Sisba - Scuola Interateneo di Specializzazione in Beni Archeologici
I sigilli di Biblo del III millennio
Specializzanda: Marta Narducci
Esame di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente Antico
Prof.ssa Elena Rova
Indice
Introduzione.
p. 1
Cap. 1 Il III millennio: inquadramento storico.
p. 4
Par. 1.1 Relazioni tra Iran, Egitto e Siria-Palestina nel IV e III millennio:
testimonianze dalla glittica.
p. 6
Cap. 2 Biblo, ovvero Gubail.
p. 12
Cap. 3 I sistemi di comunicazione.
p. 16
Cap. 4 I periodi I-II-III di Dominique Collon.
p.18
Cap. 5 Codici testuali nello studio quantitativo delle immagini in archeologia. Un
esempio analitico.
p.20
Cap. 6 I sigilli di Biblo: a stampo e cilindrici.
Par. 6.1 I motivi.
Par. 6.2 Dati cronologici e stratigrafici.
Par. 6.3 La produzione di sigilli cilindrici in Libano.
Par. 6.4 Funzione ed uso dei sigilli cilindrici.
p.22
p. 23
p. 26
p. 29
p.31
Conclusioni.
p.33
Tavole 1-35
Bibliografia.
Introduzione
“Versa nelle giare… sigilla col tuo sigillo… sigilla l’accesso al tetto!” (da una lettera degli archivi
di Mari)
Il sigillo, dal latino sigillu(m), diminutivo di signu(m) “segno” è sia l’impronta su materia molle,
ottenuta con una matrice, o tipario, incisa in negativo, sia la matrice stessa. Questa viene e veniva
applicata sull’imballaggio quale garanzia dell’integrità del prodotto contenuto, oppure su locali al
fine di impedire che qualcuno vi penetri, od ancora su documenti allo scopo di autenticarli o per far
si che nessuno ne prenda conoscenza, se non il solo destinatario 1. Il “suggello” nelle antiche civiltà
fu importante strumento di chiusura e di garanzia di documenti, lettere di ordine, contenitori di
prodotti alimentari e porte. Fu anche il mezzo con cui le alte e medie gerarchie dialogavano con i
funzionari di rango minore. Fu strumento efficacissimo di convalidazione di leggi, decreti, contratti
e “segno” di riconoscimento personale, sia di privati, che funzionari, che re e regine 2. L’uso poteva
anche essere ornamentale, come mostra un rilievo da Mari con sacerdotesse che li indossavano
applicati alla veste o portati come pendenti di collane e bracciali 3, fino ad essere adoperati come
amuleti per la valenza magica sia dell’immagine incisa che del tipo di pietra usata come supporto. I
caratteri e le funzioni del sigillo si tramandarono ed evolsero nel tempo, andando a configurarsi
sempre più come simbolo ed espressione dell’autorità, nonché come elemento giuridicamente
insostituibile nei rapporti contrattuali tra privati (la classe più povera, non potendosi permettere
questo supporto, apponeva la sua “firma” con l’impronta dell’unghia 4). Secondo il diverso livello di
cultura e di raffinatezza dei vari popoli il sigillo assunse anche notevoli pregi d’arte: le figure
richiamano valori civili e religiosi, le immagini incise, iconografie talvolta molto complesse ma
anche ripetitive, possono nella grande quantità di varianti, differire per qualche piccolo particolare
da cui si può individuare il proprietario5. Con il diffondersi della scrittura quando verso il protodinastico la società diventa letterata, vengono affiancate da iscrizioni. Nella storia dell’arte sono
annoverati tra le arti minori e studiati dalla glittica, l’arte di intagliare ed incidere pietre dure e
preziose. Secondo P. de Miroschedji, non furono i sigilli, almeno in Palestina, la prima
manifestazione della glittica. Gli esemplari più antichi, del V millennio, sono stati trovati a N
d’Israele: si tratta di cachets lenticolari in calcare rosso, bruno, grigio e nero, in cui forme, rotonde o
rettangolari, e decorazioni, quadrati e cerchi, sono caratteristici di questa epoca e direttamente
ispirati dai loro omologhi libanesi e siriani6. Usati in particolare dalle culture mesopotamiche fin dal
IV millennio, sono incisi su pietre tenere, a volte semipreziose, ma anche su terracotta, osso, avorio
1
2
3
4
5
6
N. Zingarelli, Vocabolario della lingua Italiana, 1990, p. 1802
Granati, I sigilli nell’antichità, p. 19
E. Rova, Lezioni Sisba AA. 2011-2012, Aquileia 2012
M. Fales in AA.VV., Seminario Sisba di Archeologia Orientale, Aquileia 2012
Cfr. nota 3
P. de Miroschedji, La gliptique palestinienne du Bronze ancien, p. 190
e dal III millennio su metalli, questi ultimi scarsamente conservati perché riutilizzati come materiale
da fusione, dal II millennio si rinvengono supporti in faience e paste vitree. Venivano lavorati con
utensili in selce ed il potere incisorio aumentato con l’uso di smeriglio, cioè sabbia, soprattutto nel
caso di sigilli di qualità minore e con mezzi meccanici quali il trapano ad archetto, per la loro
realizzazione venivano anche usati altri strumenti come la ruota e la sega e le rifiniture fatte a mano
con ceselli e bulini, hanno dimensioni miniaturistiche, tra i 2 e 4cm, alcuni esemplari arrivano ad
8cm. Gli esemplari più antichi sono più tozzi, mentre quelli più moderni più snelli, nascono per
esigenze burocratiche, l’amministrazione dei grandi imperi, templare e palatina, aveva una gestione
delle risorse basata sulle razioni ed insieme alle tavolette e prima di queste le bullae, costituiscono
la metodologia di registrazione di entrata ed uscita di merci varie, permettendo l’identificazione del
funzionario e del palazzo responsabile dei beni sigillati 7. Il loro studio nella documentazione
materiale di un sito può dare informazioni sull’appartenenza del sito stesso in un determinato
periodo ad un particolare regno od indicare rotte commerciali e rapporti internazionali di
import/export. La pratica della sigillatura risale in realtà al tardo neolitico quando le comunità
cominciano a conservare derrate alimentari in comune. La grande diffusione mesopotamica
influenzerà anche il Levante, dove venivano usati scarabei e scaraboidi, in Mesopotamia invece, il
sigillo a cilindro soppianterà il sigillo a stampo che veniva impresso con movimento verticale,
mentre nelle aree circostanti l’uso del sigillo a stampo è in concorrenza con quello a cilindro che
viene usato sporadicamente, nell’impero assiro ad esempio, quello a cilindro viene usato dalla gente
comune, mentre quello a stampo dai funzionari in quanto elemento mancante nelle epoche
precedenti e dunque innovazione tecnologica immediatamente adottata 8. L’uso di sigilli come testi è
documentato dunque fin dal VII millennio, per il V millennio abbiamo impronte di sigillo dalla
Turchia e dall’Iraq, venivano usati nelle società complesse non ancora dotate di scrittura con lo
scopo di documentare la proprietà di determinati prodotti ed erano una sorta di mezzo di controllo
delle attività economiche, dalla metà del IV millennio compare ad Uruk e Susa il sigillo cilindrico a
scopi amministrativi, la sua conformazione permette di sigillare superfici molto ampie, vengono
usati per oltre tre millenni a scopo amministrativo e legale e la maggior parte dei testi di impronte
sigillate tradotti, sono di tipo economico-amministrativo 9. Le impronte di sigilli infatti, vanno
considerate come parte integrante del testo sigillato, i sigilli sono sistemi di comunicazione paralleli
e complementari e la scrittura quando compare, diventa uno dei possibili sistemi di comunicazione
in Mesopotamia ed anche in Siria nord orientale, dove a Tell Beydar, ad esempio, l’uso è attestato in
maniera autonoma rispetto ai testi. Lo studio dei sigilli comporta anche l’analisi delle sigillature,
grumi di argilla non cotta o essiccata su cui veniva rollato il sigillo, le impronte si trovano anche su
7
8
9
Cfr. nota 3
Cfr. nota 3
S. Graziani in AA.VV., Seminario Sisba di Archeologia Orientale, Aquileia 2012
ceramica e gesso e forse cera d’api 10. Venivano sigillati oggetti ben precisi, nel caso delle porte, la
cretula veniva applicata alla corda arrotolata sul piolo a chiusura del paletto della porta stessa e
questa rollata in direzione perpendicolare. Paletti simili potevano chiudere anche vasi, cesti di
vimini e sacchi di tela 11. La sigillatura delle informazioni creò il sistema delle bullae che studiate da
J.d.Besserat, sarebbero predecessori delle tavolette rettangolari e venivano usate nella gestione delle
merci. Erano di due tipi: 1) sferiche, datate alla seconda metà del IV millennio, sono palle di argilla
internamente cave che contengono i tokens, gettoni, contrassegni numerici concreti (i numeri
astratti compariranno nel III millennio) di quantità e tipo di derrate specifiche, la sigillatura
garantiva l’integrità del complesso; 2) fusiformi, più recenti, indicano esborsi di razioni, animali,
foraggio ecc.12. A livello stilistico i sigilli mostrano una simmetria centrale per cui non hanno né
inizio né fine se sviluppati in piano, in alcuni casi, gli elementi divisori sembrano distanti dalla
scena madre, tanto da far pensare ad una volontà di riproduzione infinita della scena stessa. Sono
caratterizzati da un horror vacui, il desiderio di riempire anche con semplici incisioni gli spazi
vuoti, in alcuni sigilli ci sono piccole unità semantiche a sé stanti e giustapposte che creano una
sequenza infinita ma con pause interne, in molti casi la connessione è puramente mentale, in molti
altri non c’è. Per quanto riguarda l’uso dello spazio del sigillo, il rilievo è piuttosto accentuato con
una volontà tridimensionale ma che non evoca una realtà materiale. Nelle composizioni di figure
intrecciate tra loro in una catena ininterrotta si ha l’impressione del girotondo. Le composizioni
araldiche invece sono schemi di composizioni simmetriche che però divergono nei dettagli che sono
simboli o elementi vegetali, come l’albero sacro nelle composizioni assire e neo-assire, usati forse
per evocare un certo senso di profondità spaziale, come fosse un corridoio che guida verso
l’emblema. Lo spazio delle composizioni simmetriche sembra essere abitato dalla divinità,
elemento ricorrente è lo stendardo, come quello di Inanna (un fascio di canne legate), che serve a
delimitare lo spazio sacro e che spesso, come elemento iconografico funge da riempitivo, si trova ai
lati di edifici identificabili come templi o delimita processioni di animali dette “greggi sacre”. Il
sigillo verrà usato soprattutto per la chiusura di porte, fino alla fine della civiltà vicino orientale, i
sigilli più recenti datano ad età achemenide13.
Cap. 1 Il III millennio: inquadramento storico
"All human action may be viewed at a distance as exchange, both of material and of nonmaterial
goods." (C. Renfrew)
"The exchange can be conceptualized as a network in which the different participants in the
interactions are the network nodes and the exchanges are the links between them." (G.D.
10
11
12
13
Cfr. nota 3
Cfr. nota 3
M. Maiocchi in AA.VV., Seminario Sisba di Archeologia Orientale, Aquileia 2012
Cfr. nota 3
Degarmo)14
Il Vicino Oriente Antico (da ora in avanti VO) è stato da sempre definito come “culla della civiltà”,
questo perché la civiltà per noi rappresentata dall’eredità del mondo classico, prima greco e poi
romano, ha alle spalle qualcosa di più antico a farle da premessa, in realtà con lo sviluppo delle
ricerche, l’orizzonte spaziale e cronologico delle conoscenze del mondo antico in generale si è
straordinariamente dilatato ed i fenomeni che potevano sembrare circoscritti o caratterizzanti
determinate civiltà si dimostrano sempre più interrelati e non in modo univoco. Il mondo egeo ad
esempio, prima del sorgere della civiltà micenea, mostra già dal Medio Bronzo contatti di lunga
durata con il mondo orientale, che si riflettono nella cultura artistica ma anche nel modo di
funzionare delle città e nel loro rapporto con la realtà rurale15. L’importanza degli scambi come
fattore di civilizzazione è stata analizzata ed enfatizzata da diversi studiosi: scambio di beni e
conoscenze sono elementi vitali dell’interazione sociale ed economica tra culture ed il loro studio
può aiutarci a capire il modo di risposta a stimoli esterni. Gli scambi commerciali e/o culturali,
basandosi sulle reti, vengono analizzati attraverso i resti materiali delle culture coinvolte 16. Verso la
metà del IV millennio nella Mesopotamia meridionale si verifica un fenomeno di vasta portata, noto
come “Prima Urbanizzazione” che intreccia elementi di carattere sociale, ambientale e tecnologico
per dar vita ai primi organismi cittadini complessi, organizzati in modo gerarchico attorno alle
istituzioni del tempio e del palazzo. Tale modello si diffonderà nel giro di pochi secoli in tutto il VO
portando con sé molte delle innovazioni che hanno consentito l’affermarsi dei primi centri urbani,
tra cui la scrittura17. Tra il 3000 ed il 2400, si intensificano i rapporti tra i vari organismi urbani che
si configurano come città-stato indipendenti. Si affermano sia episodi pacifici di cooperazione e di
commercio anche su lunga distanza, che di conflitto per il controllo delle risorse del territorio 18.
L’urbanizzazione fiorisce anche nelle zone periferiche rispetto alla Babilonia centro-meridionale,
assumendo tratti caratteristici a seconda del contesto ambientale nel quale si sviluppa. In Siria,
l’economia di Ebla si incentra sulla pastorizia e sul traffico di tessuti in alterni rapporti con Mari,
culturalmente legata ai centri dell’antica Sumer ma sede di una importante dinastia semitica.
Sull’alto Khabur si stanziano i Khurriti con capitale Urkesh, mentre a ovest dell’Eufrate si
affacciano sulla storia le prime popolazioni nomadi. Sulla costa del Mediterraneo Tiro, Sidone e
Biblo, sembrano da subito attratte nella sfera dei commerci con l’Egitto 19, stato territoriale unitario
la cui natura s’identifica ben presto con la figura del suo leader, il faraone di epoca storica. Nella
14
15
16
17
18
19
M.B. Cosmopoulos, Exchange network in prehistory: the Aegean and the Mediterranean in the third millennium B.C., p. 155
L. Milano, Introduzione, in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol. 01, La Grande Storia. L’antichità, Bergamo 2011, pp. 44-75
Cfr. nota 14
M. Maiocchi, L’origine della città, in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol. 01, La Grande Storia. L’antichità, Bergamo 2011, p. 78
M. Maiocchi, Il periodo protodinastico in Mesopotamia, in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol. 01, La Grande Storia. L’antichità, Bergamo 2011,
p. 97
M. Maiocchi, Città e formazioni statali nel resto del Vicino Oriente, in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol. 01, La Grande Storia. L’antichità,
Bergamo 2011, p. 117
formazione dello stato egiziano e la nascita dell’antico regno il periodo thinita (Dinastie I-III, 30002650), costituisce il passaggio fondamentale per lo sviluppo dello stato territoriale egiziano, retto da
un potere dai tratti aggressivi come mostrano alcuni nomi regali del periodo (Aha “Il Combattente”,
Djer “Colui che rapisce”, Den “Il Furioso”), il leader egiziano incarna il processo di unificazione
legittimato dal consesso divino, questo processo si cristallizzerà con l’adozione in epoca storica, del
titolo tradizionalmente tradotto con “re di Alto e Basso Egitto”, formato dall’unione dei termini
indicanti il re del sud (nesu) ed il re del nord (bit). Con la III Dinastia l’Egitto entra in una fase
nuova che apre le porte al modello statale menfita, il regno di Djeser (2630-2610) opera a livello
culturale la svolta decisiva, con la sua fine l’Egitto entra nella fase storica definita Antico Regno.
