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I sigilli di Biblo del III millennio

Introduzione "Versa nelle giare… sigilla col tuo sigillo… sigilla l'accesso al tetto!" (da una lettera degli archivi di Mari) Il sigillo, dal latino sigillu(m), diminutivo di signu(m) "segno" è sia l'impronta su materia molle, ottenuta con una matrice, o tipario, incisa in negativo, sia la matrice stessa. Questa viene e veniva applicata sull'imballaggio quale garanzia dell'integrità del prodotto contenuto, oppure su locali al fine di impedire che qualcuno vi penetri, od ancora su documenti allo scopo di autenticarli o per far si che nessuno ne prenda conoscenza, se non il solo destinatario 1 . Il "suggello" nelle antiche civiltà fu importante strumento di chiusura e di garanzia di documenti, lettere di ordine, contenitori di prodotti alimentari e porte. Fu anche il mezzo con cui le alte e medie gerarchie dialogavano con i funzionari di rango minore. Fu strumento efficacissimo di convalidazione di leggi, decreti, contratti e "segno" di riconoscimento personale, sia di privati, che funzionari, che re e regine 2 . L'uso poteva anche essere ornamentale, come mostra un rilievo da Mari con sacerdotesse che li indossavano applicati alla veste o portati come pendenti di collane e bracciali 3 , fino ad essere adoperati come amuleti per la valenza magica sia dell'immagine incisa che del tipo di pietra usata come supporto. I caratteri e le funzioni del sigillo si tramandarono ed evolsero nel tempo, andando a configurarsi sempre più come simbolo ed espressione dell'autorità, nonché come elemento giuridicamente insostituibile nei rapporti contrattuali tra privati (la classe più povera, non potendosi permettere questo supporto, apponeva la sua "firma" con l'impronta dell'unghia 4 ). Secondo il diverso livello di cultura e di raffinatezza dei vari popoli il sigillo assunse anche notevoli pregi d'arte: le figure richiamano valori civili e religiosi, le immagini incise, iconografie talvolta molto complesse ma anche ripetitive, possono nella grande quantità di varianti, differire per qualche piccolo particolare da cui si può individuare il proprietario 5 . Con il diffondersi della scrittura quando verso il protodinastico la società diventa letterata, vengono affiancate da iscrizioni. Nella storia dell'arte sono annoverati tra le arti minori e studiati dalla glittica, l'arte di intagliare ed incidere pietre dure e preziose. Secondo P. de Miroschedji, non furono i sigilli, almeno in Palestina, la prima manifestazione della glittica. Gli esemplari più antichi, del V millennio, sono stati trovati a N d'Israele: si tratta di cachets lenticolari in calcare rosso, bruno, grigio e nero, in cui forme, rotonde o rettangolari, e decorazioni, quadrati e cerchi, sono caratteristici di questa epoca e direttamente ispirati dai loro omologhi libanesi e siriani 6 . Usati in particolare dalle culture mesopotamiche fin dal IV millennio, sono incisi su pietre tenere, a volte semipreziose, ma anche su terracotta, osso, avorio 1

Sisba - Scuola Interateneo di Specializzazione in Beni Archeologici I sigilli di Biblo del III millennio Specializzanda: Marta Narducci Esame di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente Antico Prof.ssa Elena Rova Indice Introduzione. p. 1 Cap. 1 Il III millennio: inquadramento storico. p. 4 Par. 1.1 Relazioni tra Iran, Egitto e Siria-Palestina nel IV e III millennio: testimonianze dalla glittica. p. 6 Cap. 2 Biblo, ovvero Gubail. p. 12 Cap. 3 I sistemi di comunicazione. p. 16 Cap. 4 I periodi I-II-III di Dominique Collon. p.18 Cap. 5 Codici testuali nello studio quantitativo delle immagini in archeologia. Un esempio analitico. p.20 Cap. 6 I sigilli di Biblo: a stampo e cilindrici. Par. 6.1 I motivi. Par. 6.2 Dati cronologici e stratigrafici. Par. 6.3 La produzione di sigilli cilindrici in Libano. Par. 6.4 Funzione ed uso dei sigilli cilindrici. p.22 p. 23 p. 26 p. 29 p.31 Conclusioni. p.33 Tavole 1-35 Bibliografia. Introduzione “Versa nelle giare… sigilla col tuo sigillo… sigilla l’accesso al tetto!” (da una lettera degli archivi di Mari) Il sigillo, dal latino sigillu(m), diminutivo di signu(m) “segno” è sia l’impronta su materia molle, ottenuta con una matrice, o tipario, incisa in negativo, sia la matrice stessa. Questa viene e veniva applicata sull’imballaggio quale garanzia dell’integrità del prodotto contenuto, oppure su locali al fine di impedire che qualcuno vi penetri, od ancora su documenti allo scopo di autenticarli o per far si che nessuno ne prenda conoscenza, se non il solo destinatario 1. Il “suggello” nelle antiche civiltà fu importante strumento di chiusura e di garanzia di documenti, lettere di ordine, contenitori di prodotti alimentari e porte. Fu anche il mezzo con cui le alte e medie gerarchie dialogavano con i funzionari di rango minore. Fu strumento efficacissimo di convalidazione di leggi, decreti, contratti e “segno” di riconoscimento personale, sia di privati, che funzionari, che re e regine 2. L’uso poteva anche essere ornamentale, come mostra un rilievo da Mari con sacerdotesse che li indossavano applicati alla veste o portati come pendenti di collane e bracciali 3, fino ad essere adoperati come amuleti per la valenza magica sia dell’immagine incisa che del tipo di pietra usata come supporto. I caratteri e le funzioni del sigillo si tramandarono ed evolsero nel tempo, andando a configurarsi sempre più come simbolo ed espressione dell’autorità, nonché come elemento giuridicamente insostituibile nei rapporti contrattuali tra privati (la classe più povera, non potendosi permettere questo supporto, apponeva la sua “firma” con l’impronta dell’unghia 4). Secondo il diverso livello di cultura e di raffinatezza dei vari popoli il sigillo assunse anche notevoli pregi d’arte: le figure richiamano valori civili e religiosi, le immagini incise, iconografie talvolta molto complesse ma anche ripetitive, possono nella grande quantità di varianti, differire per qualche piccolo particolare da cui si può individuare il proprietario5. Con il diffondersi della scrittura quando verso il protodinastico la società diventa letterata, vengono affiancate da iscrizioni. Nella storia dell’arte sono annoverati tra le arti minori e studiati dalla glittica, l’arte di intagliare ed incidere pietre dure e preziose. Secondo P. de Miroschedji, non furono i sigilli, almeno in Palestina, la prima manifestazione della glittica. Gli esemplari più antichi, del V millennio, sono stati trovati a N d’Israele: si tratta di cachets lenticolari in calcare rosso, bruno, grigio e nero, in cui forme, rotonde o rettangolari, e decorazioni, quadrati e cerchi, sono caratteristici di questa epoca e direttamente ispirati dai loro omologhi libanesi e siriani6. Usati in particolare dalle culture mesopotamiche fin dal IV millennio, sono incisi su pietre tenere, a volte semipreziose, ma anche su terracotta, osso, avorio 1 2 3 4 5 6 N. Zingarelli, Vocabolario della lingua Italiana, 1990, p. 1802 Granati, I sigilli nell’antichità, p. 19 E. Rova, Lezioni Sisba AA. 2011-2012, Aquileia 2012 M. Fales in AA.VV., Seminario Sisba di Archeologia Orientale, Aquileia 2012 Cfr. nota 3 P. de Miroschedji, La gliptique palestinienne du Bronze ancien, p. 190 e dal III millennio su metalli, questi ultimi scarsamente conservati perché riutilizzati come materiale da fusione, dal II millennio si rinvengono supporti in faience e paste vitree. Venivano lavorati con utensili in selce ed il potere incisorio aumentato con l’uso di smeriglio, cioè sabbia, soprattutto nel caso di sigilli di qualità minore e con mezzi meccanici quali il trapano ad archetto, per la loro realizzazione venivano anche usati altri strumenti come la ruota e la sega e le rifiniture fatte a mano con ceselli e bulini, hanno dimensioni miniaturistiche, tra i 2 e 4cm, alcuni esemplari arrivano ad 8cm. Gli esemplari più antichi sono più tozzi, mentre quelli più moderni più snelli, nascono per esigenze burocratiche, l’amministrazione dei grandi imperi, templare e palatina, aveva una gestione delle risorse basata sulle razioni ed insieme alle tavolette e prima di queste le bullae, costituiscono la metodologia di registrazione di entrata ed uscita di merci varie, permettendo l’identificazione del funzionario e del palazzo responsabile dei beni sigillati 7. Il loro studio nella documentazione materiale di un sito può dare informazioni sull’appartenenza del sito stesso in un determinato periodo ad un particolare regno od indicare rotte commerciali e rapporti internazionali di import/export. La pratica della sigillatura risale in realtà al tardo neolitico quando le comunità cominciano a conservare derrate alimentari in comune. La grande diffusione mesopotamica influenzerà anche il Levante, dove venivano usati scarabei e scaraboidi, in Mesopotamia invece, il sigillo a cilindro soppianterà il sigillo a stampo che veniva impresso con movimento verticale, mentre nelle aree circostanti l’uso del sigillo a stampo è in concorrenza con quello a cilindro che viene usato sporadicamente, nell’impero assiro ad esempio, quello a cilindro viene usato dalla gente comune, mentre quello a stampo dai funzionari in quanto elemento mancante nelle epoche precedenti e dunque innovazione tecnologica immediatamente adottata 8. L’uso di sigilli come testi è documentato dunque fin dal VII millennio, per il V millennio abbiamo impronte di sigillo dalla Turchia e dall’Iraq, venivano usati nelle società complesse non ancora dotate di scrittura con lo scopo di documentare la proprietà di determinati prodotti ed erano una sorta di mezzo di controllo delle attività economiche, dalla metà del IV millennio compare ad Uruk e Susa il sigillo cilindrico a scopi amministrativi, la sua conformazione permette di sigillare superfici molto ampie, vengono usati per oltre tre millenni a scopo amministrativo e legale e la maggior parte dei testi di impronte sigillate tradotti, sono di tipo economico-amministrativo 9. Le impronte di sigilli infatti, vanno considerate come parte integrante del testo sigillato, i sigilli sono sistemi di comunicazione paralleli e complementari e la scrittura quando compare, diventa uno dei possibili sistemi di comunicazione in Mesopotamia ed anche in Siria nord orientale, dove a Tell Beydar, ad esempio, l’uso è attestato in maniera autonoma rispetto ai testi. Lo studio dei sigilli comporta anche l’analisi delle sigillature, grumi di argilla non cotta o essiccata su cui veniva rollato il sigillo, le impronte si trovano anche su 7 8 9 Cfr. nota 3 Cfr. nota 3 S. Graziani in AA.VV., Seminario Sisba di Archeologia Orientale, Aquileia 2012 ceramica e gesso e forse cera d’api 10. Venivano sigillati oggetti ben precisi, nel caso delle porte, la cretula veniva applicata alla corda arrotolata sul piolo a chiusura del paletto della porta stessa e questa rollata in direzione perpendicolare. Paletti simili potevano chiudere anche vasi, cesti di vimini e sacchi di tela 11. La sigillatura delle informazioni creò il sistema delle bullae che studiate da J.d.Besserat, sarebbero predecessori delle tavolette rettangolari e venivano usate nella gestione delle merci. Erano di due tipi: 1) sferiche, datate alla seconda metà del IV millennio, sono palle di argilla internamente cave che contengono i tokens, gettoni, contrassegni numerici concreti (i numeri astratti compariranno nel III millennio) di quantità e tipo di derrate specifiche, la sigillatura garantiva l’integrità del complesso; 2) fusiformi, più recenti, indicano esborsi di razioni, animali, foraggio ecc.12. A livello stilistico i sigilli mostrano una simmetria centrale per cui non hanno né inizio né fine se sviluppati in piano, in alcuni casi, gli elementi divisori sembrano distanti dalla scena madre, tanto da far pensare ad una volontà di riproduzione infinita della scena stessa. Sono caratterizzati da un horror vacui, il desiderio di riempire anche con semplici incisioni gli spazi vuoti, in alcuni sigilli ci sono piccole unità semantiche a sé stanti e giustapposte che creano una sequenza infinita ma con pause interne, in molti casi la connessione è puramente mentale, in molti altri non c’è. Per quanto riguarda l’uso dello spazio del sigillo, il rilievo è piuttosto accentuato con una volontà tridimensionale ma che non evoca una realtà materiale. Nelle composizioni di figure intrecciate tra loro in una catena ininterrotta si ha l’impressione del girotondo. Le composizioni araldiche invece sono schemi di composizioni simmetriche che però divergono nei dettagli che sono simboli o elementi vegetali, come l’albero sacro nelle composizioni assire e neo-assire, usati forse per evocare un certo senso di profondità spaziale, come fosse un corridoio che guida verso l’emblema. Lo spazio delle composizioni simmetriche sembra essere abitato dalla divinità, elemento ricorrente è lo stendardo, come quello di Inanna (un fascio di canne legate), che serve a delimitare lo spazio sacro e che spesso, come elemento iconografico funge da riempitivo, si trova ai lati di edifici identificabili come templi o delimita processioni di animali dette “greggi sacre”. Il sigillo verrà usato soprattutto per la chiusura di porte, fino alla fine della civiltà vicino orientale, i sigilli più recenti datano ad età achemenide13. Cap. 1 Il III millennio: inquadramento storico "All human action may be viewed at a distance as exchange, both of material and of nonmaterial goods." (C. Renfrew) "The exchange can be conceptualized as a network in which the different participants in the interactions are the network nodes and the exchanges are the links between them." (G.D. 10 11 12 13 Cfr. nota 3 Cfr. nota 3 M. Maiocchi in AA.VV., Seminario Sisba di Archeologia Orientale, Aquileia 2012 Cfr. nota 3 Degarmo)14 Il Vicino Oriente Antico (da ora in avanti VO) è stato da sempre definito come “culla della civiltà”, questo perché la civiltà per noi rappresentata dall’eredità del mondo classico, prima greco e poi romano, ha alle spalle qualcosa di più antico a farle da premessa, in realtà con lo sviluppo delle ricerche, l’orizzonte spaziale e cronologico delle conoscenze del mondo antico in generale si è straordinariamente dilatato ed i fenomeni che