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Stravolgimento come denominatore comune del tempo pandemico

2022, Quaderni Leif

Recensione a: Adriano Pessina (a cura di), Vulnus. Persone nella pandemia, Mimesis (I nodi del tempo n. 1), Milano 2022, pp. 171.

Quaderni leif Semestrale del Centro Interdipartimentale di Studi su Pascal e il Seicento (CESPES) Università di Catania Quaderni Semestrale del Centro Interdipartimentale di Studi su Pascal e il Seicento (CESPES) Università di Catania leif Direttore Maria Vita Romeo Coordinatore della redazione Massimo Vittorio Redazione Cristiano Calì, Chiara Carchiolo, Valentina Drago, Francesco P. Leonardi, Maria Elena A. Lombardo, Cinzia Grazia Messina, Elisabetta Todaro, Salvatore O. Tomaselli, Francesco Travagliante Comitato Scientifico Paolo Amodio (Università «Federico II», Napoli) Massimo Borghesi (Università di Perugia) Domenico Bosco (Università di Chieti-Pescara) Hélène Bouchilloux (Université de Lorraine, Nancy) Riccardo Caporali (Università di Bologna) Carlo Carena (Casa editrice Einaudi) Vincent Carraud (Université Paris-Sorbonne) Dominique Descotes (Université de Clermont Ferrand) Gérard Ferreyrolles (Université Paris Sorbonne-Paris IV) Giuliano Gasparri (Università di Enna) Denis Kambouchner (Université Paris 1 Panthéon-Sorbonne) Gordon Marino (St. Olaf College, Minnesota USA) Denis Moreau (Université de Nantes) Michael Moriarty (University of Cambridge) Richard Parish (University of Oxford) Adriano Pessina (Università Cattolica di Milano) Giuseppe Pezzino (Università di Catania) Philippe Sellier (Université Paris Sorbonne-Paris IV) Direttore responsabile Giovanni Giammona Direzione, redazione e amministrazione Dipartimento di Scienze Umanistiche, Università di Catania. Piazza Dante, 32 - 95124 Catania. Tel. 095 7102343 - Fax 095 7102566 - Email: cr.cespes@unict.it Impaginazione e stampa: , grafica editoriale di Pietro Marletta, via Delle Gardenie 3, Belsito, 95045 Misterbianco (CT), tel. 095 71 41 891, e-mail: emmegrafed@tiscali.it La rivista si avvale della procedura di valutazione e accettazione degli articoli double blind peer review ISSN 1970-7401 Registrazione presso il Tribunale di Catania, n. 25/06, del 29 settembre 2006 Quaderni leif Semestrale del Centro Interdipartimentale di Studi su Pascal e il Seicento (CESPES) Università di Catania n. , luglio-dicembre 2022 Anno XV  Maria Vita Romeo Sull’umanesimo cristiano di Adriano Bausola 5 Francesco Pio Leonardi Romano Guardini tra etica e antropologia cristiana 25 Giuseppe Pezzino A proposito di speranza 53  Maria Elena A. Lombardo Il runner filosofo Cristiano Calì Stravolgimento come denominatore comune del tempo pandemico 65 69 Cristiano Calì Stravolgimento come denominatore comune del tempo pandemico Il 9 marzo 2023 è per l’Italia il terzo anniversario da quando, prima tra le nazioni occidentali, si ritrovò a vivere una chiusura totale (o lockdown, come certa retorica ha preferito definirlo) per fronteggiare la pandemia originatasi in Cina. Da quella fatidica data – in cui sembrò che l’Italia fosse eccessivamente allarmista – sarebbero seguite a cascata chiusure in ogni paese tanto dell’Oriente quanto dell’Occidente, e le donne e gli uomini del XXI secolo avrebbero visto immagini che, diversamente, sarebbero state relegate ai migliori film fantascientifici: le piazze europee deserte, le grandi avenue americane desolate, aeroporti vuoti con aeromobili parcheggiati sino a data da destinarsi, fosse comuni a New York e pire per bruciare i corpi in alcune città dell’India. A distanza di tre anni quelle immagini rimangono vivide nella coscienza, e se il lasso di tempo è ancora troppo breve per vedere con gli occhi dello storico le conseguenze di quel fenomeno, e con quelli del sociologo gli effetti di quell’evento, una consapevolezza ritengo sia ormai acquisita: la pandemia da Covid19 è stato uno snodo della storia. Credo di non essere l’unico a misurare la