L’età menfita (Dinastie IV-VI, 2575-2150) è segnata da un programma architettonico decisamente
ampio che coinvolge tutto il paese. Nell’ultima fase dell’Antico Regno il processo di formazione
del modello culturale e politico egizio sembra essere particolarmente avanzato, il controllo del
territorio costituisce la premessa per una intensificazione dei contatti di tipo militare e commerciale
con regioni spesso lontane20. Verso la metà del XXIV secolo la Mesopotamia viene unificata sotto
Sargon di Akkad, questo poi risalirà l’Eufrate fino a Mari in Siria per poi spingersi fino ad Ebla, alle
foreste dei cedri del Libano e alle Montagne d’argento del Tauro, assicurandosi così tutte le rotte
commerciali strategiche da cui far affluire le risorse per il suo nascente impero 21. Dopo un periodo
d’incertezza politica la Mesopotamia meridionale vive un nuovo periodo di splendore sotto i re
della III Dinastia di Ur che scacciano i “barbari” Gutei unificando il sud. La macchina
amministrativa tuttavia subirà il collasso, a causa di una serie di fatti sia interni che esterni tra cui la
pressione dei popoli stranieri: nomadi amorrei ad ovest ed elamiti ad est 22. Il III millennio (che nella
storia vicino-orientale ed egiziana è il momento di maggiore incertezza di datazione, sia per la
successione cronologica degli avvenimenti all’interno di ciascuna delle aree che per i sincronismi
tra l’una e l’altra23) è stato un periodo di significativi sviluppi e rapidi progressi attraverso Mar
Mediterraneo ed Egeo ed è in questo momento che Biblo, la cui antichità del sito è nota da Filone di
Biblo (Eusebio di Cesarea, Praep. Ev. I, 10, 19) ed il cui promontorio fu occupato fin dal neolitico
da un villaggio di pescatori, diviene centro fortificato, è menzionato nei testi egiziani e negli archivi
di Ebla e pone le basi per quella fitta rete di contatti con l’area egiziana che caratterizzerà la storia
della città24. Il Bronzo Antico IV A (proto-siriano maturo o età di Ebla, 2400-2250) è stato ben
evidenziato grazie allo studio dei corredi palatini e degli Archivi di Stato dell’Area G del Palazzo
Reale di Ebla (P. Matthiae), per questo periodo si conoscono in Siria due potenze regionali: Biblo
20
21
22
23
24
E.M. Ciampini, La formazione dello stato egiziano e l’Antico Regno, in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol. 01, La Grande Storia. L’antichità,
Bergamo 2011, pp. 161-181
M.Maiocchi, Il periodo paleoaccadico in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol.01, La Grande Storia. L’antichità, Bergamo 2011, p. 130
M. Maiocchi, La III Dinastia di Ur, in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol.01, La Grande Storia. L’antichità, Beragmo 2011, p. 146
L. Milano, Introduzione, in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol.01, La Grande Storia. L’antichità, Bergamo 2011, p. 74
S.F. Bondì, M. Botto, G. Garbati, I. Oggiano, Fenici e Cartaginesi. Una civiltà mediterranea, Roma 2009, p. 21
sulla costa ed Ebla nella Siria settentrionale interna, entrambe potenze commerciali. Mentre l’area
di influenza di Biblo era probabilmente più limitata, Ebla potrebbe essere stata la vera capitale della
Siria settentrionale interna, forse proprio il ruolo dominante, monopolistico, che la Siria esercitava
sul commercio di alcune materie prime fondamentali, quali il legname ed i metalli, soprattutto
attraverso Biblo ed Ebla, fu la causa che spinse i re di Akkad a condurre spedizioni nella regione
“fino al Mare Superiore”25.
Par. 1.1 Relazioni tra Iran, Egitto e Siria-Palestina nel IV e III millennio
Gli studiosi hanno ormai da tempo riconosciuto che i motivi trovati sia sui sigilli che sulle impronte
di sigillo rinvenute in Iran appaiono nell’iconografia egiziana verso la fine del pre-dinastico, intorno
al 3000 a.C, nella decorazione incisa sui manici di un gruppo di coltelli in avorio e su tavolette.
L’esistenza di motivi simili nella glittica siro-palestinese è stata da tempo notata ma i dati non sono
stati sottoposti a comparazione. Il loro studio potrebbe determinare se l’Egitto fu il primo recettore
dal mare attraverso l’Arabia e ne trasmise i motivi caratteristici alla Palestina ed alla Siria, o se
giunsero per via di terra passando attraverso la Siria, o se ogni regione ne fu influenzata
indipendentemente dalle altre. Sono stati esaminati anche sigilli ed impronte di sigillo siropalestinesi con tratti caratteristici della glittica iranica e non trovati nel repertorio egiziano, gettando
nuova luce sulla natura della rete di contatti dall’Iran e da Sumer fino all’Egitto. Per descrivere la
glittica iranica sono stati usati principalmente due termini: “susiani”, denotando la regione e la
cultura di Susa ed i suoi dintorni nel Khuzistan durante Susa I e II (sostituendo il termine “elamiti”,
circoscrivibile alla regione dell’Elam, la città di Anshan, nella regione di Fars) e “proto-elamiti”,
descrivendo la cultura e la fase archeologica di Susa III, che segue Susa II nel Khuzistan ma che è
diffusa nel Luristan, Fars, regioni di Kerman e Sistan, verso la metà del III millennio. Sebbene molti
dei motivi trovati in Iran e Siria-Palestina appartengono ai sigilli cilindrici, alcuni paralleli che
possono indicare l’origine dei motivi sono stati trovati in sigilli a stampo da Susa I e contemporanei
siti nel Fars, Iraq Adjami e Luristan ed ulteriori paralleli sono stati trovati con i sigilli a stampo del
periodo tardo Ubaid-Uruk nel nord della Mesopotamia a Tepe Gawra, che si dispone lungo una rotta
commerciale. L’affinità tra le culture di Susa II ed il tardo Uruk (raccolte ceramiche e sistemi di
registrazione) è stata da tempo identificata e si estende anche alla glittica dei sigilli cilindrici,
sebbene la varietà iconografica di Susa sia più alta e con propri tratti distintivi, come elaborate
creature composite, grifoni con la cresta all’infuori come ali, fiori e serpenti. Il termine protoelamita è applicabile ad un solo stile glittico trovato a Susa III ed in altri siti dell’Iran in questo
periodo, caratterizzato da un tipo di intaglio profondo e spigoloso e da una elaborata iconografia
principalmente animale. È stato possibile collegare il materiale iranico con quello egiziano e siropalestinese per i motivi specificatamente susiani e proto-elamiti, come il grifone, per cui sono stati
25
Pinnock, Dispense.mht, par.3.2
trovati i migliori paralleli. Molti dei manufatti egiziani provengono da scavi clandestini o sono privi
di contesto ma la maggioranza può essere datata alla prima dinastia. La datazione della glittica siropalestinese è meno specifica e copre un periodo lungo, antico bronzo I-IV. Le impronte ed i sigilli
da Arad, Beth Yerah, Megiddo, Hazor in Israele, Biblo nel Libano, Hama e Tell Mardik in Siria,
Atchana e Amuq in Turchia, formano il nucleo delle evidenze cronologiche. Un numero
considerevole di sigilli cilindrici ed a stampo sono privi di contesto archeologico e possono essere
datati solo in base a concetti stilistici ed iconografici26. I motivi comuni ad Iran, Siria-Palestina ed
Egitto sono: 1) tête-bêche, con in particolare dall’area del primo insediamento urbano AB I-II di
Biblo fregi di leoni ed antilopi tête-bêche ma non sovrapposti (Tavola 1). L’origine di questo motivo
risiede in sigilli a stampo di tradizione nord mesopotamica ed iranica, trovati a Tepe Gawra (Ubaid)
e Susa I, raro nel repertorio dei sigilli cilindrici di Susa II/tardo Uruk, proto-elamiti/Uruk III e predinastico I-II. Non si tratta di una creazione nativa siriana come suggerito da D. Collon e S.
Mazzoni, anche se molto popolare nella Siria-Palestina. La prima comparsa è in contesti stratificati
dell’AB I-II di Biblo e Megiddo e nell’AB IV di Tell Mardikh. Raro in Egitto, su un avorio da
Hierankopolis ed in alcuni sigilli cilindrici amministrativi dell’Antico Regno27. 2) protomi animali
con dall’area gublita, una doppia protome animale di età eneolitica, calcolitico-AB I (Tavola 2a),
dall’area del primo insediamento urbano (AB I-II) una doppia antilope o protome di leone (Tavola
2b), attribuito al primo insediamento urbano (AB I-II) una doppia protome di leone (Tavola 2c). Il
primo rinvenimento di questo motivo nella sua forma semplice (due teste animali unite da un solo
corpo) è su un sigillo cilindrico dal livello 18 di Susa II. Data la predilezione per creature
fantastiche e composite evidenziata generalmente nella glittica susiana, un origine iranica è molto
probabile. Si ritrova nelle impronte dell’AB I di Jebel Aruda e sui sigilli a stampo del periodo Uruk
da Tepe Gawra. Non persiste in questa forma all’interno del proto-elamita, Uruk III, proto-dinastico
I-II e nel Levante è stato rinvenuto solo a Biblo da impronte dell’eneolitico e del primo
insediamento urbano, da dove sono giunti in Egitto vista la loro stretta affinità 28. 3) grifone, da
Biblo, primo insediamento urbano (AB I-II), un motivo di grifone-leone rampante (Tavola 3).
Caratteristico della glittica iranica è stato per la prima volta rinvenuto nei livelli 18 e 17 di Susa II.
Sono stati portati alla luce anche nel livello IV di Tepe Sialk, in Susa proto-elamita e Shahr-iSokhta. I grifoni egizi solitamente somigliano a quelli Susa II con l’eccezione di uno su avorio da
Hierankopolis. I grifoni levantini sembrano derivati da quelli di Susa II, il leone alato dall’AB I-II
di Biblo è molto simile per quanto riguarda la posizione a quello di Susa II, la probabile derivazione
del leone alato dal grifone è stata suggerita da P. Amiet29. 4) animali su serpenti, i due rinvenimenti
26
27
28
29
B. Teissier, Gliptic evidence for a connection between Iran, Syro-Palestin and Egypt in the fourth and third millennia, in British Institute of
Persian Studies, Iran., Vol. 25, 1987, pp. 27-28
Cfr. nota 26, p. 29
Cfr. nota 26, p. 31
Cfr. nota 26, p. 32
dalla Siria sono privi di contesto30. 5) rosette intrecciate da serpenti, dalla Siria da Tell Mardik ed
Hama31. 6) leone che attacca un quadrupede, da Biblo primo insediamento urbano (AB I-II), leone
che attacca frontalmente un cervo (Tavola 4). Gli esempi egiziani si riferiscono all’iconografia Susa
II e possibilmente Uruk V-IV, nel Levante appare per la prima volta in un contesto stratificato da
Biblo32. 7) uccello appollaiato su un animale, da Biblo, primo insediamento urbano AB I-II, uccello
appollaiato su un leone (Tavola 5). Il motivo rappresentato, un singolo uccello sulle spalle di un
quadrupede è caratteristico del repertorio dei sigilli cilindrici Susa II e Uruk V-IV e trova origine
nelle iconografie dei sigilli a stampo preistorici: uccelli e piccoli quadrupedi, posizionati a caso in
un campo al di sopra di grandi quadrupedi. Il motivo ebbe lunga durata e fu particolarmente
popolare nei repertori Uruk III e proto-dinastico I-II mesopotamici 33. 8) motivi con poppanti, dalla
Siria-Palestina da Beth-Yerah, Habuba Kabira, Selenkahiye34.