potevano sembrare circoscritti o caratterizzanti determinate civiltà si dimostrano sempre più interrelati e non in modo univoco. Il mondo egeo ad esempio, prima del sorgere della civiltà micenea, mostra già dal Medio Bronzo contatti di lunga durata con il mondo orientale, che si riflettono nella cultura artistica ma anche nel modo di funzionare delle città e nel loro rapporto con la realtà rurale15. L’importanza degli scambi come fattore di civilizzazione è stata analizzata ed enfatizzata da diversi studiosi: scambio di beni e conoscenze sono elementi vitali dell’interazione sociale ed economica tra culture ed il loro studio può aiutarci a capire il modo di risposta a stimoli esterni. Gli scambi commerciali e/o culturali, basandosi sulle reti, vengono analizzati attraverso i resti materiali delle culture coinvolte 16. Verso la metà del IV millennio nella Mesopotamia meridionale si verifica un fenomeno di vasta portata, noto come “Prima Urbanizzazione” che intreccia elementi di carattere sociale, ambientale e tecnologico per dar vita ai primi organismi cittadini complessi, organizzati in modo gerarchico attorno alle istituzioni del tempio e del palazzo. Tale modello si diffonderà nel giro di pochi secoli in tutto il VO portando con sé molte delle innovazioni che hanno consentito l’affermarsi dei primi centri urbani, tra cui la scrittura17. Tra il 3000 ed il 2400, si intensificano i rapporti tra i vari organismi urbani che si configurano come città-stato indipendenti. Si affermano sia episodi pacifici di cooperazione e di commercio anche su lunga distanza, che di conflitto per il controllo delle risorse del territorio 18. L’urbanizzazione fiorisce anche nelle zone periferiche rispetto alla Babilonia centro-meridionale, assumendo tratti caratteristici a seconda del contesto ambientale nel quale si sviluppa. In Siria, l’economia di Ebla si incentra sulla pastorizia e sul traffico di tessuti in alterni rapporti con Mari, culturalmente legata ai centri dell’antica Sumer ma sede di una importante dinastia semitica. Sull’alto Khabur si stanziano i Khurriti con capitale Urkesh, mentre a ovest dell’Eufrate si affacciano sulla storia le prime popolazioni nomadi. Sulla costa del Mediterraneo Tiro, Sidone e Biblo, sembrano da subito attratte nella sfera dei commerci con l’Egitto 19, stato territoriale unitario la cui natura s’identifica ben presto con la figura del suo leader, il faraone di epoca storica. Nella 14 15 16 17 18 19 M.B. Cosmopoulos, Exchange network in prehistory: the Aegean and the Mediterranean in the third millennium B.C., p. 155 L. Milano, Introduzione, in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol. 01, La Grande Storia. L’antichità, Bergamo 2011, pp. 44-75 Cfr. nota 14 M. Maiocchi, L’origine della città, in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol. 01, La Grande Storia. L’antichità, Bergamo 2011, p. 78 M. Maiocchi, Il periodo protodinastico in Mesopotamia, in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol. 01, La Grande Storia. L’antichità, Bergamo 2011, p. 97 M. Maiocchi, Città e formazioni statali nel resto del Vicino Oriente, in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol. 01, La Grande Storia. L’antichità, Bergamo 2011, p. 117 formazione dello stato egiziano e la nascita dell’antico regno il periodo thinita (Dinastie I-III, 30002650), costituisce il passaggio fondamentale per lo sviluppo dello stato territoriale egiziano, retto da un potere dai tratti aggressivi come mostrano alcuni nomi regali del periodo (Aha “Il Combattente”, Djer “Colui che rapisce”, Den “Il Furioso”), il leader egiziano incarna il processo di unificazione legittimato dal consesso divino, questo processo si cristallizzerà con l’adozione in epoca storica, del titolo tradizionalmente tradotto con “re di Alto e Basso Egitto”, formato dall’unione dei termini indicanti il re del sud (nesu) ed il re del nord (bit). Con la III Dinastia l’Egitto entra in una fase nuova che apre le porte al modello statale menfita, il regno di Djeser (2630-2610) opera a livello culturale la svolta decisiva, con la sua fine l’Egitto entra nella fase storica definita Antico Regno. L’età menfita (Dinastie IV-VI, 2575-2150) è segnata da un programma architettonico decisamente ampio che coinvolge tutto il paese. Nell’ultima fase dell’Antico Regno il processo di formazione del modello culturale e politico egizio sembra essere particolarmente avanzato, il controllo del territorio costituisce la premessa per una intensificazione dei contatti di tipo militare e commerciale con regioni spesso lontane20. Verso la metà del XXIV secolo la Mesopotamia viene unificata sotto Sargon di Akkad, questo poi risalirà l’Eufrate fino a Mari in Siria per poi spingersi fino ad Ebla, alle foreste dei cedri del Libano e alle Montagne d’argento del Tauro, assicurandosi così tutte le rotte commerciali strategiche da cui far affluire le risorse per il suo nascente impero 21. Dopo un periodo d’incertezza politica la Mesopotamia meridionale vive un nuovo periodo di splendore sotto i re della III Dinastia di Ur che scacciano i “barbari” Gutei unificando il sud. La macchina amministrativa tuttavia subirà il collasso, a causa di una serie di fatti sia interni che esterni tra cui la pressione dei popoli stranieri: nomadi amorrei ad ovest ed elamiti ad est 22. Il III millennio (che nella storia vicino-orientale ed egiziana è il momento di maggiore incertezza di datazione, sia per la successione cronologica degli avvenimenti all’interno di ciascuna delle aree che per i sincronismi tra l’una e l’altra23) è stato un periodo di significativi sviluppi e rapidi progressi attraverso Mar Mediterraneo ed Egeo ed è in questo momento che Biblo, la cui antichità del sito è nota da Filone di Biblo (Eusebio di Cesarea, Praep. Ev. I, 10, 19) ed il cui promontorio fu occupato fin dal neolitico da un villaggio di pescatori, diviene centro fortificato, è menzionato nei testi egiziani e negli archivi di Ebla e pone le basi per quella fitta rete di contatti con l’area egiziana che caratterizzerà la storia della città24. Il Bronzo Antico IV A (proto-siriano maturo o età di Ebla, 2400-2250) è stato ben evidenziato grazie allo studio dei corredi palatini e degli Archivi di Stato dell’Area G del Palazzo Reale di Ebla (P. Matthiae), per questo periodo si conoscono in Siria due potenze regionali: Biblo 20 21 22 23 24 E.M. Ciampini, La formazione dello stato egiziano e l’Antico Regno, in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol. 01, La Grande Storia. L’antichità, Bergamo 2011, pp. 161-181 M.Maiocchi, Il periodo paleoaccadico in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol.01, La Grande Storia. L’antichità, Bergamo 2011, p. 130 M. Maiocchi, La III Dinastia di Ur, in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol.01, La Grande Storia. L’antichità, Beragmo 2011, p. 146 L. Milano, Introduzione, in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol.01, La Grande Storia. L’antichità, Bergamo 2011, p. 74 S.F. Bondì, M. Botto, G. Garbati, I. Oggiano, Fenici e Cartaginesi. Una civiltà mediterranea, Roma 2009, p. 21 sulla costa ed Ebla nella Siria settentrionale interna, entrambe potenze commerciali. Mentre l’area di influenza di Biblo era probabilmente più limitata, Ebla potrebbe essere stata la vera capitale della Siria settentrionale interna, forse proprio il ruolo dominante, monopolistico, che la Siria esercitava sul commercio di alcune materie prime fondamentali, quali il legname ed i metalli, soprattutto attraverso Biblo ed Ebla, fu la causa che spinse i re di Akkad a condurre spedizioni nella regione “fino al Mare Superiore”25. Par. 1.1 Relazioni tra Iran, Egitto e Siria-Palestina nel IV e III millennio Gli studiosi hanno ormai da tempo riconosciuto che i motivi trovati sia sui sigilli che sulle impronte di sigillo rinvenute in Iran appaiono nell’iconografia egiziana verso la fine del pre-dinastico, intorno al 3000 a.C, nella decorazione incisa sui manici di un gruppo di coltelli in avorio e su tavolette. L’esistenza di motivi simili nella glittica siro-palestinese è stata da tempo notata ma i dati non sono stati sottoposti a comparazione. Il loro studio potrebbe determinare se l’Egitto fu il primo recettore dal mare attraverso l’Arabia e ne trasmise i motivi caratteristici alla Palestina ed alla Siria, o se giunsero per via di terra passando attraverso la Siria, o se ogni regione ne fu influenzata indipendentemente dalle altre. Sono stati esaminati anche sigilli ed impronte di sigillo siropalestinesi con tratti caratteristici della glittica iranica e non trovati nel repertorio egiziano, gettando nuova luce sulla natura della rete di contatti dall’Iran e da Sumer fino all’Egitto. Per descrivere la glittica iranica sono stati usati principalmente due termini: “susiani”, denotando la regione e la cultura di Susa ed i suoi dintorni nel Khuzistan durante Susa I e II (sostituendo il termine “elamiti”, circoscrivibile alla regione dell’Elam, la città di Anshan, nella regione di Fars) e “proto-elamiti”, descrivendo la cultura e la fase archeologica di Susa III, che segue Susa II nel Khuzistan ma che è diffusa nel Luristan, Fars, regioni di Kerman e Sistan, verso la metà del III millennio. Sebbene molti dei motivi trovati in Iran e Siria-Palestina appartengono ai sigilli cilindrici, alcuni paralleli che possono indicare l’origine dei motivi sono stati trovati in sigilli a stampo da Susa I e contemporanei siti nel Fars, Iraq Adjami e Luristan ed ulteriori paralleli sono stati trovati con i sigilli a stampo del periodo tardo Ubaid-Uruk nel nord della Mesopotamia a Tepe Gawra, che si dispone lungo una rotta commerciale. L’affinità tra le culture di Susa II ed il tardo Uruk (raccolte ceramiche e sistemi di registrazione) è stata da tempo identificata e si estende anche alla glittica dei sigilli cilindrici, sebbene la varietà iconografica di Susa sia più alta e con propri tratti distintivi, come elaborate creature composite, grifoni con la cresta all’infuori come ali, fiori e serpenti. Il termine protoelamita è applicabile ad un solo stile glittico trovato a Susa III ed in altri siti dell’Iran in questo periodo, caratterizzato da un tipo di intaglio profondo e spigoloso e da una elaborata iconografia principalmente animale. È stato possibile collegare il materiale iranico con quello egiziano e siropalestinese per i motivi specificatamente susiani e proto-elamiti, come il grifone, per cui sono stati 25 Pinnock, Dispense.mht, par.3.2 trovati i migliori paralleli. Molti dei manufatti egiziani provengono da scavi clandestini o sono privi di contesto ma la maggioranza può essere datata alla prima dinastia. La datazione della glittica siropalestinese è meno specifica e copre un periodo lungo, antico bronzo I-IV. Le impronte ed i sigilli da Arad, Beth Yerah, Megiddo, Hazor in Israele, Biblo nel Libano, Hama e Tell Mardik in Siria, Atchana e Amuq in Turchia, formano il nucleo delle evidenze cronologiche. Un numero considerevole di sigilli cilindrici ed a stampo sono privi di contesto archeologico e possono essere datati solo in base a concetti stilistici ed iconografici26. I motivi comuni ad Iran, Siria-Palestina ed Egitto sono: 1) tête-bêche, con in particolare dall’area del primo insediamento urbano AB I-II di Biblo fregi di leoni ed antilopi tête-bêche ma non sovrapposti (Tavola 1). L’origine di questo motivo risiede in sigilli a stampo di tradizione nord mesopotamica ed iranica, trovati a Tepe Gawra (Ubaid) e Susa I, raro nel repertorio dei sigilli cilindrici di Susa II/tardo Uruk, proto-elamiti/Uruk III e predinastico I-II. Non si tratta di una creazione nativa siriana come suggerito da D. Collon e S. Mazzoni, anche se molto popolare nella Siria-Palestina. La prima comparsa è in contesti stratificati dell’AB I-II di Biblo e Megiddo e nell’AB IV di Tell Mardikh. Raro in Egitto, su un avorio da Hierankopolis ed in alcuni sigilli cilindrici amministrativi dell’Antico Regno27. 2) protomi animali con dall’area gublita, una doppia protome animale di età eneolitica, calcolitico-AB I (Tavola 2a), dall’area del primo insediamento urbano (AB I-II) una doppia antilope o protome di leone (Tavola 2b), attribuito al primo insediamento urbano (AB I-II) una doppia protome di leone (Tavola 2c). Il primo rinvenimento di questo motivo nella sua forma semplice (due teste animali unite da un solo corpo) è su un sigillo cilindrico dal livello 18 di Susa II. Data la predilezione per creature fantastiche e composite evidenziata generalmente nella glittica susiana, un origine iranica è molto probabile. Si ritrova nelle impronte dell’AB I di Jebel Aruda e sui sigilli a stampo del periodo Uruk da Tepe Gawra. Non persiste in questa forma all’interno del proto-elamita, Uruk III, proto-dinastico I-II e nel Levante è stato rinvenuto solo a Biblo da impronte dell’eneolitico e del primo insediamento urbano, da dove sono giunti in Egitto vista la loro stretta affinità 28. 3) grifone, da Biblo, primo insediamento urbano (AB I-II), un motivo di grifone-leone rampante (Tavola 3). Caratteristico della glittica iranica è stato per la prima volta rinvenuto nei livelli 18 e 17 di Susa II. Sono stati portati alla luce anche nel livello IV di Tepe Sialk, in Susa proto-elamita e Shahr-iSokhta. I grifoni egizi solitamente somigliano a quelli Susa II con l’eccezione di uno su avorio da Hierankopolis. I grifoni levantini sembrano derivati da quelli di Susa II, il leone alato dall’AB I-II di Biblo è molto simile per quanto riguarda la posizione a quello di Susa II, la probabile derivazione del leone alato dal grifone è stata suggerita da P. Amiet29. 4) animali su serpenti, i due rinvenimenti 26 27 28 29 B. Teissier, Gliptic evidence for a connection between Iran, Syro-Palestin and Egypt in the fourth and third millennia, in British Institute of Persian Studies, Iran., Vol. 25, 1987, pp. 27-28 Cfr. nota 26, p. 29 Cfr. nota 26, p. 31 Cfr. nota 26, p. 32 dalla Siria sono privi di contesto30. 5) rosette intrecciate da serpenti, dalla Siria da Tell Mardik ed Hama31. 6) leone che attacca un quadrupede, da Biblo primo insediamento urbano (AB I-II), leone che attacca frontalmente un cervo (Tavola 4). Gli esempi egiziani si riferiscono all’iconografia Susa II e possibilmente Uruk V-IV, nel Levante appare per la prima volta in un contesto stratificato da Biblo32. 