paesaggio e ambiente
Aracne editrice
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via Vittorio Veneto, 20
00020 Canterano (RM)
(06) 45551463
isbn
978–88–255–2597–7
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: luglio 2019
Ecologia ed
estetica
nel progetto di
paesaggio
Contributi dal seminario di studi organizzato da
Fabrizio Toppetti
a cura di
Fabrizio Toppetti
Federico Di Cosmo
paesaggio e ambiente
Direttore della collana
Alessandra Capuano
Comitato Scientifico
Jordi Bellmunt
Gianni Celestini
Philippe Poullaouec-Gonidec
Luca Reale
Giuseppe Scarascia Mugnozza
Fabrizio Toppetti
Redazione
Viola Corbari
Federico Di Cosmo
Daniele Frediani
La collana adotta un sistema di valutazione dei testi basato sulla
revisione paritaria e anonima (peer-review). I criteri di valutazione
adottati riguardano: l'originalità e la significatività del tema proposto;
la coerenza teorica e la pertinenza dei riferimenti rispetto agli ambiti
tematici propri della collana; l'assetto metodologico e il rigore
scientifico degli strumenti utilizzati; la chiarezza dell'esposizione e la
compiutezza dell'analisi.
Nella pagina accanto: Joseph Beuys, sullo sfondo un suo ritratto
eseguito da Andy Warhol nel 1980.
Indice
8
Presentazione
ALESSANDRA CAPUANO
12
Ecologia ed estetica
tra romanticismo e azione
FABRIZIO TOPPETTI
28
Ecologia e Paesaggio
PAOLO D'ANGELO
40
Dal locus amoenus all’eco-vengeance
FRANCO BREVINI
48
Liberare la bellezza, la meraviglia
e lo stupore
FABIO DI CARLO
58
Intorno al valore etico del progetto
di paesaggio
SARA PROTASONI
66
Dalla teoria del restauro di Cesare Brandi al
progetto di paesaggio
CHIARA GIULIANI
74
Leggere le identità possibili
FEDERICO DESIDERI
84
Bello di natura
CRISTINA IMBROGLINI
94
Il progetto di paesaggio tra esperienza
estetica e dimensione ecologica
ISOTTA CORTESI
104
Natura e artificio
ELISABETTA CRISTALLINI
112
Luoghi comuni
GIULIA CAZZANIGA
118
Ecologia dell'abitare
DANIELE FREDIANI
126
Pensare come una montagna
DONATELLA SCATENA
136
Interferenza, interazione, transfigurazione
GIANNI CELESTINI
146
Mito del bosco e forma della città
LUCA REALE
156
L'agroecologia
GIAMPIERO MAZZOCCHI
164
Amor loci
FEDERICA MORGIA
174
Quando la natura diventa tecnica
FEDERICO DI COSMO
182
Paesaggio come tessuto di particelle
LEONE SPITA
•••
Pensare come
una montagna
Donatella Scatena
Sapienza Università di Roma
Il rapporto tra pensiero estetico ed ecologia trova oggi nuove opportunità
di indagine che ci portano a domandarci se esista una riflessione di
matrice femminile e quale contributo essa abbia dato alla disciplina del
paesaggio. La domanda è: esiste un pensiero femminile che analizzi
in una luce nuova il concetto di ambiente e più precisamente quello di
spazio aperto e di esterno da sé?
Roberto Calasso, con La follia che viene dalle Ninfe, rintraccia le basi
della conoscenza classica occidentale, che solitamente si fa risalire agli
dei olimpici maschili, nelle Ninfe, divinità delle sorgenti e degli alberi, e
ri-modula così una mitologia sul rapporto tra conoscenza e natura legata
al femminile. Apollo e Dioniso, scrive Calasso, avrebbero usurpato i
meriti e la creatività delle Ninfe.
E delle Ninfe, spiega ancora Calasso, è riduttivo vedere solo l'aspetto
legato alla fertilità e all'eros; quello che le Ninfe portano, sotto forma di
possessione-follia, è la vera conoscenza che sgorga liquida come una
sorgente o guizza come il serpente: è un gesto vivo inatteso e irruento,
che riappare poi nel Rinascimento, e che egli rintraccia nell'improvviso
movimento dei capelli della Venere di Botticelli (Aby Warburg).