Tra gli elementi della glittica caratteristici dell’Iran in Siria-Palestina, da Biblo abbiamo impronte di
sigilli a stampo su terracotta di motivi animali provvisti di corna ed altri animali sistemati attorno
alla circonferenza del sigillo, il tipo d’intaglio è molto vicino alla glittica del periodo Susa I da Tepe
Giyan e Tepe Djaffarabad35. Nel gruppo di glittica siro-palestinese con peculiarità distintive
iraniche, il complesso delle impronte dei sigilli a stampo del periodo eneolitico di Biblo costituisce
un corpus unitario. Provengono da un contesto archeologicamente certo di un sito che funse da
intermediario tra Egitto e Siria già dal calcolitico se non prima. Le impronte trovate su anse
d’anfora riutilizzate per le sepolture, appartengono al tardo Énèolitique Récent di Biblo, datato
all’Antico Bronzo I dallo scavatore, M. Dunand36 e slittato in un momento poco più tardo, ma
comunque precedente la dinastia I sulla base dello stile ad impressione perforata (tramite il trapano)
da A. Ben Tor37. L’iconografia delle impronte di Biblo mostra un arco di vita discretamente lungo ed
a differenza di quanto fortemente proposto dal Dunand, che categoricamente non vede locali
antecedenti, alcune impronte non hanno relazione con influenze esterne. I motivi animali provvisti
di 4-5 gambe, protomi e colli esageratamente arricciati di quadrupedi mostrano affinità con quelli di
Susa I, Iran ed Egitto, quelli geometrici, angoli riempiti da croci e triangoli sovrapposti con orli
denticolati con sigilli a stampo dall’Iran, da Amuq e dello stile “pedemontano” di Susa protoelamita. Sulla base dei paralleli iconografici si può dire che le impronte gublite eneolitiche, hanno
un arco di vita che giunge al Calcolitico Tardo/Antico Bronzo I38. I motivi originari dell’Iran usati
nella decorazione di alcuni manufatti egiziani nel tardo periodo proto-dinastico derivarono dal
30
31
32
33
34
35
36
37
38
Cfr. nota 26, p. 33
Cfr. nota 26, p. 35
Cfr. nota 26, p. 37
Cfr. nota 26, p. 37
Cfr. nota 26, p. 39
Cfr. nota 26, p. 40
M. Dunand, Fouilles de Byblos V, Paris 1973
A. Ben Tor, Cylinder Seals from third-millennium Palestine, in Bulletin of the American Schools of Oriental Research, No. 22, 1978, p. 71
Cfr. nota 26, pp. 42-43
repertorio glittico di Susa II e pur se in maniera minore, dal successivo periodo proto-elamita. Come
raggiunsero l’Egitto? Quale ruolo ebbe l’Egitto nella trasmissione alla Palestina e come reagì ogni
regione agli stimoli orientali indipendentemente dalle altre? Spesso è stato asserito che la
trasmissione dei motivi seguì l’itinerario marino che dall’Arabia entra in Egitto al di sopra dello
Wadi Hammamat, la consistenza delle raccolte glittiche però punta a favore di un percorso
settentrionale, che attraversa la terraferma e solo in un secondo momento per via marina giunge in
Egitto dalla costa libanese. I motivi iranici usati nella glittica siro-palestinese derivano da Susa I,
Susa II e dal repertorio del periodo proto-elamita, i contatti tra Khuzistan, Luristan e Iraq del nord
rivelati dalla glittica esistettero per lo meno dal periodo Ubaid del V millennio, estendendosi poi
verso ovest attraverso la Siria ed il Libano. Le evidenze da Byblos Eneolitique sono fondamentali
per dimostrare la possibilità di collegamenti marini attraverso questo porto con l’Egitto. Impronte di
sigillo locali indicano contatti con l’Iran, mentre altri materiali rimandano all’Egitto, un tipo
d’impressione gublita eneolitica nel livello IIIB di Ugarit suggerisce probabili contatti costieri tra
Libano e Siria. L’evidenza di un certo numero di sigilli a stampo e cilindrici non egiziani in contesti
Naqada II-III con paralleli principalmente dall’Iran e dal nord della Siria, oltre alla Mesopotamia,
rinforza la teoria dei precoci contatti con l’oriente 39. Le impronte da Biblo (Primo Insediamento
Urbano, AB I-II) condividono tratti iconografici con la glittica iranica e con oggetti di manifattura
egiziana, rispetto alla glittica libanese e siriana, tratti caratteristici della glittica iranica sono meno
comuni in quella palestinese, rivelando una derivazione diretta dal nord con contributo successivo
dell’Egitto. I contatti tra Iran proto-elamita, Siria-Palestina ed Egitto in base alla glittica sono meno
forti rispetto ai periodi precedenti40. L’Egitto non sembra aver avuto un qualche ruolo nella
trasmissione dei motivi dall’Iran alla Siria-Palestina e la trasmissione dei suoi motivi al nord
durante l’AB è trascurabile. Questo, solleva la questione del meccanismo di assorbimento e
trasformazione dei motivi stranieri all’interno di repertori artistici locali, di cui i più ovvii veicoli
devono essere stati le impronte di sigillo sulle consegne dei beni commerciati, tutti i paralleli
egiziani con le iconografie iraniche e siro-palestinesi derivano da uno stile glittico modellato ed
elaborato. L’iconografia dello stile “schematico” dei sigilli cilindrici non egiziani da Naqada con
strette affinità susiane sembrano non aver avuto alcun impatto su nessuno dei manufatti egiziani di
alta qualità (avori, tavolette). L’adozione dei motivi “alieni” deliberatamente selezionati dipese dal
tipo di sigilli in circolazione, virtualmente, tutti i motivi che appaiono in Siria-Palestina appaiono
anche in Egitto, con l’eccezione delle creature dai lunghi colli attorcigliati dove vengono usate su
avori e tavolette mostrando di essere adottati per beni di prestigio, il loro adattamento da parte di
copisti locali nello stile indigeno sembra essere stato un fenomeno immediato 41. I rapporti tra Egitto
39
40
41
Cfr. nota 26, p. 46
Cfr. nota 26, p. 47
Cfr. nota 26, p. 49
e Siria costiera furono intensi fin dal IV millennio e si perpetuarono per moltissimo tempo, come
dimostra un sigillo della XII dinastia, medio regno, rinvenuto dal Dunand nella zona del Bâtiment II
e recante il nome proprio maschile circondato dal cartiglio reale, Amenemhet, portato da 4 sovrani
della XII dinastia e protetto dalla divinità provinciale Khentkhety legato alla città di cui era signore,
Athribis (Tavola 6)42. In Egitto l’impatto dell’iconografia glittica iranica ebbe breve durata, mentre,
particolarmente in Siria, fu ancora sporadicamente evidente alla fine dell’Antico Bronzo. Gli stessi
motivi, trasmessi da una sola direzione, ebbero in ognuna di queste regioni effetti indipendenti e
personalizzati43. La comprensione dei rapporti tra Egitto e Palestina durante l’antica età del bronzo
pone molti problemi, un passo significativo alla loro risoluzione è la valutazione del tipo di
coinvolgimento egiziano in Palestina nell’AB. Analisi petrografiche sul materiale ceramico egizio
proveniente da siti del sud della Palestina, indicano l’esistenza di tre gruppi ben definiti: ceramica
cananea locale, ceramica egiziana importata e ceramica egiziana prodotta localmente. Lo stesso è
vero per le raccolte litiche rinvenute in quei contesti unitari in cui, strumentario locale, importato
dall’Egitto ed egiziano prodotto localmente, emergono insieme. Analisi petrografiche di alcune
bullae da ‘En Besor, rivelano che anch’esse furono prodotte localmente e non importate dall’Egitto,
così, le sigillature di prodotti agricoli per il loro immagazzinamento da parte degli edifici
amministrativi egiziani a ‘En Besor, hanno permesso di giungere alla conclusione che le merci
furono prodotte per il consumo locale e che gli occupanti egiziani di ‘En Besor e delle sue vicinanze
imitarono pratiche amministrative egiziane, cercando di programmare i loro affari in Palestina nella
maniera in cui erano abituati nella madrepatria. Varie teorie sono state enucleate circa il grado e la
natura del coinvolgimento egiziano in Palestina (militare e/o commerciale?), così come per la sua
definizione geografica e cronologica. Le relazioni tra le due regioni hanno inizio molto presto,
prima dell’AB I, come mostrerebbero una varietà di manufatti egiziani riportati alla luce in contesti
archeologici levantini quali avori, strumenti in selce, gusci. Secondo alcuni studiosi, questi
ritrovamenti sporadici non indicano insediamenti egiziani permanenti e relazioni significative, che
non esistono prima dell’inizio dell’AB. Secondo K. Prag 44 relazioni significative tra Biblo e l’Egitto
risalgono al IV millennio, come dimostrerebbero i ritrovamento della cultura di Badari da un lato e
quelli dell’eneolitico recente di Biblo dall’altro, con contatti marittimi e diretti che procuravano
varie resine e cedro del Libano per l’Egitto, ripagati con piccoli oggetti di lusso rinvenuti nelle
tombe gublite. Queste connessioni precoci di cui è difficile stabilire la regolarità ed intensità,
dovettero influenzare anche altre sfere della cultura materiale della zona, compresa la Palestina e
sono dimostrabili attraverso tratti comuni nel tipo di sepolture: alcune tipologie di figurine in avorio
e nell’uso cerimoniale di teste di mazza. In realtà, i ritrovamenti di cedro in Egitto sono sporadici e
42
43
44
G. Scandone Matthiae, Da Athribis a Biblo. Modi di contatto tra Egitto e costa siriana, in SEL 7, 1990, p. 39
Cfr. nota 26, p. 49
K. Prag, Byblos and Egypt in the fourth millennium B.C., in Levant 18, 1986, p. 72-73
manufatti con iscrizioni reali a Biblo riportano solo i sovrani della IV dinastia ad eccezione di uno
della seconda45. Un notevole cambiamento si ha nell’AB II, quando la presenza di manufatti
egiziani in Palestina subisce un notevole declino a causa forse dell’abbandono del sito di Arad nel
sud del Sinai, dovuto alla caduta in disuso della rotta che corre lungo la costa del Sinai e connette
l’Egitto con la Palestina. Le relazioni tra Egitto e Palestina dovettero cessare quasi del tutto nell’AB
III forse per via dell’instaurarsi di stretti legami tra Egitto e Libano. In questo momento oltre al
legname, l’Egitto importa da qui olio ed altri prodotti agricoli che prima provenivano dalla
Palestina. La popolazione egiziana instauratasi nel sud della Palestina, nella Shephelah meridionale
e nel Negev occidentale, ebbe rapporti pacifici con la popolazione autoctona cananea, non essendo
state rinvenute punte di freccia tra lo strumentario in selce, i loro insediamenti furono motivati dalla
possibilità di sfruttamento delle risorse agricole, olio, miele, vino, bitume e varie resine. La
popolazione egiziana residente in quelle zone produsse alla maniera della madrepatria, vasellame,
strumenti in selce e bullae per l’immagazzinamento dei prodotti, per il loro stesso uso e consumo,
per un periodo di circa 150 anni durante l’AB I46.
Cap. 2 Biblo, ovvero Gubail
Nella storia del Levante l’Antico Bronzo I è un periodo cruciale immediatamente precedente
l’avvento dell’urbanizzazione, in questo momento una serie di stimoli e dinamiche di reazione
favoriscono il graduale sviluppo di una società proto urbana funzionale alla nascita di una precoce
cultura levantina urbana. Il caso di Biblo è emblematico, tutto riflette una grande evoluzione:
l’organizzazione spaziale, che dai villaggi passa ad un’architettura domestica e pubblica, la
produzione in massa di ceramiche, nonché la centralizzazione, trasformazione e scambio di materie
prime preziose. L’insediamento di nuovi gruppi umani e la formazione di entità sociali è espressione
di una nuova cultura, che segna la costituzione di comunità agricole sedentarie ponendo le basi per
il successivo sorgere delle prime società urbane47. Nel III millennio o Antico Bronzo II, lo sviluppo
urbano sembra rispondere ad un modello quasi regionale o macro regionale, espressione del
fenomeno definito urbanizzazione secondaria collegato alla grande rotta commerciale che connette
le coste del golfo arabo-persiano al mediterraneo ed ha come importanti terminali le valli dell’Indo
e del Nilo48. Biblo è stata abitata prima dello sviluppo urbano vero e proprio come mostrano
importanti rimanenze del tardo neolitico e delle occupazioni proto-urbane, ma ha potuto svilupparsi
grazie sia allo sfruttamento delle risorse naturali che dei commerci a lunga distanza 49. L’antico sito
gublita fu scavato parzialmente dal Renan nel 1861 e più compiutamente dal 1921 da P. Montet, poi
45
46
47
48
49
A. Ben Tor, New light on the relations between Egypt and southern Palestine during the Early Bronze Age, in BASOR n° 281, 1991, pp. 3-4
Cfr. nota 45, p. 8
L. Nigro, Aside the spring: Byblos and Jericho from village to town in the second half of the fourth millennium B.C., in Rosapat 04, p. 1
F. Pinnock, Byblos and Ebla in the 3rd millennium B.C. Two urban pattern in comparison, in Rosapat 04, p. 109
Cfr. nota 48, p. 110
dal 1927 al 1973 da M. Dunand. Lo studio di Biblo è reso difficile in ogni fase della sua vita dal
sistema di scavi e registrazione di dati impiegato, ponendo seri ostacoli alla comprensione delle
evidenze, l’interrogativo fondamentale è: il sito identificato con Biblo è l’intera città o ciò che per la
maggior parte corrisponde al centro del potere?50 Una accurata ricostruzione dei dati di scavo è stata
realizzata da M. Saghieh51. Il modello proposto dal Pinnock definisce per la Biblo del III millennio
un modello di città reale, un centro autonomo governato da un re con politiche indipendenti e con
un ruolo ben definito nei commerci internazionali a lunga distanza52. L’antica città fenicia, in fenicio
ed ebraico Gubail, è posta su una piccola altura nell'immediata vicinanza del mare, sul luogo
dell'odierno villaggio di Gebeil (arabo letterario Giubail "monticello") e si trova fra Tripoli e
Beirut, in Libano. La località fu abitata fin dal Calcolitico da una popolazione stabilitasi sulla costa
marina d'un promontorio isolato a N e a S da due uadi (corsi d’acqua minori a carattere
stagionale). Dopo un certo periodo di abbandono una nuova popolazione di razza originariamente
mediterranea, si sovrappose a questo primo agglomerato che si estese per un lungo tratto verso
l'interno. In questi centri abitati l'organizzazione urbana si sviluppa contemporaneamente alla civiltà
mesopotamica detta di Jemdet Nasr da una parte ed alla seconda dinastia egiziana (inizio del III
millennio) dall'altra. Le abitazioni ora si compongono di diversi ambienti, due o tre, mentre nascono
le prime viuzze e la necropoli viene spostata all'esterno dell'area abitata, preannunciando la
dicotomia fenicia “città dei vivi”/”città dei morti”. Questo centro e questa architettura si sviluppano
rapidamente e sin dal 2700 circa, un bastione dello spessore di 4 m divide il promontorio dal
continente secondo la formula dello "sperone sbarrato", vengono inoltre costruite vaste abitazioni a
pianta regolare: un largo corridoio mediano su cui da un lato e dall'altro si aprono varie stanze. Si
costruiscono templi in onore degli déi: il tempio di Reshef e quello dedicato alla Baalat- Gebal o
Signora di Biblo, la grande dea madre semitica, divinità che assume molti attributi della dea
egiziana Hathor, le cerimonie del suo culto connesse col mito del dio giovinetto che muore e
rinasce, si diffusero largamente tra i Greci, legate al nome di Adone. Il tempio della dea con la
statua cultuale, ancora visibile al tempo del viaggiatore ebreo Beniamino di Tudela nel XIII secolo
d.C., si è rivelato un adattamento del tempio di tipo egiziano a quello semitico, durò fino all'epoca
romana attraverso vari rimaneggiamenti e vi si accedeva da due rampe ad E ed ad O, era composto
di vari locali e cortili e conteneva per lo meno cinque statue colossali davanti alle quali era eretto
l'altare, tre delle statue rappresentavano divinità le due rimanenti, faraoni. Nel tempio si trovava
inoltre una vasca per le abluzioni rituali. Un altro tempio, degli Obelischi, constava di una prima
corte e di una seconda col santuario sopraelevato, esso conteneva una ventina di piccoli obelischi
(betili) e vi fu rinvenuta una giara con oggetti d'oro, argento e bronzo: asce, un pugnale col manico
50
51
52
Cfr. nota 48, p. 120
M. Saghieh, Byblos in the third millennium B.C., Warminster 1983
Cfr. nota 48, p. 128
ricoperto d'oro e con la lama dello stesso metallo, una guaina d'oro con rilievi 53. Intorno alla metà