mia attività lavorativa e familiare tra un pre e post pandemia, collocando sulla retta cronologica del tempo gli eventi, utilizzando come discrimen quello snodo fondamentale che, appunto, porta come data il marzo 2020. Ma più che inteso come uno snodo (un luogo in cui strade o ferrovie si incrociano per poi diramarsi in direzioni diverse) la pandemia ha costituto un vero e proprio nodo, con tutta la polisemanticità che questo lemma porta con sé. Gli eventi causati dal Covid-19, infatti, sono stati, invero, un luogo, un tempo e uno spazio in cui dimensioni differenti si sono intrecciate per collegarsi tra loro (il nodo come unione di corde diverse), si sono aggrovigliate facendo emergere problemi prima latenti (il nodo da districare), si sono legate per creare qualcosa di totalmente nuovo (il nodo in un ricamo), si sono sedimentate per segnare un momento nella storia (i nodi che indicano la profondità dell’ancora). Questa dimensione nodale della pandemia credo sia stata magistralmente sintetizzata dal volume pubblicato nel gennaio 2022 colo titolo Vulnus. Persone nella pandemia, Spigolature e curato da Adriano Pessina; un testo che – sicuramente non a caso – inaugura la collana I nodi del tempo, diretta per i tipi di Mimesis da Alessandra Papa, e che vede il patrocinio e il coinvolgimento del Centro di ricerca sulla filosofia della persona Adriano Bausola, istituito presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Un testo contraddistinto – per citare il curatore – da un’intuizione e una condivisione (p. 7). Attraverso dieci saggi, per 171 pagine complessive, il volume si configura come una riflessione che, prendendo le mosse dalla vita dei singoli, in primis degli autori stessi, e attingendo dalla cultura, dalla politica e dalla storia, conduce una lettura rigorosa del presente in chiave filosofica. Una lettura al cui centro è posta la persona sia nella sua singolarità sia nella sua socialità. Ho intercettato quale denominatore comune dei saggi proposti non già la pandemia – che, si potrebbe dire, essere stata un factum brutum – ma la categoria di stravolgimento, una categoria che ogni singolo contributo declina secondo una propria sensibilità. La pandemia, infatti, ha stravolto la vita delle persone (dove vita si deve leggere nel senso di Lebenswelt), e lo ha fatto – per parafrasare le parole del curatore nell’Introduzione – “rimettendo in gioco dolorosamente la questione della morte”. Ecco allora che il volume si configura come un eccezionale strumento di riflessione posto nelle mani del lettore che invita ad osservare – seguendo un ordine designato ma che potrebbe, anche secondo Pessina, essere cambiato (e secondo me 69 dovrebbe essere cambiato) – lo stravolgimento di alcuni concetti cardine della vita, e ad assumere tutta la radicalità di quel nodo del tempo che è stato vissuto in persona. Un primo stravolgimento coinvolge il concetto stesso di scienza, alla quale, come ricorda Roberta Corvi, nel tempo pandemico è stata demandata una missione soteriologica. Eppure in quella spasmodica delega soteriologica all’empiria, in cui virologi e scienziati erano la testa dorata (e anche i dii ex machina) della biblica statua di Nabucodonosor, è emerso anche il basamento di argilla sul quale si ergeva la società tecnocratica: la pandemia, con il “discordismo ab intra” delle scienze da laboratorio, ha ricordato che «dati inconfutabili non sono mai disponibili» (p. 12). Nella società alle porte del secondo decennio del XXI secolo, ancora intrisa di positivismo, e nel momento in cui quel positivismo poteva dare il meglio di sé, è emerso invece (e non poteva essere diversamente) un sapere scientifico che condivide con la natura umana una «condizione […] di precarietà e vulnerabilità» (p. 20). Lo scontrarsi e il mancato convergere delle teorie scientifiche ha così fatto tornare alla mente la metafora popperiana della scienza costruita su una palude e ha imposto sia un ripensamento