7) uccello appollaiato su un animale, da Biblo, primo insediamento urbano AB I-II, uccello appollaiato su un leone (Tavola 5). Il motivo rappresentato, un singolo uccello sulle spalle di un quadrupede è caratteristico del repertorio dei sigilli cilindrici Susa II e Uruk V-IV e trova origine nelle iconografie dei sigilli a stampo preistorici: uccelli e piccoli quadrupedi, posizionati a caso in un campo al di sopra di grandi quadrupedi. Il motivo ebbe lunga durata e fu particolarmente popolare nei repertori Uruk III e proto-dinastico I-II mesopotamici 33. 8) motivi con poppanti, dalla Siria-Palestina da Beth-Yerah, Habuba Kabira, Selenkahiye34. Tra gli elementi della glittica caratteristici dell’Iran in Siria-Palestina, da Biblo abbiamo impronte di sigilli a stampo su terracotta di motivi animali provvisti di corna ed altri animali sistemati attorno alla circonferenza del sigillo, il tipo d’intaglio è molto vicino alla glittica del periodo Susa I da Tepe Giyan e Tepe Djaffarabad35. Nel gruppo di glittica siro-palestinese con peculiarità distintive iraniche, il complesso delle impronte dei sigilli a stampo del periodo eneolitico di Biblo costituisce un corpus unitario. Provengono da un contesto archeologicamente certo di un sito che funse da intermediario tra Egitto e Siria già dal calcolitico se non prima. Le impronte trovate su anse d’anfora riutilizzate per le sepolture, appartengono al tardo Énèolitique Récent di Biblo, datato all’Antico Bronzo I dallo scavatore, M. Dunand36 e slittato in un momento poco più tardo, ma comunque precedente la dinastia I sulla base dello stile ad impressione perforata (tramite il trapano) da A. Ben Tor37. L’iconografia delle impronte di Biblo mostra un arco di vita discretamente lungo ed a differenza di quanto fortemente proposto dal Dunand, che categoricamente non vede locali antecedenti, alcune impronte non hanno relazione con influenze esterne. I motivi animali provvisti di 4-5 gambe, protomi e colli esageratamente arricciati di quadrupedi mostrano affinità con quelli di Susa I, Iran ed Egitto, quelli geometrici, angoli riempiti da croci e triangoli sovrapposti con orli denticolati con sigilli a stampo dall’Iran, da Amuq e dello stile “pedemontano” di Susa protoelamita. Sulla base dei paralleli iconografici si può dire che le impronte gublite eneolitiche, hanno un arco di vita che giunge al Calcolitico Tardo/Antico Bronzo I38. I motivi originari dell’Iran usati nella decorazione di alcuni manufatti egiziani nel tardo periodo proto-dinastico derivarono dal 30 31 32 33 34 35 36 37 38 Cfr. nota 26, p. 33 Cfr. nota 26, p. 35 Cfr. nota 26, p. 37 Cfr. nota 26, p. 37 Cfr. nota 26, p. 39 Cfr. nota 26, p. 40 M. Dunand, Fouilles de Byblos V, Paris 1973 A. Ben Tor, Cylinder Seals from third-millennium Palestine, in Bulletin of the American Schools of Oriental Research, No. 22, 1978, p. 71 Cfr. nota 26, pp. 42-43 repertorio glittico di Susa II e pur se in maniera minore, dal successivo periodo proto-elamita. Come raggiunsero l’Egitto? Quale ruolo ebbe l’Egitto nella trasmissione alla Palestina e come reagì ogni regione agli stimoli orientali indipendentemente dalle altre? Spesso è stato asserito che la trasmissione dei motivi seguì l’itinerario marino che dall’Arabia entra in Egitto al di sopra dello Wadi Hammamat, la consistenza delle raccolte glittiche però punta a favore di un percorso settentrionale, che attraversa la terraferma e solo in un secondo momento per via marina giunge in Egitto dalla costa libanese. I motivi iranici usati nella glittica siro-palestinese derivano da Susa I, Susa II e dal repertorio del periodo proto-elamita, i contatti tra Khuzistan, Luristan e Iraq del nord rivelati dalla glittica esistettero per lo meno dal periodo Ubaid del V millennio, estendendosi poi verso ovest attraverso la Siria ed il Libano. Le evidenze da Byblos Eneolitique sono fondamentali per dimostrare la possibilità di collegamenti marini attraverso questo porto con l’Egitto. Impronte di sigillo locali indicano contatti con l’Iran, mentre altri materiali rimandano all’Egitto, un tipo d’impressione gublita eneolitica nel livello IIIB di Ugarit suggerisce probabili contatti costieri tra Libano e Siria. L’evidenza di un certo numero di sigilli a stampo e cilindrici non egiziani in contesti Naqada II-III con paralleli principalmente dall’Iran e dal nord della Siria, oltre alla Mesopotamia, rinforza la teoria dei precoci contatti con l’oriente 39. Le impronte da Biblo (Primo Insediamento Urbano, AB I-II) condividono tratti iconografici con la glittica iranica e con oggetti di manifattura egiziana, rispetto alla glittica libanese e siriana, tratti caratteristici della glittica iranica sono meno comuni in quella palestinese, rivelando una derivazione diretta dal nord con contributo successivo dell’Egitto. I contatti tra Iran proto-elamita, Siria-Palestina ed Egitto in base alla glittica sono meno forti rispetto ai periodi precedenti40. L’Egitto non sembra aver avuto un qualche ruolo nella trasmissione dei motivi dall’Iran alla Siria-Palestina e la trasmissione dei suoi motivi al nord durante l’AB è trascurabile. Questo, solleva la questione del meccanismo di assorbimento e trasformazione dei motivi stranieri all’interno di repertori artistici locali, di cui i più ovvii veicoli devono essere stati le impronte di sigillo sulle consegne dei beni commerciati, tutti i paralleli egiziani con le iconografie iraniche e siro-palestinesi derivano da uno stile glittico modellato ed elaborato. L’iconografia dello stile “schematico” dei sigilli cilindrici non egiziani da Naqada con strette affinità susiane sembrano non aver avuto alcun impatto su nessuno dei manufatti egiziani di alta qualità (avori, tavolette). L’adozione dei motivi “alieni” deliberatamente selezionati dipese dal tipo di sigilli in circolazione, virtualmente, tutti i motivi che appaiono in Siria-Palestina appaiono anche in Egitto, con l’eccezione delle creature dai lunghi colli attorcigliati dove vengono usate su avori e tavolette mostrando di essere adottati per beni di prestigio, il loro adattamento da parte di copisti locali nello stile indigeno sembra essere stato un fenomeno immediato 41. I rapporti tra Egitto 39 40 41 Cfr. nota 26, p. 46 Cfr. nota 26, p. 47 Cfr. nota 26, p. 49 e Siria costiera furono intensi fin dal IV millennio e si perpetuarono per moltissimo tempo, come dimostra un sigillo della XII dinastia, medio regno, rinvenuto dal Dunand nella zona del Bâtiment II e recante il nome proprio maschile circondato dal cartiglio reale, Amenemhet, portato da 4 sovrani della XII dinastia e protetto dalla divinità provinciale Khentkhety legato alla città di cui era signore, Athribis (Tavola 6)42. In Egitto l’impatto dell’iconografia glittica iranica ebbe breve durata, mentre, particolarmente in Siria, fu ancora sporadicamente evidente alla fine dell’Antico Bronzo. Gli stessi motivi, trasmessi da una sola direzione, ebbero in ognuna di queste regioni effetti indipendenti e personalizzati43. La comprensione dei rapporti tra Egitto e Palestina durante l’antica età del bronzo pone molti problemi, un passo significativo alla loro risoluzione è la valutazione del tipo di coinvolgimento egiziano in Palestina nell’AB. Analisi petrografiche sul materiale ceramico egizio proveniente da siti del sud della Palestina, indicano l’esistenza di tre gruppi ben definiti: ceramica cananea locale, ceramica egiziana importata e ceramica egiziana prodotta localmente. Lo stesso è vero per le raccolte litiche rinvenute in quei contesti unitari in cui, strumentario locale, importato dall’Egitto ed egiziano prodotto localmente, emergono insieme. Analisi petrografiche di alcune bullae da ‘En Besor, rivelano che anch’esse furono prodotte localmente e non importate dall’Egitto, così, le sigillature di prodotti agricoli per il loro immagazzinamento da parte degli edifici amministrativi egiziani a ‘En Besor, hanno permesso di giungere alla conclusione che le merci furono prodotte per il consumo locale e che gli occupanti egiziani di ‘En Besor e delle sue vicinanze imitarono pratiche amministrative egiziane, cercando di programmare i loro affari in Palestina nella maniera in cui erano abituati nella madrepatria. Varie teorie sono state enucleate circa il grado e la natura del coinvolgimento egiziano in Palestina (militare e/o commerciale?), così come per la sua definizione geografica e cronologica. Le relazioni tra le due regioni hanno inizio molto presto, prima dell’AB I, come mostrerebbero una varietà di manufatti egiziani riportati alla luce in contesti archeologici levantini quali avori, strumenti in selce, gusci. Secondo alcuni studiosi, questi ritrovamenti sporadici non indicano insediamenti egiziani permanenti e relazioni significative, che non esistono prima dell’inizio dell’AB. Secondo K. Prag 44 relazioni significative tra Biblo e l’Egitto risalgono al IV millennio, come dimostrerebbero i ritrovamento della cultura di Badari da un lato e quelli dell’eneolitico recente di Biblo dall’altro, con contatti marittimi e diretti che procuravano varie resine e cedro del Libano per l’Egitto, ripagati con piccoli oggetti di lusso rinvenuti nelle tombe gublite. Queste connessioni precoci di cui è difficile stabilire la regolarità ed intensità, dovettero influenzare anche altre sfere della cultura materiale della zona, compresa la Palestina e sono dimostrabili attraverso tratti comuni nel tipo di sepolture: alcune tipologie di figurine in avorio e nell’uso cerimoniale di teste di mazza. In realtà, i ritrovamenti di cedro in Egitto sono sporadici e 42 43 44 G. Scandone Matthiae, Da Athribis a Biblo. Modi di contatto tra Egitto e costa siriana, in SEL 7, 1990, p. 39 Cfr. nota 26, p. 49 K. Prag, Byblos and Egypt in the fourth millennium B.C., in Levant 18, 1986, p. 72-73 manufatti con iscrizioni reali a Biblo riportano solo i sovrani della IV dinastia ad eccezione di uno della seconda45. Un notevole cambiamento si ha nell’AB II, quando la presenza di manufatti egiziani in Palestina subisce un notevole declino a causa forse dell’abbandono del sito di Arad nel sud del Sinai, dovuto alla caduta in disuso della rotta che corre lungo la costa del Sinai e connette l’Egitto con la Palestina. Le relazioni tra Egitto e Palestina dovettero cessare quasi del tutto nell’AB III forse per via dell’instaurarsi di stretti legami tra Egitto e Libano. In questo momento oltre al legname, l’Egitto importa da qui olio ed altri prodotti agricoli che prima provenivano dalla Palestina. La popolazione egiziana instauratasi nel sud della Palestina, nella Shephelah meridionale e nel Negev occidentale, ebbe rapporti pacifici con la popolazione autoctona cananea, non essendo state rinvenute punte di freccia tra lo strumentario in selce, i loro insediamenti furono motivati dalla possibilità di sfruttamento delle risorse agricole, olio, miele, vino, bitume e varie resine. La popolazione egiziana residente in quelle zone produsse alla maniera della madrepatria, vasellame, strumenti in selce e bullae per l’immagazzinamento dei prodotti, per il loro stesso uso e consumo, per un periodo di circa 150 anni durante l’AB I46. Cap. 2 Biblo, ovvero Gubail Nella storia del Levante l’Antico Bronzo I è un periodo cruciale immediatamente precedente l’avvento dell’urbanizzazione, in questo momento una serie di stimoli e dinamiche di reazione favoriscono il graduale sviluppo di una società proto urbana funzionale alla nascita di una precoce cultura levantina urbana. Il caso di Biblo è emblematico, tutto riflette una grande evoluzione: l’organizzazione spaziale, che dai villaggi passa ad un’architettura domestica e pubblica, la produzione in massa di ceramiche, nonché la centralizzazione, trasformazione e scambio di materie prime preziose. L’insediamento di nuovi gruppi umani e la formazione di entità sociali è espressione di una nuova cultura, che segna la costituzione di comunità agricole sedentarie ponendo le basi per il successivo sorgere delle prime società urbane47. Nel III millennio o Antico Bronzo II, lo sviluppo urbano sembra rispondere ad un modello quasi regionale o macro regionale, espressione del fenomeno definito urbanizzazione secondaria collegato alla grande rotta commerciale che connette le coste del golfo arabo-persiano al mediterraneo ed ha come importanti terminali le valli dell’Indo e del Nilo48. Biblo è stata abitata prima dello sviluppo urbano vero e proprio come mostrano importanti rimanenze del tardo neolitico e delle occupazioni proto-urbane, ma ha potuto svilupparsi grazie sia allo sfruttamento delle risorse naturali che dei commerci a lunga distanza 49. L’antico sito gublita fu scavato parzialmente dal Renan nel 1861 e più compiutamente dal 1921 da P. Montet, poi 45 46 47 48 49 A. Ben Tor, New light on the relations between Egypt and southern Palestine during the Early Bronze Age, in BASOR n° 281, 1991, pp. 3-4 Cfr. nota 45, p. 8 L. Nigro, Aside the spring: Byblos and Jericho from village to town in the second half of the fourth millennium B.C., in Rosapat 04, p. 1 F. Pinnock, Byblos and Ebla in the 3rd millennium B.C. Two urban pattern in comparison, in Rosapat 04, p. 109 Cfr. nota 48, p. 110 dal 1927 al 1973 da M. Dunand. Lo studio di Biblo è reso difficile in ogni fase della sua vita dal sistema di scavi e registrazione di dati impiegato, ponendo seri ostacoli alla comprensione delle evidenze, l’interrogativo fondamentale è: il sito identificato con Biblo è l’intera città o ciò che per la maggior parte corrisponde al centro del potere?50 Una accurata ricostruzione dei dati di scavo è stata realizzata da M. Saghieh51. Il modello proposto dal Pinnock definisce per la Biblo del III millennio un modello di città reale, un centro autonomo governato da un re con politiche indipendenti e con un ruolo ben definito nei commerci internazionali a lunga distanza52. L’antica città fenicia, in fenicio ed ebraico Gubail, è posta su una piccola altura nell'immediata vicinanza del mare, sul luogo dell'odierno villaggio di Gebeil (arabo letterario Giubail "monticello") e si trova