Cuma

I misteri del Monte Sibilla e dei Laghi di Pilato, situati tra i Monti Sibillini in Italia, costituiscono entrambi enigmi antichi e ancora inspiegati. In due precedenti articoli, "Nascita di una Sibilla: la traccia medievale" e "Una leggenda per un prefetto romano: i Laghi di Ponzio Pilato", abbiamo posto in evidenza due livelli narrativi addizionali, connessi alla figura di Morgana la Fata e alla nota tradizione leggendaria che ha circondato la figura di Ponzio Pilato. Con un terzo articolo, "Monti Sibillini: la leggenda prima delle leggende", abbiamo identificato una serie di aspetti comuni che segnano entrambe le leggende, sia in relazione al Lago di Pilato che alla Grotta della Sibilla, con almeno tre tratti condivisi: leggendarie presenze demoniache; rituali negromantici effettuati presso entrambi i siti; e leggendarie tempeste e devastazioni che si sarebbero levate da ambedue i luoghi. Con il presente articolo affrontiamo un quarto aspetto assai significativo che sembra caratterizzare entrambi i luoghi, la Grotta e il Lago: parrebbe che essi siano stati considerati come una sorta di passaggio verso regioni oltremondane, a motivo della presenza di specifici elementi narrativi, come il 'ponte del cimento', che sono usualmente rinvenibili in tradizioni letterarie che descrivono viaggi visionari nell'Aldilà. Il regno infero e la sua accessibilità ai viventi ha sempre costituito un illustre ed emozionante tema letterario nella produzione della tradizione occidentale, a partire dall'antichità classica, attraversando il Cristianesimo delle origini e percorrendo i secoli del Medioevo. Dall'"Odissea" di Omero all'"Eneide" virgiliana, da Papa San Gregorio Magno ai sogni visionari originati nell'Irlanda medievale, e fino alla leggenda del Purgatorio di San Patrizio, gli uomini hanno sempre sognato il sogno della vita oltre la vita, con le sue ombre, i suoi demoni e le sue torture. Nella presente ricerca ripercorriamo i principali esempi letterari concernenti le visioni narrative dell'Aldilà nella cultura occidentale. Inoltre, vengono posti in evidenza gli stretti legami letterari che possono essere rilevati tra i racconti leggendari relativi alla Grotta della Sibilla e al Lago di Pilato, situati tra i Monti Sibillini, e due notissime narrazioni, di enorme successo, che descrivono due specifici viaggi all'interno delle regioni oltremondane: la leggenda della Sibilla Cumana, con il Lago d'Averno e la tenebrosa grotta che permetteva di accedere al regno dei morti, e la leggenda del Purgatorio di San Patrizio, che pone in scena un altro lago, Lough Derg, e un'altra sinistra caverna. Nel presente articolo mostreremo le ripetute contaminazioni che hanno avuto luogo tra i temi narrativi che connettono le tre diverse, e sostanzialmente irrelate, leggende, nella forma di un palese trasferimento di temi narrativi e situazioni dagli illustri e ben noti racconti cumano e irlandese, verso un racconto italiano che sembra essere caratterizzato da alcuni tratti narrativi e geografici comuni, anche se localizzato in una differente ambientazione, e malgrado la sua sostanziale indipendenza dalla narrazioni che riguardano Lough Derg e Cuma. Una contaminazione che ha percorso i secoli del Medioevo, transitando lungo invisibili flussi narrativi orali, e infine materializzatisi all'interno delle opere quattrocentesche vergate da Antoine de la Sale e Andrea da Barberino. L'ipotesi che ne deriva, dalle significative conseguenze, è costituita dalla possibilità che un leggendario punto di passaggio verso un qualche genere di Aldilà possa essere stato localizzato, da una tradizione molto antica che avrebbe lasciato labili tracce nella letteratura conosciuta, tra le vette degli Appennini nell'Italia centrale. E i segni rilevanti relativi a questo mitico punto di passaggio sarebbero stati associati, proprio come a Cuma e a Lough Derg, allo stesso tipo di forme geografiche, un lago e una grotta: entrambi avrebbero segnalato la presenza di un leggendario 'hot spot' sulla superficie della Terra, presso il quale un mitico punto di ingresso oltremondano sarebbe stato localizzato. In tale scenario, varie questione vengono lasciate aperte al termine del presente articolo: per quale motivo questo sito appenninico avrebbe dovuto essere considerato come un ulteriore punto di ingresso verso l'Aldilà? Se la nostra ipotesi fosse corretta, di quale sorta di regione oltremondana si sarebbe trattato? Quale genere di sogni spaventosi avrebbero concepito gli uomini presso il Lago e la Grotta situati tra le montagne dell'Appennino centrale? Quale leggenda viveva in quest'area prima che i leggendari racconti medievali relativi a una Sibilla e a Ponzio Pilato si stabilissero in questi luoghi? L'evidenziazione del carattere oltremondano che marca il massiccio dei Monti Sibillini, in Italia, può condurre la ricerca verso una maggiore comprensione del nucleo mitico del complesso leggendario che abita queste imponenti montagne italiane, aprendo una nuova strada che sarà pienamente percorsa in un futuro, e conclusivo, articolo, attualmente in corso di preparazione. Questo articolo costituisce la Parte 1 dell'articolo completo riguardante la predetta tematica, ed è anche parte di una serie completa di articoli sulla vera origine delle leggende della Sibilla Appenninica e dei Laghi di Pilato, una serie che comprenderà ulteriori articoli i quali saranno in grado di fornire nuove, inedite informazioni in merito a questa affascinante tematica.