Il gesto vivo, l'improvviso muoversi verso il fuori, è quello che caratterizza
le donne, scrittrici, fotografe, poetesse, architette, paesaggiste,
scienziate e artiste in senso più ampio, che sono state scelte in questo
breve elenco, in una genealogia dell'estetica femminile per la costruzione
di una ecologia del paesaggio. Un elenco aperto che conta molte più
protagoniste e che, speriamo, diventi sempre più ampio.
Non siamo di fronte a una trattazione metodologica del pensiero femminile
quanto piuttosto a una diversa lettura di una serie di opere, alcune anche
molto conosciute, di personalità diverse e anche lontane fra loro che lungo
tutto il novecento e fino a noi oggi, hanno usato la metafora del paesaggio
(spazio, luogo, natura), arrivando attraverso di esso a rivendicare un proprio
ruolo nel mondo. In ognuna di queste pensatrici e artiste appare il “gesto
contro-verso“, che spinge le donne non solo a uscire fuori dai confini di una
zona confortevole, che spesso è decisa da altri, ma questo movimento
o scarto è legato, più o meno inconsapevolmente, alla descrizione o
a un linguaggio che nasce dall’osservazione della natura, che usa la
natura o il paesaggio come modello fino a farlo diventare, nei casi più
recenti, anche progetto di partecipazione. Per le donne qui analizzate la
liberazione sembra avvenire proprio attraverso quel gesto vivo di cui parla
Calasso, e quindi uscendo fuori, all'aria aperta: uscire da casa, prendersi
cura del giardino, della natura, dell'ambiente, non è più una svagata
contemplazione dei fiori, ma una vera forma di ribellione.
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Donatella Scatena
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Scatena
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UNA MONTAGNA
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PENSARE
COME UNA
MONTAGNA
•••
INSETTI E FUGHE
Il gesto ribelle, che unisce la ricerca di tutte le donne qui analizzate,
emerge già in epoca barocca in Germania. Marya Sibylla Merian (1647 1717) può essere considerata, in questa breve genealogia femminile, la
matriarca del pensiero di ribellione legato allo studio della natura. Quella
in cui ha vissuto Sibylla è un’epoca di grande entusiasmo per la scienza
e Francoforte é scena di intensi scambi con il resto del mondo. Dotata
di un talento raro per il disegno Sibylla ha accesso alle grandi collezioni
di fiori e farfalle e frequenta i ricchi giardini che sono il passatempo
dell’alta borghesia della sua epoca e della sua città.
Ma disegnare insetti non era consentito nemmeno agli uomini, poiché
gli insetti erano considerati animali immondi. Nonostante marito e
figlie Sibylla scrive un libro sui bruchi La metamorfosi meravigliosa dei
bruchi e il loro curioso nutrimento floreale (1679/83), che può essere
considerato metafora della sua vita. Solo scappando dal marito nel
Surname, potrà liberamente inseguire le sue ricerche su insetti e fiori
rari, diventando lei, e la figlia Dorothea che l'ha accompagnata, prime
donne esploratrici.
•••
GIARDINI E RIBELLIONE
È nell'epoca vittoriana, contraddittoria e sessuofoba, che emergono
figure di donne determinate che attraverso l'azione della scrittura
esprimono le inquietudini femminili: nei romanzi e nei racconti di queste
autrici il giardino e più in generale, il luogo aperto assume la valenza di
un protagonista e diventa simbolo di un'altra se stessa più libera.
Elizabeth von Arnim (1866-1941), nata Mary Annette Beauchamp,
australiana ma cresciuta in Inghilterra, è stata autrice prolifica.
A pagina 31 di Il giardino di Elizabeth (1898) scrive:
È il giardino il posto in cui vado a cercare rifugio e riparo, non la casa. In
casa ci sono doveri e seccature, servitù da esortare e ammonire, mobili, e
pasti; ma là fuori i doni del cielo mi si affollano intorno a ogni passo… è là
che mi rammarico della cattiveria che c’è in me, di quei pensieri egoisti che
sono molto peggiori di quanto sembri; è là che tutti i miei peccati e le mie
stupidaggini sono perdonate, là che mi sento protetta e a mio agio, e ogni
fiore, ogni erba è un amico e ogni albero è un amante!
