Revista de Estudos Constitucionais, Hermenêutica e Teoria do Direito (RECHTD)
13(3):285-296, setembro-dezembro 2021
Unisinos - doi: 10.4013/rechtd.2021.133.02
Diritto alla salute e chirugia durante la pandemia di
COVID-19
Right to health and surgery during the COVID-19 pandemic
Livio Perra1
Università degli Studi di Sassari (UNISS/Italia)
lperra@uniss.it
Teresa Perra2
Università degli Studi di Sassari (UNISS/Italia)
teresaperra92@tiscali.it
Riassunto
Nel presente articolo, gli autori concentrano la propria attenzione sul tema
connesso al diritto alla salute e alla sua applicazione nel settore della
chirurgia durante la pandemia di COVID-19. Ciascuno di essi approfondisce
le questioni sottese all’argomento in base alle proprie competenze.
L’emergenza sanitaria comporta numerose sfide e muoversi in questo
scenario non è facile per coloro che svolgono le professioni sanitarie. Al fine
di comprendere come possa essere gestita l’emergenza sanitaria senza
sacrificare il diritto alla salute degli individui, sono analizzate le
raccomandazioni elaborate nello specifico settore della chirurgia. Infine, gli
autori rilevano come non si possa prescindere dalla ricerca scientifica che
diviene il faro che illumina la strada da percorrere nel mezzo della pandemia
di COVID-19.
Parole-chiave: diritto alla salute; diritti fondamentali; chirurgia; COVID-19;
ricerca scientifica.
Professore a contratto di Legislazione dei Beni Culturali. Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione.
Università degli Studi di Sassari. Via Maurizio Zanfarino 62, CEP 07100 Sassari, Italia.
2 Medico in formazione specialistica in Chirurgia Generale. Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e Sperimentali.
Università degli Studi di Sassari. Viale San Pietro 43, CEP 07100 Sassari, Italia.
1
Este é um artigo de acesso aberto, licenciado por Creative Commons Atribuição 4.0 Internacional (CC BY 4.0), sendo permitidas reprodução,
adaptação e distribuição desde que o autor e a fonte originais sejam creditados.
Perra, Perra I Diritto alla salute e chirurgia durante la pandemia di COVID-19
Abstract
In this article, the authors focus their attention on the issue related to the
right to health and its application in the field of surgery during the COVID-19
pandemic. Each of them explores the questions underlying the topic in
accordance to their competences. The health emergency poses numerous
challenges and moving in this scenario is not easy for health professionals. In
order to understand how the health emergency can be managed without
sacrificing individuals’ right to health, it is essential to analyse the
recommendations developed in the specific sector of surgery. Finally, the
authors underline the importance of the scientific research that becomes the
beacon that illuminates the road ahead in the middle of the COVID-19
pandemic.
Keywords: right to health; fundamental rights; surgery; COVID-19; scientific
research.
Introduzione
In questi giorni ci troviamo ad affrontare una pandemia (WHO, 2020b). Per far fronte a
quella che potremmo definire a buon titolo una vera e propria emergenza sanitaria senza
precedenti, medici, ricercatori e esperti di tutto il mondo hanno sin da subito cercato di
raccogliere dati sulla situazione e studiare attentamente il fenomeno, per poter orientare le
proprie scelte e pratiche in un contesto che si sta rivelando sempre più complesso.
È importantissimo riuscire a gestire la situazione. Da una parte ci sono i pazienti con
infezione da COVID-19 che necessitano trattamenti, a volte anche in terapia intensiva,
dall’altra c’è la popolazione generale, che non ha l’infezione, ma che necessita comunque di
cure per altre patologie, a volte non meno importanti di quest’ultima. Allora come garantire il
diritto alla salute di tutti i cittadini?
Non ci sono principi e regole stabilite. Normalmente i medici nell’espletare la pratica
clinica fanno affidamento a delle linee guida e all’Evidence Based Medicine (EBM), ma, data la
recente comparsa di quest’infezione, le informazioni disponibili al momento sul virus e la
malattia sono poche per poter trarre conclusioni sicure. Saranno necessari ulteriori studi, ma
si lotta contro il tempo, dato che le informazioni sono necessarie adesso.