CUMA: TO GROW OLD FOREVER
AS FATE
Once we have put a compass to a map, we can draw a circle of any width. The center of our compass is Cumae, and the circle we are tracing surrounds an area in the Phlegraean Fields where Greek colonists from the Euboean peninsula landed around the mideighth century BC. From here we widen the circle to include physical and mental spaces
according to criteria as dynamic as the multidisciplinary strategies we intend to apply to our essay.
Cumae, the earliest Greek colony in the West, later Samnite and Roman, mainly owes its fame and fascination to its being one of the settings of Vergil’s epic and to its literary connection with the Sybil. Both literary sources and archaeological remains provide significant evidence that the site witnessed contacts and clashes between several peoples
– Opici, Osci, Greeks, Samnites and Romans – who made a fundamental contribution to the history of the ancient West, and thus to the cultural and civil foundation of Europe.
The purpose of this paper is to recover the historical memory reflected in a so far only partially investigated context.

The part of community affected more than others by a selective process that changes its representativity, is the one composed of subjects deceased before having reached puberty, especially children younger than 3-4 years.
The analysis of the funerary treatment of this large part of society (which could reach up to 50% of the population) can offer clues for the interpretation of the evolution of social systems and, at the same time, ritual beliefs connected with these delicate phases of life preceding the introduction of the individual in society. Towards the end of the Early Iron Age, the representativity of infants starts to increase: some individuals present attributes of a type and rang that would qualify them as adults, to the point that the burial and the entire funerary ceremony seem to constitute a ritual intended to grant to the deceased the “signs” of a social condition that death has prevented them to reach. This new perspective forms part of a broader framework of cultural and economic changes that collide with the indigenous communities from
the middle of the eighth century BC on, and which are amply testified by the funerary evidence, of which some examples of Osteria dell’Osa, Veio, Pontecagnano and Pithekoussai are presented here.
KEY-WORDS
Infanzia, discriminazione funeraria, identità, Veio, Osteria dell’Osa, Pontecagnano, Pithekoussai.