Fa considerazioni sullo stato delle donne contadine:
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Comunque non sono ancora riuscita a persuadermi che (queste) donne siano
felici. Devono sopportare un lavoro al pari di quello degli uomini e sono pagate
di meno; devono far figli, senza che assolutamente si tenga conto dei tempi e
delle stagioni e che in generale la situazione sia opportuna; devono farlo il più
in fretta possibile, in modo da non interrompere troppo a lungo il lavoro che
hanno per mano; nessuno le aiuta, nessuno le nota o se ne cura, meno di tutti
il marito!
Considerazioni che poi si allargano a tutta la sfera femminile fino a farle
sostenere una posizione femminista ante-litteram, quando pensa di
dover trovare un marito alle sue tre figlie, come le viene imposto dalla
rigida educazione alto-borghese:
Non riesco a immaginare niente di più spiacevole di un genero, e inoltre non
credo assolutamente che avere un marito sia una buona cosa per una ragazza.
Farò del mio meglio negli anni che ho a mia disposizione per insegnare loro
ad amare tanto il giardino e la vita all’aria aperta, e perfino l’agricoltura, che,
se avranno dentro di se’ un barlume della loro madre, non chiederanno e non
vorranno niente di meglio.
Elisabeth possedeva realmente un giardino, anzi una grande tenuta in
Pomerania. Il tono della von Arnim resta sempre leggero, anche quando
parla seriamente del suo desiderio di libertà legato sia al giardino sia ai
luoghi (Un incantevole aprile, 1922), così come apparentemente lieve è la
scrittura della sua più famosa cugina Katherine Mansfield (1888-1923).
Nei suoi romanzi il giardino è si luogo di feste, di giochi e ma anche di
conflitti sociali. In giardino (The Garden Party, 1922), la protagonista
Laura, individua per la prima volta l'assurdità delle distinzioni delle
classi sociali, che sfocerà nel dramma, poi, del racconto. Quando Laura
vide uno degli operai che preparavano le tende della festa inchinarsi,
strofinare e annusare una spiga di lavanda:
Si dimenticò completamente dei karaka, sorpresa che a quell'uomo piacessero
cose del genere, che apprezzasse il profumo della lavanda. Quanti uomini di
suo conoscenza avrebbero fatto una cosa del genere? Oh com'erano simpatici
quegli operai, pensò. Perché non potevano essere loro i suoi amici, invece di
quegli stupidi ragazzotti con cui partecipava ai balli e che si presentavano a
cena la domenica sera?“.
Ne L'Aloe, storia di una famiglia australiana, terra dalla quale la
Mansfield proviene, il giardino della nuova grande casa è sì l'universo
incantato dei giochi, ma anche il terreno di un nuovo feroce altare del
sacrificio dove i bambini assistono atterriti all'uccisione dell'oca grassa
per la cena. Giardini come campi d'azione, dove agli usi domestici si
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Donatella Scatena
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Scatena
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UNA MONTAGNA
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PENSARE
COME UNA
MONTAGNA
sostituiscono pensieri nuovi di libertà, come quelli di Linda, moglie del
patriarca: “Mamma, andiamo in giardino. Mi piace quell'aloe. Mi piace
più di qualunque altra cosa, qui, e sono certa che me ne ricorderò anche
quando avrò scordato tutto il resto“. Quando, cioè, “si fosse decisa a non
restare oltre“.
Così come possedeva un bellissimo giardino Virginia Woolf (1882-1941),
Monk's House. Al suo primo sopralluogo Virginia trovò che la casa
avesse stanze piccole e una totale assenza di comodità. Le sue ostilità
caddero solo uscendo in giardino dove dovettero “cedere il passo al
gran diletto che ispiravano le dimensioni e la forma e la fertilità e l’aria
selvatica del giardino. Sembrava che vi fosse un’infinità di alberi da
frutta“. Alla costante ricerca di una stanza tutta per sé la Woolf affianca
nel suo affannoso e caotico desiderio di felicità, la minuziosa descrizione
del paesaggio in tutti i suoi romanzi come la natura anche umana che
cerca un ordine attraverso l'organizzazione della festa in Mrs Dalloway
(1925), o il flusso di coscienza di Gita al Faro (1927) che sarebbe
ininterrotto e non narrabile se non entrasse nella scrittura la descrizione
della natura. La natura e il paesaggio si appropriano del movimento
della psiche e rappresentano delle figure di riferimento, come nel teatro
della memoria rinascimentale. Attraverso gli elementi del paesaggio il
fluire dei pensieri si dipana, la coscienza impetuosa trova delle pause di
riflessione:
Vedendo davanti a sé quella siepe che aveva tante e tante volte sottolineato
una pausa, espresso una conclusione, vedendo la moglie e il figlio, vedendo
le anfore con i rossi gerani rampicanti che avevano spesso ornato processi
mentali, e portavano scritti tra le foglie quali fossero pezzi di carta sui quali
si annota qualcosa nella fretta di leggere…vedendo tutto questo scivolò
serenamente nelle riflessioni suggerite da un articolo del Times sul numero di
americano che visitano ogni anno la casa di Shakespeare. Se Shakespeare non
fosse mai esistito, si chiedeva, il mondo sarebbe molto diverso da quello che
era oggi?
