è conosciuta fuori dalla sua terra natia solo per il suo legame con la Bishop. Per lei disegnò una grande casa immersa nella foresta. Anche la loro storia è diventata un film, mai arrivato in Italia, Reaching for the Moon (2013 di Bruno Barreto). 132 ••• IL CONTRIBUTO ITALIANO E LA FONDAZIONE DI UN SAPERE NUOVO In Italia tra gli anni settanta e ottanta dello scorso secolo la coscienza femminile ha cominciato a strutturarsi in vera e propria ideologia, in femminismo Una riflessione molto intima fu riportata alla fine degli anni ottanta in un dibattito aperto dentro una rivista: Lapis. Protagoniste sono soprattutto Rossana Rossanda e la direttrice della rivista Lea Melandri. Rossanda è una delle intellettuali che, per prima, si pone il problema di una “fondazione del sapere“ che non nasca più solo da un sistema patriarcale. Per lei, scrive la Melandri, “la volontà di essere altro, condividere e produrre idee, aprire la strada a un protagonismo femminile“ che si faccia “politica e che (perciò rappresenti) una minaccia al secolare governo del mondo da parte dell'uomo“può attuarsi solo superando quello che ella stessa definisce un “duplice paesaggio mentale“. È come se il pensare il proprio sesso secolarmente escluso e l'aprirsi della società politica, che ancora la esclude, in una problematica prima sconosciuta, e nella quale si instaurano nuovi rapporti e nuove dipendenze, fossero un duplice paesaggio mentale non sovrapponibile; e quello dei due che sta nella storia immediata, il farsi concreto della Rivoluzione nel mutare delle scelte e dei valori, fosse per loro (le donne) così distante e insolito da non riuscire a coglierlo realmente, a intervenire realmente, a scegliere realmente (Rossanda, Anche per me). Liberarsi dal dominio del corpo, della maternità, della seduzione con le quali le donne sono state costrette a misurarsi per secoli, può avvenire allora, scrive ancora la Rossanda, cercando la bellezza altrove e potendo godere di una estetica senza subirla. Ne L'orto di un perdigiorno Pia Pera si chiede da dove arrivi la bellezza e la trova in una siepe spontanea, al bordo di una strada di campagna: “Desideravo che la siepe avesse quel genere di bellezza che nessuno ha voluto o progettato, capitata per caso a margine del lavoro spiccio di una ruspa“. Intanto coltiva chiari pensieri di insurrezione verso il suo insegnante contadino: “Obbedisco, ma intanto penso anche alla seccatura di avere uno che pretende di farmi fare come vuole lui. Tutto sommato non è mica così svantaggioso non avere maestri. Faccio come mi viene detto, ma intanto covo pensieri di ribellione: le viti sono ancora piccole, l'anno prossimo le manderò come piace a me“. Il suo unico maestro è Fukuoka e la sua filosofia della non-azione, una contraddizione 133 Donatella Scatena DonatellaCOME Scatena PENSARE UNA MONTAGNA is b n 978-88-255-2597-7 , DOi 10.4399/978882552597714, pp. 126-135 (luglio 2019) PENSARE COME UNA MONTAGNA sia per ciò che riguarda il lavoro da dedicare alla cura della terra, sia per quanto attiene al gesto-vivo. Eppure Fukuoka, nel suo pensiero non lineare, serve a Pia Pera per esprimere il pensiero ecologico: “non si è fatto abbastanza per impedire lo scempio del pianeta, perché la produzione dissennata di ricchezza da parte dei creatori di brutto — mercanti d'armi, di auto, di merci inutili — ha portato alla distruzione di ricchezze già date, quelle non quantificabili in denaro perché prive del valore aggiunto del lavoro: l'aria l'acqua, la luce del sole“. Per Fukuoka meglio non fare piuttosto che “scalare una montagna di cose, di merci e anche di spazzatura“. ••• PENSARE COME UNA MONTAGNA: TESSERE, CUCIRE, LEGARE La montagna è una metafora forte, che Maria Lai (1919-2013) ha usato per una performance collettiva del 1981, “Legarsi alla montagna“, documentata da un video di Tonino Casula. Sull'ispirazione di un antico racconto orale di Ulassai che narra di una bambina che si era salvata dalla frana di una montagna grazie a un nastro celeste, Maria Lai, ha coinvolto tutti gli abitanti a legare le proprie case con un nastro di tela di 26 km, arrivando fino alla montagna. “L’arte“ ha detto la Lai “testimonia la parte più preziosa dell’umanità, in un momento in cui l’umanesimo è