Sulla base degli indizi suddetti non sbaglierebbe chi ritenesse che gli eventi da me rievocati siano stati più o meno come li ho esposti, e non come li hanno cantati i poeti, che li hanno abbelliti ingigantendoli; né di come li narrarono i logografi, i quali miravano al diletto degli ascoltatori piuttosto che alla verità, visto che tale materia era incontrollabile e infida, essendo sfociata, per il grande lasso di tempo intercorso, nel mito. Chi dunque crede alla mia ricostruzione potrà concludere che questi eventi sono stati adeguatamente individuati sulla base degli indizi più evidenti, almeno per quanto è possibile riguardo a fatti così remoti. (Tucidide, I, 21) E andare come spinto dal destino verso una guerra, verso l'avventura e tornare contro ogni vaticino contro gli Dei e contro la paura. E andare verso isole incantate, verso altri amori, verso forze arcane, compagni persi e navi naufragate per mesi, anni, o soltanto settimane... (F. Guccini) A coloro che mi accompagnano nel viaggio Lo stadio di Cuma 3 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI "L'ORIENTALE" MARCO GIGLIO

L'oggetto di questo contributo è un ben noto reperto che "ha assunto eccezionale significato per la storia dei culti" 1 . Si tratta di un dischetto di bronzo, forse di origine cumana, con iscrizione greca incisa a spirale, in direzione retrograda, sull'orlo della superficie leggermente concava, recante il testo "Hera non permette che, ecc.". Il piccolo disco, di poco più di 8 centimetri di diametro, potrebbe risalire alla seconda metà del VII secolo a.C. oppure forse ad un periodo alquanto più tardo. Per quanto sappia, nessuno ne ha proposto una datazione posteriore al VI sec. a.C. In ogni caso si tratta di un'epigrafe di notevole antichità

Articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista culturale ischitana "La Rassegna d'Ischia" (numero 6 dell'anno 35) riguardo il tema giunto alla ribalta negli ultimi anni del presunto restringimento del distacco tra la fondazione di Pithekoussai e quella di Cuma, evidenziando i dati, in base ai quali è possibile mettere in discussione le conclusioni degli archeologici, che hanno scavato a Cuma, che tendono a retrodatare la fondazione di Cuma di circa una generazione.

Fra il 1900 ed il 1912 il Museo Preistorico ed Etnografico di Roma venne acquisendo due importanti nuclei di reperti preellenici di provenienza cumana pari ad oltre 150 oggetti, affluiti sul mercato antiquario partenopeo in seguito alle fiorenti attività di scavo clandestino che in quegli anni vedevano nei sepolcreti di Cuma una straordinaria riserva di profitti illeciti. Il primo e più cospicuo gruppo entrò a far parte delle raccolte del Museo al principio del 1901 per diretto interessamento di Paolo Orsi, il quale ebbe modo di acquistarlo per conto del Pigorini dal canonico puteolano G. De Criscio. Il secondo gruppo venne invece ceduto a titolo gratuito nel 1912 da parte del naturalista salernitano P. Carucci insieme ad un più cospicuo nucleo di oggetti frutto degli scavi e delle ricerche che egli condusse in prima persona nel territorio di Caggiano in generale e, in particolare, nella Grotta di Pertosa. I reperti cumani che componevano la sua raccolta erano stati acquistati sul mercato antiquario napoletano in circostanze non meglio note. La loro origine sembra essere garantita dalla loro analisi tipologica e stili- stica che, come per il nucleo acquistato da P. Orsi, permette di iscriverli nel repertorio finora noto attraverso i materiali preellenici frutto degli scavi Osta-Dall’Osso del 1904 e quello documentato dall’ampia serie di oggetti decontestualizzati conservati a Napoli ed in altre raccolte italiane e straniere. Al nucleo acquisito da Carucci si aggiungeva inoltre una coppia di bipenni simboliche di bronzo andate purtroppo disperse ma note attraverso uno schizzo ed una sommaria descrizione che questi pubblicò nel 1917. Le bipenni presentano significative analogie con reperti affini documentati a Pithekoussai ed in Grecia, tutti riconducibili materialmente ed ideologicamente alla pèlekys di ascen- denza micenea, le cui valenze semantiche furono oggetto di un complesso processo di ricodificazione proprio fra il IX e l’VIII secolo a.C., nel corso del quale esse vennero spogliate del loro originario valore funzionale per acquisire quelle valenze di tipo “reli- gioso-sacrale” e di “segno di prestigio” che, in ambito peninsulare, risultavano finora adeguatamente documentate solo a partire dal VII secolo a.C.