Virginia Woolf conobbe nel 1922 Vita Sackville-West (1892-1962) e
la fece entrare nel gruppo artistico-letterario di Bloomsbury, nato
nel 1905 a Londra, i cui membri si riunivano in case private nel
quartiere da cui prese il nome e che durò fino alla seconda guerra
mondiale. A lei dedicò Orlando (1928), trasfigurazione letteraria del
loro amore. Sepolto nel libro, quest’amore finì pochi mesi dopo la sua
pubblicazione. Nella trasposizione cinematografica di Sally Potter del
1992, Tilda Swinton/Orlando cade dopo la lunga corsa nel labirinto del
giardino inglese e distesa a terra con il viso sul prato inumidito dalla
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Immagine di Vita Sackeville-West rielaborata da Cinzia Capalbo.
nebbia sussurra:“Natura, natura, io sono la tua sposa. Prendimi“.
In Ritratto di un matrimonio Nigel Nicolson figlio della Sackville-West
così descrive la madre, divertente, anticonformista e trasgressiva:
“Vita era sempre innamorata. Che io sappia, non vi fu mai un momento,
in vita sua, che non spasimasse per qualcuno, che non stesse in
smaniosa attesa dell’unica persona che, in quel periodo, poteva placare
la sua smania“. Vita, come è noto, aveva anche una incredibile passione
per il giardinaggio. Ne è stata una grandissima esperta: per 15 anni, dal
1946 al 1961, ha tenuto una rubrica sull’Observer, pubblicata in Italia
con il titolo Il giardino alla Sackville-West. Il suo White Garden (www.
enciclopediadelledonne.it):
un giardino “grigio e bianco“, un mare di cespi dal fogliame grigio, intervallati
qua e là dagli alti fiori bianchi […] le bianche trombe di gigli regali, tra il grigio
dell’artemisia e della santolina, con il Dianthus “Mrs Sinkins“ e le coltri
argentee di Stachis lanata, più familiare e più simpatica con i nomi inglesi
“orecchia di coniglio“ o “pezzuola del Salvatore“. Ci saranno viole del pensiero
bianche e peonie dello stesso colore, e iris bianchi dalle foglie grigie.
Ancora oggi il giardino bianco “virginale, selvaggio, patrizio“ esiste.
•••
L'ARTE DI PERDERE
C'è un altro grande amore, stavolta oltreoceano, che ha fatto scandalo
nella seconda metà del Novecento, tra una importante poetessa e
un'architetta paesaggista.
Elisabeth Bishop (1911-1979) in Una sola arte scrive: “L'arte di perdere
si impara presto...Ho perso due care città, e un continente;/due fiumi,
reami vasti e certe/mie tenute./Mi mancano, però non è un grave
incidente./Anche se perdo te (la voce tua ridente,/un gesto che amo), è
chiaro, non farò smentite:/l’arte di perdere s’impara facilmente,/ma pare
un grave (Scrivilo!) grave incidente.“ La sua è una poetica tutta basata su
parole di un paesaggio domestico, per questo ancora più crude.
Lota de Macedo Soares, (1910-1967) nota in Brasile come grande
paesaggista, avendo preso parte al progetto del Parco del Flamengo
con Magu Leao, Burle Marx e Jorge Moreira è conosciuta fuori dalla
sua terra natia solo per il suo legame con la Bishop. Per lei disegnò
una grande casa immersa nella foresta. Anche la loro storia è diventata
un film, mai arrivato in Italia, Reaching for the Moon (2013 di Bruno
Barreto).