del III millennio l’area sacra della fiorente città portuale di Biblo (Tavola 7) rappresenta uno dei
poli religiosi più estesi e articolati del Levante nell’età del Bronzo Antico, con una pluralità di
fabbriche sacre progressivamente erette nel corso del Bronzo Antico II-III e successivamente
ricostruite fino alla fine del III millennio: dal Santuario della Baalat-Gebal al complesso templare
del Temple en L54 (consistente di quattro parti principali: il recinto sacro [Bâtiment XIV], il cortile
anteriore trapezoidale [Bâtiment XV] e due unità ausiliarie, rispettivamente a NE [Bâtiment XIII]
ed ad O [Bâtiment XVI], entrambe consacrate alle installazioni per le attività di culto ed al clero
responsabile del culto stesso. Il temenos centrale con le tre piccole celle in antis, testimonia anche
per Biblo l’adozione della nuova tipologia del tempio in antis55 attestata nell’architettura sacra della
regione siro-palestinese della metà del III millennio.), dalla Chapelle Orientale alle strutture
dell’Enceinte Sacrée e del Champ des Offrandes. Queste fabbriche sacre sarebbero rimaste in uso
anche nel successivo Bronzo Medio e nel caso del santuario della principale divinità cittadina, il
complesso della Baalat-Gebal, il suo utilizzo è ancora attestato nell’età del Ferro dalle iscrizioni dei
sovrani gubliti del X secolo che restaurarono il tempio o dedicarono statue alla divinità,
continuando in età persiana ed in epoca ellenistico-romana. L’area sacra di Biblo si articola nel
corso del Bronzo Antico attorno alla sorgente situata al centro dell’antico insediamento e presto
regolarizzata nella forma di un pozzo sacro, che andò a costituire il fulcro della vita religiosa della
città. Già alla fine del IV millennio in una fase avanzata del cosiddetto Énéolithique Récent (Bronzo
Antico IA), un santuario fu costruito a sud-ovest della sorgente: l’Enceinte Sacrée. Nel corso del III
millennio quando l’insediamento del Bronzo Antico si trasformò gradualmente in un centro urbano
fortificato, il centro dell’abitato e il fulcro dell’area sacra furono occupati non più solamente dal
pozzo della sorgente, ma da un vero e proprio bacino sacro, il cosiddetto Lac sacré, un invaso
artificiale localizzato tra i due principali santuari della città: il Tempio della Baalat-Gebal a nordovest e il Temple en L a sud-est. Il complesso sacro denominato da M. Dunand come Temple en L
per la disposizione grosso modo ortogonale delle unità architettoniche che lo componevano, fu
eretto sul margine meridionale della depressione localizzata nell’avvallamento tra le due colline
naturali (la colline haute e la colline basse) che costituivano il sito antico di Biblo. A nord ed ad est
il santuario era separato dal tessuto urbano circostante da due assi viari principali, provenienti dalla
porta urbica nord-orientale e diretti rispettivamente nei settori settentrionale e meridionale
dell’insediamento. Il Temple en L fu scavato da M. Dunand nel 1938 al di sotto del cosiddetto
Tempio degli Obelischi, il santuario in uso durante il II millennio e dedicato con le sue numerose
53
54
55
Treccani, Enciclopedia dell’arte antica
M. Sala, Il Temple en L a Biblo, in Vicino Oriente XIV, 2008, pp. 61-87
M. Sala, La tipologia del tempio in antis nella architettura sacra della Siria e del Levante nel III Millennio a.C.: da Tell Chuera ad Al-Rawd, in
Quale Oriente? Omaggio a un Maestro. Studi di Arte e Archeologia del Vicino Oriente in memoria di Anton Moortgat a trenta anni dalla sua
scomparsa, 2010, pp. 53-75
installazioni cultuali di betili, obelischi e depositi votivi ad un dio maschile spesso identificato con
Reshef/Rašap, ma forse più probabilmente assimilabile ad una divinità poliade del tipo “Baal”
(Baal-Gebal). Anche il più antico santuario del III millennio doveva essere dedicato con tutta
probabilità ad un dio poliade, il cui tempio fu posto in effetti di fronte a quello della Baalat-Gebal,
“Signora di Biblo” e principale dea poliade della città. Biblo fu in relazione con l'Egitto e la
Mesopotamia fin dagli inizi del III millennio La ritroviamo frequentemente menzionata in
documenti egiziani come il porto al quale approdavano le navi che imbarcavano legname da
costruzione e pece per l'Egitto. Questo commercio dovette assumere tale importanza, che le grandi
navi da carico presero l'appellativo generico di "navi di Biblo". Anche se sottoposta alla supremazia
egiziana attraverso il dominio di principi indigeni vassalli dei faraoni, nel Bronzo Tardo Biblo fu al
centro della rete di contatti tra Egeo e Mesopotamia; fu occupata dagli Hittiti durante il regno di
Amenofi III, allorché l'intera Siria andò perduta per gli Egiziani (interessanti a questo riguardo sono
le lettere del principe di Biblo Rib-Addi, conservate nell'archivio di Tell el-‛Amarnah, che
contengono vane richieste di aiuto al faraone contro il vicino regno di Amurru). Con la fine del II
millennio divenne autonoma e libera di gestire il taglio ed il commercio di legname. Della Biblo del
I millennio gli scavi della città hanno restituito poche informazioni del X e VII secolo, quando la
Fenicia godette di autonomia e splendore. I resti sul promontorio si riferiscono principalmente al III
e II millennio ed alle successive fasi ellenistico-romane. La fase di I millennio potrebbe essere stata
distrutta dall’impianto di edifici di età successiva e molti dei materiali ceramici residui non
conservati durante gli scavi di M. Dunand. La città era probabilmente organizzata in due settori:
l’acropoli corrispondente al promontorio con palazzi, templi, edifici militari e la necropoli destinata
alla sepoltura dei soli sovrani in uso dai tempi della XII dinastia egiziana, e la città bassa, da
collocarsi in prossimità dell’attuale porticciolo. Informazioni indirette sulla continuità d’uso
dell’area monumentale della Biblo fenicia, si deducono da diverse fonti: nel X-IX secolo diversi
sovrani celebrano la Baalat-Gebal, ricostruendo templi ed utilizzando come supporto delle iscrizioni
dedicatorie i busti di faraoni donati da sovrani egiziani ai re di Biblo o portati dall’Egitto (Abibaal
su Sheshonq I, Elibaal su Osorkon I). Nella zona ad est della cosiddetta acropoli, i ritrovamenti
nella necropoli reale testimoniano l’uso invalso dal Bronzo Medio di questa porzione della città
come luogo di sepoltura dei sovrani. La tomba più famosa è la n°5, in cui uno dei tre sarcofagi
recava il nome di re Ahiram, il contesto archeologico piuttosto problematico per le violazioni in
antico e l’incertezza sulla datazione del sarcofago e dell’iscrizione, rendono dibattuta la datazione
tra XII e X secolo. Oltre alla necropoli reale esisteva la necropoli K, situata a NE del sito la cui
documentazione s’inquadra tra XIX e XVIII secolo usata però anche nel Bronzo Tardo e nel Ferro
II. La Biblo fenicia è maggiormente documentata per l’epoca persiana, quando la città usufruisce
dei benefici dell’amministrazione achemenide, primo fra tutti battere moneta e quindi essere inserita
nel circuito commerciale egeo e mediterraneo. A questo periodo risale la costruzione al di sopra
dell’antica muraglia di III e II millennio, di un ampio podio alto 18m che ospitava probabilmente un
tempio e che perse il suo prestigio quando tra V-IV secolo gli venne addossata una fortezza. Sempre
in età persiana si restaurarono e ricostruirono gli antichi edifici di culto, come testimonia la dedica
iscritta sulla stele del re Yehawmilk (450 a.C. circa). La fama dei santuari della “città santa” di
Biblo permane in età romana, quando nelle monete di Macrino (Marcus Opellius Macrinus,
imperatore romano dal 217 al 218) viene rappresentato un tempio con ampio cortile con all’interno
un betilo. La grande importanza di Biblo sta nell'essere stata il più antico centro di civiltà fenicia
dal quale l'influsso della civiltà egiziana si irradiò nella Siria. Biblo fu anche l'emporio del
commercio del papiro e con ogni probabilità, il luogo in cui si elaborò un tipo di scrittura di origine
egiziana detta “pseudogeroglifica”. Il vocabolo greco che significa papiro e poi libro (Βγβλος), è il
nome stesso della città56.
Cap. 3 I sistemi di comunicazione
Il VO è una realtà composita in cui il principale elemento di unificazione è costituito dal fatto che
per millenni si sia usato quasi dappertutto, uno stesso codice per la trasmissione della cultura: la
scrittura cuneiforme inventata quasi certamente in una piccola zona intensamente urbanizzata della
Mesopotamia meridionale sullo scorcio del IV millennio ed utilizzata per oltre due millenni, fino ad
essere affiancata e lentamente sostituita da quello che per semplicità si chiama alfabeto fenicio,
gradualmente impostosi in una zona molto più vasta 57. Le grandi organizzazioni della prima
urbanizzazione si costituiscono in assenza dello strumento di scrittura, ma le loro esigenze
parallelamente alla messa a punto di strutture organiche di computo e misura, pongono
all’amministrazione il problema della correttezza delle operazioni eseguite e della loro
“registrazione”. Attraverso una serie di fasi in rapida successione viene introdotto un sistema di
registrazione scritta che rappresenta il coronamento della specializzazione lavorativa e della
spersonalizzazione dei rapporti lavorativi e retributivi. Il primo passo è costituito dall’uso del sigillo
come strumento di convalida e garanzia, nella fase Ubaid è diffuso sia in bassa Mesopotamia che
nelle terre circostanti, è a stampo di forma quadrangolare o rotonda, con raffigurazioni geometriche
o animalesche ed equivale alla firma del proprietario. Con l’epoca Uruk si hanno importanti novità,
la forma a stampo viene sostituita da quella a cilindro con l’impronta ottenuta per rotazione
ottenendo così strisce sigillate continue lunghe a piacere. La funzione diviene quella di non
effrazione del contenitore sigillato, le figurazioni mutano repertorio con scene di vita sia lavorativa
che simbolica della comunità proto-statale, compaiono anche scene di guerra ed emerge la figura
del re-eroe difensore del tempio cittadino contro i nemici o del magazzino contro gli animali
56
57
Treccani, Enciclopedia Italiana
L. Milano, Introduzione, in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol. 01 La Grande Storia. L’Antichità, Bergamo 2011, pp. 47-48
selvaggi. Nell’individuazione delle tematiche caratterizzanti, si riscontra la volontà di sostituire il
generico repertorio geometrico ed animalistico con uno che rispecchi l’ideologia della nuova società
e delle grandi organizzazioni cui appartengono i funzionari portatori di questi sigilli. La possibilità
d’individuare l’autore della sigillatura assume un ruolo centrale nel sistema di garanzie
spersonalizzate che è alla base di una grossa agenzia redistributiva, sigillatura ed apertura diventano
atti amministrativi precisi che garantiscono l’integrità del contenuto 58. La messa a punto dello
strumento della scrittura sarà un nuovo modo di comprendere ed affrontare il mondo circostante,
dove la selezione dei segni corrisponderà ad un’opera di selezione ed ordinamento della realtà
fisica. A Biblo nel II millennio compare il cosiddetto sillabario di Biblo o scrittura
pseudogeroglifica, sistema di scrittura indecifrato rinvenuto in 10 iscrizioni su piatti, spatole in
bronzo, nonché iscrizioni incise nella pietra e scavate da M. Dunand tra 1928 e 1932 e pubblicate
nel 1945 nella monografia Biblya Grammata. Il numero di 'segni' dato da Dunand è pari a 114,
Garbini ha notato che si tratta di un numero troppo alto, sia perchè la lista di Dunand include
caratteri fortemente danneggiati per cui è impossibile dire se essi costituiscano realmente un nuovo
segno, sia per il fatto che le varianti della scrittura esistevano in modo chiaro: per esempio tra lo
"stile monumentale" delle stele e quello "lineare" delle spatole e tavolette. Si riducono così a 90
segni questa scrittura che è un sillabario in cui ogni carattere era pronunciato come una sillaba.
Alcuni segni, come
, sembrano modificati dai comuni geroglifici egiziani,
secondo J. Hoch (1990) molti sembrano derivare dalla ieratica dell'Antico Regno piuttosto che
direttamente da quella geroglifica, altri invece somigliano alle lettere del successivo alfabeto
fenicio:
59
.
Cap. 4 I periodi I-II-III di Dominique Collon
Nella suddivisione della Collon, i sigilli presi in oggetto, appartengono geograficamente all’area
della Siria-Palestina ed ai periodi compresi tra I (per la definizione delle origini) e III60. Quando
utilizzate le date assolute si riferiscono alla cronologia media (J.A. Brinkman in Oppenheim 1977
pp. 35 ss.). Il periodo I61 (suddiviso in Ia ed Ib) prende in considerazione le evidenze precedenti il
3000 a.C., quando dovettero esistere forme di contabilità tramite sfere di argilla contenenti gettoni
che simboleggiavano la tipologia e la quantità delle merci accompagnate. Le sfere venivano
impresse sulla superficie esterna tramite un sigillo e furono poi sostituite dalle tavolette di argilla;
questa precoce forma di scrittura evolverà nel cuneiforme. Le testimonianze di questo periodo sono
state riconosciute negli scavi di Uruk, conosciuta come Warka o la biblica Erech e Jemdet Nasr, con
58
59
60
61
M. Liverani, Antico Oriente. Storia, società, economia, Bari 2003, pp. 128-135
Sillabario di Biblo.mht
D. Collon, First Impressions. Cylinder seals in the ancient near east, Londra 2005
Cfr. nota 60, p. 13
uno stile differente e ritenuto più tardo di quello di Uruk,pur se recenti scavi in numerosi siti come
Nippur, Habuba Kabira, Jebel Aruda, Susa e Choga Mish, hanno dimostrato che i due stili sono
cronologicamente sovrapposti. I primi due terzi del III millennio a.C., qui periodo II 62 (suddiviso in
IIa, IIb, IIc, IId, IIe, datato 3000-2334), sono conosciuti come proto-dinastico grazie alle liste di
dinastie di governatori sumerici delle varie città stato del sud della Mesopotamia. Henry Frankfort
(1939) ha suddiviso il materiale proveniente dai suoi scavi dalla Diyala a nord di Baghdad, in protodinastico I, II e III. I sigilli cilindrici quindi si svilupparono nel sud della Mesopotamia e nel
sudovest dell’Iran e nel IV millennio sembrano essere usati solo in quelle località del nord collegate
al sud dalle maggiori direttrici commerciali. Intorno alla fine del IV millennio queste vie si
trasferiscono verso Susa ed il sud-ovest dell’Iran, attraverso la regione di Diyala ed il nord della
Mesopotamia e della Siria, con una estensione meridionale all’interno della Palestina. I siti lungo la
via Susa-Siria sono collegati da sigilli dallo stile geometrico internazionale di cui si ravvisano
antecedenti nel periodo I. Ogni area avrà una sua produzione ben distinta da disegni figurativi
vivaci, che potrebbero aver perseguito differenti fini e grande rilevanza locale. La Mesopotamia
meridionale sembra largamente esclusa da questa rete commerciale, spiegando così la difficoltà
d’isolare differenti stili. I sigilli dello stile geometrico sono alti e sottili, modellati spesso in steatite,
chiamati variamente pedemontani (per la loro distribuzione geografica ai piedi degli Zagros e del
sud della Turchia), nineviti 5 (rinvenuti nel livello 5 di Nineveh) e proto-dinastico I o antico bronzo
I (perché cadono in queste fasi cronologiche nella Diyala e nella Siria-Palestina). I modelli sono
spesso basati su rosette che possono essere racchiuse in un cerchio o circondate da una banda
circolare, a volte bande tratteggiate formano archi o losanghe, spesso ed in particolare a Biblo, gli
animali sono disposti tête-bêche. Il periodo III63 (suddiviso in IIIa, IIIb, IIIc e datato 2334-2000) è
storicamente caratterizzato dall’impero sargonico e dalle sue conseguenze. Sargon di Akkad unì
varie città-stato sumeriche entro un unico regno e si espanse a nord ed ad ovest. Ispirò un’intera
dinastia e fondò una nuova capitale, Agade, creò a livello artistico un nuovo stile fatto di nuovi
dinamismi, che lo distinse sia dal precedente stile dinastico precoce che dal successivo postaccadico. In generale i sigilli accadici recavano scene di lotta realizzate attraverso gruppi separati.