messo in pericolo“ celebrando così il valore sociale dell'arte e quello forte di partecipazione sociale del paesaggio. Un filo che ricuce lo troviamo nel 2016 a Bassam, in Costa d'Avorio, tre settimane dopo gli attacchi terroristici. Qui l'artista Joana Choumali (1974) decide di fotografare con il suo Iphone il paesaggio desolato e atterrito dall'attentato riprendendo i luoghi e i suoi abitanti: “Ho scelto di usare il mio iphone anziché la mia macchina fotografica DSLR per catturare la gente in modo discreto. Essi non sanno che sono fotografati, in questo modo la loro posa è naturale. Ho fatto delle foto come se facessi una scansione della città“. Per far fronte alla tristezza della popolazione, ma anche alla sua, Joanna inizia a ricamare a mano le foto. Ne nasce il progetto Ca va aller una serie di immagini cucite da fili colorati. “Bassam mi ricorda i pranzi di nozze della mia famiglia, tutte quelle domeniche pomeriggio della mia infanzia dove trascorrevo ore felici con i miei cari, nello stesso identico posto dove è avvenuto l’attacco“. Scrive Joana. Anche a Bassam, luogo pieno di storia, “piccola città silenziosa e tranquilla“, un filo colorato serve a riallacciare idee, sentimenti rapporti e paesaggi. 134 ••• ABITARE LA TERRA Con Caterina Resta e Luisa Bonesio il pensiero femminile diventa metodologico, legandosi anche nel linguaggio all'idea di luogo. Resta e Bonesio sono due filosofe italiane che mediando dalla Geofilosofia di Deleuze e Guattari hanno enunciato le dieci tesi di una filosofia radicale che “impone una diversa concezione della frontiera, dell'appartenenza e della comunità“ ma anche “un pensiero del cuore“ che mira a “contribuire al processo di unificazione europea“ e intanto “prepara l'incontro tra Oriente e Occidente, Nord e Sud del Mondo“. La Geofilosofia di Resta e Bonesio non intende semplicemente rovesciare la gerarchia di valori per rivendicare un matriarcato contro un patriarcato dominante. Come amore del sapere della Terra la Geofilosofia si allinea con il pensiero di Calasso dal quale siamo partiti per recuperare, come scrivono le autrici, il femminile: “Solo nell'accogliere il femminile che ha espunto fuori da sé, il pensiero occidentale potrà trovare la compiutezza, l'equilibrio, l'armonia che gli mancano. Potrà finalmente dirsi amorevole e materno, un pensiero del cuore, nel quale anche la mente sia compresa, senza per questo arrossire, o ritenersi poco rigoroso e virile“. Il cuore diventa luogo, la tenerezza si fa paesaggio e non sentimento falsamente romantico, mero rovescio della razionalità: “Il cuore è piuttosto lo spazio dell'Anima, colto nella sua potenza immaginativa, luogo del non-dove in cui hanno luogo le sue visioni, punto d'incontro e di traduzione tra interiorità ed esteriorità, amore e conoscenza, io e Mondo, femminile e maschile“. Il collettivo muf architecture è l'ultimo caso di cui si occupa questo articolo, per questioni di spazio. Il nome, che deriva da mafia è stato dato loro da altri poiché era già sospettoso, dicono, che fossero delle donne a mostrare interesse per il progetto di spazio pubblico. Loro sono riuscite a farlo, anche e soprattutto provenendo da discipline diverse che si occupano di spazi aperti sia in maniera teorica, sia architettonica, artistica e urbana. Making space in Dalton (2009) è uno dei loro progetti in un quartiere di Londra complicato e da riattivare. Il nome completo del loro studio è “muf architecture/art“, loro parlano di strategie, arte, cooperazione, spazi pubblici, disorientando l'interlocutore che pensa che un architetto debba parlare solo di edifici. Loro non sono anti-edificio, semplicemente guardano al di la di esso, a ciò che sta oltre il suo confine formale, a ciò che sta fuori. 135 Donatella Scatena DonatellaCOME Scatena PENSARE UNA MONTAGNA is b n 978-88-255-2597-7 , DOi 10.4399/978882552597714, pp. 126-135 (luglio 2019) PENSARE COME UNA MONTAGNA paesaggio e ambiente 1. Ecologia ed estetica nel progetto di paesaggio a cura di Fabrizio Toppetti e Federico Di Cosmo Finito di stampare nel mese di luglio del 2019 dalla tipografia «The Factory S.r.l.» 00156 Roma – via Tiburtina, 912 per conto della «Gioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale» di Canterano (RM)