Il presente lavoro si occupa della questione relativa al diritto alla salute e alla sua
applicazione nel settore della chirurgia. Si tratta di un argomento in cui emergono questioni
legate al diritto e alla medicina, con particolare riferimento alla chirurgia. Gli autori, ciascuno
nel proprio ambito di competenza, affrontano il tema analizzando le questioni sottese al come
possano essere garantiti il diritto alla salute e alla vita degli individui che necessitano un
trattamento chirurgico ai tempi della pandemia di COVID-19.
L’obiettivo del presente lavoro è quello di appurare come il diritto alla salute e alla vita
possa essere garantito a tutte quelle persone che presentano varie patologie, offrendo loro i
necessari trattamenti sanitari anche in questo difficile periodo che vede il dilagare della
pandemia di COVID-19.
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Perra, Perra I Diritto alla salute e chirurgia durante la pandemia di COVID-19
Il presente lavoro, dopo il § 1., dedicato all’introduzione dell’argomento, si sviluppa in altre
quattro parti. Nel § 2., l’attenzione si sofferma sul diritto alla salute. Nel § 3., è approfondita la
tematica che concerne la chirurgia e le raccomandazioni atte a garantire le cure ed il
trattamento durante la pandemia. Il § 4., sottolinea l’importanza della ricerca scientifica in
chirurgia come ausilio per fronteggiare il COVID-19. Infine, gli autori tracciano nel § 5., le
conclusioni che emergono dalla analisi affrontata nel presente lavoro.
Il diritto alla salute
Il diritto alla salute trova il suo principale fondamento nella Costituzione italiana
all’articolo 32. Esso prevede al primo comma che: “la Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli
indigenti”.
Da questa norma si evince che la Costituzione qualifica la tutela della salute come diritto
fondamentale. Lo Stato deve, in base all’affermazione della Costituzione, porre in atto le
necessarie misure e provvedere alla predisposizione di tutti gli strumenti affinché i cittadini
usufruiscano di una certa assistenza sanitaria che sia funzionale alla tutela della loro salute.
L’articolo 32 della Costituzione mostra una ampia portata del diritto alla salute e ciò si rende
comprensibile a partire dal fatto che con tale diritto si vuole proteggere la salute che è di
vitale importanza per l’individuo.
Il medesimo articolo 32, al comma 2, introduce la libertà delle persone di sottrarsi
volontariamente a un “determinato trattamento sanitario”, salvo che la legge disponga
altrimenti. Lo stesso comma prosegue affermando che “la legge non può in nessun caso violare
i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Vi è, inoltre, un necessario coordinamento che va effettuato con altri principi affermati
nella Carta costituzionale: dignità, eguaglianza e solidarietà. Da questo collegamento assume
un significato ancora più forte l’impegno a cui la Repubblica italiana è chiamata nell’articolo
32 della Costituzione (Nania, 2014, p. 29-30).
Nella configurazione che viene data dalla Corte Costituzionale italiana (2000): “Il diritto ai
trattamenti sanitari necessari per la tutela della salute è `garantito ad ogni persona come un
diritto costituzionalmente condizionato all’attuazione che il legislatore ne dà attraverso il
bilanciamento dell’interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente
protetti`”3.
Ovviamente facendo il diritto alla salute riferimento ad un bene di così grande importanza,
il bilanciamento dei valori non deve mai portare allo svilimento di quel nucleo centrale di tale
diritto fondamentale. Tra i vari aspetti che si pongono come limiti oggettivi all’attività del
legislatore tesa a soddisfare l’esigenza della tutela della salute emerge la disponibilità di
risorse organizzative e finanziarie. Nonostante siano limiti comprensibili, nessun Paese
dispone di risorse illimitate. Questi fattori non possono mai intaccare o ridurre il “nucleo
3
Si vedano in tal senso: Corte Costituzionale italiana (1994a; 1994b; 1998).