Questi gruppi gradualmente, diventeranno sempre più indipendenti gli uni dagli altri, fino a
restringersi in varie coppie di combattenti e poi, per far posto a lunghe iscrizioni, si ridurranno a
due sole coppie. Queste iconografie classiche troveranno il loro massimo sviluppo nel regno del
nipote di Sargon, Naramsin, mentre variazioni più elaborate appartengono al successore, Shar-kalisharri. Uno dei temi prevalenti nel proto-dinastico, quello delle scene di banchetto, viene sostituito
nel periodo accadico da quello della presentazione di fronte alla divinità. Dopo il regno di Shar-kalisharri l’impero accadico si disintegra rapidamente, in parte a causa delle invasioni delle tribù gutee
62
63
Cfr. nota 60, p. 20
Cfr. nota 60, p. 32
da est. Prima di essere riunite da Ur-Nammu della III dinastia di Ur, le città-stato espressero un loro
proprio stile non essendo influenzate da quello di corte. Le percentuali della collezione di sigilli del
British Museum indicano che dopo la disintegrazione dell’impero accadico, diminuisce l’uso della
serpentina ed aumenta quello della clorite, il modo di rappresentazione delle scene di lotta nel post
accadico e in Ur III è sintomatico dei cambiamenti politici e culturali, mentre i sigilli accadici
recavano un solo eroe in combattimento con il leone, ora ne sono necessari due e lo stile è
superficiale. Altre scene, nate probabilmente nel post accadico e sviluppatesi in Ur III rappresentano
uccelli, navi o due figure ai due lati di un altare a forma di palma da dattero o di un albero. Per
quanto riguarda l’apparente carenza degli stili regionali durante la fine del III millennio, non
abbiamo spiegazioni se confrontati con la loro diffusione nel proto-dinastico. In particolare questo è
vero per la Siria, che nonostante l’affermazione dei governanti accadici fu, ad eccezione di Tell
Brak libera dalle influenze accadiche.
Cap. 5 Codici testuali nello studio quantitativo delle immagini in archeologia. Un esempio analitico.
Gli archeologi sono spesso di fronte al problema dello studio di grosse raccolte di ritrovamenti
recanti decorazioni figurative piuttosto stereotipate. Questi oggetti, che possono essere ceramiche,
sigilli, rilievi in metallo, terrecotte, litica, erano prodotti da artigiani specializzati di solito in grandi
quantità. Le loro decorazioni erano basate su semplici motivi iconografici, combinati in modi
diversi e frequentemente inserite in sequenze ripetute, producendo una notevole varietà di immagini
differenti. Diversamente da modelli decorativi semplici consistenti in un singolo motivo
iconografico ripetuto su tutto lo spazio disponibile, tali immagini sono caratterizzate da strutture
iconografiche gerarchiche, per cui le relazioni spaziali tra i vari elementi compositivi danno un
significato ben preciso dell’immagine finale. Differentemente dalle arti maggiori che possono
essere studiate separatamente, lo studio degli oggetti di cui sopra, o arti minori, richiede un
approccio globale, in quanto il significato pieno di ogni campione può essere spiegato solo
all’interno dell’intero contesto cui appartiene. In questo caso lo studio è stato realizzato su un
corpus di 1247 immagini su sigilli del IV millennio vicino orientali (E. Rova, Ricerche sui sigilli a
cilindro vicino-orientali del periodo di Uruk/Jemdet Nasr, Istituto per l’Oriente “C. Nallino”,
Orientis Antiqui, Collectio 20,
Roma 1994). Il grande numero e la grande variabilità delle
immagini sono state ottenute combinando elementi fissi (esseri umani, animali ed oggetti) ed
attitudini appartenenti a modelli compositivi di base. Numerosi differenti approcci sono stati provati
per l’analisi delle immagini incise sulla base dei loro contenuti iconografici, elementi rilevanti nella
classificazione dei sigilli, in quanto come dimostrato da Elena Rova, riflettono differenti funzioni ed
usi dei sigilli e dei loro proprietari. Tale studio quindi dovrà tenere in considerazione tre differenti
livelli: 1) gli elementi che appaiono nell’immagine ed i loro attributi; 2) il debole, a volte ripetuto
sub-modello che compone l’immagine; 3) le relazioni tra i sotto-modelli nella composizione delle
immagini. I metodi di analisi partono dai classici codici di presenza/assenza di elementi
iconografici, fino ad arrivare alla descrizione testuale formalizzata dell’immagine in tutti i dettagli,
in accordo con criteri predefiniti per giungere alla sintassi descrittiva dell’immagine in simboliche
stringhe. Lo studio ha dimostrato che le caratteristiche distintive del corpus analizzato emergono
chiaramente, confermando la validità e la consistenza della tecnica utilizzata. In quanto alle
differenze prodotte, le loro diverse caratteristiche strutturali sono state studiate attraverso distinti
metodi di analisi, portando così alla possibilità di selezionare a priori il tipo di metodo da utilizzare
per i vari corpora. Lo studio di Camiz e Rova ha mostrato in particolare i risultati ottenuti attraverso
l’applicazione del metodo di Analisi di Corrispondenza Testuale di Lebart e Salem (TCA, 1988,
1994) sui codici d’immagini, mettendo in evidenza le maggiori distinzioni dei codici usati 64. Lo
studio delle immagini attraverso metodi quantitativi concerne soprattutto la scelta dell’adeguato
codice suscettibile di essere analizzato, in quanto, la preferenza per l’uno o per l’altro influenzerà
pesantemente i risultati, deviandone il significato nella peggiore delle ipotesi. È chiaro che
l’identificazione degli elementi iconografici, la loro posizione, le loro mutue relazioni, ricadono
nella sfera dell’arbitrarietà, che è insita nella responsabilità dello studioso. In questo senso, il codice
non è uno strumento descrittivo universalmente valido, ma tagliato su misura per adattarsi allo
specifico corpus in studio, basato su ipotesi a priori del significato degli elementi iconografici. I
livelli (1-2-3) già descritti avranno pertanto ognuno un proprio codice di analisi e solo il loro studio
integrato potrà fornire un quadro completo65. Il codice testuale dopo la fase di studio delle immagini
descrive in un testo formalizzato il contenuto dell’immagine, l’informazione trasferita è così
sufficientemente completa per comprendere il contenuto dell’immagine66. Diversamente dall’analisi
testuale dove le differenze di stile sono considerate importanti, particolare cura è messa nel
descrivere allo stesso modo stessi elementi o comportamenti. Il testo può essere esaminato non
soltanto dall’identificazione di una singola forma, elemento o atteggiamento, ma anche da
“segmenti ripetuti”, sequenze di forme che appaiono esattamente uguali in vari testi, o “quasi
segmenti”, sequenze di forme differenti le une dalle altre per uno o due elementi. Il testo verrà
costruito in accordo con la definizione di ruoli prefissati. Partendo dal margine sinistro superiore
64
65
66
S. Camiz, E. Rova, Quantitative study of Images in Archaeology: I. Textual Coding , pp. 1-2
Cfr. nota 64, pp. 3-4
Cfr. nota 64, p. 5
dell’immagine, continuando verso destra sempre dall’alto in basso, ogni icona sarà descritta per
mezzo di una sequenza di forme lessicali, definendo in questo ordine, gli elementi iconografici, la
loro posizione, la posizione delle braccia e/o zampe, il loro orientamento. Forme lessicali aggiuntive
verranno introdotte per descrivere particolari atteggiamenti, i differenti elementi saranno poi
connessi attraverso marcatori di relazione, mentre differenti sub-modelli saranno segnalati
attraverso segni d’interpunzione. Infine si procede all’analisi testuale, il metodo permette di
eseguire analisi sequenziali a chiarimento di vari aspetti delle iconografie e delle composizioni,
portando anche alla comprensione delle variazioni del corpus67.
Cap. 6 I sigilli di Biblo: a stampo e cilindrici.
L’esempio più antico dell’uso dei sigilli in Libano viene dalla necropoli eneolitica di Biblo e da
ritrovamenti superficiali a Tell Fadous/Kfarabida. Queste impronte sono state recentemente datate
all’AB I da G. Artin68, sulla base dello studio dell’industria litica e della ceramica. Le impronte di
sigilli a stampo da Biblo sono quarantaquattro e sono impresse sui manici di vasi da deposito usati
come anfore funerarie. La loro iconografia è soprattutto geometrica con alcuni motivi animali
(Tavola 8), i modelli geometrici sono più elaborati e complessi, mentre quelli animali sono
rappresentati in maniera schematica, entrambi sono disposti tête-bêche e gli animali con due teste su
un solo corpo trovano paralleli nelle impronte siro-anatoliche del periodo tardo calcolitico di Tell
esh-Sheik sulla piana di Amuq in Turchia69. I sigilli usati per realizzare queste impronte furono
probabilmente intagliati in materiali morbidi: legno, ossa e argilla. La posizione delle impronte sulle
anse è caratteristica del Tardo Calcolitico-Antico Bronzo I, solo poche altre datate a periodi
successivi sono state trovate a Biblo. Il cambiamento nella posizione dell’impressione, dai manici al
collo, è forse collegata al mutamento delle forme del vasellame o magari alla loro funzione. I sigilli
a stampo da Biblo sono fondamentali nello studio dei sigilli del Levante, in quanto evidenza
dell’inizio della tradizione del sigillare nel Calcolitico e nell’AB I, tra l’altro, l’incremento
dell’importanza di Biblo come maggiore centro commerciale deve avere contribuito ad un maggiore
uso dei sigilli nella Palestina dell’AB I 70. Impronte di sigilli cilindrici dell’età dell’Antico Bronzo,
67
68
69
70
Cfr. nota 64, pp. 8-9
Contributo all’interno dell’International Workshop tenutosi a Roma La Sapienza il 6 marzo 2007 ed edito da L. Nigro.
J. Aruz, “The Stamp Seals from Tell esh-Sheikh” in Anatolian Studies 42 (1992): 15-18.
R. Riad Daniel, Early bronze age cylinder seals and impressions from Lebanon, Beirut 2010, pp. 6-7
sono state trovate in quattro siti principali: Biblo, Tell Fadous/Kfarabida 71, Bchemoun e Sidone, per
un totale ad oggi, di settantanove sigillature e novanta sigilli cilindrici. Il sito archeologico di Biblo
fu scavato da P. Montet dal 1921 al 1924, con la conduzione di un sondaggio nell’area del tempio
della Baalat-Gebal, nel 1925, M. Dunand, scava il sito per intero fino al 1975, a causa della
metodologia di scavo le stratigrafie da loro riportate non sono chiare. Uno studio ed una
ricostruzione della stratigrafia del III millennio di Biblo è stata realizzata da M. Saghieh 72, che ha
sistemato i livelli architettonici delle varie aree in 8 periodi o fasi: L (Calcolitico-AB I), KI (AB III), KII (AB II-IIIA), KIII (AB IIIA-IIIB), KIV (AB IIIB), JI (AB IVA), JII (AB IVB), H (MB I-II).
Nei vari livelli di Biblo (01-56) sono state rinvenute trentasei impronte di sigilli cilindrici e venti
sigilli cilindrici, di cui venti attribuiti da Saghieh alle fasi dell’AB e ventisei da S. Mazzoni (in
MSAE I, Roma 1992, p. 81).
Par. 6.1 I motivi.
I principali aspetti nello studio dei sigilli cilindrici e delle impronte riguardano le iconografie
rappresentate, la tipologia ed il supporto ceramico recante la sigillatura, mentre quest’ultime
contribuiscono alla comprensione della funzione del sigillo, i motivi iconografici concorrono ad una
migliore valutazione dell’arte glittica dell’età dell’Antico Bronzo nel Levante. La classificazione
delle collezioni siriane e palestinesi è basata sul tema generale delle scene disegnate e sulla
suddivisione dei singoli elementi all’interno di ogni scena. Per quanto riguarda la collezione
libanese questa non è ancora stata completamente classificata, fatta eccezione per la pubblicazione
preliminare di alcune impronte da Biblo da parte di M. Dunand 73 ed alcune di Sidone da parte di C.
Doumet-Serhal74. La classificazione delle iconografie rappresentate sui sigilli e sulle impronte di
sigillo dal Libano nello studio di R. Riad Daniel (cfr. nota 70), si basa sulla classificazione della
collezione palestinese fatta da A. Ben Tor 75. La maggioranza delle impronte palestinesi è datata
all’AB I-II, mentre quelle da Ebla ed Hama all’AB IV 76. L’iconografia di sigilli ed impronte libanesi
è confrontabile più con le impronte palestinesi (dove i sigilli furono soprattutto usati per la
decorazione del vasellame) che non con quelle della collezione siriana, fatta eccezione per i motivi
più semplici ed universalmente validi. I tipi di vasellame recanti impronte libanesi soprattutto
anfore da deposito, sono confrontabili con i contenitori palestinesi impressi. I motivi del corpus
libanese posso essere suddivisi in tre classi: geometrici, animali ed umani con motivi animali, con
71
Per i confronti con Tell Fadous/Kfarabida si veda: H. Genz, “A Stamp Seal Impression from Tell Fadous/Kfarabida”, Tempora: Annales d’Histoire
et
d’Archeologie 18 (2009): 45-51.
72
M. Saghieh, Byblos in the Third Millennium, Warminster 1983, pp. 108-110.
73
M. Dunand, Byblia Grammata, Beirut 1945, pp. 60-69
74
C. Doumet-Serhal, The Early Bronze Age in Sidon: the “College Site” Excavations (1998-2000-2001) (Beirut:Institut Français du Proche-Orient,
2006).
75
76
A. Ben Tor, Cylinder Seals from third-millennium Palestine, in Bulletin of the American Schools of Oriental Research, No. 22, 1978
S. Mazzoni, “Cylinder Seal Impressions on Jars at Ebla: New Evidence” in Aspects of Art and Iconography: Anatolia and Its Neighbours (Ankara:
Türk Tarİh Kurumu Basimevİ, 1993), 400; D. Matthews, “Seal Impressions on Sherds from Hama”, in Egitto e Vicino Oriente 19, 1996, p. 123
sottogruppi di ogni classe in base al singolo motivo o alla loro varia combinazione 77. Oltre alla
descrizione si riportano gli esemplari da Biblo oggetto del presente elaborato.