The arrival of the Greeks in Campania is regarded as a key event in archaic history. Permanent settlement was preceded by periods of furtive trade and exchange under the term pre-colonization. The establishment of Pithekoussai on Ischia followed by a move to the mainland at Cuma is explained as marking a change from ‘pre-‘ to full colonial status. This expansion to the mainland was motivated by the lack of an agricultural chora at Pithekoussai leading to interactions with local groups on the mainland in order to procure food (Cerchiai 2010, 1995). Amongst these sites was pre-hellenic Cuma.
This indigenous settlement plays an important role within the narrative constructed for ancient Campania. The indigenous sites of Campania have been placed on a hierarchy of development, with pre-hellenic Cuma at the top, deemed to be more advanced than its contemporaries (Cerchiai 2010, D’Agostino 2008). This rests largely on its geographic location opposite Ischia and later status as a Greek colony rather than obvious technological superiority. Euboian Greeks are portrayed as taking control of this hilltop settlement through a violent and forceful push from Ischia (D’Agostino, 2006). This is based on ancient literary accounts which are much later in date and far from clear.

The physical evidence for this is further questionable. A lacuna between the pre-hellenic and Greek graves and a destruction level postulated for one side of the acropolis sustained the hypothesis of the indigenous settlement being wiped out and replaced by the Greek colony. New ceramic evidence from the necropolis and a domestic context suggests instead that when Cuma was founded Greeks and indigenes were living side-by-side (Greco and Mermati, 2010). The destruction level now appears the result of a later change in the Roman period that muddled the stratigraphy.

The picture of a settlement “born from a show of strength by the Greeks at the expense of the indigenous Opician inhabitants” (D’Agostino, 2008) can now no longer be sustained. A more complex picture thus requires a more nuanced interpretation. This paper will re-examine the establishment of Cuma in the wake of the new approaches to the Mediterranean (Malkin, 2011, Riva 2010, Hodos 2009, 2010, Horden and Purcell, 2000). Central to this will be a focus on networks, particularly the model of strong and weak ties (Granovetter, 1973, 1983). This paper proposes that rather than an act of violence, ties between elites enabled the formation of mixed communities and mixed cultures, and through the establishment of weak ties new opportunities were made available to both Greeks and indigenes alike.

Location: Contextualising “early Colonisation”: Archaeology, Sources, Chronology and interpretative models between Italy and the Mediterranean In memory of David Ridgway (1938-2012) Rome, Valle Giulia Academia Belgica, Koninklijk Nederlands Instituut, British School at Rome June, 21-23 2012

More Info: http://www.academiabelgica.it.cloud.seeweb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=234&Itemid=154&lang=it

Event Date: Jun 23, 2012

Conference End Date: Jun 23, 2012

Conference Start Date: Jun 21, 2012

The cases of Cuma and Pithekoussai here discussed fall into two specific areas of research on which the writer has been working for some time, with results perhaps controversial, but which are based on at least two objective aspects: the need for a more careful archival research of old excavations and the extraordinary importance of the stratigraphy of Pithekoussai’s necropolis. In the first case, the study of new archival documents, relating to the ‘preellenic’ burials, has allowed us to highlight the serious anomalies which have destabilized the reliability of some contexts on which the chronological reconstruction of the early Iron Age in Italy was originally founded. In the case of Pithekoussai, the reconstruction of the stratigraphic sequence of the necropolis, merged with the typological and associative analysis of more than 2,600 grave goods found in about 600 contexts (dating from the late Geometric I to the Middle Corinthian), has yielded to a more accurate interpretation of the evolution of the cemetery and to a more precise contextualization of graves and finds, unanimously considered “guide fossils” for the ancient Mediterranean chronology.