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irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della
dignità umana” (Corte Costituzionale italiana, 2000).
In questo periodo di emergenza globale determinato dalla pandemia di COVID-19, i
discorsi relativi alla tutela del diritto alla salute si fanno presenti più forti rispetto alle
situazioni normali e tutto sembra assumere toni amplificati nelle televisioni e nella carta
stampata. Anche l’opinione pubblica mostra uno spiccato interesse relativo a quale contenuto
assume il diritto alla salute degli individui nel quadro globale di questa situazione. Il fatto che
si sia diffuso con tanta rapidità il nuovo male non comporta che le altre malattie scompaiano
magicamente. Vi sono tantissime patologie che necessitano di cure costanti e trattamenti che
abbiano una certa continuità. Questo si traduce nella necessità che lo Stato preveda misure
atte a contrastare il COVID-19 nella sua forma pandemica ed il mantenimento di tutti quei
trattamenti sanitari non posticipabili per via delle conseguenze che una loro procrastinazione
potrebbe portare alla salute e alla vita delle persone.
Attualmente si palesa, cioè, l’esigenza che siano poste in essere determinate cure e
proseguano regolarmente determinati interventi chirurgici, o almeno quelli non rinviabili.
Per i pazienti che necessitano di particolari cure, si pensi ad esempio a quelli oncologici o
che necessitano di particolari operazioni chirurgiche per avere la possibilità di salvare la
propria vita, non deve essere annullato o posticipato il necessario trattamento. Se ciò
avvenisse si avrebbe uno svilimento considerevole del loro diritto alla salute, che si sostanzia
nella possibilità di sottoporsi alle idonee cure, e in alcuni casi potrebbe arrecare un serio e
grave pregiudizio alla vita degli individui.
Per questo motivo il Paese è chiamato a predisporre sistemi organizzativi idonei alla
gestione delle vecchie patologie e di quelle legate al COVID-19.
In questo momento storico, il diritto alla salute e la sua protezione sono avvertiti in una
dimensione che supera quella del singolo individuo ed assume le forme della difesa sociale.
Nello specifico, si osserva quella medesima accezione del diritto sanitario rilevata da Gaetano
Pieraccini nel 1906 in riferimento all’epidemia di tubercolosi secondo cui:
Questo diritto sanitario è il diritto di ogni cittadino alla personale integrità fisica ed
implica per ciascuno il dovere di non portare nocumento alla integrità fisica degli altri.
Esso ha poi la sua ragion d’essere nel principio più vasto della difesa sociale da tutto
ciò che alla conservazione e sviluppo della Società stessa può nuocere, e perciò
appunto fa obbligo allo Stato di proteggere anche la salute dei singoli e della collettività
da tutte le malattie trasmissibili (Pieraccini, 1906, p. 4).
Per questo motivo, il personale ospedaliero deve essere messo in grado di operare in
sicurezza e gli stessi pazienti devono essere protetti dalla possibilità di contrarre il nuovo
morbo durante la loro degenza ospedaliera. L’attività del legislatore in questi periodi si unisce
a quella degli esperti. Il diritto si intreccia alla medicina e alle altre discipline scientifiche e
sono predisposte rigorose regole da seguire per evitare il diffondersi della pandemia e per
garantire una qualche forma di quasi normalità nella gestione delle patologie ordinarie.
È indubbio che nella ponderazione degli interessi e dei valori in gioco confluiscano
considerazioni relative alla disponibilità di risorse organizzative e finanziarie. Non si può
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distogliere lo sguardo dalla realtà e pensare di avere risorse infinite, ma il tutto deve trovare
un giusto assetto organizzativo che rispecchi i valori che fondano il nostro vivere civile e che
rispettino i diritti di tutti gli individui, i quali necessitano di trovare una puntuale tutela e
protezione.