fra Tripoli e Beirut, in Libano. La località fu abitata fin dal Calcolitico da una popolazione stabilitasi sulla costa marina d'un promontorio isolato a N e a S da due uadi (corsi d’acqua minori a carattere stagionale). Dopo un certo periodo di abbandono una nuova popolazione di razza originariamente mediterranea, si sovrappose a questo primo agglomerato che si estese per un lungo tratto verso l'interno. In questi centri abitati l'organizzazione urbana si sviluppa contemporaneamente alla civiltà mesopotamica detta di Jemdet Nasr da una parte ed alla seconda dinastia egiziana (inizio del III millennio) dall'altra. Le abitazioni ora si compongono di diversi ambienti, due o tre, mentre nascono le prime viuzze e la necropoli viene spostata all'esterno dell'area abitata, preannunciando la dicotomia fenicia “città dei vivi”/”città dei morti”. Questo centro e questa architettura si sviluppano rapidamente e sin dal 2700 circa, un bastione dello spessore di 4 m divide il promontorio dal continente secondo la formula dello "sperone sbarrato", vengono inoltre costruite vaste abitazioni a pianta regolare: un largo corridoio mediano su cui da un lato e dall'altro si aprono varie stanze. Si costruiscono templi in onore degli déi: il tempio di Reshef e quello dedicato alla Baalat- Gebal o Signora di Biblo, la grande dea madre semitica, divinità che assume molti attributi della dea egiziana Hathor, le cerimonie del suo culto connesse col mito del dio giovinetto che muore e rinasce, si diffusero largamente tra i Greci, legate al nome di Adone. Il tempio della dea con la statua cultuale, ancora visibile al tempo del viaggiatore ebreo Beniamino di Tudela nel XIII secolo d.C., si è rivelato un adattamento del tempio di tipo egiziano a quello semitico, durò fino all'epoca romana attraverso vari rimaneggiamenti e vi si accedeva da due rampe ad E ed ad O, era composto di vari locali e cortili e conteneva per lo meno cinque statue colossali davanti alle quali era eretto l'altare, tre delle statue rappresentavano divinità le due rimanenti, faraoni. Nel tempio si trovava inoltre una vasca per le abluzioni rituali. Un altro tempio, degli Obelischi, constava di una prima corte e di una seconda col santuario sopraelevato, esso conteneva una ventina di piccoli obelischi (betili) e vi fu rinvenuta una giara con oggetti d'oro, argento e bronzo: asce, un pugnale col manico 50 51 52 Cfr. nota 48, p. 120 M. Saghieh, Byblos in the third millennium B.C., Warminster 1983 Cfr. nota 48, p. 128 ricoperto d'oro e con la lama dello stesso metallo, una guaina d'oro con rilievi 53. Intorno alla metà del III millennio l’area sacra della fiorente città portuale di Biblo (Tavola 7) rappresenta uno dei poli religiosi più estesi e articolati del Levante nell’età del Bronzo Antico, con una pluralità di fabbriche sacre progressivamente erette nel corso del Bronzo Antico II-III e successivamente ricostruite fino alla fine del III millennio: dal Santuario della Baalat-Gebal al complesso templare del Temple en L54 (consistente di quattro parti principali: il recinto sacro [Bâtiment XIV], il cortile anteriore trapezoidale [Bâtiment XV] e due unità ausiliarie, rispettivamente a NE [Bâtiment XIII] ed ad O [Bâtiment XVI], entrambe consacrate alle installazioni per le attività di culto ed al clero responsabile del culto stesso. Il temenos centrale con le tre piccole celle in antis, testimonia anche per Biblo l’adozione della nuova tipologia del tempio in antis55 attestata nell’architettura sacra della regione siro-palestinese della metà del III millennio.), dalla Chapelle Orientale alle strutture dell’Enceinte Sacrée e del Champ des Offrandes. Queste fabbriche sacre sarebbero rimaste in uso anche nel successivo Bronzo Medio e nel caso del santuario della principale divinità cittadina, il complesso della Baalat-Gebal, il suo utilizzo è ancora attestato nell’età del Ferro dalle iscrizioni dei sovrani gubliti del X secolo che restaurarono il tempio o dedicarono statue alla divinità, continuando in età persiana ed in epoca ellenistico-romana. L’area sacra di Biblo si articola nel corso del Bronzo Antico attorno alla sorgente situata al centro dell’antico insediamento e presto regolarizzata nella forma di un pozzo sacro, che andò a costituire il fulcro della vita religiosa della città. Già alla fine del IV millennio in una fase avanzata del cosiddetto Énéolithique Récent (Bronzo Antico IA), un santuario fu costruito a sud-ovest della sorgente: l’Enceinte Sacrée. Nel corso del III millennio quando l’insediamento del Bronzo Antico si trasformò gradualmente in un centro urbano fortificato, il centro dell’abitato e il fulcro dell’area sacra furono occupati non più solamente dal pozzo della sorgente, ma da un vero e proprio bacino sacro, il cosiddetto Lac sacré, un invaso artificiale localizzato tra i due principali santuari della città: il Tempio della Baalat-Gebal a nordovest e il Temple en L a sud-est. Il complesso sacro denominato da M. Dunand come Temple en L per la disposizione grosso modo ortogonale delle unità architettoniche che lo componevano, fu eretto sul margine meridionale della depressione localizzata nell’avvallamento tra le due colline naturali (la colline haute e la colline basse) che costituivano il sito antico di Biblo. A nord ed ad est il santuario era separato dal tessuto urbano circostante da due assi viari principali, provenienti dalla porta urbica nord-orientale e diretti rispettivamente nei settori settentrionale e meridionale dell’insediamento. Il Temple en L fu scavato da M. Dunand nel 1938 al di sotto del cosiddetto Tempio degli Obelischi, il santuario in uso durante il II millennio e dedicato con le sue numerose 53 54 55 Treccani, Enciclopedia dell’arte antica M. Sala, Il Temple en L a Biblo, in Vicino Oriente XIV, 2008, pp. 61-87 M. Sala, La tipologia del tempio in antis nella architettura sacra della Siria e del Levante nel III Millennio a.C.: da Tell Chuera ad Al-Rawd, in Quale Oriente? Omaggio a un Maestro. Studi di Arte e Archeologia del Vicino Oriente in memoria di Anton Moortgat a trenta anni dalla sua scomparsa, 2010, pp. 53-75 installazioni cultuali di betili, obelischi e depositi votivi ad un dio maschile spesso identificato con Reshef/Rašap, ma forse più probabilmente assimilabile ad una divinità poliade del tipo “Baal” (Baal-Gebal). Anche il più antico santuario del III millennio doveva essere dedicato con tutta probabilità ad un dio poliade, il cui tempio fu posto in effetti di fronte a quello della Baalat-Gebal, “Signora di Biblo” e principale dea poliade della città. Biblo fu in relazione con l'Egitto e la Mesopotamia fin dagli inizi del III millennio La ritroviamo frequentemente menzionata in documenti egiziani come il porto al quale approdavano le navi che imbarcavano legname da costruzione e pece per l'Egitto. Questo commercio dovette assumere tale importanza, che le grandi navi da carico presero l'appellativo generico di "navi di Biblo". Anche se sottoposta alla supremazia egiziana attraverso il dominio di principi indigeni vassalli dei faraoni, nel Bronzo Tardo Biblo fu al centro della rete di contatti tra Egeo e Mesopotamia; fu occupata dagli Hittiti durante il regno di Amenofi III, allorché l'intera Siria andò perduta per gli Egiziani (interessanti a questo riguardo sono le lettere del principe di Biblo Rib-Addi, conservate nell'archivio di Tell el-‛Amarnah, che contengono vane richieste di aiuto al faraone contro il vicino regno di Amurru). Con la fine del II millennio divenne autonoma e libera di gestire il taglio ed il commercio di legname. Della Biblo del I millennio gli scavi della città hanno restituito poche informazioni del X e VII secolo, quando la Fenicia godette di autonomia e splendore. I resti sul promontorio si riferiscono principalmente al III e II millennio ed alle successive fasi ellenistico-romane. La fase di I millennio potrebbe essere stata distrutta dall’impianto di edifici di età successiva e molti dei materiali ceramici residui non conservati durante gli scavi di M. Dunand. La città era probabilmente organizzata in due settori: l’acropoli corrispondente al promontorio con palazzi, templi, edifici militari e la necropoli destinata alla sepoltura dei soli sovrani in uso dai tempi della XII dinastia egiziana, e la città bassa, da collocarsi in prossimità dell’attuale porticciolo. Informazioni indirette sulla continuità d’uso dell’area monumentale della Biblo fenicia, si deducono da diverse fonti: nel X-IX secolo diversi sovrani celebrano la Baalat-Gebal, ricostruendo templi ed utilizzando come supporto delle iscrizioni dedicatorie i busti di faraoni donati da sovrani egiziani ai re di Biblo o portati dall’Egitto (Abibaal su Sheshonq I, Elibaal su Osorkon I). Nella zona ad est della cosiddetta acropoli, i ritrovamenti nella necropoli reale testimoniano l’uso invalso dal Bronzo Medio di questa porzione della città come luogo di sepoltura dei sovrani. La tomba più famosa è la n°5, in cui uno dei tre sarcofagi recava il nome di re Ahiram, il contesto archeologico piuttosto problematico per le violazioni in antico e l’incertezza sulla datazione del sarcofago e dell’iscrizione, rendono dibattuta la datazione tra XII e X secolo. Oltre alla necropoli reale esisteva la necropoli K, situata a NE del sito la cui documentazione s’inquadra tra XIX e XVIII secolo usata però anche nel Bronzo Tardo e nel Ferro II. La Biblo fenicia è maggiormente documentata per l’epoca persiana, quando la città usufruisce dei benefici dell’amministrazione achemenide, primo fra tutti battere moneta e quindi essere inserita nel circuito commerciale egeo e mediterraneo. A questo periodo risale la costruzione al di sopra dell’antica muraglia di III e II millennio, di un ampio podio alto 18m che ospitava probabilmente un tempio e che perse il suo prestigio quando tra V-IV secolo gli venne addossata una fortezza. Sempre in età persiana si restaurarono e ricostruirono gli antichi edifici di culto, come testimonia la dedica iscritta sulla stele del re Yehawmilk (450 a.C. circa). La fama dei santuari della “città santa” di Biblo permane in età romana, quando nelle monete di Macrino (Marcus Opellius Macrinus, imperatore romano dal 217 al 218) viene rappresentato un tempio con ampio cortile con all’interno un betilo. La grande importanza di Biblo sta nell'essere stata il più antico centro di civiltà fenicia dal quale l'influsso della civiltà egiziana si irradiò nella Siria. Biblo fu anche l'emporio del commercio del papiro e con ogni probabilità, il luogo in cui si elaborò un tipo di scrittura di origine egiziana detta “pseudogeroglifica”. Il vocabolo greco che significa papiro e poi libro (Βγβλος), è il nome stesso della città56. Cap. 3 I sistemi di comunicazione Il VO è una realtà composita in cui il principale elemento di unificazione è costituito dal fatto che per millenni si sia usato quasi dappertutto, uno stesso codice per la trasmissione della cultura: la scrittura cuneiforme inventata quasi certamente in una piccola zona intensamente urbanizzata della Mesopotamia meridionale sullo scorcio del IV millennio ed utilizzata per oltre due millenni, fino ad essere affiancata e lentamente sostituita da quello che per semplicità si chiama alfabeto fenicio, gradualmente impostosi in una zona molto più vasta 57. Le grandi organizzazioni della prima urbanizzazione si costituiscono in assenza dello strumento di scrittura, ma le loro esigenze parallelamente alla messa a punto di strutture organiche di computo e misura, pongono all’amministrazione il problema della correttezza delle operazioni eseguite e della loro “registrazione”. Attraverso una serie di fasi in rapida successione viene introdotto un sistema di registrazione scritta che rappresenta il coronamento della specializzazione lavorativa e della spersonalizzazione dei rapporti lavorativi e retributivi. Il primo passo è costituito dall’uso del sigillo come strumento di convalida e garanzia, nella fase Ubaid è diffuso sia in bassa Mesopotamia che nelle terre circostanti, è a stampo di forma quadrangolare o rotonda, con raffigurazioni geometriche o animalesche ed equivale alla firma del proprietario. Con l’epoca Uruk si hanno importanti novità, la forma a stampo viene sostituita da quella a cilindro con l’impronta ottenuta per rotazione ottenendo così strisce sigillate continue lunghe a piacere. La funzione diviene quella di non effrazione del contenitore sigillato, le figurazioni mutano repertorio con scene di vita sia lavorativa che simbolica della comunità proto-statale, compaiono anche scene di guerra ed emerge la figura del re-eroe difensore del tempio cittadino contro i nemici o del magazzino contro gli animali 56 57 Treccani, Enciclopedia Italiana L. Milano, Introduzione, in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol. 01 La Grande Storia. L’Antichità, Bergamo 2011, pp. 47-48 selvaggi. Nell’individuazione delle tematiche caratterizzanti, si riscontra la volontà di sostituire il generico repertorio geometrico ed animalistico con uno che rispecchi l’ideologia della nuova società e delle grandi organizzazioni cui appartengono i funzionari portatori di questi sigilli. La possibilità d’individuare l’autore della sigillatura assume un ruolo centrale nel sistema di garanzie spersonalizzate che è alla base di una grossa agenzia redistributiva, sigillatura ed apertura diventano atti amministrativi precisi che garantiscono l’integrità del contenuto 58. La messa a punto dello strumento della scrittura sarà un nuovo modo di comprendere ed affrontare il mondo circostante, dove la selezione dei segni corrisponderà ad un’opera di selezione ed ordinamento della realtà fisica. A Biblo nel II millennio compare il cosiddetto sillabario di Biblo o scrittura pseudogeroglifica, sistema di scrittura indecifrato rinvenuto in 10 iscrizioni su piatti, spatole in bronzo, nonché iscrizioni incise nella pietra e scavate da M. Dunand tra 1928 e 1932 e pubblicate nel 1945 nella monografia Biblya Grammata. Il numero di 'segni' dato da Dunand è pari a 114, Garbini ha notato che si tratta di un numero troppo alto, sia perchè la lista di Dunand include caratteri fortemente danneggiati per cui è impossibile dire se essi