Lo stadio e le mura in età repubblicana La recente campagna di scavo (2004-2006) presso le fortificazioni settentrionali di Cuma, nell'ambito del progetto di ampliamento del Parco Archeologico denominato Kyme III, ha consentito di definire le modalità di occupazione dello spazio immediatamente a ridosso delle mura, sul lato interno, a partire dal II sec. a.C.. Già nelle precedenti campagne erano state messe in luce delle strutture probabilmente di tipo abitativo che si erano addossate, a partire dall'epoca sillana, alla cortina interna delle fortificazioni 1 , nonché di ricostruire le diverse fasi di vita del tratto della cinta muraria a ridosso della porta mediana sino ad epoca tardo-antica. La prosecuzione delle indagini nel tratto delle mura settentrionali ad occidente della porta mediana ha consentito di individuare numerose strutture che hanno sfruttato la cortina interna delle fortificazioni come muro di fondo. Le prime strutture che si addossano alla fortificazione si riscontrano a circa 65 metri ad occidente della porta mediana. In quest'area è stata individuata un'imponente gradinata che si appoggia alla cortina esterna di epoca tardo-arcaica, occupando quindi la fascia pomeriale. Tale evidenza è stata individuata per una lunghezza di 37,40 m., sino al margine occidentale dell'area scavata; la gradinata è realizzata con blocchi di tufo posti in assise piana e presenta un risvolto presso il margine orientale, che costituisce il punto di inizio della stessa. Oltre una fascia non scavata è stata messa in luce la prosecuzione di tale gradinata, individuata per una fascia di 40 metri. In questo settore le gradinate cavalcano il sistema di fortificazioni sino a giungere a ridosso della cortina esterna di epoca tardo arcaica; inoltre in questo settore le gradinate si presentano con diverse modalità costruttive rispetto al tratto precedente, prevedendo la presenza di sedili e dei relativi suppedanei, realizzati sempre in blocchi di tufo posti a secco. E' stato possibile individuare una summa cavea, rasata in antico, una media ed una ima cavea, suddivise in cunei mediante scalette che garantivano la percorrenza verticale, mentre quella orizzontale era garantita da un corridoio tra la media e la summa cavea. In una seconda fase, probabilmente tra la fine del II e gli inizi del I sec. a.C., viene realizzata la tribuna per i giudici, mediante un doppio alto podio, che si sovrappone alle gradinate. Dall'edificio proviene una dedica in osco di un magistrato della vereia, Maius Kalovius. Una serie di elementi, tra cui la lunghezza delle gradinate, la lieve curvatura dei lati lunghi e la presenza di un probabile incasso per segnalare la distanza percorsa, inducono a far ritenere tale edificio uno stadio. L'edificio sembra essere obliterato in epoca imperiale, quando, almeno sul lato orientale, alle gradinate si sovrappongono alcuni battuti stradali, mentre solo in epoca tardo-antica, viene rioccupata l'area della tribuna dei giudici con la creazione di un ambiente, di non chiare funzioni, che sfrutta il perimetro dell'edificio precedente come fondazione. L'edificio sembra essere obliterato in epoca imperiale, quando, almeno sul lato orientale, alle gradinate si sovrappongono alcuni battuti stradali, mentre solo in epoca tardo-antica, viene rioccupata l'area della tribuna dei giudici con la creazione di un ambiente, di non chiare funzioni, che sfrutta il perimetro dell'edificio precedente come fondazione. 1u Una prima edizione delle precedenti campagne di scavo (progetti Kyme I e II) è stata curata da B.