È essenziale mobilitare, perciò, molte risorse umane e finanziarie per conseguire al meglio
la tutela del diritto alla salute in tutte le sue sfaccettature. Utilizzando in prestito le parole di
Gaetano Pieraccini, il quale si riferiva alla necessità di ospedalizzazione di tante persone
affette da tubercolosi, è comprensibile che tale pensiero possa spaventare “perché
l’avvenimento, è vero, coinvolge una gravissima questione economica; ma è anche altrettanto
vero che la spesa dell’oggi si risolve domani automaticamente in un grande reddito di vita, di
forza e di ricchezza per il paese” (Pieraccini, 1906, p. 9-10).
La chirurgia e le raccomandazioni atte a garantire le cure ed il
trattamento durante la pandemia
Il diritto alla salute è un diritto di tutti. Il presente § 3., si propone l’obiettivo di meglio
comprendere come tale diritto possa essere garantito ai pazienti che necessitano di essere
sottoposti a un intervento chirurgico, quali misure debbano essere poste per garantire
sicurezza di operatori sanitari e di tutti i pazienti e come questa situazione possa essere
gestita dal punto di vista organizzativo e della pratica medica e chirurgica nel miglior modo
possibile.
In ambito chirurgico, si è avvertita l’esigenza di tutelare maggiormente in questo periodo i
pazienti che necessitano di un intervento in regime di urgenza o emergenza e i pazienti
tumorali la cui salute sarebbe notevolmente, se non totalmente, compromessa se l’intervento
fosse rimandato al termine della pandemia.
Risulta indispensabile, dunque, valutare attentamente rischi e benefici, caso per caso, e
proteggere i pazienti negativi al SARS-CoV-2 dal rischio di contrarre l’infezione. Particolare
attenzione e cura deve essere prestata a tutti i pazienti, siano essi positivi o negativi. Sicurezza
e protezione devono essere garantite a tutti gli operatori sanitari.
L’European Association for Endoscopic Surgery e la Society of American Gastrointestinal and
Endoscopic Surgeons (EAES e SAGES, 2020) hanno stilato recentemente delle raccomandazioni
per aiutare i chirurghi in tale compito, aggiornate con l’evolvere della pandemia. Queste
raccomandazioni trattano il tema del razionamento dei servizi, considerazioni procedurali e
misure pratiche per la chirurgia.
Per quanto riguarda il razionamento dei servizi, vengono consigliate delle misure per
ridurre il rischio di contrarre l’infezione da parte dei pazienti e del personale sanitario e
ridurre al minimo l’utilizzo di risorse necessarie, quali dispositivi di protezione individuale
(DPI), letti e ventilatori.
È, dunque, subito messo in evidenza, come prima cosa, quanto sia importante avere la
consapevolezza che le risorse a disposizione non sono infinite e che occorre gestirle al meglio.
È consigliato, dunque, rinviare tutti gli interventi chirurgici e le procedure endoscopiche in
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elezione, tenendo conto del grado di diffusione dell’infezione a livello locale e considerando il
contesto medico, logistico e organizzativo, limitando il trattamento chirurgico a quei pazienti
in pericolo di vita, quelli in cui la patologia maligna potrebbe progredire o che hanno sintomi
che richiedono un trattamento urgente.
Oltre a evidenziare quali sono i pazienti i cui interventi non sono rinviabili, viene
sottolineata l’importanza del contesto locale. Chiaramente ogni centro può o potrà essere più
o meno colpito dalla pandemia. Ogni centro ha più o meno risorse a sua disposizione da poter
utilizzare. Ogni centro ha una propria peculiare organizzazione. Questi aspetti devono essere
considerati e valutati. Risulta, quindi, importante tenere bene a mente la realtà in cui ci si
trova per poter prendere le decisioni corrette.
Tutto il personale ospedaliero e degli uffici non essenziale dovrebbe essere autorizzato a
rimanere a casa e svolgere il proprio lavoro da casa (telelavoro). Tutte le visite cliniche
effettuate di persona non urgenti dovrebbero essere annullate o posticipate, a meno che non
siano necessarie per valutare i sintomi attivi o gestire la cura delle ferite. Gli incontri dei team
multidisciplinari dovrebbero tenersi virtualmente, se possibile. Tali misure consentono di
evitare tutti i contatti innecessari, possibili fonti di contagio. Per limitare il diffondersi
dell’infezione è meglio svolgere a distanza tutte le pratiche e procedure che è possibile
svolgere con tale modalità.