della categoria di scienza e del rapporto degli esseri umani con essa, sia un recupero del ruolo epistemologico della filosofia per la scienza; ma, soprattutto, ha fatto sorgere prepotentemente una domanda: possiamo ancora fidarci della scienza? Il primo radicale stravolgimento operato dal termine a 70 Spigolature quo che è la pandemia attiene quindi alla scienza stessa: scientifico non è più sinonimo di vero o di certo (cfr. p. 23). Un secondo stravolgimento si rintraccia, invece, al livello della vita. Il Covid-19 – suggerisce Pessina nel secondo saggio della raccolta – ha imposto un ripensamento dei rapporti di vicinanza e, conseguentemente, di lontananza; e tutto ciò è stato operato grazie ad un formidabile strumento di amplificazione riconsegnatoci dal contesto tecnologico. Grazie a video call, web meeting o, ahinoi, video chiamate dalla terapia intensiva degli ospedali, la pandemia ci ha ricordato che solitudine non equivale a isolamento (p. 29) e che «il concetto di isolamento, così come è stato pensato e descritto prima dell’avvento delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, non risulta più pertinente» (p. 34). In quei momenti, soprattutto in quella che fu definita a posteriori prima fase, si percepiva la solitudine senza essere isolati, quanto meno in forza dei mezzi della tecnologia. Sono state proprio le tecnologie a permettere di essere «insieme ma soli» (p. 33), ma la vicinanza resa possibile dalle tecnologie era soltanto una vicinanza virtuale, in un momento in cui, invece, la corporeità era l’elemento maggiormente richiesto. Eppure quella corporeità, se realizzata, sarebbe stato il terreno fertile per il propagarsi del virus. I rapporti sociali di prossimità, invero, non sono mutati soltanto nella loro forma ma anche nella loro intima sostanza. L’invito alla solitudine, infatti, è stato intimato, paradossalmente, nel mo- mento in cui la comunità umana (non locale ma umana) era chiamata a solidarizzare, facendo emergere tutto il paradosso di questa condizione: eravamo soli benché ci trovassimo in una situazione comune. La chiamata alla solitudine per corresponsabilità, denotata da slogan come “Siamo tutti nella stessa barca” (p. 33) o quell’“Andrà tutto bene” che pendeva dai balconi, era un invito ad una solitudine esistenziale ancora più profonda. Immagine di questo mutamento di prospettiva sono state le nostre case, luoghi che hanno perso «la connotazione della dimora per assumere […] la fisionomia carceraria di un ambiente da cui evadere». (p. 33). Vicinanza e isolamento, chiusura nell’io e attenzione al noi, sono stati i momenti cruciali di una dialettica che non ha investito soltanto il singolo ma la collettività: nella società del self-made man (quella pre 2020) ci si è richiamati ad un concetto ormai desueto per la società liberale, quello di responsabilità collettiva, suggerendo un noi nazionale in opposizione a un io personale. È così che il fenomeno pandemico ha imposto uno stravolgimento del vivere e delle sue forme. La pandemia, prosegue col suo contributo Alessio Musio, ha, infatti, «agito su di noi come un recipiente che, mentre impedisce al liquido che contiene di fluire, contemporaneamente finisce per dargli una forma effettiva e riconoscibile» (p. 42). Il terzo saggio pone quindi l’attenzione non già sulle notevoli discontinuità dello stravolgimento pandemico ma sulle continuità che la pandemia ha aiutato a conservare nel fluire del Spigolature tempo. Le dinamiche capitalistiche hanno subito uno shock senza per questo essere superate ma semplicemente trattenute (cfr. p. 47); la libertà negativa, unica forma che sembra essere tutelata dalla democrazia liberale – o, come può essere oggi definita, «democrazia immunitaria» (p. 47) – è stata amplificata. Addirittura si potrebbe dire che la pandemia ha finito, forse, «per rendere estrema la logica immunitaria della dottrina liberale, a partire dall’assunto secondo cui ‘l’altro