costituiscano realmente un nuovo segno, sia per il fatto che le varianti della scrittura esistevano in modo chiaro: per esempio tra lo "stile monumentale" delle stele e quello "lineare" delle spatole e tavolette. Si riducono così a 90 segni questa scrittura che è un sillabario in cui ogni carattere era pronunciato come una sillaba. Alcuni segni, come , sembrano modificati dai comuni geroglifici egiziani, secondo J. Hoch (1990) molti sembrano derivare dalla ieratica dell'Antico Regno piuttosto che direttamente da quella geroglifica, altri invece somigliano alle lettere del successivo alfabeto fenicio: 59 . Cap. 4 I periodi I-II-III di Dominique Collon Nella suddivisione della Collon, i sigilli presi in oggetto, appartengono geograficamente all’area della Siria-Palestina ed ai periodi compresi tra I (per la definizione delle origini) e III60. Quando utilizzate le date assolute si riferiscono alla cronologia media (J.A. Brinkman in Oppenheim 1977 pp. 35 ss.). Il periodo I61 (suddiviso in Ia ed Ib) prende in considerazione le evidenze precedenti il 3000 a.C., quando dovettero esistere forme di contabilità tramite sfere di argilla contenenti gettoni che simboleggiavano la tipologia e la quantità delle merci accompagnate. Le sfere venivano impresse sulla superficie esterna tramite un sigillo e furono poi sostituite dalle tavolette di argilla; questa precoce forma di scrittura evolverà nel cuneiforme. Le testimonianze di questo periodo sono state riconosciute negli scavi di Uruk, conosciuta come Warka o la biblica Erech e Jemdet Nasr, con 58 59 60 61 M. Liverani, Antico Oriente. Storia, società, economia, Bari 2003, pp. 128-135 Sillabario di Biblo.mht D. Collon, First Impressions. Cylinder seals in the ancient near east, Londra 2005 Cfr. nota 60, p. 13 uno stile differente e ritenuto più tardo di quello di Uruk,pur se recenti scavi in numerosi siti come Nippur, Habuba Kabira, Jebel Aruda, Susa e Choga Mish, hanno dimostrato che i due stili sono cronologicamente sovrapposti. I primi due terzi del III millennio a.C., qui periodo II 62 (suddiviso in IIa, IIb, IIc, IId, IIe, datato 3000-2334), sono conosciuti come proto-dinastico grazie alle liste di dinastie di governatori sumerici delle varie città stato del sud della Mesopotamia. Henry Frankfort (1939) ha suddiviso il materiale proveniente dai suoi scavi dalla Diyala a nord di Baghdad, in protodinastico I, II e III. I sigilli cilindrici quindi si svilupparono nel sud della Mesopotamia e nel sudovest dell’Iran e nel IV millennio sembrano essere usati solo in quelle località del nord collegate al sud dalle maggiori direttrici commerciali. Intorno alla fine del IV millennio queste vie si trasferiscono verso Susa ed il sud-ovest dell’Iran, attraverso la regione di Diyala ed il nord della Mesopotamia e della Siria, con una estensione meridionale all’interno della Palestina. I siti lungo la via Susa-Siria sono collegati da sigilli dallo stile geometrico internazionale di cui si ravvisano antecedenti nel periodo I. Ogni area avrà una sua produzione ben distinta da disegni figurativi vivaci, che potrebbero aver perseguito differenti fini e grande rilevanza locale. La Mesopotamia meridionale sembra largamente esclusa da questa rete commerciale, spiegando così la difficoltà d’isolare differenti stili. I sigilli dello stile geometrico sono alti e sottili, modellati spesso in steatite, chiamati variamente pedemontani (per la loro distribuzione geografica ai piedi degli Zagros e del sud della Turchia), nineviti 5 (rinvenuti nel livello 5 di Nineveh) e proto-dinastico I o antico bronzo I (perché cadono in queste fasi cronologiche nella Diyala e nella Siria-Palestina). I modelli sono spesso basati su rosette che possono essere racchiuse in un cerchio o circondate da una banda circolare, a volte bande tratteggiate formano archi o losanghe, spesso ed in particolare a Biblo, gli animali sono disposti tête-bêche. Il periodo III63 (suddiviso in IIIa, IIIb, IIIc e datato 2334-2000) è storicamente caratterizzato dall’impero sargonico e dalle sue conseguenze. Sargon di Akkad unì varie città-stato sumeriche entro un unico regno e si espanse a nord ed ad ovest. Ispirò un’intera dinastia e fondò una nuova capitale, Agade, creò a livello artistico un nuovo stile fatto di nuovi dinamismi, che lo distinse sia dal precedente stile dinastico precoce che dal successivo postaccadico. In generale i sigilli accadici recavano scene di lotta realizzate attraverso gruppi separati. Questi gruppi gradualmente, diventeranno sempre più indipendenti gli uni dagli altri, fino a restringersi in varie coppie di combattenti e poi, per far posto a lunghe iscrizioni, si ridurranno a due sole coppie. Queste iconografie classiche troveranno il loro massimo sviluppo nel regno del nipote di Sargon, Naramsin, mentre variazioni più elaborate appartengono al successore, Shar-kalisharri. Uno dei temi prevalenti nel proto-dinastico, quello delle scene di banchetto, viene sostituito nel periodo accadico da quello della presentazione di fronte alla divinità. Dopo il regno di Shar-kalisharri l’impero accadico si disintegra rapidamente, in parte a causa delle invasioni delle tribù gutee 62 63 Cfr. nota 60, p. 20 Cfr. nota 60, p. 32 da est. Prima di essere riunite da Ur-Nammu della III dinastia di Ur, le città-stato espressero un loro proprio stile non essendo influenzate da quello di corte. Le percentuali della collezione di sigilli del British Museum indicano che dopo la disintegrazione dell’impero accadico, diminuisce l’uso della serpentina ed aumenta quello della clorite, il modo di rappresentazione delle scene di lotta nel post accadico e in Ur III è sintomatico dei cambiamenti politici e culturali, mentre i sigilli accadici recavano un solo eroe in combattimento con il leone, ora ne sono necessari due e lo stile è superficiale. Altre scene, nate probabilmente nel post accadico e sviluppatesi in Ur III rappresentano uccelli, navi o due figure ai due lati di un altare a forma di palma da dattero o di un albero. Per quanto riguarda l’apparente carenza degli stili regionali durante la fine del III millennio, non abbiamo spiegazioni se confrontati con la loro diffusione nel proto-dinastico. In particolare questo è vero per la Siria, che nonostante l’affermazione dei governanti accadici fu, ad eccezione di Tell Brak libera dalle influenze accadiche. Cap. 5 Codici testuali nello studio quantitativo delle immagini in archeologia. Un esempio analitico. Gli archeologi sono spesso di fronte al problema dello studio di grosse raccolte di ritrovamenti recanti decorazioni figurative piuttosto stereotipate. Questi oggetti, che possono essere ceramiche, sigilli, rilievi in metallo, terrecotte, litica, erano prodotti da artigiani specializzati di solito in grandi quantità. Le loro decorazioni erano basate su semplici motivi iconografici, combinati in modi diversi e frequentemente inserite in sequenze ripetute, producendo una notevole varietà di immagini differenti. Diversamente da modelli decorativi semplici consistenti in un singolo motivo iconografico ripetuto su tutto lo spazio disponibile, tali immagini sono caratterizzate da strutture iconografiche gerarchiche, per cui le relazioni spaziali tra i vari elementi compositivi danno un significato ben preciso dell’immagine finale. Differentemente dalle arti maggiori che possono essere studiate separatamente, lo studio degli oggetti di cui sopra, o arti minori, richiede un approccio globale, in quanto il significato pieno di ogni campione può essere spiegato solo all’interno dell’intero contesto cui appartiene. In questo caso lo studio è stato realizzato su un corpus di 1247 immagini su sigilli del IV millennio vicino orientali (E. Rova, Ricerche sui sigilli a cilindro vicino-orientali del periodo di Uruk/Jemdet Nasr, Istituto per l’Oriente “C. Nallino”, Orientis Antiqui, Collectio 20, Roma 1994). Il grande numero e la grande variabilità delle immagini sono state ottenute combinando elementi fissi (esseri umani, animali ed oggetti) ed attitudini appartenenti a modelli compositivi di base. Numerosi differenti approcci sono stati provati per l’analisi delle immagini incise sulla base dei loro contenuti iconografici, elementi rilevanti nella classificazione dei sigilli, in quanto come dimostrato da Elena Rova, riflettono differenti funzioni ed usi dei sigilli e dei loro proprietari. Tale studio quindi dovrà tenere in considerazione tre differenti livelli: 1) gli elementi che appaiono nell’immagine ed i loro attributi; 2) il debole, a volte ripetuto sub-modello che compone l’immagine; 3) le relazioni tra i sotto-modelli nella composizione delle immagini. I metodi di analisi partono dai classici codici di presenza/assenza di elementi iconografici, fino ad arrivare alla descrizione testuale formalizzata dell’immagine in tutti i dettagli, in accordo con criteri predefiniti per giungere alla sintassi descrittiva dell’immagine in simboliche stringhe. Lo studio ha dimostrato che le caratteristiche distintive del corpus analizzato emergono chiaramente, confermando la validità e la consistenza della tecnica utilizzata. In quanto alle differenze prodotte, le loro diverse caratteristiche strutturali sono state studiate attraverso distinti metodi di analisi, portando così alla possibilità di selezionare a priori il tipo di metodo da utilizzare per i vari corpora. Lo studio di Camiz e Rova ha mostrato in particolare i risultati ottenuti attraverso l’applicazione del metodo di Analisi di Corrispondenza Testuale di Lebart e Salem (TCA, 1988, 1994) sui codici d’immagini, mettendo in evidenza le maggiori distinzioni dei codici usati 64. Lo studio delle immagini attraverso metodi quantitativi concerne soprattutto la scelta dell’adeguato codice suscettibile di essere analizzato, in quanto, la preferenza per l’uno o per l’altro influenzerà pesantemente i risultati, deviandone il significato nella peggiore delle ipotesi. È chiaro che l’identificazione degli elementi iconografici, la loro posizione, le loro mutue relazioni, ricadono nella sfera dell’arbitrarietà, che è insita nella responsabilità dello studioso. In questo senso, il codice non è uno strumento descrittivo universalmente valido, ma tagliato su misura per adattarsi allo specifico corpus in studio, basato su ipotesi a priori del significato degli elementi iconografici. I livelli (1-2-3) già descritti avranno pertanto ognuno un proprio codice di analisi e solo il loro studio integrato potrà fornire un quadro completo65. Il codice testuale dopo la fase di studio delle immagini descrive in un testo formalizzato il contenuto dell’immagine, l’informazione trasferita è così sufficientemente completa per comprendere il contenuto dell’immagine66. Diversamente dall’analisi testuale dove le differenze di stile sono considerate importanti, particolare cura è messa nel descrivere allo stesso modo stessi elementi o comportamenti. Il testo può essere esaminato non soltanto dall’identificazione di una singola forma, elemento o atteggiamento, ma anche da “segmenti ripetuti”, sequenze di forme che appaiono esattamente uguali in vari testi, o “quasi segmenti”, sequenze di forme differenti le une dalle altre per uno o due elementi. Il testo verrà costruito in accordo con la definizione di ruoli prefissati. Partendo dal margine sinistro superiore 64 65 66 S. Camiz, E. Rova, Quantitative study of Images in Archaeology: I. Textual Coding , pp. 1-2 Cfr. nota 64, pp. 3-4 Cfr. nota 64, p. 5 dell’immagine, continuando verso destra sempre dall’alto in basso, ogni icona sarà descritta per mezzo di una sequenza di forme lessicali, definendo in questo ordine, gli elementi iconografici, la loro posizione, la posizione delle braccia e/o zampe, il loro orientamento. Forme lessicali aggiuntive verranno introdotte per descrivere particolari atteggiamenti, i differenti elementi saranno poi connessi attraverso marcatori di relazione, mentre differenti sub-modelli saranno segnalati attraverso segni d’interpunzione. Infine si procede all’analisi testuale, il metodo permette di eseguire analisi sequenziali a chiarimento di vari aspetti delle iconografie e delle composizioni, portando anche alla comprensione delle variazioni del corpus67. Cap. 6 I sigilli di Biblo: a stampo e cilindrici. L’esempio più antico dell’uso dei sigilli in Libano viene dalla necropoli eneolitica di Biblo e da ritrovamenti superficiali a Tell Fadous/Kfarabida. Queste impronte sono state recentemente datate all’AB I da G. Artin68, sulla base dello studio dell’industria litica e della ceramica. Le impronte di sigilli a stampo da Biblo sono quarantaquattro e sono impresse sui manici di vasi da deposito usati come anfore funerarie. La loro iconografia è soprattutto geometrica con alcuni motivi animali (Tavola 8), i modelli geometrici sono più elaborati e complessi, mentre quelli animali sono rappresentati in maniera schematica, entrambi sono disposti tête-bêche e gli animali con due teste su un solo corpo trovano paralleli nelle impronte siro-anatoliche del periodo tardo calcolitico di Tell esh-Sheik sulla piana di Amuq in Turchia69. I sigilli usati per realizzare queste impronte furono probabilmente intagliati in materiali morbidi: legno, ossa e argilla. La posizione delle impronte sulle anse è caratteristica del Tardo Calcolitico-Antico Bronzo I, solo poche altre datate a periodi successivi sono state trovate a Biblo. Il cambiamento nella posizione dell’impressione, dai manici al collo, è forse collegata al mutamento delle forme del vasellame o magari alla loro funzione. I sigilli a stampo da Biblo sono fondamentali nello studio dei sigilli del Levante, in quanto evidenza dell’inizio della tradizione del sigillare nel Calcolitico e nell’AB I, tra l’altro, l’incremento dell’importanza di Biblo come maggiore centro commerciale deve avere contribuito ad un maggiore uso dei sigilli nella Palestina dell’AB I 70. Impronte di sigilli cilindrici dell’età dell’Antico Bronzo, 67 68 69 70 Cfr. nota 64, pp. 8-9 Contributo all’interno dell’International Workshop tenutosi a Roma La Sapienza il 6 marzo 2007 ed edito da L. Nigro. J. Aruz, “The Stamp Seals from Tell esh-Sheikh” in Anatolian Studies 42 (1992): 15-18. R. Riad Daniel, Early bronze age