Edizioni Espera viale Monte Falcone 44, 00077 Monte Compatri (RM) Italia (+39) 06 9476029 edizioniespera@edizioniespera.com www.edizioniespera.com La ricchezza archeologica dei Campi Flegrei si rivela nei secoli meno conosciuti e indagati, dopo la fine dell'Impero Romano. Il volume ha come oggetto la topografia tardoantica e medievale di Cuma, una città prestigiosa in età greca e romana, ridotta nell'acropoli-castrum durante la guerra greco-gotica, in lento e progressivo decadimento a causa delle lotte con i Longobardi e le scorrerie dei Saraceni, fino al definitivo abbandono all'inizio del XIII secolo. Tre edifici di culto (qui denominati Cuma I, la cattedrale dedicata a San Massimo, Cuma II e Cuma III) e due aree cimiteriali (Crypta e Antro della Sibilla) sono collocate nello stesso settore della città antica: l'acropoli e le sue pendici verso la città bassa. Le proposte di datazione e le ipotesi ricostruttive qui presentate sono il risultato di uno studio combinato tra evidenze monumentali ancora visibili, indagini di scavo del passato rimaste inedite e dati d'archivio. I monumenti individuati presentano alcuni caratteri comuni, fra i più importanti il loro intenso utilizzo funerario e l'essere effetto della rioccupazione di edifici preesistenti. È questa certamente la principale dinamica della Cuma paleocristiana finora conosciuta: i templi si trasformano in chiese, nascono nuove aree cimiteriali lontano dalle necropoli d'età classica; la stessa acropoli viene rioccupata in funzione militare, oltre che religiosa e civile, in un processo generale di selezione delle strutture e infrastrutture urbane.

This presentation was given in Maastricht in September 2017 at the EAA in a session (which I co-organised) titled "Archaeological Networks and Social Interaction".  The focus of the session was on moving away from the dominance of spatial approaches in archaeological studies that use social network theory (SNA).

In this presentation I used a network approach based on Mark Granovetter's concept of strong and weak ties to examine the so-called "Princely Tombs" of EIA-Orientalising Italy (8th-7th centuries BC). I attempted to investigate the social networks behind the figures in these tombs.  By focusing on Pontecagnano as a case study I questioned how Greek this "princely" tomb culture was.  Furthermore, I discussed the role of feasts, poets and artisans in the social networks behind these burials and the spread of Homeric ideas and objects.

This presentation was later changed and adapted into a book chapter (published in 2020) where I responded to Carl Knappett's key note address at the session. Following Knappett, I examined the potential that "Strathernograms" have in understanding the feasting practices of Iron Age Tyrrhenian Italy.  This chapter included a full literarture review of anthropological approaches to feasting, exchange and dynamics around gift-giving.

Original Abstract:

"Founded in the mid 8th century BC on the Bay of Naples, Cuma is assumed to have been predominantly Greek in character and constituted some form of colonial settlement (D’Agostino 2006, Cerchiai 1995). An extremely ostentatious burial at Cuma (Fondo Artiaco 104) is believed to have inspired the so-called ‘Princely tomb’ phenomenon in Italy. According to this widely-held view, similar burial types spread first from Greece into Campania and then onto Lazio and Etruria. Current interpretations of this elite funerary culture over-privilege the Greek role and rarely explore the social contexts or actors involved in the movement of such ideas. Seeking to redress this imbalance, this paper will examine a sample of these ‘princely’ burials to produce a network based on their grave good assemblages. The apparent Greek influence over this funerary culture will also be analysed. As the theme of this session indicates, the spatial has tended to dominate over the social in archaeological applications of Network ideas (Knappett 2013, Collar et al 2015). I aim to go beyond a mere geographical network of the connections these burials had, so as to identify the contexts this funerary culture was exchanged in and the social actors who enabled this material mobility. Consideration will also be made as to the frequency of this contact and how certain individuals may have acted akin to Granovetter’s (1973, 1983) weak ties to provide the ‘princes’ access to this orientalizing material culture."

e la storia dei primi secoli della Chiesa: giudizi confermati o smentiti? ELIO DOVERE, Questioni di stile normativo: il princeps scrive ai padri riuniti a Nicea GIOVANNI MUTO, "Segretari" e "segreterie" tra apparati di governo e corti signorili