è infezione, contaminazione, contagio’» (p. 48). Eppure, in questi elementa continua è emersa una notevole discontinuità: la pandemia, prosegue l’autore citando Roberto Esposito, ha fatto emergere come il diritto alla vita «sia considerato il presupposto indiscutibile su cui si basano tutti gli altri» e questo è segno di «una conquista di civiltà rispetto alla quale non è possibile arretrare (p. 49). Questo diritto alla vita, tuttavia, è emerso a fronte di drammatici problemi bioetici che la pandemia ha posto in essere e ha tematizzato con molta più impellenza rispetto al recente passato (cfr. pp. 53-57). Non solo quindi gli spazi geometrici della vita personale ma gli spazi esistenziali della communitas – argomenta Alessandra Papa – ovvero «gli spazi del vivere come del morire» (p. 61) sono stati ridisegnati. In primis l’evento pandemico ha ridisegnato il concetto di altro che da amicus è divenuto inimicus e, di conseguenza, sono state ridisegnate le società e le comunità nella loro mutua relazione: la communitas, per l’appunto, è passata dall’essere il luogo per il convenire 71 dei socii – comuni alleati nel fronteggiamento della crisi – al luogo dei nemici, dove l’altro è considerato «‘sintomo’ molesto di un vivere insieme forzato» e pertanto deve essere «scostato fisicamente perché temuto» (p. 61). È così che è stata consumata la spersonalizzazione della società civile in generale (cfr. p. 65) e di alcuni rapporti sociali in particolare. In questa trama non immediatamente evidente di ridefinizione dei rapporti, infatti, un’ulteriore stravolgimento si è collocato a livello del rapporto tra medici e pazienti. I primi, divenuti ormai «samaritani senza volto» (p. 66), i secondi, ridotti da soggetti sofferenti a oggetti delle cure, intoccabili, e, di conseguenza, relegati in casa da soli o in una struttura sanitaria «dove non c’è più alcun puntello con il biografico, […] la cura non è più relazionale, ma esclusivamente terapeutica» (p. 66). Durante la pandemia, sostiene in definitiva Papa, «a restare stravolto non è […] solo il concetto esteriore di ‘mondo’, ma anche quello di ‘mondo personale’» (p. 71). A questo mondo personale si rivolgono il quarto, il quinto e l’ultimo saggio del volume, che propongono una sorta di focus su alcuni aspetti precipui, mantenendo sempre al centro la categoria di stravolgimento: il dolore come organo percettivo che l’essere umano – vivente nella società palliativa – aveva smarrito (così Roberto Diodato, cfr. p. 77); l’informazione con la sua capacità di risemantizzare alcuni termini come fragilità e vulnerabilità – a volte facendone un’erronea equiparazione (vd. il saggio di Ingrid Basso, qui p. 98); i rap- 72 Spigolature porti fondati sulla disuguaglianza (vd. Roberto Dell’Oro dell’Università di Los Angeles), stravolti dalla pandemia, la quale ha reso «all equally vulnerable, all equally exposed» (p. 159). Il convergere di queste dimensioni si rintraccia soprattutto nelle norme sociali, in merito alle quali, suggerisce Elena Colombetti, il Covid-19 non ha apportato necessariamente negative: nel tentativo di difenderci dalla contaminazione del virus «abbiamo collateralmente realizzato altri tipi di contaminazioni» (p. 105). Lo stravolgimento e/o contaminazione a livello di spazi e tempi è emerso anzitutto nel gergo divenuto comune in quei giorni: quarantena da un lato e lockdown dall’altro riconsegnavano la medesima essenza, rimandando però a diversi contorni, rispettivamente temporali e spaziali. Questo stravolgimento si è quindi tradotto concretamente: dalle strade ci siamo ritrovati a occupare costantemente le case, in una situazione di arresto domiciliare (p. 106), con un conseguente stravolgimento delle relazioni carnali ma anche virtuali. Anche dal punto di vista spaziale si è quindi esplicata la forma paradossale dell’evento pandemico, il quale se per un verso ha fatto emergere ancora di più l’interconnessione del mondo attuale