cylinder seals and impressions from Lebanon, Beirut 2010, pp. 6-7 sono state trovate in quattro siti principali: Biblo, Tell Fadous/Kfarabida 71, Bchemoun e Sidone, per un totale ad oggi, di settantanove sigillature e novanta sigilli cilindrici. Il sito archeologico di Biblo fu scavato da P. Montet dal 1921 al 1924, con la conduzione di un sondaggio nell’area del tempio della Baalat-Gebal, nel 1925, M. Dunand, scava il sito per intero fino al 1975, a causa della metodologia di scavo le stratigrafie da loro riportate non sono chiare. Uno studio ed una ricostruzione della stratigrafia del III millennio di Biblo è stata realizzata da M. Saghieh 72, che ha sistemato i livelli architettonici delle varie aree in 8 periodi o fasi: L (Calcolitico-AB I), KI (AB III), KII (AB II-IIIA), KIII (AB IIIA-IIIB), KIV (AB IIIB), JI (AB IVA), JII (AB IVB), H (MB I-II). Nei vari livelli di Biblo (01-56) sono state rinvenute trentasei impronte di sigilli cilindrici e venti sigilli cilindrici, di cui venti attribuiti da Saghieh alle fasi dell’AB e ventisei da S. Mazzoni (in MSAE I, Roma 1992, p. 81). Par. 6.1 I motivi. I principali aspetti nello studio dei sigilli cilindrici e delle impronte riguardano le iconografie rappresentate, la tipologia ed il supporto ceramico recante la sigillatura, mentre quest’ultime contribuiscono alla comprensione della funzione del sigillo, i motivi iconografici concorrono ad una migliore valutazione dell’arte glittica dell’età dell’Antico Bronzo nel Levante. La classificazione delle collezioni siriane e palestinesi è basata sul tema generale delle scene disegnate e sulla suddivisione dei singoli elementi all’interno di ogni scena. Per quanto riguarda la collezione libanese questa non è ancora stata completamente classificata, fatta eccezione per la pubblicazione preliminare di alcune impronte da Biblo da parte di M. Dunand 73 ed alcune di Sidone da parte di C. Doumet-Serhal74. La classificazione delle iconografie rappresentate sui sigilli e sulle impronte di sigillo dal Libano nello studio di R. Riad Daniel (cfr. nota 70), si basa sulla classificazione della collezione palestinese fatta da A. Ben Tor 75. La maggioranza delle impronte palestinesi è datata all’AB I-II, mentre quelle da Ebla ed Hama all’AB IV 76. L’iconografia di sigilli ed impronte libanesi è confrontabile più con le impronte palestinesi (dove i sigilli furono soprattutto usati per la decorazione del vasellame) che non con quelle della collezione siriana, fatta eccezione per i motivi più semplici ed universalmente validi. I tipi di vasellame recanti impronte libanesi soprattutto anfore da deposito, sono confrontabili con i contenitori palestinesi impressi. I motivi del corpus libanese posso essere suddivisi in tre classi: geometrici, animali ed umani con motivi animali, con 71 Per i confronti con Tell Fadous/Kfarabida si veda: H. Genz, “A Stamp Seal Impression from Tell Fadous/Kfarabida”, Tempora: Annales d’Histoire et d’Archeologie 18 (2009): 45-51. 72 M. Saghieh, Byblos in the Third Millennium, Warminster 1983, pp. 108-110. 73 M. Dunand, Byblia Grammata, Beirut 1945, pp. 60-69 74 C. Doumet-Serhal, The Early Bronze Age in Sidon: the “College Site” Excavations (1998-2000-2001) (Beirut:Institut Français du Proche-Orient, 2006). 75 76 A. Ben Tor, Cylinder Seals from third-millennium Palestine, in Bulletin of the American Schools of Oriental Research, No. 22, 1978 S. Mazzoni, “Cylinder Seal Impressions on Jars at Ebla: New Evidence” in Aspects of Art and Iconography: Anatolia and Its Neighbours (Ankara: Türk Tarİh Kurumu Basimevİ, 1993), 400; D. Matthews, “Seal Impressions on Sherds from Hama”, in Egitto e Vicino Oriente 19, 1996, p. 123 sottogruppi di ogni classe in base al singolo motivo o alla loro varia combinazione 77. Oltre alla descrizione si riportano gli esemplari da Biblo oggetto del presente elaborato. I classe: Motivi Geometrici. I più antichi esempi di motivi geometrici disegnati su sigilli libanesi, provengono da Biblo eneolitico, le impronte di questo periodo sono prodotte da sigilli a stampo e per la maggior parte recano motivi geometrici con elaborazioni molto più complesse dei motivi geometrici libanesi. Da Biblo abbiamo sette sigilli con elementi geometrici associati a volte a motivi umani od animali. I motivi possono essere suddivisi in sottogruppi. Il primo detto a spina di pesce, si ritrova con molte varianti e abbinato ad altri motivi, è comune nell’AB I ed inizi dell’AB II, due tipi di disegni a spina di pesce si notano nelle impronte libanesi, quello semplice verticale, che non è di norma usato da solo ma ad esempio come fregio superiore o inferiore a definizione di intere scene (Tavola 9), e quello bordato da linee, ugualmente utilizzato non solo ma all’interno di una scena più complessa (Tavola 10). Il secondo ondulato o a linee zigzag, comune nell’AB III-IV, normalmente si ritrova utilizzato con altri motivi, ma a Biblo è attestato su sigillo come unico elemento (Tavola 11). Il terzo molto comune in Libano, è il motivo a rete , da Biblo abbiamo tre impronte e cinque sigilli. Appare nell’AB II e diventa molto comune nel III e IV, di solito è associato ad altri elementi come il motivo a spina di pesce (Tavola 12). Il quarto motivo, a scala, è attestato solamente a Biblo ed associato ad altri motivi geometrici (Tavola 13). Il quinto è quello delle linee curve diagonali, con un esempio in osso da Biblo (Tavola 14). Il sesto circolare, mostra due varianti, cerchi concentrici ed un cerchio con un punto all’interno (Tavola 15). Un sigillo da Biblo mostra l’associazione del motivo circolare concentrico con la scala e la spina di pesce. Il settimo detto a spirale, è utilizzato con moltissime varianti: la spirale singola, doppia, angolare e quella corrente/sincronizzata. Quest’ultima attestata solo a Biblo e Sidone 78 (Tavola 16). Nel sottogruppo dei riempitivi troviamo unità geometriche come triangoli (Tavola 17), rombi e losanghe, nonché stelle e forme indefinite. I maggiori elementi che formano questa classe di motivi geometrici si ritrovano in tutto il Levante dell’età del bronzo. Le variazioni si notano nella diversa combinazione delle varie componenti e nel livello di specializzazione artigianale dell’incisione (come è per il motivo a rete, il più attestato in Siria, Palestina e Libano e che mostra impronte più profonde e consistenti di quelle palestinesi). Combinazioni di singoli elementi di questa classe sono attestati in Libano e Palestina, la combinazione più frequente associa il motivo a spina di pesce con i cerchi concentrici e la scala. Altri elementi geometrici libanesi, come la spirale corrente/sincronizzata, non sono così comuni come la rete ed i loro paralleli vanno ricercati non nel Levante ma a Lerna, in Grecia, nel periodo Antico Elladico 79. Le linee curve diagonali hanno 77 78 79 Cfr. nota 70, pp. 15-16 Cfr. nota 74, p. 259 Cfr. nota 78 paralleli solamente da Bad edh-Dhra80. Altri trovano confronti in sigilli cilindrici siriani dalla piana di Antiochia, Amuq G e dalla Giudea81. II classe: Motivi Animali. Le prime evidenze per questa classe provengono da impronte di sigilli a stampo da Biblo. La tradizione dei motivi animali prosegue attraverso il periodo dell’Antico Bronzo e si ritrova in impronte di sigilli cilindrici da vari siti libanesi compresi quattro sigilli da Biblo. L’animale più comune all’interno dell’intero corpus è il leone ed uno provvisto di corna, forse un capride, altri come pesci e figure tipo uccelli sono usati come riempitivi con una tendenza all’horror vacui. Tecnica usuale nel disporre animali è quella del tête-bêche, dove un animale è inciso sopra all’altro e le sue zampe formano la sua parte anteriore, anche la processione di animali è un motivo comune. Le differenze stilistiche nella rappresentazione degli animali vanno dalla schematizzazione alla raffigurazione naturalistica riflettendo, sia le varie abilità degli artigiani che il momento o le differenti scuole. Il primo dei motivi animali è quello provvisto di corna, in cui è difficile riconoscere la specie riprodotta, in tre esempi, due da Biblo ed uno da Sidone abbiamo due teste su uno stesso corpo (Tavola 18). Il leone si trova associato ad altri animali, spesso quelli provvisti di corna, si notano molte differenze stilistiche fra i vari supporti, in alcuni sono schematizzati, in altri naturalistici e dettagliati (Tavola 19). Altri motivi animali sono di difficile identificazione, alcuni come figure tipo pesci e uccelli sono usati come riempitivi, in un esemplare da Biblo un uccello è associato ad un animale provvisto di doppia testa cornuta (Tavola 20). I motivi animali possono essere disposti in vari modi: a volte in fregi continui ed in questo caso gli animali più comunemente usati sono il leone e specie provviste di corna, la scena non ha significato reale di movimento o azione; altre volte in posizione tête-bêche, con maggiore frequenza del leone e delle specie provviste di corna, la disposizione, testa-coda, ne mostra uno al contrario, in alcuni casi sembrano rappresentare temi di caccia. L’opposizione leone/capride sullo stesso sigillo può simboleggiare la contrapposizione della forza alla delicatezza. Confronti per questa categoria si hanno da impronte palestinesi, siriane, e giordane da Bab edh-Dhra, le differenze si notano soprattutto nella descrizione dettagliata degli animali più che nella loro combinazione, forse per preferenze locali o per differenti abilità delle botteghe artigiane. La processione o fila di animali (Tavola 21) e la disposizione têtebêche (Tavola 22) sono i modelli più comuni per gli animali nei sigilli levantini in genere e rientrano nella categoria del Byblos Style di D. Matthews82 che li considera tra loro contemporanei. In particolare, il motivo con fila di animali discende dall’AB I con maggiori dettagli e maggiore cura nella rappresentazione. Il Byblos Style proseguirà fino al BA III sia con le forme classiche che con innovazioni. 80 N. Lapp, “Cylinder Seals, Impressions and Incised Sherds” in Bab edh-Dhra’: Excavations at the Town Site(1975-1981), ed.s W.E. Rast & R.T. Schaub, Dead Sea Plain v.02 (Winona Lake, 2003), 540, Fig. 18.15. 81 R.J. Braidwood, L. S. Braidwood, Excavations in the Plain of Antioch: The Earliest Assemblages Phases A-J. (Chicago: The University of Chicago Press, 1960). 82 D. Matthews, The Early Gliptic of Tell Brak, in Orbis Biblicus et Orientalis No 15, Fribourg 1997, pp. 92-93 III classe: Motivi di figure Umane. Gli uomini nelle impronte e nei sigilli cilindrici dell’AB, sono ritratti in molti modi e solitamente accompagnati da animali (leoni e capridi). Solo due siti nel Libano hanno portato alla luce questa classe, sei impronte di sigilli cilindrici da Biblo, sei da Sidone e due sigilli cilindrici da Biblo. Qui le figure umane sono disegnate schematicamente ed in molti casi mancano di dettagli. Nei due sigilli, la figura umana è rappresentata con un braccio alzato ed in associazione ad animali provvisti di corna indicando forse una scena di branco come accade nei sigilli siriani dell’AB II-IV83. L’umano nel Biblo 12 (Tavola 23) differisce dagli altri esemplari conosciuti per i maggiori dettagli nella ritrattistica del viso. L’impronta Biblo 23 (Tavola 24) raffigura una fila di uomini con le braccia alzate, forse una danza rituale simile a quelle rappresentate a Sidone. In ogni caso lo stile mostra varietà regionali, elemento comune è la mancanza di dettagli nella rappresentazione del viso o nella sostituzione del viso con quella di un animale, fatto legato forse ad una simile ideologia del timore della rappresentazione dei volti umani nelle regioni levantine. Par. 6.2 Dati cronologici e stratigrafici. Numerosi problemi riguardano la cronologia delle impronte e dei sigilli, per le impronte soprattutto ci troviamo di fronte a frammenti ceramici, non vasi completi e quindi la loro natura “mobile” permette di pre-datare o post-datare il contesto di rinvenimento ma non essere certi che il contesto corrisponda alla data della fabbricazione del manufatto ed al suo uso. I frammenti ceramici impressi potrebbero essere materiali residui di periodi, fasi od insediamenti precedenti, date assolute, ottenute al C14 sono limitate. Le trentasei impronte ed i venti sigilli da Biblo possono essere datati alle fasi L-JII84, i ritrovamenti di Biblo sono stati attribuiti ai vari livelli architettonici da M. Saghieh e S. Mazzoni, ma i contesti stratigrafici di alcuni restano poco chiari. Il sito è stato suddiviso da Saghieh in sette aree cui corrispondono determinati sigilli o impronte di sigillo. Due sigilli cilindrici e tre impronte (Tavola 25) sono ritrovamenti superficiali, la cui datazione viene effettuata sulla base di motivazioni stilistiche ed iconografiche. Biblo 1 può essere datato all’AB I-II, in base al motivo di cerchi con punto centrale riconducibile a sigilli siriani datati ad Amuq G. Biblo 2, un sigillo cilindrico in lapislazzuli, sembra essere un’importazione mesopotamica. Biblo 19, un frammento ceramico con impronta della classe II, sembra essere stato fatto dallo stesso sigillo usato per produrre la sigillatura da Tell Fadous/Kfarabida che purtroppo è anch’essa da contesto non accertato. I motivi animali, il leone ed il quadrupede, sono attestati lungo l’età del Bronzo Antico, S. Mazzoni data Biblo 19 alla fase KII su base iconografica. Biblo 20, appartenente alla classe II, è attestato dal BA I-IV. L’impronta di Biblo 21, con rappresentazione di figura umana in atto di caccia con l’arco ed un animale provvisto di corna, è ugualmente problematica, sia per il contesto di 83 84 S. Mazzoni, Le impronte su giara eblaite e siriane nel Bronzo Antico, in MSAE I, Roma 1992, p. 95 Nella suddivisone in periodi o fasi elaborata da M. Saghieh attraverso la ricostruzione dei livelli architettonici corrisponde cronologicamente al momento che va dal Calcolitico all’ AB IVB. ritrovamento superficiale che per il fatto che la scena rappresentata si trova in sigilli siriani del II millennio, mentre in Egitto è conosciuta da sigilli dell’antico regno di Pepi I – Pepi II (2335-2219 a.C.), corrispondente all’ AB IV nel Levante. L’area I (M. Saghieh) si trova nel cuore della città e gli edifici