"from: "http://www.cnrs.fr/inshs/recherche/librairie/206.htm"
Les historiens et les archéologues savent combien les fouilles conduites sur l’île d’Ischia par G. Buchner ont bouleversé nos connaissances sur la colonisation grecque de l’Italie à l’époque archaïque. L’admirable fouille de la nécropole de Pithécusses, publiée par le fouilleur et D. Ridgway dans les Monumenti Antichi de l’Académie des Lincei, offre une documentation essentielle sur les premiers temps de l’arrivée des Grecs en Campanie. La richesse de cet ouvrage est telle qu’il a été possible à Valentino Nizzo de reprendre l’étude des contextes funéraires selon des méthodes sérielles, de les réorganiser à l’aide de matrices ordonnables et de proposer des réajustements chronologiques de mobiliers et de nouvelles lectures sociologiques des ensembles funéraires. Cet ouvrage qui entre dans la série que le Centre Jean Bérard a consacré aux fouilles de Pithécusses (CITER) offre donc de nouvelles perspectives et fourni d’ores et déjà l’argument de discussions et de débats."

"COMUNICATO STAMPA

Sabato 26 gennaio 2013, presso la Sala Convegni Valadier dell’Istituto Professionale “A. Filosi” di Terracina, si terrà un prestigioso Convegno Internazionale di Studi, organizzato dal Museo Civico Archeologico “P. Capponi”, curato dal direttore scientifico dott. Massimiliano Valenti, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni archeologici del Lazio e l’Istituto Archeologico Germanico – Roma.
Per una giornata intera si confronteranno prestigiosi relatori sul tema: L’architettura del sacro in età romana. Paesaggi, modelli, forme e comunicazione.
Partendo da uno degli aspetti peculiari del patrimonio archeologico di Terracina, i templi del centro storico e il santuario di Monte S. Angelo, nel convegno verranno illustrati a confronto anche i complessi templari delle città del Lazio meridionale e della Campana settentrionale.
Il Convegno promosso dal Museo Archeologico è un importante evento, che inserisce Terracina nel circuito del mondo scientifico della ricerca archeologica nazionale e internazionale, sottolineandone la sua posizione geografica, a cavallo tra Lazio e Campania.
La valorizzazione del patrimonio archeologico e l’organizzazione di eventi che sottolineino il ruolo e la funzione di un Museo Archeologico, sono fondamentali ed evidenziano come un Museo non vada considerato come mero contenitore passivo di opere d’arte ma anche un propulsore di idee, ricerca e interrelazione culturale nel senso più ampio del termine.
Il parterre dei relatori e dei presidenti delle tre sessioni è di altissimo livello. Da segnalare che, tra gli altri, parteciperanno anche due architetti tedeschi che illustreranno i rilievi effettuati e le nuove proposte di ricostruzione del Santuario di Monte S. Angelo. Sarà presente all’evento il nuovo Soprintendente per i Beni Archeologici del Lazio, dott.ssa Elena Calandra.


Programma

Ore 10.00 – Saluti autorità

NICOLA PROCACCINI - Sindaco di Terracina
MARIANO DE GREGORIO - Assessore alla cultura di Terracina
ELENA CALANDRA - Soprintendente per i Beni Archeologici del Lazio
MASSIMILIANO VALENTI – Direttore del Museo Civico Archeologico di Terracina


Ore 10.30 – inizio lavori

I Sessione: Terracina
Presiede: HENNER VON HESBERG (Direttore dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma)

- Il tempio maggiore di Monte S. Angelo. La ricostruzione dell’architettura in base al nuovo rilievo
STEFAN FRANZ – VALENTINA HINZ (Büro für Bauforschung und Visualisierung - München)

- Il santuario di Monte S. Angelo a Terracina. Riflessioni vecchie e nuove
FILIPPO COARELLI (Università degli Studi di Perugia)

- Il Capitolium di Terracina e una nuova testimonianza del culto di Giove
NICOLETTA CASSIERI (Soprintendenza per i Beni archeologici del Lazio)


Ore 11.30 – Coffee break


Ore 12.00 – ripresa lavori

I Sessione: Terracina
Presiede: FILIPPO COARELLI (Università degli Studi di Perugia)

- Il cd. Capitolium di Terracina e i podi templari a sostruzione cava nell’architettura romana
MASSIMILIANO VALENTI (Museo Civico Archeologico “P. Capponi” di Terracina)