132
•••
IL CONTRIBUTO ITALIANO
E LA FONDAZIONE DI UN SAPERE NUOVO
In Italia tra gli anni settanta e ottanta dello scorso secolo la coscienza
femminile ha cominciato a strutturarsi in vera e propria ideologia, in
femminismo Una riflessione molto intima fu riportata alla fine degli anni
ottanta in un dibattito aperto dentro una rivista: Lapis. Protagoniste sono
soprattutto Rossana Rossanda e la direttrice della rivista Lea Melandri.
Rossanda è una delle intellettuali che, per prima, si pone il problema
di una “fondazione del sapere“ che non nasca più solo da un sistema
patriarcale. Per lei, scrive la Melandri, “la volontà di essere altro,
condividere e produrre idee, aprire la strada a un protagonismo
femminile“ che si faccia “politica e che (perciò rappresenti) una minaccia
al secolare governo del mondo da parte dell'uomo“può attuarsi solo
superando quello che ella stessa definisce un “duplice paesaggio
mentale“.
È come se il pensare il proprio sesso secolarmente escluso e l'aprirsi della
società politica, che ancora la esclude, in una problematica prima sconosciuta,
e nella quale si instaurano nuovi rapporti e nuove dipendenze, fossero un
duplice paesaggio mentale non sovrapponibile; e quello dei due che sta nella
storia immediata, il farsi concreto della Rivoluzione nel mutare delle scelte e
dei valori, fosse per loro (le donne) così distante e insolito da non riuscire a
coglierlo realmente, a intervenire realmente, a scegliere realmente (Rossanda,
Anche per me).
Liberarsi dal dominio del corpo, della maternità, della seduzione con le
quali le donne sono state costrette a misurarsi per secoli, può avvenire
allora, scrive ancora la Rossanda, cercando la bellezza altrove e potendo
godere di una estetica senza subirla.
Ne L'orto di un perdigiorno Pia Pera si chiede da dove arrivi la bellezza
e la trova in una siepe spontanea, al bordo di una strada di campagna:
“Desideravo che la siepe avesse quel genere di bellezza che nessuno
ha voluto o progettato, capitata per caso a margine del lavoro spiccio
di una ruspa“. Intanto coltiva chiari pensieri di insurrezione verso il
suo insegnante contadino: “Obbedisco, ma intanto penso anche alla
seccatura di avere uno che pretende di farmi fare come vuole lui. Tutto
sommato non è mica così svantaggioso non avere maestri. Faccio come
mi viene detto, ma intanto covo pensieri di ribellione: le viti sono ancora
piccole, l'anno prossimo le manderò come piace a me“. Il suo unico
maestro è Fukuoka e la sua filosofia della non-azione, una contraddizione
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Donatella Scatena
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UNA MONTAGNA
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PENSARE
COME UNA
MONTAGNA
sia per ciò che riguarda il lavoro da dedicare alla cura della terra, sia
per quanto attiene al gesto-vivo. Eppure Fukuoka, nel suo pensiero
non lineare, serve a Pia Pera per esprimere il pensiero ecologico: “non
si è fatto abbastanza per impedire lo scempio del pianeta, perché la
produzione dissennata di ricchezza da parte dei creatori di brutto —
mercanti d'armi, di auto, di merci inutili — ha portato alla distruzione di
ricchezze già date, quelle non quantificabili in denaro perché prive del
valore aggiunto del lavoro: l'aria l'acqua, la luce del sole“. Per Fukuoka
meglio non fare piuttosto che “scalare una montagna di cose, di merci e
anche di spazzatura“.
•••
PENSARE COME UNA MONTAGNA: TESSERE, CUCIRE, LEGARE
La montagna è una metafora forte, che Maria Lai (1919-2013) ha usato
per una performance collettiva del 1981, “Legarsi alla montagna“,
documentata da un video di Tonino Casula.
Sull'ispirazione di un antico racconto orale di Ulassai che narra di una
bambina che si era salvata dalla frana di una montagna grazie a un
nastro celeste, Maria Lai, ha coinvolto tutti gli abitanti a legare le proprie
case con un nastro di tela di 26 km, arrivando fino alla montagna.