principali sono il tempio degli Obelischi ed una struttura monumentale, gli edifici di quest’area datati all’ AB, sono: I, II, III, IV, V, VI, IX, IXa, IXb, X, XI, e XII. Qui sono stati rinvenuti due sigilli cilindrici (Biblo 11 e 44) e le impronte Biblo 36, 38, 40, 41 (Tavola 26). Tre di queste, 36, 40 e 41, sono state rinvenute in strutture private (XI-VI) e datate alla fase KIV corrispondente alla fine dell’AB III inizi dell’AB IV. Biblo 38 viene dall’edificio XVI, che nei periodi JI-II fu strettamente connesso con l’area del tempio degli Obelischi (Tempio XIV-XIII). Biblo 38, 40 e 41 recano motivi animali, mentre Biblo 36 reca motivi geometrici. Un sigillo cilindrico Biblo 44, fu ritrovato nell’Unità G di questa area, il tempio degli Obelischi e datato da Saghieh insieme ad altri oggetti alla fase 4 del periodo H. M. Dunand suggerì che la scena figurata era una povera rappresentazione di scene nomadiche già viste nella tomba di Khnumhotep a Beni Hassan in Egitto e datata al II millennio, il tema generale del 44 tuttavia è molto simile alle scene di branco, i dettagli iconografici e lo stile sono diversi. Biblo 11, ritrovato vicino alla base del santuario, sembra un’importazione mesopotamica. L’area II si localizza a sud dell’area I e comprende solo due architetture, il Megaron e l’edificio XVIII, al di fuori di questo fu effettuato l’unico rinvenimento per questa zona, il sigillo cilindrico Biblo 13 (Tavola 27) datato da S. Mazzoni al BA I. L’area III comprende i seguenti edifici: XIX, XXII, XXV, XXVI, Champ des Offrandes ed Énceinte Sacrée, qui sono state ritrovate sette impronte di sigilli cilindrici: 27, 34, 35, 37, 43, 45, 46 (Tavola 28). Biblo 46 è il rinvenimento più antico dell’area, datato alla fine del periodo L (Calcolitico) inizi del KI (AB I). I complessi architettonici dell’area hanno natura sacra e sono datati al BA IV. Tre delle impronte, 34, 35 e 37, sono state rinvenute a nord dello Champ des Offrandes e possono essere datate all’AB IV (JI), i frammenti 43 e 45 che provengono dal confine nord dell’area III appartengono all’Énceinte Sacrée e sono datati all’AB IV (JII). Biblo 27, datato differentemente da Saghieh e Mazzoni, ha come motivo un animale non identificabile, Saghieh lo attribuisce al periodo H (Medio Bronzo I-II), mentre Mazzoni, sulla base di elementi stilistici ed iconografici, e con riguardo alla provenienza da un livello più basso, lo attribuisce ad una data più antica. Le impronte su Biblo 34 e 35 recano motivi geometrici, mentre quelle su 27, 37, 43, 45 e 46, motivi animali. L’area IV è situata nella zona settentrionale del sito e comprende: il complesso della Baalat-Gebal (con il tempio Ipostilo, il Bâtiment XVIII, II e XL) e gli edifici XXVIII, XXX, XXIX e XXXI. Le impronte sono state rinvenute tra gli edifici sacri: il XXVIII (dove i depositi votivi indicano funzioni religiose), il XVIII, il tempio Ipostilo ed il XL. Le impronte di sigilli cilindrici più antichi, 15 (trovata nell’unità A dell’edificio XVIII, corte 1) e 18 (unità B, edificio XXVIII, camera 4), datano al periodo KI (AB I), le impronte 14 e 16 sono successive, datate al periodo KII (AB II) e sono state ritrovate nell’edificio XVIII nell’unità A. Una sola impronta, Biblo 12 ed un sigillo cilindrico, Biblo 10 sono attribuiti al periodo KIII (AB III); entrambi rinvenuti nel tempio Ipostilo, il sigillo cilindrico in particolare, rinvenuto nella corte 1, reca una scena mesopotamica. Solo l’impronta Biblo 6 può essere datata al periodo KIV (fine dell’AB III, inizi del IV) ed è stata rinvenuta nell’edificio XL. Quattro delle impronte, 14, 15, 16 e 17, recano motivi animali e solo la 12 figure umane con un animale provvisto di corna (Tavola 29). L’area VII comprende tutti edifici privati, il XLIV, XLI, XLVI, XLVII, XLIX e L, che hanno restituito otto impronte (Tavola 30) di sigilli cilindrici datate dal periodo KI al JII-H. Tre impronte sono state ritrovate nell’unità B, tre nell’unità A mentre due non sono localizzate nell’area di Saghieh. Il più antico è il Biblo 42, datato al KI (AB I) trovato nell’unità B fase 2 che contiene le case XLV e XLVb. Biblo 31, fu scoperto nelle aree degli edifici XLVI e XLVII (unità B fase 3) e datato al periodo KIII. Quattro frammenti impressi sono stati ritrovati nell’unità A e sono: Biblo 23, 29, 30 e 33. Biblo 29 e 33 sono attribuiti al KIV, rappresentato dall’edificio XLIV, mentre Biblo 23 è attribuito alla fase H del Bronzo Medio da Saghieh sulla base di dati stilistici ed iconografici, S. Mazzoni ritiene che vadano datati ad un momento più antico. Biblo 51 e 32 sono rispettivamente datati a KII-III. Quattro impronte, 23, 29, 42 e 51, raffigurano uomini ed animali. Ci sono poi quattro sigilli cilindrici che possono essere classificati come importazioni o imitazioni locali e sono datati al Bronzo Antico, la difficoltà sta nel riconoscere quale sia il sigillo importato dalla Mesopotamia e quale quello di fattura locale realizzato con motivi d’importazione. Biblo 2 è un sigillo cilindrico in lapislazzuli, un ritrovamento superficiale con scena mesopotamica di eroe che combatte due animali/mostri, secondo Saghieh, si tratta di un sigillo dallo stile di Fara, databile al proto-dinastico II (AB II). Biblo 10, sempre cilindrico in lapislazzuli, ritrovato nell’angolo SO della corte 1 del Tempio Ipostilo, nell’area IV unità A, reca una scena di banchetto molto comune nei sigilli mesopotamici, Saghieh lo data al KIII-KIV (AB III, inizi dell’AB IV). Biblo 11 in lapislazzuli, cilindrico, trovato nell’area I, unità G, fase 4 (il tempio degli Obelischi), è probabilmente un’importazione mesopotamica e reca una scena di uomo condotto ad una figura seduta, forse una divinità femminile. Saghieh adotta la data proposta da Dossin del 2000 a.C.85. Biblo 26 (Tavola 31), un sigillo cilindrico in pasta bianca, mostra una fila di animali provvisti di corna, lo stile iconografico è un buon esempio del periodo Jemdet Nasr e corrisponde al periodo L (AB I) a Biblo. Un solo sigillo egiziano è databile, pur se in maniera controversa, al III millennio. Alcuni sigilli ed impronte di sigillo sono databili all’Antico Bronzo ma non ricadono all’interno delle aree identificate da Saghieh e non sono stati analizzati in dettaglio dalla Mazzoni. Biblo 3, 7, 8 e 9 (Tavola 32) sono sigilli cilindrici recanti motivi geometrici, 8 e 9 sono stati datati da D. Matthews all’AB III e confrontati con frammenti d’impronta provenienti da Hama e datate a quel momento. Biblo 17 e 39 datate all’AB I dalla 85 G. Dossin, « Trois Inscriptions Cuneiformes de Byblos », Melanges de l’Universite Sant-Joseph de Beyrouth,XLV , 1969, pp. 248-250 Mazzoni sono di provenienza poco chiara. Biblo 47 e 48 sono stati datati sulla base dei motivi geometrici al BA II – BA IV. Par. 6.3 La produzione di sigilli cilindrici in Libano. L’arte glittica ebbe in Libano una durata piuttosto lunga, i sigilli sono attestati precocemente, dalla seconda metà del IV millennio a tutto il I millennio, la tradizione locale si consolidò intorno al III millennio rivelando attraverso i rinvenimenti, un alto livello di abilità nell’incidere i sigilli, come evidenziato dalle produzioni di Biblo e Sidone che restano attualmente le più grandi collezioni libanesi. Uno screening preliminare delle iconografie delle impronte libanesi sottolinea l’uso di taluni motivi o associazioni di motivi preferenziali in un sito piuttosto che nell’altro, ad esempio, la combinazione uomo e leone popolare a Sidone, emerge a Biblo con un solo esemplare. Determinati elementi, come il leone, animali provvisti di corna e la rete, sono attestati nei cinque siti libanesi, inoltre, impronte di sigillo con gli stessi motivi, come la rete, rivelano differenti livelli di artigianato o differenti materiali come visibile nella diversa “grossolanità” di elementi incisi nelle impronte appartenenti alla stessa classe di motivi. Sfortunatamente, alcuni aspetti tecnici d’incisione sono ancora lontani dall’essere completamente compresi. Sono molte le materie prime utilizzate nella realizzazione dei sigilli ed il loro studio è limitato a causa del ristretto numero di esemplari conservati e Biblo, attualmente, è il solo sito ad offrire esemplari di sigilli cilindrici dell’antica età del bronzo. Oltre ai diciannove sigilli, le impronte possono aiutare nella determinazione della possibile materia prima usata per la realizzazione del supporto. In Libano, i sigilli più antichi, quelli a stampo, furono realizzati con ogni probabilità in materiali teneri, come legno, ossa ed argilla 86, con evidenti conseguenze sulla nitidezza del rilievo, profondità d’incisione e marcatura del tratto. Un rilievo piatto o ben marcato può aiutare a risalire al materiale usato per la realizzazione del supporto. Alcuni materiali come il legno, non sono adatti all’incisione profonda, soprattutto in relazione a disegni che coprono una vasta area, mentre nel caso dei sigilli “ossei”, materiale più duro del legno, l’intaglio è profondo ed il rilievo alto. I diciannove sigilli cilindrici da Biblo sono realizzati nei più vari materiali, hanno altezza massima 5,1cm e minima 1,7cm. Cinque di questi, 3, 17, 47, 48 e 54, sono realizzati in osso, quattro in pasta colorata (1, 8, 9, 26), di cui tre in pasta bianca e blu solo nel Biblo 1, in avorio soltanto due, il 13 ed il 55 (Tavola 33) ed uno soltanto in argilla (Biblo 39). Per quanto riguarda le pietre dure ne sono stati usati due tipi: lapislazzuli (Biblo 2, 10, 11) e steatite (4, 5, 7). Il lapislazzuli è una pietra blu semipreziosa relativamente rara, cavata in Afghanistan e trasportata nel Levante attraverso la Mesopotamia87, per questo i sigilli cilindrici di Biblo realizzati in questo materiale sono molto probabilmente importazioni mesopotamiche. La steatite è una pietra relativamente tenera e facile da incidere, utilizzata nei tre sigilli Biblo 4, 5, 7 86 S. Mazzoni, “Seals and Jars: the Evidence of Early Interconnections in the Eastern Mediterranean”, Bulletin d’Archeologie et d’Architecture Libanaises Hors-Serie 6,(2008): 37-54. 87 T. W. Beale, “Early Trade in Highland Iran: A View from a Source Area”, World Archaeology v.5, n.2 (Oct.1973), p. 137 (Tavola 33). Se le materie prime fossero locali o importate è difficile da dire senza ulteriori approfondimenti, il limitato numero dei sigilli sopraggiunti a noi porta a considerare che fossero per lo più realizzati in materiale deperibile e la grande varietà di materiali si può spiegare con più ragioni: lo status del proprietario del sigillo, la disponibilità di materie prime, il livello degli artigiani o la funzione stessa del sigillo. Le elite ed i membri dell’alta società dovettero richiedere sigilli realizzati in materie preziose, come avorio e pietre dure in modo da riflettere simbolicamente il loro rango, la disponibilità delle risorse e materie prime doveva essere ad appannaggio delle istituzioni, le classi inferiori avevano probabilmente accesso a limitati tipi di materiali, come ossa ed argilla. Anche la capacità degli intagliatori dovette giocare un ruolo nella determinazione di alcune materie prime a discapito di altre, il livello di difficoltà nell’incidere pietre dure o semidure o ossa cresce in proporzione alla durezza del supporto scelto, artigiani specializzati, erano forse al servizio esclusivo dei funzionari amministrativi e religiosi della società, mentre i meno esperti producevano sigilli per le classi inferiori ed in materiali dal costo abbordabile, tuttavia la quantità di ritrovamenti non è adeguata alla determinazione di conclusioni generali e solo nuove scoperte e approfonditi studi potranno confermare o confutare qualcuna delle ipotesi proposte. Anche per quanto concerne le tecniche e gli strumenti coinvolti nell’incisione dei sigilli, questi non sono ancora stati compresi appieno, cause ne sono sia il limitato quantitativo di elementi conservati che la mancanza di strumenti incisori, lo studio di queste problematiche pertanto ha preso ad oggetto le impronte su frammenti ceramici e le loro iconografie basandosi sulle produzioni di articoli come vaghi di collane. Le tecniche evidenziate sono due: incisione e trapanatura. Per l’incisione, nei periodi più antichi, vennero usati strumenti litici come micro e macroliti provvisti d’impugnatura 88, nei periodi più tardi strumenti in rame. Uno dei più importanti attrezzi per incidere aveva una sezione a V, come indicato dai bordi appuntiti delle linee dei disegni di molti sigilli palestinesi appartenenti alla classe I, con l’assenza di linee morbide nei motivi come spirali e cerchi concentrici; la trapanatura invece, avveniva per mezzo del trapano a mano o del trapano ad archetto, come mostrato da pitture egiziane della quinta, sesta e diciottesima dinastia. Nella Siria del III millennio è attestato l’uso combinato di entrambi i trapani e degli strumenti incisori. Par. 6.4 Funzione e uso dei sigilli cilindrici. Varie teorie negli anni sono state proposte a motivare la necessità della loro creazione nel Levante del Bronzo Antico, le evidenze esistenti suggeriscono che nelle varie regioni levantine, l’uso si è modificato nel tempo. Attualmente, l’uso dei sigilli viene spiegato con funzioni sia decorative 89, che 88 B. Teissier, “Syrian Seals from 3200-2900 B.C. & from 2900-2200 B.C.” in Ancient Near Eastern Cylinder Seals from the Macropoli Collection. (California: University of California Press, 1987), pp. 27-53 89 N. Lapp, “Cylinder Seals, Impressions and Incised Sherds” in Bab edh-Dhra’: Excavations at the Town Site (1975-1981), ed.s W.E. Rast & R.T. Schaub, Dead Sea Plain v.02 (Winona Lake, 2003), p. 551 amministrative ed economiche90, che come indicatori di proprietari e/o produzioni91. Nello studio della loro funzione convergono più fattori, come il contesto di ritrovamento (non in situ per quanto concerne il Libano), il tipo di vasellame impresso (indicatore plausibile della loro funzione) e le loro iconografie (non ancora compresa la relazione con le funzioni). L’analisi delle forme ceramiche utilizzate può aiutare a stabilire modelli preliminari di tipi di vasellame comunemente impiegati nell’AB libanese per essere impressi, permettendo così di classificare le impronte di sigillo in relazione al tipo di oggetti recanti sigillature. Per quanto riguarda Biblo la mancanza di dettagli nelle descrizioni delle pubblicazioni, rende l’informazione frammentaria, le tipologie ceramiche sono state preliminarmente classificate da M. Saghieh in relazione ai livelli architettonici discussi nel suo studio su Biblo nel III millennio (ivi, pp. 104-110). Come per i frammenti ceramici recanti impronte di sigilli cilindrici, S. Mazzoni ha collocato le impronte in gruppi in rapporto con i ritrovamenti ceramici da Biblo, la classificazione dei frammenti è stata realizzata secondo la descrizione di M. Dunand, il trattamento della superficie è stato il maggior elemento usato nel raggruppamento dei frammenti impressi. I frammenti recanti impronte sono stati collocati in cinque categorie ceramiche: 1) ceramica pettinata a stuoia (Tavola 34) su cui abbiamo tre impronte di sigillo (Biblo 6, 29, 40) datate al periodo KIV. Le giare potrebbero essere del tipo E4-E3, contenitori da stoccaggio di dimensioni medie e grandi, di forma ovoide, mantengono la superficie a stecca dei periodi precedenti. 