Per quanto concerne le considerazioni procedurali, l’attenzione si focalizza principalmente
su quale sia il miglior approccio chirurgico. Viene sottolineata l’esigua evidenza scientifica in
letteratura riguardo ai rischi relativi alla chirurgia mininvasiva nei confronti dell’approccio a
cielo aperto specifica per COVID-19. Alcuni studi hanno dimostrato la possibile
aereosolizzazione di virus trasmessi per via ematica, ma allo stato delle conoscenze attuali
non ci sono ancora evidenze se questo possa verificarsi anche per il SARS-CoV-2. Non avendo
certezze, viene comunque consigliato, per le procedure di chirurgia mininvasiva, l’utilizzo di
dispositivi per filtrare la CO2 rilasciata tramite particelle di aerosol, anche se vanno
considerati i vantaggi di tali procedure, che generalmente consentono una minore durata
dell’ospedalizzazione e delle complicanze.
Va, inoltre, considerato il maggior rischio di esposizione al virus insito nelle procedure
endoscopiche e sulle vie aeree, durante le quali è importante che gli operatori mettano in atto
le corrette precauzioni e utilizzino i dispositivi di protezione individuali, seguendo le linee
guida dei Centers for Disease Control (CDC, 2020) o del World Health Organization (WHO,
2020a).
Per quanto riguarda le misure pratiche per la chirurgia, vengono messi in luce alcuni
aspetti importanti. In primo luogo, emerge la necessità, nel momento in cui si discute il
consenso con i pazienti, di spiegare adeguatamente il rischio di esposizione al COVID-19 e le
sue possibili conseguenze.
Si rende evidente come il primo ed efficace modo, anche se apparentemente banale, per
proteggere il diritto alla salute sia proprio l’informazione. Il paziente deve essere messo a
conoscenza della situazione, deve capire, deve poter fare domande e deve decidere
liberamente se sottoporsi all’intervento chirurgico, essendo messo nelle condizioni migliori
per valutare rischi e benefici della propria scelta.
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Se possibile, i pazienti andrebbero testati preoperatoriamente per COVID-19. Emerge
dunque l’esigenza di sapere se i pazienti siano positivi o negativi all’infezione, al fine di
mettere in atto le misure più idonee alla corretta gestione dei pazienti. Le raccomandazioni
non entrano in merito a quale sarebbe la migliore maniera per testare i pazienti.
A tale proposito, vengono in nostro soccorso le Raccomandazioni per il corretto prelievo,
conservazione e analisi sul tampone oro/nasofaringeo per la diagnosi di COVID-19 del Gruppo
di Lavoro ISS Diagnostica e sorveglianza microbiologica COVID-19: aspetti di analisi
molecolare e sierologica. In esse è affermato che:
Per la diagnosi di infezione da SARS-CoV-2 il campione di elezione è un campione delle
vie respiratorie. Questo può essere delle alte vie respiratorie (tampone nasale,
tampone oro-faringeo, tampone rino-faringeo) e più raramente, ove disponibili, delle
basse vie respiratorie: aspirato endo-tracheale o lavaggio bronco-alveolare (BronchoAlveolar Lavage, BAL). Il campione delle basse vie respiratorie è da preferire per una
maggiore concentrazione di virus nei casi di polmonite (Gruppo di Lavoro ISS, 2020, p.
1).