I classe: Motivi Geometrici. I più antichi esempi di motivi geometrici disegnati su sigilli libanesi,
provengono da Biblo eneolitico, le impronte di questo periodo sono prodotte da sigilli a stampo e
per la maggior parte recano motivi geometrici con elaborazioni molto più complesse dei motivi
geometrici libanesi. Da Biblo abbiamo sette sigilli con elementi geometrici associati a volte a
motivi umani od animali. I motivi possono essere suddivisi in sottogruppi. Il primo detto a spina di
pesce, si ritrova con molte varianti e abbinato ad altri motivi, è comune nell’AB I ed inizi dell’AB
II, due tipi di disegni a spina di pesce si notano nelle impronte libanesi, quello semplice verticale,
che non è di norma usato da solo ma ad esempio come fregio superiore o inferiore a definizione di
intere scene (Tavola 9), e quello bordato da linee, ugualmente utilizzato non solo ma all’interno di
una scena più complessa (Tavola 10). Il secondo ondulato o a linee zigzag, comune nell’AB III-IV,
normalmente si ritrova utilizzato con altri motivi, ma a Biblo è attestato su sigillo come unico
elemento (Tavola 11). Il terzo molto comune in Libano, è il motivo a rete , da Biblo abbiamo tre
impronte e cinque sigilli. Appare nell’AB II e diventa molto comune nel III e IV, di solito è
associato ad altri elementi come il motivo a spina di pesce (Tavola 12). Il quarto motivo, a scala, è
attestato solamente a Biblo ed associato ad altri motivi geometrici (Tavola 13). Il quinto è quello
delle linee curve diagonali, con un esempio in osso da Biblo (Tavola 14). Il sesto circolare, mostra
due varianti, cerchi concentrici ed un cerchio con un punto all’interno (Tavola 15). Un sigillo da
Biblo mostra l’associazione del motivo circolare concentrico con la scala e la spina di pesce. Il
settimo detto a spirale, è utilizzato con moltissime varianti: la spirale singola, doppia, angolare e
quella corrente/sincronizzata. Quest’ultima attestata solo a Biblo e Sidone 78 (Tavola 16). Nel
sottogruppo dei riempitivi troviamo unità geometriche come triangoli (Tavola 17), rombi e
losanghe, nonché stelle e forme indefinite. I maggiori elementi che formano questa classe di motivi
geometrici si ritrovano in tutto il Levante dell’età del bronzo. Le variazioni si notano nella diversa
combinazione delle varie componenti e nel livello di specializzazione artigianale dell’incisione
(come è per il motivo a rete, il più attestato in Siria, Palestina e Libano e che mostra impronte più
profonde e consistenti di quelle palestinesi). Combinazioni di singoli elementi di questa classe sono
attestati in Libano e Palestina, la combinazione più frequente associa il motivo a spina di pesce con
i cerchi concentrici e la scala. Altri elementi geometrici libanesi, come la spirale
corrente/sincronizzata, non sono così comuni come la rete ed i loro paralleli vanno ricercati non nel
Levante ma a Lerna, in Grecia, nel periodo Antico Elladico 79. Le linee curve diagonali hanno
77
78
79
Cfr. nota 70, pp. 15-16
Cfr. nota 74, p. 259
Cfr. nota 78
paralleli solamente da Bad edh-Dhra80. Altri trovano confronti in sigilli cilindrici siriani dalla piana
di Antiochia, Amuq G e dalla Giudea81.
II classe: Motivi Animali. Le prime evidenze per questa classe provengono da impronte di sigilli a
stampo da Biblo. La tradizione dei motivi animali prosegue attraverso il periodo dell’Antico Bronzo
e si ritrova in impronte di sigilli cilindrici da vari siti libanesi compresi quattro sigilli da Biblo.
L’animale più comune all’interno dell’intero corpus è il leone ed uno provvisto di corna, forse un
capride, altri come pesci e figure tipo uccelli sono usati come riempitivi con una tendenza all’horror
vacui. Tecnica usuale nel disporre animali è quella del tête-bêche, dove un animale è inciso sopra
all’altro e le sue zampe formano la sua parte anteriore, anche la processione di animali è un motivo
comune. Le differenze stilistiche nella rappresentazione degli animali vanno dalla schematizzazione
alla raffigurazione naturalistica riflettendo, sia le varie abilità degli artigiani che il momento o le
differenti scuole. Il primo dei motivi animali è quello provvisto di corna, in cui è difficile
riconoscere la specie riprodotta, in tre esempi, due da Biblo ed uno da Sidone abbiamo due teste su
uno stesso corpo (Tavola 18). Il leone si trova associato ad altri animali, spesso quelli provvisti di
corna, si notano molte differenze stilistiche fra i vari supporti, in alcuni sono schematizzati, in altri
naturalistici e dettagliati (Tavola 19). Altri motivi animali sono di difficile identificazione, alcuni
come figure tipo pesci e uccelli sono usati come riempitivi, in un esemplare da Biblo un uccello è
associato ad un animale provvisto di doppia testa cornuta (Tavola 20). I motivi animali possono
essere disposti in vari modi: a volte in fregi continui ed in questo caso gli animali più comunemente
usati sono il leone e specie provviste di corna, la scena non ha significato reale di movimento o
azione; altre volte in posizione tête-bêche, con maggiore frequenza del leone e delle specie
provviste di corna, la disposizione, testa-coda, ne mostra uno al contrario, in alcuni casi sembrano
rappresentare temi di caccia. L’opposizione leone/capride sullo stesso sigillo può simboleggiare la
contrapposizione della forza alla delicatezza. Confronti per questa categoria si hanno da impronte
palestinesi, siriane, e giordane da Bab edh-Dhra, le differenze si notano soprattutto nella descrizione
dettagliata degli animali più che nella loro combinazione, forse per preferenze locali o per differenti
abilità delle botteghe artigiane. La processione o fila di animali (Tavola 21) e la disposizione têtebêche (Tavola 22) sono i modelli più comuni per gli animali nei sigilli levantini in genere e
rientrano nella categoria del Byblos Style di D. Matthews82 che li considera tra loro contemporanei.
In particolare, il motivo con fila di animali discende dall’AB I con maggiori dettagli e maggiore
cura nella rappresentazione. Il Byblos Style proseguirà fino al BA III sia con le forme classiche che
con innovazioni.
80
N. Lapp, “Cylinder Seals, Impressions and Incised Sherds” in Bab edh-Dhra’: Excavations at the Town Site(1975-1981), ed.s W.E. Rast & R.T.
Schaub, Dead Sea Plain v.02 (Winona Lake, 2003), 540, Fig. 18.15.
81
R.J. Braidwood, L. S. Braidwood, Excavations in the Plain of Antioch: The Earliest Assemblages Phases A-J. (Chicago: The University of Chicago
Press, 1960).
82
D. Matthews, The Early Gliptic of Tell Brak, in Orbis Biblicus et Orientalis No 15, Fribourg 1997, pp. 92-93
III classe: Motivi di figure Umane. Gli uomini nelle impronte e nei sigilli cilindrici dell’AB, sono
ritratti in molti modi e solitamente accompagnati da animali (leoni e capridi). Solo due siti nel
Libano hanno portato alla luce questa classe, sei impronte di sigilli cilindrici da Biblo, sei da Sidone
e due sigilli cilindrici da Biblo. Qui le figure umane sono disegnate schematicamente ed in molti
casi mancano di dettagli. Nei due sigilli, la figura umana è rappresentata con un braccio alzato ed in
associazione ad animali provvisti di corna indicando forse una scena di branco come accade nei
sigilli siriani dell’AB II-IV83. L’umano nel Biblo 12 (Tavola 23) differisce dagli altri esemplari
conosciuti per i maggiori dettagli nella ritrattistica del viso. L’impronta Biblo 23 (Tavola 24)
raffigura una fila di uomini con le braccia alzate, forse una danza rituale simile a quelle
rappresentate a Sidone. In ogni caso lo stile mostra varietà regionali, elemento comune è la
mancanza di dettagli nella rappresentazione del viso o nella sostituzione del viso con quella di un
animale, fatto legato forse ad una simile ideologia del timore della rappresentazione dei volti umani
nelle regioni levantine.
Par. 6.2 Dati cronologici e stratigrafici.
Numerosi problemi riguardano la cronologia delle impronte e dei sigilli, per le impronte soprattutto
ci troviamo di fronte a frammenti ceramici, non vasi completi e quindi la loro natura “mobile”
permette di pre-datare o post-datare il contesto di rinvenimento ma non essere certi che il contesto
corrisponda alla data della fabbricazione del manufatto ed al suo uso. I frammenti ceramici impressi
potrebbero essere materiali residui di periodi, fasi od insediamenti precedenti, date assolute,
ottenute al C14 sono limitate. Le trentasei impronte ed i venti sigilli da Biblo possono essere datati
alle fasi L-JII84, i ritrovamenti di Biblo sono stati attribuiti ai vari livelli architettonici da M. Saghieh
e S. Mazzoni, ma i contesti stratigrafici di alcuni restano poco chiari. Il sito è stato suddiviso da
Saghieh in sette aree cui corrispondono determinati sigilli o impronte di sigillo. Due sigilli cilindrici
e tre impronte (Tavola 25) sono ritrovamenti superficiali, la cui datazione viene effettuata sulla base
di motivazioni stilistiche ed iconografiche. Biblo 1 può essere datato all’AB I-II, in base al motivo
di cerchi con punto centrale riconducibile a sigilli siriani datati ad Amuq G. Biblo 2, un sigillo
cilindrico in lapislazzuli, sembra essere un’importazione mesopotamica. Biblo 19, un frammento
ceramico con impronta della classe II, sembra essere stato fatto dallo stesso sigillo usato per
produrre la sigillatura da Tell Fadous/Kfarabida che purtroppo è anch’essa da contesto non
accertato. I motivi animali, il leone ed il quadrupede, sono attestati lungo l’età del Bronzo Antico, S.
Mazzoni data Biblo 19 alla fase KII su base iconografica. Biblo 20, appartenente alla classe II, è
attestato dal BA I-IV. L’impronta di Biblo 21, con rappresentazione di figura umana in atto di caccia
con l’arco ed un animale provvisto di corna, è ugualmente problematica, sia per il contesto di
83
84
S. Mazzoni, Le impronte su giara eblaite e siriane nel Bronzo Antico, in MSAE I, Roma 1992, p. 95
Nella suddivisone in periodi o fasi elaborata da M. Saghieh attraverso la ricostruzione dei livelli architettonici corrisponde cronologicamente al
momento che va dal Calcolitico all’ AB IVB.
ritrovamento superficiale che per il fatto che la scena rappresentata si trova in sigilli siriani del II
millennio, mentre in Egitto è conosciuta da sigilli dell’antico regno di Pepi I – Pepi II (2335-2219
a.C.), corrispondente all’ AB IV nel Levante. L’area I (M. Saghieh) si trova nel cuore della città e
gli edifici principali sono il tempio degli Obelischi ed una struttura monumentale, gli edifici di
quest’area datati all’ AB, sono: I, II, III, IV, V, VI, IX, IXa, IXb, X, XI, e XII. Qui sono stati
rinvenuti due sigilli cilindrici (Biblo 11 e 44) e le impronte Biblo 36, 38, 40, 41 (Tavola 26). Tre di
queste, 36, 40 e 41, sono state rinvenute in strutture private (XI-VI) e datate alla fase KIV
corrispondente alla fine dell’AB III inizi dell’AB IV. Biblo 38 viene dall’edificio XVI, che nei
periodi JI-II fu strettamente connesso con l’area del tempio degli Obelischi (Tempio XIV-XIII).
Biblo 38, 40 e 41 recano motivi animali, mentre Biblo 36 reca motivi geometrici. Un sigillo
cilindrico Biblo 44, fu ritrovato nell’Unità G di questa area, il tempio degli Obelischi e datato da
Saghieh insieme ad altri oggetti alla fase 4 del periodo H. M. Dunand suggerì che la scena figurata
era una povera rappresentazione di scene nomadiche già viste nella tomba di Khnumhotep a Beni
Hassan in Egitto e datata al II millennio, il tema generale del 44 tuttavia è molto simile alle scene di
branco, i dettagli iconografici e lo stile sono diversi. Biblo 11, ritrovato vicino alla base del
santuario, sembra un’importazione mesopotamica. L’area II si localizza a sud dell’area I e
comprende solo due architetture, il Megaron e l’edificio XVIII, al di fuori di questo fu effettuato
l’unico rinvenimento per questa zona, il sigillo cilindrico Biblo 13 (Tavola 27) datato da S. Mazzoni
al BA I. L’area III comprende i seguenti edifici: XIX, XXII, XXV, XXVI, Champ des Offrandes ed
Énceinte Sacrée, qui sono state ritrovate sette impronte di sigilli cilindrici: 27, 34, 35, 37, 43, 45, 46
(Tavola 28). Biblo 46 è il rinvenimento più antico dell’area, datato alla fine del periodo L
(Calcolitico) inizi del KI (AB I). I complessi architettonici dell’area hanno natura sacra e sono datati
al BA IV. Tre delle impronte, 34, 35 e 37, sono state rinvenute a nord dello Champ des Offrandes e
possono essere datate all’AB IV (JI), i frammenti 43 e 45 che provengono dal confine nord dell’area
III appartengono all’Énceinte Sacrée e sono datati all’AB IV (JII). Biblo 27, datato differentemente
da Saghieh e Mazzoni, ha come motivo un animale non identificabile, Saghieh lo attribuisce al
periodo H (Medio Bronzo I-II), mentre Mazzoni, sulla base di elementi stilistici ed iconografici, e
con riguardo alla provenienza da un livello più basso, lo attribuisce ad una data più antica. Le
impronte su Biblo 34 e 35 recano motivi geometrici, mentre quelle su 27, 37, 43, 45 e 46, motivi
animali. L’area IV è situata nella zona settentrionale del sito e comprende: il complesso della
Baalat-Gebal (con il tempio Ipostilo, il Bâtiment XVIII, II e XL) e gli edifici XXVIII, XXX, XXIX
e XXXI. Le impronte sono state rinvenute tra gli edifici sacri: il XXVIII (dove i depositi votivi
indicano funzioni religiose), il XVIII, il tempio Ipostilo ed il XL. Le impronte di sigilli cilindrici più
antichi, 15 (trovata nell’unità A dell’edificio XVIII, corte 1) e 18 (unità B, edificio XXVIII, camera
4), datano al periodo KI (AB I), le impronte 14 e 16 sono successive, datate al periodo KII (AB II) e
sono state ritrovate nell’edificio XVIII nell’unità A. Una sola impronta, Biblo 12 ed un sigillo
cilindrico, Biblo 10 sono attribuiti al periodo KIII (AB III); entrambi rinvenuti nel tempio Ipostilo,
il sigillo cilindrico in particolare, rinvenuto nella corte 1, reca una scena mesopotamica. Solo
l’impronta Biblo 6 può essere datata al periodo KIV (fine dell’AB III, inizi del IV) ed è stata
rinvenuta nell’edificio XL. Quattro delle impronte, 14, 15, 16 e 17, recano motivi animali e solo la
12 figure umane con un animale provvisto di corna (Tavola 29). L’area VII comprende tutti edifici
privati, il XLIV, XLI, XLVI, XLVII, XLIX e L, che hanno restituito otto impronte (Tavola 30) di
sigilli cilindrici datate dal periodo KI al JII-H. Tre impronte sono state ritrovate nell’unità B, tre
nell’unità A mentre due non sono localizzate nell’area di Saghieh. Il più antico è il Biblo 42, datato
al KI (AB I) trovato nell’unità B fase 2 che contiene le case XLV e XLVb. Biblo 31, fu scoperto
nelle aree degli edifici XLVI e XLVII (unità B fase 3) e datato al periodo KIII. Quattro frammenti
impressi sono stati ritrovati nell’unità A e sono: Biblo 23, 29, 30 e 33. Biblo 29 e 33 sono attribuiti
al KIV, rappresentato dall’edificio XLIV, mentre Biblo 23 è attribuito alla fase H del Bronzo Medio
da Saghieh sulla base di dati stilistici ed iconografici, S. Mazzoni ritiene che vadano datati ad un
momento più antico. Biblo 51 e 32 sono rispettivamente datati a KII-III. Quattro impronte, 23, 29,
42 e 51, raffigurano uomini ed animali. Ci sono poi quattro sigilli cilindrici che possono essere
classificati come importazioni o imitazioni locali e sono datati al Bronzo Antico, la difficoltà sta nel
riconoscere quale sia il sigillo importato dalla Mesopotamia e quale quello di fattura locale
realizzato con motivi d’importazione. Biblo 2 è un sigillo cilindrico in lapislazzuli, un ritrovamento
superficiale con scena mesopotamica di eroe che combatte due animali/mostri, secondo Saghieh, si
tratta di un sigillo dallo stile di Fara, databile al proto-dinastico II (AB II). Biblo 10, sempre
cilindrico in lapislazzuli, ritrovato nell’angolo SO della corte 1 del Tempio Ipostilo, nell’area IV
unità A, reca una scena di banchetto molto comune nei sigilli mesopotamici, Saghieh lo data al
KIII-KIV (AB III, inizi dell’AB IV). Biblo 11 in lapislazzuli, cilindrico, trovato nell’area I, unità G,
fase 4 (il tempio degli Obelischi), è probabilmente un’importazione mesopotamica e reca una scena
di uomo condotto ad una figura seduta, forse una divinità femminile. Saghieh adotta la data
proposta da Dossin del 2000 a.C.85. Biblo 26 (Tavola 31), un sigillo cilindrico in pasta bianca,
mostra una fila di animali provvisti di corna, lo stile iconografico è un buon esempio del periodo
Jemdet Nasr e corrisponde al periodo L (AB I) a Biblo. Un solo sigillo egiziano è databile, pur se in
maniera controversa, al III millennio. Alcuni sigilli ed impronte di sigillo sono databili all’Antico
Bronzo ma non ricadono all’interno delle aree identificate da Saghieh e non sono stati analizzati in
dettaglio dalla Mazzoni. Biblo 3, 7, 8 e 9 (Tavola 32) sono sigilli cilindrici recanti motivi
geometrici, 8 e 9 sono stati datati da D. Matthews all’AB III e confrontati con frammenti
d’impronta provenienti da Hama e datate a quel momento. Biblo 17 e 39 datate all’AB I dalla
85
G. Dossin, « Trois Inscriptions Cuneiformes de Byblos », Melanges de l’Universite Sant-Joseph de Beyrouth,XLV , 1969, pp. 248-250
Mazzoni sono di provenienza poco chiara. Biblo 47 e 48 sono stati datati sulla base dei motivi
geometrici al BA II – BA IV.