“L’arte“ ha detto la Lai “testimonia la parte più preziosa dell’umanità,
in un momento in cui l’umanesimo è messo in pericolo“ celebrando
così il valore sociale dell'arte e quello forte di partecipazione sociale del
paesaggio. Un filo che ricuce lo troviamo nel 2016 a Bassam, in Costa
d'Avorio, tre settimane dopo gli attacchi terroristici. Qui l'artista Joana
Choumali (1974) decide di fotografare con il suo Iphone il paesaggio
desolato e atterrito dall'attentato riprendendo i luoghi e i suoi abitanti:
“Ho scelto di usare il mio iphone anziché la mia macchina fotografica
DSLR per catturare la gente in modo discreto. Essi non sanno che sono
fotografati, in questo modo la loro posa è naturale. Ho fatto delle foto
come se facessi una scansione della città“.
Per far fronte alla tristezza della popolazione, ma anche alla sua, Joanna
inizia a ricamare a mano le foto. Ne nasce il progetto Ca va aller una
serie di immagini cucite da fili colorati. “Bassam mi ricorda i pranzi di
nozze della mia famiglia, tutte quelle domeniche pomeriggio della mia
infanzia dove trascorrevo ore felici con i miei cari, nello stesso identico
posto dove è avvenuto l’attacco“. Scrive Joana. Anche a Bassam, luogo
pieno di storia, “piccola città silenziosa e tranquilla“, un filo colorato
serve a riallacciare idee, sentimenti rapporti e paesaggi.
134
•••
ABITARE LA TERRA
Con Caterina Resta e Luisa Bonesio il pensiero femminile diventa
metodologico, legandosi anche nel linguaggio all'idea di luogo.
Resta e Bonesio sono due filosofe italiane che mediando dalla
Geofilosofia di Deleuze e Guattari hanno enunciato le dieci tesi di una
filosofia radicale che “impone una diversa concezione della frontiera,
dell'appartenenza e della comunità“ ma anche “un pensiero del cuore“
che mira a “contribuire al processo di unificazione europea“ e intanto
“prepara l'incontro tra Oriente e Occidente, Nord e Sud del Mondo“.
La Geofilosofia di Resta e Bonesio non intende semplicemente
rovesciare la gerarchia di valori per rivendicare un matriarcato contro
un patriarcato dominante. Come amore del sapere della Terra la
Geofilosofia si allinea con il pensiero di Calasso dal quale siamo
partiti per recuperare, come scrivono le autrici, il femminile: “Solo
nell'accogliere il femminile che ha espunto fuori da sé, il pensiero
occidentale potrà trovare la compiutezza, l'equilibrio, l'armonia che gli
mancano. Potrà finalmente dirsi amorevole e materno, un pensiero
del cuore, nel quale anche la mente sia compresa, senza per questo
arrossire, o ritenersi poco rigoroso e virile“. Il cuore diventa luogo, la
tenerezza si fa paesaggio e non sentimento falsamente romantico,
mero rovescio della razionalità: “Il cuore è piuttosto lo spazio
dell'Anima, colto nella sua potenza immaginativa, luogo del non-dove
in cui hanno luogo le sue visioni, punto d'incontro e di traduzione tra
interiorità ed esteriorità, amore e conoscenza, io e Mondo, femminile e
maschile“.
Il collettivo muf architecture è l'ultimo caso di cui si occupa questo
articolo, per questioni di spazio. Il nome, che deriva da mafia è stato
dato loro da altri poiché era già sospettoso, dicono, che fossero delle
donne a mostrare interesse per il progetto di spazio pubblico. Loro sono
riuscite a farlo, anche e soprattutto provenendo da discipline diverse
che si occupano di spazi aperti sia in maniera teorica, sia architettonica,
artistica e urbana. Making space in Dalton (2009) è uno dei loro progetti
in un quartiere di Londra complicato e da riattivare. Il nome completo
del loro studio è “muf architecture/art“, loro parlano di strategie, arte,
cooperazione, spazi pubblici, disorientando l'interlocutore che pensa che
un architetto debba parlare solo di edifici. Loro non sono anti-edificio,
semplicemente guardano al di la di esso, a ciò che sta oltre il suo
confine formale, a ciò che sta fuori.
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Donatella Scatena
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Scatena
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UNA MONTAGNA
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10.4399/978882552597714, pp. 126-135 (luglio 2019)
PENSARE
COME UNA
MONTAGNA
paesaggio e ambiente
1. Ecologia ed estetica nel progetto di paesaggio
a cura di Fabrizio Toppetti e Federico Di Cosmo
Finito di stampare nel mese di luglio del 2019
dalla tipografia «The Factory S.r.l.»
00156 Roma – via Tiburtina, 912
per conto della «Gioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale» di Canterano (RM)