Dopo aver spiegato come eseguire correttamente il prelievo, etichettarlo, conservarlo,
confezionarlo e spedirlo in sicurezza, tali raccomandazioni descrivono come viene effettuata
la diagnosi molecolare per COVID-19. In particolare, esse precisano che:
Sulla base delle raccomandazioni da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS) e dello European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), la
manipolazione dei campioni biologici viene eseguita utilizzando opportuni DPI e ad un
livello di biosicurezza 2 (BSL2). Dal materiale biologico viene effettuata l’estrazione e
la purificazione dell’RNA per la successiva ricerca dell’RNA virale utilizzando una
metodica molecolare rapida: Reverse Real-Time PCR (rRT-PCR) (Gruppo di Lavoro ISS,
2020, p. 5).
Altre nuove metodiche si stanno affacciando nel panorama medico e stanno iniziando a
essere utilizzate, come i test sierologici, sebbene in determinate condizioni.
Spostando nuovamente la nostra attenzione alle raccomandazioni dell’European
Association for Endoscopic Surgery e della Society of American Gastrointestinal and Endoscopic
Surgeons (EAES e SAGES, 2020), queste consigliano, laddove necessario e possibile, che
l’intubazione e l’estubazione dei pazienti avvengano in una stanza a pressione negativa.
Quando si operano pazienti presunti, sospetti o confermati positivi a COVID-19, le sale
operatorie dovrebbero essere opportunamente filtrate e ventilate. Se possibile, dovrebbero
essere delle sale diverse da quelle utilizzate per gli altri pazienti chirurgici e bisognerebbe
considerare di utilizzare sale a pressione negativa.
Per garantire i diritti alla salute e alla vita sia dei pazienti chirurgici con l’infezione, che
quelli senza l’infezione, sarebbe opportuno creare percorsi e sale diverse in maniera tale da
evitare qualunque tipo di contatto, perché si tradurrebbe in una possibile fonte di contagio.
Solo il personale essenziale dovrebbe partecipare all’intervento chirurgico e, a meno che non
vi sia un’emergenza, non dovrebbe esserci scambio di personale in sala. Tutti gli operatori
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sanitari in sala dovrebbero utilizzare i dispositivi di protezione individuale come
raccomandato dalle organizzazioni nazionali o internazionali, la World Health Organization
(WHO, 2020a) o il Centers for Disease Control (CDC, 2020), e avere particolare cura nel loro
corretto posizionamento e rimozione.
La sicurezza degli operatori sanitari è fondamentale, sia per tutelare il diritto alla salute di
questi ultimi, ma anche quello dei pazienti. Gli operatori sanitari, infatti, necessitano di essere
tutelati non solo per il proprio benessere personale, ma anche in quanto soggetti che si
ritrovano per definizione a contatto con altri pazienti, frequentemente in un momento di loro
maggiore debolezza e/o con un sistema immunitario compromesso.
Entrando in dettaglio sullo strumentario utilizzato dal chirurgo in sala operatoria e su
alcuni particolari tecnici, i dispositivi elettrochirurgici dovrebbero essere regolati sulle
impostazioni più basse possibili per l’effetto desiderato. Occorrerebbe ridurre al minimo
l’utilizzo dell’elettrochirurgia monopolare, dei dissettori ad ultrasuoni e dei dispositivi
bipolari avanzati. Questi ultimi, infatti, possono portare all’aerosolizzazione delle particelle e
quindi potrebbero rappresentare, secondo alcuni studi, una fonte di contagio per gli
operatori4. Viene, perciò, consigliato di utilizzare, laddove possibile, matite diatermiche
monopolari, collegate a degli evacuatori di fumo. Le apparecchiature chirurgiche utilizzate
durante le procedure con pazienti COVID-19 positivi o sospetti dovrebbero essere pulite
separatamente dalle altre apparecchiature chirurgiche. Infine, vengono esposte delle misure
pratiche specifiche per la laparoscopia e l’endoscopia.
Per quanto riguarda gli interventi in cui si decide di utilizzare un approccio laparoscopico,
bisognerebbe rammentare che le incisioni per l’inserimento dei trocar dovrebbero essere le
più piccole possibili, la pressione d’insufflazione di CO2 dovrebbe essere ridotta al minimo e,
se disponibile, dovrebbe essere utilizzato un sistema di filtrazione o evacuazione dei fumi. La
completa esufflazione dovrebbe avvenire in sicurezza tramite un sistema di filtrazione prima
della chiusura, rimozione dei trocar, estrazione del pezzo o conversione in chirurgia open.