2) ceramica corrugata (Tavola 35), le impronte su questo tipo di anfore, E15-E16, sono datate al periodo JIII e sono simili a quelle a superficie liscia del periodo K. Tre sono le impronte rinvenute su frammenti di questa tipologia ceramica, Biblo 23, 27, 49. 3) ceramica lustrata a fasce in rosso, per cui abbiamo otto impronte di sigilli cilindrici secondo S. Mazzoni, Biblo 15, 16, 18, 31, 32, 42, 45, 46. 4) ceramica a superficie lucida, le sette impronte, 30, 33, 34, 35, 36, 43 e 50, sono distribuite tra i periodi KIV-JII. 5) ceramica comune, non chiaramente identificata, è possibile che sia simile a quella da TellFadous/Kfarabida, nove i frammenti con impronte di sigillo rinvenuti, Biblo 14, 21, 22, 24, 25, 37, 38, 51 e 52. In generale vista la frammentarietà dell’informazione, si può dire che le impronte vengono prodotte su vasellame da stoccaggio di grandi dimensioni, una correlazione preliminare tra tipi ceramici e classi di motivi impressi può comunque essere affrontata, evidenziando per la maggior parte dei motivi della classe I frammenti di ceramica a vernice rossa datati ai periodi KIV-J. Un’impronta con motivo geometrico è stata scoperta su un frammento di ceramica corrugata, impronte con motivi animali sono stati rinvenuti su frammenti di ceramica a vernice rossa e ceramica comune, i motivi della classe III, figure umane, su tutti i tipi ceramici tranne su quella a superficie lucida. L’assenza 90 R. Greenberg, “Early Bronze Age II-III Palestinian Cylinder Seal Impressions and the North Canaanite Ware Jar” in Studies in the Archaeology of Israel and Neighboring Lands: in Memory of Douglas L. Esse, ed. S. R. Wolff, A Studies in Ancient Oriental Civilization, no. 59, ASOR Books, v.05 (Atlanta GA: American Schools ofOriental Research, 2001), pp. 189-197 91 D. Matthews, “Seal Impressions on Sherds from Hama”, Egitto e Vicino Oriente 19,1996, p. 136 di motivi su determinate categorie ceramiche non indica necessariamente il non uso di queste forme come supporti alle impressioni. La questione dell’uso del sigillo cilindrico nel Levante è stata più volte affrontata negli anni con diverse soluzioni proposte che includono ragioni amministrative, economiche e di indicatore di proprietà. Prima di tutto va stabilito l’aspetto generale che rende il sistema dei sigilli operativo ed efficace, questi strumenti, come elementi di un sistema di comunicazione visiva richiedono caratteristiche specifiche per essere utili, dovrebbero contenere un limitato numero di motivi utilizzabili in una varietà di combinazioni, ritenuta sufficientemente consistente per renderli riconoscibili92. Gli aspetti che possono indicare la loro funzione ed uso sono molteplici, dalla tipologia ceramica, alla localizzazione delle impronte, alla provenienza dei rinvenimenti. La corretta identificazione delle loro funzioni visto il limitato numero di sigilli, non è semplice, la diversa variazione nell’uso del sigillo nelle varie aree del Libano è ancora poco chiara. La più antica evidenza su anfore funerarie da Biblo, indica una lunga e continua tradizione dell’intaglio dei sigilli e la loro applicazione, la funzione stessa delle anfore, deve essere stata prima di stoccaggio e poi sepolcrale; è stato anche proposto che pithoi così grandi, vennero fabbricati per un uso primariamente funerario, poi come suggerito da Dunand, in un’ideologia della rinascita, per conservazione di sementi93. È difficile dire se le impronte di sigilli a stampo furono usate in contesti funerari o di stoccaggio, il cambiamento della posizione delle impronte da sigilli a stampo sulle anse a Biblo ai sigilli cilindrici sulla zona della spalla del periodo più tardo, potrebbe collegarsi al mutamento della funzione in entrambi o della forma del sigillo, da notare che alcuni esempi di impronte di sigilli cilindrici su anse da Biblo sono datati all’AB I-II, con motivazioni ricadenti entro la mutata forma del sigillo, la superficie richiesta per rollare un sigillo cilindrico è infatti più larga di quella a stampo. L’uso dei sigilli a Biblo suggerisce una funzione simile a quella palestinese, dove appaiono su frammenti di anfore da stoccaggio e pithoi in ceramica “metallica”, così da essere identificati rispetto ai prodotti conservati o alla “buona” qualità dei prodotti stessi. È altresì probabile che le anfore con impronte fossero adatte al trasporto su breve distanza, supporto a questa teoria è l’impronta di sigillo Biblo 19 e Fadous 3 che apparentemente sono state riprodotte con lo stesso sigillo, i due siti sono relativamente vicini, il commercio poteva avvenire tra Biblo, importante centro commerciale e l’elite di Fadous, se poi le anfore fossero trasportate o i sigilli fossero usati in entrambi i siti è questione risolvibile solo con analisi petrografiche. La loro funzione pur restando argomento di discussione, deve sicuramente aver subito un’evoluzione nel tempo che può essere seguita solo attraverso nuovi scavi, studi e scoperte. 92 A. H. Joffe, “ Early Bronze Age Seal Impressions from the Jezreel Valley and the Problem of Sealing in the Southern Levant” in Studies in the Archaeology of Israel and Neighboring Lands: in Memory of Douglas L. Esse, ed. S. R. Wolff, A Studies in Ancient Oriental Civilization, no.59, ASOR Books, v. 05 (Atlanta GA:American schools of Oriental Research), pp. 355-369 93 L. Nigro, “Aside the Spring: Byblos and Jericho from Village to Town in the Second Half of the 4th Millennium B.C.” in Byblos and Jericho in the Early Bronze Age I: Social Dynamics and Cultural Interactions, ed. L. Nigro, A Studies on the Archaeology of Palestine and TransJordan, v.4 (Rome: La Sapienza, 2007),pp. 25-26 Conclusioni. Lo sviluppo delle prime comunità socialmente e politicamente organizzate nel vicino oriente, ha luogo nel IV e III millennio a.C.. Il VO, nell’antica età del bronzo, testimonia un processo di urbanizzazione multilineare ed interregionale, conosciuto come urbanizzazione secondaria, in cui entità politiche, cominciano a formare e controllare territori e rotte commerciali. Relazioni commerciali e culturali attraverso lunghe distanze cominciano ad essere incrementate, materie prime e prodotti commerciali sono scambiati. La costa levantina durante questo periodo, mostra un aumento di scambi commerciali, Biblo diventa un importante snodo di connessione tra nord della Palestina, Siria ed Egitto. Questi sviluppi comportarono innovazioni tecnologiche e culturali, tra cui l’uso del sigillo cilindrico, in risposta a nuove necessità in un complesso sistema sociale. La tradizione dell’uso di sigilli e sigillature nasce probabilmente in Mesopotamia e poi viene adottato nel Levante. I primi sigilli dal nord della Mesopotamia e della Siria furono a stampo e non cilindrici, l’esempio più antico si data al 6500 a.C. 94. Ebbero probabilmente molteplici funzioni, per la maggior parte comunque economiche ed amministrative, legate alla sicurezza dei beni trasportati, all’identificazione del personale addetto all’invio di beni o documenti e da ultimo come firma di documenti scritti su tavolette d’argilla, funzione attestata dal II millennio. I sigilli cilindrici appaiono per la prima volta attorno al 3500 a.C. e restano in uso fino al V secolo a.C., l’esempio più antico viene dalla città mesopotamica di Uruk. La ragione del mutamento della forma da quello a stampo a quello cilindrico risiede in più fattori, uno di questi vede il sigillo cilindrico usato come pendente e quindi indicatore di status ed emblema sociale, ma più probabilmente, fu dovuto al fatto che il sigillo a stampo aveva una superficie incisa limitata rispetto a quello cilindrico che rollato su materia molle, produce un fregio continuo di figure. Le informazioni disponibili sui sigilli cilindrici levantini dell’AB, provengono principalmente da sigilli conservati e sigillature su ceramica. Il loro studio apre prospettive sugli aspetti economici, amministrativi e sociali di queste comunità durante l’età del bronzo, sulle rotte commerciali ed i principali trade centers con il movimento di merci da un’area all’altra. Sfortunatamente rispetto alle collezioni da Ebla, Hama, Siria e Palestina, quelle libanesi non sono state classificate, con l’unica eccezione di alcuni preliminari studi di M. Dunand sui ritrovamenti da Biblo. Nel Libano i primi sigilli rinvenuti sono quelli del periodo eneolitico di Biblo, IV millennio a.C., la tradizione si consolida intorno al III millennio, con un alto livello di abilità artigiane come dimostrano le produzioni di Biblo e Sidone In base ai pochi ritrovamenti la tradizione sembra diffondersi dalla Palestina al Libano, le iconografie sono combinazioni di motivi importati dalla Mesopotamia attraverso la Siria con motivi locali, il tema generale delle scene è simile a quello dei sigilli siriani ma i dettagli evidenziano le variazioni locali dei motivi importati. 94 E. Porada, “Why Cylinder Seals? Engraved Cylindrical Seal Stones of the Ancient Near East, Fourth to First Millennium”, The Art Bulletin 75, no.4, 1993, pp. 563-582 La classe I è attestata all’interno del BA, la rete ad esempio, è presente nell’AB II libanese, mentre in Palestina e Siria è comunemente diffusa nel BA III e IV rispettivamente, la classe II si afferma per prima sui sigilli a stampo dal Calcolitico – AB I in avanti in Libano, diventando comune nell’AB III-IV. La maggior parte dei motivi della classe III viene da Sidone mentre a Biblo abbiamo un esempio su anse datato al BA I-II. Le teorie maggiormente accettate suggeriscono un uso a scopi amministrativi ed economici, la localizzazione sul collo ed il tipo di vasi su cui sono impressi, suggerisce una funzione simile a quella palestinese, inoltre essendo classificate solo sulla base del trattamento superficiale, le forme ceramiche di Biblo non possono essere confrontate con altre. Le impronte su giara però, come rilevato dalla Mazzoni95, si distribuiscono lungo tre principali direttrici geografiche, la costa fino a Biblo e Tarso, la Siria centrale tra Hama e la regione del Nahr el-Quweiq e l’area dell’Eufrate, con una diffusione del sistema a macchia d’olio ed un alto grado di reciproca ed interna permeabilità tra aree culturali diverse, a riprova di interrelazioni profonde e costanti. La durata cronologica di questo fenomeno si distingue in tre fasi: una che corrisponde alla fine del Calcolitico ed agli inizi del Bronzo Antico, una seconda del Bronzo Antico II e III ed una terza corrispondente al Bronzo Antico IV. La demarcazione tra le prime due fasi è documentata da una innovazione sia nel tipo di sigillo, da stampo a cilindrico, che dalla localizzazione della stampigliatura, dalle anse alle spalle, sede di questa trasformazione del sistema è proprio Biblo che offre il materiale più abbondante e la sequenza cronologica più lunga, da qu, la tradizione della sigillatura dei vasi si diffonde a S in Palestina ed a N in Siria. S. Mazzoni tende ad escludere una connotazione siriana della documentazione gublita, cioè come appartenente ad una facies unitaria, la cultura materiale di Biblo può essere considerata un’espressione autonoma certo integrata con quella siriana costiera ma anche legata all’area transgiordana. L’ipotesi avanzata dalla Mazzoni dell’origine del sistema a Biblo, risiede anche nell’evoluzione del repertorio iconografico, passando dalla tradizione locale calcolitica a stampo dipendente dai repertori siriani, a quella posteriore della glittica cilindrica di ispirazione mesopotamica, Biblo manterrà il repertorio ereditato dalle colonie sumeriche dell’alto Eufrate senza conoscere quello proto-dinastico che si va diffondendo nelle stesse fasi nell’alta Siria dalla metà del III millennio. Tra BA III e BA IV decade la pratica a Biblo e si affievoliscono i rapporti internazionali, ad una minore richiesta di produzioni interne commerciabili corrisponde una minore necessità di sigillature diverse. Il mancato rinnovamento del repertorio iconografico e la decadenza del sistema di sigillatura delle giare sono fenomeni correlati e riflesso della crisi economica che investe Biblo nella metà del III millennio. Come proposto da S. Mazzoni dunque e sostenuto da P. de Miroschedji96, le impronte su giara da Biblo s’inseriscono in un circuito commerciale di centri di produzione agricola, che usano determinate forme ceramiche 95 96 S. Mazzoni, Le impronte su giara eblaite e siriane nel bronzo antico, in MSAE I, Roma 1992, pp. 79-80 P. de Miroschedji, La gliptique palestinienne du Bronze ancien, in De Chypre a la Bactriane, le sceaux de le Proche Orient ancien, Parigi 1995, p.192 adatte al trasporto di merci, la cui qualità è garantita dal sigillo impresso, il sistema, indipendente dal centro di diffusione della Mesopotamia orientale, sarebbe nato per l’espletamento delle pratiche amministrative proto-palaziali. Bibliografia AA.VV., Seminario Sisba di Archeologia orientale, Aquileia 2012 A. Ben Tor, Two Cylinder Seal Impressions from northern Transjordan, in Bulletin of the American Schools of Oriental Research, No. 217, 1975, pp. 17-21. A. 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