grazie ai mezzi tecnologici che hanno portato a una «despazializzazione dell’inter-azione» (p. 113), per un altro ha fatto rammentare che «la Cina è distante anche per l’individuo iperconnesso» (p. 107). Questo percorso nel negativo ha condotto al positivo: «La fisicità rimossa si è imposta e ci ha riportato alla verità che la nostra è una relazione tra persone corporee» (p. 107). Il contributo di Alessandra Gerolin e di Paola Muller declinano, infine, rispettivamente, lo stravolgimento sul piano generale dell’etica e dell’antropologia. La pandemia ha stravolto positivamente la visione sull’essere umano segnato dalla malattia, un essere umano che è un «plenum» (p. 145) un «tutto unico, anima e corpo» (p. 139), senza per questo riproporre un antropocentrismo che – nonostante certa retorica – argomenta Muller rifacendosi alla straordinaria figura di Ildegarda di Bingen, è stato sempre estraneo anche alla christianitas. Il volume, in definitiva, si configura veramente come un nodo in cui convergono molteplici prospettive. Queste ultime, nondimeno, possono essere sintetizzate da un’immagine che percorre trasversalmente quasi tutto il testo, quella che i media del mondo hanno trasmesso il 27 marzo 2020: papa Francesco, rivestito della sola veste talare bianca, percorre a piedi, sotto la pioggia e in totale solitudine, il ventaglio del sagrato della Basilica Vaticana per presiedere un momento di preghiera straordinario in una Piazza San Pietro deserta, e impartire la Benedizione Eucaristica Urbi et Orbi a una città desolata e silenziosa, a un mondo in stallo e sgomento, ma davanti a diciassette milioni di telespettatori. In quell’immagine, citata più volte degli autori del volume, si condensa tutto il portato (s)travolgente del fenomeno pandemico. Adriano Pessina (a cura di), Vulnus. Persone nella pandemia, Mimesis (I nodi del tempo n. 1), Milano 2022, pp. 171. Carlo Levi, Ritratto di Giuseppe Di Vittorio, segretario generale della CGIL, 1952. Carlo Levi, Lucania, particolare, Museo Nazionale di Matera. Carlo Levi, Lucania, particolare, Museo Nazionale di Matera. summum crede nefas animam præferre pudori et propter vitam vivendi perdere causas diavlogo" Collana di filosofia e scienze umane diretta da Maria Vita Romeo 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. Maria Vita Romeo, Verità e bene. Saggio su Pascal. Anna Pia Desi, Il soggetto servile. Un itinerario ermeneutico. Giuseppe Pezzino, Scacco alla ragione. Saggio su Giuseppe Rensi. Caterina Liberti, L’enigma insoluto. Antropologia e storia in Guglielmo Ferrero. Joseph F. Fletcher, Etica della situazione. La nuova morale, introduzione, traduzione e note di Massimo Vittorio. Maria Vita Romeo, Il numero e l’infinito. L’itinerario pascaliano dalla scienza alla filosofia, prefazione di Giuseppe Lissa. Sara Condorelli, Hanna Arendt. Il pensiero ritrovato. AA. VV., L’incerto potere della ragione, a cura di Giuseppe Pezzino. Placido Bucolo, Introduzione a Sidgwick, prefazione di Giuseppe Acocella. AA. VV., Abraham: individualità e assoluto, a cura di Maria Vita Romeo. Massimo Vittorio, Etica e vita in Fletcher, prefazione di Giuseppe Pezzino. AA. VV., Il moderno fra Prometeo e Narciso, a cura di Maria Vita Romeo. Giuseppe Pezzino, La fondazione dell’etica in Benedetto Croce. AA. VV., Le “Provinciali” oggi, a cura di Maria Vita Romeo. Maria Vita Romeo, Il soggetto all’alba della modernità. Maria Vita Romeo, Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita. Sull’Etna tra etica e ambiente. AA. VV., Ricchezza e importanza degli opuscoli pascaliani, a cura di Maria Vita Romeo e Massimo Vittorio. Jean Laporte, Il cuore e la ragione secondo Pascal, a cura di Maria Vita Romeo. Salvatore Campo - Giuseppe Pezzino, Dialoghi provinciali, Presentazione di Maria Vita Romeo. Audrey Taschini, Nature, Knowledge and Spirit: the Irregular Science of Blaise Pascal. Marin Mersenne, L’uso della ragione, a cura di Cinzia Grazia Messina.