Per quanto riguarda le procedure endoscopiche, viene ribadita la necessità che tutti gli
operatori utilizzino i dispositivi di protezione individuale e che il loro posizionamento e
rimozione avvenga in maniera adeguata. Le procedure endoscopiche andrebbero, inoltre,
considerate ad alto rischio, data la possibilità che i pazienti affetti da COVID-19 presentino
manifestazioni gastrointestinali.
L’importanza della ricerca scientifica in chirurgia come ausilio per
fronteggiare il COVID-19
In una situazione nuova e in continua evoluzione è chiaramente complesso creare delle
linee di indirizzo e prendere delle decisioni in mancanza di una forte evidenza scientifica
fornita dalla letteratura. In uno scenario globale, che si modifica rapidamente e che porta
4 Si vedano sulla possibilità che l’aerosolizzazione delle particelle sia fonte di contagio per gli operatori: Baggish et al. (1991); Alp
et al. (2006); Choi (2014); Kwak et al. (2016). Si vedano con preciso riferimento al COVID-19: Coccolini et al. (2020); Wax e
Christian (2020).
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velocemente all’occupazione dei posti letto nei reparti di Terapia Intensiva di tutto il mondo,
tutto cambia. L’assetto organizzativo e le pratiche quotidiane si ritrovano costrette ad
adattarsi alla situazione emergente. Anche l’attività chirurgica è coinvolta, circondata e
modificata da tutto questo. L’elezione viene rimandata, posposta, momentaneamente sospesa.
Le urgenze e le emergenze cambiano volto. Occorrono adeguate misure e protezioni.
L’approccio chirurgico deve essere maggiormente studiato, pensato, onde evitare di passare
da trattamento curativo a fonte di contagio. Il personale sanitario deve essere formato,
protetto, informato sulle buone pratiche per fronteggiare l’emergenza COVID-19 e prendersi
cura al meglio dei pazienti sospetti o positivi al nuovo virus. Le liste d’attesa si allungano e gli
interventi per cui è necessaria la disponibilità di un posto letto in terapia intensiva vengono
posticipati a causa dell’occupazione dei posti letto da parte dei pazienti affetti da COVID-19.
In tale contesto, però, fin da subito medici e ricercatori di tutto il mondo, uniti dal fine
comune di curare nel migliore modo possibile tutti i pazienti e garantire la sicurezza degli
operatori sanitari, hanno cercato cure, vaccini, test diagnostici. Si sono formate collaborazioni
internazionali tra medici di tutto il mondo.
In ambito chirurgico, ad esempio il gruppo di ricerca internazionale CovidSurg ha coinvolto
e continua a coinvolgere chirurghi, anestesisti e ricercatori di tutto il mondo. La sua attività di
ricerca è focalizzata sul COVID-19 in chirurgia. Una prima analisi dei dati raccolti in tutto il
mondo sui pazienti sottoposti a intervento chirurgico con infezione da SARS-CoV-2
diagnosticata da 7 giorni prima a 30 giorni dopo l’intervento, è già stata pubblicata e ha
mostrato un aumento della mortalità e delle complicanze respiratorie in questo gruppo di
pazienti (COVIDSurg Collaborative, 2020). Il suddetto gruppo di ricerca non ha concentrato la
propria attenzione solo sui pazienti affetti da COVID-19, ma anche sulle conseguenze della
pandemia sull’attività chirurgica e su come andassero riorganizzati i team chirurgici in questo
periodo di emergenza. Un particolare interesse è stato rivolto anche alla cura e trattamento
dei pazienti tumorali, cioè di quei pazienti che, pur non essendo direttamente coinvolti dalla
pandemia, ne subiscono comunque più pesantemente le conseguenze.