Par. 6.3 La produzione di sigilli cilindrici in Libano.
L’arte glittica ebbe in Libano una durata piuttosto lunga, i sigilli sono attestati precocemente, dalla
seconda metà del IV millennio a tutto il I millennio, la tradizione locale si consolidò intorno al III
millennio rivelando attraverso i rinvenimenti, un alto livello di abilità nell’incidere i sigilli, come
evidenziato dalle produzioni di Biblo e Sidone che restano attualmente le più grandi collezioni
libanesi. Uno screening preliminare delle iconografie delle impronte libanesi sottolinea l’uso di
taluni motivi o associazioni di motivi preferenziali in un sito piuttosto che nell’altro, ad esempio, la
combinazione uomo e leone popolare a Sidone, emerge a Biblo con un solo esemplare. Determinati
elementi, come il leone, animali provvisti di corna e la rete, sono attestati nei cinque siti libanesi,
inoltre, impronte di sigillo con gli stessi motivi, come la rete, rivelano differenti livelli di artigianato
o differenti materiali come visibile nella diversa “grossolanità” di elementi incisi nelle impronte
appartenenti alla stessa classe di motivi. Sfortunatamente, alcuni aspetti tecnici d’incisione sono
ancora lontani dall’essere completamente compresi. Sono molte le materie prime utilizzate nella
realizzazione dei sigilli ed il loro studio è limitato a causa del ristretto numero di esemplari
conservati e Biblo, attualmente, è il solo sito ad offrire esemplari di sigilli cilindrici dell’antica età
del bronzo. Oltre ai diciannove sigilli, le impronte possono aiutare nella determinazione della
possibile materia prima usata per la realizzazione del supporto. In Libano, i sigilli più antichi, quelli
a stampo, furono realizzati con ogni probabilità in materiali teneri, come legno, ossa ed argilla 86,
con evidenti conseguenze sulla nitidezza del rilievo, profondità d’incisione e marcatura del tratto.
Un rilievo piatto o ben marcato può aiutare a risalire al materiale usato per la realizzazione del
supporto. Alcuni materiali come il legno, non sono adatti all’incisione profonda, soprattutto in
relazione a disegni che coprono una vasta area, mentre nel caso dei sigilli “ossei”, materiale più
duro del legno, l’intaglio è profondo ed il rilievo alto. I diciannove sigilli cilindrici da Biblo sono
realizzati nei più vari materiali, hanno altezza massima 5,1cm e minima 1,7cm. Cinque di questi, 3,
17, 47, 48 e 54, sono realizzati in osso, quattro in pasta colorata (1, 8, 9, 26), di cui tre in pasta
bianca e blu solo nel Biblo 1, in avorio soltanto due, il 13 ed il 55 (Tavola 33) ed uno soltanto in
argilla (Biblo 39). Per quanto riguarda le pietre dure ne sono stati usati due tipi: lapislazzuli (Biblo
2, 10, 11) e steatite (4, 5, 7). Il lapislazzuli è una pietra blu semipreziosa relativamente rara, cavata
in Afghanistan e trasportata nel Levante attraverso la Mesopotamia87, per questo i sigilli cilindrici di
Biblo realizzati in questo materiale sono molto probabilmente importazioni mesopotamiche. La
steatite è una pietra relativamente tenera e facile da incidere, utilizzata nei tre sigilli Biblo 4, 5, 7
86
S. Mazzoni, “Seals and Jars: the Evidence of Early Interconnections in the Eastern Mediterranean”, Bulletin d’Archeologie et d’Architecture
Libanaises Hors-Serie 6,(2008): 37-54.
87
T. W. Beale, “Early Trade in Highland Iran: A View from a Source Area”, World Archaeology v.5, n.2 (Oct.1973), p. 137
(Tavola 33). Se le materie prime fossero locali o importate è difficile da dire senza ulteriori
approfondimenti, il limitato numero dei sigilli sopraggiunti a noi porta a considerare che fossero per
lo più realizzati in materiale deperibile e la grande varietà di materiali si può spiegare con più
ragioni: lo status del proprietario del sigillo, la disponibilità di materie prime, il livello degli
artigiani o la funzione stessa del sigillo. Le elite ed i membri dell’alta società dovettero richiedere
sigilli realizzati in materie preziose, come avorio e pietre dure in modo da riflettere simbolicamente
il loro rango, la disponibilità delle risorse e materie prime doveva essere ad appannaggio delle
istituzioni, le classi inferiori avevano probabilmente accesso a limitati tipi di materiali, come ossa
ed argilla. Anche la capacità degli intagliatori dovette giocare un ruolo nella determinazione di
alcune materie prime a discapito di altre, il livello di difficoltà nell’incidere pietre dure o semidure o
ossa cresce in proporzione alla durezza del supporto scelto, artigiani specializzati, erano forse al
servizio esclusivo dei funzionari amministrativi e religiosi della società, mentre i meno esperti
producevano sigilli per le classi inferiori ed in materiali dal costo abbordabile, tuttavia la quantità di
ritrovamenti non è adeguata alla determinazione di conclusioni generali e solo nuove scoperte e
approfonditi studi potranno confermare o confutare qualcuna delle ipotesi proposte. Anche per
quanto concerne le tecniche e gli strumenti coinvolti nell’incisione dei sigilli, questi non sono
ancora stati compresi appieno, cause ne sono sia il limitato quantitativo di elementi conservati che
la mancanza di strumenti incisori, lo studio di queste problematiche pertanto ha preso ad oggetto le
impronte su frammenti ceramici e le loro iconografie basandosi sulle produzioni di articoli come
vaghi di collane. Le tecniche evidenziate sono due: incisione e trapanatura. Per l’incisione, nei
periodi più antichi, vennero usati strumenti litici come micro e macroliti provvisti d’impugnatura 88,
nei periodi più tardi strumenti in rame. Uno dei più importanti attrezzi per incidere aveva una
sezione a V, come indicato dai bordi appuntiti delle linee dei disegni di molti sigilli palestinesi
appartenenti alla classe I, con l’assenza di linee morbide nei motivi come spirali e cerchi
concentrici; la trapanatura invece, avveniva per mezzo del trapano a mano o del trapano ad archetto,
come mostrato da pitture egiziane della quinta, sesta e diciottesima dinastia. Nella Siria del III
millennio è attestato l’uso combinato di entrambi i trapani e degli strumenti incisori.
Par. 6.4 Funzione e uso dei sigilli cilindrici.
Varie teorie negli anni sono state proposte a motivare la necessità della loro creazione nel Levante
del Bronzo Antico, le evidenze esistenti suggeriscono che nelle varie regioni levantine, l’uso si è
modificato nel tempo. Attualmente, l’uso dei sigilli viene spiegato con funzioni sia decorative 89, che
88
B. Teissier, “Syrian Seals from 3200-2900 B.C. & from 2900-2200 B.C.” in Ancient Near Eastern Cylinder Seals from the Macropoli Collection.
(California: University of California Press, 1987), pp. 27-53
89
N. Lapp, “Cylinder Seals, Impressions and Incised Sherds” in Bab edh-Dhra’: Excavations at the Town Site (1975-1981), ed.s W.E. Rast & R.T.
Schaub, Dead Sea Plain v.02 (Winona Lake, 2003), p. 551
amministrative ed economiche90, che come indicatori di proprietari e/o produzioni91. Nello studio
della loro funzione convergono più fattori, come il contesto di ritrovamento (non in situ per quanto
concerne il Libano), il tipo di vasellame impresso (indicatore plausibile della loro funzione) e le
loro iconografie (non ancora compresa la relazione con le funzioni). L’analisi delle forme ceramiche
utilizzate può aiutare a stabilire modelli preliminari di tipi di vasellame comunemente impiegati
nell’AB libanese per essere impressi, permettendo così di classificare le impronte di sigillo in
relazione al tipo di oggetti recanti sigillature. Per quanto riguarda Biblo la mancanza di dettagli
nelle descrizioni delle pubblicazioni, rende l’informazione frammentaria, le tipologie ceramiche
sono state preliminarmente classificate da M. Saghieh in relazione ai livelli architettonici discussi
nel suo studio su Biblo nel III millennio (ivi, pp. 104-110). Come per i frammenti ceramici recanti
impronte di sigilli cilindrici, S. Mazzoni ha collocato le impronte in gruppi in rapporto con i
ritrovamenti ceramici da Biblo, la classificazione dei frammenti è stata realizzata secondo la
descrizione di M. Dunand, il trattamento della superficie è stato il maggior elemento usato nel
raggruppamento dei frammenti impressi. I frammenti recanti impronte sono stati collocati in cinque
categorie ceramiche: 1) ceramica pettinata a stuoia (Tavola 34) su cui abbiamo tre impronte di
sigillo (Biblo 6, 29, 40) datate al periodo KIV. Le giare potrebbero essere del tipo E4-E3,
contenitori da stoccaggio di dimensioni medie e grandi, di forma ovoide, mantengono la superficie a
stecca dei periodi precedenti. 2) ceramica corrugata (Tavola 35), le impronte su questo tipo di
anfore, E15-E16, sono datate al periodo JIII e sono simili a quelle a superficie liscia del periodo K.
Tre sono le impronte rinvenute su frammenti di questa tipologia ceramica, Biblo 23, 27, 49. 3)
ceramica lustrata a fasce in rosso, per cui abbiamo otto impronte di sigilli cilindrici secondo S.
Mazzoni, Biblo 15, 16, 18, 31, 32, 42, 45, 46. 4) ceramica a superficie lucida, le sette impronte, 30,
33, 34, 35, 36, 43 e 50, sono distribuite tra i periodi KIV-JII. 5) ceramica comune, non chiaramente
identificata, è possibile che sia simile a quella da
TellFadous/Kfarabida, nove i frammenti con impronte di sigillo rinvenuti, Biblo 14, 21, 22, 24, 25,
37, 38, 51 e 52.
In generale vista la frammentarietà dell’informazione, si può dire che le impronte vengono prodotte
su vasellame da stoccaggio di grandi dimensioni, una correlazione preliminare tra tipi ceramici e
classi di motivi impressi può comunque essere affrontata, evidenziando per la maggior parte dei
motivi della classe I frammenti di ceramica a vernice rossa datati ai periodi KIV-J. Un’impronta con
motivo geometrico è stata scoperta su un frammento di ceramica corrugata, impronte con motivi
animali sono stati rinvenuti su frammenti di ceramica a vernice rossa e ceramica comune, i motivi
della classe III, figure umane, su tutti i tipi ceramici tranne su quella a superficie lucida. L’assenza
90
R. Greenberg, “Early Bronze Age II-III Palestinian Cylinder Seal Impressions and the North Canaanite Ware Jar” in Studies in the Archaeology of
Israel and Neighboring Lands: in Memory of Douglas L. Esse, ed. S. R. Wolff, A Studies in Ancient Oriental Civilization, no. 59, ASOR Books, v.05
(Atlanta GA: American Schools ofOriental Research, 2001), pp. 189-197
91
D. Matthews, “Seal Impressions on Sherds from Hama”, Egitto e Vicino Oriente 19,1996, p. 136
di motivi su determinate categorie ceramiche non indica necessariamente il non uso di queste forme
come supporti alle impressioni. La questione dell’uso del sigillo cilindrico nel Levante è stata più
volte affrontata negli anni con diverse soluzioni proposte che includono ragioni amministrative,
economiche e di indicatore di proprietà. Prima di tutto va stabilito l’aspetto generale che rende il
sistema dei sigilli operativo ed efficace, questi strumenti, come elementi di un sistema di
comunicazione visiva richiedono caratteristiche specifiche per essere utili, dovrebbero contenere un
limitato numero di motivi utilizzabili in una varietà di combinazioni, ritenuta sufficientemente
consistente per renderli riconoscibili92. Gli aspetti che possono indicare la loro funzione ed uso sono
molteplici, dalla tipologia ceramica, alla localizzazione delle impronte, alla provenienza dei
rinvenimenti. La corretta identificazione delle loro funzioni visto il limitato numero di sigilli, non è
semplice, la diversa variazione nell’uso del sigillo nelle varie aree del Libano è ancora poco chiara.