- Terracina romana, luoghi di culto nell’organizzazione funzionale del sistema urbano e territoriale
PIERCARLO INNICO


II Sessione: Lazio meridionale

- Spazi e forme del sacro a Privernum: una nota fra architettura e urbanistica
MARGHERITA CANCELLIERI (Sapienza. Università di Roma)

Discussione


Ore 13.30 - Pausa pranzo


Ore 15.00 – Ripresa lavori

III Sessione: Lazio meridionale e Campania
Presiede: FAUSTO ZEVI (Sapienza. Università di Roma)

- L'area dei templi repubblicani di Fabrateria Nova
THOMAS FRÖHLICH (Istituto Archeologico Germanico - Roma)
ANGELO NICOSIA (Museo Archeologico di Aquino)

- La ristrutturazione del Capitolium di Minturnae nella prima età imperiale
HANSGEORG BANKEL (Università di scienze applicate - Monaco)

- Considerazioni sull’ordine corinzio nei centri costieri del Lazio meridionale tra Secondo Triumvirato e prima età imperiale
GIUSEPPE MESOLELLA

- Testimonianze epigrafiche su culti ed edilizia cultuale nel Lazio Meridionale
PIETRO LONGO

- I templi della Rocca e l’architettura sacra a Cuma tra età ellenistica e romana
CARLO RESCIGNO (II Università degli Studi di Napoli)

Discussione e chiusura lavori

L'intervento analizza le attestazioni di ceramica da cucina di produzione africana di età romana rinvenute nel Foro romano di Cuma (Napoli) nel corso delle campagne di scavo condotte dall’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. I materiali presentati, databili in buona misura tra il II ed il IV secolo d. C., vanno ad integrare le conoscenze sulla circolazione di queste produzioni in area flegrea, mettendo in evidenza alcuni aspetti problematici relativi all’organizzazione della produzione e della diffusione di questo vasellame. Una particolare attenzione è rivolta ai fenomeni di imitazione del repertorio africano da parte delle officine del Golfo di Napoli, i cui tratti sono ancora in buona parte da definire.

For this article, the starting point was the historiographic problem posed by this settlement. Its renewal raises questions about the use of our theoretical concepts
and their application in the field of archaeology. We can then reconsider the operational logic of Pithekoussai. Is this a unique experiment, or is it a specific variation of a more
general form of organisation, examples of which can be found in other parts of the Mediterranean world? Is there anything specific about the “precolonial” period? Asking questions about Pithekoussai thus raises fundamental topics, from the most traditional ones to those which, over the last thirty years, have been asked in the scientific literature and even led to an important reorientation of our approaches, mainly because of postcolonial research (middle ground, ethnicity, hybridisation, Mediterranean connectivity).

Gli aegyptiaca della campania pre-romana costiuiscono uno dei nuclei archeologici di tipo faraonico più importanti dell'area mediterranea pre-ellenistica. Le
scoperte iniziarono ai primi dell'800 e raggiunsero importanti risultati, in particolare col rinvenimento della necropoli euboica di Pithekoussai.(Lacco ameno, Ischia)
Grazie a quest'ultima è stato possibile rivalutare il ruolo semitico nella mediazione commerciale, nella produzione d'imitazione e nella divulgazione culturale (di tipo magico-religioso
diretta alla protezione della donna e del bambino) degli aegyptiaca.
Tali rinvenimenti campani illuminano sul significato e sul ruolo dei reperti di tipo egizio, evidenziando anche la sintesi culturale fra mondo
egizio, mondo semitico e mondo indigeno campano.

Starting from the particular geological structure of the sites, the paper aims to illustrate the close relationship between earth, water and fire in the Phlegrean Fields during the Greek and Roman times. From the arrival of the Greek colonists to Cuma, through the foundation of the Roman colonies of Puteoli, Liternum and Misenum, to the late ancient frequentation of the coast of Baia, the text outlines the human activities related to the sea and their impact on a highly characterized territory by the presence of water in itself