La ricerca scientifica in questo momento emergenziale diviene uno strumento necessario
per valutare, elaborare e perfezionare le pratiche mediche e i trattamenti chirurgici. In questo
modo la stessa attività di ricerca si pone come guida per i tanti operatori del settore sanitario
che svolgono quotidianamente la propria professione per tutelare il diritto alla salute e alla
vita delle persone. A tal proposito si osserva, inoltre, la nascita di collaborazioni in altri ambiti,
anche sulle patologie benigne, che necessitano un pronto trattamento. Si pensi ad esempio agli
studi su come gestire al meglio le colecistiti e le appendiciti.
Ogni paziente ha diritto alla salute. Ha il diritto di essere curato e questa pandemia ha
influenzato e sta influenzando la cura e il trattamento di tutti i pazienti. Per quanto
chiaramente le patologie più gravi rappresentino un problema basilare, è vero che altre
patologie, apparentemente più banali, rischiano comunque di compromettere la salute dei
pazienti in mancanza di spazi e risorse adeguati.
La ricerca, in questo particolare contesto pandemico, assume ancor più forte il ruolo di
guida e di indirizzo per tutti i medici, i chirurghi, gli infermieri ed il personale sanitario che
sono chiamati all’arduo compito di garantire il diritto alla salute e alla vita dei degenti.
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Conclusioni
Attualmente la nuova sfida da affrontare è relativa al convivere e superare la pandemia di
COVID-19. Nei mezzi di comunicazione televisivi e nella carta stampata si fa un continuo
richiamo alla necessità di ritagliare gli spazi della normalità in questa situazione di
emergenza.
Il diritto alla salute deve essere garantito a tutti i cittadini. Il fatto che si stia attraversando
un fenomeno pandemico, come non avveniva da anni, non fa venir meno la necessità degli
interventi chirurgici tesi a salvare o migliorare la vita degli individui. Per dare piena
attuazione al diritto alla salute e alla vita delle persone sarebbe impensabile interrompere o
sospendere per un tempo non precisato tutte le cure mediche e gli interventi chirurgici non
direttamente connessi con il COVID-19. La salute e la vita dei pazienti sono messe a rischio
non solo dalla nuova malattia, ma dalla miriade di patologie che già preesistevano alla
emergenza sanitaria odierna.
Come si può garantire che ogni individuo riceva le adeguate cure e l’essenziale trattamento
chirurgico a lui necessario prima di giungere ad un punto di non ritorno?
In chirurgia sono state formulate delle raccomandazioni da alcuni organismi, come ad
esempio l’European Association for Endoscopic Surgery e la Society of American
Gastrointestinal and Endoscopic Surgeons (EAES e SAGES, 2020), per svolgere in sicurezza
l’attività necessaria e salvaguardare i pazienti dal rischio di contrarre il COVID-19. Si rende,
inoltre, necessario garantire la sicurezza di tutti coloro che lavorano nel settore della sanità.
Allo stesso tempo, si rende imperativo limitare e cercare di azzerare il contagio della nuova
malattia pandemica che ha per sua stessa natura una capacità diffusiva notevole. Il fatto che
emerge dall’analisi delle raccomandazioni, che suggeriscono particolari cautele da adottare
sia nell’organizzazione di persone e mezzi, sia nello svolgimento materiale delle procedure
medico-chirurgiche, è che, trattandosi di una malattia ancora non molto conosciuta, non si può
trascurare la necessità della ricerca scientifica.
La ricerca scientifica costituisce il faro che illumina la navigazione in questo scenario. Con
la ricerca scientifica possono essere messe in risalto le incertezze della pratica ed i punti di
forza su cui affidarsi in questo particolare periodo.
Il diritto deve in questo difficile momento storico affidarsi alla scienza, alla medicina e, più
in particolare agli esperti. È necessario che ognuno faccia la propria parte per giungere alle
buone pratiche che permettano l’attuazione e il pieno esplicarsi del diritto alla salute di tutti
gli individui.
Bibliografia
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Submetido: 03/07/2020
Aceito: 26/01/2022
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