La più antica evidenza su anfore funerarie da Biblo, indica una lunga e continua tradizione
dell’intaglio dei sigilli e la loro applicazione, la funzione stessa delle anfore, deve essere stata prima
di stoccaggio e poi sepolcrale; è stato anche proposto che pithoi così grandi, vennero fabbricati per
un uso primariamente funerario, poi come suggerito da Dunand, in un’ideologia della rinascita, per
conservazione di sementi93. È difficile dire se le impronte di sigilli a stampo furono usate in contesti
funerari o di stoccaggio, il cambiamento della posizione delle impronte da sigilli a stampo sulle
anse a Biblo ai sigilli cilindrici sulla zona della spalla del periodo più tardo, potrebbe collegarsi al
mutamento della funzione in entrambi o della forma del sigillo, da notare che alcuni esempi di
impronte di sigilli cilindrici su anse da Biblo sono datati all’AB I-II, con motivazioni ricadenti entro
la mutata forma del sigillo, la superficie richiesta per rollare un sigillo cilindrico è infatti più larga
di quella a stampo. L’uso dei sigilli a Biblo suggerisce una funzione simile a quella palestinese,
dove appaiono su frammenti di anfore da stoccaggio e pithoi in ceramica “metallica”, così da essere
identificati rispetto ai prodotti conservati o alla “buona” qualità dei prodotti stessi. È altresì
probabile che le anfore con impronte fossero adatte al trasporto su breve distanza, supporto a questa
teoria è l’impronta di sigillo Biblo 19 e Fadous 3 che apparentemente sono state riprodotte con lo
stesso sigillo, i due siti sono relativamente vicini, il commercio poteva avvenire tra Biblo,
importante centro commerciale e l’elite di Fadous, se poi le anfore fossero trasportate o i sigilli
fossero usati in entrambi i siti è questione risolvibile solo con analisi petrografiche. La loro funzione
pur restando argomento di discussione, deve sicuramente aver subito un’evoluzione nel tempo che
può essere seguita solo attraverso nuovi scavi, studi e scoperte.
92
A. H. Joffe, “ Early Bronze Age Seal Impressions from the Jezreel Valley and the Problem of Sealing in the Southern Levant” in Studies in the
Archaeology of Israel and Neighboring Lands: in Memory of Douglas L. Esse, ed. S. R. Wolff, A Studies in Ancient Oriental Civilization, no.59,
ASOR Books, v. 05 (Atlanta GA:American schools of Oriental Research), pp. 355-369
93
L. Nigro, “Aside the Spring: Byblos and Jericho from Village to Town in the Second Half of the 4th Millennium B.C.” in Byblos and Jericho in the
Early Bronze Age I: Social Dynamics and Cultural Interactions, ed. L. Nigro, A Studies on the Archaeology of Palestine and TransJordan, v.4 (Rome:
La Sapienza, 2007),pp. 25-26
Conclusioni.
Lo sviluppo delle prime comunità socialmente e politicamente organizzate nel vicino oriente, ha
luogo nel IV e III millennio a.C.. Il VO, nell’antica età del bronzo, testimonia un processo di
urbanizzazione multilineare ed interregionale, conosciuto come urbanizzazione secondaria, in cui
entità politiche, cominciano a formare e controllare territori e rotte commerciali. Relazioni
commerciali e culturali attraverso lunghe distanze cominciano ad essere incrementate, materie
prime e prodotti commerciali sono scambiati. La costa levantina durante questo periodo, mostra un
aumento di scambi commerciali, Biblo diventa un importante snodo di connessione tra nord della
Palestina, Siria ed Egitto. Questi sviluppi comportarono innovazioni tecnologiche e culturali, tra cui
l’uso del sigillo cilindrico, in risposta a nuove necessità in un complesso sistema sociale. La
tradizione dell’uso di sigilli e sigillature nasce probabilmente in Mesopotamia e poi viene adottato
nel Levante. I primi sigilli dal nord della Mesopotamia e della Siria furono a stampo e non
cilindrici, l’esempio più antico si data al 6500 a.C. 94. Ebbero probabilmente molteplici funzioni, per
la maggior parte comunque economiche ed amministrative, legate alla sicurezza dei beni trasportati,
all’identificazione del personale addetto all’invio di beni o documenti e da ultimo come firma di
documenti scritti su tavolette d’argilla, funzione attestata dal II millennio. I sigilli cilindrici
appaiono per la prima volta attorno al 3500 a.C. e restano in uso fino al V secolo a.C., l’esempio più
antico viene dalla città mesopotamica di Uruk. La ragione del mutamento della forma da quello a
stampo a quello cilindrico risiede in più fattori, uno di questi vede il sigillo cilindrico usato come
pendente e quindi indicatore di status ed emblema sociale, ma più probabilmente, fu dovuto al fatto
che il sigillo a stampo aveva una superficie incisa limitata rispetto a quello cilindrico che rollato su
materia molle, produce un fregio continuo di figure. Le informazioni disponibili sui sigilli cilindrici
levantini dell’AB, provengono principalmente da sigilli conservati e sigillature su ceramica. Il loro
studio apre prospettive sugli aspetti economici, amministrativi e sociali di queste comunità durante
l’età del bronzo, sulle rotte commerciali ed i principali trade centers con il movimento di merci da
un’area all’altra. Sfortunatamente rispetto alle collezioni da Ebla, Hama, Siria e Palestina, quelle
libanesi non sono state classificate, con l’unica eccezione di alcuni preliminari studi di M. Dunand
sui ritrovamenti da Biblo. Nel Libano i primi sigilli rinvenuti sono quelli del periodo eneolitico di
Biblo, IV millennio a.C., la tradizione si consolida intorno al III millennio, con un alto livello di
abilità artigiane come dimostrano le produzioni di Biblo e Sidone In base ai pochi ritrovamenti la
tradizione sembra diffondersi dalla Palestina al Libano, le iconografie sono combinazioni di motivi
importati dalla Mesopotamia attraverso la Siria con motivi locali, il tema generale delle scene è
simile a quello dei sigilli siriani ma i dettagli evidenziano le variazioni locali dei motivi importati.
94
E. Porada, “Why Cylinder Seals? Engraved Cylindrical Seal Stones of the Ancient Near East, Fourth to First Millennium”, The Art Bulletin 75,
no.4, 1993, pp. 563-582
La classe I è attestata all’interno del BA, la rete ad esempio, è presente nell’AB II libanese, mentre
in Palestina e Siria è comunemente diffusa nel BA III e IV rispettivamente, la classe II si afferma
per prima sui sigilli a stampo dal Calcolitico – AB I in avanti in Libano, diventando comune
nell’AB III-IV. La maggior parte dei motivi della classe III viene da Sidone mentre a Biblo abbiamo
un esempio su anse datato al BA I-II. Le teorie maggiormente accettate suggeriscono un uso a scopi
amministrativi ed economici, la localizzazione sul collo ed il tipo di vasi su cui sono impressi,
suggerisce una funzione simile a quella palestinese, inoltre essendo classificate solo sulla base del
trattamento superficiale, le forme ceramiche di Biblo non possono essere confrontate con altre. Le
impronte su giara però, come rilevato dalla Mazzoni95, si distribuiscono lungo tre principali
direttrici geografiche, la costa fino a Biblo e Tarso, la Siria centrale tra Hama e la regione del Nahr
el-Quweiq e l’area dell’Eufrate, con una diffusione del sistema a macchia d’olio ed un alto grado di
reciproca ed interna permeabilità tra aree culturali diverse, a riprova di interrelazioni profonde e
costanti. La durata cronologica di questo fenomeno si distingue in tre fasi: una che corrisponde alla
fine del Calcolitico ed agli inizi del Bronzo Antico, una seconda del Bronzo Antico II e III ed una
terza corrispondente al Bronzo Antico IV. La demarcazione tra le prime due fasi è documentata da
una innovazione sia nel tipo di sigillo, da stampo a cilindrico, che dalla localizzazione della
stampigliatura, dalle anse alle spalle, sede di questa trasformazione del sistema è proprio Biblo che
offre il materiale più abbondante e la sequenza cronologica più lunga, da qu, la tradizione della
sigillatura dei vasi si diffonde a S in Palestina ed a N in Siria. S. Mazzoni tende ad escludere una
connotazione siriana della documentazione gublita, cioè come appartenente ad una facies unitaria,
la cultura materiale di Biblo può essere considerata un’espressione autonoma certo integrata con
quella siriana costiera ma anche legata all’area transgiordana. L’ipotesi avanzata dalla Mazzoni
dell’origine del sistema a Biblo, risiede anche nell’evoluzione del repertorio iconografico, passando
dalla tradizione locale calcolitica a stampo dipendente dai repertori siriani, a quella posteriore della
glittica cilindrica di ispirazione mesopotamica, Biblo manterrà il repertorio ereditato dalle colonie
sumeriche dell’alto Eufrate senza conoscere quello proto-dinastico che si va diffondendo nelle
stesse fasi nell’alta Siria dalla metà del III millennio. Tra BA III e BA IV decade la pratica a Biblo e
si affievoliscono i rapporti internazionali, ad una minore richiesta di produzioni interne
commerciabili corrisponde una minore necessità di sigillature diverse. Il mancato rinnovamento del
repertorio iconografico e la decadenza del sistema di sigillatura delle giare sono fenomeni correlati
e riflesso della crisi economica che investe Biblo nella metà del III millennio. Come proposto da S.
Mazzoni dunque e sostenuto da P. de Miroschedji96, le impronte su giara da Biblo s’inseriscono in
un circuito commerciale di centri di produzione agricola, che usano determinate forme ceramiche
95
96
S. Mazzoni, Le impronte su giara eblaite e siriane nel bronzo antico, in MSAE I, Roma 1992, pp. 79-80
P. de Miroschedji, La gliptique palestinienne du Bronze ancien, in De Chypre a la Bactriane, le sceaux de le Proche Orient ancien, Parigi 1995,
p.192
adatte al trasporto di merci, la cui qualità è garantita dal sigillo impresso, il sistema, indipendente
dal centro di diffusione della Mesopotamia orientale, sarebbe nato per l’espletamento delle pratiche
amministrative proto-palaziali.
Bibliografia
AA.VV., Seminario Sisba di Archeologia orientale, Aquileia 2012
A. Ben Tor, Two Cylinder Seal Impressions from northern Transjordan, in Bulletin of the American
Schools of Oriental Research, No. 217, 1975, pp. 17-21.
A. Ben Tor, Cylinder Seals from third-millennium Palestine, in Bulletin of the American Schools of
Oriental Research, No. 22, 1978
A. Ben Tor, New light on the relations between Egypt and southern Palestine during the Early
Bronze Age, in Bulletin of the American Schools of Oriental Research, No. 281, Egypt and Canaan
in the Bronze Age, 1991, pp. 3-10
A. Ben Tor, Early bronze age cylinder seal impressions and a stamp seal from Tel Qashish, in
Bulletin of the American Schools of Oriental Research, No. 295, 1994, pp. 15-29.
S.F. Bondì, M. Botto, G. Garbati, I. Oggiano, Fenici e Cartaginesi. Una civiltà mediterranea, Roma
2009
S. Camiz, E. Rova, Quantitative study of Images in Archaeology: I. Textual Coding , pp. 1-9
R. Ceretti, La glittica di Siria e Palestina nel Bronzo Tardo. Le produzioni di Alalah, Emar e Kumidi
a confronto, in Mutuare, Interpretare, Tradurre: storie di culture a confronto. Atti del 2° Incontro
Orientalisti, Roma 2003, pp. 49-65
E.M. Ciampini, La formazione dello stato egiziano e l’Antico Regno, in Le civiltà del Vicino
Oriente, Vol. 01 La Grande Storia. L’Antichità, Bergamo 2011, pp. 161-181
D. Collon, First Impressions. Cylinder seals in the ancient near east, Londra 2005
M.B. Cosmopoulos, Exchange networks in prehistory: the Aegean and the Mediterranean in the
third millennium B.C., pp. 155-168
M. Dunand, Fouilles de Byblos, Parigi 1973
M. Dunand, G. Furlani, Biblo, in Enciclopedia dell’arte antica, Treccani 1959
Granati, I sigilli nell’antichità, Ri.Sa.
M. Liverani, Antico Oriente. Storia, società, economia, Bari 2003
B.S. Magness-Gardiner, The function of cylinder seals in syrian palace archives, Unpublished PhD
dissertation, University of Arizona, 1987
M. Maiocchi, L’origine della città, in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol. 01 La Grande Storia.
L’Antichità, Bergamo 2011, pp. 75-96
M. Maiocchi, Il periodo proto-dinastico in Mesopotamia, in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol. 01
La Grande Storia. L’Antichità, Bergamo 2011, pp. 97-116
M. Maiocchi, Città e formazioni statali nel resto del Vicino Oriente, in Le civiltà del Vicino Oriente,
Vol. 01 La Grande Storia. L’Antichità, Bergamo 2011, pp. 117-129
M. Maiocchi, Il periodo paleo-accadico, in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol. 01 La Grande Storia.
L’Antichità, Bergamo 2011, pp. 130-145
M. Maiocchi, La III Dinastia di Ur, in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol. 01 La Grande Storia.
L’Antichità, Bergamo 2011, pp. 146-160
D. M. Matthews, The Early Gliptic of Tell Brak, in Orbis Biblicus et Orientalis No 15, Fribourg
1997
S. Mazzoni, Le impronte su giara eblaite e siriane nel Bronzo Antico, in MSAE I, Roma 1992
L. Milano, Introduzione, in Le civiltà del Vicino Oriente, Vol. 01 La Grande Storia. L’Antichità,
Bergamo 2011, pp. 44-75
P. de Miroschedji, La gliptique palestinienne du Bronze ancien, in De Chypre a la Bactriane, le
sceaux de le Proche Orient ancien, Parigi 1995, pp.190-316
L. Nigro, Byblos and Jericho in the Early Bronze I. Social dynamics and cultural interactions, in
Rosapat 04, Roma 2007
Pinnock, Dispense.mht
R. Riad Daniel, Early bronze age cylinder seals and impressions from Lebanon, Beirut 2010
M. Rossi, Biblo in età persiana. Un riesame della planimetria architettonica del sito, in Rivista di
Studi Fenici, Vol. XXXV-1, 2007, pp. 57-84
E. Rova, “Themes” of seal images and their variants: two new examples from Tell Beydar, in
Leggo!, Wiesbaden 2012
E. Rova, Lezioni Sisba A.A. 2011-2012, Aquileia 2012
M. Saghieh, Byblos in the third millennium, Warminster 1983
M. Sala, Prodromi della prima urbanizzazione ai confini del deserto basaltico siro-giordano:
l’insediamento fortificato del bronzo antico I (3400-3200 a.C.) a Jawa, in Vicino Oriente XIII, pp.
39-58, Roma 2007
M. Sala, Il Temple en L a Biblo, in Vicino Oriente XIV , 2008, pp. 61-87
M. Sala, La tipologia del tempio in antis nella architettura sacra della Siria e del Levante nel III
Millennio a.C.: da Tell Chuera ad Al-Rawd, in Quale Oriente? Omaggio a un Maestro. Studi di Arte
e Archeologia del Vicino Oriente in memoria di Anton Moortgat a trenta anni dalla sua scomparsa,
2010, pp. 53-75
G. Scandone Matthiae, Da Athribis a Biblo. Modi di contatto tra Egitto e costa siriana, in SEL 7,
1990, pp. 39-43
Sillabario di Biblo.mht
B. Teissier, Gliptic evidence for a connection between Iran, Syro-Palestine and Egypt in the fourth
and third millennia, in British Institute of Persian Studies, Iran, Vol. 25, 1987, pp. 27-53
Treccani, Dizionario di storia
Treccani, Enciclopedia dell’arte antica
Treccani, Enciclopedia italiana
N. Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli